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58 Saggi e note L’UMANESIMO GIURIDICO DI SOCRATE: FUNZIONE, STRUTTURA E NATURA DELLA SANZIONE (IVAN POZZONI) Platone affronta raramente i temi del diritto senza differenziare di- ritto e morale, servendosi di un’ottica etica nel raccontare un fatto di diritto come la condanna a morte di Socrate 1 . Frammisti nell’intera narrazione culturale ellenica 2 , etica e diritto si mostrano saldamente connessi nella riflessione di Platone e – nel resoconto di costui- nel- la riflessione socratica 3 , in modo che nei due scritti di Platone su So- crate risulti arduo riuscire a discernere ciò che, in relazione al diritto, sia socratico e ciò che sia farina del sacco di Platone. Le due tematiche 1 Cfr. W. JAEGER, Paideia, Milano, Bompiani, 2003, 817-1335; Jaeger riesce a dimostrare un inconfutabile interesse dell’«uomo Platone» e del «filosofo Platone» nei confronti di teoria del diritto, teoria dello stato, e teoria della so- cietà, atto ad assicurarne un’indiscussa centralità nell’intera narrazione cul- turale di costui. 2 Nell’Introduzione a Diritto e civiltà in Grecia antica di Louis Gernet, A. Taddei scrive «Il costume sembra condizionare pesantemente l’etica processuale, i sistemi probatori e l’elaborazione stessa delle norme» (XXXIII), richiaman- do un’affermazione dello stesso Gernet secondo cui «I tribunali di Atene non sono composti da professionisti: sono composti da gente comune. Non sono corpi permanenti: […] vengono rinnovati. Dunque, niente giurispru- denza, nel senso stretto della parola. Essi sono però chiamati a giocare un ruolo nell’elaborazione del diritto […] perché sono, formalmente, una rap- presentanza del corpo politico […] Di conseguenza […] ciò che conferma e autorizza norme nuove attraverso un uso dei tribunali […] è un sentimento del giusto» (L. GERNET, Diritto e civiltà in Grecia antica, Firenze, La Nuova Ita- lia, 2000, 141). U.E. Paoli, nel 1933, era della stessa idea, sostenendo: «[…] ai Greci del V e IV secolo, l’età in cui fiorì il diritto attico, mancò una scien- za del diritto; mancò anche, è noto, una nozione esatta di diritto […]» (U.E. PAOLI, Studi sul processo attico, Padova, CEDAM, 4). 3 Per Reale «[…] dal punto di vista di Socrate o di Platone non vi è distinzi- one, tranne che di semplice convenienza, fra morale e politica» (G. REALE, Storia della filosofia greca e romana, Milano, Bompiani, 2004, vol.III, 350); lo stesso, in A.E.Taylor [A.E. TAYLOR, Plato: the man and his work (1909), trad.it. Platone: l’uomo e l’opera, Firenze, La Nuova Italia, 1968, 412].
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L’umanesimo giuridico di Socrate: funzione, struttura e natura della sanzione

May 13, 2023

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l’umanesImo gIurIdIco dI socrate:funzIone, struttura e natura della sanzIone

(Ivan PozzonI)

Platone affronta raramente i temi del diritto senza differenziare di-ritto e morale, servendosi di un’ottica etica nel raccontare un fatto di diritto come la condanna a morte di Socrate1. Frammisti nell’intera narrazione culturale ellenica2, etica e diritto si mostrano saldamente connessi nella riflessione di Platone e – nel resoconto di costui- nel-la riflessione socratica3, in modo che nei due scritti di Platone su So-crate risulti arduo riuscire a discernere ciò che, in relazione al diritto, sia socratico e ciò che sia farina del sacco di Platone. Le due tematiche

1 Cfr. W. Jaeger, Paideia, Milano, Bompiani, 2003, 817-1335; Jaeger riesce a dimostrare un inconfutabile interesse dell’«uomo Platone» e del «filosofo Platone» nei confronti di teoria del diritto, teoria dello stato, e teoria della so-cietà, atto ad assicurarne un’indiscussa centralità nell’intera narrazione cul-turale di costui.2 Nell’Introduzione a Diritto e civiltà in Grecia antica di Louis Gernet, A. Taddei scrive «Il costume sembra condizionare pesantemente l’etica processuale, i sistemi probatori e l’elaborazione stessa delle norme» (XXXIII), richiaman-do un’affermazione dello stesso Gernet secondo cui «I tribunali di Atene non sono composti da professionisti: sono composti da gente comune. Non sono corpi permanenti: […] vengono rinnovati. Dunque, niente giurispru-denza, nel senso stretto della parola. Essi sono però chiamati a giocare un ruolo nell’elaborazione del diritto […] perché sono, formalmente, una rap-presentanza del corpo politico […] Di conseguenza […] ciò che conferma e autorizza norme nuove attraverso un uso dei tribunali […] è un sentimento del giusto» (L. gernet, Diritto e civiltà in Grecia antica, Firenze, La Nuova Ita-lia, 2000, 141). U.E. Paoli, nel 1933, era della stessa idea, sostenendo: «[…] ai Greci del V e IV secolo, l’età in cui fiorì il diritto attico, mancò una scien-za del diritto; mancò anche, è noto, una nozione esatta di diritto […]» (U.E. PaolI, Studi sul processo attico, Padova, CEDAM, 4).3 Per Reale «[…] dal punto di vista di Socrate o di Platone non vi è distinzi-one, tranne che di semplice convenienza, fra morale e politica» (G. reale, Storia della filosofia greca e romana, Milano, Bompiani, 2004, vol.III, 350); lo stesso, in A.E.Taylor [A.E. taylor, Plato: the man and his work (1909), trad.it. Platone: l’uomo e l’opera, Firenze, La Nuova Italia, 1968, 412].

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di etica e diritto restano materie d’interesse universale all’interno del mondo ellenico sin dall’arcaicità, essendo un mero mito storiografico che, nell’Atene del V secolo a.c., siano state sofistica e socratica ad in-dirizzare l’intera cultura verso tali dimensioni dell’attività umana4. Et-ica e teoria del diritto nascono con epos arcaico, lirici e Pre-socratici, si smascherano nell’umanesimo sofistico e socratico, sono condotte

4 Cfr. i miei I. PozzonI, Archè, kosmos, eris. La teoria del diritto come modello cosmico all’interno della micro-tradizione milesia, in “Annuario del centro Studi Giovanni Vailati”, Crema, Centro Studi Giovanni Vailati, 2005/2006, 59-82; I. Pozzo-nI, Politica e teoria del diritto nella tradizione di ricerca Pre-socratica; cosmicità e cosme-ticità di una Praktischen Philosophie, in “Información Filosófica”, Roma, fasc. 3 (2006), III, 56-95; I. PozzonI, Giustizia, bene e felicità. Analisi della tradizione Pre-socratica sulla ricerca morale, in “Aquinas”, Roma, Lateran University Press, n.2-3/2006, XLIX, 597-619; I. PozzonI, Resistenza e auto-controllo: rivolta ionica del 499 a.c. ed etica eraclitea, in “Información Filosófica”, Roma, fasc.1 (2007), IV, 50-79; I. PozzonI, La distinzione uno/molti nell’Erklärung ionica tra ontologia e storicità, in “UnoMolti modi della filosofia”, Cesena, Il Ponte Vecchio, n.1, 2007, 213-215; I. PozzonI, L’unità del kosmos come radice della narrazione culturale senofanea, in “Per la filosofia”, Pisa/Roma, Serra, XXIV, n.70, 2007, 27; I. PozzonI, Discriminazione, antropomorfismo e agaq» sof…h. Le ramificazioni etiche della narrazione culturale senofanea, in “Información Filosófica”, Roma, fasc.10 (2008), V, 27-51; I. PozzonI, Radici cosmiche e ramificazioni etiche della narrazi-one culturale senofanea. Unità e discriminazione, in I.Pozzoni (a cura di), Grecità marginale e nascita della cultura occidentale. I Presocratici, Villasanta, Limina Men-tis Editrice, 2008, 79-130; I. PozzonI, Pluralismo, benessere civile e virtù collabor-ative. La tutela dell’ordinamento ermodoreo nella riflessione morale di Eraclito, in “Per la filosofia”, Pisa/Roma, Serra, XXIV, n.72, 2008, 39-58; I. PozzonI, Pre-con-dizioni morali di stile e metodi eraclitei. Nota sull’“Oscuro di Efeso”, in “Osservato-rio Letterario”, Ferrara, IdealPrint, XII-XIII, nn.65/66, 2008/2009, 57-59 e I. PozzonI, Eraclito e la teoria del diritto. L’alternanza costituzionale nell’ordinamento civile ermodoreo, in “Itinerari”, Editrice Itinerari, Lanciano, XLVII, n.3, 2008, 41-72. E viceversa, Ferrari scrive: «Un’opinione abbastanza consolidata at-tribuisce ai sofisti una mossa culturale decisiva, consistente nello spostamen-to dell’indagine filosofica dalla natura […] all’uomo. Si tratta di un’immagine storiografica non priva di una certa validità […] Tuttavia, essa rischia di tras-curare il fatto che anche tra i sofisti non mancarono riflessioni di una certa consistenza relative alla realtà e alla stessa natura» (P. donInI – F. ferrarI, L’esercizio della ragione nel mondo classico, Torino, Einaudi, 2005, 37).

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ad intera maturazione da Platone ed Aristotele: l’APOL. e il KRIT. sono documenti di rilevante interesse ai fini della ricostruzione della relazione tra etica e teoria del diritto nella narrazione socratica. Nel-la tradizione “omerica” dell’epos arcaico sono vive: a] una teoria della norma come comando divino (teo-volontarismo normativo: norma è co-mando divino volontario, arbitrario e limitato unicamente dalla neces-sità naturale), b] una teoria dell’ordinamento come rivelazione divina (teo-ius-naturalismo: diritto obiettivo è qšmij idonea ad attribuire valid-ità al diritto umano), ed infine c] una teoria della sanzione come ven-detta divina (teo-ius-retributivismo: sanzione è reazione divina ad una azione umana deviante); il nucleo della teoria del diritto della tradiz-ione “omerica” orbita attorno a tre nozioni (comando, rivelazione e retribuzione) e attorno a tre dottrine (teo-volontarismo normativo, teo-ius-naturalismo e teo-ius-retributivismo). Dalla narrazione “ome-rica” ed esiodea sino alla lirica corale del Partenio di Alcmane ordina-mento è rivelazione divina, norma è comando della divinità e sanzi-one è vendetta celeste; tali tradizioni ostentano un’accentuata teoria teistica del diritto e dello stato, incentrata su meccanismi istituziona-li di sacralizzazione e di sovranità assicurata dal cielo. Le normazioni morali di tali tradizioni sono indirizzate ad assicurare mantenimento o incremento di una coesione indiscriminata della società attraverso valorizzazione e diffusione di un brutale darwinismo individualista molto simile all’estremo darwinismo sociale caratteristico del mondo moderno; con l’eccezione della lirica civile (Callino; Tirteo; Solone) l’etica normativa delle tradizioni narrative antecedenti ai Pre-socratici si incentra sull’esaltazione dell’individuo eroico (uomo d’arme, d’arte o di commercio) e su un criterio di benessere individuale e materiale. La strada della «secolarizzazione»5 è imboccata dalla scuola milesia:

5 Cfr. A. caPIzzI, La repubblica cosmica, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1982, 331/332. L’evoluzione laicizzante e secolarizzante della narrazione dei Pre-socratici è riassunta da una efficace metafora: «Gli dèi, tutti gli antichi e po-tenti signori del cosmo […] seguono la sorte del satrapo “di confine”, Posei-done, esautorato da Talete: l’ordinamento interno della natura non è frutto della loro volontà»; secondo Havelock [E.A. havelocK, Preface to Plato (1963) trad.it. Cultura orale e civiltà della scrittura: da Omero a Platone, Bari, Laterza, 1973, 4/5] l’ellenicità arcaica mai sarebbe arrivata a maturare un lessico metafisico.

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Talete rivela una marcata continuità con la tradizione culturale ante-cedente, Anassimandro mostra una moderata discontinuità ricorren-do allo strumento dell’indeterminatezza semantica (¥peiron), e Anas-simene una marcata discontinuità, incamminandosi con decisione sulla strada del materialismo. L’etica / teoria del diritto sofistiche non sono un tutt’uno unitario, esistendo numerose sotto-teorie basate su caratteristiche comuni: relativismo morale6 e differenziazione dei di-ritti obiettivi (tra diritto naturale divino, naturale razionale e convenzi-onale). Per tutti costoro morale è abitudine: ciò che è bene e ciò che è male è stabilito dalle umane convenzioni; in tutti costoro diritto è dirit-to umano razionale: secondo alcuni è diritto razionale umano, in con-trasto con il diritto naturale divino7 o secondo altri è diritto razionale

Processo di «secolarizzazione» e ascesa della pÒlij sono strettamente con-nessi nella visione storica dell’Ehrenberg, se, accanto alla codificazione, sin dal VII/VI sec. «[…] non si può disconoscere una sempre maggiore seco-larizzazione del diritto, dal momento che appare probabile come in origine la rivelazione divina, in quanto sentenza, oracolo, ordalia o altro, sia stata la fonte del diritto […]» (V. ehrenBerg, Der Staat der Griechen (1958), trad.it. Lo stato dei Greci, Firenze, La Nuova Italia, 1967, 114).6 Cfr. D. nerI, Filosofia Morale, Milano, Guerini Studio, 2001, 97/98; Neri scrive: «Le critiche di Socrate e di Platone appaiono a tutta prima strane, per-ché in realtà la risposta che i sofisti danno alla questione di sapere come si deve vivere sembra invece piuttosto rassicurante: si deve vivere, essi dicono, in accordo agli usi, consuetudini e leggi del posto nel quale si vive […] E’ il fondamento teorico di questa risposta che Socrate e Platone criticano, per-ché tale fondamento è di tipo relativistico». Per Neri modello ottimale del relativismo morale dell’etica sofistica è Protagora, anche se in costui la di-mensione del mštron ¥nqrwpoj non arrivi mai ad esaurire l’intera teoria del-la conoscenza, uscendo l’uomo dal relativismo culturale estremo attraver-so il ricorso al senso comune e alla conoscenza universale (dissoˆ lÒgoi / mštron ¥nqrwpoj / kre…ttwn lÒgoj). L’uomo traducendo dall’¼ttwn lÒgoj al kre…ttwn lÒgoj s’innalza dal senso comune al mondo della conoscen-za universale (M. untersteIner, I Sofisti, Milano, Lampugnani-Nigri, 1967, 79-85; e, contra, P. donInI – F. ferrarI, L’esercizio della ragione nel mondo classi-co, cit., 38-40).7 Le diverse sotto-correnti considerano il mito dell’evoluzione del mondo come un cammino da fÚsewj (naturale) a nÒmJ (normato): c’è chi – come Protagora- nel suo discorso sul diritto intende i termini fÚsij come diritto

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umano, in contrasto col diritto umano convenzionale8. L’etica / teo-ria del diritto socratica è caratterizzata dalle tendenze a criticare i rela-tivismi individualistici o territorialisti9 di un buon numero di sofisti e a difendere un correlativo iusrazionalismo orientato all’azione, in nome del razionalismo conoscitivo: da un lato Socrate ammette conoscen-za etica, e ammette che ogni verità morale – come verità teoretica- sia da ancorare all’obiettività; dall’altro difende la tesi dell’intellettualismo morale10. Le difficoltà di ricostruzione del «momento socratico» del-

naturale divino e nÒmoj come diritto naturale umano (razionale), conside-rando l’evoluzione del diritto come un cammino da diritto naturale divino a diritto umano razionale; c’è chi – come i rimanenti sofisti- intende i termini fÚsij come diritto naturale umano (razionale) e nÒmoj come diritto umano convenzionale, considerando, con motivi diversi, l’uno (diritto naturale razi-onale) sovrastare l’altro (diritto convenzionale). 8 Coloro che intendono i termini fÚsij come diritto naturale umano (razi-onale) e nÒmoj come diritto umano convenzionale si dividono in due ulterio-ri sotto-correnti: ius-naturalisti non-utilitaristi e ius-naturalisti utilitaristi. Per alcuni (Ippia ed Antifonte) il diritto naturale razionale (lex naturalis) sovrasta in sé il diritto umano convenzionale (lex civilis); secondo altri (Trasimaco; Cri-zia; Callicle) il diritto razionale naturale sovrasta a motivo d’utilità il diritto umano convenzionale. Per Callicle il diritto è e deve essere un insieme di norme utili a chi è forte ai fini di mantenere la sua forza; Trasimaco e Crizia si lim-itano a constatare come il diritto sia un insieme di norme utili a chi è forte ai fini di mantenere la sua forza. Per una schematizzazione esaustiva della sofistica ateniese si vedano M. untersteIner, I Sofisti, cit., 1967, N. aBBag-nano, Filosofi e filosofie nella Storia, Torino, Paravia, 1994, 84/85, e G. fassò, Storia della filosofia del diritto. Antichità e medioevo, Roma-Bari, Laterza, 2001, 23-36 (Fassò tende a classificare in maniera diversa le sotto-correnti, caratteriz-zando Trasimaco come iusconvenzionalista estremo).9 Per Ferrari i relativismi individualistici e territorialistici della sofisti-ca ateniese derivano da una «[…] consapevolezza in larga misura prodot-ta dall’entrata in contatto con altri popoli conseguente alle Guerre Persiane, poi alla politica espansionistica che città come Atene perseguirono nei de-cenni successivi» (P. donInI – F. ferrarI, L’esercizio della ragione nel mondo clas-sico, cit., 43).10 Cfr. D. nerI, Filosofia Morale, cit., 100. L’autore scrive: «[…] (Socrate) in-fatti riteneva che se uno sa cos’è il bene, fa senz’altro il bene. Questa tesi (nota come intellettualismo morale) riduce quindi il fare il male ad un er-rore e si comprende perché: il bene è ciò a cui è diretta ogni azione umana

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la teoria del diritto di Platone sono enormi: la letteratura sulla teoria del diritto di Platone è scarsissima11; la letteratura sulla teoria del di-ritto del «momento socratico» di Platone è inesistente12. Presa in con-siderazione l’esistenza, nel mondo ellenico, di una stretta connessione tra etica e diritto e avendo nozioni accertate in merito all’etica socrat-ica, unica modalità di chiarificazione del «momento socratico» del-la teoria del diritto di Platone è estendere i tratti dell’etica di Socrate

e per Socrate si tratta del bene individuale»; e trae tali conclusioni dal detta-to dell’Etica a Nicomaco di Aristotele: «Infatti virtù non è soltanto la disposiz-ione che è conforme alla retta regola, ma virtù è la disposizione che è unita alla retta regola. E in tale dominio retta regola è la saggezza. Socrate dunque ritene-va che le virtù sono regole […]» [VI, 13, 1144.b.25-30] (arIstotele, Etica Nico-machea, Milano, Rizzoli, 1996, 450/451).11 In merito alla letteratura secondaria straniera si vedano: R. maurer, Pla-tons Staat und die Demokratie: Historisch-systematische Uberlegungen zur politischen Ethik, Berlin, W. de Gruyter, 1970; M. PIérart, Platon et la cité greque: Théorie et réalité dans la constitution des «Lois», Bruxelles, Palais des Académies, 1974; R.K. sPrague, Plato’s philosopher-king, Columbia, University of South Caroli-na Press, 1976; R.M. hare, Platone, Milano, Dall’Oglio, 1984; A. neschKe-hentschKe, Platonisme politique et théorie du droit naturel, Louvain-Paris, Peeters, 1995; S. sara monoson, Plato’s Democratic Entanglements. Athenian Politics and the Practice of Philosophy, Princeton, Princeton University Press, 2000; J.F. Pradeau, Platon, les démocrates et la démocratie. Essai sur la réception contemporaine de la pensée politique platonicienne, Napoli, Bibliopolis, 2005. In merito alla letter-atura italiana si consultino: A. cavarero, Dialettica e politica in Platone, Padova, CEDAM, 1976; M. IsnardI Parente, Il pensiero politico di Platone, Roma-Bari, Laterza, 1996; R. enno - E. cattaneI (a cura di), Polis e cosmo in Platone, Mila-no, Vita e Pensiero, 1997; F. ferrarI (a cura di), Platone. Contro la democrazia, Milano, Rizzoli, 2008.12 Per la letteratura secondaria straniera si vedano: A.D. Woozley, Law and Obedience: The Arguments of Plato’s Crito, London, General Duckworth & Co., 1979; R.E. allen, Socrates and Legal Obligation, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1980; R.D. mcKIraham, Socrates and Protagoras on Sophrosyne and Justice, in “Apeiron”, 1984, 19-25; N.D. smIth, Socrates and Obedience to the Law, in “Apeiron”, 1984, 10-18. Per la letteratura italiana si consultino l’oramai obsoleto G. chIalvo, La genesi del diritto in Socrate, Roma, Stabili-mento del Genio Civile, 1912 e l’acuto U.E. PaolI, Problemi di diritto pubblico nel «Critone» platonico, in “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, XII, 1932.

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alla teoria del diritto di costui, colmandone le lacune e verificandone i risultati teoretici. Dal fatto storiografico accertato che l’etica socrat-ica verta su tratti deontici e razionalistici, si deve desumere il fatto storiografico che la teoria del diritto del «momento socratico» di Pla-tone verta su un iusrazionalismo, molto vicino allo iusnaturalismo razionalista non-utilitarista di un Antifonte; dal Socrate di Platone si evincono esistenza e validità di un diritto naturale razionale (lex nat-uralis), suscettibile di conoscenza e sovrastante il diritto umano con-venzionale (lex civilis). Punto d’esordio della discussione socratica sul diritto è un’adesione a teorie iusrazionalistiche non-utilitaristiche atte a sfociare in una visione contrattualistica dei fondamenti del sanzion-are e riferite a concetti di ordinamento e sanzione destinati ad avere ruolo centrale all’interno delle moderne teorie del diritto e dello sta-to. Meriti teorici del «momento socratico» di Platone sono: a] aver in-trodotto una innovativa teoria dell’ordinamento e b] aver individua-to nella nozione di sanzione i tratti fondativi della convivenza civile. La trascendentalità dell’ordinamento ateniese – nella ricostruzione di Platone- trova occasione di concretizzazione nel momento di esecuz-ione della sanzione. L’attività amministrativa della pÒlij (ordinare; richiedere tributi) vincola i cittadini all’obbedienza servendosi della rimanente attività istituzionale del sanzionare; nella società ideale so-cratica titolarità esclusiva a sanzionare è attribuita all’ordinamento, es-sendo il contratto sociale radice trascendentale del diritto sanzion-atorio. Esiste un dovere del cittadino a subordinarsi alla sanzione? La natura stessa della sanzione – secondo Platone- riconduce all’asserzione so-cratica «[…] L’alternativa è tra convincerla (città) o obbedire ai suoi ordini, soffrendo in silenzio se ci comanda di soffrire si tratti di essere battuti o incarcerati […]»13; l’asimmetricità del contratto sociale natu-ra un concetto di sanzione nella forma di diritto dell’ordinamento e di dovere dei cittadini14. Qualora l’ordinamento «[…] comanda di es-

13 Cfr. Platone, KRITWN, Milano, Rizzoli, 1994, 204, [ΚΡΙΤ.51.b]. Per un esame del binomio obbedienza / disobbedienza ci si riferisca a R.W. mom-eyer, Socrates on Obedience and Disobedience of the Law, in “Philosophy Research Archives”, 1982, 21-33.14 Cfr. Platone, KRITWN, cit., 202. Platone scrive: «Se è così credi che tu e noi abbiamo diritti simili, e che se noi ti facciamo una cosa tu hai diritto di

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sere battuti o incarcerati […]», nella forma di un diritto a sanzionare, non esistendo alcuna tutela del cittadino, nella forma di un diritto a «non essere battuto o incarcerato», o nessun convincimento razion-ale nei confronti dell’ordinamento sulla infondatezza del suo dirit-to di sanzionare, sussisterà un dovere del cittadino a «obbedire ai co-mandi» dell’ordinamento stesso; il dovere di obbedienza al comando definirà un dovere del cittadino non sottrarsi alla sanzione15. Cos’è, una sanzione? La norma – secondo Platone- è intesa da Socrate come un comando. Le attività istituzionali dell’ordinamento indirizzate verso i cittadini sono considerate […] tetagmšnoi nÒmoi […]16, cioè «coman-di», «ordini», «direttive»; è un comando dell’ordinamento a vincolare i cittadini alla volontà dell’ordinamento medesimo. Socrate introduce una teoria della norma come comando:

[…] dovunque deve essere fatto ciò che la città e l’ordinamento comandano, a meno di non riuscire a convincerli di dove stia il bene

farci altrettanto?»; e continua: «Non eri su un piano di parità rispetto a tuo padre, o a un padrone se ne avevi uno, sì da poter ricambiare qualsiasi tratta-mento, rispondendo alle offese con le offese, alle percosse con le percosse e così via! E te lo permetteresti ora rispetto alla nazione e all’ordinamento?». 15 Cfr. C. BeccarIa, Dei delitti e delle pene, Milano, Rizzoli, 1995, 60. Beccaria scrive: «Fu dunque la necessità che costrinse gli uomini a cedere parte del-la propria libertà: egli è adunque certo che ciascuno non ne vuol mettere nel pubblico deposito che la minima porzion possibile, quella sola che basti ad indurre gli altri a difenderlo. L’aggregato di queste minime porzioni possibili forma il diritto di punire; tutto il di più è abuso e non giustizia, è fatto, ma non già di-ritto». Beccaria – come sostiene esaustivamente M.A. Cattaneo in M.A. cat-taneo, Pena diritto e dignità umana, Torino, Giappichelli, 1998, 45- cerca razi-onalisticamente di trovare nel contratto sociale i fondamenti della sanzione. Per un raffronto tra illuminismi antico e moderno, sulle tematiche del diritto criminale si veda M.A. cattaneo, Moses Mendelssohn su Cesare Beccaria e sul di-ritto di punire, in M.A. Cattaneo, Illuminismo e legislazione penale. Saggi sulla filoso-fia del diritto penale nella Germania del Settecento, Milano, LED, 1993, 159-180.16 Cfr. Platone, KRITWN, cit., 202, [ΚΡΙΤ.50.e]. Platone scrive: «Ce l’hai allora con le norme che amministrano la crescita e l’educazione dei fanciul-li, secondo cui anche tu sei stato cresciuto? Non erano ottimi i comandi (ordi-ni; direttive) che l’ordinamento dava a tuo padre, prescrivendogli di educarti alla musica e alla ginnastica?».

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[…]17.

Oltre ad essere un comando, ciascuna norma deve essere comando efficace:

«Pensi che riesca a continuare ad esistere senza essere sovvertita una città in cui le sentenze non hanno efficacia e sono suscettibili di essere invalidate e annullate da ciascun cittadino?»; cosa ribatteremo a tali domande? Certo ci sarebbe molto da dire (e ci riuscirebbe bene un retore) in difesa dell’ordinamento che violerei, che senza dubbio comanda le sentenze emesse abbiano reale efficacia18.

Nel dibattito ius-teorico moderno sulla distinzione tra efficacia e va-lidità19, Platone attribuirebbe valore sinonimico ai due termini: valid-ità di una norma sarebbe efficacia dei desideri dell’ordinamento nei confronti dei cittadini (soddisfacimento dell’ordinamento), nei limiti del contratto sociale. L’efficacia delle sentenze emesse dai tribunali è circoscritta dall’efficienza di funzionamento dei meccanismi di iuris-dictio; il contratto sociale istituisce norme, nei tribunali, in restrizione di diritti dell’ordinamento e a tutela di diritti del cittadino. Presiede il tribunale il dikast»j. Costui non deve essere «influenzato dai senti-menti», ma «convinto dai fatti»; Socrate afferma:

[…] Ma a parte la reputazione, cittadini, non mi sembra neanche giusto mettersi a supplicare il giudice e grazie alle suppliche essere

17 Cfr. ivi, cit., 204, [ΚΡΙΤ.51.c].18 Cfr. ivi, cit., 200, [ΚΡΙΤ.50.b].19 Il dibattito critico sull’attribuzione di senso alla nozione di validità norma-tiva, tra esistenza come attinenza normativa ad un ordinamento (H. Kelsen) od efficacia (A. Hägerström / K. Olivecrona / A. Ross), arriva ai massimi termini in una conferenza rossiana tenuta a Buenos Aires nel 1961 e trascrit-ta nel volume A. ross, Validity and the Conflict between Legal Positivism and Nat-ural Law, trad. it. Il concetto di validità e il conflitto fra positivismo giuridico e giusnat-uralismo, in A.Ross, Critica del diritto e analisi del linguaggio, Bologna, Il Mulino, 1982, ove «Il giuspositivismo kelseniano si trasformerebbe da teoria scienti-fica (descrittiva) in ideologia politica (prescrittiva): in quasi-positivismo […]» (M. BarBerIs, Filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino, 1993, 171).

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assolti: lo è, invece, istruire e convincere. Il giudice non siede qui a fare grazioso dono della giustizia, ma a giudicare in materia: e ha giurato di non concedere diritto secondo arbitrio, ma di rendere giustizia secondo le leggi […]20.

Per Platone il dikast»j non deve katacar…zesqai il diritto; inten-dendosi col termine katacar…zesqai due cose: a] concedere diritto e b] sacrificare il diritto all’interesse individuale21, è corretto riferire il brano alla seconda modalità d’uso del termine. Nessun dikast»j deve sacrificare il diritto all’interesse individuale; costui ha onere di valutare secondo coscienza, sentenziando (kr…nw) in maniera disinteressata, senza concedere diritto secondo arbitrio, emettendo sentenze in con-formità all’ordinamento normativo (kat¦ toÝj nÒmouj). I tribunali sono subordinati a doveri di sentenziare (kr…nw) disinteressatamente e nei limiti dell’ordinamento. L’ordinamento – come sostiene Pla-tone- comandando la certezza del diritto, richiede il soddisfacimento dei suoi desideri nei limiti della tutela dei diritti del cittadino. Oltre ad essere un comando efficace, come si caratterizza la norma del diritto criminale? La sanzione è un’attività istituzionale dell’ordinamento, in-trodotta da un comando valido ed efficace. Gli attributi che caratteriz-zano le norme del diritto criminale – come sottolinea indirettamente Platone- sono due: a differenza delle norme perˆ toÝ$ g£mouj (sui matrimoni) o delle norme perˆ t¾n toà genomšnou trof»n te kaˆ paide…an (sulla crescita ed educazione dei bambini) sono norme rela-

20 Cfr. Platone, APOLOGIA SWCRATOUS, Milano, Rizzoli, 1994, 150, [ΑΠΟΛ. 35.c]. Platone traduce nel dikast»j l’ideale socratico dell’uomo buono, scarsamente influenzato dalle emozioni e concretamente razionale nelle sue decisioni, indirizzando verso costui il diritto del cittadino a dialettiz-zare (convincere e istruire) l’ordinamento.21 Cfr. esIodo, Opere e giorni, Milano, Rizzoli, 1994. Esiodo recita: «C’è anche la vergine Dike, nata da Zeus / e venerata dalle divinità che abitano Olimpo / che, se si offende, duramente insultata / si siede, supplice, a fianco di Zeus Cronide / e denuncia trame d’uomini ingiusti / affinché i cittadini scontino la follia dei re che meditino inganni / e sviino dalla via retta, con discorsi tor-tuosi, le loro sentenze» [vv. 256-262]. L’idea della neutralità dei tribunali deri-va alla cultura ellenica classica da Esiodo; secondo costui i re / iudices non de-vono mai essere dwrof£goi, sacrificando diritto a interessi individuali.

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tive alla violazione di altre norme; sono norme coattive. Le sanzioni sono comandi condizionati, avendo come condizione violazioni del contratto sociale. La coattività delle norme di diritto criminale con-siste in una violenza fisica, riferendosi Platone all’«essere battuti o incarcerati». Le norme sanzionatorie sono un sotto-insieme di norme dell’ordinamento, essendo comandi, condizionati dalla violazione del contratto sociale, diretti all’efficienza, mediante uso della forza. Quali sono i fini della sanzione? L’APOL. asserisce:

Ma tu mi trascini qui [in tribunale], dopo aver decisamente evitato di stare con me ad ammaestrarmi: qui dove la legge vuole che si conducano gli individui che hanno necessità di punizione, non di educazione22.

Il tribunale è ufficio del sanzionare, non è ambito dell’educare o del ri-educare. Platone usa, in relazione all’educazione, un termine (m£qhsij), vicino all’area semantica del verbo manq£nw, e, in relazione al dirit-to criminale, un altro termine (kÒlasij), vicino all’area semantica del verbo kol£zw: del manq£nw è il fine dell’emendare ed intimidire; del kol£zw è il fine del sanzionare. Per Platone finalità della sanzione non è educare, cioè intimidire o emendare; intimidazione ed emenda sono forme d’educazione o rieducazione dell’adulto23, non funzioni del di-ritto criminale. Prescindendo dalla minaccia, dall’intimidazione indi-viduale, dall’emenda, rimane vivo, in Platone, il fine della retribuzi-one. Platone affronta il discorso in merito alla retribuzione in due bra-ni del KRIT.:

Dal momento che in nessun caso va commessa azione immorale, neanche chi la subisca dovrà ricambiarla, come invece crede la

22 Cfr. Platone, APOLOGIA SWCRATOUS, cit., 122, [ΑΠΟΛ.26.c]. 23 Per una critica moderna ad una visione del diritto criminale come educa-zione o rieducazione dell’adulto (Erwachsenenerziehung) si vedano i contribu-ti di Radbruch in G. radBruch, Der Erziehungsgedanke im Strafwesen (1932), in G.Radbruch, Der Mensch im Recht: Ausgewahlte Vortrage und Aufsatze uber Grundfragen des Rechts, Gottingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1957. Radbruch critica la teoria dell’emenda dello studioso tedesco Roeder, connettendola alle teorie sanzionatorie dei successivi totalitarstaaten continentali.

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Non dobbiamo ricambiare azioni immorali, né fare male ad alcuno, qualsiasi cosa gli altri facciano a noi25.

L’intellettualismo etico socratico, laddove asserisca che sia dovere (morale) di chi subisca male non commettere male, allontana Platone dal c.d. retributivismo morale. Platone sostiene che esista un dovere (mo-rale) dell’uomo a fare il bene e non commettere il male, e si incammi-na sulla strada del non-retributivismo, asserendo che è dovere di chi ha subito il male non commettere altro male. La tesi del non-retribu-tivismo etico di Platone si estende all’ambito del diritto? Per il retrib-utivismo morale di Kant26, o Hegel27, è dovere morale dello Stato san-zionare, essendo il sanzionare indirizzato a retribuire male con male. Platone sostiene:

E allora, essendo nato, cresciuto ed educato, avresti il coraggio di negare – cominciamo- di essere creatura e schiavo nostro, tu come i tuoi antenati? Se è così credi che tu e noi abbiamo diritti simili, e

24 Cfr. Platone, KRITWN, cit., 198, [ΚΡΙΤ.49.b].25 Cfr. ibidem, cit., [ΚΡΙΤ.49.b].26 Cfr. I. Kant, Metaphysik der Sitten. Metaphysische Anfangsgrunde der Rechtslehre, Hamburg, K.Vorlander, 1966, 161. Kant scrive: «Selbst wenn sich die bur-gerliche Gesellschaft mit aller Glieder Einstimmung aufloste [...] musste der letze in Gefangnis befindliche Morder vorher hingerichtet werden, damit je-dermann das widerfahre, was seine Taten wert sind». È il caso concreto di una società in dissoluzione, su un isola fantastica, che deve dare esecuzione all’ultimo criminale custodito in carcere, affinché sia dato a ciascuno ciò che merita. Prima Kant aveva dichiarato: «Strafgesetz ist ein kategorischer Im-Prima Kant aveva dichiarato: «Strafgesetz ist ein kategorischer Im-perativ» (159). 27 Cfr. G.W.F. hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts, trad.it. Lineamen-ti di filosofia del diritto, Roma-Bari, Laterza, 1999, 92, dove l’autore tedesco as-serisce che «il togliere il delitto è in questa sfera dell’immediatezza del diritto innanzi tutto vendetta, giusta secondo il contenuto in quanto essa è retribuzi-one».

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che se noi ti facciamo una cosa tu hai diritto di farci altrettanto? Non avevi i medesimi diritti di tuo padre o di un padrone, se ne ave-vi uno, da riuscire a ricambiare i loro trattamenti, risarcendo offese con offese, percosse a percosse, e così via… E lo faresti ora con l’ordinamento, tanto che se riteniamo giusto cercare di ucciderti ti metterai a fare altrettanto con noi, per quanto ci riesci, e ciò facen-do sosterrai di agire moralmente? E tu saresti uno che si cura con coerenza della virtù?28.

L’asimmetria del contratto sociale autorizza un accostamento iusretri-butivistico al diritto criminale, fondando un iusretributivismo morale asimmetrico, in cui i diritti dell’ordinamento non siano commisurati ai diritti dei cittadini. L’ordinamento, nella sua retributività, subordina i cittadini, nel senso che i diritti dei cittadini nei confronti dell’ordina-mento sono minori che i diritti dell’ordinamento nei confronti dei cit-tadini: chi è subordinante, ha il diritto di risarcire male con male; chi è subordinato, non ne ha diritto. La domanda rivolta a Socrate dall’or-dinamento «se riteniamo giusto cercare di ucciderti ti metterai a fare altrettanto con noi, per quanto ci riesci, e ciò facendo sosterrai di agi-re moralmente?» è indizio di validità della tesi d’una retribuzione mo-rale asimmetrica in Platone. Padre e discendenti non hanno i medesi-mi diritti, esistendo tra essi una relazione di subordinazione; dominus e schiavo non hanno i medesimi diritti, esistendo tra loro un nesso di subordinazione. Così, tra ordinamento e cittadini, in base a un con-tratto sociale, è ammesso un retributivismo morale asimmetrico, nei limiti dei diritti inviolabili dei cittadini (correttivi). Lontano dai retri-butivismi kantiano od hegeliano, il retributivismo socratico si avvici-na al c.d. retributivismo giuridico moderno di un Carrara29. La funzione

28 Cfr. Platone, KRITWN, cit., 202, [ΚΡΙΤ.49.e]. 29 Cfr. F. carrara, Programma del corso di diritto criminale, Bologna, Il Mulino, 1993, § 615-623, 408-411. Carrara scrive: «Il fine primario della pena è il ri-stabilimento dell’ordine esterno nella società […] Ma il delitto ha offeso la società violando le sue leggi […] La pena deve riparare a questo danno col ristabilimento dell’ordine, commosso pel disordine del delitto […] Così la pena che niente rimedia al male materiale del delitto, è rimedio efficacissimo ed unico del male morale. Senza questa i cittadini, che sentirebbero per la ripetizione dei malefizi ogni giorno vieppiù dileguarsi la loro sicurezza, sare-

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della sanzione consiste nel tutelare i diritti dell’ordinamento, risarcen-do male con male, nei limiti dei diritti inviolabili di ciascun cittadino, andando a coincidere con il ristabilimento dell’ordine violato30; i cor-rettivi all’asimmetria del contratto sociale avvicinano tutela dell’ordi-namento e tutela del cittadino. Platone nell’APOL. e nel KRIT. na-sconde una interessante e vasta teoria del diritto, caratterizzata da una minuziosa definizione del concetto di contratto sociale, da estese defi-nizioni di termini come ordinamento, norma e sanzione, da una den-sa trattazione di temi ius-filosofici come i dilemmi della natura e delle finalità della sanzione. Per Socrate – a detta di Platone- centrali sono i concetti di: a] norma, come comando dell’ordinamento inteso a inci-dere sui cittadini, dimodoché l’ordinamento stesso riesca ad ottene-re ciò che desideri; b] sanzione, come comando dell’ordinamento, con-dizionato dalla violazione del contratto sociale, inteso a incidere sui cittadini, mediante uso della forza, in modo che l’ordinamento stes-so riesca ad ottenere ciò che desideri; c] ordinamento, come insieme di norme sanzionatorie e non. È all’interno di un’ottica molto innovati-va che nel «momento socratico» di Platone si trovano soluzioni a sto-rici dilemmi della teoria del diritto criminale: a] dovere del cittadino di non sottrarsi alla sanzione: riconoscere l’esistenza di un diritto dell’or-dinamento a sanzionare vuol dire riconoscere l’esistenza di un dove-re del cittadino a non sottrarsi alla sanzione (natura della sanzione); b] retributivismo giuridico asimmetrico: fine della sanzione è tutelare i di-ritti dell’ordinamento, risarcendo male con male, nei limiti dei dirit-

bbero costretti o a darsi a violente reazioni private, perpetuando il disordine e sostituendo il governo della forza al governo della ragione: o ad abban-donare una società incapace a proteggerli […] In tal guisa l’ultimo fine della pena è il bene sociale, rappresentato nell’ordine che si procaccia mercé la tu-tela della legge giuridica».30 È netto il nesso di continuità tra Platone e i Pre-socratici. L’interesse verso la nozione di sanzione è assai ridotto nelle narrazioni culturali del-la tradizione di ricerca dei Pre-socratici, con rare eccezioni (Anassimandro): nell’esordiente Pre-socratica sanzione è reazione ad una antecedente violazione dell’ordine divino, indirizzata ad una retribuzione [I. PozzonI, Archè, kosmos, eris. La teoria del diritto come modello cosmico all’interno della micro-tradizione mile-sia, in I.Pozzoni (a cura di), I Milesii. Filosofia tra Oriente e Occidente, Villasanta, Liminamentis Editore, 2009].

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ti inviolabili dei cittadini (finalità della sanzione). Il contratto sociale è radice trascendentale del diritto ateniese: dovere del cittadino a non sottrarsi alla sanzione e retributivismo asimmetrico vertono sulla asi-nallagmaticità del contratto sociale, rendendo tale asimmetria fonda-mento trascendentale di tutte le attività istituzionali dell’ordinamen-to. La conclusione morale del KRIT. evidenzia molti temi di teoria del diritto. Quali motivi conducono Socrate ad accettare la morte senza cercar di sottrarsi alla sanzione? Socrate non desidera esser conside-rato un criminale, dato che violare il dovere a non sottrarsi alla san-zione costituisce un ulteriore diritto dell’ordinamento a sanzionare31, reiterabile ad infinitum; in seconda battuta, non vuole essere conside-rato incoerente.

È vero che andandovi (nell’Ade) – se decidi di farlo- subisci un’ingiustizia, ma non da parte di noi leggi bensì degli uomini. Se in-vece evadi in maniera così vile ricambiando offesa con offesa e male con male, violando l’ordinamento e facendo male a chi non dovresti (a te, agli amici, alla nazione e a noi), non solo ti attirerai finché vivi la nostra inimicizia, ma anche il nostro fratello là, l’ordinamento dell’Ade, non ti riceverà con benevolenza, sapendo che hai cercato di farci danno. Non ascoltare Critone… cerca di ascoltare noi!32.

Nella ricostruzione, non neutrale, di Platone, a uccidere Socrate è un amore sviscerato verso sovranità della virtù e sovranità dell’ordina-mento.

31 Cfr. M.A. cattaneo, Pena diritto e dignità umana, cit., 52 («Ma proprio per questo mi sembra che non si possa parlare di un obbligo del reo di subire la pena; in generale, mi sembra che gli assertori della presenza di un simile obbligo, non hanno tenuto conto di questo punto fondamentale: se si am-mettesse, infatti, l’esistenza di un obbligo di subire la pena, bisognerebbe, di conseguenza, postulare un’ulteriore sanzione per l’inosservanza di questo obbligo; ma allora sorgerebbe un altro obbligo, di sottoporsi a questa secon-da sanzione, e questo sarebbe a sua volta sanzionato; in tal modo si andreb-be all’infinito».32 Cfr. Platone, KRITWN, cit., 215, [ΚΡΙΤ.54.c]. Socrate dovrebbe evitare di sottrarsi alla sanzione in base a motivi morali, di diritto e d’utilità.