Luoghi e non luoghi della formazione manageriale Tra radicamento territoriale e «disruption» digitale 15/06/2022 Enrico Viceconte 1 Formazione: quale futuro? Napoli, Hotel Excelsior, 14 gennaio 2016
Luoghi e non luoghi della formazione
managerialeTra radicamento territoriale e «disruption» digitale
01/05/2023
Enrico Viceconte1
Formazione: quale futuro?Napoli, Hotel Excelsior, 14 gennaio 2016
Luoghi e non luoghi della formazione
managerialeTra radicamento territoriale e «disruption» digitale
Relazione diEnrico Viceconte, Stoà
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Argomenti• Dove “ha luogo” la formazione?• Il modello della “learning region” nelle ricerche di Stoà sulla
formazione manageriale• Conservazione, dematurity o disruption della formazione superiore?
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Sfide• radicare maggiormente nel territorio le attività di formazione
manageriale, pur mantenendo una visione globale.• L’impatto, su un’industria di contenuti (e di relazioni), dell’ultima
generazione di tecnologie digitali e smaterializzanti
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Quesiti• Quale sarà il grado di regionalizzazione/concentrazione ottimale per
l’offerta di formazione manageriale?• Quale sarà il grado di “smaterializzazione” ottimale del processo
educativo per competere nel settore della formazione manageriale?
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• L’Europa, prima degli Stati Uniti, si è mobilitata nel dare una risposta “di sistema” e strategica alla questione dell’innovazione dei processi e dei servizi formativi con un’imponente massa di progetti svolti nei Paesi membri e finanziati dal FSE.
• Gli Stati Uniti però, hanno mostrato una straordinaria capacità reattiva, mettendo in campo la propria accademia e un’azione governativa mirata.
• Con il risultato di fornire, durante l’Amministrazione Obama, una risposta originale, solo in parte sovrapponibile a quella europea.
• Si avvicina ad una visione europea il riconoscimento americano dell’importanza da una parte dei cluster regionali e delle piccole e medie imprese nello sviluppo della conoscenza per la competizione, dall’altra della manifattura avanzata.
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Making in America• “Even in an Internet-connected world, proximity to innovation and
users matters for industry. Making in America describes ways to strengthen this connection, including public-private collaborations, new government-initiated manufacturing innovation institutes, and industry-community college projects. If we can learn from these ongoing experiments in linking innovation to production, American manufacturing could have a renaissance.”
• “Making in America” Rapporto della MIT Task Force on Production in the Innovation Economy
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La formazione manageriale cambierà• Perché sono sovrapposti due tipi di innovazione
• un’ innovazione incrementale lenta, che pone oggi problemi simili a quelli degli anni ottanta.
• un’innovazione vertiginosa che riguarda tutti quei processi che, potendo essere dematerializzati e resi istantanei, ubiqui e scalabili, lo saranno certamente in tempi brevissimi.
• Perché il management dovrà acquisire la capacità di fronteggiare i due tipi di innovazione, uno molto lento e uno molto veloce
• Perché lo stesso settore della formazione manageriale dovrà cambiare con queste due velocità, sotto la pressione delle stesse forze che faranno evolvere gli altri settori.
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Luoghi e non-luoghi della formazione• LUOGHI: NOWHERE
• Luoghi fisici vicini a dove si svolgono i processi di creazione del valore e dove si generano fabbisogni formativi specifici.
• NON LUOGHI: NOWHERE• luoghi virtuali (ad esempio i MOOC)• ma anche quei campus dell’higher education in grado di generare un’identità
comunitaria di Scuola (quella degli Alumni), ma che spesso non rispecchiano i modi odierni di creare comunità di apprendimento.
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Dall’Universitas alla Multiversitas• Multiple identità del futuro utente della
formazione manageriale (come accade in ogni campo in cui i contatti tra le persone potranno moltiplicarsi grazie a piattaforme digitali)
• Multipli i luoghi e le fonti della formazione a cui attingere.
• Multipli gli obiettivi dell’apprendimento• Multipli i saperi necessari• Multipli i modi di trasmissione (da one to-one,
a one-to-few, a one-to-many a many-to-many).
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La ricerca Stoà, 2014
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Dall’Universitas alla Multiversitas• Dal modello medioevale “centripeto” dell’Uni-versitas, al quale ancora
si conforma l’higher education• a quello “centrifugo” di una futura Multi-versitas.• La conseguente pedagogia sarà probabilmente di tipo connettivista,
piuttosto che costruttivista• Con un superamento anche dei metodi più avanzati che ancora si riferiscono
al paradigma costruttivista dell’apprendimento: discovery learning, inquiry-based learning, problem-based learning, project-based learning.
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Dall’Universitas alla Multiversitas• Le nuove tecnologie sono, più che una minaccia, una grande
opportunità per le istituzioni formative.• E’in gioco anche l’affermazione di un modello sociale.• L’higher education, e la formazione delle business school ancora di
più, rispecchia una società elitaria.• Il modello dei ranking, collegato all’entità delle rette, è stato (ed è
tuttora) la caratteristica del sistema statunitense dell’istruzione superiore.
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Un modello non più sostenibile• Il debito legato alle rette universitarie ha raggiunto 1,2 trilioni di
dollari.• Non c’è una sufficiente produzione di altissime professionalità
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April 2-3 , 2013• Sloan hosted its Big Data 4Dx executive education program
both on the Avaya 2d Life platform and in-person on the Cambridge campus.
• The virtual event featured the same faculty, content, discussions, and exercises and was conducted simultaneously with the on-campus program.
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Stoà 2007, progetto CEK-Lab
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Stoà 2007, progetto CEK-Lab
Dove si localizza oggi l’offerta di alta formazione?• Una caratteristica dei modelli di pianificazione strategica urbana è
l’attenzione al potenziale di un territorio di generare conoscenza.• Un potenziale che appare in relazione con una certa massa critica urbana e
quindi a un fattore dimensionale, oltre che al numero e alla qualità delle connessioni del territorio con altri centri.
• La dotazione di università e centri di ricerca, piuttosto correlato con la dimensione, è un altro fattore che, ovviamente, genera conoscenza.
• Queste considerazioni sembrano dare sostegno alla tendenza (dettata piuttosto da criteri di spending review) di ridurre il numero degli atenei che negli anni erano fioriti nel nostro Paese. Troppe piccole università disperse nei territori!
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Troppe, piccole università?• Il principio sarebbe condivisibile per le economie di scala, di scopo e di prossimità
di cui godono le grandi università, in grado di generare nel proprio intorno distretti della conoscenza e di garantire la scelta elettiva in un’offerta molto ampia di corsi.
• La modellistica in uso sembra però non tenere conto, in chiave prospettica, dello scenario che si delinea per l’innovazione “disruptive” legata all’avvento dell’ultima generazione di tecnologie digitali che ridefiniscono il concetto di “localizzazione” e quindi, in qualche modo, il rapporto con i territori.
• Né appare soddisfacente una visione dell’innovazione che tiene in minimo conto la conoscenza tacita legata alla gestione e al miglioramento incrementale dei processi produttivi e dei prodotti.
• .
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Il medium tech e l’intelligenza combinatoria• La maggioranza delle imprese innovative italiane che sono diventate
mini multinazionali operando con straordinario successo nel “medium tech” non sono in prossimità di grandi metropoli, di “milieu” particolarmente fecondi o di grandi politecnici, di “distretti della conoscenza”-
• L’innovazione si è sviluppata piuttosto in distretti “periferici”, spesso mal connessi con altri centri
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Beyond the world top ranking business schools• CUOA – Modello Nord-Est• ISTAO – Modello olivettiano• STOA’ – Modello IRI
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• La formazione manageriale “packaged” (o a catalogo ovvero “off the shelf”), presentandosi come estremamente concentrata, rende problematica la sostenibilità di un’offerta localizzata sul territorio e, di conseguenza, vantaggi di prossimità per le imprese e per il territorio nel suo complesso.
• Viene a manacare una certa incapacità, a livello locale, nelle aziende come nelle Università, che si generino nuove esperienze, che queste vengano rielaborate criticamente, che da tale travaglio critico nascano nuovi modelli di interpretazione e d’azione, che questi possano essere ridistribuiti, attraverso la formazione, sulla scala globale che è oggi la scala consona alla diffusione delle conoscenze.
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Occasioni perse dagli attori locali: «buy local», formazione di qualità a chilometro zero• Nella formazione ancora più che in altri ambiti di spesa e
investimento, il perseguimento di un’ottica localistica e diffusa (che però non dimentichi la scala globale dei problemi) favorirebbe la ricaduta dell’investimento delle risorse destinate alla formazione sul territorio
• Nell’ottica del “Local Multiplier Effect” (LME) o “Local Premium”.• Nella formazione sul territorio è reinvestita ricchezza prodotta dal
territorio (attraverso l’investimento delle aziende e i fondi interprofessionali accantonati dai lavoratori) e risorse comunitarie-
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Perché i fondi FSE da soli non bastano?• I progetti di formazione che vengono attivati si presentano come temporanei,
episodici, difficilmente consolidabili e stabilizzabili, con associazioni di scopo che si disgregano immediatamente dopo la conclusione del progetto.
• Un perenne fare e disfare che non lascia sul territorio che frammenti di reti e di esperienze.
• Una caducità dei progetti che non assicura il necessario consolidamento di un’offerta, la stabilizzazione e la standardizzazione dei progetti secondo criteri internazionalmente riconosciuti (come EFMD, per esempio, che trova una sua declinazione italiana nei criteri ASFOR per alcune tipologie formative) e comporta una continua dissipazione del know-how generato sul territorio.
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Tra il dire (retorico) e il fare• Si vuole davvero:
• creare i presupposti per dotare il sistema economico locale di capability critiche enablers del cambiamento, potenziali fonti di vantaggio competitivo e di resilienza?
• Rendere sostenibile la presenza di un’offerta di formazione manageriale qualificata e accreditata internazionalmente.
• Trattenere ma anche di attrarre talenti invertendo la tendenza alla fuga delle intelligenze verso regioni e paesi che forniscono maggiori opportunità di crescita?
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Il ruolo di una piccola Business School• Diventare «Multiversitas» ossia
• luogo di incontro e rielaborazione dei saperi e delle pratiche gestionali locali e internazionali
• Nodo di un ecosistema dell’apprendimento esteso a livello mondo che, in logica connettivista, sarà lo scenario dell’alta formazione e dell’educazione in generale.
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La ricerca
• “La creazione di scuole di management variamente configurate, anche in relazione alle diverse esigenze locali, è importante non solo per lo sviluppo economico, ma anche per quello civile: il primo è valido se serve al secondo. Lo sviluppo civile può costituire il corollario dello sviluppo economico se fa crescere la cultura, la partecipazione e la responsabilità delle persone”
Paolo Sylos LabiniMarshall e Schumpeter: brevi considerazioni sulle grandi e piccole imprese nello sviluppo economico, Il Mulino, Bologna 1999, pp. 406-407
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