Tra di noi e non solo BEN ESSERE INFERMIERE t.{loe.:wr.]lIIk1.."''1d~''''''t.m.'!%I Il'' renders'i cura" dal punto di vista inferrnieristico di D.F.Manara (') Relazione presentata in occasione della Giornata Internazionale dell'Infermiere Varese, 12 Maggio 2007. L'essenza dell'aver cura è prendersi a cuore l'essenziale dell'uomo Luigina Mortari La tesi sostenuta in questo lavoro coincide con una famosa definizione dell'assistenza infermieristica: «Il nursing è fondamentalmente una prassi curativa [caring], una pratica assistenziale la cui scienza è guidata dall'arte morale e dall'etica dell'assistenza e della responsabilità» (Benner & Wrubel 1989, xi). In particolare cercheremo di approfondire la stretta, abusata e dicotomica opposizione lessicale tra curing (la cura come "trattamento") e caring (la cura come "prendersi cura") (cfr. Kottow 200 l; Paley 200 I). Nel testo da cui è tratta questa definizione, Theprimacy of caring, Benner e Wrubel presentano l'unicità del nursing come scienza umana e come arte e propongono «una teoria interpretativa della pratica infermieristica dal punto di vista dell'aiuto fornito ai pazienti affinché affrontino positivamente lo stress della malattia» (1989, 7). Per questi autori, il "primato della cura" è costituito da tre aspetti fondamentali: «(a) come responsabile dello stress e del coping nell'esperienza vissuta di salute e malattia; (b) come condizione base della pratica infermieristica (e di ogni pratica); e (c) rispetto ai modi in cui la pratica infermieristica fondata su un atteggiamento curativo può influenzare positivamente gli esiti della malattia» (ibid.). Dunque "scienza e arte", "conoscenza ed esperienza": guai se fossero intese come un'ulteriore dicotomia. Benner pone in guardia gli infermieri dal separare nettamente gli aspetti tecnico-strumentali da quelli "espressivi", più marcatamente "umanistici" e "personali" dell'assistenza infermieristica. Il rischio, infatti, è di "relegare il caring nel solo campo dell'arte infermieristica", che è un modo per toglierlo dall'interesse centrale dell'agire e del ricercare dell'infermiere. (') Duilio F. Manara è docente a c. di Teoria e Filosofia dell'assistenza infermieristica al CdL in Infennieristica dell'Un. Vita-SaluteSan Raffaele, Milano e al CdL Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche dell'Un. di Brescia (e-mail [email protected]). 12 Numero 3 - 2007 - www.ipasvivarese.it b ~ Infatti, scrive altrove Benner: «Una volta che abbiamo considerato [il caring] come un fatto artistico (anche se sono d'accordo che lo sia), rischiamo di ignorarlo come soggetto di indagine scientifica. La conseguenza è che sia la pratica che la teoria ne potrebbero soffrire. Questo è un pericolo reale per una professione il cui scopo principale è l'assistenza intesa come caring, per esaminare la quale non possiamo fare affidamento su misurazioni puramente quantitative e basate sul modello delle scienze naturali. L'infermieristica è una scienza umana, di cui si occupano soggetti che si autointerpretano (ricercatori), i quali studiano soggetti che si autointerpretano (partecipanti): entrambi possono andare incontro a cambiamenti in conseguenza di una ricerca. L'assistenza come prendersi cura non può essere controllata né essere oggetto di coercizione; può essere soltanto compresa e facilitata. Essa è racchiusa in significati e coinvolgimenti personali e culturali. Pertanto le strategie per studiarla devono tenere in considerazione significati e coinvolgimenti» (Benner 2003, 131,corsivo nostro). Se dunque si volesse individuare una concettualizzazione da considerare necessariamente aperta e provvisoria in quanto inevitabilmente imprecisa dell'essenza del lavoro di cura, si potrebbe individuare con Mortari «l'essenza della cura nell'essere una pratica relazionale che impegna chi-ha-cura nel fornire energie e tempo per soddisfare i bisogni dell'altro, bisogni materiali e immateriali, in modo da creare le condizioni che consentano all'altro di divenire il suo proprio poter essere sviluppando la capacità di aver cura di s~. . C'è dunque una cura che preserva la vita da quanto la minaccia, quella che ripara quando si creano fessure di sofferenza e quella che la fa jìorire offrendo all'altro esperienze in cui poter vivere una pluralità di differenti modi del divenire il proprio poter"essere» (Mortari 2006, 30-37; Bubeck2002; Collière 1982,200 l). In questo mio breve contributo presenteremo anzitutto un lavoro di un noto infermiere inglese, John Paley, che critica aspramente gran parte della letteratura infermieristica sul "caring". In un secondo paragrafo amplieremo la prospettiva al "primato della cura" dialogando soprattutto con la filosofia. In un terzo ed ultimo paragrafo restringeremo il campo e ci confronteremo con una delle più note ma paradossalmente emarginate situazioni di cura: quella materna. i ,
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Tra di noi e non soloBEN ESSERE INFERMIEREt.{loe.:wr.]lIIk1.."''1d~''''''t.m.'!%I
Il'' renders'i cura"dal punto di vista inferrnieristicodi D.F.Manara (')
Relazione presentata in occasione della GiornataInternazionale dell'Infermiere Varese, 12Maggio 2007.
L'essenza dell'aver cura
è prendersi a cuorel'essenziale dell'uomo
Luigina Mortari
La tesi sostenuta in questo lavoro coincide con una famosadefinizione dell'assistenza infermieristica: «Il nursing èfondamentalmente una prassi curativa [caring], unapratica assistenziale la cui scienza è guidata dall'artemorale e dall'etica dell'assistenza e della responsabilità»(Benner & Wrubel 1989,xi). In particolare cercheremo diapprofondire la stretta, abusata e dicotomica opposizionelessicale tra curing (la cura come "trattamento") e caring(la cura come "prendersi cura") (cfr. Kottow 200 l; Paley200 I).Nel testo da cui è tratta questa definizione, Theprimacy ofcaring, Benner e Wrubel presentano l'unicità del nursingcome scienza umana e come arte e propongono «unateoria interpretativa della pratica infermieristica dal puntodi vista dell'aiuto fornito ai pazienti affinché affrontinopositivamente lo stress della malattia» (1989, 7). Perquesti autori, il "primato della cura" è costituito da treaspetti fondamentali: «(a) come responsabile dello stress edel coping nell'esperienza vissuta di salute e malattia; (b)come condizione base della pratica infermieristica (e diogni pratica); e (c) rispetto ai modi in cui la praticainfermieristica fondata su un atteggiamento curativo puòinfluenzarepositivamente gli esiti della malattia» (ibid.).Dunque "scienza e arte", "conoscenza ed esperienza":guai se fossero intesecome un'ulteriore dicotomia. Bennerpone in guardia gli infermieri dal separare nettamente gliaspetti tecnico-strumentali da quelli "espressivi", piùmarcatamente "umanistici" e "personali" dell'assistenzainfermieristica. Il rischio, infatti, è di "relegare il caringnel solo campo dell'arte infermieristica", che è un modoper toglierlo dall'interesse centrale dell'agire e delricercare dell'infermiere.
(') Duilio F. Manara è docente a c. di Teoria e Filosofiadell'assistenza infermieristica al CdL in Infennieristica dell'Un.Vita-SaluteSan Raffaele, Milano e al CdL Magistrale in ScienzeInfermieristiche ed Ostetriche dell'Un. di Brescia ([email protected]).
12 Numero 3 - 2007 - www.ipasvivarese.it
b~
Infatti, scrive altrove Benner: «Una volta che abbiamoconsiderato [il caring] come un fatto artistico (anche sesono d'accordo che lo sia), rischiamo di ignorarlo comesoggetto di indagine scientifica. La conseguenza è che siala pratica che la teoria ne potrebbero soffrire. Questo è unpericolo reale per una professione il cui scopo principale èl'assistenza intesa come caring, per esaminare la qualenon possiamo fare affidamento su misurazioni puramentequantitative e basate sul modello delle scienze naturali.L'infermieristica è una scienza umana, di cui si occupanosoggetti che si autointerpretano (ricercatori), i qualistudiano soggetti che si autointerpretano (partecipanti):entrambi possono andare incontro a cambiamenti inconseguenza di una ricerca. L'assistenza come prendersicura non può essere controllata né essere oggetto dicoercizione; può essere soltanto compresa e facilitata.Essa è racchiusa in significati e coinvolgimenti personali eculturali. Pertanto le strategie per studiarla devono tenerein considerazione significati e coinvolgimenti» (Benner2003, 131,corsivo nostro).Se dunque si volesse individuare una concettualizzazioneda considerare necessariamente aperta e provvisoria inquanto inevitabilmente imprecisa dell'essenza del lavorodi cura, si potrebbe individuare con Mortari «l'essenzadella cura nell'essere una pratica relazionale che impegnachi-ha-cura nel fornire energie e tempo per soddisfare ibisogni dell'altro, bisogni materiali e immateriali, in mododa creare le condizioni che consentano all'altro di divenireil suo proprio poter essere sviluppando la capacità di avercura di s~. .C'è dunque una cura che preserva la vita da quanto laminaccia, quella che ripara quando si creano fessure disofferenza e quella che la fa jìorire offrendo all'altroesperienze in cui poter vivere una pluralità di differentimodi del divenire il proprio poter"essere»(Mortari 2006,30-37; Bubeck2002; Collière 1982,200 l).In questo mio breve contributo presenteremo anzitutto unlavoro di un noto infermiere inglese, John Paley, checritica aspramente gran parte della letteraturainfermieristica sul "caring".In un secondo paragrafo amplieremo la prospettiva al"primato della cura" dialogando soprattutto con lafilosofia. In un terzo ed ultimo paragrafo restringeremo ilcampo e ci confronteremo con una delle più note maparadossalmente emarginate situazioni di cura: quellamaterna.
i
,
Tra di noi. e non solo
~
4
Un'archeologia della conoscenza infermieristica sulcaring: John PaleyCi sono stati ripetuti tentativi nell'infermieristica,specialmente durante gli ultimi 20 anni, di dire conprecisione cosa sia il caring. nell'assistenzainfermieristica. Paley (200 I), in un'importante revisionesull'argomento, notò non senza una certa ironia che gliautori che si assumono questo compito, solitamentecominciano con l'osservare che il concetto di caring ècomplesso ed elusivo, e suggeriscono che il lorocontributo aiuterà a chiarire i più confusi tra questiconcetti. Essi, tuttavia, sono sempre seguiti da altri autoriche fannoesattamente la stessa cosa.La critica avanzata da Paley focalizza l'attenzione su unaletteratura che ha sostanzialmènte inteso non giàconcentrarsi sul caring come tale, ma su ciò che si è giàdetto sul caring, su categorie e associazioni di concetti chegià hanno tentato di definire il sapere infermieristico sulcaring. Vediamo alcune di queste associazioni e liste diattributi segnalati da Paley che riguardano: i tratti dellapersonalità di persone caring; i principi che tali persone sidice possiedano; il loro background personale e sociale;cose che possono dire o fare che siano considerate caring;i presunti risultati di interventi caring; le conseguenzepersonali del caring; le risorse interiori che gli infermieridevono apportare all'impegno del caring; i limitiorganizzativi che hanno lo stesso effetto; il dilemma dicercare di essere caring in una società o ambienteinsensibile; le risposte dei pazienti all'essere presi in cura;i problemi nel trattare con pazienti difficili, noncollaboranti e ingrati; le ricompense e le frustrazioni delcaring; le implicazioni psicologiche, emozionali,culturali e spirituali del caring; le condizioni cui devonosottostare i team assistenziali e le comunità assistenziali; evia di questo passo.Le categorizzazioni non sono da meno. Paley, senzariguardo per alcuno, cita iseguenti:
O IOfattori delcare (Watson 1979, 1985)O 9 ipotesi sul caring (Leininger 1988)O 8 ingredienti del caring (Mayeroff 1971)O 7 sottoconcetti del caring (Green-
Hemandez 1991)O 6 approcci al caring (Vezeau & Schroeder
1991)O 5attributi del caring (Roach 1984, 1987)O 4 contesti del caring (Dombeck 1991)O 3 modelli di caring (Fry 1991)O 2 livellidi caring(Pollack-Latham 1991)~
f Per Paley, la nostra conoscenza del caring è un aggregatodi cose dette su di esso, derivate da una serie diassociazioni potenzialmente senza fine, raggruppate inattributi sulla base di similitudini e concepite come unadescrizione olistica del fenomeno; una listadi "cose dette"che si rincorrono ed alla fine è "pletorica e inutile".Lanostra conoscenza sul caring afferma Paley è "pre-paradigmatica", nel senso che non sembra che siamo piùvicini, ora, ad una chiarificazione del caring di quanto
'1:1
BEN ESSERE INFERMIEREL!II(lI!II!!{4tI'II.~,."i'AIIR'litt~i&1i$
siamo mai stati, e ciò non solo a causa della complessitàintrinseca dell'argomento, ma a causa di come pensiamoche si debba conoscerlo. È pre-paradigmatica, scrivePaley, perché su questo argomento <<l'infermieristicaconcepisce la conoscenza come una lista di attributi,generati da associazioni e similitudini attributi che sonocontinuamente aggregati in modo tale che i risultati di unostudio, sia empirico che teorico, sostanzialmente sisovrappongono sempre ai risultati di quello precedente.[...] non esiste possibilità che una "conoscenza" di questitipo possa mai essere contestata». E conclude sostenendoche tale sforzo: «rappresenta un progetto senza fine, la cuimonotonia è pari solo alla sua inutilità. E' l'ambito di unconcetto "elusivo", che è destinato a restare elusivopermanentemente ed irrimediabilmente».Personalmente, mentre apprezzo la spiccata "vispolemica" e condivido gran parte delle osservazionisvolte da Paley in questo suo scritto, non possocondivideme il pessimismo. Ciò che in particolare non èpensabile è credere di poter affrontare un tale studio senzaun confronto con la filosofia e le discipline affiniall'infermieristica alcuni approcci della medicina, lapsicologia, la sociologia e soprattutto la pedagogia che ciaiuteranno in questa impresa. È quello che cercheremo difare anche nel nostro piccolo, ben sapendo che quello chediremo è una minima parte di -quello che ci sarebbe dadire.
La primarietà pratica, esperienziale ed ontologicadella cura
Nella visione di Benner, e nella nostra tesi, la praticainfermieristica seppur scientificamente fondata deveessere assoggettata all'arte morale e all'eticadell'assistenza e della responsabilità (Benner & Wrubel1989, Xi). In altre parole, crediamo che l'ambito e lacomplessità della pratica infermieristica intesa come"prendersi cura" siano troppo vasti per permetterci di fareaffidamento unicamente su visioni idealizzate edecontestualizzate come sono le teorie o lesperimentazioni che ne derivano. Occorre, comedicevamo nell'introduzione, mettere a frutto criticamentenon solo le teorie, ma anche il sapere che il singoloinfermiere acquista nell'esperienza pratica. Non per nulla,molti autori sostengono che l'assistenza infermieristicapossa essere riconosciuta come phronesis (saggezzapratica),' l'antica virtù dianoetica di Aristotele (Flaming200 I; Holmes & Warelow 2000; Manara 2000; Benner1997; 2000). Ma il testo di Benner e Wrubel (1989) ciaiuta anche ad identificare alcuni ambiti di tale primato:nellapratica, nell'esperienza e nell'esseredi ciascuno.Anzitutto, il "prendersi cura" ha una primarietà pratica,nel senso che ogni cura è essenzialmente una pratica, il cuisapere può solo in parte essere dominio della scienza, ed---
, Come è noto, Aristotele iridicava la "saggezza" (phronesis) ela "sapienza" (sophia) con il termine di "virtù dianoetiche", laperfezione dell'anima razionale dell'uomo in quanto tale. Cfr.Aristotele, Etica Nicomachea, VI, l140b.
..1Numero3 -2007- www.ipasvivarese.it13
BEN ESSERE INFERMIERETra di noi e non solo COLLEGIO IPASVI DI VARESF
anzi richiederà una nuova epistemologia in quanto unaparte delIa sua realtà è resterà per sempre dominio delIafilosofia, delIa poesia ed in ultima analisi del non detto edelI'indicibile (Paley 200 I). Dunque sbaglieremmo aconsiderarla solo una pratica, come a volte hannorischiato di fare gli infermieri nell'ultimo squarcio delNovecento ed ancora oggi, ad esempio con la grande, eper altri versi più che necessaria, attenzione agli aspettilegati "alI'evidenza scientifica" del nursing.In secondo luogo, il "prendersi cura" ha una primarietàesperienziale, perché vissuta ed esperita da tutti e daciascuno. È un dato empirico universale (empiricaluniversa/), e tuttavia nelIa cultura occidentale è statosvalutato per secoli, relegandolo alIe pratiche corporali ecurative da sempre femminili. (ColIière 1982; 200 I;Benner & Wrube11989;Nussbaum 2002, ecc.).Infine, e direi essenzialmente, il "prendersi cura" ha unaprimarietà ontologica, perché è la cura autentica che"apre le possibilità delI'essere". L'uomo, per esser tale, habisogno di essere oggetto di cura (piano delIa passività),ma nelIo stesso tempo di aver cura, cioè di essere soggettodi cura (piano delI'attività) (Benner & Wrubel 1989, I;Mortari 2006; cfr. Masera 2006b). A fornire uno statutoargomentativo alIa tesi secondo la quale la curacostituirebbe una struttura ontologica originariadelI'essere è stato Martin Heidegger, il quale afferma che"Il fondamentale modo di essere di un ente che è il modoche per lui nel suo essere ne va di questo stesso essere loindichiamo come cura. La cura è il modo fondamentaledelI'essere delI'esserci, e come tale essa determina ognimodo di essere che segua dalIa costituzione d'esseredelI'esserci" (Heidegger 1976, 146).NelIa lingua greca antica uno dei termini relativi alIa curaè epimeleia, che indicaproprio la cura come solIecitudine,attenzione, occupazione e scienza, con un significatomolto prossimo al secondo significato heideggeriano dicura come dedizione. La cura di sé (epimeleia eautou)significa, infatti dedicarsi a dare forma etica ed esteticaalIa propria vita. Opera delIa cura come epimeleia è alIorala <<perfectiodelI'uomo, il suo pervenire a ciò che esso, nelsuo essere-libero, per le possibilità più proprie [...] puòessere» (Heidegger, 1976a,p. 248). Per Mortari: «come sidice nelIa parabola del seminatore (Mt 13,22), il compito"delI'essere umano è trovare la giusta misura delIa curaintesa come affanno di procurarsi il necessario, così datrovare il tempo per la cura come tensione al possibile, .perché solo quando l'anima non si lascia sopraffare dalIepreoccupazioni il seme delIaparola che chiama alIa sceltadi esistere non cade tra le spine, ma germoglia in essamantenendola in ascolto delIa chiamata» (Mortari 2006,41-42)Se questi passaggi risultano oscuri a qualcuno, bastapensare a quante volte in noi stessi prima ancora che neinostri pazienti abbiamo vissuto delIe esperienze di curache ci hanno aiutato a "crescere", ad imparare qualcosa.Spesso ricordiamo alcuni pazienti a distanza di anni dache li abbiamo assistiti: come mai? Che cosa è successoper imprimerci il loro ricordo nelIamemoria per così tanto
14 Numero 3 -2007 - www.ipasvivarese.it
tempo? La cura apre la possibilità delI'esserci non solo alpaziente, ma anche ai curanti che sono esposti, a gradidifferenti di profondità, alIasituazione assistenziale.Giuliana Masera (2006a) ha utilizzato i principali "verbidelIa cura" (occuparsi, preoccuparsi, aver premura, averedevozione) proposti da Mortari (2006) e ne ha fattooggetto di un confronto tra gruppi di infermieri attraversodei focus group. I significati sostanziali del concetto di"prendersi cura" da un punto di vista semanticorimangono invariati, nella sua natura passionale(interesse, attenzione, affanno, ecc.), cognitiva (curarsi diqualcuno significa pensarlo, studiarlo...) e pratica (ilcolIegamento tra pensiero e passione, il gesto di cura,ecc.).NelIa maggioranza dei casi, il curante si "occupa"semplicemente delI'altro; è un fare attento e responsabile,ma senza coinvolgimento personale. Si potrebbe dire, allimite estremo e biasimevole, che ci occupiamo delI'altrocome ci potremmo curare di un oggetto. In altri casi,invece, il prendersi cura delI'altro diviene pre-occuparsi,premura ed anche devozione per lui (Mortari 2006;Masera 2006b; cfr. Benner 1994; ColIière 1982, 200 I;Kottow 200 I). In questi casi siamo toccati nelI'intimo el'intera sfera emotiva e affettiva delIa nostra persona nerisulta segnata (Manara 2007).
Le cure della madre "sufficientemente buona" diDonald WinnicottLa cura è nelIa sua essenza, una pratica di relazione(Bubeck 2002, 162; cfr. Benner & Wrubel 1989; Masera2006a; Manara 2000; Artioli & Amaducci 2007). AIcentro, come abbiamo visto, viene posto l'altro, nel sensoche il curante cerca innanzitutto di aiutare l'altro il curatoad attualizzare le proprie originali direzioni esistentive,perché solo in questo modo trova la sua propriaautorealizzazione (Mayeroff 1990,40). Un buon modo diapprofondire questo aspetto, e tornare da un'altraprospettiva alIa circolarità implicata nel concetto dicaring, è presentare alcune intuizioni di DonaldWinnicott, grande pediatra e psicoanalista inglese.Winnicott descrive le cure che una madre"sufficientemente buona" (good enough mother) offrequasi intuitivamente al proprio figlio, e che costituiscononel tempo elementi essenziali per lo sviluppodelI'individuo. Esse sono composte da tre momentifondamentali, strettamente legati l'un l'altro (1987; 1974):
D Holding, accettazione, contenimento,rispetto, ascolto;
D Hand/ing, cura, accudimento,manipolamento del corpo delI'altro;
D Object presenting, introduzione al mondo,promozione delIecapacità delI'altro.
Ciascuno di questi momenti è preparatorio alI'altro e tuttisono interdipendenti, nel senso che, ad esempio, non si habuona cura senza "accoglimento e non si promuovonoefficacemente le capacità di alcuno, se non lo si accetta,accoglie e cura. Quando queste fasi, in larga misurasovrapposte le une alIe altre, e che nel loro insieme
,.......
.Tra di nòi e non solo
potrebbero dare un contenuto all'abusata parola amore,non sono rispettate, si ha la negazione della responsabilitàe dell'amore, la sfiducia, il disinteresse, l'abbandono,l'indifferenza (Scaparro 1997, 5-6). Viceversa, inpresenza di un sistema educativo e sociale"sufficientemente buono", costituiscono la base dellosviluppo cognitivo, affettivo, sociale e morale delbambino prima, e dell'adulto poi.La madre sufficientemente buona descritta da Winnicottesprime questi elementi con continuità e con sicurezza,adattandoli progressivamente all'evoluzione dei bisognidel bambino.Dal punto di vista dall'accoglimento materno, nessuntraumatismo è irrecuperabile per Winnicott che tra l'altroincoraggiando le mamme a sentirsi all'altezza di questocompito così straordinario esclama: "Non è strano cheuna cosa di così grande importanza dipenda così poco dalpossedere un'intelligenza eccezionale?"Ebbene, noi sosteniamo che questi tre momenti della curaholding, handling e object presenting riguardano nonsolo le madri ed i bambini, ma tutti noi, in quantocaratteristiche di ogni situazione di cura, in particolare diquella infermieristica. Vediamoli quindi brevemente piùda vicino, anche se una netta distinzione tra loro èovviamente impossibile.Holding: è una paroladifficilmente traducibile in italiano; riguarda l'insieme diattitudini adottate quasi inconsciamente dalla madre cheoffre al figlio una sorta di "annidamento extracorporale"dopo la vita uterina, ed è un modo di preservarlodall 'angoscia, dalla rottura, dalla perdita.Nell'infermieristica possiamo riconoscere taliatteggiamenti nella stessa presenza (ad-sist[ He),nell'ascolto in particolare l'ascoltoattivo, maanche negliaspetti più intimi del tocco terapeutico (cfr. Fredriksson1999;Newshan et al. 2003; Campbe1l2005).Handling: è il momento più propriamente pratico chedalle cure genitoriali, parentali ed amicali arriva sino algesto tecnico del sanitario che "tratta" il corpo dell'altro,come nella riabilitazione, nell'igiene del corpo o nel gestodel chirurgo. Se il prendersi cura non è un atteggiamentoesclusivamente infermieristico ma caratterizza ancherelazioni genitoriali, parentali, affettive, educative esociali il tratto legato alla manualità, o ancora meglio,alla manipolazione del corpo dell'altro è tipicamentesanitario. Pensiamo al fisioterapista, all'ostetrica o agliinfermieri quando muovono, lavano, esplorano, sondano,vestono e svestono il corpo del paziente: la cura sanitariaè un corpo che si prende cura di una altro corpo (cfr.Zannini 2004).Ma questo tratto caratteristico della cura sanitariacorrisponde anche al rischio già considerato di limitare lacura all'aspetto pratico del "trattamento",dell"'occuparsi" del corpo dell'altro, concentrati sul fineancorché scientificamente giustificato del gesto tecnico,perdendo di vista la relazione soggettiva con il paziente(Benner 1994;Visioli2004).Object presenting: è quella dimensione della cura
BEN ESSERE INFERMIERECOLLEGIOrPASVlbl VA RiSsE
genitoriale, più patema forse che materna, che presenta ilmondo al bambino e viceversa, espone il bambino almondo. È l'att~giamento educativo che permette all'altrodi crescere, di fare le proprie esperienze e di prenderecontatto con la realtà.Se nelle cure genitoriali questo corrisponde al delimitare ilmondo all'onnipotenza del bambino (pensiamoall'importanza delle "regole" e dei conseguenti "no"educativi), nel campo sanitario si tratta di rispecchiareall'altro la condizione del suo limite fisico (ad es. ladisabilità, la patologia, la prognosi) ed affrontare diconseguenza i nostri stessi limiti (ad es. di conoscenza, dicapacità tecnico-scientifiche, di disponibilità relazionali).In discussione è il "far fronte" al "dato di realtà" espressonella situazione (cfr. il coping in Benner & Wrubel 1989;Black 2005).
Conclusioni
Il "prendersi cura", da sempre presente nell'assistenzainfermieristica, sta faticosamente approfondendosi in unsapere paradigmatico trasversale a molte discipline dallapedagogia alla sociologia, dalla psicologia all'etica.Credo che in tale sforzo non sia assolutamente indifferenterecuperare l'antica radice semantica di epimeleia comequella pratica che socraticamente ha cura della vitadell'anima.Mortari ed altri hanno rilevato che spesso coloro che sioccupano di pratiche di cura accettano consapevolmentedi occupare fasce di reddito basse. Secondo la loro analisiciò accade spesso non perché non sappiano trovare ipassaggi necessari per guadagnare un'altra collocazionesociale,. ma perché si situano in un ordine simbolicodifferente daquello dominante.Scrive Mortari: «Usando un'espressione scheleriana, sipuò dire che essi coltivano un differente orda amoris,ossia, un diverso ordine di valori. proprio perché sonosituati in un differente ordine simbolico, trovanonell'essere coinvolti in pratiche di cura quel sensodell'esserci che vanno cercando e che nessuna forma dipotere può offrire loro» (Mortari 2006 26-28; Nussbaum2002; cfr De Monticelli 2003).Chi pratica la cura nel senso dell'epimeleisthai, cioè comedella promozione nell'altro delle possibilità di attualizzareil suo essere più proprio, conosce il valore di ciò che fa, esapere in sé stessi, anche senza altro riconoscimentoscientifico o sociale che ciò che si fa ha valore (perché lacura è quel lavoro che sostiene la vita) (Tronto 1993, 117;Collière 1982,200 I) è argomento bastevole per dedicarsialle pratiche di cura. Non c'è nulla di supererogatorio,nulla di sacrificale nella cura come epimeleia, perchécome scrive ancora Mortari (2006,28) nell'aver cura chesi muove nella direzione di promuovere nell'altro laricerca della miglior forma di sé viene a noi, in cambio, unguadagno di senso che costituisce un impareggiabilericonoscimento simbolico, ed aggiungo io, una grandeconsolazione.
Numero3-2007-www.ipasvivarese.it15
BEN ESSERE INFERMIERE
Tra di noi e non solo COLLEGIO IPASVI DlVARESF
Indicazioni bibliografiche
ArtioliG, AmaducciG, Narrare la malattia. Nuovi strumenti
per la projèssione injèrm,ieristica Carocci, Roma,2007
Benner,Patricia, Fram novice to expert. Excellence and
power in clinical nursing practice, Addison- Wesley,Menlo Park, 1984, trad. it. L'eccellenza nella pratica
clinica dell'inJermiere, McGraw-Hill, Milano, 2003.Benner P.E, WrubelJ, The primaey oJ caring. Stress and
embodiment, cQl-ing,and ethics in health and illness,
Sage publications, London, 1994.Benner,Patricia, "A dialogue between virtue ethics and care
ethics", Theoretical Medicine, 18, 1997, pp. 47-61Benner,Patricia, "The wisdom of our practice", American
Journal oJ Nursing, Volume IOO(IO), October 2000,
pp 99-105.Black,Catherine, "Aconcept analysis ofcoping", in John R.
CutclifTe,Hugh P.McKenna,eds, The essential concepts
oJ nursing: a criticaI review, Eisevier, Edinburgh,2005, pp. 65-76.
Bubeck,Diemut E, "Justice and the labor of care", in Eva F.Kittay, Ellen K. Feder, eds, The subject oJ care.Feminist perspectives on dependency, Rowman &Littlefield Publishers, Lanham (Md), 2002, pp. 160-185.
Campbell,Jim, "Aconcept analysis oftherapeutic touch", inJohn R.CutclifTe,Hugh P.McKenna,eds, The essentialconcepts oJ nursing: a criticaI review, Eisevier,Edinburgh, 2005, pp. 287-299.
Carotti,Roberta, La sapienza dipartire da sé. IIJemminile ela cura, Carocci, Roma, 2002
ColliÈRe,Marie Françoise, Promouvoir la vie, de lapratique des femmes soignantes aux soinsinfìrmiers, Inter-Editions, Paris, 1982.
ColliÈRe,Marie Françoise, Soigner... le premier art de lavie, 2<m<édition, Masson, Pari s, 200 I
DeMonticelli,Roberta, L'ordine del cuore. Etica e teoria del
practice' as the guiding light for nursing practice",
Nuring Philosophy, n. 2, 200 I, pp. 251-258.Fredriksson, Lars, "Models 'of relating in a caring
conversation: a research synthesis on presence,
touch and listening (Integrative literature reviews
and mcfa-analyses)", Journal oJAdvanced Nursing,
1999,n.30,pp.1167-1176.Heidegger,Martin, Essere e tempo, Longanesi, Milano,
1976.
16 Numero 3 - 2007 - www.ipasvivarese.it
Holmes C A, WarelowP J, "Some implications ofpostmodemism for nursing theory, research, andpractice", CanJ Nurs Res, 2000, Sep, 32(2), pp. 89-101.
Kottow,Michael H.. "Between caring and curing", NursingPhilosophy, 200 I, I, Page53-61.
Manara,Duilio F, "Intimità e tenerezza: nella situazione dicura, con tutto me stesso", Rivista per le MedicaIHumanities, in corso di pubblicazione, 2007.
Manara, Duilio F, Verso una teoria dei bisognidell'assistenza inJermieristica, Lauri Edizioni,Milano, 2000.
Masera,Giuliana, "I verbi della cura: ripensare la curaattraverso la voce degli operatori", Nursing Oggi,2006b, n. I, pp. 30-38.
Masera,Giuliana, Prendersi cura dell'altro. Dal rispetto alriconoscimento attraverso il dialogo e la cura, IlPensiero scientifico editore, Roma, 2006a.
Mortari,Luigina, La pratica dell'aver cura, Mondadori,Milano,2006.
MayerofT,Milton, On CQl'ing,Marper and Row,New York,1971.
Newman,Margaret A, "Prevailing paradigm in nursing",Nursing Outlook, 1991, I, pp. 10-13.
NewshanG, SchullerCivitellaD,"Large cIinical study show avalue of therapeutic touch program", HolisticNursing Practice, 2003, n. 17,pp. 189-192
Nussbaum,Martha C, Giustizia sociale e dignità umana. Daindividui apersone, il Mulino, Bologna,2002.
Paley,John, "An archaeology of caring knowledge", J AdvNurs, 200 I, Oct, 36(2), pp. 188-98.
Scaparro,Fulvio, "Bene accogliere è già curare", ConvegnoABIO 1997,1percorsi dell'accoglienza, Milano, 17novembre 1997,pp. 5-6.
Tronto,Joan C, Moral boundaries. Apolitical argumentJoran ethics oJcare, Routledge, New York, 1993
Visioli, Sonia, "Il processo di embodiment nellacostruzione della conoscenza e nella cura dell'altro",in Lucia Zannini,Il corpo-paziente. Da oggetto dellecure a soggetto della relazione terapeutica, F.Angeli, Milano,2004, pp. 53-71.
Winnicott,Donald W, Sviluppo affettivo e ambiente,Armando, Roma, 1974.
Winnicott,Donald W, 1bambini e le loro madri, RaffaelloCortina, Milano, 1987
Zannini, Lucia, "Soggettivazione del corpo, cura ededucazione", in LuciaZannini, Il corpo-paziente. Daoggetto delle cure a soggetto della relazioneterapeutica, FrancoAngeli, Milano,2004.
A proposito diLa regione Lombardiaha emanato la nuovaregolamentazionedei percorsi OSSdi Commissione OSS 6
Tra di noi e non soloIl"prendersi cura" dal punto di vista infermieristicodi D.F.Manara I2
Noi e la responsabilità....Assistenza infermieristica come "risorsa" einvestimento: costo, specificità e potenzialità diincidenza sull'organizzazione e sulla qualità di vita
di Barbara Mangiacavalli I7
Formazione &Aggionamento 19
Noi e la responsabilità... 22
Ai sensi delrarticolo comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati
personali nell'esercizio dell'attività giornalistica. si rende nota l'esistenza di una banca-datipersonali di uso redazjonale presso la sede di Varese in Via Pasubio. 26. Gli interessatipotranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati, Enrico Malinverni. presso la sedediVarese inVia Pasubio.26.per esercitare idiritti previsti dal D.Lgs.n. 196/2003.
BEN ESSERE INFERMIERE~llI!rt~Mil~'D~"';!:j:j~
~IPASVI
Anno VII, numero 3 -2007Ben Essere Infermiere
Quadrimestrale di Informazionedel Collegio IPASVI di Varese
Direttore responsabileEnrico Malinverno
Comitato di redazione:Abbiati MarisaFraccaro Daniela SabinaGiomi AlmerinaPadrin M. RosaPitzalis DamianoRusca MaurizioSomaini Gabriella
L'accettazione dei lavori è subordinata alla revisione
critica del Comitato di Redazione.
Il testo degli articoli deve essere corredato dal titolo,dalle note bibliografiche, del nome e cognomedell'autore con qualifica professionale, Ente o Istituto
di appartenenza, recapito postale e telefonico.I contributi devono essere inviati tramite posta
elettronica oppure su "floppy disk", in questo secondocaso vanno corredati da una copia stampata.Scrivere gli elaborati, se possibile, con carattere"Times New Roman" corpo 11 su due colonne.I manoscritti, anche se non pubblicati, non sirestituiscono.