1 di 25 L’USO DEL TERRENO COME SORGENTE TERMICA Angelo Zarrella ([email protected]) Dipartimento di Fisica Tecnica – Università degli Studi di Padova 1. INTRODUZIONE L’aumento del benessere e delle attività umane, ha portato negli ultimi anni ad una intensificazione dell’effetto serra, con possibili cambiamenti climatici legati all’aumento della temperatura media globale. Con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto, firmato anche dall’Italia, viene imposto ad ogni Paese firmatario di diminuire le proprie emissioni di gas serra nel periodo 2008-2012 di almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990, considerato come anno di riferimento. Nel Dicembre 2008, il Consiglio Europeo ha approvato il piano secondo cui si impone, entro il 2020, di ridurre del 20% le emissioni di CO 2 e di aumentare della stessa percentuale il risparmio energetico e la quota delle fonti rinnovabili nel mix energetico, nonostante alcune concessioni date ad alcuni Paesi tra cui anche l’Italia. L’attenzione è già rivolta alla conferenza mondiale sul clima di Copenhagen, chiamata a dare seguito al Protocollo di Kyoto. Per adeguarsi a tali norme appare fondamentale sia migliorare l’efficienza energetica dei sistemi, anche mediante lo sviluppo di nuove tecnologie, che diversificare il più possibile le fonti energetiche. In tale quadro si inserisce molto bene la “sorgente geotermica a bassa temperatura 1 ” per la climatizzazione degli edifici. Sfruttando infatti la quasi isotermia del terreno, è possibile far funzionare una Pompa di Calore (PdC) acqua-acqua a livelli termici che consentono elevati coefficienti di prestazione, quindi minor consumi e di conseguenza minori emissioni inquinanti. Per pompa di calore si intende una macchina che preleva calore da una sorgente a temperatura inferiore, e lo rende disponibile (assieme all’equivalente termico dell’energia spesa per rendere possibile questa operazione), per utilizzo esterno, ad una temperatura superiore. Quindi, a rigore, il termine “pompa di calore” si riferisce al solo funzionamento in regime di riscaldamento. La PdC diventa “invertibile” quando la stessa macchina è in grado di operare anche come refrigeratore per il periodo estivo, quando si sottrae calore dall’utenza per cederlo all’ambiente esterno. Le prestazioni energetiche di una PdC sono valutate con il parametro COP (Coefficient of Performance), che per un ciclo a compressione di vapore risulta essere (Fig. 1): • riscaldamento: L Q COP 2 = • raffrescamento: L Q COP 1 = 1 Da non confondere con quella ad alta temperatura, ad esempio: il vapore estratto nella località di Larderello in Toscana; acqua ad alta temperatura prelevata dal sottosuolo a Ferrara ed utilizzata per il teleriscaldamento della città.
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In linea di principio il “ground response test” consiste nell’installare una sonda geotermica nel
terreno in questione, collegarci l’impianto di prova, eseguire il test misurando le temperature di
ingresso e di uscita del fluido termovettore. La sonda di prova andrà probabilmente a far parte del
campo geotermico dell’impianto. Il test è utile per avere maggiore conoscenza e sicurezza sulle
caratteristiche medie del terreno e permette di progettare il campo sonde nel modo più accurato
possibile, evitando sia sovradimensionamenti che potrebbero rendere antieconomica la soluzione di
geoscambio, sia installazioni in terreni non particolarmente adatti.
Il materiale e il diametro del tubo, il tipo di riempimento, il diametro della sonda e la sua
profondità, dovranno essere quelli di progetto per ridurre le probabilità di errore.
Il “ground response test” permette di:
• ricavare la temperatura indisturbata media del terreno, ossia la temperatura che si ha prima
dell’installazione delle sonde;
• ricavare le caratteristiche termofisiche medie del terreno;
• verificare un modello, ossia vedere se le ipotesi fatte si avvicinano ai risultati del test;
• avere informazioni utili sulla stratigrafia del terreno.
Queste indiscusse caratteristiche positive hanno però un costo che molte volte si preferisce non
sostenere, ricavando in altro modo i dati utili per il dimensionamento.
L’impianto comprende generalmente una pompa, un riscaldatore d’acqua a resistenza, un
wattmetro, due termocoppie, un sistema di acquisizione e memorizzazione dati, tubazioni ben
isolate ed un misuratore di portata. La resistenza elettrica può essere sostituita da una pompa di
calore invertibile: in tal caso la prova può essere condotta sia in regime di riscaldamento che di
raffrescamento. Generalmente si dispone l’impianto all’interno di un carrello trasportabile (Fig. 16)
per evitare di doverlo montare e smontare all’occorrenza.
a) b)
Fig. 16 – Attrezzatura per il Ground Response Test [6].
La prima prova da effettuare è la misurazione della temperatura indisturbata del terreno. Il modo più
efficace per ottenerla è accendere la pompa e guardare subito le misurazioni di temperatura in uscita
dalla sonda: questa raggiungerà un minimo che sarà da considerare il valore cercato. E’ importante
che la misura sia fatta prima che il fluido passi attraverso la pompa di circolazione in modo da
evitare un riscaldamento e quindi un’alterazione della grandezza che si vuole misurare. L’acqua
nella sonda è considerata in equilibrio termico con il terreno. Questo metodo risulta essere molto
accurato e relativamente di facile attuazione se confrontato con altri [6].
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Per la prova di ricerca della conducibilità termica equivalente del terreno, l’impianto deve fornire
alla sonda una potenza termica costante. La portata deve essere misurata da un flussostato, la
potenza termica consumata dalla resistenza sarà misurata dal wattmetro e le temperature dell’acqua
in ingresso ed uscita dalle sonde rilevate da termocoppie. Tutte queste informazioni saranno
memorizzate periodicamente e diagrammate (Fig. 20).
I metodi per stimare le caratteristiche termofisiche del terreno possono essere divisi in metodi diretti
come quello della sorgente lineare o cilindrica, e metodi numerici [6].
Nel caso di sorgente lineare, la sonda geotermica viene approssimata ad una linea; in risposta al
flusso termico q costante nel tempo, il campo di temperatura, funzione del raggio e del tempo,
attorno a questa linea è dato dalla seguente equazione [3]:
=⋅= ∫
∞ −
t
rE
qdu
u
eqtrT
t
r
u
απλπλα
444),(
2
1
4
2
(1)
dove:
λ è la conducibilità termica [W/(m K)];
α è la diffusività [m2/s];
E1 è un integrale esponenziale.
L’errore rispetto ad una fonte cilindrica risulta minore del 2% se α220 brt ⋅≥ : in genere, per una
sonda geotermica, t è nell’intervallo 10-20 ore. Per valori più grandi del rapporto 2/ rtα , 1E può
essere approssimato con la seguente relazione:
γα
α−
=
2
2
1
4ln
4 r
t
t
rE 5
2≥
r
tα (2)
dove 5772.0=γ è la costante di Eulero. L’errore massimo è 2.5% per 20/ 2 ≥rtα e 10% per
5/ 2 ≥rtα .
Facendo riferimento alla Fig. 17, la temperatura del fluido all’interno della sonda sarà data da:
( ) 0)( TRqtTtT bq
bf +⋅+= (3)
Fig. 17 – Schematizzazione dello scambio termico tra sonda e terreno [6].
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Tenendo conto delle relazioni precedenti risulta (T0 è la temperatura indisturbata):
02
4ln
4)( TRq
r
tqtT bf +⋅+
−
⋅= γα
πλ (4)
Essendo il flusso termico q costante, si può scrivere:
( ) mtktT f +⋅= ln)( (5)
con
( ) ( )[ ] 0
2ln4ln TRqrkm bb +⋅+−−⋅= γα (6)
dove λπ ⋅⋅
=4
qk è la pendenza della retta che esprime la temperatura media del fluido contro il
logaritmo naturale del tempo. Quindi effettuate le misure e ricavata la temperatura media del fluido
(Fig. 18) si riporta quest’ultima in funzione del logaritmo naturale del tempo (Fig. 19) ottenendo la
retta in questione. Nota quindi k si ricava facilmente la conducibilità termica del terreno λ: il valore così trovato è comprensivo dell’effetto del materiale di riempimento, di eventuali movimenti
d’acqua sotterranei, ecc.
Fig. 18 – Ground Response Test: temperature
di mandata e ritorno del fluido termovettore
[6].
Fig. 19 – Ground Response Test:
temperatura media del fluido termovettore in
funzione del logaritmo del tempo [6].
Se si utilizza un software, una volta inseriti i dati relativi al test (caratteristiche geometriche della
sonda, materiali, tempo) si possono effettuare varie simulazioni, procedendo per tentativi sui dati di
conduttività e diffusività medie confrontando il diagramma risultante delle temperature con i valori
ottenuti dal test. Viceversa, se si conoscono in modo approfondito le caratteristiche del terreno
(stratigrafia, proprietà di ogni strato) e si ha la possibilità di usufruire di un modello numerico che
permette di distinguere i vari strati, il “ground response test” può servire come verifica delle ipotesi
prese come input per il modello. Perciò, da un confronto tra i dati risultanti dal modello e quelli
ottenuti dalla prova, si può concludere se c’è o meno convergenza. In Fig. 20 sono riportate le
misurazioni di una prova, mentre in Fig. 21 si trova la relativa elaborazione per il calcolo della
conducibilità termica equivalente.
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Fig. 20 – Esempio di Ground Response Test: dati misurati.
Fig. 21 – Esempio di Ground Response Test: determinazione della conducibilità termica.
Affinché il test possa essere ritenuto valido occorre prestare attenzione ai tempi e alla potenza
termica di prova. Una volta installata completamente la sonda, bisogna far trascorrere dalle 24 alle
72 ore prima di iniziare la prova. La perforazione altera le proprietà del terreno e alza la temperatura
del sottosuolo di qualche grado, perciò si deve aspettare del tempo affinché si riassettino le
condizioni iniziali. Indicativamente, da prove sperimentali, si è visto che dopo due giorni la
temperatura si riporta ad un valore prossimo a quello indisturbato e si è notato che per terreni a
bassa conducibilità sono necessari anche 5 giorni di attesa [6]. Inoltre è importante fare in modo che
la potenza termica per unità di lunghezza della sonda scambiata con il terreno risulti essere pari a
quella di picco, e che essa sia mantenuta per 12-48 ore; in questo modo si ottengono risultati più
attendibili. Infatti, molti modelli non tengono conto della capacità termica del riempimento,
dell’acqua e di altri fattori più o meno trascurabili e questo può causare degli errori, soprattutto se si
esegue una prova breve e comunque con transitori nel tempo.
Nel caso si volessero fare più test con la stessa sonda (fallimento del test precedente, cambio
potenza termica), bisogna attendere che gli effetti della prova precedente si riducano al minimo. Per
un test di 48 ore il tempo di attesa può essere di 10-12 giorni.
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4. METODI DI DIMENSIONAMENTO PER LE SONDE VERTICALI
4.1 Metodo ASHRAE
Attualmente l’ASHRAE prevede una procedura di calcolo che utilizza il metodo sviluppato da
Ingersoll nel 1954 [7] e ripreso ed implementato da Kavanaugh e Rafferty nel 1997 [8]. Di seguito
viene analizzata questa procedura che per comodità sarà denominata “metodo ASHRAE”.
La lunghezza delle perforazioni necessaria in estate ed in inverno è data dalle seguenti relazioni:
( ) ( )
p
c
wowig
scgdgmmbclcgaa
c
ttt
t
FRRPLFRWqRqL
−
+−
⋅+⋅+⋅−+⋅=
2
(7)
( ) ( )
p
h
wowig
scgdgmmbhlhgaa
h
ttt
t
FRRPLFRWqRqL
−
+−
⋅+⋅+⋅−+⋅=
2
(8)
dove:
c e h pedice “c” e pedice “h” indicano il funzionamento estivo (cooling) ed invernale
(heating);
Lc e Lh lunghezze della perforazione necessarie rispettivamente per raffrescare (estate) e
riscaldare (inverno) l’edificio [m];
qa flusso termico medio scambiato con il sottosuolo in un anno [W];
qlc e qlh carichi di progetto necessari per raffrescare (qlc<0) e riscaldare (qlh>0) [W];
Wc e Wh potenze elettriche assorbite dal compressore della pompa di calore/refrigeratore
in corrispondenza del carico di progetto [W];
PLFm fattore di carico/parzializzazione mensile;
Fsc fattore di perdita legato al possibile cortocircuito termico in sonda tra tubo di
mandata e di ritorno;
tg temperatura del sottosuolo non influenzato dalla presenza della sonda [°C];
tp temperatura di penalizzazione, sintetizza l’influenza termica tra le sonde
attraverso il terreno [°C];
twi e two temperature di mandata e di ritorno del fluido che alimenta le sonde geotermiche
sempre nei due casi: estate (pedice c) ed inverno (pedice h) [°C];
Rb resistenza termica per unità di lunghezza della sonda, tra fluido e bordo sonda
[(m K)/W];
Rga resistenza equivalente per unità di lunghezza del terreno, impulso annuale
[(m K)/W];
Rgm resistenza equivalente per unità di lunghezza del terreno, impulso mensile
[(m K)/W];
Rgd resistenza equivalente per unità di lunghezza del terreno, impulso giornaliero
[(m K)/W];
I flussi termici, i carichi dell’edificio e le penalizzazioni in temperatura sono da considerarsi positivi
in regime di riscaldamento e negativi in quello di raffrescamento.
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Spiegazione dei termini
qa
E’ definito come flusso termico medio annuale assorbito o ceduto dal terreno e si calcola nel modo
seguente:
8760
11∑ ∑ ⋅
−⋅+⋅
+⋅
=h
h
h
lhc
c
c
lc
a
hCOP
COPqh
COP
COPq
q (9)
dove:
hh e hc sono le ore equivalenti annuali a pieno carico.
I valori di carico di picco qlc e qlh sono gli stessi delle equazioni (7) e (8). I valori di COPc e di
COPh sono scelti in base alla temperatura di ingresso alla PdC (dato di progetto).
PLFm
Fattore di carico/parzializzazione, è molto simile ad un fattore di utilizzazione e si definisce nel
seguente modo (sia per l’estate che per l’inverno):
MeseAlGiorni
MeseAlntoFunzionameDiGiorni
hPiccoDiCarico
OreOrarioCarico
PLFm ××
×=∑
24
24
1 (10)
cW, hW
L’edificio è suddiviso in diverse zone (i zone) da climatizzare; per ognuna si considera una
suddivisione significativa delle ore della giornata in blocchi (ad esempio 4 ore dalle 8 alle 12, 4 ore
dalle 12 alle 16 e 4 ore dalle 16 alle 20); per ogni blocco e per ogni zona (tipo in una matrice) si
individua il carico massimo. Successivamente si individua il blocco che presenta la somma dei
carichi maggiore, si evidenzia e sarà chiamato blocco “bm”. Si considerano tante PdC quante sono
le zone e, da cataloghi tecnici, si individua la taglia necessaria per climatizzare ciascuna zona (Qn,i)
cercando di stare appena sopra il carico massimo giornaliero della zona. Dai cataloghi si ricava
anche la potenza elettrica assorbita (Wc,i, Wh,i).
Per ogni zona, in questo caso, il Part Load Factor è definito come:
in
ibm
idQ
QPLF
,
,
, = (11)
Adesso non resta che sommare il prodotto tra i Part Load Factor per le rispettive potenze:
ici idc WPLFW ,, ⋅=∑ (12)
ihi idh WPLFW ,, ⋅=∑ (13)
Un metodo alternativo più semplice, ma tuttavia meno preciso, per la ricerca di questi termini è
quello di considerare un’unica zona comprendente tutto l’edificio; in tal caso la (11) diventa:
14 di 25
n
dQ
QPLF max= (14)
e le (12) e (13):
cdc WPLFW ⋅= (15)
hdh WPLFW ⋅= (16)
dove:
Qmax è il carico massimo dell’edificio;
Qn è il carico nominale della macchina;
Wc e Wh sono le potenze elettriche della pompa di calore/refrigeratore in estate ed in
inverno.
Un altro modo ancora più semplificato è considerare:
lcfcclc qCWq ⋅=− )( (17)
lhfhhlh qCWq ⋅=− )( (18)
dove i coefficienti Cfc e Cfh si possono trovare in Tab. 2 [8].
Tab. 2 - Coefficienti Cfc e Cfh in funzione di EER (EER/3.41 = COPc) e di COPh [8].
Cooling EER Cfc Heating COP Cfh
11 1.31 3.0 0.75
13 1.26 3.5 0.77
15 1.23 4.0 0.80
17 1.20 4.5 0.82
Fsc
Questo termine considera il tipo di collegamento tra le sonde (serie e parallelo) e la “portata
specifica”2 del campo geotermico. Con esso si cerca di valutare quanto penalizzante è il flusso
termico tra fluido in mandata e ritorno e non tra fluido e terreno. I valori di Fsc si trovano tabulati in
letteratura [8] e variano generalmente da 1.01 a 1.06.
Fig. 22 - Valori di Fsc in funzione del collegamento tra le sonde e della portata specifica [8].
2 Riferita alla potenza nominale della macchina.
15 di 25
twi, two
Temperature del fluido entrante ed uscente dalle sonde geotermiche nelle condizioni di progetto. I
due valori sono legati tra loro da un’equazione di bilancio:
( )cwiwopwwclc ttcmWq −⋅⋅=− & (19)
( )hwiwopwwhlh ttcmWq −⋅⋅=− & (20)
tg
La temperatura del sottosuolo è un dato di progetto riscontrabile in tabelle o con appositi test (cfr.
paragrafo 3).
tp
La temperatura di penalizzazione, in un certo qual modo sintetizza l’interferenza reciproca dei
campi termici delle sonde attraverso il terreno, penalizzando il salto termico tra fluido e terreno
indisturbato. Tale grandezza assume valori bassi se i carichi estivi ed invernali sono simili in
modulo, valori maggiori se c’è una predominanza invernale o estiva nel funzionamento
dell’impianto. Inizialmente la tp può essere assunta: alla fine, con il metodo descritto di seguito, si
verificherà l’assunzione fatta.
Una volta noti qa (9), la lunghezza l di ogni sonda e scelta la griglia con cui posizionare le sonde, si
è in grado di verificare il valore di tp assunto.
Il metodo seguente si basa sull’accumulo annuale del calore nel terreno circostante le sonde, e
quindi analizza la conseguente variazione di temperatura. La tp assunta deve essere circa uguale a
quella ottenuta dalla seguente relazione empirica:
11234 1.025.05.01
p
tot
p tN
NNNNt ⋅
⋅+⋅+⋅+⋅= (21)
dove:
N4 numero di sonde circondate su tutti e quattro i lati da altre sonde;
N3 numero di sonde circondate su tre lati da altre sonde;
N2 numero di sonde confinanti su due lati con altre sonde;
N1 numero di sonde confinanti su un lato con altre sonde;
Ntot numero totale delle sonde;
tp1 temperatura di penalizzazione di una sonda circondata da altre su tutti i lati.
La determinazione di tp1 è fatta sulla base delle seguenti ipotesi: si considera il parallelepipedo di
terreno, di sezione quadrata ds ∗ ds e altezza l, che circonda la sonda (ds coincide con la distanza tra
le sonde nella griglia). Questa porzione di sottosuolo è in grado di accumulare calore, ma non di
scambiarlo con il terreno al di fuori della sua superficie perimetrale. La verifica si fa sulla base di
10 anni, in quanto si assume che sia questo il periodo di tempo necessario perché i flussi termici
annuali vadano a regime.
Essendo il calore immagazzinato dato dalla capacità termica per la differenza di temperatura (tp1) tra
il terreno indisturbato e quello attorno alla sonda, si ha:
ldc
Qt
sp
storedp
⋅⋅⋅=
21 ρ (22)
16 di 25
dove:
ρ è la densità del terreno;
cp è il calore specifico del terreno;
Qstored è il calore accumulabile dopo 10 anni di funzionamento.
Il calcolo del calore diffuso dopo 10 anni si fa utilizzando la soluzione della sorgente lineare e
considerando un cilindro del diametro di 8-10 metri, in quanto, mediamente, sono queste le distanze
interessate dalla trasmissione del calore in questo arco di tempo. Non essendo il gradiente di
temperatura costante lungo il raggio del cilindro indagato, si considerano più cilindri concentrici e
la variazione di temperatura media tra essi:
( ) ripstored trrlcQ ∆⋅−⋅⋅⋅⋅=∑ 22
0πρ (23)
∆tr è la differenza tra la temperatura del terreno indisturbato e quella ad una distanza r dalla
sorgente e si determina applicando la soluzione della sorgente lineare:
( )l
XIqt
g
ar ⋅⋅⋅
⋅=∆
λπ2 (24)
dove il termine I(X) si trova diagrammato di seguito (Fig. 23), in funzione di X che è un parametro
adimensionale così definito:
12 τα ⋅=
g
rX (25)
dove:
αg è la diffusività termica del terreno;
τ1 è il tempo (ad esempio 10 anni).
Fig. 23 - Grafico per la determinazione di I(X) [7].
Se ci sono movimenti d’acqua nel sottosuolo, la temperatura di penalizzazione può essere ridotta in
quanto il calore viene trasportato dalla falda acquifera lontano dal campo sonde. Un semplice
metodo per tener conto di questo è assumere un tempo minore nella (25).
17 di 25
Alternativamente a questo metodo esistono delle tabelle (Tab. 3) che, in base alla griglia di
distribuzione delle sonde, alla distanza tra di esse e al rapporto tra le ore equivalenti di
riscaldamento e di raffrescamento a pieno carico, stimano la temperatura di penalizzazione [8].
Nella Tab. 3 è riportato anche un fattore correttivo Cf (da moltiplicare per il valore di tp letto nella
stessa) per reticoli di sonde di diversa geometria; naturalmente il valore di questo fattore correttivo
aumenta al crescere del numero di sonde interne alla griglia.
Tab. 3 - Penalizzazione in temperatura a lungo termine per una griglia di 10 ∗ 10 sonde verticali e carico termico nel periodo di picco di 350 kW [8].
tg = 10 °C tg = 15.5 °C tg = 21 °C Ore equivalenti
a pieno carico
Riscald./Raffres.
Passo tra
le sonde λg = 1.7
[W/(m K)]
λg = 2.6
[W/(m K)]
λg = 1.7
[W/(m K)]
λg = 2.6
[W/(m K)]
λg = 1.7
[W/(m K)]
λg = 2.6
[W/(m K)]
[h/h] per anno [m] [°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
4.6 -2.4
(27.5)
-2.4
(21.5) - - - -
6.1 -1.3
(24)
-1.3
(19) - - - - 1500 / 500
7.6 -0.6
(22.5)
-0.6
(17.5) - - - -
3 7.2
(27.5)
6.5
(21) NR
6.5
(27) - -
4.6 3
(20.5)
2.4
(16)
2.6
(21.2)
2.6
(19.5) - - 1000 / 1000
6.1 1.8
(19)
1
(15)
1.4
(23)
1.3
(18) - -
4.6 8.4
(33)
8.4
(25.5) NR
7.1
(30) NR NR
6.1 4.3
(24)
4.4
(19)
3.7
(28.2)
3.7
(22)
3.7
(29)
3.7
(22.5) 500 / 1500
7.6 2.3
(19.5)
2.4
(16.5)
1.9
(25)
1.9
(19.5)
1.9
(25.5)
1.9
(20)
4.6 - - NR NR NR NR
6.1 - - 5.7
(35)
5.7
(27.5)
5.7
(36)
5.7
(28) 0 / 2000
7.6 - - 3
(28)
3
(22)
3
(29)
3
(22.5)
NR: sconsigliabile
Fattori correttivi per altre disposizioni della griglia