L’UNIVERSO DELLE SCRITTURE Capitolo 1 I fondamenti della scrittura pubblicitaria T ra tutte le forme di scrittura, quella pub- blicitaria è fra le più stimolanti e impegna- tive. Richiede grandi doti di sintesi, una note- vole immaginazione e la capacità di perseguire con rigore un obiettivo di comunicazione effi- cace. Fare il copywriter vuol dire anche met- tere in discussione quotidianamente le proprie idee e le proprie creazioni, mantenersi sempre aggiornati sulle mode e le tendenze – ma anche sulle nuove opportunità che il progresso tecno- logico offre alla comunicazione. Questo capi- tolo ci introduce al mestiere del copywriter a partire dalla strategia creativa, un concetto essenziale che servirà anche a chiunque abbia bisogno di comunicare al pubblico le caratte- ristiche e i punti di forza della propria attivi- tà. Nelle pagine seguenti trovate dunque alcu- ni punti chiave che vi permetteranno di capire meglio il linguaggio pubblicitario e vi aiuteran- no a promuovere la vostra attività, sia che de- cidiate di ricorrere a un advertising “fai da te”, sia che lo commissioniate a un’agenzia. La pubblicità LA PUBBLICITÀ
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
L’UNIVERSO DELLE SCRITTURE
Capitolo 1 I fondamenti della scrittura pubblicitaria
Tra tutte le forme di scrittura, quella pub-blicitaria è fra le più stimolanti e impegna-
tive. Richiede grandi doti di sintesi, una note-vole immaginazione e la capacità di perseguire con rigore un obiettivo di comunicazione effi-cace. Fare il copywriter vuol dire anche met-tere in discussione quotidianamente le proprie idee e le proprie creazioni, mantenersi sempre aggiornati sulle mode e le tendenze – ma anche sulle nuove opportunità che il progresso tecno-logico offre alla comunicazione. Questo capi-tolo ci introduce al mestiere del copywriter a partire dalla strategia creativa, un concetto essenziale che servirà anche a chiunque abbia bisogno di comunicare al pubblico le caratte-ristiche e i punti di forza della propria attivi-tà. Nelle pagine seguenti trovate dunque alcu-ni punti chiave che vi permetteranno di capire meglio il linguaggio pubblicitario e vi aiuteran-no a promuovere la vostra attività, sia che de-cidiate di ricorrere a un advertising “fai da te”, sia che lo commissioniate a un’agenzia.
La pubblicità
LA PUBBLICITÀ
Andrea
Evidenziato
Andrea
Nota
Giusto "capitolo"?
80 81
Se intendete diventare un copywriter, cominciate a chiamare le cose con il loro nome.Due raccomandazioni fondamentali per non fare subito la fi-
gura dei dilettanti: primo, non si dice “propaganda” o “réclame”, ma pubblicità o tutt’al più advertising; secondo, non si dice “slogan” (vietatissimo!), ma headline, o tutt’al più titolo. Le parole proibite possono essere utilizzate solo in chiave satirica, per sottolineare un mo-do antiquato, ormai non più proponibile, di fare pubblicità.Ora vediamo qualche termine, tra quelli proprio indispensabili per un copywriter.
Piccolo glossario
• Copywriter, innanzi tutto. È il pubblicitario che si occupa di com-porre la parte verbale di un annuncio pubblicitario. Scrive i testi delle campagne, gli script dei comunicati radio, le sceneggiature degli spot, i testi delle promozioni televisive. Scrive anche i publiredazionali, cioè quelle pagine a metà tra informazione e pubblicità che si trovano sui giornali, compila i cataloghi delle aziende e collabora alla stesura della strategia creativa che indirizza la campagna pubblicitaria.• Headline, o titolo, è il testo (di solito abbastanza breve) che sta in cima all’annuncio pubblicitario e che, teoricamente, dovrebbe essere la prima cosa che si vede e si legge, e quindi la più importante. A vol-te la headline condensa il succo del messaggio pubblicitario; altre vol-te, invece, ha la funzione di accendere la curiosità del potenziale clien-te e indurlo a “dare un’occhiata” all’annuncio. L’ideale è quando riesce a fare entrambe le cose contemporaneamente.
La strategia creativa
• Visual è l’immagine portante dell’annuncio. È fondamentale che tra headline e visual ci sia non solo perfetto accordo, ma una vera e propria sinergia. I due elementi devono cooperare per potenziare dinamicamen-te il valore comunicativo dell’annuncio. Questo vuol dire, per esempio, che la headline non deve mai essere la “didascalia” del visual, ma de-ve dire qualcosa di più, integrare e accrescere la quantità di informa-zione comunicata dal visual.• Del visual, di solito, si occupa l’art director, il collega-collabora-tore del copywriter che, insieme a lui, pensa e realizza un annuncio
La pubblicità prevede una stretta sinergia tra il testo scritto (copy) e l’immagine che rappresenta il prodotto (visual).
LA PUBBLICITÀ
VISUAL(immagine principale)
BODYCOPY(testo di accompagnamento)
PACKSHOT(immagine prodotto)
TRADEMARK(marchio azienda)
LOGOTIPO(nome azienda)
PAYOFF(frase conclusiva riassuntiva)
HEADLINE(titolo)
(schema tratto da: http://www.scudit.net/mdborsa2010_pub.htm)
82 83
pubblicitario. Copywriter e art director (o, più brevemente, nel gergo italiano, copy e art) idealmente lavorano insieme formando la cop-pia creativa.• Bodycopy è il testo dell’annuncio pubblicitario. Può essere breve, lunga o molto lunga (come quella che esamineremo nella Pratica del te-sto alle pagine 192-95). La bodycopy può essere informativa, evocativa, molto tecnica o molto “emozionale”. Tutto ciò dipende dal prodotto e dal pubblico, ma anche dal mezzo su cui compare l’annuncio. Le grandi af-fissioni stradali, per esempio, hanno quasi sempre una bodycopy molto breve, perché l’automobilista o il passante non hanno tempo per leggerla.• Packshot è la foto, o in generale l’immagine del prodotto che si po-siziona, di solito, in basso a destra nell’annuncio.• Trademark, o marchio, è il marchio dell’azienda, il suo simbolo di riconoscimento. A volte, comprende o si esaurisce nel nome, altre volte, invece, è separato e distinto da esso. In questo caso si associa al marchio un logotipo (è probabile che di questa parola vi sia più fami-liare l’abbreviazione: logo).• Payoff è la chiusa finale, quella che, di solito, sta sotto il packshot e il marchio, ne compendia l’identità e ne riassume la promessa per il consumatore.Questi sono i termini fondamentali che permettono di identificare gli ingredienti chiave della comunicazione pubblicitaria scritta e di ana-lizzare un annuncio stampa. Non sono gli unici, naturalmente. Se ci ca-piterà di utilizzarne altri, li definiremo volta per volta.
Cos’è la pubblicità e a cosa serve
La pubblicità non è arte, non è divertimento, non è bella scrittura. È una parte del marketing, una delle “4P” del marketing mix (Prodotto, Prezzo, Posizionamento, Pubblicità), e aiuta a ven-dere un prodotto.
Scopo della pubblicità è vendere. Per riuscirci occorre contrastare efficacemente il sovraffollamento e la concorrenza.
La strategia creativa
Da sola non basta, naturalmente, perché per vendere un prodotto so-no necessarie altre cose: che il prodotto ci sia, abbia un prezzo coe-rente con la sua qualità e la sua immagine, abbia una buona distribu-zione nei punti vendita e che – ed è qui che entra in gioco la pubbli-cità – il potenziale cliente (prospect, in inglese) ne conosca l’esistenza.Ecco a cosa serve la pubblicità: a far sapere che un prodotto, un servi-zio, un bene esiste, è disponibile, e a convincere il potenziale cliente a provarlo, a sperimentarlo una prima volta.Come tutte le cose, quando è particolarmente riuscita, quando è fatta da professionisti di genio, in un secondo momento potrebbe anche tra-mutarsi in una forma d’arte. Ma non dobbiamo confondere i piani: il suo primo obiettivo è vendere. Il resto, eventualmente, è un valore aggiunto.
Gli ostacoli
Detto così, sembra facile. In realtà, per riuscire in questo suo obiettivo, la pubblicità si trova di fronte due ostacoli fondamentali.1. Il sovraffollamento. Oggi, tutti fanno pubblicità: vi basti pensa-
re alla massa di “spam” che ogni giorno affolla le caselle di posta elettronica. Tra mille annunci, mille richieste, mille proposte, per il consumatore è difficilissimo individuare ciò che lo interessa. L’an-nuncio pubblicitario deve necessariamente possedere la capacità di emergere in mezzo a tante altre comunicazioni.
2. La concorrenza. In un mercato avanzato i prodotti simili tra loro sono numerosi e quindi, tra tutte le possibili opzioni, è difficile por-tare il cliente a scegliere proprio il “vostro” prodotto. Questa cir-costanza ne implica un’altra: il copywriter deve conoscere perfetta-mente la concorrenza per elaborare un messaggio che si differenzi da essa e trovi un terreno personale e originale su cui muoversi.
Per contrastare e superare entrambe le difficoltà, in teoria il copywrit-er dispone di diverse frecce al suo arco, ma in pratica deve cercare di
LA PUBBLICITÀ
Andrea
Evidenziato
(92-95)
84 85
La strategia creativa
realizzare una comunicazione che sia sufficientemente distintiva – os-sia originale, attraente e caratterizzante – per superare il “rumore di fondo” del sovraffollamento, e offra una promessa interessante in grado di competere – e, perché no?, battere – le promesse della con-correnza.
Preparare una strategia creativa
Per ottenere una comunicazione sufficientemente distintiva e che, al-lo stesso tempo, veicoli una promessa davvero interessante, dovete co-minciare a riflettere con cura sull’identità del prodotto e sugli obiet-tivi che gli volete far raggiungere.La questione è complessa, le strade per affrontarla sono molte. Le scuo-le di pensiero sono svariate e in questo saggio breve cercheremo di con-densarle in un protocollo abbastanza lineare e intuitivo da seguire.
• Conoscere il prodottoFacciamo qualche esempio. Immaginiamo di dover pubblicizzare un’acqua minerale che si chiami Acqua Franca e che sia prodotta in provincia di Ascoli Piceno. Dobbiamo farci molte domande, che cer-cheremo di condensare secondo le “4P” del marketing mix.1. Prodotto. Quali sono le sue caratteristiche generali? È oligomine-
rale? Povera di sodio? Ha qualche particolarità? Esiste in diverse versioni (naturale, frizzante, molto frizzante)? È commercializzata in bottiglie di vetro o di plastica?
2. Prezzo. Quanto costa rispetto alle altre acque minerali? È più ca-ra, e quindi deve promettere qualcosa di molto particolare? È più a buon mercato, e quindi la si sceglie principalmente per la conve-nienza? Ha un prezzo paragonabile alle altre?
3. Posizionamento. Con “posizionamento” intendiamo due cose:• la posizione del prodotto nella catena distributiva. È conosciuta a livello locale, ma la richiesta è di diffonderla a livello nazionale? È
distribuita nei supermercati? Solo nei negozi di alimentari? Tramite la consegna a domicilio? In tutti i canali?• la posizione nella mente del potenziale cliente. È già nota al pub-blico? Ha già una sua “identità” oppure il suo posizionamento è completamente da creare?
4. Pubblicità. In questo campo, dobbiamo cercare di capire dove e come vogliamo fare pubblicità – una scelta che, come vedremo in seguito, dipende da molti fattori ma che, per adesso, ridurremo a una questione economica. Naturalmente una campagna stampa a li-vello locale con qualche affissione costa molto meno di una campa-gna a livello regionale o nazionale; i comunicati radio sono finanzia-riamente più accessibili degli spot televisivi; una campagna sul web potrebbe essere interessante, ma molto dipende dal nostro pubblico di potenziali clienti, che è il nostro target.• Conoscere il target
Una volta apprese queste informazioni sul prodotto, è il momento di oc-cuparsi del target. Il target, che in inglese significa “bersaglio”, sono i potenziali clienti che potrebbero acquistare l’Acqua Franca. Una prima tentazione sarebbe quella di supporre che, dato che tutti bevono acqua minerale, la nostra comunicazione possa essere rivolta a tutti, in modo indiscriminato. Ma sarebbe un errore irreparabile! Una comunicazione “generica” sarà vaga, poco efficace, in sostanza inutile. Per convincer-vene, pensate a voi stessi nelle vesti di consumatori: se comprate ac-qua minerale costosa, quando siete al supermercato non guardate ne-anche il bancale con le acque a buon mercato; se siete sensibili ai pro-blemi di dieta, sarete sempre alla ricerca di un’acqua particolare (po-vera di sodio, che favorisca la diuresi e la digestione) e poco interessa-ti a tutto il resto. Una comunicazione che si rivolgesse a voi in termini generici non riuscirebbe a “raggiungervi”, perché semplicemente non la notereste, dato che siete alla ricerca di un prodotto particolare, con caratteristiche ben precise.
Per impostare una pubblicità bisogna prima di tutto analizzare ciò che si vuole vendere secondo le 4P del marketing mix: prodotto, prezzo, posizionamento, pubblicità.
LA PUBBLICITÀ
86 87
Il target si individua grazie a parametri standard (sesso, età, clas-se socio-economica, livello di istruzione, professione, stato civile, zona di residenza), ma anche in base a caratteristiche emotive, aspira-zionali, di tendenza. Sarà essenziale capire se i vostri potenziali ac-quirenti sono persone attratte dalle novità, oppure più tradizionaliste; se sono interessate a un’alimentazione naturale oppure amano mangia-re in compagnia, divertendosi; se sono sensibili ai problemi dell’am-biente (e quindi, per esempio, possono apprezzare la bottiglia di vetro con il vuoto a rendere) o se invece sono più inclini alla comodità d’uso (e quindi, per esempio, vogliono una bottiglia comoda da impugnare). Conoscere il target è importante anche per definire il tono della comu-nicazione: vi rivolgerete in modo differente a un pubblico prevalente-mente formato da mamme sulla trentina rispetto a uno di sedicenni. In-dividuare il tono è fondamentale perché un errore in questo campo può vanificare completamente il processo comunicativo.Ora che abbiamo familiarizzato con il prodotto e ci siamo fatti un’idea del target, possiamo passare a identificare la promessa.
• Elaborare la promessaLa domanda a cui dobbiamo rispondere per elaborare una promessa ef-ficace è: “Perché il nostro target dovrebbe comprare la nostra acqua minerale e non un’altra?”Se pensate alle acque minerali in commercio in Italia, troverete che tutte fanno una promessa principale particolare e distintiva: c’è quella che favorisce la digestione; quella che aiuta la diuresi; quella che ha poco sodio; quella che è naturalmente effervescente; quella che fa rimanere giovani; quella che va bene per l’alimentazione dei bambi-ni; quella molto frizzante; quella che dà benessere; quella che stuzzica l’appetito; quella che è purissima; quella che fa bene al fegato...Notate bene (e questo è molto importante) che ogni acqua mine-rale fa una promessa principale, e su quella gioca le sue carte. L’identità del prodotto non si disperde in mille rivoli, ma rimane
concentrata su un punto: una promessa, una caratteristica prin-cipale su cui puntare.
• U.S.P. Unique Selling PropositionPerché una? Perché il consumatore è distratto, si confonde facilmente, ha molte altre cose a cui pensare e un messaggio troppo ricco, troppo articolato, finirebbe per disperdersi, per non incidere, per non riuscire a fissarsi nella memoria.Ecco quindi che ogni annuncio pubblicitario dovrebbe racchiudere un’unica proposta, un’unica promessa, e fornire una sola, forte, moti-vazione all’acquisto. È quella che Rosser Reeves (1919-1984) ha chia-mato USP, Unique Selling Proposition, e che possiamo tradurre con “unica argomentazione di vendita”. Rosser Reeves, uno dei fondato-ri dell’agenzia pubblicitaria Ted Bates, è stato negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo uno dei più grandi copywriter e, al tempo stes-so, uno dei più detestati.La pubblicità firmata da Reeves e dai suoi collaboratori non lascia spa-zio alla calligrafia o alla creatività fine a se stessa. Reeves apostrofava i clienti e i creativi: “Volete della bella scrittura o volete veder risalire quella maledetta curva delle vendite?”.La risposta è scontata, ma per ottenere il risultato desiderato, Reeves insisteva, sia con i clienti sia con i suoi creativi, sulla necessità di con-centrarsi su un’unica argomentazione, un’unica promessa. Un solo messaggio, memorabile, facile, convincente. Una sola idea, ma che sia quella giusta.
Una promessa distintiva
Ma abbiamo appena detto che il mercato è saturo, la concorren-za è molto alta e, tra l’altro, anche i prodotti sono abbastanza simi-li tra di loro. Come fare, allora, a elaborare una promessa che sia credibile, collegata alle potenzialità del prodotto, interessante per il
La strategia creativa LA PUBBLICITÀ
Individuato il target di riferimento, è il momento di definire la promessa del vostro prodotto: cosa lo caratterizza tanto da invogliare all’acquisto?
88 89
La strategia creativa LA PUBBLICITÀ
consumatore e, da ultimo ma non per ultimo, distintiva? Questa è una delle grandi sfide che un valido creativo è in grado di vincere, innan-zitutto imparando a conoscere bene il prodotto e le sue caratteristi-che, e quindi altrettanto bene il target – i suoi desideri e le sue esi-genze – e naturalmente il mercato.
• Cosa fanno gli altri?Torniamo all’esempio dell’acqua minerale e immaginiamo di dover elaborare una promessa. Cosa fanno gli altri? Limitandoci ad alcune marche segniamo:
Undici promesse diverse. Sembrerebbe che il panorama possa dirsi esaurito. Ma in realtà se ne possono trovare almeno altrettante:
Come vedete, alcune promesse parlano direttamente del consumatore, altre invece, concentrandosi sul prodotto, ne mettono in luce delle ca-ratteristiche che però rimandano a quelle che si suppongono essere le esigenze del consumatore.Alcune possono essere significative dal punto di vista marketing (per esempio la P, “va bene per gli anziani”, se bene argomentata è inte-ressante perché si rivolge a una fetta di mercato in continua crescita,
anche se probabilmente non ricchissima), altre lo sono meno. Per esem-pio, la Q “esiste in quattro versioni”, da sola è una promessa che non regge. Ognuno, infatti, acquista la versione che gli piace, restando in-differente all’esistenza delle altre. Invece, associata a un’altra promes-sa (per esempio, alla P, “va bene per gli anziani”) è interessante per-ché un consumatore potrebbe accoglierla favorevolmente commentan-do: “Sono anziano e vorrei bere l’acqua P, che è pensata per me. Ma fi-no a ora non potevo farlo, perché a me piace frizzante, e P c’era solo in versione naturale. Ora, invece, posso bere anch’io l’acqua P perché vie-ne prodotta anche in versione frizzante”.La cosa da notare è che molte promesse, sostanzialmente, si sovrappon-gono. La promessa T, “è priva di calorie”, è una cosa che possono dire si-curamente tutti, così come la promessa H “dà benessere”, o L “è purissi-ma”. Quest’ultima, in particolare, è una caratteristica obbligatoria di ogni acqua imbottigliata che è garantita come “batteriologicamente pura”.Però l’importante è scegliere una caratteristica, una promes-sa, e farla propria. Se poi, naturalmente, la pubblicità ha una coper-tura sufficiente e dura nel tempo, questa “appropriazione” di una caratteristica, e quindi di una promessa, può finire per identi-ficarsi con il prodotto, e fondarne la distintività.Oggi, dopo anni, una sola acqua minerale è “purissima”, una sola fa fare “plin plin”, una sola è effervescente naturale. Non perché, ovvia-mente, le altre non siano pure, non favoriscano la diuresi o, alcune al-meno, non siano effervescenti naturali, ma perché sono state proprio quelle determinate acque minerali ad appropriarsi per prime di queste caratteristiche, a farle proprie e, su quelle basi, a creare promesse con-vincenti e durature.
• Reason whyUna volta identificata la promessa e il beneficio che ne ricaverà il clien-te, si tratta di argomentare, in maniere efficace e stringata, perché il nostro prodotto sia in grado di soddisfare le aspettative che
A favorisce la digestione
B aiuta la diuresi
C ha poco sodio
D è naturalmente effervescente
E fa rimanere giovani
F è adatta all’alimentazione dei
bambini
G è molto frizzante
H dà benessere
I stuzzica l’appetito
L è purissima
M fa bene al fegato
N è specifica per le donne
O è adatta agli sportivi
P va bene per gli anziani
Q esiste in quattro versioni: na-
turale, poco frizzante, frizzan-
te, molto frizzante
R è ricca di sodio (il sodio può
anche far bene perché sti-
mola la produzione di acido
cloridrico, che aiuta la dige-
stione e assicura il buon fun-
zionamento delle contrazioni
muscolari, in particolare del
cuore)
S si accompagna con le vivan-
de più raffinate
T è priva di calorie
U la sua produzione è a “impat-
to zero” sulla natura
V scioglie i calcoli
Z è ricca di calcio
Stabilita una promessa specifica, occorre motivarne, in modo convincente, la peculiarità.
90 91
crea e alimenta. Qui, ovviamente, occorre fare appello alle risorse del prodotto, conoscerne i segreti e saper vedere nelle sue caratteristi-che le ragioni della sua affermazione.Per esempio, se abbiamo deciso che la nostra acqua è “adatta agli spor-tivi”, la reason why potrebbe essere: perché il suo apporto ripristina l’e-quilibrio dei sali minerali che si perdono facendo intensa attività fisica. Se, invece, decidiamo che “si accompagna alle vivande più raffinate”, possiamo offrire una reason why organolettica: perché le ricerche han-no dimostrato che ha un sapore che si sposa perfettamente al pesce, al-la carne e ai primi.
• Supporting evidenceLa supporting evidence è quella “prova a sostegno”, o quell’insieme di prove “esterne”, che confermano il raggiungimento della pro-messa. Per esempio, nel caso dell’acqua adatta agli sportivi la sup-porting evidence potrebbe essere: “Infatti già trecento società sportive l’hanno scelta come acqua per i loro atleti”. Nel caso dell’acqua “per gourmet”, invece, la supporting evidence potrebbe essere la testimo-nianza di un sommelier che ne parli con la competenza e la passione con cui parlerebbe di un ottimo vino.
• Attenzione: questi sono elementi verificabiliIn questa spiegazione abbiamo ipotizzato per la nostra acqua minerale una serie di reason why e di supporting evidence. Nella realtà, bisogna sempre verificare che le testimonianze che si portano, le affermazioni fattuali che si fanno, i numeri e le statistiche che si citano, siano reali e verificabili. Come recita il motto di una grande agenzia pubblicitaria americana, la McCann-Erickson: Verità ben detta. Ma verità!
• Tono di voceCoerentemente con tutto questo, la strategia creativa tenderà a defini-re anche un tono di voce da far assumere alla comunicazione. Che po-trà essere serio e istituzionale, o scherzoso e divertito. Potrà parlare la lingua del consumatore o quella dell’azienda. Potrà essere adatto ai
bambini o, piuttosto, ai loro genitori. L’importante, in ogni caso, è che sia coerente con la strategia creativa, il che significa coerente con il tar-get di riferimento, con l’identità del prodotto e con la promessa che vie-ne fatta. In sostanza, non si parla a tutti e di tutto nello stesso mo-do. È anche qui, ovvero nella capacità di modulare il tono di voce del-la comunicazione, che sta l’abilità del copywriter.
Cose da non dimenticare
• La promessa dev’essere fondata su un beneficio che il consuma-tore riconosce come tale. La nostra Acqua Franca non prometterà di essere “l’unica acqua minerale di Ascoli Piceno”, cosa che avreb-be un senso per pochissime persone, ma qualcosa di ben più inte-ressante.• La promessa dev’essere una, e una sola. Il resto può essere reason why o supporting evidence, ma la promessa dev’essere una.• La promessa dev’essere diversa da quelle dei concorrenti e com-petitiva con esse.• Il tono di voce dev’essere coerente ed efficace.
Quando una strategia creativa è buona:
• formula una promessa convincente per il target e originale rispet-to al mercato;• si rivolge a una nicchia di consumatori sufficientemente ampia da giustificare l’investimento;• è immediatamente comprensibile a livello razionale, e allo stes-so tempo deve evocare immagini emotivamente potenti e associa-zioni positive;• può durare nel tempo, associandosi all’identità del prodotto e co-struendo la sua awareness, cioè la sua notorietà tra il pubblico.
La strategia creativa LA PUBBLICITÀ
Il messaggio pubblicitario deve essere accattivante ma anche, e soprattutto, veritiero.
92 93
La pratica del testo
Il rumore dell’orologio elettrico
Una delle campagne pubblicitarie più celebri e di successo mai realizzate risale al 1955, e fu scritta da David Ogilvy per la
Rolls-Royce. La forza di questa campagna sta nell’aver individuato, tra tutte le possibili caratteristiche di un’automobile, quella più sor-prendente ma allo stesso tempo più inattesa.Ma attenzione, non si tratta di una caratteristica casuale, di qualco-sa di poco rilevante. Al contrario: è esattamente quello che compen-dia la promessa dell’automobile, raccontandola con il linguaggio che il target si aspetta.
LA PUBBLICITÀ
È uno degli inventori della pubblicità come la intendiamo oggi, grande copywriter e fondatore di un’agenzia, la Ogilvy & Mather, tra le più importanti al mondo. Le sue campagne sono famose per la chiarezza, un sottile umorismo, ma specialmente per la grande efficacia. Ha scritto alcuni testi molto suggestivi e ancora attuali sulla pubblicità, due dei quali tradotti in italiano: Confessioni di un pubblicitario (1998), e La pubblicità (1990).
DaviD Ogilvy West Horsley, IngHIlterra 1911 - Bonnes, FrancIa 1999
Strategia di un annuncio Il testo che proponiamo nelle pagine se-
guenti era originariamente accompagna-
to dalla fotografia di una Rolls-Royce par-
cheggiata di fronte a un negozio dal quale
escono una ragazzina e un ragazzino. In
auto, una donna al posto di guida li sta
attendendo. Analizziamo l’annuncio attra-
verso gli strumenti della strategia creati-
va che abbiamo appena individuato.
Il target Il target è chiaramente identificato
dall’annuncio, sia attraverso l’immagi-
ne (una madre abbastanza giovane alla
guida che aspetta i figli all’uscita da un
negozio), sia attraverso il tono di voce:
persone solide, di buona cultura, inte-
ressate agli aspetti tecnici solo in quanto
garanzia di prestazioni eccellenti.
Chiaramente, questo target fa capire che
l’obiettivo di marketing dell’annuncio
è quello di ampliare il bacino dei clienti
potenziali della Rolls-Royce. Ogilvy non si
rivolge all’uomo d’affari o al diplomatico
in giro per lavoro. Si rivolge a lui in quan-
to capofamiglia, a sua moglie, e indiretta-
mente punta a far utilizzare la Rolls-Roy-
ce non solo come auto di rappresentanza
ma come auto destinata alle famiglie.
La promessaLa promessa che Ogilvy fa è: “Acquistan-
do l’ultimo modello di Rolls-Royce entri in
un mondo di comfort in cui contano anche
i minimi particolari, in cui il lusso è stile di
vita funzionale e non ostentazione, consa-
pevolezza e non stravaganza”.
Sul piano della reason why, David Ogilvy
dà il meglio di sé, perché ha studiato il pro-
dotto dal punto di vista del consumatore e
spiega la sua promessa con tutta una se-
rie di motivazioni molto pratiche, ma allo
stesso tempo estremamente evocative.
La supporting evidence è al centro
dell’annuncio. Il fatto che a 60 miglia
all’ora si senta solo il ronzio dell’orologio
elettrico è una prova inconfutabile della
qualità inarrivabile del prodotto. Ses-
sant’anni più tardi, la Volkswagen creerà
uno spot con una struttura analoga: in
una Golf lanciata ad alta velocità, il con-
ducente sente un tintinnio di cui non ca-
pisce l’origine. Si scoprirà in seguito che
a tintinnare è l’orecchino della ragazza
che gli sta accanto. Anche in questo
caso la qualità dell’auto è simboleggiata
dalla sua silenziosità che viene sottoline-
ata per contrasto.
Emozioni e dati fattualiIl tono di voce è conciso, senza fronzo-
li, elegante e pulito, in perfetta sintonia
con il layout dell’annuncio, cioè il suo
impianto grafico. È l’azienda che parla,
ma non si dà delle arie, anzi preferisce
x
Andrea
Evidenziato
Andrea
Nota
Attraverso un mix calibrato tra immagini e testi l'annuncio riesce a esprirmere tutti gli elementi fondalmentali della strategia creativa.
94 95
La pratica del testo LA PUBBLICITÀ
“A 60 miglia all’ora, il rumore più forte della nuova Rolls-Royce proviene dall’orologio elettrico”Cosa fa della Rolls-Royce la migliore auto al mondo? “Nessuna magia. Semplicemente
l’attenzione al dettaglio”, spiega un eminente ingegnere della Rolls-Royce.
1. “A 60 miglia all’ora il rumore più forte
proviene dall’orologio elettrico”, dichiara
il redattore della rivista THE MOTOR. Tre
marmitte abbattono le frequenze sonore
dello scappamento.
2. Ogni motore di una Rolls-Royce viene
fatto funzionare per sette ore a pieno re-
gime prima di essere montato, e ogni au-
tomobile viene testata per centinaia di
miglia.
3. La Rolls-Royce è progettata per essere
guidata dal proprietario. È di cinquanta-
quattro centimetri più corta rispetto alla
più lunga delle auto familiari.
4. Ha il servosterzo, freni idraulici e il cam-
bio automatico. È molto facile da guidare e
da parcheggiare. Non serve l’autista.
5. Una volta ultimata, l’auto viene sottopo-
sta per una settimana a un collaudo finale
per la messa a punto. In quest’occasione
viene sottoposta a 98 controlli diversi.
Per esempio, i collaudatori utilizzano uno
stetoscopio per controllare che l’asse non
emetta alcun rumore.
6. La Rolls-Royce ha tre anni di garanzia.
Grazie alla nuova rete di concessionari e
officine, il servizio non è un problema.
7. Il radiatore della Rolls-Royce non è mai
David Ogilvy, annuncio pubblicitario per la Rolls-Royce (1955),
trad. Andrea Di Gregorio
cambiato. Solo dopo la morte di Sir Henry
Royce, nel 1933, il monogramma RR da
rosso è diventato nero.
8. Alla carrozzeria vengono applicati cinque
strati di vernice di fondo e tra uno strato e
l’altro si effettua una levigatura a mano pri-
ma di applicare nove strati di vernice finale.
9. Girando un interruttore sul piantone del
volante è possibile adeguare gli ammortiz-
zatori alle condizioni della strada.
10. Nel cruscotto è alloggiato un tavolino
da picnic in noce francese. Altri due tavo-
lini fuoriescono dallo schienale dei sedili
anteriori.
11. Si possono montare diversi optional, tra
cui una macchina per il caffè espresso, un
dittafono, un letto, acqua calda e fredda per
lavarsi, un rasoio elettrico o un telefono.
12. Ci sono tre sistemi separati di freni,
due idraulici e uno meccanico. L’eventuale
guasto subito da uno dei tre sistemi non in-
fluisce sugli altri. La Rolls-Royce è un’au-
to molto sicura, ma anche molto vivace.
La sua velocità di crociera tocca tranquil-
lamente le 85 miglia all’ora. La velocità
massima supera le 100 miglia all’ora.
13. La Bentley è prodotta dalla Rolls-
Royce. A parte i radiatori, sono automobili
identiche, costruite dagli stessi ingegneri
nelle stesse officine. Chi prova un certo
disagio a guidare una Rolls-Royce può ac-
quistare una Bentley.
PREZZO. La Rolls-Royce raffigurata in
questo annuncio costa $13.995.
mantenere un profilo basso, come solo le
persone veramente di classe sanno fare.
Tutto l’annuncio è giocato su una mi-
scela di dati fattuali ed emotivi. Anche
l’organizzazione della bodycopy per pa-
ragrafi numerati contribuisce a definire
il prodotto (razionale, preciso, puntuale)
e identifica il target: persone razionali,
precise, puntuali. Ma la cosa straor-
dinaria è che Ogilvy riesce a parlare
della Rolls-Royce, una delle macchine
più costose e lussuose al mondo, senza
fare un annuncio spocchioso o altezzo-
so, e in questo rovescia completamente
i luoghi comuni. Avrebbe potuto par-
lare di “sogni realizzati”, di “emozioni
impareggiabili”, di “lusso e prestigio
ineguagliabili”. Ma avrebbe comunicato
al consumatore solo quello che già sa-
peva, e che poteva immaginare da solo.
Con questo annuncio, invece, lo spiazza
completamente, trattandolo però come
“uno del club”, uno che non ha bisogno di
sentire parlare di lusso perché già lo vive
quotidianamente. Più distintivo di così...
Un’ultima osservazione: oggi è molto raro
trovare un annuncio con una bodycopy
tanto lunga. Ma lo stile di Ogilvy e i crite-
ri che lo ispirano vi torneranno utili ogni
volta che dovrete produrre testi pubblici-
tari argomentativi, per una brochure o un
sito internet.
Andrea
Evidenziato
Spostando una leva
96 97
Per approfondire
Posizionamento e targetFacciamo un esempio. Alberto, avvocato
matrimonialista, trentacinquenne, con
sei-sette anni di esperienza. Abita in una
cittadina di provincia e vorrebbe trovare
nuovi clienti, possibilmente di una fascia
economica superiore.
Per elaborare una strategia di comuni-
cazione, deve capire innanzitutto quali
sono i suoi clienti attuali, quali doti gli
riconoscono e dove invece può avere
dei punti deboli.
I clienti più soddisfatti apprezzano il fat-
to che Alberto sia in grado di parlare in
modo chiaro, senza usare troppo il “lega-
lese”, e sia una persona conciliante, che
non cerca di imporre le sue scelte, ma le
discute con il cliente. Inoltre, tutti hanno
maturato l’impressione che Alberto non
voglia andare in causa a ogni costo, ma
cerchi sempre di trovare una soluzione
che eviti il contenzioso, senza pregiudi-
care, ovviamente, gli interessi del clien-
te. Con lui si sono trovati bene sia uomini
sia donne, che hanno apprezzato il suo
approccio, mentre ai pochi clienti insod-
disfatti ha dato l’impressione di essere
irresoluto e poco autorevole.
Lui stesso si è reso conto di trovarsi più a
suo agio con un certo tipo di persone, e
ora che finalmente il suo studio è avviato,
ha deciso di investire in pubblicità anche
per selezionare i suoi potenziali clienti,
attirando quelli con cui sente di poter col-
laborare meglio e allontanando gli altri.
La strategiaEcco che quindi elabora una sua strate-
gia di comunicazione:
Una strategia creativa per il professionista
“E se sono un professionista – un avvocato, un medico, un
architetto – e mi voglio fare un po’ di pubblicità, questo
discorso della strategia creativa vale anche per me?
”Sicuramente sì. L’importante è che facciate un’analisi
onesta e approfondita del vostro “posizionamento” sul
mercato, studiate il vostro target di riferimento ed
elaboriate una promessa semplice e chiara. Promessa
che dovrete saper mantenere.
• OBIETTIVO: Aumentare in un anno del
15% il proprio giro l’affari sia trovando
nuovi clienti, sia intensificando il rappor-
to con quelli esistenti.
• TARGET: Uomini e donne, di buona cul-
tura, con un approccio pragmatico e non
“fanatico” ai problemi legali collegati a
una causa di divorzio.
• PROMESSA: Alberto non è un semplice
avvocato, ma un vero consulente che ti
sta vicino non solo per affrontare e risol-
vere i problemi, ma anche, e soprattutto,
per prevenirli.
• REASON WHY: Perché il suo approccio
non è semplicemente razionale ma ragio-
nevole.
• SUPPORTING EVIDENCE: Negli ultimi
tre anni ha concluso senza andare in tri-
bunale ma con piena soddisfazione del
cliente il 70% delle cause di separazione
e divorzio.
• TONO DI VOCE: Autorevole, ma allo
stesso tempo affabile e rassicurante. Su
certe cose, ovviamente, non si scherza,
ma non si deve neanche terrorizzare i
clienti.
• PUNTI DI FORZA: La capacità di coglie-
re gli obiettivi ragionevoli dei suoi clienti;
l’interesse a stare loro vicino, per seguirli
nell’iter della causa, ma anche prima e
dopo. Un’innata capacità di mediazione.
• PUNTI CRITICI: Una società spesso molto
litigiosa, che ha come modello non tanto la
mediazione, ma il trionfo sull’avversario.
A questo punto, con queste idee precise
nella mente, Alberto potrà rivolgersi a
un’agenzia di pubblicità con cui discute-
re e pianificare una campagna, ma potrà
anche approntare da solo una lettera da
inviare ai suoi clienti attuali e ad alcuni
opinion leader offrendo le sue competen-
ze. Il lavoro, da questo punto in avanti,
consisterà nell’elaborare un insieme di
comunicati – lettere, mail, brochure e
via discorrendo – che siano coerenti con
questa strategia di comunicazione sia
nella promessa sia nel tono di voce.
Importante post-scriptumSe fate un giro su internet digitando sul
motore di ricerca “Studi avvocati”, tro-
verete molti siti che non sono quasi mai
organizzati secondo una strategia di co-
municazione, ma si limitano a cercare di
darsi un “tono” autorevole, magari inse-
rendo qualche simbolo grafico (la bilan-
cia della giustizia, il profilo del tribunale)
tra i più scontati. Una ragione di più per
differenziarvi e fornire ai vostri potenziali
clienti una motivazione per scegliere, fra
i tanti, proprio voi.
x
LA PUBBLICITÀ
Andrea
Evidenziato
Per pubblicizzare il proprio studio di avvocato non basta un'iconcina con la bilancia della giustizia!
Capitolo 2 Mettere in pratica la strategia creativa
Dopo aver passato in rassegna e illustrato i principi della comunicazione pubblicita-
ria, vediamo adesso, nella pratica, come pas-sare dal concetto del prodotto all’immagine che compendi l’intera campagna, creando una headline efficace, una bodycopy che funzioni, un payoff memorabile. Scoprirete come, con l’ausilio di alcune antiche nozioni – la gamma delle figure retoriche o il repertorio dei prover-bi, per esempio – unite a un approccio sempre vigile e pronto a cogliere, “nel vento”, le ulti-me tendenze nella moda e nei modi di dire, riu-scirete a disporre di un buon numero di schemi creativi da applicare alla vostra comunicazione. La pubblicità, infatti, è una cartina di tornaso-le della contemporaneità: nella comunicazione pubblicitaria possiamo vedere riflesso il mondo in cui viviamo. Concluderemo questa parte con qualche indi-cazione sugli strumenti utili a disposizione del copywriter e su alcuni errori da evitare per ottenere sempre una pubblicità che sia con-temporaneamente elegante, efficace e che fac-cia vendere.
LA PUBBLICITÀ
100 101
• Il suo target è medio-alto. • La sua promessa è: Un consulente che ti sta vicino. • La reason why è: Più della razionalità, può la ragionevolezza.• La supporting evidence è: In un anno, più del 70% dei casi ven-gono risolti positivamente senza andare in causa.• Il tono di voce sarà autorevole, ma anche affabile ed empatico.
A questo punto, sappiamo tutto. La nostra headline dovrà illustrare con un’intuizione creati-va i concetti contenuti nella strategia creativa, in particola-re nella promessa, nella reason why o nella supporting evi-dence.E qua bisogna intendersi con assoluta chiarezza: “illustrare con un’intuizione creativa” non significa semplicemente ripetere i con-cetti che abbiamo appena visto ma andare oltre, sviluppare i con-cetti in un’immagine, una metafora, un racconto, un modo di espri-mersi.In effetti, i gradi di approfondimento a cui possiamo aspirare sono molteplici e diversi fra loro.
Livello Uno: Ripetizione della strategia creativa.Headline: Un consulente che ti sta vicino
Se vi guardate intorno, scoprirete che le headline di molti an-nunci pubblicitari non sono altro che la ripetizione della strate-gia creativa.Certo, già il fatto di avere alle spalle una strategia creativa (ve ne
Dal concetto all’immagine
Iprincipi esposti nella prima parte ci hanno consentito di iden-tificare la promessa e di mettere a punto e verificare la strate-gia. Adesso è il momento di passare al lavoro creativo vero e
proprio che consiste, per dirla in poche parole, nel trasformare i concetti espressi nella promessa e negli altri elementi del-la strategia creativa in intuizioni, immagini, titoli e storie.
La headline
La headline, il titolo, è spesso l’unica cosa che il lettore di un gior-nale o il passante frettoloso leggono di un annuncio pubblicitario. Questo vuol dire che sulla headline si concentra il massimo delle informazioni, quello che, insomma, il consumatore deve assoluta-mente sapere.Ma non basta: perché, dopo aver recepito l’informazione, il consumatore deve anche ricordarla e associarla a quel pro-dotto, e non a un altro. E questa parte è egualmente difficile.Quindi, le prerogative fondamentali di una headline sono:
1. Trasmettere informazione2. Rendersi memorabile3. Essere distintiva
Tutto questo, naturalmente, in pieno accordo con la strategia creativa.
Dalla strategia creativa alla headline
Torniamo al nostro avvocato Alberti, matrimonialista, e ricapitolia-mo la sua strategia creativa.
Un annuncio pubblicitario efficace deve essere memorabile e distintivo.
LA PUBBLICITÀ
102 103
sarete accorti) è un grande passo in avanti. Perché, se non altro, abbiamo qualcosa da dire. Nel caso dell’avvocato Alberti, se asso-ciassimo alla headline (Un consulente che ti sta vicino) la foto stan-dard di un giovin signore elegante con un sorriso affabile che parla dall’altro lato di una scrivania con una coppia altrettanto elegante e affabile, e magari ha di fronte a sé un volume rilegato la cui coperti-na recita il titolo “CODICE CIVILE”, avremmo già sconfitto in par-tenza l’85% delle comunicazioni pubblicitarie degli uffici legali og-gi presenti in Italia. Con una bodycopy che dichiarasse, in sostan-za, che “L’avvocato Alberti in un anno ha risolto più del 70% dei ca-si senza dover andare in causa” e un payoff che concludesse: “Avv. Carlo Alberti. Più della razionalità, può la ragionevolezza”, avrem-mo sicuramente completato il nostro compito. Ma attenzione, si può far meglio. Perché indubbiamente questo “Livello Uno” ha un limite: la genericità, l’astrattezza. Ab-biamo espresso la strategia creativa mutuandone i concetti, e con ciò abbiamo esaurito il primo obiettivo che ci eravamo posti: dare informazione.Ma non li abbiamo declinati in una metafora, una storia, un’intuizio-ne che li renda unici e memorabili e quindi non siamo ancora riu-sciti a dare distintività alla nostra comunicazione.E, infatti, quel che manca a questo annuncio è proprio quel certo non so che che lo renda unico e diverso. Il messaggio non ha nulla di particolare, quasi certamente lo dimenticheremo in fretta, perché è molto simile a mille altri già incontrati in precedenza. Inoltre, quel-la headline e quell’immagine potrebbero adattarsi a qualunque al-tro tipo di professionista del mondo dei “servizi”: un consulente as-sicurativo, un commercialista o un promotore finanziario.Bisogna lavorare, a questo punto, per elevare la memorabilità e la distintività. Iniziamo da quest’ultima.
Distintività
Torniamo all’esempio di David Ogilvy, presentato nella Pratica del testo precedente. Quali erano gli elementi che identificavano imme-diatamente quell’annuncio con la Rolls-Royce?
• Il nome “Rolls-Royce” era nella headline.• La foto dell’annuncio era quella di una Rolls-Royce.• L’impianto grafico dell’annuncio era completamente diffe-
rente da quelli delle altre automobili dell’epoca. In quel pe-riodo, la maggior parte degli annunci pubblicitari di automo-bili erano chiassosi, colorati, con un’impaginazione tutt’al-tro che sobria. Questo invece era rigoroso, ordinato, quasi scolastico. Quindi, aspetto fondamentale, era diverso.
• La supporting evidence che viene citata nel titolo non potrà più essere utilizzata da nessun altro. Non ha importanza se anche altri modelli di auto abbiano motori egualmente silen-ziosi, perché la trovata di associare il concetto di silenzio al rumore dell’orologio è così originale, che non potrà più es-sere ripresa da nessuno, senza rischiare l’equivoco. Chiun-que la riprendesse, infatti (“Nella nuova Ford Taunus a 60 miglia all’ora il rumore più forte è quello dell’orologio elet-trico”), non farebbe altro che citare la Rolls-Royce, facen-do in definitiva il suo gioco. Per capirci meglio, concentra-tevi su qualche headline famosa (Liscia? Gassata? Ferrarel-le) o su qualche payoff altrettanto celebre (Dove c’è Barilla c’è casa) e sostituite il nome del prodotto o della marca con qualcos’altro: nel giro di brevissimo tempo il nuovo nome tenderà a svanirvi dalla mente, mentre riaffiorerà inesorabi-le quello vecchio.
La headline deve esprimere un concetto attraverso un’intuizione che lo renda unico.
Dal concetto all’immagine LA PUBBLICITÀ
104 105
Tenendo presenti queste considerazioni, modificate il vostro annuncio.• Inserite il nome del prodotto: Alberti. Un consulente che
ti sta vicino.• Inserite anche la definizione del prodotto: Alberti. Un av-
vocato che ti sta vicino.• La foto non sarà più generica, ma quella dell’avvocato Al-
berti.• Personalizzate l’impianto grafico (il layout) dell’annuncio,
cercando di diversificarlo da quello degli altri. Questa per-sonalizzazione non vi compete direttamente – la farà l’art di-rector che collabora con voi – ma potete sicuramente “spin-gere” perché il layout contenga molti spunti di originalità. Per far questo, ovviamente, dovete guardarvi un po’ di pub-blicità, studiare cosa fa la concorrenza e cercare di diffe-renziarvi (mantenendo, però, il tono di voce autorevole e af-fabile che abbiamo stabilito nella strategia creativa: quindi niente stravaganze!).
Dopo questo primo passo, che ha già generato dei miglioramenti, ar-riva la parte più complessa, ma sicuramente più interessante, per un copywriter: lavorare sulla headline per trasformarla da un con-cetto in un’intuizione.
Come creare un titolo distintivo
Fatevi alcune domande:• Che cosa vuol dire “un avvocato che ti sta vicino”?• Che cosa fa – cosa dice, come si muove, che oggetti utilizza,
di che strumenti dispone – “un avvocato che ti sta vicino”?• Quale simbolo possiamo associare a “un avvocato che ti sta
vicino”?
• Che storia ha alle spalle, che cosa possiamo aspettarci da “un avvocato che ti sta vicino”?
Riprendiamo l’annuncio di Ogilvy:Promessa: Acquistando la nuova Rolls-Royce entrerai in un mondo di comfort esclusivo Annuncio: “A 60 miglia all’ora, il rumore più forte della nuova Rolls-Royce proviene dall’orologio elettrico”
Teniamolo come punto di riferimento e vediamo ora cosa si può fa-re con la nostra strategia:
Promessa: Avvocato Alberti, un avvocato che ti sta vicino
1. Storia: Non avrei mai immaginato che un avvocato avrebbe sapu-to starmi così vicino
2. Modo di dire: Avvocato Alberti. Un avvocato per amico3. Provocatorio: Avevo perso la fiducia negli uomini. Poi ho scoperto
un avvocato4. Autorevole: Avvocato Alberti. Vicino ai tuoi interessi. Vicino a te5. Simbolico ed emotivo: Ha saputo difendermi anche quando gli
altri mi avevano abbandonato. [Immagine dell’avvocato Alberti con un bel pastore tedesco o un golden retriever] È Carlo Alber-ti. Il mio avvocato
Reason why:Perché il suo approccio non è semplicemente razionale ma ragionevole.
6. Razionalità: Avvocato Alberti. La ragione è più forte delle cause7. Emotività: Avvocato Alberti. Il cuore e la ragione. Per vincere
Per realizzare un annuncio che funzioni occorre riflettere a lungo e vagliare numerose possibilità.
Dal concetto all’immagine LA PUBBLICITÀ
106 107
Supporting evidence:Negli ultimi tre anni ha concluso senza andare in tribunale, ma con piena soddisfazione del cliente, il 70% delle cause di separazione e divorzio.
8. Storia: Avevo perso le speranze di risolvere la questione senza an-dare in causa, ma mi sono sbagliato. Per fortuna
9. Gioco: Carlo Alberti è l’avvocato che ti offre il miglior rapporto con le aule di tribunale: non te le fa nemmeno vedere
10. Numeri: 37 casi nel 2010. 70% di cause vinte senza andare in aula. 350.000 € di alimenti concordati a favore dei suoi clienti. Per essere uno che lavora con passione, anche nel calcolo l’avvo-cato Alberti non è male
Nella loro varietà, tutti questi titoli hanno la capacità di ap-portare all’annuncio una sua specificità. In alcuni è il cliente che parla (1, 3, 5, 8), e lì, naturalmente, la bodycopy continuerà sulla falsariga del racconto del cliente il quale spiegherà, con parole sue (il copywriter cioè dovrà impersonare il ruolo del cliente) il tipo di rap-porto che ha instaurato con l’avvocato Alberti. Il tono sarà semplice, senza “legalese”, molto rassicurante ed emotivamente coinvolgente.Gli annunci 2, 4, 6, 7 sono, per così dire, autorevoli e istituziona-li. Nelle bodycopy, il tono sarà più composto e serio, ma anche in questo caso senza indulgere in compiacimenti di vocaboli, né in un “autoelogio” che sarebbe sempre fuori luogo. Gli annunci 9 e 10 vogliono sdrammatizzare la situazione e quin-di le bodycopy saranno leggermente ironiche, anche se si deve pre-stare la massima attenzione a non insinuare nel lettore il sospetto che l’avvocato Alberti prenda le cose sottogamba. Al contrario, se si permette di scherzarci un po’ su, è proprio perché si sente sere-no e molto sicuro di sé.
La bodycopy dell’annuncio 5 dev’essere spezzata in due, e interval-lata dalla fotografia dell’avvocato Alberti con il suo cane.Provate anche voi a individuare altre headline, senza mai dimenti-care, però, la strategia creativa.
La bodycopy
Se nella headline siete stati concisi e superconcentrati, nella bodycopy potete abbandonarvi al piacere della scrittura.La bodycopy potrà essere breve o lunga, evocativa o pragmatica; densa di dati o di emozioni, a seconda sia dell’impostazione che avrete dato all’annuncio, sia soprattutto della vostra strategia di co-municazione.In generale, una bodycopy può dilungarsi se dà informazioni impor-tanti, e quando si tratta di prodotti tecnologici o finanziari, o ancora medicinali, articoli alimentari o destinati alla cura del corpo, un an-nuncio che fornisca dettagli significativi è gradito al pubblico. Nel caso di prodotti d’immagine (gioielli, profumi, abiti), la bodycopy è molto ridotta, talora fino a scomparire del tutto. Naturalmente, anche in questo caso, proprio il fatto che esistano delle linee di tendenza definite può indurre a chiederci se non sia il caso di cambiare approccio. Un profumo che raccontasse una lunga storia, o mettesse in scena un dialogo tra amanti o tra amiche oppu-re, perché no?, intervistasse un sociologo sull’importanza dei profu-mi nelle relazioni sentimentali sicuramente potrebbe emergere su-gli altri. Non dimenticate che, all’interno della bodycopy, dovrete cer-care di sviluppare gli altri argomenti della vostra strategia creativa, in particolare quelli che ancora non avete toccato.Tornando un istante alla nostra campagna per l’avvocato Alberti, ecco come potrebbe recitare la bodycopy per l’annuncio n. 9:
Dal concetto all’immagine LA PUBBLICITÀ
Nella bodycopy si possono declinare e approfondire concetti che nella headline sono solo evocati.
108 109
Carlo Alberti è l’avvocato che ti offreil miglior rapporto con le aule di tribunale: non te le fa nemmeno vedere
Nel rivolgersi a un avvocato, si viene assaliti da molti timo-ri. È comprensibile, perché avere a che fare con una cau-sa non è mai piacevole. L’avvocato Alberti lo sa bene, ed è per questo che il suo primo impegno sarà quello di ascoltar-vi con grande attenzione. Dopodiché vi fornirà alcune rassi-curazioni che vi faranno sentire subito meglio. Per esempio, che farà tutto il possibile per evitarvi ogni fastidio, limitan-do al minimo anche le vostre spese. E che nell’ultimo anno ha concluso positivamente il 70% dei suoi contenziosi sen-za dover ricorrere all’aula. Ma è solo l’inizio di una collabo-razione esclusiva e attenta che continuerà fin dove lo vorre-te voi – per risolvere il problema contingente o per stabili-re un rapporto di consulenza e prevenzione che si prolun-ghi nel tempo.
Il payoff
Anche il payoff, che è la parte più breve e sintetica di una comuni-cazione pubblicitaria, dev’essere in linea con la strategia, distinti-va e memorizzabile, non fosse altro perché, essendo la “definizio-ne” di un prodotto, è un elemento permanente, che lo caratterizza nel tempo.Un buon payoff definisce il prodotto oppure ribadisce la promessa. Facciamo qualche esempio:Per il nostro avvocato Alberti potremmo scegliere tra:
Pay off che definiscono il prodottoAvvocato Alberti. Avvocato. Consulente. AmicoAvvocato Alberti. Lo riconoscete dal sorriso
Payoff che ribadiscono la promessaAvvocato Alberti. Dalla tua parteAvvocato Alberti. Per una buona causa. La vostra
Potrete escogitare voi stessi molti altri payoff. L’importante, dopo che avrete messo insieme la headline, la bodycopy e il payoff, è che questi tre elementi si armonizzino tra loro e con il visual. Quanto vedrete tutto insieme, fermatevi a riflettere bene e fatevi an-cora qualche domanda:
• Avete detto tutto quello che la strategia vi chiedeva di dire?• L’avete detto chiaramente, senza lasciare dubbi o ambiguità?• L’avete detto in modo originale, distintivo, memorabile?
Se potete rispondere di sì a tutte le domande, avete fatto davvero un ottimo lavoro!
Dal concetto all’immagine LA PUBBLICITÀ
Headline, bodycopy e payoff devono armonizzarsi tra loro e con l’impianto grafico della vostra pubblicità.
110 111
Nessun copywriter parte da zero: anzi, è indispensabile che padroneggi una serie di strumenti del mestiere che, in re-altà, è la lingua stessa a mettergli a disposizione.
I proverbi e i modi di dire
I proverbi e i modi di dire sono facilmente memorizzabili, perché sono universalmente noti. Il consumatore non deve fare lo sforzo di ricordarli perché li conosce già. Il copywriter può utiliz-zarli come sono, ma il modo migliore è di cambiarli appena. Ec-co qualche esempio:• Il buongiorno si vede dal mattino può diventare Il buongiorno si
vede dalla sera (per un materasso, un lassativo, una doccia rilas-sante ecc.)
• Non ci sono più le mezze stagioni può diventare Non ci sono più le mezze pensioni (per un albergo che faccia pagare la pensione completa al prezzo della mezza)
• Non c’è rosa senza spine può diventare Non c’è rosa senza Spinet-ti (per un fiorista di nome Spinetti)
• Aprile dolce dormire può diventare Aprile dolce partire (per la promozione prepasquale di un vettore turistico)
• Il primo bacio non si scorda mai può diventare Il primo (nome del prodotto) non si scorda mai
• L’appetito vien mangiando può diventare La bellezza vien man-giando (per una linea di integratori alimentari pensata per il pubblico femminile)
Inventarsi un linguaggio originale
Uno dei migliori risultati che si possono ottenere è in-ventare un linguaggio che si associ unicamente al proprio “prodotto”. Ovviamente, all’elaborazione di un lessico origina-le si prestano maggiormente i prodotti mass market, quelli per ragazzi, ma non c’è ragione per non tentare di farlo anche con prodotti “seri” e che apparentemente non offrono grandi appigli. L’invenzione di un linguaggio – anche solo di un modo di dire – è uno dei modi migliori per creare memorabilità e connotare posi-tivamente il prodotto.In Italia, una copywriter molto brava nell’inventare linguaggi è Annamaria Testa: a lei si deve la campagna Ferrarelle “Liscia? Gassata? Ferrarelle” e quella Golia “Sfrizzola il velopendulo”, “Titilla la papilla”, “Galvanizza l’ugola”. Anche Emanuele Pi-rella (di cui vedremo un intervento nella prossima Pratica del te-sto) ha inventato modi di dire che sono entrati nell’uso comune. Per esempio, il “Passaparola” della campagna Perlana. La forza di queste campagne sta nell’aver inventato modi di dire talmen-te efficaci da essere entrati, indipendentemente dal prodotto, nel linguaggio quotidiano.Per la nostra Acqua Franca, per esempio, potremmo provare a in-ventarci un vocabolario connesso al piacere della degustazione ma legandoci ancora di più al prodotto (che, tra l’altro, essendo un “lancio” ha bisogno di veder ripetuto spesso il suo nome). Ipo-tizziamo una bodycopy così.
Strumenti ed errori
xx
LA PUBBLICITÀ
Andrea
Nota
I proverbi possono essere utili per creare una headline, ma per "colpire" devono essere leggermente modificati.
Andrea
Evidenziato
112 113
Vi presentiamo un’acqua da bere sempre, in una giornata franca e anche in una meno, quando vi sentite franchi e quan-do siete un po’ stanchi, per aumentare la franchezza dei ri-flessi, per una mente sempre franca e un fisico franchissimo, per augurarsi “Franche Vacanze”, e anche “Franco Lavoro”. Insomma. Acqua Franca. Il nuovo modo di dire buona.
I giochi linguistici
Tutto quello che ha a che fare con il gioco può creare una frase me-morabile. Vediamo qualche esempio, ancora con la nostra Acqua Franca.La rima: Acqua minerale Franca. Il piacere che ti manca.L’allitterazione: Acqua Franca: Fresca Fonte di Felicità.Il doppio senso: Voglio bere un’acqua schietta, sincera. Franca.
Due parole sui mezzi
Con il termine “mezzi” si intendono la televisione, la radio, il ci-nema, la stampa, l’affissione, internet, cioè i mezzi di comunica-zione su cui la pubblicità può trovare spazio. Ogni mezzo comporta le sue peculiarità e il suo stile. Se volete scrivere della buona pubblicità ricordate sempre che ogni mezzo ha la sua pre-cisa identità, presenta dei vincoli e offre delle particolari opportunità di cui non potete non tenere conto.
• La televisioneQuella “generalista”, cioè i grandi canali nazionali, è un mezzo un po’ inflazionato che sta perdendo appeal. In crescita oggi sono le tv specialistiche, sul digitale terrestre o sul satellite, che hanno target
selezionati (tutti bambini, tutti sportivi, tutti amanti della pesca, tutti amanti del cinema degli anni Cinquanta ecc.), e su cui si pos-sono fare campagne molto mirate. Per questi canali il copywriter deve scrivere con grande originalità, e pensare a spot agili e sofi-sticati, che parlino con competenza, e che possano permettersi an-che un tono leggermente “iniziatico”, proprio perché si rivolgono a un pubblico di “intenditori”.
• La radioLa radio è un mezzo interessantissimo, che continua a essere un po’ sottovalutato. Gli spot radiofonici risultano ancora troppo spes-so banali, impacciati, mortificati da un aspetto provinciale. Scri-vere per la radio è difficile perché richiede grande creatività (non c’è il supporto visivo ad aiutare la comunicazione) e la capacità di rimanere molto aderenti alla strategia. Cercate di essere spigliati e spiritosi, in modo da attirare l’attenzione, ma cercate soprattut-to di scrivere chiaro, così che il pubblico non faccia alcuna fatica a capirvi anche si trova in autostrada o sta passando l’aspirapolve-re in salotto.
• L’affissioneIn generale, per le affissioni si deve pensare a headline bre-vi e a payoff molto incisivi. La comunicazione deve vivere sen-za bodycopy perché il pubblico non ha tempo di leggerla. L’uni-ca eccezione – che varrebbe la pena di studiare ad hoc – sono le affissioni nelle metropolitane e nelle pensiline degli autobus, op-pure nei luoghi di transito come stazioni e aereoporti. Lì, di solito le persone rimangono in attesa e possono avere davvero voglia di leggere qualcosa, quindi una bodycopy anche lunga, a patto che sia interessante.
• InternetSe scrivete per il web dovete essere brevi, concisi e con bodycopy ri-dotte all’osso. Questo perché stare incollati a un monitor, nonostante
Strumenti ed errori
Ogni mezzo di comunicazione (tv, radio, internet ecc.) ha le sue peculiarità di cui è bene tenere conto nell’ideazione di una pubblicità specifica.
LA PUBBLICITÀ
114 115
tutto, è faticoso; i banner sono abbastanza piccoli e non è facile sof-fermarsi a leggere un testo troppo lungo. Però se avete molte cose da dire, e il vostro prodotto ha un suo sito, in quel caso non perdete l’occasione per farlo. Troverete tra l’altro un pubblico interessato e ben disposto (in fondo, se sono capitati sul vostro sito è molto pro-babile che siano davvero interessati al vostro articolo).
Pubblicità bella ma poco efficace?
Un altro degli aforismi di Rosser Reeves, il direttore della Ted Bates che abbiamo già citato per la definizione di Unique Selling Proposition, recitava: “Non dico che per vendere una pubblicità non debba essere bella. Dico che c’è molta bella pubblicità che non fa vendere”. Per dirla in altre parole, “Se non vende, non è creativa”.Guardatevi intorno, sintonizzatevi sui comunicati pubblicitari. Per esempio, fatevi una classifica personale dei dieci spot che vi piac-ciono di più. Poi, cercate di associare a ogni spot la sua marca, il suo prodotto. Se vi viene in mente uno spot che vi è piaciuto ma di cui non ricordate il prodotto, potete concludere che il committen-te, per quel che vi riguarda, ha buttato via i suoi soldi. Vi avrà in-trattenuto, vi avrà affascinato, ma non vi venderà un solo pezzo, e quindi la sua pubblicità con voi ha fallito.Se poi c’è qualche spot che vi è piaciuto, di cui vi ricordate la mar-ca, e il prodotto pubblicizzato è, teoricamente, un “prodotto che fa per voi”, cioè siete nel target – ma ciò nonostante la pubblicità non vi ha invogliato all’acquisto (o magari avete addirittura compra-to un prodotto concorrente) – anche in quel caso potete dire che il committente ha buttato i suoi soldi.Perché può capitare che una pubblicità ci piaccia ma non ne
ricordiamo il prodotto? E perché una pubblicità che pur ci piace non ci convince al punto da indurci alla prova (o, quantomeno, a prendere delle informazioni)? Proviamo a passare in rassegna al-cuni errori comuni.
• Il prodotto dimenticatoNegli anni Settanta, le ricerche di mercato avevano messo in risal-to il fatto che spesso i testimonial, cioè i personaggi famosi che vengono utilizzati per promuovere un prodotto, finiva-no per “cannibalizzarlo”. La gente, cioè, si ricordava del perso-naggio ma dimenticava il prodotto.Specialmente nel caso di prodotti nuovi, non ancora conosciuti, questa circostanza è ancora valida. Il consumatore, riuscendo a ri-cordare solo una cosa per volta, tra il nome di un prodotto anco-ra sconosciuto e quello di un attore a lui ben noto, ricorda quel-lo dell’attore.Un altro caso di “dimenticanza” del prodotto è quando, per un ma-linteso senso di eleganza, il prodotto viene relegato in fondo, oppu-re rappresentato troppo piccolo, o citato troppe poche volte. Anche in questo caso, meglio un comunicato che ripeta il nome del pro-dotto dieci volte di uno in cui venga pronunciato una sola volta, e quasi di sfuggita.
• Pubblicità negativaCome si diceva, l’attenzione del consumatore è intermittente, ine-guale. Il messaggio pubblicitario viene spesso recepito a sprazzi, e per questo è meglio che non ci siano elementi negativi, anche se utilizzati per contrasto. Il rischio, infatti è che sia proprio l’elemento negativo a venir colto, memorizzato e as-sociato al prodotto. Per esempio, di una crema idratante è più pru-dente sottolineare che idrata la pelle, ristabilisce il ph naturale, la distende e la leviga, e non che combatte la pelle secca, mantiene l’a-cidità naturale, elimina le rughe e i segni della vecchiaia.
Se una pubblicità è ben fatta ma non fa vendere, è comunque un fallimento.
Strumenti ed errori LA PUBBLICITÀ
Andrea
Evidenziato
piacendoci
116 117
Nel primo caso, infatti, al prodotto si associano concetti ed effetti positivi: idratazione, naturalità, distensione, levigatezza.
• Far pubblicità al concorrentePer la stessa ragione – livello dell’attenzione intermittente e se-lettivo – la pubblicità comparativa non ha avuto grande successo. Nel momento in cui paragono il mio prodotto a un al-tro, rischio di dare visibilità proprio al prodotto concorrente il quale, se è più noto del mio, finisce per imporsi all’attenzione del consumatore. La stessa cosa vale per comunicazioni non ab-bastanza distintive, che ricalcano schemi già visti. Il consumato-re coglierà uno schema già visto e, inconsciamente, lo assocerà al prodotto più noto.
• Un messaggio forte, ma poco attraenteNegli anni Novanta esce in Gran Bretagna una linea di primi piat-ti pronti, Batcherlors Noodles. Il nome del produttore si pronuncia come la parola “scapolo” (bachelor), e il posizionamento del nuovo prodotto è “Un piatto gustoso per ragazzi indipendenti”. Gli spot sono molto divertenti. In uno di questi, due ragazzi mangiano gli spaghetti mentre parlano di donne. Ironizzano e mettono in eviden-za i difetti delle loro ragazze, tra cui il fatto che usano i loro rasoi per depilarsi. “Che cosa disgustosa”, dice uno dei due e, in quel mentre, finisce i suoi spaghetti e lecca il piatto fino a “lucidarlo”. Quindi prende il piatto, e continuando a criticare le cose disgusto-se che fanno le ragazze, lo ripone nell’armadio, come se fosse pulito.Lo spot è sicuramente comico, ma per una sensibilità italiana l’ef-fetto è tutt’altro che invogliante. Associare una specialità ali-mentare a un concetto di “disgusto” probabilmente rende memorabile il prodotto, ma non aiuterà a farlo scegliere.
Non è mai conveniente associare al prodotto che si vuole pubblicizzare concetti negativi o troppo forti.
Strumenti ed errori LA PUBBLICITÀ
118 119
Emanuele Pirella parla della pubblicità
Il testo che proponiamo è tratto dalla trascrizione di un programma televisivo andato in onda sulle reti RAI nel 2001. Sollecitato
dalle domande di ragazzi delle scuole superiori, Pirella spiega la sua posizione su una serie di questioni classiche che riguardano la pubblicità, cercando di sfatare anche alcuni luoghi comuni. Una riflessione molto importante è quella sul cambio di atteggiamento dei consumatori negli anni Novanta del secolo scorso. Da quel momento in poi la pubblicità ha dovuto confrontarsi anche con un altro problema, oltre a quello del sovraffollamento e della massificazione dei prodotti diventati tutti uguali: la ribellione dei consumatori ai prodotti di marca. Era successo qualcosa di analogo negli anni Settanta, ma allora la curiosità nei confronti della società del benessere e la “fame” di consumo erano ancora molto forti, tanto è vero che immediatamente dopo, negli anni Ottanta, la ripresa fu fortissima.
La pratica del testo LA PUBBLICITÀ
Pubblicitario, giornalista e fumettista, è stato uno dei più brillanti copywriter italiani. Dagli anni Settanta ha firmato campagne che sono diventate memorabili: da quella dei jeans Jesus (“Chi mi ama mi segua”), che ha fatto scandalo nel 1972, a quelle per prodotti come le banane Chiquita (“Dieci e Lode”), Perlana, Amaro Montenegro, Giovanni Rana. È stato anche giornalista e sceneggiatore di fumetti per il disegnatore Tullio Pericoli, con il quale ha lavorato per “L’Espresso”, il “Corriere della Sera” e “la Republica”, con la serie “Tutti da Fulvia sabato sera”.
EmanuElE PirElla reggIo emIlIa 1940 - mIlano 2010
La rivoluzione degli anni NovantaCon l’inizio degli anni Novanta sono esplose le grandi disobbedienze ai partiti politi-ci, alle religioni, alle ideologie, e curiosamente anche ai grandi prodotti, ovvero a un qualcosa di molto più “basso”: come ci si ribellava alla DC, così ci si ribellava anche alla grande marca di pasta […] La rottura verso certi schemi sociologici in cui avevamo ingabbiato i consumatori ha prodotto una specie di terremoto ribellistico per cui nessuno stava più dentro la sua nicchia, il che in privato mi faceva molto piacere. Era dunque più difficile raggiungere i consumatori, ma sicuramente si raggiungeva di più cercando di essere persone che comunicavano all’intelligenza e a un consenso più alto, rifiutando quei modelli di persuasione che fanno offesa all’intelligenza.
Il pubblicitario alla disperazioneQuando un pubblicitario è alla disperazione può, per esempio, ricorrere a un grande testimone, meglio se molto costoso e internazionale. Quindi si mette a cercare nello star system hollywoodiano qualche testimone da utilizzare. Se poi è molto disperato può rivolgersi a bambini o a cani. Se è disperatissimo ricorre alla faccia stessa del fondatore dell’impresa che è lì di fronte a lui e dice: “Lei deve fare il testimone del prodotto”. Adesso, dopo il primo che abbiamo inventato noi e che è quello dei tortellini, ce ne sono parecchi di quest’ultimo tipo, almeno altri otto o nove. Molto spesso è la scorciatoia non creativa più breve per fare uno spot.
La pubblicità deve far ridere?Riuscire a far ridere, o quanto meno creare un’atmosfera positiva, favorevole all’intesa, è il modo migliore per instaurare una simpatia reciproca. Si dice che se uno riesce a far ridere una ragazza è a posto, ha fatto breccia. Anche in pubblicità è così: riuscire a far sorridere e a creare un’intesa ironica su qualcosa, è una garanzia affinché il messaggio passi. Non è l’unico modo, perché esiste anche il modo epico, ovvero il misurarsi con se stessi e con i propri limiti. Tante campagne si basano proprio su questo, soprattutto per quanto riguarda i prodotti giovanili come scarpe da tennis e abbigliamento sportivo. Anche questo è un modo sicuro di comunicare, ma ricorrere al sorriso è sicuramente una cosa più efficace e più degna che non l’utilizzo di bimbi e cani.
Emanuele Pirella, intervista su “L’arte di persuadere”, Il Grillo, trasmissione RAI, 2001
120 121
La pratica del testo
Imparare a guardarela pubblicità e quindi il mondo intorno Pirella ci invita a considerare la pubbli-
cità senza pregiudizi. La pubblicità non
è migliore né peggiore della società
che la circonda, ma la rispecchia. No-
nostante sembri affidarsi esclusivamen-
te all’immagine, in realtà può essere
sostanziosa o vacua, ricca o povera di
contenuti. Imparare a guardarla signifi-
ca non solo imparare a farla, ma affinare
capacità di critica e di giudizio che in se-
guito potranno essere utilizzate anche in
altri campi.
Per esempio la riflessione sull’uso/abu-
so dei bambini si può facilmente esten-
dere a molte delle fiction e dei varietà
televisivi in circolazione, dove i bambini
vengono utilizzati come calamite del gra-
dimento. Così come, sul versante della
comunicazione “epica”, si nota una certa
esaltazione di quelle che, un tempo, era-
no semplici gare, normali competizioni e
ora invece sono diventati scontri epocali.
L’enfasi, il sentimentalismo, una certa
magniloquenza sono alcuni degli ele-
menti stilistici della contemporaneità. Il
pubblicitario può decidere se assecon-
darli – inserendo così il suo messaggio
nel mainstream della comunicazione
– oppure cercare di distinguersi andan-
do controcorrente. È una scelta difficile,
ovviamente, ma che dev’essere fatta con
consapevolezza, sulla base di una coe-
rente strategia creativa.
LA PUBBLICITÀ
Testimonial e bambiniPirella stigmatizza l’uso dei testimo-
nial, e abbiamo già visto come questa
pratica possa essere un pericolo per la
marca, perché tende a cannibalizzarla.
Il consumatore, cioè, tende a ricordare
il personaggio famoso e a dimentica-
re la marca. L’insistenza con cui, negli
anni più recenti, vediamo tante aziende
far ricorso a campagne con testimonial
è legata anche a un altro elemento: le
aziende antagoniste tendono fatalmen-
te a copiarsi l’un l’altra e, invece di
cercare piste nuove e alternative, fini-
scono per affrontarsi ad armi pari. L’e-
sempio più macroscopico è quello della
telefonia cellulare dove attualmente
tutte le aziende in Italia lavorano con
i testimonial. Una massificazione che
fa pensare istintivamente che, se solo
una marca decidesse di affrancarsi da
questo schema, troverebbe campo li-
berissimo per una campagna davvero
distintiva.
Stessa cosa per i bambini, che ven-
gono utilizzati assai strumentalmente,
semplicemente per “commuovere” i
consumatori e le consumatrici. Anche
in questa pratica, la pubblicità non
dice nulla di nuovo, ma si adegua a
una tendenza che appartiene all’intera
società italiana, che pone i bambini al
centro delle arbitrarie attenzioni, a vol-
te anche un po’ eccessive, generali. Un
buon copywriter deve cercare di evita-
re queste scappatoie.
Ironia ed epica Infine, citando e plaudendo all’ironia e
all’epica, Pirella tocca uno dei grandi
punti di forza della pubblicità, ma anche
una sua grande difficoltà. Riuscire a far
ridere, senza cadere nella volgarità o
nella battuta vecchia e risaputa, è dav-
vero difficile. Inoltre è evidente che l’iro-
nia deve essere coerente con la strategia
creativa per non essere percepita come
una stampella che sostiene dall’esterno
un’idea zoppicante.
Quanto all’“epica”, invece, negli ultimi
anni è molto presente sia negli artico-
li sportivi, sia nella pubblicità di tante
auto di grossa cilindrata. La capacità di
affrontare condizioni estreme è diven-
tata una prova della sicurezza dell’auto
che viene fatta viaggiare sotto la neve
o nella tempesta e pare sempre più
una sorta di mezzo blindato con cui si
affronta la vita quotidiana. Senza molta
ironia.
x
Andrea
Evidenziato
La pubblicità non è migliore né peggiore della società che la circonda, ma la rispecchia.
122 123
Per la scuola
La pubblicità ci insegna a scrivere? L’approccio della strategia creativa può
essere utilmente “declinato” (termine
caro ai pubblicitari) come stimolo all’or-
ganizzazione del pensiero, con l’obiettivo
di ottenere una scrittura sempre più pre-
cisa, interessante e originale.
• Definire il target e il tono di voce della
propria comunicazione significa sottoli-
neare l’importanza di adeguare il proprio
registro linguistico al pubblico a cui ci si
rivolge e può diventare un momento de-
cisivo per abbandonare un atteggiamen-
to solipsistico e troppo autoriferito della
scrittura.
• Per definire la promessa (e ogni testo
scritto – non importa se è un saggio o un
romanzo – fa, implicitamente, una promes-
sa al lettore, sia sotto il profilo della tesi
che enuncia, sia sotto quello dell’intratte-
nimento che offre), è chiaramente neces-
sario, da parte di chi scrive, intraprendere
un processo analitico sia sull’argomento
che si intende toccare (comprenderne
bene la struttura, gli elementi, la logica), sia
sul rapporto che si vuole instaurare con il
target. Il che significa interrogarsi su come
tratteremo un certo argomento non solo in
relazione a come è fatto, ma anche a come
il lettore si aspetta che venga trattato.
• Imparare poi a ragionare in termini di
reason why e di supporting evidence, di
punti di forza e di punti di debolezza è un
La strategia creativa al servizio di una scrittura più effervescente
Abbiamo detto che la
pubblicità è prima di tutto
uno strumento per vendere
un prodotto o un servizio o
un’idea. Sappiamo tutti che
può essere, in certi casi, una
forma d’arte (o di spettacolo).
Ma è indubbiamente anche
una strategia per riflettere su
quanto vogliamo comunicare,
ed esprimerlo al meglio.
Proprio per questo può
fornire utili spunti anche
per la scuola.
modo stimolante per tenere in esercizio
contemporaneamente la logica e la fan-
tasia. La logica perché si tratta di analiz-
zare ogni argomento per coglierne i “per-
ché” più validi e sostenibili, insieme alle
prove e alle evidenze che lo sostengono;
la fantasia perché tutto questo dev’esse-
re messo al servizio di una scrittura che
sia il più possibile brillante ed efficace.
La riflessione sulla strategia creativa e
sulla sua trasformazione in un messaggio
efficace conduce inevitabilmente a un
uso di strumenti – come le figure reto-
riche – che sono stati da tempo giusta-
mente riabilitati, ma di cui non si racco-
manderà mai abbastanza l’utilizzo nella
pratica della scrittura.
Padroneggiare le figure retoriche è un
modo per gestire la lingua con maggiore
consapevolezza – un obiettivo che do-
vrebbe essere più ambito di quanto non
lo sia attualmente.
Un altro schema da riempire di sensoDa sempre lo studio organico della scrit-
tura si preoccupa di individuare e arti-
colare schemi da proporre per guidare
efficacemente lo scrittore lungo l’itine-
rario della creazione di un testo efficace:
da Ermagora di Temno, retore del primo
secolo d. C. che definì le sette “circo-
stanze” (tòpoi) attraverso cui trattare
un argomento – Quis, quid, quando, ubi,
cur, quem ad modum, quibus adminiculis,
ossia Chi, Cosa, Quando, Dove, Perché,
In che modo, Con quali strumenti – alle
celeberrime 5 W del giornalismo anglo-
sassone (Who, What, When, Where,
Why), alla regola del P.O.R.C.O. di cui ha
parlato Beppe Severgnini nel primo vo-
lume di questo corso (Pensa, Organizza,
Rigurgita, Correggi, Ometti). Le richieste
che ci sottopone la strategia creativa
(individuare un target, elaborare una pro-
messa, sostenerla con una reason why,
arricchirla con le supporting evidence,
definire un tono di voce e, quindi, trasfor-
mare tutto questo in un discorso brillante
e coinvolgente) si integrano perfetta-
mente con queste metodologie, offrendo
un nuovo schema da riempire di senso.
In tutto questo, poi, il dato interessante
è scoprire come questi schemi non siano
elementi passivi o statici in cui riversare
una conoscenza che già si possiede; al
contrario, utilizzandoli si scopre che sono
dinamici ed essi stessi creatori di senso,
e contribuiscono non solo all’organizza-
zione estetica del testo finale, ma anche
a sostanziarlo attivamente.
x
LA PUBBLICITÀ
Andrea
Evidenziato
eliminare
Andrea
Nota
Eliminare
Andrea
Evidenziato
Andrea
Evidenziato
Vale ancora?
Andrea
Nota
Un approccio strategico e creativo alla scrittura può rappresentare un modello vincente anche nella scuola.
124 125
Sintesi Bibliografia
I fondamenti della scrittura pubblicitaria• Per scrivere della buona pubblicità, è necessario
partire da una precisa strategia comunicativa, che
permetta al copywriter di individuare con chiarez-
za il pubblico a cui rivolgersi (il target), il tono da
adottare e, cosa altrettanto importante, la promes-
sa da collegare al prodotto da comunicare.
• Per sostenere la promessa bisogna chiarire la
reason why – cioè la ragione per cui la promes-
sa è credibile – e le supporting evidence – cioè le
varie prove e argomentazioni da allegare alla co-
municazione.
• Una volta individuata la strategia creativa, com-
pito del copywriter è trasformare i suoi concet-
ti e i suoi obiettivi in immagini, intuizioni, storie.
Di trasformarli in un universo a cui il potenziale
cliente è invitato a partecipare.
• In una realtà in cui molte professionalità un tempo
escluse hanno la possibilità di farsi pubblicità, un’i-
dea ben chiara dei fondamenti della strategia crea-
tiva consente a ogni committente di stabilire i criteri
essenziali della propria comunicazione e di valutare
con cognizione di causa le proposte di un’agenzia.
Mettere in pratica la strategia creativa • Con la strategia creativa in mano, il primo
strumento del copywriter è la fantasia che gli
permette di fare il salto dal concetto alla sua
rappresentazione.
• La fantasia, non dimentichiamolo, trova un
grandissimo stimolo nell’applicazione delle fi-
gure retoriche, dei proverbi e dei modi di dire.
L’importante è creare una comunicazione che
sia briosa e diversa dalle altre, perché destinata
a spiccare in un panorama molto affollato.
• L’obiettivo di qualunque annuncio resta sempre
quello di invogliare davvero il potenziale cliente
a provare il prodotto. Una comunicazione pub-
blicitaria che sia semplicemente divertente, ma
che non riesca a indurre il consumatore ad ac-
quistare o sperimentare quanto proposto, non si
può mai dire riuscita.
• I libri sulla pubblicità sono abbastanza nu-
merosi. Oltre ai grandi classici di David Ogilvy
che abbiamo citato, in particolare La pubblicità
(Mondadori), ricordate, di Rosser Reeves, I miti
di Madison Square (Lupetti). Di un pubblicitario
francese famoso negli anni Ottanta e a sua volta
diventato un classico, Jacques Séguela, legge-
te Non dite a mia madre che faccio il pubblicita-
rio... Lei mi crede pianista in un bordello (Lu-
petti) e Hollywood lava più bianco. Il manifesto
della pubblicità spettacolo (Editori di comunica-
zione). Tra i guru di questi ultimi anni, è interes-
sante il libro di Steve Harrison, direttore crea-
tivo dell’agenzia di pubblicità inglese Harrison
Troughton & Wunderman, Come fare lavori cre-
ativi migliori (Egea).
• Anche i copywriter italiani hanno scritto li-
bri interessanti, proprio incentrati sul lavo-
ro di copywriter. Tra i più recenti, di Annama-
ria Testa, La parola immaginata. Teoria, tecnica
e pratica del lavoro di copywriter (il Saggia-
tore). Della stessa autrice potete leggere, per
la collana “di base” del Mulino intitolata Farsi
un’idea, il piccolo e utile manuale La pubblici-
tà. Suscitare emozioni per accendere desideri.
Di Michelangelo Coviello, copywriter e poeta,
Figure retoriche e pubblicità. Ricettario per art
director e copywriter (Franco Angeli). Infine di
Emanuele Pirella, Il copywriter. Mestiere d’arte
(il Saggiatore).
• Per concludere, ecco due buoni manuali
“complessivi” sul mondo e la pratica della pub-
blicità, entrambi scritti da italiani. Uno è breve
ed è di Enrico R. Lehman, che è stato presi-
dente della McCann-Erickson italiana, Come si
realizza una campagna pubblicitaria (Carocci).
L’altro è un po’ più lungo ed è di Marco Lom-
bardi, direttore della Young & Rubicam Italia, La
strategia in pubblicità. Manuale di tecnica mul-
timediale: dai media classici al digitale (Franco
Angeli).
LA PUBBLICITÀ
Andrea
Evidenziato
di cui
Andrea
Nota
far parte
Andrea
Evidenziato
Andrea
Evidenziato
é
126 127
Realizzate un annuncio pubblicitario per l’Acqua Franca, elaborando una
strategia creativa, basata sulle riflessioni della prima parte del saggio. Ricor-
date che, in linea di massima, in questo periodo il tono generale della comu-
nicazione delle acque minerali è piuttosto scanzonato. Riflettete se non sia il
caso, per distinguervi dalla concorrenza, di cercare uno stile di comunicazio-
ne diverso.
Suggerimento: dopo che avrete elaborato la strategia creativa, applicate le fi-
gure retoriche e gli altri strumenti alla ricerca di una headline. Per ingranare e
farsi venire delle idee può essere molto utile mettersi a sfogliare delle pubblicità
– sia delle concorrenza, sia di altri settori di mercato. Studiate gli annunci e cer-
cate di copiarne non tanto la lettera (cosa che sarebbe inutile), quanto la strut-
tura e lo spirito.
Siete diventati un prodotto. Scrivete la strategia creativa per vendervi, come
professionista o per un’attività che vorreste intraprendere. Ricordate di tenere in
considerazione tutti gli elementi di cui si è parlato. In particolare target, obiettivo
di marketing, promessa, reason why, supporting evidence, tono di voce.
Suggerimento: è molto importante che vi siate fatti un’idea precisa del datore di
lavoro o del cliente che volete conquistare. Come in tutte le scritture professio-
nali, che si rivolgono a un pubblico per informare o persuadere, è fondamentale
che il tono di voce, il tipo di promessa e tutto l’insieme della comunicazione sia-
no calibrati con attenzione proprio sul target, ovvero sul lettore ideale dell’an-
nuncio.
Continuate a pensarvi come prodotto, ma stavolta il vostro target è la ragazza
(o il ragazzo) di cui siete innamorati. Cercate di “vendervi” al meglio, lavorando
bene sulla promessa, la reason why, le varie supporting evidence, il tono di voce
ecc. Chiaritevi bene anche l’obiettivo di marketing: matrimonio, convivenza o di-
vertimento reciproco?
Suggerimento: dovete cercare di convincere la vostra metà, ma non pensate
che si tratti di un compito “cinico”. Non dovete mentire (se il “prodotto” – cioè
voi – si rivela inferiore alla promessa, il cliente lo mollerà subito), ma riflettere
con grande attenzione su quello che veramente potete offrire per presentarlo nel
modo più attraente e convincente.
1
2
3
Esercizi LA PUBBLICITÀ
Finito di stampare nell’anno 2014 presso Cartoedit - Città di Castello (PG)
Per informazioni rivolgersi al Servizio Clientitel. 02.62009515 – [email protected]