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Tutti creano, nessuno legge Studi sulla lettura in Italia a cura di Gianfranco Tortorelli c^Pendragon
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Marco Callegari, I luoghi della sociabilità della lettura nella Padova dell'Ottocento

Jan 31, 2023

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Tutti creano, nessuno legge Studi sulla lettura in Italia

a cura di Gianfranco Tortorelli

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Tutti creano, nessuno legge Studi sulla lettura in Italia

a cura di Gianfranco Tortorelli

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( ìianfranco Tortorelli Tutti creano, nessuno legge Studi sulla lettura in Italia

Questo volume è pubblicalo grazie al contributo ex 60% del Dipartimento di Discipline Storiche, antropologiche e geografiche dell'Università di Bologna

TUTTI I DIRITTI RISERVATI © 2012, Edizioni Pendragon Via Borgonuovo 21/a - 40125 Bologna www.pendragon.it È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Indice

Gianfranco Tortorelli Avvertenza

Milena Sabato Leggere per sovvertire. Biblioteche, lettori ribelli e potere nel Mezzogiorno d'Italia

Marina lionomelli Libri per fanciulli e giovinetti nella Milano della Restaurazione

Lorella De Franceschi Sulle tracce dei gabinetti di lettura bolognesi: il gabinetto della Società medica chirurgica

Marco Callegari I luoghi della sociabilità della lettura nella Padova dell'Ottocento

Ambra Meda «Un passatempo onestissimo». La lettura nelle associazioni private della Cremona dell'Ottocento

Chiara De Vecchis «La preoccupazione della lettura»: la Rivista della slampa italiana nelle prime tre serie de «La Civiltà Cattolica» (1850-1858)

Filomena Schettino Ut pictura poesis. Dialoghi tra immagine e poesia nei libri d'artista di Enrico Baj

Indice dei nomi

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Marco Callegari

1 LUOGHI DELLA SOCIABILITÀ DELLA LETTURA NELLA PADOVA DELL'OTTOCENTO

Una storia della lettura a Padova nell'Ottocento non è ancora stata scritta e a scanso di equivoci è bene chiarire che neppure que­sto saggio vuole esserlo. Non si tratta infatti di una visione di in­sieme dell'intero fenomeno della lettura, fenomeno di per sé par­ticolarmente complesso, articolato e sfuggente, quanto affascinan­te per chi se ne occupa. Proprio per questo motivo ci si è soffer­mati su un segmento specifico, prendendo in considerazione l'a­spetto pubblico di quella che è invece una delle attività umane più private e personali. Nelle pagine che seguono infatti si è cercato di comprendere quali fossero e come siano stati strutturati quei posti dove nell'Ottocento tutti i padovani, che lo desiderarono, ebbero la possibilità di leggere giornali e libri senza particolari restrizioni, tranne eventualmente quella dell'iscrizione. Oltre ai caffè - dove la lettura di pochi giornali era però funzionale all'esercizio commer­ciale - sono state quindi escluse in questa occasione importanti istituzioni quali le biblioteche ecclesiastiche, la Biblioteca Univer­sitaria e l'Accademia di Scienze Lettere ed Arti, in quanto l'acces­so era limitato solo a particolari categorie di lettori. Parimenti non ci si è occupati - se non marginalmente - anche della Biblioteca Civica, che pur essendo come la Biblioteca popolare di proprietà e gestione del Comune di Padova, per la natura delle sue raccolte librarie era di fatto rivolta esclusivamente a una stretta cerchia di studiosi di stampo accademico. Proprio perché si è voluto privile­giare i luoghi fisici, non ci si è soffermati sulle persone - i lettori -e neppure si è approfondita l'indagine su quali fossero le loro let­ture: per ragioni di opportunità di ricerca, tali argomenti verranno trattati in un prossimo studio.

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La «Società per la lettura»

Per parlare dei luoghi pubblici della lettura nella città di Pado­va nel XIX secolo, bisogna necessariamente prendere come punto di partenza gli ultimi anni del secolo precedente. Risale infatti al primo marzo del 1790 la creazione in città della prima società per la lettura dell'intera Repubblica di Venezia e probabilmente anche una delle prime dell'intero territorio italiano'. La novità era stata importata dall'estero e infatti in una cronaca contemporanea i l no­bile padovano Girolamo Polcastro scriveva che «per seguire in tut­to la moda inglese si chiama club»1. A differenza della tradizionale tipologia dei ritrovi privati della aristocrazia lagunare - situati in piccole abitazioni, chiamate in veneziano «casino», adibite a luogo di svago e conversazione in un luogo protetto da occhi (e orecchi) indiscreti - quello padovano non era composto da un gruppo mol­to ristretto di nobili, ma si trattava di una vera e propria organiz­zazione privata di cittadini, votata all'acquisizione e alla lettura di gazzette e giornali provenienti dall'Italia e da alcuni paesi europei. Sicuramente la comodità di poter usufruire del servizio di ristora­zione durante la lettura e le conversazioni fece sì che come sede vennero scelte alcune stanze poste sopra alla bottega di caffè det­ta del Zigno posta vicino al Bo, il palazzo dell'Università'. All'atto dell'apertura i soci raggiunsero il numero non indifferente di 82, oltre all'aggregazione onoraria di tre nobili veneziani - il cavalier Girolamo Zulian, i procuratori di San Marco Pietro Vettor Pisani e Barbon Vicenzo Alvise Morosini - voluta come ossequio forma­le alla classe dirigente della Dominante. A esclusione dei tre patri­zi lagunari, inizialmente i soci dovevano essere solo padovani, ap­partenenti a varie classi sociali - «parte de' quali sono gentiluomi-

1 CI r. P, Del Negro, Una società «per la lettura di gazzette e giornali» nella Pa­dova di fine Settecento, «Archivio Veneto», 138, 1992, pp. 31-59.

2 BCPd, B.P. 847/5, Ci. Polcastro, Compendio istorico degli .avvenimenti acca­duti nella città di Padova o ad essi appartenenti scritto [.,.] l'anno 1790, ms., f.26.

' G. Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente a Padova dal­l'anno 1739 all'anno 1800, introduzione, note ed apparati di Loredana Oli­vato, voi. I, Padova, Rebellato, 1982, p. 556.

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I luoghi della sociabilità della lettura nella Padova dell'Ottocento

ni, alcuni lettori, altri mercatanti, preti, frati etc.» - , e comunque erano esclusi a priori le donne e i forestieri, compresi i nobili del­le altre città dello Stato Veneto4, limitazione che venne eliminata già il 23 dicembre 1791, quando fu deciso che ogni associato po­teva condurre alla Società qualunque forestiero, purché fosse «persona di carattere» e senza domicilio in città'. Già questo fatto era considerato una novità dai padovani, come ben si comprende dalla lettura delle cronache dell'epoca6, ma ancor di più lo era la comunanza di soci provenienti da più classi sociali, «dal cedro fino all'isopo» come scrisse il Polcastro7.

L'accesso ai locali ammobiliati, riscaldati, illuminati e provvisti di carta e inchiostro, era subordinato al pagamento di una quota mensile di tre lire, oltre a una iscrizione di dieci lire una tantum*. Si trattava però di una sistemazione provvisoria, tanto che nel feb­braio 1792, la società di lettura si spostò in un appartamento vicino alla chiesa di San Canziano di proprietà del libraio Pietro Brando-lese, a sancire lo stretto collegamento che necessariamente si era an­dato a creare con chi forniva materialmente i giornali9. In questo caso il libraio andava a ricoprire anche i ruoli di affittuario e di cu­stode, tanto che riceveva per l'affitto dei locali e per il suo servizio la cifra di 217 lire ogni sei mesi, aumentata a 226 lire nel 179710. Inoltre era suo compito provvedere affinché gli ambienti fossero

4 ìbidem. 5 ASVe, Inquisitori di Stato, lilza 1241, fase. 200, f. 100, Informativa anonima

del 23 dicembre 1791. 6 Si vedano le due cronache, già citate, di Girolamo Polcastro e Giuseppe

Gennari. 7 BCPd, B.P. 847/5, G. Polcastro, Compendio istorico, cit., f. 26. 8 G. Polcastro, Compendio istorico, cit., f. 27. Come esempio, la quota asso­

ciativa nella contemporanea società di lettura di Udine era di due lire al mese con una tassa d'ingresso di dieci lire, mentre a Brescia era di dieci lire mensili la quota mensile e di 50 lire la tassa d'ingresso (P. Del Negro, Una società «per la lettura di gazzette e giornali», cit., p. 35).

9 BCPd, Manoscritti diversi, Nuclei Riconosciuti, b. 3, Memorie relative alla So­cietà per la lettura dei fogli che esisteva in Padova a S. Canciano dal marzo 1792 a tutto febbrajo 1801.

1 0 Le seguenti notizie sono state tratte da BCPd, Manoscritti diversi, Nuclei Ri­conosciuti, b. 3, Memorie relative alla Società per la lettura dei fogli che esi­steva in Padova a S. Canciano dal marzo 1792 a tutto febbraio 1801.

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adeguatamente confortevoli e dotati di olio per le lampade, legna per il riscaldamento, carta e inchiostro. Un ritrovo di questo tipo, sia pure finalizzato a una attività di mera lettura, non poteva non at­tirare l'attenzione delle autorità dell'epoca, soprattutto in un mo­mento storico in cui i germi gettati dalla rivoluzione avvenuta in Francia stavano circolando in tutta Europa. Infatti a più riprese tra il 1791 e il 1793 la magistratura degli Inquisitori di Stato si occupò del club padovano, sfruttando le "confidenze" di soci e di informa­tori esterni". E proprio grazie a queste informative è possibile get­tare qualche sprazzo di luce su come si svolgeva l'attività interna alla Società di Lettura. Innanzi tutto la sede era all'interno dell'abi­tazione del libraio Pietro Brandolcse e vi si accedeva tramite due in­gressi, uno verso la chiesa di San Canziano, l'altro più grande ri­volto dalla parte del Ghetto12. Si trattava di due stanze comunican­ti tra di loro al primo piano, a cui secondo Omobon Pisani, profes­sore dell'Università di Padova e socio del club, gli associati poteva­no accedere a qualunque ora". Con l'esclusione delle donne, la messa al bando dei giochi e l'inibizione a organizzare pranzi, cene e feste di ogni sorta, l'unica finalità perseguita da tutti gli associati era la visione dei giornali in abbonamento, che venivano segnati al momento del loro arrivo su una apposita tabella a disposizione di tutti i soci. «Tutto si legge con molto silenzio» affermava ancora Pi­sani, come si fosse in una biblioteca e non in un privee, senza di­scussioni o conversazioni tra i presenti. Le uniche eccezioni pote­vano eventualmente essere resoconti delle notizie più interessanti fatte a chi fosse appena arrivato, ma sebbene tutti fossero «avidi delle novità» sulla rivoluzione in atto in Francia, non ebbe mai oc­casione di udire discorsi apertamente filo-francesi, ma anzi di de­plorazione degli eccessi che vi avvenivano.

" Cfr. P. Del Negro, Una società «per la lettura di gazzette e giornali», cit., p. 33.

1 2 ASVe, Inquisitori di Stato, filza 1241, fase. 200, f. 98, informativa di Gio­vanni Dalla Vita, 3 marzo 1792; f. 99, informativa di Giovanni Dalla Vita, 4 marzo 1792.

" ASVe, Inquisitori di Stato, filza 1241, fase. 200, f. 118, Interrogatorio al prof. Omobon Pisani q. Giuseppe, 2 dicembre 1793.

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È possibile avere un'idea di come fosse organizzato lo spazio destinato alla lettura e alla conversazione grazie all'inventario del­la mobilia che venne redatto alla chiusura della Società nel f 801 1 4. Come abbiamo già sottolineato, l'appartamento era composto di due stanze comunicanti tra loro, dove vi erano sette tavolini tondi di noce, ciascuno con quattro poltroncine dotate di braccioli, al­cune sedie e inoltre un sofà imbottito di noce con dei cuscini di lana e un altro privo di imbottitura con cuscini di crine. L'illumi­nazione era fornita da quattro lucerne alla fiorentina in ottone e da sei candelieri di metallo verniciati di bianco. Per scrivere vi erano tre calamai, mentre alle pareti, dove erano appese dieci carte geo­grafiche incorniciate, erano appoggiati un armadio cantonale e due librerie contenenti le riviste da leggere. A completare l'arredo vi erano alle finestre tre tendaggi completi delle buone grazie, due sopraporte in panno, una campana di vetro e per il caminetto un riparo dalla fiamma in legno di pero, un attizzatoio e una paletta. Si tratta di quella che oggi si potrebbe definire una dotazione mi­nimalista, addirittura quasi spartana, che ben poco concedeva alla comodità e ancor meno al lusso. Non a caso il valore globale del mobilio stimato dal perito Vincenzo Ceroni fu molto basso, as­sommando a sole 418:10 lire. D'altra parte lo scopo principale de­gli associati non era quello di frequentare un posto molto acco­gliente dove poter stare seduti per lungo tempo a leggere per di­letto o per studio, e neppure di avere una sede adatta per intratte­nere una conversazione interessante. Nel primo caso la propria abitazione rispondeva maggiormente allo scopo, mentre nel se­condo caso erano i salotti più rinomati della città a fungere da principali punti della sociabilità culturale e mondana. In questo caso lo scopo a cui miravano i soci era decisamente più semplice e limitato se si vuole, ma non di scarsa rilevanza: l'opportunità di leggere quante più notizie possibile sui fatti che avevano iniziato a sconvolgere l'Europa e che l'avrebbero cambiata per sempre. Ed

14 Inventario e stima de mobili posti nel Casino per la letura giornalle [sic], Pa­dova 16 marzo 1801, in BCPd, Manoscritti diversi, Nuclei Riconosciuti, b. 3, Memorie relative alla Società per la lettura dei fogli che esisteva in Padova a S. Conciano dal marzo 1792 a lutto febbrajo 1801.

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ecco che anche l'ambiente della lettura andava a riflettere la mo­dalità d'uso veloce intrinseca ai fogli di notizie, da sfogliarsi maga­ri bevendo in contemporanea un caffè o una bibita forniti da una caffetteria vicina.

I l numero dei soci nel corso degli undici anni di vita della So­cietà non rimase costante, anzi vide una diminuzione progressiva degli effettivi, passando dagli 82 iniziali del marzo 1790 agli appe­na 20 dell'ultimo anno di attività. Sicuramente venendo a manca­re la curiosità iniziale della novità, un calo fisiologico dei parteci­panti era da considerarsi come inevitabile. Lo stesso dicasi dell'in­teresse per le riviste tra i cittadini: passata la sconvolgente ventata iniziale portata dalla conoscenza degli avvenimenti che avvenivano nella Francia rivoluzionaria, è comprensibile come si instaurasse una sorta di assuefazione, se non di rassegnazione, a quanto stava accadendo. Solo l'approssimarsi nel 1797 dell' esercito napoleoni­co potè in qualche modo risvegliare un certo interesse per quel che stava accadendo, ma con la prima dominazione austriaca questa esperienza venne a esaurirsi senza alcun clamore.

anno numero associati 1792-1793 67

1793-1794 66

1794-1795 54 1795-1796 52 1796 1797 50

1797-1798 55

1798-1799 35

1799-1800 23

1800-1801 20

lab. n. 1: numero associati alla Società di Lettura di Padova, 1 marzo 1792 - 1 marzo 1801

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Il «Gabinetto di lettura»^

Dopo la chiusura della Società di Lettura nel 1801 non vi furo­no più posti deputati in modo esclusivo a questa tipologia di let­tori per circa trenta anni. A seguito degli arresti a Milano dei prin­cipali esponenti della Carboneria locale alla fine del f820 e dei moti in Italia dell'anno successivo, il Presidio di Governo del Re­gno Lombardo Veneto di sede a Venezia avviò una indagine capil­lare per individuare tutti i posti dove potesse essere diffusa lette­ratura clandestina, principalmente luoghi di incontro di lettori e di circolazione di libri. Alla richiesta di indagini in tal senso, nel feb­braio del 1822 la Delegazione provinciale di Padova rispose che in città non vi erano né gabinetti di lettura e nemmeno librai che des­sero volumi in prestito ai clienti16. In effetti secondo i rapporti uf­ficiali nell'intero Veneto solo a Venezia e Vicenza esistevano circo­li deputati a letture private, sebbene in entrambi i casi si trattasse­ro di realtà costituite da pochi associati e con una dotazione di giornali molto scarsa, ben lontana anche solo da quella che era sta­ta presente nella Società di Lettura padovana alla fine del secolo precedente. Ad esempio nella capitale lagunare furono censiti tre ritrovi: l'Ateneo Veneto in Campo San Fantin con sei soci e quat­tro giornali, la Caffetteria a San Giuliano nel Campiello del Piovan n. 722 con 22 associati e quattro giornali, la Libreria al Ponte di San Moisé n. 1904 di Pietro Milesi con nove soci e otto periodici17.

" Si ringrazia il Presidente del Gabinetto di Lettura di Padova, dott. Alberto Turolla, per avermi concesso l'accesso e la consultazione dell'archivio. Pur­troppo del periodo preso in esame sono presenti solamente i due registri dei verbali delle sedute, mentre tutto il resto della documentazione è andata perduta sicuramente prima del 1930, conclusione a cui è giunta anche Lle-na Ferraro nell'introduzione del suo inventario dattilografato dell'archivio.

1 6 ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 264, tit VI, fase. 3/39, Notizie sui Gabinetti di lettura, ossia sui libraj che danno libri a leggere me­diante una determinata corresponsione, Rapporto della Delegazione Provin­ciale di Padova al Presidio di Governo, n. 170.171 del 27 febbraio 1822.

1 7 ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 264, tit VI, fase. 3/39, Notizie sui Gabinetti di lettura, ossia sui libraj che danno libri a leggere me­diante una determinata corresponsione, Rapporto della Direzione Generale di Polizia al Presidio di Governo, n. 826 del 2 marzo 1822.

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A Vicenza invece il libraio Giuseppe Giuliani dava anche libri in prestito a una decina di clienti per 3 lire italiane al mese, mentre nella bottega di Domenico Bardella «adunansi tutte le sere parec­chi individui della classe dei possidenti, nobili, letterati e profes­sori di Liceo e Ginnasio» per leggere la Gazzetta Privilegiata di Venezia, la Gazzetta di Milano e la Biblioteca Italiana, ma senza pagamento di nessuna quota e nessun prestito di libri 1". Strana­mente non venne citata dal Delegato Provinciale di Verona la lo­cale Società Letteraria, sorta nel 1808 e ben nota alla Polizia per essere un centro di ritrovo degli oppositori al governo asburgico19. E infatti nell'agosto del f 827 in un rapporto alla Direzione Gene­rale di Polizia di Venezia, il Delegato di Verona scriveva che tale Società era frequentata da persone «d'esaltati principj» e da tene­re sotto stretta sorveglianza «per l'antipolitico spirito che vi domi­nava e l'ardite discussioni che vi si facevano». Era inoltre noto che vi fosse «un'avida tendenza a leggere quell'opere, o giornali che più favoriscono le massime dell'odierno liberalismo, o che sparla­no del nostro Governo» ed era inoltre associata a una serie di pe­riodici spesso proibiti dalla Censura20. Il Delegato provinciale con­tinuava poi informando di aver dato disposizione al «signor Dele­gato di Polizia in Verona ad obbligare i Direttori della Società a non esporre alla lettura opera qualsiasi, senza previa licenza di quella Regia Censura, qualunque fosse il mezzo con cui avesse a ri­ceverla, non meritando a mio credere nessuna facilitazione o ri­guardo una Società di tali sospetti principj e tendenze, tantoppiù

1 8 ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 264, tit VI, lasc. 3/39, Notizie sui Gabinetti di lettura, ossia sui librai che danno libri a leggere me­diante una determinata corresponsione, Rapporto della Delegazione Provin­ciale di Vicenza al Presidio di Governo, n. 80 del 30 marzo 1822.

" ASVe, Presidio di Governali dominazione austriaca, b. 264, tit VI, fase. 3/39, Notizie sui Gabinetti di lettura, ossia sui libraj che danno libri a leggere me­diante una determinata corresponsione, Rapporto della Delegazione Provin­ciale di Verona al Presidio di Cìoverno, n. 99 del 13 aprile 1822. Sulla So­cietà letteraria di Verona si veda in particolare Storia della Società Letteraria di Verona tra Otto e Novecento, a cura di Gian Paolo Romagnani e Maurizio Zangarini, Verona, Società Letteraria di Verona, 2007-2009.

2 1 1 Si veda ad esempio il Catalogo dei libri della Società letteraria di Verona al primo gennaio 1826, Verona, Tip. di Paolo Libanti edit., 1826.

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che basta la lettura d'un opera [sic] o giornale fattasi in quel gabi­netto, perché tosto se ne difondano le voci per tutta la città e la provincia» 2 1 .

Per il resto del Veneto bisognò attendere ancora qualche anno perché il fenomeno dei gabinetti di lettura prendesse veramente piede: forse sull'esempio di analoghe esperienze in corso in altri Stati italiani — la più famosa di tutte: il Gabinetto Vieusseux di Fi­renze - , quasi in contemporanea negli anni attorno al 1830 videro la nascita analoghe strutture a Padova, Venezia, Schio e Vicenza22.

Secondo Giuseppe Solitro, autore dell'unica monografia scrit­ta sul gabinetto padovano, a spingere per la sua creazione non fu­rono motivazioni di stampo politico, ma «l'espressione e la soddi­sfazione d'un bisogno spirituale da parte di un gruppo di cittadi­ni, desiderosi di allargare la cerchia delle loro cognizioni ed espe­rienze personali» 2 ' . A questo proposito è probabilmente da ag­giungere anche la possibilità per i suoi componenti di ritrovarsi in un luogo dove scambiare idee e notizie senza dare troppo nell'oc­chio. Non a caso infatti dalla Direzione Generale di Polizia di Ve­nezia venne scritto in un rapporto sui gabinetti di lettura che «non può negarsi però che un tal luogo di convegno facilita assai il mez­zo di comunicarsi reciprocamente delle idee non troppo conformi all'attuai ordine di cose, massime dopo le rivoluzioni di Parigi, del Belgio e della Polonia, che pur troppo esaltarono la mente della inesperta gioventù in una maniera rimarchevole» 2 4 . Nell'arco di

2 1 ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 412, tit. I l , lasc. 5/30, Rapporto della Direzione Generale di Polizia al Presidio di Governo, n. 5168 del 29 agosto 1827.

2 2 ASVe, Ufficio di Censura, lì dominazione austriaca, b. 96, rub. VI, lasc. 4, Progetto di Regolamento per l'istituzione di un Gabinetto di Lettura a Pa­dova, 20 dicembre 1829 e anche Venezia e Schio; ASVe, Ufficio di Censura, b. 104, rub. Vi l i , lasc. 1, Rapporto 3573 del 25 novembre 1830 con incluso rapporto da Vicenza del 21 novembre 1830 sui gabinetti di lettura di Schio e Vicenza.

2 1 G. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario (un secolo di vita padovana)MDC,CCXXX-MC.MXXX, Pado­va, Società di cultura e d'incoraggiamento, 1930, p. 21.

2 4 ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 654, tit. II, lasc. 3/4, Rapporto sul Gabinetto di lettura di Vicenza della Direzione generale di Po­lizia al Presidio di Governo, n. 4032 del 24 agosto 1832.

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pochi mesi vennero aperti gabinetti di lettura a Padova, Vicenza, Schio e Venezia, con una coincidenza di tempi e modi che potreb­be far supporre una qualche forma di collegamento tra i promoto­ri delle singole iniziative, fatto però attualmente non suffragato da prove documentarie25.

Per quanto riguarda Padova, il 20 dicembre 1829 venne pre­sentato all'Ufficio Centrale di Censura a Venezia i l progetto di un regolamento per un nuovo Gabinetto di Lettura a firma dell'abate Francesco Maria Franceschinis, consigliere imperiale e professore di Matematica dell'Università 2 6. In quanto persona gradita al go­verno asburgico e al di sopra di ogni sospetto, l'ultrasettantenne docente - era nato a Udine nel 1756 - era stato designato come Presidente provvisorio insieme al conte Girolamo Polcastro e al conte Alessandro Pappafava, mentre il ruolo di amministratore era ricoperto dal nobile Antonio Venturini e quello di cassiere dal con­te Niccolò de Lazara27. I l 5 febbraio 1830 col decreto n. 280 del Presidio di Governo venne autorizzata l'apertura del Gabinetto di Lettura e dal primo marzo poterono avere inizio ufficialmente le operazioni per la ricerca dei soci mediante la pubblicazione di un manifesto, in cui si assicurava che tutto il ricavato delle associazio­ni - detratte le spese per il mantenimento del Gabinetto stesso -sarebbe stato «convertito nell'abbonamento ai più accreditati gior­nali letterarii e scientifici, alle opere periodiche di viaggi, antichità e simili, e ad alcuni giornali di notizie politiche» 2 8 .

I l successo fu immediato. Secondo quanto prescritto dal se-

2 5 ASVe, Ufficio Censura, il dominazione austriaca, b. 96, rub. VI, lasc. 4, Pro­getto di Regolamento per l'istituzione di un Gabinetto di Lettura a Padova, Venezia e Schio; ASVe, Ufficio Censura, II dominazione austriaca, b. 104, rub. Vi l i , fase. 1, Rapporto della Delegazione Provinciale di Vicenza sui Gabinetti di lettura di Schio e Vicenza, n. 3573 del 25 novembre 1830.

2 6 ASVe, Ufficio di Censura, Il dominazione austriaca, b. 96, rub. VI, fase. 4, Progetto di Regolamento per l'istituzione di un Gabinetto di Lettura a Pa­dova, 20 dicembre 1829.

2 7 BCPd, B.R 127 XVII , Lettera circolare a firma di Francesco Maria France­schinis, presidente designato, in data 23 marzo 1830.

2 8 BCPd, B.P 1676 X, Manifesto associativo all'istituendo Gabinetto di Lettu­ra, Padova 1 marzo 1830.

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concio articolo dello Statuto, all'atto della assemblea inaugurale gli associati non dovevano essere inferiori al numero di cento: già il 23 marzo ben 160 padovani avevano manifestato l'intenzione di ade­rire alla nuova istituzione e a essi era stata inviata una lettera cir­colare con l'invito di regolarizzare l'associazione col versamento di trenta lire austriache al libraio situato «vicino al caffè Pedrocchi» Antonio Zambeccari, mentre la quota mensile fissata a tre lire au­striache mensili si sarebbe dovuta versare a scadenza bimestrale. A quaranta anni dall'esordio dell'esperienza della Società di lettura, veniva a essere confermata la funzione essenziale del libraio quale figura a cui appoggiarsi nel momento in cui un gruppo istituzio­nalizzato di lettori andava a organizzarsi in una città. Oltre a ri­scuotere la quota associativa - e per inciso Zambeccari era stato anche incaricato tra i l primo e il 4 aprile di recarsi personalmente nelle abitazioni degli associati impossibilitati ad andare nel suo ne­gozio - e ad accettare il pagamento in ogni valuta in corso di piaz­za, era anche depositario dell'elenco dei soci e della lista dei gior­nali di cui al momento era stato fatto l'ordine d'acquisto. Inoltre, analogamente a quanto aveva fatto il Brandolese, anche lo Zam­beccari almeno da principio ospitò il neonato Gabinetto di Lettu­ra in alcune stanze situate sopra alla propria libreria, che era la principale della città 2 9 . La prima adunanza dei soci si svolse però per ragioni di spazio presso un altro ritrovo privato, il cosiddetto Casino del Duomo, dove il 15 aprile 1830 a mezzogiorno venne uf­ficialmente aperto il nuovo Gabinetto di Lettura padovano'0.

I l primo articolo dello Statuto fissava i termini entro cui la nuo­va società di lettori voleva muoversi:

il Gabinetto di Lettura è una Società di persone probe e civi­li, le quali si uniscono ad oggetto di procurarsi con maggiore fa­cilità e con un piccolo dispendio la conoscenza delle più im-

2 5 BCPd, B.P. 1676 X, Lettera circolare di convocazione a firma di Francesco Maria Franceschinis, presidente designato, in data 10 aprile 1830.

'" G. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario, cit., p. 9.

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portanti ira le Opere che tendono a divolgare gli avanzamenti delle Lettere e delle Scienze".

Punto di informazione e aggiornamento per la borghesia citta­dina colta, quindi: ecco lo scopo principale di questa nuova istitu­zione. Che fosse una sorta di contraltare alla cultura accademica ufficiale, lo fanno intendere anche le poche righe con cui venne descritta nella Statistica della città di Padova, opera del 1841 di Au­gusto Salvagnini, in cui appunto è richiamato il suo ruolo accanto all'Accademia di Scienze, Lettere ed Arti:

contribuiscono pure alla coltura sociale altri Istituti; ed anzi tutto l'Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova ... Tale coltura poi è coadiuvata dal Gabinetto di Lettura, aperto tutti i giorni a que' sodi che vogliono conoscere, oltre gli avvenimen­ti politici, le nuove vie e gli utili discoprimenti con cui si pro­muove il progresso e la diffusione del sapere32.

Sin da subito le principali attenzioni degli iscritti furono rivol­te ai periodici: la loro scelta fu infatti affidata a una commissione

Può essere utile il confronto cofl'analogo articolo - decisamente più esteso e analitico - della Società Letteraria di Verona, redatto nel 1808: «L'oggetto della Società è il promuovere lo studio ed il perfezionamento delle Scienze e delle Arti, e la diffusione di tutte le utili cognizioni nella nostra Patria. A tal line si provvede degli atti e delle memorie delle più celebri Accademie e Società scientifiche e letterarie; così pure dei giornali, annali, logli ed altre opere periodiche più accreditate in tutta Europa, riguardanti 1° Agricoltu­ra, Chimica, Storia Naturale; 2° Matematica, Fisica, Meccanica; 3° Com­mercio, Arti e Manifatture; 4° Medicina, Chirurgia, Veterinaria; 5° Legisla­zione, Giurisprudenza, Economia Pubblica; 6U Storia, Geografia, Viaggi; 7° Belle Arti, Letteratura, Lingue. Si provvede pure delle opere più interessan­ti che hanno relazione alle su espresse materie, e di giornali politici. In tutti questi oggetti s'impiega il prodotto del contributo di tutti i Socj, prededot­te le spese di afìitto, custode, luminaria, fuoco ed altre determinate come al­l'articolo II» (Regolamento della Società letteraria di Verona, in Catalogo dei libri della Società letteraria di Verona al primo gennaio 1826, Tip. di Paolo Libanti edit., Verona, 1826, p. I). A. A. Salvagnini, Statistica della città e provincia di Padova, Padova, Sicca, 1841, p. 53.

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nominata dalla Presidenza sulla base anche delle proposte dei soci, sempre comunque nel rispetto delle indicazioni della Censura33. Quest'ultima rappresentò un problema continuo per il Gabinetto di lettura a causa della mancata concessione del visto governativo per singoli fascicoli, se non per intere annate, dei periodici a cui era stato effettuato l'abbonamento. I l che comportava l'incomple­tezza di molte testate — solitamente le più interessanti - con la con­seguente irritazione di chi ne attendeva l'arrivo e comunque del­l'intero gruppo dei soci che vedeva andare perduta una parte del­le non ingenti risorse finanziarie disponibili. Risultarono infrut­tuosi gli interventi della Presidenza presso gli uffici governativi per ottenere la restituzione dei fascicoli trattenuti, tentativi più di fac­ciata che veramente convinti: non doveva essere ignoto a nessuno infatti il timore che tali pubblicazioni generavano nella burocrazia de! Regno Lombardo Veneto34. Proprio a causa di tali lacune, sem­pre più frequenti, già con la seduta del 4 gennaio 1832 venne pre­sa la decisione di compilare il catalogo dei libri e dei giornali se­questrati dalla Censura, da affiancarsi a quello dei libri posseduti35. Ad esempio, una delle riviste tenute maggiormente sotto controllo, e a cui il Gabinetto di lettura era abbonato, era VAntologia edita da Gian Pietro Vieusseux di Firenze. Nel luglio del 1831 il censore Pietro Pianton classificò il fascicolo uscito nel mese precedente con Verga schedar», ossia con la concessione della lettura solamente in seguito al rilascio di un permesso governativo dato alla singola per­sona richiedente, «essendo sparso di concetti riprovevoli in linea politica», aggiungendo infine che «il giornale in discorso vien letto con avidità nei diversi Gabinetti di Lettura, e massime in quello di Padova dove concorre tanta gioventù esaltata» 3 6 . Alla luce di que-

'' Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, b. 8, Verbale della seduta del 5 dicembre 1830.

, A G. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario, cit., pp. 24-27, 55-56, 58-59.

' 5 Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, b. 8, Verbale della seduta del 4 gennaio 1832. Nella stessa occasione venne stabilito di compilare anche un registro per i donatori. ASVe, Presidio di Governo 11 dominazione austriaca, b. 651, tit. II , fase. 2/8, Rapporto del Capo Censore Francesco Brembilla al Presidio di (ìoverno, n.

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sta nota conviene quindi considerare in modo meno letterale la de­cisione che venne presa dall'assemblea dei soci a proposito degli studenti nella seduta del 15 novembre successivo: venne infatti de­liberato i l blocco delle iscrizioni degli studenti in qualità di soci fo­restieri in quanto, dato l'elevato numero di richieste, avrebbero causato un eccessivo affollamento nelle sale con conseguenti ral­lentamenti nella lettura dei giornali37. Una tale motivazione risulta obiettivamente piuttosto debole pensando a quanto fosse impor­tante incrementare la dotazione economica mediante nuove iscri­zioni, ma poteva rappresentare un ragionevole compromesso per non rendere l'apparato censorio governativo ancora più sospetto­so di quanto già non fosse. Per la fornitura dei giornali non ci si ri­volse a un libraio padovano, bensì al milanese Dumolard, che po­teva garantire migliori contatti con l'estero38. La cosa non deve stu­pire, poiché il problema delle spedizioni era all'epoca un punto particolarmente dolente: i l servizio postale era lento e inaffidabile, così ogni libraio si appoggiava per lo più a spedizionieri privati di­versi a seconda delle città. La Società Letteraria di Verona ad esempio si rivolgeva al libraio milanese Giegler, che si avvaleva per i propri invìi dello spedizioniere Giovanni Battista Silva e non del normale servizio postale, suscitando i sospetti della Polizia e del Censore veronese che non erano in grado di controllare preventi­vamente le riviste in arrivo39.

Le stanze dello Zambeccari si rivelarono ben presto insufficien-

1937 del 16 luglio 1831. La disposizione venne confermata col Decreto Pre­sidiale n. 3579 del 25 luglio 1831. Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, b. 8, Verbale della seduta del 15 novembre 1831. G. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario, cit., p. 24. ASVe, Presidio di Governo li dominazione austriaca, b. 412, tit. II, fase. 5/30, Interrogatorio all'Economo della Società letteraria di Verona, Pietro Simeo-ni, da parte del Commissario della Polizia di Verona, 11 agosto 1827: i pe­riodici a cui la Società era abbonata erano in parte procurati da Pietro Bise­sti, che li portava personalmente, in parte procurati dal libraio milanese Giovanni Pietro Giegler tramite lo spedizioniere Giovanni Battista Silva, che li faceva arrivare per mezzo di carrettieri, amici o con altri mezzi per ri­sparmiare le spese postali.

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ti a ospitare i numerosi soci e già i l 9 maggio del 1831 veniva fissa­to un nuovo contratto di locazione con la nobildonna Elena Rizzi Contarini per il bel palazzetto in stile gotico-veneziano in piazza Antenore, chiamato allora Ca' d'Oro e ora palazzo Romanin Jacur. A partire dalla Pasqua del 1832 sarebbero state versate ogni anno 1340 lire alla proprietaria dello stabile, che veniva ceduto in affitto interamente a eccezione di un camerino al primo piano40. I l Gabi­netto di lettura poteva contare quindi sul grande salone centrale e tre stanze, oltre che a camere di servizio al piano terreno, amplian­do notevolmente i propri spazi41 e garantendo l'apertura per dodi­ci ore al giorno durante tutto l'anno42. A partire dal 13 gennaio 1854 la Presidenza deliberò inoltre di installare il riscaldamento nelle stanze sul lato di tramontana per destinarle ai soci studenti fo­restieri impegnati nei loro studi, in modo da liberare posti nelle sale comuni dove i soci andavano a leggere le riviste. Risale poi al 1863 la concessione di fumare nelle stanze non adibite a sala di lettura, ossia nei luoghi destinati alla conversazione4'.

Purtroppo la perdita della gran parte dell'archivio dell'epoca non permette di approfondire ulteriormente come fossero orga­nizzati gli spazi all'interno del Gabinetto di lettura e scarse sono anche le notizie disponibili sulla sua conduzione. La Presidenza fu costantemente impegnata a mantenere alto il numero degli iscritti, tanto che periodicamente furono inviate circolari per procurare nuovi soci «e così poter usare mezzi maggiori a diffondere le co­gnizioni mercé di nuovi giornali, dizionarii, atlanti ec. ec .» 4 4 . Tra il 1841 e i l 1844 venne condotto un curioso espediente con lo scopo di invogliare un maggior numero di persone a entrare nell'istitu­zione. L'assemblea dei soci decise infatti di estrarre ogni anno due

4 0 G. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario, cit., pp. 264-265.

4 1 Ivi, p. 32. 4 2 Si veda l'articolo Vi l i dello Statuto (G. Solitro, La "Società di cultura e di in­

coraggiamento" in Padova nel suo primo centenario, cit., p. 256). 4 3 G. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­

mo centenario, cit., p. 60. 4 4 BCPd, B.P. 1676 X, Lettera circolare a firma dei presidenti Agostini, Mene­

ghini e Turazza, in data maggio 1846.

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premi in libri, denominati «grazie», del valore di cento lire l'uno tra i componenti più ragguardevoli del Gabinetto. I l tentativo non ebbe buon esito, tanto che venne abbandonato in favore di un in­cremento della voce di bilancio inerente agli acquisti45.

La crisi iniziò a investire il Gabinetto di Lettura a partire dalla fine della seconda guerra d'indipendenza. Le cause furono molte­plici: se durante il periodo finale del dominio asburgico ci si trovò a dover affrontare un calo delle iscrizioni causate dal fenomeno dell'emigrazione e al contempo un aumento delle spese vive (ab­bonamenti, restauri del mobilio, aumento della retribuzione del custode etc.)46, dopo l'unione al Regno d'Italia si evidenziarono problemi di natura decisamente più strutturale. Da alcuni anni il Gabinetto di lettura non era più l'unico luogo dove si aggregava la borghesia culturalmente più avanzata dell'epoca. Nel frattempo si erano formate associazioni con finalità più specificatamente legate alle esigenze di sviluppo economico della società, come ad esem­pio la Società d'incoraggiamento per l'agricoltura, l'industria e il commercio e il Gabinetto d'Arti e Mestieri, che avevano sottratto una parte importante di soci in quanto rispondevano in modo più adeguato alle istanze dell'epoca. A questo si aggiunse una crisi di liquidità, cui venne posto rimedio con un prestito di 3000 lire de­liberato nella seduta del 27 gennaio f 867 e con l'aggregazione al Gabinetto di lettura dell'Associazione degli Avvocati e dei Notai di Padova47. Quattro anni dopo però si resero inderogabili nuove-spese di risistemazione della sede e di fronte alla concreta possibi­lità di dover sciogliere definitivamente l'associazione o di dover ri­correre a un ulteriore prestito, venne presa la decisione di conflui­re nella Società d'incoraggiamento. I l 31 marzo 1873, come scris­se il Solitro,

dopo 43 anni di vita degna e operosa, per un eccessivo scrupo­lo di correttezza amministrativa (esempio nobilissimo a tutte le

4 5 Ctr. Ci. Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo primo centenario, cit., pp. 33-34.

A h Ivi, p. 71. 4 7 Ivi, pp. 77-78.

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amministrazioni pubbliche e private), si spegneva la vecchia So­cietà, per risorgere però subito dopo a nuova vita nella Conso­rella sua, conservatrice gelosa delle memorie avute in retaggio48.

La «Biblioteca circolante» di Natale Avanzi

Strettamente collegata al Gabinetto di Lettura, sebbene non ne facesse parte, è da considerarsi anche la breve esistenza della Bi­blioteca Circolante di proprietà del dott. Natale Avanzi. Questi a partire dall'anno accademico 1823-1824 aveva compiuto studi di matematica presso l'Università di Padova, dove si era laureato nel 18264y, ma evidentemente i suoi interessi lo avevano condotto lon­tano dal mondo dei numeri: già nel 1826 si era prestato all'acqui­sto di libri per conto del libraio Antonio Zambeccari presso un al­tro libraio padovano, Domenico Faccio50, mentre nel 1832 lo si ri­trovava a richiedere l'autorizzazione a tenere un torchio calcogra­fico nella propria abitazione in Contrada delle Maddalene n. 4313". Assunto come custode presso il Gabinetto di Lettura nella seduta del 18 gennaio 183552, continuò la consuetudine di far stampare a proprie spese l'elenco dei periodici in abbonamento e quello dei soci, da offrire in dono ai soci stessi all'inizio di ogni anno, presumibilmente in cambio di una mancia. I compiti del cu­stode erano stati fissati durante una seduta privata della Presiden­za il 5 agosto 1830: sarebbe stato alloggiato in un piccolo apparta-

4* Ivi, p. 84. 4 9 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1830-1834, LXXX1II, fase. 2/29,

Rapporto n. 5428 del 9 novembre 1832 della Direzione Generale di Polizia. 5 0 ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 406, tit. II, iase. 2/44,

Interrogatorio a Domenico Faccio e Antonio Zambeccari per la vendita del­l'opera Enciclopedia domestica (Milano, Paolo Emilio Giusti, 1823-1825), Padova 16 aprile 1826.

5 1 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1830-1834, L X X X I I I , fase. 2/29, Richiesta del 28 agosto 1832. L'autorizzazione venne concessa con Decreto Governativo 41690/4766 del 15 novembre 1832.

5 2 Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, b. 8, Verbale della seduta del 18 gennaio 1835: la sua candidatura fu accettata con 20 voti a favore e nes­suno contrario.

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mento attiguo alle sale con l'obbligo di essere presente in sede ogni giorno per garantire l'apertura delle sale le condizioni ideali per la lettura, rifornendo di legna le stufe, tenendo accese le lampade e mantenendo in ordine i locali. Le uniche assenze previste erano esclusivamente contemplate nel caso in cui dovesse assentarsi nel pomeriggio per andare a riscuotere le quote mensili direttamente nelle dimore degli associati. Nell'occasione però era comunque obbligato a trovare un sostituto, presumibilmente un membro del­la propria famiglia o un assistente5'. La sua retribuzione, inizial­mente fissata in 84 lire austriache mensili, venne portata a 90 lire austriache nella successiva seduta dell'8 settembre visto i l continuo impegno richiestogli54. Un forte limite presente nel regolamento del gabinetto padovano fu la proibizione del prestito dei libri e delle riviste ai suoi membri: in tutta la città non vi era nessun luo­go dove si potessero prendere in prestito opere di generi letterari rivolti a un pubblico ampio e non erudito. I l ruolo di custode per­metteva all'Avanzi di essere quotidianamente in contatto con gli associati e le loro esigenze di lettori, tanto che a partire dalla sua assunzione iniziò a formare una biblioteca circolante per darne in prestito i volumi dietro la corresponsione di un piccolo compenso anche a persone non appartenenti al Gabinetto di Lettura. In tale modo si attirò immediatamente l'attenzione della Delegazione Provinciale di Padova, che infatti in data 1 giugno 1835 inviò alla Presidenza una richiesta di chiarimenti sull'operato del custode, accusato di dare illegalmente in lettura giornali e libri del Gabi­netto di Lettura a estranei e per giunta a pagamento55. Per regola­rizzare la sua posizione nei confronti dell'Ufficio di Censura, Avanzi dovette presentare la domanda di poter aprire ufficialmen­te una biblioteca circolante nella propria abitazione56. In questo

5 3 Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, b. 8, Verbale della seduta del 5 agosto 1830.

5 4 Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, Verbale della seduta dell'8 set­tembre 1830.

5 5 G . Solitro, La "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario, cit., p. 25.

5 6 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1835-1839, LXVII , fase. 11/5, Ri­chiesta di informazioni sul Custode del Gabinetto di Lettura di Padova, Na-

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modo per la prima volta vi fu a Padova la possibilità per chiunque - previa la corresponsione di un piccolo abbonamento - di pren­dere in prestito libri al di fuori di un qualsiasi luogo prestabilito per la loro lettura: circolo privato, libreria, biblioteca o caffè (per le gazzette) che fosse. La Biblioteca circolante dell'Avanzi inter­pretò pienamente le aspettative dei lettori, tanto che anche a se­guito della sua chiusura il regolamento del Gabinetto di Lettura venne cambiato: nell'adunanza privata del 28 novembre 1845 ven­ne infatti deciso di accordare i l prestito dei libri agli iscritti per una durata di quindici giorni previa richiesta scritta57.

Pur mantenendosi sempre ligio alle disposizioni governative in materia di censura, Natale Avanzi suo malgrado incappò in un se­questro di libri piuttosto considerevole, a testimonianza di quanto questo genere di attività fosse considerata pericolosa dalle autorità austriache e soggetta a continua sorveglianza. Nel maggio del 1837 gli vennero infatti sequestrati da parte della Delegazione di Pado­va trecento volumi di varie opere stampate in Francia che erano in­serite nel proprio catalogo: molto probabilmente si trattava di ro­manzi, genere estremamente apprezzato e ricercato dai lettori. In opposizione a tale provvedimento, il 22 maggio 1837 Avanzi pre­sentò un ricorso direttamente al Governo di Venezia e - senza at­tendere una risposta ufficiale - i l 5 giugno successivo lo inviò an­che al Dicastero Aulico di Polizia e Censura di Vienna, che rap­presentava in materia il massimo grado decisionale negli stati asburgici58:

L'umile sottoscritto è proprietario di una Biblioteca volante di libri di lettura in Padova. Egli ha sempre comprato i libri che fanno parte di essa o da libraj di Padova patentati, o fatti veni­re col mezzo della Dogana e quindi riveduti tutti dal Censore di

tale Avanzi, che aveva domandato il permesso di aprire una Biblioteca Cir­colante a Padova. L'autorizzazione venne concessa con Decreto Governati­vo n. 32630/1372 del 18 settembre 1835.

5 7 G. Solitro, ha "Società di cultura e di incoraggiamento" in Padova nel suo pri­mo centenario, cit., p. 33.

5 8 ASVe, Governo austriaco lì dominazione, 1835-1839, LXVII , fase. 13/27, Ri­corso di Natale Avanzi al Governo, 22 maggio 1837.

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Padova. Oltre a questo egli ha presentato sempre i cataloghi di detti libri al suddetto Censore che glieli ha di novo permessi. Solo ultimamente il Censore suddetto cassò dal catalogo che il sottoscritto voleva far stampare alcune poche opere, ma accon­sentì peraltro che le distribuisse in lettura. Qual non hi poi la sua sorpresa, quando giorni sono contro ogni sua opinione egli si vidde conliscare dal signor Delegato di Padova non solo le opere suddette, ma molte altre ancora che furono dal Censore permesse, e che ammontano a 300 volumi, come consta dal ca­talogo colla di lui sottoscrizione ed admittilur che è in mano del sig. Delegato di Padova [...] Vedendosi ora mancare quei libri, necessariamente ha bisogno di comprarne e far venire dall'E­stero degli altri, perché possa corrispondere alle domande degli associati della sua Biblioteca di Lettura, che gli olfre un onesto mezzo di sostentamento.

Cos'era accaduto, perché si fosse giunti a un ricorso di livello così elevato per una questione vertente una piccola biblioteca cir­colante di provincia? Quanto successo era motivo di grave imba­razzo per l'amministrazione veneta, soprattutto nei riguardi di Vienna. Risultava evidente che si era venuto a creare un insanabi­le conflitto all'interno della Delegazione Provinciale di Padova, dove l'operato del Censore provinciale l'abate Tommaso Fidenzio De Grandis era stato sconfessato dal Delegato locale in modo estremamente plateale, in modo da provocare - con ogni probabi­lità intenzionalmente - l'intervento delle autorità superiori''9. Di fatto il nocciolo del problema era ben sintetizzato dall'Avanzi nel suo ricorso, quando nelle ultime righe chiedeva infatti a quale au­torità si sarebbe dovuto rivolgere in futuro per poter essere sicuro

ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1835-1839, L X V I I , fase. 13/27, Ri­chiesta di rapporto al Governo di Venezia da parte del Dicastero Aulico di Polizia e Censura di Vienna, atto n. 25257 del 17 giugno 1837. Il De Gran­dis venne poi costretto alle dimissioni volontarie, richieste dal Viceré Ranie­ri in persona, il 6 agosto dello stesso anno (ASVe, Presidio di Governo II do-minazione austriaca, b, 910, tit. VII, fase. 6/1, Incartamento sul Censore di Padova Tommaso De Grandis).

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di essere in piena regola con le leggi e i regolamenti, dato che il Censore di Padova si era dimostrato non essere affidabile. E sulla stessa linea era anche la Delegazione provinciale stessa, quando ri­spondendo alla domanda di ulteriori chiarimenti da parte del Go­verno veneziano60, accusava esplicitamente il De Grandis di aver dato il permesso censorio a opere proibite, facendo comunque sal­vo all'Avanzi il diritto di ricorrere contro di lui per i danni subiti6 1. Alla fine Natale Avanzi, che nella circostanza non era stato altro che il pretesto per un "regolamento di conti" all'interno dell'am­ministrazione, non subì nessun procedimento penale e gli venne concesso di rispedire all'estero i trecento volumi secondo le dispo­sizioni vigenti del Regolamento della Censura62. Non si può però pensare che questa vicenda non avesse comportato nessuna conse­guenza dal lato economico sulla piccola impresa libraria: trecento opere per di più provenienti dall'estero erano davvero difficili da sostituire, considerando non solo il loro valore, ma soprattutto che dovevano costituire la parte più appetibile del catalogo da parte dei lettori. Infatti un anno dopo l'Avanzi pose fine all'esperienza di Custode del Gabinetto di lettura, e probabilmente anche all'esi­stenza della Biblioteca circolante, divenendo direttore e ammini­stratore della Tipografia e Libreria della Minerva all'epoca di pro­prietà di Massimo Bojani e Luigia Ascari Rusconi6'. Avanzi non ri-

6 0 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1835-1839, L X V I I , fase. 13/27, Ri­chiesta di rapporto alla Delegazione di Padova, atto n. 18861/874 dell'I giu­gno 1857.

6 1 ASVe, Governo austriaco li dominazione, 1835-1839, L X V I I , fase. 13/27, Rapporto della Delegazione provinciale di Padova, n. 18/2 del 18 giugno 1837, spedita poi a Vienna con la comunicazione n. 22520/1063 del 29 giu­gno 1837.

6 2 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1840-1844, X X I I , fase. 11/25, Rapporto di Polizia n. 3327 del 5 luglio 1841.

6 3 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1835-1839, LXVII , lasc. 11/26, Comunicazione della Delegazione di Padova al Cìoverno, n. 8807/3149 del 4 maggio 1838: richiesta di Massimo Bojani e Luigia Ascari Rusconi per la nomina a direttore e amministratore della Tipografia della Minerva di Pa­dova del dott. Natale Avanzi, già «addetto in qualità di custode a questo Ga­binetto di Lettura», al posto di Domenici) Rizzi; Rapporto dell'Ufficio di Censura e Revisione al Governo, n. 911 del 23 maggio 1838: nulla osta alla nomina dell'Avanzi.

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mase a lungo nella Tipografia della Minerva, che ormai versava in precarie condizioni ed era destinata a chiudere nel giro di pochi anni: ne usci infatti nel 184264. E da notare che già il f 8 febbraio del 1841 aveva presentato al Governo la richiesta di poter eserci­tare in proprio il mestiere di libraio a Padova65, ma sebbene aves­se ottenuto la necessaria autorizzazione nel luglio dello stesso anno66, non si hanno notizie dell'apertura di un negozio. Le ultime testimonianze della sua attività risalgono infine al 1846, quando venne certificata la sua presenza in qualità di dipendente nella l i­breria di Antonio Zambeccari67, e al novembre del f 848 nella re­pubblicana Venezia in qualità di compilatore dei soli 28 numeri apparsi del giornale «L'ape militare. Foglio quotidiano tendente a promuovere l'istruzione militare della Guardia Nazionale e dei mi­liti di qualunque arma».

La «Biblioteca popolare»

L'entrata del Veneto nel Regno d'Italia nel 1866 consentì final­mente la realizzazione di una serie di iniziative riguardanti l'intero complesso della società, iniziative di cui ormai da tempo era av­vertita l'esigenza da parte di coloro che ora costituivano la nuova classe dirigente della città. Di primaria e basilare importanza ven­ne considerato il problema dell'altissimo numero di analfabeti tra la popolazione, che durante i l Regno Lombardo Veneto era stata di fatto lasciata nella stessa condizione di ignoranza e di abbando-

M ASVe, Presidio di Governo II dominazione austriaca, b. 1125, tit. V, fase. 6/13, Comunicazione del Presidio di Governo all'Ufficio di Censura e Revi­sione del libri e delle stampe, n. 98 del 9 gennaio 1844.

6 5 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1840-1844, X X I I , fase. 11/25, Ri­chiesta del 18 febbraio 1841. ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1840-1844, X X I I , fase. 11/25, Au­torizzazione a Natale Avanzi a esercitare l'arte libraria a Padova, Decreto Governativo n. 5870/959 del 15 luglio 1841.

6 7 ASVe, Ufficio della (Censura, II dominazione austriaca, b. 266, fase. 11/30, Quadro sinotico del personale tipografico-calcografico-litografico-librario della Città e Provincia di Padova, 8 febbraio 1846.

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no dei secoli precedenti. In attesa dell'applicazione del nuovo ap­parato scolastico del Regno d'Italia, che comunque avrebbe coin­volto solamente la fascia dei più giovani, già alla fine del 1866 l'am­ministrazione comunale decise autonomamente di agire in quel settore che maggiormente sembrava bisognoso di un immediato intervento. Nella seduta del 21 dicembre infatti l'intero Consiglio Comunale non si limitò a una semplice - e poco impegnativa - di­chiarazione d'intenti. Si espose invece a chiari termini facendo mettere a verbale una risoluzione, suffragata dal voto unanime di tutti i presenti, volta a sostenere l'apertura di scuole serali per gli adulti. E la cosa non finiva qui, poiché sia la Giunta che i Consi­glieri si impegnavano a istituire anche una Biblioteca popolare a spese dell'intera comunità, in quanto

uno dei più urgenti bisogni, che in modo patente si manilesta agli occhi di tutti nella mutata nostra condizione politica, egli è

certamente la educazione del popolo. La mancanza di istruzio­ne nuoce infatti del pari alla moralità, all'interesse delle fami­glie, al progresso delle arti e delle industrie, allo sviluppo delle lorze e delle prosperità nazionali. Tutto ciò che tende ad illu­minare il popolo, a migliorare la sua condizione morale e citta­dina deve dunque essere accolto con plauso e validamente sor­retto [...]

L'attuazione poi di una Biblioteca popolare è diretta a com­pletare l'opera della buona educazione del popolo, e distoglien­do la gioventù dall'ozio, dalle frequenze immorali, varrà a for­nirle il mezzo di acquistare senza carico della sua economia mag­giori lumi, maggiori cognizioni, ed offrirle nobile incitamento per guadagnarsi i principali rudimenti dei proprii diritti e dei proprii doveri, ed utili ammaestramenti alle proprie industrie 6 8.

Dall'enunciazione delle intenzioni alla emanazione di un prov­vedimento vero e proprio passarono solo due mesi, a testimonian-

m Processo verbale della seduta consigliare del Comune di Padova seguita nel giorno 21 dicembre 1866, Padova, Tip. Provinciale di Luigi Penada, 1867, pp. 31-33.

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za dell'urgenza avvertita su questa materia. Nella seduta consiliare del 9 marzo 1867 infatti venne presentato e votato all'unanimità il regolamento istitutivo di una scuola di disegno pratico, di model­lazione e d'intaglio per i giovani artigiani69 e di ben 14 scuole sera­l i , di cui due da collocarsi in città e 12 nel circondario. Per com­prendere quanto lavoro ci fosse da fare anche solo per dare una parvenza di reale unità linguistica alla popolazione del giovane re­gno italiano, basti prendere in esame l'articolo 22 di questo rego­lamento, dove veniva specificato che l'istruzione da parte dei mae­stri sarebbe stata impartita nel dialetto cittadino e non nella lingua italiana, che evidentemente non era compresa dal popolo7". Nella stessa occasione l'assessore Federico Frizzerin diede lettura anche del Regolamento della nuova Biblioteca popolare, che venne ap­provato con voto unanime da tutti i consiglieri. Vale la pena leg­gere la ridondante ed entusiastica prosa dell'epoca con cui venne redatta l'introduzione agli articoli normativi, da considerarsi per molti versi un manifesto politico, sociale e culturale Ioni court;

La inazione dello intelletto nelle epoche passate rese impossi­bili alle arti il sentimento del Bello, alle industrie i ritrovati del­la scienza, ai traffici gli ardimenti speculativi ed all'agricoltura ogni miglioramento. Tutti, o quasi tutti, lavoravano privi d'idee e di coscienza, ed in quella vegetazione spontanea, com'erano allietati dalle festive ed immorali baldorie, disdegnavano l'ali­mento dello intelletto e rifuggivano dalle associazioni per un previdente risparmio. Finché pertanto l'istruzione non ringio­vanisca e rimuti il popolo e non gli apra nuove fonti di guada­gno e nuovi campi ove esercitare la sua attività, sia nostro com­pito di concorrere con opportune istituzioni allo svolgimento di quei nobili germi che la comune e provida natura ha sparso nel­le infime come nelle superiori classi sociali. Dissipate le prime-nebbie dalla mente, l'uomo prova imperiosa la necessità di pro­gredire, e benché abbandonato a se stesso cerca nei libri le ine-

'''' Ivi, p. 85, Processo verbale della seduta 9 marzo 1867 ore 11 antimeridiane. 7 1 1 Ivi, p. 76, Processo verbale della seduta 9 marzo 1867 ore 11 antimeridiane.

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splorate regioni, e, Ira la luce che lo comprende, raffina il sen­timento, medita e crea.

Noi vi proponiamo dunque di aprire la Biblioteca popolare, che in massima assentiste nella seduta del Consiglio 21 dicem­bre p.p. e che, completando la istituzione delle scuole serali, servirà a diffondere Ira il popolo le letture utili per lo esercizio delle arti, delle industrie e dell'agricoltura, nonché pel suo mo­rale e civile miglioramento.

Le Biblioteche circolanti nella Francia e dell'Inghilterra, quelle comunali nella Svizzera sono esempio dello sviluppo di cui è suscettibile e dei vantaggi che arreca una così provvida istituzione. Per essa l'artigiano nobilita i brevi ozi della sua vita, per essa se ne completa l'opera della buona educazione, e, come dissimo altra volta, gli si forniscono con essa i mezzi di acqui­stare senza carico della sua economia maggiori lumi ed utili am­maestramenti alle proprie industrie. Nel Regolamento, di cui vi daremo lettura, voi vedrete, che, sotto date condizioni, vengo­no acconsentiti prestiti di libri, perché è certo, che non tutti gli operai potrebbero approfittare della Biblioteca in quelle ore nelle quali sarà loro aperta. Ciò si usa anche nella Svizzera, ed il pastore che passa la giornata su quelle Alpi solitarie ha la compagnia di un libro che lo fa meditare sui diritti e sui doveri degli uomini, e gli apre la mente ai segreti dell'arte I . . . I

E se pure qualcuno la ritenesse inutile, appoggiandosi alle 164 Biblioteche pubbliche ed alle 16 private con 4,149,281 vo­lumi che possedè l'Italia, in confronto della decantata Inghil­terra, la quale ha solo Biblioteche con 1,771,493 volumi, sog­giungeremo, che la risposta sta precisamente nello spirito della nostra istituzione. Le opere, che costituiscono le Biblioteche d'Italia, sono per la massima parte teologiche e morali, e se pure trovi in esse non dimenticate la scienza, la politica e la istoria, mancano però del tutto di quei libri che servono alla istruzione del Popolo.

E qui ci sia permesso di trarre un'auspicio [sic]. I probi pio­nieri di Rochalde, che con 28 soci e 700 lire aprirono il primo Magazzeno cooperativo ed in meno di 19 anni presentarono 4013 soci ed un milione e mezzo di capitale, oggi a fianco di

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quello istituirono una Biblioteca pel popolo. Anche da noi, nel­lo stabile stesso, che serve a Magazzeno cooperativo, sarà schiu­sa una Biblioteca avente gli stessi scopi, ma con questa diffe­renza però, che mentre il primo ripete i suoi giorni dalla inizia­tiva privata, la seconda dovrà ripeterli dalla iniziativa del Co­mune. Auguriamo quindi prospere le sorti alla società del Ma­gazzeno cooperativo e vicino l'istante in cui possa, a somiglian­za dei probi pionieri di Rochalde, offrir prima l'esempio di quelle iniziative, che il Governo, o la Provincia, od il Comune per le eccezionali condizioni del nostro paese dovettero assu­mersi nello interesse del popolo e perché non andassero perdu­ti i vantaggi materiali della libera vita 7 1.

Colpisce innanzi tutto l'impietosa descrizione della condizione morale oltre che culturale di una popolazione priva degli stimoli necessari per migliorare la propria condizione lavorativa e dedita - non appena possibile - a soddisfare esclusivamente i piaceri le­gati alla sfera sensoriale della vita. Ma a fronte di una società ri­piegata su se stessa, quasi stupiscono i riferimenti presenti nel te­sto alle nazioni maggiormente progredite d'Europa. Sono argo­mentazioni — poste sicuramente in modo un po' didascalico e a ef­fetto - che non erano evidentemente frutto di una rielaborazione approfondita e di una sperimentazione sul campo, ma che piutto­sto derivavano da letture di periodici e di opere non necessaria­mente di natura tecnica. Una cultura di tipo soprattutto teorico, verrebbe quasi da definirla (e non in senso spregiativo) "da gabi­netto di lettura", che connotava una inedita classe dirigente per la prima volta in grado di mettere in pratica le proprie cognizioni e le proprie idee politiche. E per inciso sia i l sindaco, Andrea Me­neghini, sia l'assessore Federico Frizzerin, ma anche altri membri del Consiglio Comunale - come ad esempio gli avvocati Giacomo Brusoni e Francesco Piccoli, o il patriota e futuro senatore l'inge­gnere Alberto Cavalletto - erano ancora iscritti al Gabinetto di

Ivi, pp. 96-98, Processo verbale della seduta 9 marzo 1867 ore 11 antimeri­diane.

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Lettura o lo erano stati fino a un recentissimo passato. È proba­bilmente la miglior testimonianza del ruolo fondamentale che ebbe questa istituzione quale privilegiato luogo d'incontro delle menti più aperte e attive della città durante il dominio asburgico.

La nuova Biblioteca popolare nasceva come una sezione stac­cata della Biblioteca civica - nata ufficialmente nel 1859 insieme al Museo civico e che all'epoca era provvisoriamente collocata in al­cune stanze del Municipio7 2 - ma di fatto era sovrintesa dal consi­gliere comunale, e futuro sindaco, Antonio Tolomei73. A differen­za della Biblioteca Civica, il cui fine costitutivo fu di raccogliere soprattutto le memorie storiche della città insieme al Museo e al­l'Archivio con cui costituiva un corpo unico, secondo il primo ar­ticolo del Regolamento «scopo di questa istituzione è la diffusione delle letture utili al popolo per l'esercizio delle arti, delle industrie, e dell'agricoltura, nonché pel suo morale e civile miglioramento» 7 4 . La sede della Biblioteca popolare venne posta in alcuni locali di proprietà del Comune sopra il Magazzino cooperativo, in attesa che la Biblioteca civica fosse trasferita in uno spazio più grande e adatto: l'idea dichiarata era di riunirle dopo pochi anni in un uni­co stabile, cosa che invece non si realizzò mai. Nella stessa seduta del Consiglio venne inoltre prevista l'assunzione di un custode, che doveva essere pagato annualmente 500 lire, e una spesa di f500 lire da destinarsi all'acquisto dei mobili, dell'illuminazione e della dotazione libraria. L'apertura venne infatti effettuata il primo novembre f 867 in via Santo Monte7 5 con un orario pensato per

7 2 Nel 1867 la Biblioteca Civica contava appena 10.875 volumi [Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nell'anno 1867, Padova, Tipografia e Libreria edit. F. Sacchetto, 1868, p. 21): sulla storia dei londi originari della Biblioteca Civica vale ancora l'ormai datato A. Mo­schetti, // Museo civico di Padova. Cenni storici e illustrati, Padova, Società Cooperativa Tipografica, 1838, pp. 55-88.

7 i Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nel­l'anno 1870, Padova, Premiata 'Tipografia Editrice F, Sacchetto, 1871, p. 35.

7 4 Articolo 1 del Regolamento (Processo verbale della seduta 9 marzo 1867 ore 11 antimeridiane,cit., p. 98).

7 5 Oggi via Monte di Pietà (cfr. G. Saggiori, Padova nella storia delle sue stra­de, Padova, 1972, p. 342): molto probabilmente era all'attuale numero civi­co 3, sede ancor oggi di uffici comunali. Sopra al portone d'ingresso in stra-

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una utenza formata essenzialmente da lavoratori. I l servizio al pub­blico era infatti garantito dalle 19.00 alle 21.00 di ogni giorno fe­riale dei mesi che andavano da novembre ad aprile, mentre da mezzogiorno alle 14.00 negli altri mesi; in più era possibile acce­dere alle sale anche dalle 9.00 alle 12.00 delle domeniche e dei giorni festivi76. L'arredo era molto semplice ed essenziale, in linea con la necessità di contenere le spese da parte del giovanissimo Stato italiano: era infatti formato da quattro tavoli di noce dotati di tre cassetti e una tavoletta a scomparsa dove poter scrivere, un grande tavolo di noce sempre con cassetti e tavoletta, tre tavolini col cassetto e 28 sedie impagliate. Alle pareti della prima stanza vi erano quattro grandi incisioni incorniciate di proprietà del Museo Civico e due quadretti incorniciati dove esporre i nomi dei dona­tori di libri, oltre alle tende «di tela rigata turchina» complete del­le buone grazie dello stesso tessuto, presenti anche alle finestre delle altre stanze. Una grande scaffalatura in legno di abete con una scala e una scaletta a sei gradini era invece posta nella stanza più grande, che veniva illuminata da un lampione a petrolio so­speso al centro del soffitto, mentre nelle altre stanze la luce era for­nita da cinque lampade a petrolio con doppi tubi di vetro sostenuti da bracci di zinco e da una lampada bugia a petrolio con un solo tubo. Per scrivere erano presenti cinque calamai di vetro con rela­tive scodelline in legno; a completare la dotazione vi erano inoltre gli strumenti per la pulizia delle lampade, latte per il petrolio e un cestino in legno per la spazzatura. Tutte le suppellettili vennero consegnate per la conservazione e la custodia dall'Economo Ma­gazziniere Municipale a Pietro Baita, Assistente del Direttore del Museo civico, Andrea Gloria, cui faceva capo anche la Biblioteca civica77.

da e sopra l'entrata delle sale al primo piano vennero poste due tavole in le­gno con la scritta "Biblioteca popolare" (ASPd, Alti Comunali, b. 2475, ti­tolo XIII (Istruzione Pubblica), Inventario degli effetti di ragione Comunali di Padova esistenti nella Biblioteca Popolare in via Santo Monte, Padova li 11 decembre 1867).

7 ( 1 Cfr. art. 3 del Regolamento (Processo verbale della seduta 9 marzo 1867 ore 11 antimeridiane, cit., p. 98).

77 ASPA, Atti Comunali, b. 2475, titolo XIII (Istruzione Pubblica), Inventario

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La nuova sede bibliotecaria nei primi due mesi di vita vide una media di frequentatori di 10 persone al giorno, mentre durante l'anno successivo si contarono 3269 presenze con 1016 libri dati a prestito. Al momento dell'apertura era stata messa a disposizione una dotazione libraria di 498 volumi e già al 31 dicembre 1868 i volumi presenti erano aumentati a 1894 unità, con una significati­va quantità di donazioni - 191 libri donati nel 1867 e 576 nel 1868 - che stava a dimostrare l'interesse suscitato nella società padova­na da questa nuova istituzione78. E anche l'amministrazione comu­nale potè così scrivere con soddisfazione che:

il movimento della Biblioteca popolare ci convinse essere en­trata nelle abitudini del popolo quella istituzione; la media gior­naliera degli accorrenti alla ricerca di un libro fu rappresentata da 12 individui, i doni dei cittadini da 576 volumi, la sua im­portanza e l'onore in cui viene tenuta dal primo premio, che te­sté le assegnava il Governo79.

Chi erano questi lettori e cosa leggevano? I dati offerti dal Ren­diconto morale della gestione amministrativa del Comune di Pado­va nell'anno 1868 non sono purtroppo statisticamente precisi, confondendo il numero delle frequenze degli utenti della bibliote­ca con quello dei lettori effettivi (che erano molti di meno, in quanto la stessa persona poteva recarsi in biblioteca più volte in un anno). È comunque possibile vedere che nel primo anno i mag­giori frequentatori furono gli studenti e i professionisti, mentre sensibilmente minore risultò essere il numero di artigiani, operai e commercianti, come facilmente era da aspettarsi80. Più attendibile

degli effetti di ragione Comunali di Padova esistenti nella Biblioteca Popolare in via Santo Monte, Padova li 11 decembre 1X67.

7" Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nel­l'anno 1868, Padova, Tipografia e Libreria edit. E Sacchetto, 1869, p. 63.

" Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nel­l'anno 1868, Padova, Tipografia e Libreria edit. E Sacchetto, 1869, p. 20.

s" Tipologie di lettori: Studenti dell'Università e del Ginnasio n. 1166; Arti li­berali n. 1047; Mestieri n. 767; Civili n. 514; Studenti delle Tecniche n. 349; Commercianti n. 258; Arti meccaniche n. 211 (Ìbidem).

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invece è la classificazione del genere delle letture effettuate, da cui traspare una netta predilezione per le cosiddette Letture amene e le letture di Educazione, rimanendo invece poco ricercate le opere riguardanti le Arti e industrie*1. Nel giro di dieci anni si riscontrò un continuo aumento delle presenze, tanto che nel 1878 raggiun­sero le 56118 2, numero considerevole se confrontate con quelle della Biblioteca civica posta nella nuova sede all'interno del Con­vento del Santo, che nello stesso anno si fermava a 1440 presenze effettuate da 110 lettori 8 '.

La novità maggiore era costituita dal prestito. Era stato infatti concesso a tutti i cittadini, ma con delle condizioni, che miravano ad escludere possibili danneggiamenti e furti dei libri da parte dei lettori, o quanto meno a poterne essere risarciti. Infatti l'articolo quattro del Regolamento recitava che «è permesso il prestito dei li­bri fuori del locale della Biblioteca a persone del popolo di fama intatta, purché provino di avere depositato almeno 50 lire presso la Cassa di risparmio, o liberato un'azione presso la Banca mutua, o 5 azioni presso il Magazzeno cooperativo, od offrano un garan­te». È da notare che nella Biblioteca Civica di Padova fino a poco più di dieci anni fa l'accesso diretto al prestito era consentito solo a poche categorie di persone (funzionari pubblici, insegnanti, sa­cerdoti), mentre tutti gli altri dovevano avere un mallevadore che si dichiarasse corresponsabile dell'integrità dei volumi presi in pre­stito.

Visto i l successo dell'iniziativa, il primo febbraio del f 870 ven­ne inaugurata una sede distaccata della Biblioteca popolare nella frazione di Ponte di Brenta, che di fatto era un paese autonomo cresciuto ad alcuni chilometri di distanza dal centro cittadino al confine orientale del territorio comunale. La popolazione residen-

8 1 Tipologia delle letture: Letture amene n. 1776; Educazione n. 1380; Storia n. 564; Scienze n. 460; Arti e industrie n. 132 (Ibidem).

8 2 Cfr. Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nell'anno 1878, Padova, Tipografia Comunale alla Minerva, 1880, p. 173.

8 5 I 110 lettori erano composti da 66 studenti, 28 letterati e 16 professori, che compirono 308 consultazioni di opere di Storia cittadina, 292 di Lettere ita­liane, 280 Lettere latine, 256 Lettere greche e 244 Storia generale e di altri argomenti di minor numero (Ivi, p. 180).

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te era formata per lo più da contadini e da operai impegnati nella produzione di terrecotte e, secondo la logica degli amministratori dell'epoca, questa biblioteca andava a costituire una sorta di testa di ponte per l'istruzione della massa dei lavoratori del posto84. In verità si trattava solo di un punto di prestito con una dotazione ini­ziale di 579 volumi che non fu soggetta a significativi incrementi, visto che in dieci anni aumentò di meno di 200 unità 8 5 . Non per questo però la sua funzione ebbe minore importanza: già nel 1871 il numero dei prestiti raggiunse le 2307 unità, superando quelli ef­fettuati nella sede di via Santo Monte, fermi a 176386. Che la nuo­va struttura incontrasse i bisogni dei cittadini lo dimostra il fatto che la pratica del prestito aumentò nel corso degli anni, tanto che nel 1878 uscirono complessivamente 8587 volumi (5553 a Ponte di Brenta e 3034 in via Santo Monte), un numero più che raddop­piato rispetto a soli sette anni prima87.

Per finire

Un secolo è un periodo di tempo piuttosto lungo nella storia di una città e in particolare nel caso dell'Ottocento è stato un perio­do estremamente complesso e ricco di trasformazioni di ogni tipo: politiche, sociali, culturali, scientifiche, tecnologiche. Anche l'og­getto-libro subì cambiamenti radicali, non tanto nella forma rima­sta identica al passato, quanto nella tipologia del supporto (dalla carta di pasta di stracci a quella di legno) e nel processo tipografi­co stesso con le macchine stampatrici che ormai andavano a sop­piantare i l torchio manuale. In un contesto simile sarebbe impen­sabile che anche i l fenomeno della lettura non venisse coinvolto in

w BCPd, B.P. 1033 XI , [Manifestino in occasione dell'inaugurazione della Bi­blioteca Popolare di Ponte di Brenta], Padova Tip. Crescini, 1870, f.v.

8 5 Cfr. Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nell'anno 1878, Padova Tipografia Comunale alla Minerva, 1880, p. 174.

86 Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nel­l'anno 1871, Padova Premiata Tip. editrice E Sacchetto, 1872, pp. 153-154.

s 7 Rendiconto morale della gestione amministrativa del Comune di Padova nel­l'anno 1878, cit., pp. 173-174.

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mutamenti importanti, e con esso anche la tipologia dei luoghi dove più persone si ritrovavano con l'esclusivo motivo del leggere. Se la nobiltà e la borghesia di inizio secolo si riunivano in una pic­cola sede arredata molto sobriamente, completamente funzionale all'azione della lettura quasi fosse una biblioteca di studio, agli ini­zi degli anni trenta il nuovo Gabinetto di lettura manifestava ca­ratteristiche diverse. Più vicino al club di stile anglosassone, occu­pava addirittura un intero palazzetto nel centro della città, con de­gli spazi che erano destinati anche alla conversazione e allo studio. Un luogo tipicamente borghese, quasi un prolungamento delie-abitazioni degli associati, che avevano la facoltà di decidere in as­semblea tutti i cambiamenti da effettuare, sia riguardanti il regola­mento interno, le riviste a cui abbonarsi, ma anche il tipo di lam­pade da mettere nelle sale88. Per un breve periodo al Gabinetto di lettura fu collegata anche l'attività della prima Biblioteca circolan­te operante a Padova, i cui libri erano collocati nell'appartamento del custode. Ovviamente non si può parlare di uno spazio fisico in questo caso, in quanto i libri prestati entravano nello spazio delle abitazioni di chi li leggeva, ma l'importanza di questa esperienza sta proprio nell'indicazione delle mutate esigenze della borghesia alfabetizzata, interessata alla letteratura contemporanea da legger­si nella sfera privata delle proprie abitazioni.

Le diverse condizioni politiche e sociali conseguenti all'entrata di Padova nel Regno d'Italia fecero sì che l'alfabetizzazione del­l'intera popolazione diventasse uno dei principali obiettivi della nuova classe dirigente e nell'ambito delle iniziative legate all'istru­zione soprattutto degli adulti, venne così istituita nel 1867 la Bi­blioteca popolare, della quale fu aperta nel 1870 una sede stacca­ta nella frazione di Ponte di Brenta. Non si trattava più di una ini­ziativa proveniente direttamente da un gruppo di cittadini, come era stato sempre fino a quel momento, ma frutto di una decisione-politica presa per promuovere i l progresso civile non solo della propria città, ma dell'intera nazione, che era percepita in grave ri-

Archivio del Gabinetto di Lettura di Padova, b. 8, Verbale della seduta del 15 novembre 1831.

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tardo rispetto alle nazioni europee maggiormente evolute. La Bi­blioteca popolare non riuscì però a mantenere nel tempo il buon successo iniziale, conseguito nonostante l'esiguità dei mezzi impie­gati dall'amministrazione comunale: l'inadeguatezza della dotazio­ne libraria, la piccolezza dei locali, l'assenza di un vero biblioteca­rio e di un progetto che andasse oltre il prestito a domicilio dei vo­lumi fecero sì che chiudesse definitivamente dopo la fine del pri­mo conflitto mondiale89. A partire dal Regno d'Italia quindi le isti­tuzioni politico-amministrative cittadine giocarono un ruolo deci­sivo e preponderante nella cultura locale, determinando tutti que­gli aspetti positivi e negativi che hanno caratterizzato il mondo del­le biblioteche pubbliche - e quindi anche della lettura pubblica in senso generale - fino ai giorni odierni9 0.

Or. G. Ronchi, Relazione intorno alla revisione ed al riordino della Bibliote­ca Popolare, Padova, Società Cooperativa Tipografica, 1825. Per una panoramica generale, e non concepita in senso storico e critico, si veda Le biblioteche e la città, a cura di Rafiaella Piva, Verona, Casa Editrice Mazziana, 1997.

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ISBN 978-8865981627

9 7 8 8 8 6 5 " 9 8 1 6 2 7

I saggi raccolti in questo volume \ vogliono essere, nelle intenzioni del curatore e degli autori, un contribu­to alla ricostruzione dei molteplici percorsi che hanno portato gli Italiani \ ad accostarsi al difficile e affascinante \ apprendimento della lettura. Accanto ai \ modi di leggere sono indagati con attenzio­ne i luoghi dove la lettura era praticata e dif- \ fusa nel desiderio di integrare le specifiche realtà locali con i tentativi, politici e culturali, di uniformare le strategie di intervento dopo l'Unità d'Italia. Biblioteche popolari, gabinetti di lettura, sa­lotti, biblioteche private, convivranno sino a lasciare il posto al controverso, e qualche volta contraddittorio, inter­vento pubblico nel Novecento. Accanto ai luoghi, una attenzione forte viene accordata anche ai lettori e ai nuovi scenari dove, con l'aiuto e la spinta dell'editoria, si preparerà la strada a un pubblico più amalgamato e consapevole.

Gianfranco Tortorelli [Matera, 1952) insegna Storia dell'editoria nel di­partimento di Discipline Storiche Antropologiche e Geografiche della fa­coltà di Lettere e Filosofia dell'università di Bologna. Tra i suoi lavori più recenti, pubblicati con la casa editrice Pendragon: // torchio e le torri. Editoria e cultura a Bologna dall'Unità al secondo dopoguerra (2006); // lavoro detta talpa. Storia dette Edizioni e/o dal 1979 al 2005 (2008); Mo­dernità e tradizione. Cesare Ratta e la Scuota d'arte tipografica di Bolo­gna (2009); Contromano. Storia della minimum fax dal 1993 al 2008 (2010). Ha curato, da solo o con altri studiosi atti di convegni e numeri monografici di riviste dedicati alla storia dell'editoria e della lettura. Fa parte del comitato scientifico delle riviste «Rara volumina» e «History of education & children's literature» e del direttivo della Uguccione Ranie­ri di Sorbello Foundation (New York-Perugia).

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