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l 10 giugno scorso, nel centro di Mosca, in pieno giorno, veniva freddato a colpi di pistola sparati da uno sconosciuto il protagonista di un clamo- roso caso giudiziario e politico dei primi anni Duemila: l’ex colonnello Jurij Budanov, uno dei rari ufficiali russi portati in tribunale e condannati per crimini perpetrati durante le due guerre di Cecenia. La stessa morte subita, rispettivamente nel 2006 e nel 2009, da suoi due impla- cabili nemici, la giornalista Anna Politkovskaja e l’avvo- cato Stanislav Markelov. Nel 2003 Budanov era stato condannato a dieci anni di carcere, degradato e privato delle decorazioni al valore, per avere – tre anni prima – sequestrato e strangolato una diciottenne cecena, Elza Kungaeva, da lui sospettata di aver ucciso alcuni suoi soldati. Budanov aveva ricono- sciuto il crimine, attribuendolo a un momento di follia provocato da quelle morti. Un’altra accusa, quella di aver violentato la ragazza, era stata lasciata cadere, provocan- do l’ira tra la popolazione cecena. Secondo i nazionalisti russi, e non solo loro, Budanov non era punibile: aveva combattuto a lungo, era stato de- corato al valore. E dopo il rilascio anticipato (gennaio DOSSIER I 56 . east . europe and asia strategies numero 38 . ottobre 2011 . 57 2009) lo Stato lo avrebbe lasciato senza protezione, nono- stante le numerose minacce di morte ricevute. Instabilità del Nord Caucaso l caso Budanov ha riportato la Cecenia all’onore delle cronache, cinque mesi dopo l’attentato al- l’aeroporto moscovita di Domodedovo, in cui avevano trovato la morte 36 persone, rivendicato dal ce- ceno Doku Umarov – autoproclamatosi “emiro del Cau- caso” – comandante delle residue bande separatiste ce- cene e nordcaucasiche. Ridotte ad alcune centinaia di uo- mini, compiono attentati (anche in Russia) e attacchi “mordi e fuggi” tra Cecenia, Inguscezia e Daghestan: di oltre 700 fra morti e feriti è il bilancio del primo semestre di quest’anno. Mosca nel marzo 2009 aveva dichiarato conclusa l’“operazione controterroristica” (Kto) – o me- glio “la guerra” – iniziata dieci anni prima da Vladimir Putin contro la Cecenia. Budanov è stato sepolto il 15 giugno nel cimitero della città di Khimki, presso Mosca, con tutti gli onori religio- si e militari, presenti oltre 2mila persone, tra cui alti uffi- ciali dell’esercito, parlamentari e il vice speaker della Du- ma, Vladimir Zhirinovskij, che nell’occasione ha promes- so di impegnarsi affinché gli si restituiscano ad memo- riam rango e decorazioni. La promessa è da inquadrare in un clima diffuso di na- zionalismo esacerbato e xenofobo, che spesso si esprime in aggressioni anche mortali contro persone colpevoli semplicemente di avere “un aspetto caucasico” o anche centroasiatico. Quattordici sono stati i morti nel primo semestre di quest’anno. Ma chi ha ucciso Budanov? Si ipotizza una “vendetta cecena”, secondo alcuni osservatori commissionata, ad- dirittura, dallo stesso presidente trentaquattrenne Ram- zan Kadyrov, che guida con pugno di ferro il suo Paese: L’Urss è morta? Viva l’Urss Cecenia : il fantasma della nuova secessione di Piero Sinatti C’è chi auspica e chi teme una possibile, nuova secessione cecena. Un giornale popolare come Moskovskij Komsomolets a metà giugno ospi- tava un articolo del politologo Stanislav Bel- kovskij che rovesciava la tesi di Putin sulla vit- toria russa nei confronti del secessionismo. In realtà non è stata la Russia a vincere la guerra, ma la Cecenia, che sempre più si sottrarrebbe agli obblighi della Costituzione e delle leggi russe. Ma il regime di Kadyrov vive grazie ai co- spicui finanziamenti di Mosca. A SINISTRA Alcuni uomini del genio civile all’opera sul luogo dell’esplosione a Grozny, in agosto. L'attentatore suicida ha ucciso due poliziotti nei pressi di un bar nella capitale cecena, mentre una folla festante celebrava la festa musulmana di Eid al-Fitr. A DESTRA I funerali del colonnello Yuri Budanov a Mosca. I Ap Photo / M. Sadulayev Ap Photo / S. Ponomarev
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L’Urss è morta? Viva l’Urss DOSSIER Cecenia I il fantasma ... · Surkov, di padre russo e madre cecena, nato in un villaggio ceceno nel 1964, prima di assumere gli attuali nome

Feb 17, 2019

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Page 1: L’Urss è morta? Viva l’Urss DOSSIER Cecenia I il fantasma ... · Surkov, di padre russo e madre cecena, nato in un villaggio ceceno nel 1964, prima di assumere gli attuali nome

l 10 giugno scorso, nel centro di Mosca, in pienogiorno, veniva freddato a colpi di pistola sparatida uno sconosciuto il protagonista di un clamo-

roso caso giudiziario e politico dei primi anni Duemila:l’ex colonnello Jurij Budanov, uno dei rari ufficiali russiportati in tribunale e condannati per crimini perpetratidurante le due guerre di Cecenia. La stessa morte subita,rispettivamente nel 2006 e nel 2009, da suoi due impla-cabili nemici, la giornalista Anna Politkovskaja e l’avvo-cato Stanislav Markelov.

Nel 2003 Budanov era stato condannato a dieci anni dicarcere, degradato e privato delle decorazioni al valore,per avere – tre anni prima – sequestrato e strangolato unadiciottenne cecena, Elza Kungaeva, da lui sospettata diaver ucciso alcuni suoi soldati. Budanov aveva ricono-sciuto il crimine, attribuendolo a un momento di folliaprovocato da quelle morti. Un’altra accusa, quella di averviolentato la ragazza, era stata lasciata cadere, provocan-do l’ira tra la popolazione cecena.

Secondo i nazionalisti russi, e non solo loro, Budanovnon era punibile: aveva combattuto a lungo, era stato de-corato al valore. E dopo il rilascio anticipato (gennaio

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2009) lo Stato lo avrebbe lasciato senza protezione, nono-stante le numerose minacce di morte ricevute.

Instabilità del Nord Caucaso l caso Budanov ha riportato la Cecenia all’onoredelle cronache, cinque mesi dopo l’attentato al-l’aeroporto moscovita di Domodedovo, in cui

avevano trovato la morte 36 persone, rivendicato dal ce-ceno Doku Umarov – autoproclamatosi “emiro del Cau-caso” – comandante delle residue bande separatiste ce-cene e nordcaucasiche. Ridotte ad alcune centinaia di uo-mini, compiono attentati (anche in Russia) e attacchi“mordi e fuggi” tra Cecenia, Inguscezia e Daghestan: di

oltre 700 fra morti e feriti è il bilancio del primo semestredi quest’anno. Mosca nel marzo 2009 aveva dichiaratoconclusa l’“operazione controterroristica” (Kto) – o me-glio “la guerra” – iniziata dieci anni prima da VladimirPutin contro la Cecenia.

Budanov è stato sepolto il 15 giugno nel cimitero dellacittà di Khimki, presso Mosca, con tutti gli onori religio-si e militari, presenti oltre 2mila persone, tra cui alti uffi-ciali dell’esercito, parlamentari e il vice speaker della Du-ma, Vladimir Zhirinovskij, che nell’occasione ha promes-so di impegnarsi affinché gli si restituiscano ad memo-riam rango e decorazioni.

La promessa è da inquadrare in un clima diffuso di na-zionalismo esacerbato e xenofobo, che spesso si esprimein aggressioni anche mortali contro persone colpevolisemplicemente di avere “un aspetto caucasico” o anchecentroasiatico. Quattordici sono stati i morti nel primosemestre di quest’anno.

Ma chi ha ucciso Budanov? Si ipotizza una “vendettacecena”, secondo alcuni osservatori commissionata, ad-dirittura, dallo stesso presidente trentaquattrenne Ram-zan Kadyrov, che guida con pugno di ferro il suo Paese:

L’Urss è morta? Viva l’Urss

Cecenia:il fantasmadella nuovasecessionedi Piero Sinatti

C’è chi auspica e chi teme una possibile, nuova

secessione cecena. Un giornale popolare come

Moskovskij Komsomoletsa metà giugno ospi-

tava un articolo del politologo Stanislav Bel-

kovskij che rovesciava la tesi di Putin sulla vit-

toria russa nei confronti del secessionismo. In

realtà non è stata la Russia a vincere la guerra,

ma la Cecenia, che sempre più si sottrarrebbe

agli obblighi della Costituzione e delle leggi

russe. Ma il regime di Kadyrov vive grazie ai co-

spicui finanziamenti di Mosca.

A SINISTRA Alcuni uomini del genio civile

all’opera sul luogo dell’esplosione a Grozny, in agosto.

L'attentatore suicida ha ucciso due poliziotti

nei pressi di un bar nella capitale cecena,

mentre una folla festante

celebrava la festa musulmana di Eid al-Fitr.

A DESTRA I funerali del colonnello Yuri Budanov a Mosca.

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A SINISTRA Adam Delimkhanov,

membro del parlamento ceceno,

il presidente Ramzan Kadyrov

e il premier Odes Baysultanov in abiti tradizionali

nella giornata della celebrazione della lingua nazionale cecena.

AL CENTRO Addetti alla sicurezza

nell’aeroporto Domodedovo a Mosca.

Qui lo scorso gennaio rimasero uccise 31 persone

e ci furono 130 feriti per un’esplosione.

A DESTRA Anna Politkovskaya, la giornalista assassinata nel 2006.

giato con Kadyrov. Putin lo ritiene l’unico efficiente ga-rante della stabilizzazione e della ricostruzione della Ce-cenia e della sua permanenza nella Federazione russa.

Il fantasma di una nuova secessione n molti, tuttavia, si interrogano sull’affidabilitàdi Kadyrov. Sotto la sua guida, dispotica e violen-ta, la Cecenia (1,1 milioni di abitanti) si avvia ad

essere una repubblica monoetnica, in cui progressiva-mente si impone, soprattutto a danno delle donne, la sha-ria, senza rispetto della Costituzione russa, che è laica.

C’è chi auspica e chi teme una possibile, nuova seces-sione cecena. Un giornale popolare come “MoskovskijKomsomolets” a metà giugno ospitava un articolo del po-litologo Stanislav Belkovskij che rovesciava la tesi di Pu-tin sulla vittoria russa nei confronti del secessionismo. Inrealtà non è stata la Russia a vincere la guerra, ma la Ce-cenia, che sempre più si sottrarrebbe agli obblighi dellaCostituzione e delle leggi russe.

Al tempo stesso, tuttavia, il regime di Kadyrov vive gra-zie ai cospicui finanziamenti di Mosca: circa 2 miliardidi dollari l’anno. Il budget di Grozny dipende per il 90%

dai trasferimenti di Mosca, che non controlla le spese.Un’enormità, in confronto alle cifre stanziate per gli altrisoggetti federali. Senza contare il costo delle stravaganze

di Kadyrov: come un parco di cinquanta auto di grossa ci-lindrata, cavalli da corsa, cani da combattimento, stadi,ippodromi. E a Grozny è stata costruita la più grande mo-schea d’Europa. Per questo – concludeva il commentato-re – sarebbe preferibile dare l’indipendenza non solo al-la Cecenia, ma anche all’intero “prefeudale” Caucaso:“Non abbiamo più un impero e si risparmierebbero sol-di, guerre e lacrime”.

L’eminenza grigia di Putinueste voci o idee non devono essere isolate, se perconfutarle si scomodava niente meno che il vicecapo dell’Amministrazione presidenziale, Vladi-

slav Surkov 1. In un’intervista alla tv cecena – rilasciatanel sessantesimo anniversario della nascita di AkhmatKadyrov, padre di Ramzan, già gran muftì e primo presi-dente dell’attuale Cecenia, assassinato nel 2004 – questo“ideologo” ha detto: «La Russia ha bisogno del Caucaso.Esso sarà sempre parte della Russia, è parte del nostro ter-ritorio storico […] e solo gli stupidi, i provocatori e i pro-vocatori stupidi parlano di secessione».

E quasi come tributo al tono politico-religioso delle ce-lebrazioni, Surkov affermava: «Kadyrov e Putin sono sta-ti mandati da Dio (sic!) per salvare la Cecenia e la Russianel momento della massima necessità [...]. La loro unio-ne, come quella tra il Caucaso e la Russia, impone unprezzo da pagare. Tutto ha un prezzo nella vita» (Rossij-skaja Gazeta, 11 luglio 2011).

A queste parole, arcaiche e minacciose, non ci sono sta-te adeguate reazioni. Il fatto è che in Russia è mancata emanca una riflessione politica approfondita sul rappor-to con il Caucaso, al di là dei miti storico-letterari e delleancora forti suggestioni imperiali. Del resto l’opinionepubblica russa, al pari della comunità internazionale im-pegnata a combattere il terrorismo islamista, ha approva-to le guerre cecene.

Pochi hanno cercato di rompere la cortina censoria eretorico-propagandistica della leadership di Putin: solo

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si era espresso contro la sua condanna, giudicata troppolieve, e contro la scarcerazione anticipata.

Nemmeno due settimane dopo, il 22 giugno, si registra-va a Mosca un altro attentato: Aleksandr Klimentov, unufficiale delle temute unità speciali antiterroristiche Vyt-jaz del ministero degli Interni, veniva ferito gravementeda sconosciuti nel centro della capitale a colpi di arma dafuoco. Questo secondo attentato faceva emergere una sin-golare circostanza: investigatori della procura cecena ave-vano chiesto agli Archivi militari centrali informazionisu quell’ufficiale, più volte impegnato in operazioni spe-ciali in Cecenia.

Quella richiesta non era isolata: da Grozny venivano datempo avanzate agli Archivi centrali militari richieste difile (con fotografia) di ufficiali, sottufficiali e agenti delleunità speciali (spetsnaz) già operativi in Cecenia, in lo-calità dove si sono registrati crimini nei confronti dellapopolazione civile, per i quali non esiste ancora la pre-scrizione. Non si è accertato se tali richieste servano a in-traprendere azioni legali, secondo le leggi federali, o adattuare vendette, secondo le arcaiche consuetudini cau-casiche dell’adat.

Così, tra i partecipanti alle operazioni speciali si dif-fonde il timore che il governo russo, cedendo alle richie-ste di Grozny e consegnando i file richiesti, li abbandoni

a eventuali vendette cecene. Sicofanti di Grozny, del re-sto, hanno potuto agire più volte impunemente nella stes-sa Mosca, per eliminare rivali di Kadyrov.

Ci si chiede perché, invece, non si arrestino e processi-no i ribelli ceceni che hanno ucciso e torturato spesso neimodi più efferati ufficiali e soldati russi o li hanno seque-strati e venduti come schiavi, secondo una pratica anticadel Caucaso. Il fatto è che molti di loro, amnistiati, milita-no nei reparti armati agli ordini diretti di Kadyrov, il khoz-jain (‘padrone’) del Paese. Gli Archivi militari centrali egli organi interessati (ministero degli Interni, Sicurezza)non hanno ancora opposto un rifiuto a tali richieste. Mo-sca privilegia una politica di intesa e un rapporto privile-

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1. Surkov, di padre russo e madre cecena, nato in un villaggio ceceno

nel 1964, prima di assumere gli attuali nome e cognome, si chiamava

Aslambek Dudaev. È considerato il massimo protettore di Ramzan Ka-

dyrov. Surkov è il teorico della putiniana “democrazia sovrana” e del-

la “verticale del potere”, oltre che sostenitore di politiche di new deal.

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un pugno di giornali e di personalità indipendenti, alcu-ne delle quali hanno pagato con la vita il coraggio di de-nunciare le violenze, gli arbitri, il degrado e i profondiguasti morali che la guerra ha prodotto nella coscienzadel Paese. Valgano per tutti i nomi di Anna Politkovska-ja e di Natalja Estemirova.

A proposito di quest’ultima, va segnalata l’assoluzio-ne da parte di una corte di Mosca dall’accusa di calunniamossa dallo stesso Kadyrov nei confronti di Oleg Orlov,presidente dell’associazione russa per la difesa dei dirit-ti umani Memorial.

Orlov aveva indicato in Kadyrov il mandante del se-questro e assassinio, avvenuto nel luglio 2009, della Este-mirova. Più volte la donna era stata offesa e minacciata –come pure la Politkovskaja, del resto – dal “padrone”, perle inchieste da lei condotte su rapimenti, sparizioni, ese-cuzioni sommarie, torture, incendi, crimini perpetratiimpunemente dai miliziani kadyrovtsy in Cecenia e in In-guscezia.

Orlov, secondo i giudici, non avrebbe fatto altro cheesercitare il diritto di opinione, anche se fondato su ipo-tesi più che su prove concrete. “Un miracolo” è stata de-finita la sentenza, che sconfessa il favorito di Putin. Peralcuni la sentenza sarebbe stata pilotata da settori del ver-tice russo ormai stanchi del tracotante, incontrastato po-tere di Kadyrov: a Mosca non si dà sentenza importantesenza il beneplacito di chi sta in alto. Forse, si dice, del“liberale” Medvedev, mai prodigo di simpatie per Kady-rov, a differenza di Putin.

Babchenko, una voce diversa l giovane scrittore moscovita trentaquattrenneArkadij Babchenko ha combattuto le due guerrececene, prima come soldato di leva, quindi come

sottufficiale a contratto, per diventare poi corrisponden-te di guerra e redattore di Novaja Gazeta, il giornale del-la Politkovskaja.

A partire dal 2002, quando la storica rivista letterariaNovyj Mir ha pubblicato il suo Alkhan-Jurt, sono stati da-ti alle stampe altri suoi testi, poi raccolti in unico volu-me, che meriterebbe di essere segnalati come un nuovo,fondamentale classico della letteratura di guerra, non so-lo russa. Lo ha pubblicato solo quest’anno Mondadori,con il titolo La guerra di un soldato in Cecenia.

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Più che di “racconti” si tratta di “documenti abbellitidall’emozione, dallo spirito e dal sangue”, per usare ladefinizione che Varlam Shalamov dette dei suoi Raccon-ti della Kolyma (Einaudi, Torino 1999 e 2005) .

Shalamoviana è, infatti, la rappresentano di “quelloche l’uomo non dovrebbe vedere né sapere”, come ebbea dire il grande scrittore di Vologda degli orrori concen-trazionari della Kolyma.

“Viviamo in un Paese tremendo”, aveva scritto AnnaPolitkovskaja ne Il Paese di Putin (Adelphi, Milano 2005).Un assioma che, con pregnante efficacia letteraria e veri-tà dettata dall’esperienza, dimostra Babchenko quandodescrive un esercito miserabile in cui “tutti picchiano tut-ti”, “tutti rubano tutto” – naturalmente in ordine gerar-chico – e una guerra in cui le parti in conflitto sono acco-munate dalla stessa ferocia, senza speranza di redenzio-ne e senza niente concedere né ai crudeli nemici ceceni,i chekhi, né alla bellezza del paesaggio caucasico.

Là è solo fango, palude, sangue, putridume: “la nottenera cecena”.

La pietà va solo ai soldati di leva non ancora ventenni,ai bambini, ai vecchi, alle donne cecene e a quelle russe(“le madri dei soldati”, che vagano per la Cecenia in cer-ca dei loro figli dispersi, spesso violentate e uccise dai ce-ceni stessi). Le accuse vibrano di rabbia, contro chi que-ste guerre ha voluto (“quel figlio di puttana di Eltsin”), igenerali che ci si ingrassano, la gente russa che non hamosso un dito per fermarle.

Si chiede Babchenko: “Perché non hanno scioperato aMosca? Perché non hanno sbarrato le strade con picchet-ti, mentre ci ammazzavano a Grozny? Perché non hannogridato e non si sono strappati i capelli quando hanno vi-sto per televisione a Grozny solo i cani che si nutrivanodei corpi dei loro ragazzi? Perché non ci sono stati rivo-luzione, tumulti, disobbedienza civile? Come hanno po-tuto mandare i loro figli al macello e restare a divertirsi,vivere, bere birra, fare i soldi, mentre laggiù li uccideva-no?” Con queste domande angosciate si chiude il libro.Lo dovrebbero leggere e meditare gli uomini come Sur-kov, quando parlano di prezzi da pagare.

E di imperi da mantenere. .

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A FRONTE

Almazbek Atambayev.