L‟Italia unita, I 1861 - 1890
L‟Italia unita,
I
1861 - 1890
L‟Italia prima e dopo l‟unificazione
L‟Italia alla vigilia
dell‟unificazioe
Dati statistici al momento dell‟unificazione
abitanti: 22 milioni
istruzione elementare: 5 milioni
tasso di analfabetismo: 78% (90% territori ex pontifici,
Mezzogiorno, Sicilia e Sardegna)
Uso corrente della lingua italiana: 200.000
lingua di comunicazione: dialetti
Le città
Città più popolose
Napoli: 450.000
Milano: 200.000
Torino: 200.000
Palermo: 200.000
Popolazione urbana:
20% del totale
Popolazione e attività in Italia al momento
dell‟unificazione
settore
primario
70%
settore
secondario
18%
settore
terziario
12%
attività
campagna
80 %
città
20 %
Popolazione
Le specializzazione agricole
Nord: agricoltura cerealicola
piccola proprietà
agricoltura capitalistica
(Pianura padana)
Centro: mezzadria
Sud e isole: latifondo
(più alcune zone di agricoltura
specializzata)
Agricoltura al Nord
L‟agricoltura era diversificata, ma povera
al Nord, esistevano
aziende agricole moderne che univano agricoltura e
allevamento bovino, erano condotte con criteri
capitalistici e impiegavano lavoratori salariati (in Pianura
Padana)
grandi proprietà dedite alla cerealicoltura(diffuse)
piccole proprietà a conduzione famigliare (zone
collinari di Piemonte e Lombardia)
Agricoltura meridionale e isolana
Nel Sud e isole
poche aree in Sicilia, Puglia e Campania erano dedite alle
colture specializzate (frutta, ortaggi,vite)
prevaleva il latifondo
grandi aree coltivate a cereali (grano) e popolazione
concentrata in grandi borghi rurali
contratti agrari arcaici e basati sullo scambio in
natura
rapporti tra signori e contadini fondati sulla
dipendenza personale (l‟ordinamento feudale era stato
abolito solo all‟inizio dell‟800)
La mezzadria in Italia centrale
Nell‟Italia centrale prevaleva la mezzadria
terra divisa in poderi piccoli o medio – piccoli
colture cerealicole e arboree (olivo,vite, alberi da frutto)
oneri e ricavi ripartiti tra proprietario e coltivatore: il
coltivatore dà al proprietario metà del prodotto e concorre
alle spese per attrezzi e bestiame, ai lavori di manutenzione e
agli oneri aggiuntivi
La mezzadria era un sistema che ostacolava la
modernizzazione produttiva, ma garantiva una certa
pace sociale
Condizioni dei contadini italiani
I contadini italiani vivevano in maggioranza in
condizioni pessime
Autoconsumo e scambio in natura prevalevano
Le condizioni di vita erano al livello della sussistenza
Il cibo: pane (nero) e pochi legumi
Erano diffuse le malattie da denutrizione, specie la
pellagra
L‟abitazione era costituita spesso da case piccole e
malsane, oppure da capanne o grotte, soprattutto nel
Mezzogiorno
Gli elettori in Italia
Il diritto di voto era molto selettivo e creava un
elettorato assai ristretto
Bisognava essere maschi,
avere 25 anni,
sapere leggere e scrivere e
si dovevano pagare almeno 40 lire di imposte
all‟anno
popolazione
22.000.000
elettori
400.000
pari al 2%
elettori rispetto alle popolazione
Gli uomini politici italiani
Il tasso di astensione era altissimo (fino al 50%)
Il sistema elettorale era uninominale: ogni circoscrizione
elettorale (in genere piccola) eleggeva un solo deputato
Un deputato poteva essere eletto con solo qualche
centinaio o addirittura qualche decina di voti
La vita politica era basata sull‟operato e l‟ascendente
di singole personalità, e non su partiti, che non esistevano, o
su programmi definiti
I leader politici erano pochi notabili, e il governo riusciva a
far eleggere i deputati che si impegnavano a sostenerlo
In queste condizioni la classe dirigente era isolata
rispetto alla popolazione
La Destra storica
Lo schieramento politico che governò l‟Italia dal 1861 al 1876 fu la cosiddetta Destra storica (dalla posizione del Parlamento che occuparono solitamente)
Era un gruppo dirigente formato da membri provenienti da famiglie di grandi proprietari terrieri, spesso aristocratici
Essi provenivano soprattutto da Piemonte, Lombardia, Toscana, mentre era minore la presenza politica dei meridionali
Politicamente la Destra storica rappresentava un centro moderato-conservatore
I veri conservatori erano tuttavia rimasti fuori dalle istituzioni: erano i clericali e i nostalgici dei regimi rovesciati dall‟unificazione
Quintino
Sella (Piemonte)
Stefano Jacini
(Lombardia)
Marco Minghetti
(Emilia – Rom.)
Bettino Ricasoli
(Toscana)
Le idee della Destra storica
Gli uomini della Destra erano convinti di essere la parte migliore del paese
Erano sicuramente onesti e rigorosi
Il loro errore politico fu di considerare le sorti della loro parte politica indistinguibili da quella della nazione e delle istituzioni statali
Ritenevano che esse andassero difese contro i “neri”, cioè i sostenitori della Chiesa cattolica, e i “rossi”, i repubblicani più accesi
Non comprendevano il significato delle inquietudini e dei fermenti sociali, che consideravano solo minacce all‟unità d‟Italia.
La Sinistra storica
Lo schieramento avversario fu la Sinistra
I suoi deputati erano gli esponenti della “sinistra piemontese”e
ex mazziniani e sostenitori di Garibaldi, che avevano rinunciato al loro repubblicanesimo e deciso di inserirsi nelle istituzioni monarchiche
I sostenitori della Sinistra erano la piccola e media borghesia cittadina (professionisti, intellettuali, commercianti, imprenditori), artigiani e operai del Nord (che non votavano)
I punti qualificanti del suo programma: suffragio universale, decentramento amministrativo e completamento dell‟Unità (Roma e il Triveneto)
Agostino Depretis
(sinistra piemontese)
Francesco Crispi
(Sicilia,
ex garibaldino)
Benedetto Cairoli
(Lombardia,
ex garibaldino)
Il forte accentramento amministrativo
La strategia della Destra storica perseguì un forte accentramento politico e amministrativo per avere un controllo strettissimo sull‟intero paese
Il motivo più pressante che spinse i governanti a attuare questa strategia fu la situazione del Mezzogiorno
Qui il disagio sociale dei contadini si unì al malcontento subentrato alle speranze suscitate dal processo di unificazione nazionale: il nuovo stato unitario non aveva migliorato le condizioni di vita e i rapporti sociali tra proprietari e masse rurali
La pesantezza delle tasse e la leva obbligatoria imposta dal governo unitario resero il Mezzogiorno sempre più incontrollabile
Il brigantaggio
Un moto di rivolta esteso a tutta l‟Italia meridionale continentale durò per alcuni anni
Esso era sostenuto da una parte del clero e sostenuto economicamente anche da membri della corte borbonica, in esilio a Roma
Il moto era animato da bande di “briganti”, composte da malviventi, contadini insorti, ex soldati dell‟esercito borbonico e cospiratori anti-unitari
Il modus operandi di queste bande era l‟assalto a piccoli centri, l‟assassinio dei notabili liberali, l‟incendio degli archivi comunali e la fuga successiva tra le montagne
Il brigante abruzzese Fasanella
messo in posa dopo la cattura
Il brigante campano Michele
Caruso, detto “colonnello”
La repressione del brigantaggio
I governi repressero il brigantaggio con notevole violenza
Nel 1863 circa metà dell‟esercito italiano fu impiegato per combattere il fenomeno
Nello stesso anno fu approvata una legge che imponeva il regime di guerra alle regioni dichiarate “in stato di brigantaggio” : tribunali militari e fucilazioni immediate per chi avesse resistito all‟arresto
Il brigantaggio venne debellato entro il 1865, sia grazie all‟efficacia dell‟azione repressiva, sia per la stanchezza della popolazione coinvolta
Il bilancio finale: 5200 morti e 5000 arrestati
La brigante
Michelina di Cesare
Il brigante
Napolitano
ucciso da un
bersagliere
Cifre(1861-1863) :
briganti1038 fucilati; 2413 morti in
conflitto; 2768 arrestati; 932
costituitisi.
Esercito: 307 morti, 91 feriti, 6
prigionieri,19 dispersi
Problemi economico - sociali
I problemi economici aperti al momento dell‟unificazione
erano
uniformare sistemi monetari e fiscali diversi
rimuovere le barriere doganali esistenti tra gli Stati
preunitari
costruire infrastrutture di comunicazione efficienti
in modo da avvicinare i territori del paese, affinchè si
formasse un mercato nazionale (fine pratico) e per
dare l‟impressione ai cittadini di vivere in un un
paese moderno e progredito (fine “simbolico”)
Una politica economica liberista
I governi della destra storica operarono secondo una mentalità liberista e
vedevano per l‟Italia un solo modello di sviluppo possibile. quello legato all‟agricoltura, in quanto ritenevano che dovessero essere sfruttate al massimo le potenzialità naturali del paese
I settori più evoluti e strategici per uno sviluppo futuro (industria meccanica, siderurgia) non ebbero sostegni da parte governativa
Inoltre i primi governi post-unitari si dovettero confrontare con problemi strutturali gravi: mercato interno ristretto e difficoltà finanziarie notevoli
Legislazione doganale e interscambi
La legislazione doganale, liberista (bassi dazi) del
Piemonte fu estesa a tutta Italia
Le vie di comunicazione furono rafforzate, in
particolare vennero fatti da governo e privati notevoli
investimenti nel settore ferroviario per collegare le
principali città del Regno da Nord a Sud
L‟interscambio commerciale tra le diverse zone
del paese crebbe, soprattutto giovando alle popolazioni
abituate a produrre per l‟autoconsumo
La produzione agricola ebbe una decisa crescita
Il settore industriale
Il settore industriale non ebbe effetti positivi dall‟unificazione
Il settore più florido fu la produzione della seta
(tradizionalmente export – oriented)
La produzione laniera arretrò
Settori strategici, la siderurgia e la meccanica,
entrarono in crisi: erano troppo deboli per partecipare al
business ferroviario (il governo dovette affidarsi a imprese
straniere per costruire binari e vagoni)
La scarsa industria del sud fu soffocata dalla politica
libero-scambista e le lavorazioni artigianali con cui le
famiglie integravano lo scarso reddito agricolo furono messe in
crisi dalla penetrazione dei rapporti di mercato nelle campagne
Integrazione europea e tasse
La politica liberista determinò l‟integrazione dell‟Italia nel sistema economico d‟Europa
Lo sviluppo agricolo degli anni 1860/70 permise una modesta accumulazione di ricchezza da poter reinvestire
Tali capitali furono in parte prelevati dal governo sotto forma di tasse e sostennero la costruzione delle infrastrutture,oltre che pagare le spese correnti del nuovo Stato
La tassazione si mantenne relativamente equilibrata per cinque anni, 1861-1866:imposte dirette, sui redditi e sulle proprietà terriere; imposte indirette, sul sale, i tabacchi, sui generi alimentari, su ipoteche, successioni, imposte di bollo e registro
La situazione fiscale si aggravò dopo la III Guerra di indipendenza, nel 1866, a causa del conflitto e di una crisi economica internazionale
Corso forzoso e tassa sul macinato
Lo Stato dovette reperire soldi in grande quantità e avviò alcune misure decisamente pesanti
Nel 1867 venne introdotto il corso forzoso: lo Stato non era obbligato a convertire in oro i biglietti di carta emessi dalle banche e permetteva la stampa di questi in stock maggiori
Le imposte indirette furono inasprite, in particolare fu introdotta nel 1868 dal ministro Sella l‟odiatissima tassa sul macinato: un‟imposta da pagare al mugnaio al momento del ritiro della farina, e che colpiva in pratica il pane, cibo popolare per eccellenza
Si ebbero,in conseguenza di essa, grandi agitazioni sociali specie nella campagne padane, dove la repressione governativa calò pesantemente (i morti a livello nazionale furono 250)
Il ministro Quintino
Sella
Il completamento dell‟unità
(1866 – 1871)
Breccia a Porta Pia, Roma
Il problema di Roma
Era aperto il problema dell‟unificazione non completa, in quanto esistevano territori abitati da popolazioni italiane, ma rimasti esclusi dal processo di unità nazionale
Si trattava di Roma (e del Lazio) e del Triveneto
La questione più problematica riguardava Roma, che lo stesso Cavour rivendicò come capitale d‟Italia poco prima di morire
La Destra intendeva raggiungere l‟obiettivo – Roma per via diplomatica
La Sinistra avrebbe voluto invece una guerra popolare, che sarebbe stata anche una via di iniziativa politica
La questione romana: la posizione di
Cavour e Pio IX
La questione centrale per giungere a Roma capitale era costituita dalla presenza in essa del papa
Cavour aveva portato avanti trattative segrete per giungere a una soluzione di compromesso: lo Stato italiano avrebbe lasciato a papa e clero la libera facoltà di esercitare pienamente il loro magistero spirituale e in cambio il pontefice avrebbe dovuto rinunciare al potere temporale e riconoscere l‟Italia
Papa Pio IX però rifiutava ogni idea di compromesso
Il tentativo fallito dell‟Aspromonte
Garibaldi nel 1862 in Sicilia annunciò la sua volontà di attaccare lo Stato pontificio alla guida di volontari, sperando che il governo italiano non sarebbe intervenuto per bloccarlo o impedire il raduno dei volontari
Napoleone III, protettore del papa, fece però intendere a Vittorio Emanuele II che non avrebbe accettato un‟altra iniziativa come quelle del 1859-1860
Il re d‟Italia proclamò lo stato d‟assedio per l‟intero Mezzogiorno e la Sicilia
Alla fine di agosto 1862 i volontari di Garibaldi radunatisi in Calabria furono affrontati dall‟esercito regolare sull‟Aspromonte
Il confronto armato si concluse con il ritiro dei volontari, alcuni morti da entrambi le parti e il ferimento di Garibaldi, che fu deportato in una fortezza militare e poi si ritirò nell‟isola di Caprera
Il governo italiano con la “convenzione di settembre” del 1864, si impegnò con Napoleone III a rispettare i confini dello Stato pontificio, in cambio del ritiro della guarnigione francese dal Lazio. Come garanzia del suo impegno, il governo Minghetti trasferì la capitale da Torino a Firenze
Garibaldi ferito
visitato dal medico
inglese Partridge
La III Guerra di indipendenza
L‟altro fronte aperto per completare l‟unificazione era il Triveneto, considerato parte indispensabile d‟Italia per completare il territorio nazionale secondo i suoi “confini naturali” (le Alpi)
L‟occasione per annetterlo fu l‟offerta di Bismarck al governo italiano: alleanza con la Prussia nella guerra contro gli Asburgo in cambio del Veneto, 1866
La guerra contro gli Asburgo, ricordata come III Guerra di indipendenza, fu militarmente negativa: l‟esercito italiano mal guidato da ufficiali non all‟altezza perse due battaglie, una di terra a Custoza, vicino a Verona, l‟altra per mare presso l‟isola di Lissa (di fronte all‟attuale Crozia)
La pace di Vienna fu un parziale insuccesso per l‟Italia, che ebbe solo il Veneto, e non Venezia Giulia e Trentino, da allora chiamate “terre irredente”
Altre conseguenze negative: il grande dispendio finanziario e la crisi morale dell‟opinione pubblica italiana, che sentiva il nuovo Stato come indadeguato rispetto alle altre grandi nazioni europee
Ossario di Custoza
Battaglia di Lissa
La presa di Roma
L‟ultimo tentativo di riprendere Roma attraverso il volontarismo fu messo in atto da Garibaldi, organizzò l un corpo di volontari radunatosi in Toscana .
i garibaldini furono respinti a Mentana da un corpo di spedizione francese intervenuto a difesa del papa
Nel 1870, dopo la sconfitta della Francia a Sedan, il governo italiano mandò in Lazio un corpo di spedizione e cercò di aprire una trattativa con Pio IX, che però rifiutò
il 20 settembre 1870 truppe italiane aprirono con l‟artiglieria una breccia a Porta Pia, nella cinta muraria di Roma, e dopo un breve combattimento con le truppe pontificie, entrarono a Roma.
Gli abitanti di Roma e del Lazio con un plebiscito votato a larghissima maggioranza, approvarono l‟annessione al regno d‟Italia
L‟apertura della breccia a Porta Pia
La breccia a Porta Pia in una foto dell‟epoca
L‟Italia nel 1870
La legge “delle guarentigie”
Lo Stato italiano regolò i rapporti con il papato attraverso una legge chiamata “delle guarentigie” (cioè delle garanzie), 13 settembre 1871
La legge prevedeva che lo Stato italiano garantisse al papa le condizioni per lo svolgimento libero del suo magistero spirituale
Il papa avrebbe avuto onori sovrani, la facoltà di tenere un suo corpo di guardie armate, diritto di rappresentanza diplomatica, extraterritorialità per i palazzi del Vaticano e del Laterano, libertà di comunicazione di ogni tipo con il resto del mondo
Inoltre lo Stato offrì al pontefice una dotazione annua alla corte papale pari alla cifra stabilita nel bilancio dello Stato della Chiesa, ma il papa rifiutò
Il non expedit
Già nel 1861 il clero cattolico aveva rivolto ai cittadini italiani un invito non ufficiale a non partecipare alla vita politica del nuovo Stato
Il papa Pio IX ampliò la frattura con lo Stato italiano nel 1874
In questa data la Curia romana pronunciò il divieto esplicito di partecipare alle elezioni politiche per i cattolici
Tale invito fu pronunciato con la formula «non expedit»,cioè “non giova”, “non è opportuno”
Dalla Destra alla Sinistra
Il governo della Sinistra
La Destra entrò in crisi nella prima metà degli anni ‟70 A a causa delle divisioni interne tra gruppi regionali
La sua caduta avvenne nel 1876, quando durante una votazione sul progetto di legge relativo alla gestione statale delle ferrovie il governo Minghetti fu battuto e si dimise
Vittorio Emanuele II affidò l‟incarico di Presidente del Consiglio a Agostino Depretis, leader della Sinistra
La Sinistra aveva moderato le sue posizioni politiche, in parte come conseguenza del timore suscitato in Italia dalla Comune di Parigi
In parte per l‟allargamento dello schieramento di Depretis alla “sinistra giovane”, deputati moderati che non avevano interesse ai valori risorgimentali, ma invece intendevano difendere i propri interessi territoriali o personali
Agostino Depretis
Riforma elettorale
Altra riforma del governo Depretis fu quella del suffragio
I nuovi requisiti per votare erano:
avere compiuto 21 anni
avere completato l‟obbligo scolastico (o sapere leggere e scrivere)
il censo era alternativo all‟istruzione, ma era abbassato a 20 lire
di reddito annuo
28.500.000
2.000.000
Elettori (dal 1882)
popolazione
votanti
Mutamenti del corpo elettorale
Il corpo elettorale aveva una composizione più ampia e variegata rispetto a quanto accadeva in precedenza
Acquisirono diritto di voto sia una parte della piccola borghesia urbana, sia una frazione non trascurabile di operai e artigiani del Nord
Fatto notevole fu che nelle prime elezioni a suffragio allargato venne eletto il primo deputato dichiaratamente socialista, l‟ex anarchico Andrea Costa
Andrea Costa,
primo deputato
socialista del Parlamento
italiano
Legge Coppino sulla scuola Depretis guidò la politica italiana per
più di dieci anni, tra 1878 e 1887 (tranne quando guidò il governo Benedetto Cairoli, tra 1878 e 1871)
Il programma della Sinistra non mantenuto del tutto: rinunciò al decentramento amministrativo
Riformò l‟istruzione elementare, almeno sulla carta, portando l‟obbligo scolastico a nove anni con la legge Coppino (secondo la precedente legge Casati, del 1859, era di otto anni): 1877
Sia la povertà di molti italiani, sia l‟incapacità dei comuni di far rispettare l‟obbligo, resero la legge poco efficace per contrastare in tempi brevi il problema dell‟analfabetismo, che scese al 50% solo all‟inizio del „900
70% 63%
50%
0% 50% 100%
analfabet
ismo
1901
1881
1871
La pratica del trasformismo
Depretis temeva che l‟allargamento del suffragio rafforzasse l‟estrema sinistra
Decise quindi di cercare una convergenza politica con uomini della Destra, guidati da Minghetti, stringendo con essi un‟alleanza elettorale
Questa convergenza elettorale trasformò la politica italiana: da un bipartitismo all‟inglese (destra/sinistra, conservatori/progressisti) si passò a un nuovo equilibrio politico dominato da un grande centro, che spinse ai margini della lotta politica gli schieramenti estremi (conservatori e estrema sinistra, definita “radicale”)
La maggioranza non era basata su precise distinzioni programmatiche, ma veniva costruita attraverso compromessi e patteggiamenti
Questa pratica politica fu definita spregiativamente dai contemporanei “trasformismo”
Marco Minghetti
protagonista del
trasformismo
Felice Cavallotti,
leader dei radicali
I miglioramenti relativi dell‟agricoltura
L‟inchiesta Jacini
L‟agricoltura italiana era migliorata nel ventennio 1860-1880 per le quantità prodotte, mentre sia i rapporti di lavoro, sia le tecniche impiegate erano rimasti invariati
Gli unici progressi qualitativi riguardarono le zone agricole e i settori produttivi più moderni: Pianura padana e coltivazioni specializzate nel Sud Italia
Una famosa inchiesta condotta dal Parlamento italiano e guidata dal senatore della Destra Stefano Jacini mise in luce la situazione miseranda di buona parte dei contadini della penisola: analfabeti, sottopagati, malnutriti
L‟inchiesta, lunga e difficile (1877-1882) chiese ai proprietari e al governo stesso di introdurre riforme: attuare bonifiche, migliorare i sistemi di irrigazione, avvicendare le colture con maggiore raziocinio, e variarle
La crisi agraria degli anni „80
La crisi agraria cominciò all‟inizio degli anni „80,
quando i prodotti agricoli statunitensi, giunti sulle
navi a vapore in Europa grazie ai progressi della
navigazione, determinarono uno shock sui mercati
europei per i loro prezzi bassi
La concorrenza statunitense costrinse i produttori italiani
a abbattere i prezzi, soprattutto dei cereali e in
seguito a diminuire la produzione (25% in dieci anni)
La conseguenza della crisi furono forti tensioni sociali
nelle campagne e una forte emigrazione dalle
campagne verso le città e soprattutto verso l‟estero
Un cambiamento di politica economica
La tariffa protezionistica del 1887
L‟effetto positivo della crisi fu che essa costrinse gli uomini politici italiani a cambiare le loro idee sull‟economia, che non poteva imperniarsi solo sull‟agricoltura
Gli esponenti della Sinistra decisero di attuare una politica meno liberista e più attenta a tutelare la produzione industriale italiana attraverso appositi dazi
Nel 1887 fu introdotta dall‟ultimo governo Depretis una tariffa generale che proteggeva dalla concorrenza straniera i prodotti di alcuni settori industriali e agricoli: siderurgia, lana, cotone e zucchero (industria) e cereali (agricoltura)
Tale tariffa nacque da una esplicita convergenza di interessi tra gli imprenditori industriali del Nord, titolari di industrie protette, e i grandi proprietari terrieri di Nord e Sud
Gli effetti negativi della tariffa del 1887
Effetti negativi della nuova tariffa dell‟ 87
Non veniva protetta l‟industria meccanica
Non veniva sostenuta l‟industria della seta (export
oriented)
il dazio sul grano fece crescere i prezzi dei cereali: questo
andava a vantaggio dei produttori (maggiori ricavi),ma
danneggiava i consumatori
Le colture specializzate del Sud entrarono in crisi,perché
ad esse si chiusero molti sbocchi di mercato all‟estero,
specie in Francia (con la quale l‟Italia cominciò una dura e
lunga guerra doganale)
Debolezza e isolamento dell‟Italia
L‟Italia aveva una posizione internazionale debole, e era
sostanzialmente isolata rispetto alle grandi potenze europee:
Gran Bretagna, Germania, Francia, Impero Asburgo
Durante il congresso diplomatico di Berlino del 1878,
voluto da Bismarck per sistemare gli equilibri europei in modo
da rendere inoffensiva la Francia, l‟Italia non ottenne nulla,
mentre l‟Impero Asburgo ebbe la possibilità di espandersi nei
Balcani senza cedere nè Trentino, né Venezia Giulia
Nel 1881, la Francia aveva conquistato militarmente la
Tunisia, che l‟Italia sperava diventasse la sua prima colonia, in
quanto in essa era presente una nutrita comunità italiana
(soprattutto siciliana)
Il congresso di Berlino, 1878
La Triplice Alleanza: un accordo
difensivo (1882)
L‟isolamento spinse la diplomazia italiana a firmare con Impero Asburgo e Germania la Triplice Alleanza nel maggio 1882
Era un‟alleanza difensiva in cui gli Stati coinvolti avrebbero dovuto garantirsi aiuto reciproco se fossero state attaccati da altri Stati
L‟Italia diventava in questo modo parte del sistema di Bismarck, in cui non otteneva alcun vantaggio plausibile: essa era garantita solo contro un (improbabile) attacco francese, e doveva rinunciare a qualsiasi pretesa sulla Venezia Giulia e il Trentino
L‟alleanza era stata caldeggiata dal nuovo re Umberto I e dagli ambienti militari per dare stabilità alle istituzioni dello Stato che avrebbero tratto giovamento dal sostegno delle nazioni conservatrici d‟Europa
Fazzoletto che celebra la
Triplice Alleanza:
Umberto I (sn), stringe la mano
a Francesco Giuseppe (centro),
che tiene stretta la mano di
Guglielmo I (dx)
Gli Stati che firmarono la Triplice
alleanza (1882)
Il rinnovo della “Triplice”
Rimase aperto il problema delle terre “irredente”, che fece nascere associazioni “irredentistiche” di matrice radicale e repubblicana
Nel 1887, l‟Italia rinnovò la Triplice ottenendo due nuove clausole migliorative
1. Modifiche territoriali nei Balcani sarebbero state concordate tra Austria e Italia e eventuali vantaggi per uno Stato avrebbero fatto scattare “compensi” per l‟altro
2. La Germania avrebbe aiutato militarmente l‟Italia in caso di guerra provocata da un attacco della Francia contro i territori di Marocco e Tripolitania
Cartolina commemorativa
di Guglielmo Oberdan,
irredentista triestino
che cercò di attentare alla vita
dell‟imperatore Francesco
Giuseppe e per questo fu
condannato a morte dal
governo austriaco
La penetrazione in Eritrea (1882-1885)
Il governo di Depretis diede inizio a una penetrazione in Africa Orientale, in una zona scelta per la presunta facilità della sua conquista
Nel 1882 l‟Italia aveva acquistato una baia sul Mar Rosso, Assab (da una compagnia di navigazione italiana, la Rubattino) e nel 1885 era stato mandato qui un corpo di spedizione, che occupò un‟area tra Assab e la città di Massaua, mettendo sotto controllo il porto della città, nella regione dell‟Eritrea, al confine con l‟impero Etiopico
In questa zona però non esistevano interessi economici o strategici che motivassero un intervento
L‟impero d‟Etiopia (detta Abissinia) era un vasto dominio territoriale guidato dal negus(imperatore) Giovanni IV e controllato da signorotti locali (ras): povero, di prevalente religione cristiana copta, viveva di pastorizia
La zona di stanziamento italiano in
Eritrea
1882
1885
Eccidio di Dogali Gli italiani cercarono di entrare
militarmente dalle coste nell‟interno, di fatto sconfinando nel territorio dell‟impero etiopico con l‟uso della forza
Il negus e soprattutto i ras si opposero militarmente a quella che si configurava come un‟invasione
All‟inizio del 1887, a Dogali, una colonna di soldati italiani subì un‟imboscata e venne sterminata dai soldati etiopi di ras Allula
L‟episodio determinò durissime reazioni in Italia, sia da parte dell‟estrema sinistra, contraria alle iniziative coloniali, che scese in piazza per protestare
Sia da parte della Camera, che decise uno stanziamento straordinario per sostenere la presenza militare italiana nella zona
La colonna di 540 soldati italiani e 50
eritrei fu sorpresa da 5000 soldati
etiopici mentre portava aiuto a un
presidio militare italiano.
Morirono in 433, gli altri rimasero
gravemente feriti
Il governo di Francesco Crispi
Francesco Crispi, ministro dell‟interno, succedette a Depretis quando questi scomparve nell‟estate del 1887
Crispi sembrava mettere d‟accordo tutti: era ben visto a sinistra in quanto ex mazziniano e garibaldino
Era guardato con fiducia dai conservatori, perché promise un governo autorevole, se non autoritario, e deciso, sul modello di Bismarck
Era sorretto da una maggioranza assai ampia e occupò tutti i ruoli chiave del governo: Presidenza del consiglio, ministero dell‟Interno, ministero degli Esteri
Il suo governo equilibrò autoritarismo, razionalizzazione dell‟apparato statale e aperture sociali
Tra progressismo e conservatorismo
Significativo il caso di leggi come
1. la legge che allargò il suffragio delle elezioni amministrative (tutti i maschi maggiorenni che sapessero leggere e scrivere o pagassero 5 lire di tasse) e rese elettivi (e non scelti dal governo) i sindaci delle città superiori a 10.000 abitanti
Il codice penale Zanardelli, che abolì la pena di morte e riconobbe (anche se non nella lettera delle leggi) il diritto di sciopero
equilibrato da
la nuova legge di Pubblica Sicurezza, che limitava le libertà sindacali e permetteva alla polizia, senza autorizzazione della magistratura, di inviare al domicilio coatto preventivo gli elementi “pericolosi”
Tale legge servì a Crispi come strumento repressivo contro il movimento operaio, le organizzazioni cattoliche e gli ambienti repubblicani irredentisti
Fine del governo Crispi
Crispi impostò e attuò una politica estera aggressiva, con l‟obiettivo di affermare il ruolo dell‟Italia come grande potenza internazionale
Per ottenere questo risultato volle rafforzare i legami tra Italia e Germania, nell‟ambito della Triplice Alleanza
Inoltre,sulla base di questo legame con la Germania, volle continuare e consolidare l‟iniziativa coloniale nella zona del Corno d‟Africa
Fece mandare a Massaua un corpo di spedizione più poderoso, riorganizzò con il nome di Colonia Eritrea i territori controllati dagli italiani e progettò una ulteriore espansione verso la Somalia
La politica coloniale era però malvista in Italia a causa dei suoi costi economici, e la crescente avversione nei confronti della sua azione lo costrinse alle dimissioni dopo un voto di sfiducia
Gli succedettero prima il marchese di Rudinì, quindi Giovanni Giolitti
Antonio di Rudinì
Giovanni Giolitti
Giolitti: idee fiscali e sociali
Giolitti, nato nel 1842, fu il primo Presidente del Consiglio a non essere stato coinvolto nel Risorgimento
Era stato un alto funzionario statale e come politico si era distinto per le critiche alla gestione economica della Sinistra
Le sue idee fiscali erano “progressiste” per l‟epoca: riteneva che il carico fiscale andasse ripartito in modo più equo così da pesare meno sulle classi sociali meno abbienti, mentre le aliquote “progressive” avrebbero dovuto essere più alte per i redditi maggiori
Rivestendo anche la carica di ministro degli Interni preferì una strategia di contenimento del movimento operaio e delle organizzazioni popolari, anziché un‟azione indiscriminatamente repressiva
I fasci siciliani, 1892 -1893
Durante il suo primo governo si verificò un episodio di grande peso, i cosiddetti Fasci Siciliani, 1892-1893
Si trattò di un ampio movimento di protesta sociale scoppiato in Sicilia
I suoi obiettivi erano: la diminuzione delle tasse, la denuncia del malgoverno locale
Le sue richieste: terre per i contadini e patti agrari meno favorevoli ai grandi latifondisti
Il movimento era guidato da uomini di tendenza socialista e durante le sue manifestazioni si verificarono episodi anche molto violente
Nonostante la pressione degli ambienti conservatori sia del Parlamento, sia della corte umbertina, Giolitti decise di controllare il movimento senza adottare leggi eccezionali, ma solo attraverso l‟intervento della forza pubblica
Lo scandalo della Banca Romana, 1893
Il governo di Giolitti fu però indebolito dall‟episodio dei Fasci, tanto che non sopravvisse ad uno scandalo che lo travolse
Tale scandalo era legato alla Banca Romana, un grande istituto di credito che dopo essersi arricchito durante gli anni della speculazione edilizia nella Roma post-unitaria, aveva subito le conseguenze della crisi economica
I debitori della Banca erano soprattutto costruttori, che, con il fallimento delle proprie imprese edilizie, non potevano onorare i loro impegni
La Banca tenne nascoste le sue vere condizioni di difficoltà attraverso operazioni contabili e finanziarie illegali, coperte dai governi dell‟epoca, soprattutto quando ministro del Tesoro, responsabile di vigilare sulle irregolarità, nel governo Crispi era proprio Giolitti
Lo scandalo scoppiato nel 1893 costrinse Giolitti alle dimissioni da Presidente del Consiglio
Un‟immagine del processo
ad alcuni responsabili
dello scandalo della
Banca Romana
La Banca Romana fu anche
istituto di emissione
Il ritorno al governo di Crispi Una commissione d‟inchiesta parlamentare scoprì che in realtà
esistevano legami stretti e molto pericolosi che univano da anni molti politici e giornalisti italiani alla Banca
Essa finanziava questi politici e giornalisti per averne adeguata copertura, e i governi sia di Crispi, sia di Giolitti avevano ricevuto anticipazioni di denaro che veniva utilizzato per comprare la stampa e influenzare così l‟opinione pubblica durante le campagne elettorali
Paradossalmente, successore di Giolitti alla Presidenza del Consiglio fu Crispi, che era implicato nello scandalo allo stesso modo del politico piemontese
Tale scelta fu dovuta alle pressioni su Umberto I fatte dai gruppi conservatori e da Crispi stesso, che volevano eliminare dalla scena politica un uomo ritenuto debole come Giolitti
Bibliografia
G. Sabbatucci – V. Vidotto, Storia contemporanea.
“L‟Ottocento”, Roma – Bari, Laterza, 2002
G.Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. VI, “Lo sviluppo
del capitalismo e del movimento operaio”, Milano,
Feltrinelli, 1970