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ARCHIVI - BIBLIOTECHE - MUSEI - TEATRI COMUNE DELLA SPEZIA superfici sensibili dialoghi con il supporto a cura di Marzia Ratti Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia
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Lucio Fontana: l'espansione barocca versus la purezza bizantina della superficie franta

May 11, 2023

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Elisa Tonani
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Page 1: Lucio Fontana: l'espansione barocca versus la purezza bizantina della superficie franta

ARCHIVI - BIBLIOTECHE - MUSEI - TEATRI COMUNE DELLA SPEZIA

superfici sensibilidialoghi con il supporto

a cura di Marzia Ratti

Centro Arte Moderna eContemporanea della Spezia

Page 2: Lucio Fontana: l'espansione barocca versus la purezza bizantina della superficie franta

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Progetto, mostra e catalogo a cura diMarzia Ratti

Coordinamento tecnico-scientifico ed editing Eleonora Acerbi Cinzia Compalati

Progetto grafico della mostraFabio Bonini

Progetto grafico del catalogoMirco Ferrari, Sanguinetti Industria Grafica & C.

PrestatoriLuigi Amadei, “Galleria delle Arti”, Città di Castello

Ara e Daniela BartolozziCavana Arte Contemporanea, La Spezia

FaMa Gallery, VeronaCollezione Walter Fontana in comodato presso

il Museo d’Arte Contemporanea di LissoneVioletta Dorgan Grigorescu

Museo MAGA, Gallarate Fondazione Marconi, MilanoMonte dei Paschi di Siena

Cosima ScheggiMuseo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova

Realizzazione allestimentoAlessandro Angeli, Davide Bommino,

Emiliano Gianardi, Luigi Terzianicon la collaborazione di

Roberto Colombani, Alessandro Fochesato,Andrea Moruzzo, Federico Montaresi

Documentazione fotografica Enrico Amici (foto percorso espositivo e opening)

Roberto Colombani

Un particolare ringraziamento a Leo Lecci

Gian Carlo TorreFondazione Zappettini

e agli artistiEnzo Cacciola, Giovanni Campus, Pino Pinelli

Turi Simeti, Claudio Verna, Gianfranco Zappettini

RingraziamentiDaniela Bartolozzi, Donatella Capresi, Luigi Cavadini, Silvana Cavalieri, Luca Cavana, Carlo e Simone Frittelli, Dino e Masha Facchini, Giorgio Marconi, Anna Maria Messina, Mauro Pesce, Alberto Rigoni, Alberto

Rolla, Francesca Serrati, Emma Zanella

Mostra promossa e prodotta da:

Sindaco: Massimo FedericiAssessore alla cultura: Diego Del Prato

Presidente: Cinzia AloisiniDirettore: Marzia Ratti

Consiglio di amministrazione:Valerio P. Cremolini, Paolo Galantini, Pier Gino Scardigli

con il patrocinio di:

Archivio d’Arte Contemporanea Università degli Studi di Genova

CAMeC - Centro Arte Moderna e Contemporanea

Direttore settore musei: Marzia Ratti

Conservatori: Eleonora Acerbi - Cinzia Compalati

Funzionario amministrativo: Giacomo Borrotti

Ufficio amministrativo: Flavia Rasi

Ufficio prestiti e coordinamento didattica: E. Cristiana Maucci

Servizio prevenzione e protezione: Roberto Bucella

Promozione: Carla Allagosta

Segreteria: Carla Dellapina

Accoglienza, custodia, allestimenti: Alessandro Angeli, Marilena Bertano, Davide Bommino, Roberto Colombani, Alessandro Fochesato,

Emiliano Gianardi, Luigi Terziani, Cooperativa Zoe

Servizi didattici: Eleonora Acerbi, Cooperativa Artemisia, Cooperativa Zoe, Daniela Binelli - Patrizia Drovandi (ASL n. 5 spezzino)

Servizi di vigilanza e aggiuntivi: Cooperativa ZoeAuser Risorseanziani

Ufficio stampa ISC: Cinzia Compalati

Ufficio stampa Comune della Spezia:Federica Stellini - Luca Della Torre - Luca Bondielli

Comune della Spezia

superfici sensibilidialoghi con il supporto

CAMeC 4 aprile - 30 settembre 2012

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sommario

Dialoghi con il supporto.Territori di contatto fra percorsi di ricercaMarzia Ratti

Lucio Fontana: l’espansione barocca versusla purezza bizantina della superficie frantaPaola Valenti

Burri. E la materia si fece formaCinzia Compalati

Opere dalla collezione CozzaniEleonora Acerbi

Percorso espositivo

Opening

Tavole sinottiche

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Lucio Fontana: l’espansionebarocca versus la purezzabizantina della superficiefranta

Paola Valenti

Nel 1946, a Buenos Aires, l’artista italo-argentino Lucio Fontana elabora con alcuni studenti all’Accademia di Altamíra il Manifiesto Blanco: il documento contiene la prima formulazione teorica dello Spazialismo, poi dettagliatamente chiarita dallo stesso Fontana nei sei manifesti che si susseguono tra il 1947 e il 19521.

Da questi testi emerge con assoluta chiarezza la specificità programmatica dello Spazialismo e, a dispetto della morfologia autre delle opere spazialiste - di volta in volta segniche, materiche o gestuali - la sua sostanziale distanza dalle pressoché coeve ricerche dell’Informale europeo: all’esistenzialismo negativo di un Dubuffet, di un Wols o di un Fautrier, rivolto ad “azzerare” in senso nichilista ogni legame con la cultura positivista e con la tradizione artistica occidentale, gli artisti spaziali oppongono la volontà di guardare positivamente al futuro e di trovare nuove modalità operative ed espressive per immettere l’arte in un mondo in rapida e costante evoluzione.

La ricerca spazialista di Fontana inizia in ambito scultoreo; tra i primi critici a cogliere la portata del fenomeno, Lisa Ponti saluta entusiasticamente il tentativo di trovare “un modo nuovo di scultura che, come la televisione, approfitti dello spazio, del moto e delle luci, ora che tutti i vecchi modi sono esauriti, per dare vita all’arte”2.

Proprio lo spazio, il moto e la luce sono i protagonisti degli Ambienti spaziali che Fontana realizza a partire dal febbraio 1949, quando a Milano, presso la Galleria del Naviglio, presenta l’Ambiente spaziale a luce nera: al centro della sala espositiva completamente oscurata fluttua un elemento scultoreo astratto, dipinto con vernici che, reagendo alla luce di Wood, unica fonte di illuminazione, si “accendono”, trasformando lo spazio reale in un luogo di alterità, instabile e allusivo, in cui “l’uomo era con se stesso colla sua coscienza, colla sua ignoranza, colla sua materia”3.

Il risultato è un’opera che, in continuità con certo dadaismo, è prima di tutto un “concetto”: non a caso, proprio dal 1949, Fontana userà il titolo Concetto spaziale per tutta la sua produzione, di volta in volta abbinandolo a un sottotitolo che specifica la natura dell’intervento o la serie di appartenenza.

Parallelamente alle esperienze ambientali e alle numerose collaborazioni architettoniche che si succedono per tutti gli anni Cinquanta4, Fontana porta la ricerca spazialista anche sulla tela, iniziando nel 1949 la serie dei Concetti spaziali forati, i Buchi, laddove il “buco” non è da intendersi come un gesto distruttivo ma, al contrario, come un atto costruttivo, ricorrente sia nelle opere legate al supporto bidimensionale - sempre però smentito come tale dall’atto stesso della perforazione, che immette nell’opera non solo la terza dimensione, ma anche la quarta, ossia quella temporale – che in quelle scultoree.

Intorno al 1951, del resto, la terza dimensione entra sempre più prepotentemente nella ricerca pittorica: la superficie delle sue tele diviene sempre più scabra, quasi lunare, con l’immissione di sabbia

1 Per una puntuale ricostruzione storica e contestualiz-zazione critica della pubblicistica spazialista si rimanda a E. Crispolti (a cura di), Fontana e lo Spazialismo, catalogo della mostra, Lugano, Villa Malpensata, Lugano 1987, pp. 17-44, e a E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti e ambientazioni, Skira, Milano 2006, pp. 107-121.

2 L. Ponti, Prima astratto, poi barocco, ora spaziale, in “Domus”, n. 229, vol. IV, 1948, pp. 36-38.

3 Lettera di L. Fontana a E. Crispolti, datata 16 marzo 1961, pubblicata in E. Crispolti, Omaggio a Fontana, Carucci Editore, Assisi-Roma 1971, fig. 110.

4 Si veda a proposito P. Valenti, Lucio Fontana in dialogo con lo spazio: opere ambientali e collaborazioni architetton-iche 1946-1968, De Ferrari Editore, Genova 2009, con indi-cazioni sulla ricca bibliografia sull’argomento.

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nella materia cromatica, mentre vetri, cristalli e pietre colorate rispondono con i loro aggetti alle profondità delle perforazioni5.

Nel 1958 Fontana compie il gesto al quale il suo nome resta indissolubilmente legato: il taglio della tela. Come già per i Buchi, non si tratta di un atto distruttivo, ma di un’operazione mentale con la quale l’artista interviene in uno spazio assoluto, cui allude la superficie della tela, ora sempre monocroma e, con rare eccezioni, resa quasi immateriale dalla stesura liscia dell’idropittura.

Per Fontana i Tagli corrispondono alla creazione di uno spazio filosofico e concettuale, a una dimensione sospesa – da qui il sottotitolo Attese – in cui l’uomo, liberato dalla schiavitù della materia, appartiene in uguale misura alla contingenza del presente e alla vastità del futuro6.

L’interesse primario di Fontana, in tutti i campi del suo operare, è dunque quello di dare forma visibile e concreta a uno spazio infinito, ulteriore e pluridimensionale: “Gli “ambienti spaziali” costituiscono infatti l’esemplificazione d’una raggiungibile aponderalità spaziale della materia, del segno, delle traiettorie, mentre i singoli “concetti spaziali” sono configurazioni emblematiche della consapevolezza di uno spazio “altro”, infinito. Lo sono i “buchi” e lo sono poi i “tagli”, con i quali ha oltrepassato l’assolutezza della superficie [...] Forando infatti la superficie pittorica Fontana vi introduce emblematicamente una dimensione di spazio ulteriore. Lo spazio che vi è alluso non è più terreno, né certamente prospettico, né di pura immanenza (come rimane la superficie in quanto tale); ha invece senso d’allusione infinita, cosmica (a volte persino sottolineata da uno sperimentale effetto di luce retrostante)”7.

Proprio partendo da quest’ultima considerazione di Enrico Crispolti si può individuare una delle modalità con cui Fontana attua quella che il critico definisce una simpatetica riconnessione al Barocco8.

Tale riconnessione si manifesta sia attraverso la carica energetica del plasticismo dinamico e rutilante d’espansione spaziale e ambientale (Crispolti) che caratterizza gran parte della produzione scultorea, specialmente ceramica, di Fontana e numerosi suoi interventi in interni architettonici, sia attraverso le sue operazioni prettamente mentali che interessano l’idea stessa di spazio: oltrepassando, con i Buchi e con i Tagli, l’assolutezza della superficie l’artista, infatti, supera concettualmente l’idea dello “sfondato” dei cieli e dei loggiati dipinti del barocco.

Questi ultimi “fingono” aperture verso una dimensione infinita, mascherando con un impianto scenografico illusorio il limite fisico imposto dalla tela o dall’architettura, mentre gli elementi introdotti da Fontana violano e infrangono davvero la continuità spaziale della superficie: essi non intendono simulare o rappresentare una spazialità infinita, ma vogliono introdurla concretamente nell’opera.

Fontana, non a caso, riconosce ai barocchi il merito di avere rappresentato lo spazio con una grandiosità ancora non superata, mentre egli ambisce a creare rapporti reali e metaforici tra diverse dimensioni di spazio9.

Eppure, con la rappresentazione illusiva di una spazialità infinita propria del barocco secentesco Fontana condivide il fine ultimo, ossia quello di incentivare la partecipazione immaginativa e sensoriale dello spettatore ad una spettacolare correlazione-osmosi, nella dinamica dello spazio, di natura e sopra-natura, di illimite visivo e di tensione

5 Cfr. P. Valenti, Spazialismo, CoBrA, Gutai, in V. Terraroli (a cura di), L’arte del XX secolo. La nascita dell’arte contempo-ranea 1946_1968, Skira, Milano 2007, p. 204.

6 Ibidem.

7 E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo … , cit., 2006, p. 26.

8 Si vedano a proposito, in particolare, E. Crispolti, Carriera “barocca” di Fontana, in “Il Verri”, III, n. 3, giugno 1959, pp. 101-106 (ripubbl. in E. Crispolti, Carriera “barocca” di Fon-tana. Taccuino critico 1959-2004 e Carteggio 1958-1967, Skira, Milano 2004, pp. 24-30) e E. Crispolti, Spazialismo, futurismo e barocco: appunti per una prospettiva tutta fon-taniana, in G. Cortenova (a cura di), Lucio Fontana. Metafore Barocche, Marsilio, Venezia 2002, p. XLI-XLVII).

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emotivo-spirituale10; ne è convinto Guido Ballo che individua le principali analogie tra l’estetica barocca e il pensiero e l’opera di Fontana proprio nella creazione degli ambienti: “qui – scrive Ballo – consiste l’ascendenza barocca del suo linguaggio: in questa spazialità che, attivamente, va oltre ogni margine e suggestiona lo spettatore, il quale resta preso e non ha possibilità di sfuggire alla partecipazione psichica”11.

Da questa panoramica emergono taluni aspetti e valori del rapporto tra l’opera di Fontana e il barocco, entro la cui dialettica, tuttavia, la complessità teorica e operativa dell’artista è lungi dall’esaurirsi.

Proprio tale complessità ha generato interpretazioni critiche piuttosto azzardate, come quella, ancora di Guido Ballo, che vuole un Fontana interessato precipuamente ad affermare l’intrinseco valore della superficie: “c’è infatti un’altra componente, nello sviluppo del suo linguaggio, che risponde a una esigenza espressiva diversa da quella barocca. È l’aspirazione alla purezza, alle origini. Guardiamo i risultati della maggior parte delle opere: c’è poco da dire, la superficie resta: resta con tagli, strappi, buchi, ma quasi tutte le sue opere spaziali - tranne gli ambienti, le Nature plastiche e qualche altra ceramica - tendono a risultare in due dimensioni, altezza e larghezza: anche certe sculture a stelo. Alla fine il buco, il taglio, lo strappo, o anche le sovrapposizioni in vetro, o comunque materiche, accentuano il senso della superficie: eppure Fontana cercava di romperla, di andare oltre, almeno a parole. In realtà - sia pure inconsciamente - la ricerca era però un’altra: era l’idea di presenza, quasi di apparizione, che diventava più tesa, più fantomatica restando superficie: su cui i buchi, il taglio, il grumo coloristico con strappo, acquistano

valore di segno, anche se carico di tensione gestuale. È, in sostanza, una componente opposta a quella barocca: se mai, più simile all’astrazione bizantina, che dava valore alla superficie cromatica e alla grafia […]. Ho nel mio studio un quadro di Fontana, con buchi e colori tenui, in un taglio di continuità all’infinito: di fronte ai quadri di altri artisti, è quello che, nel tempo, resiste di più per questa «presenza» purissima; i buchi stessi, che pure sono nati da una tensione gestuale, diventano segno quasi in sordina; la superficie si distingue come un’apparizione, diventa appunto «presenza», di là da ogni concetto di contaminazione della bidimensionalità spaziale. Direi anzi che non vuole affatto contaminarla: ma rispettarla profondamente, per accentuarne l’astrazione di purezza”12.

Se, in un processo astraente, la purezza della superficie monocroma di Fontana assume sicuramente il valore di una spazialità altra, incommensurabile e ulteriore, certo è che, contrariamente a quanto affermato da Ballo, quasi nulla nell’intera opera di Fontana tende a risultare in due dimensioni: ciò non accade nei Buchi, nei Tagli e, tantomeno, nei Teatrini, che per Fontana erano tutti, come già si è detto, Concetti spaziali, ossia il risultato di un vitalismo d’espansione spaziale, frutto di un dialogo paritario tra materia, segno, movimento e luce, teso verso la quarta dimensione.

9 Cfr. P. Valenti, Lucio Fontana in dialogo …, cit., Geno-va 2009, in part. pp. 32-44. Sul carattere non univoco dell’approccio di Fontana al barocco hanno richiamato l’attenzione diversi critici e storici dell’arte, tra cui Luciano Caramel (L. Caramel, Al di là del quadro, in G. Cortenova (a cura di), Lucio Fontana. Metafore Barocche, cit., p. XXI) e Francesco Tedeschi (F. Tedeschi, Lucio Fontana, lo spazio, il barocco, in G. Cortenova (a cura di), Lucio Fontana. Metafore barocche, cit., p. 3).

10 Cfr. L. Caramel, Al di là del quadro, cit., Venezia 2002, p. XXX.

11 G. Ballo, Fontana: idea per un ritratto, Ilte, Torino, 1970, p. 136.

12 Ibidem.