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Leo Spitzer Lo stile e il metodo Atti del XXXVI Convegno Interuniversitario (Bressanone/Innsbruck, 10-13 luglio 2008) a cura di Ivano Paccagnella e Elisa Gregori
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L’indagine etno-antropologica del linguista: sulle «Lettere di prigionieri di guerra italiani (1915-1918)», in Leo Spitzer. Lo stile e il metodo – Der Stil und die Methode, a

Feb 24, 2023

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Leo SpitzerLo stile e il metodo

Atti del XXXVI Convegno Interuniversitario(Bressanone/Innsbruck, 10-13 luglio 2008)

a cura di Ivano Paccagnella e Elisa Gregori

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VIALE
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Estratto
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Questo volume è stato stampato con il contributodel Dipartimento di Romanistica dell’Università degli Studi di Padova

© 2010 Esedra editrice s.r.l.via Palestro, 8 - 35138 PadovaTel e fax 049/723602e-mail: [email protected]

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Quaderni del Circolo Filologico Linguistico Padovano

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fondati da Gianfranco Folena

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Giulia A. Disanto

L’indagine etno-antropoLogica deL Linguista:suLLe Lettere di prigionieri di guerra itaLiani (1915-1918)

Ho sempre cercato di evitare il tanfo polveroso di una scienza squallida, e spero che il lettore non se la prenderà se lo introduco nella vita dove essa pulsa più fervida, presentandogli una serie di testimonianze del periodo della guerra che ha appena cessato di imperversare.1

così scrive Leo spitzer nell’introduzione alla sua raccolta delle Lettere di prigionieri di guerra italiani del 1921 e sembra dirci che se il metodo è erlebnis, allora la lingua è vita e lo è ancor più nel caso della lingua degli umili e prigionieri, lontana dalla forma letteraria e carpita nella sua natura immediata di espressione necessaria del tempo presente.

prestando servizio dal 1915 al 1918 all’ufficio di censura austriaco di Vienna, spitzer venne a contatto con un immenso numero di lettere scritte in italiano da prigionieri, internati, disertori e, più raramente, soldati italia-ni o italo-austriaci e ne comprese subito il valore documentario. al giovane studioso che aveva lamentato nell’insegnamento di Meyer-Lübke il fatto di offrire soltanto «la preistoria» della lingua e non la sua «storia», e che rimproverava alle discipline umanistiche la troppo parca attenzione dedi-cata al «popolo determinato», all’«epoca determinata» e all’«uomo»2 che da sempre si celano dietro ogni processo linguistico, non poteva sfuggire lo spessore di quell’esercizio calligrafico che molti prigionieri appartenen-ti alla classe popolare stavano realizzando, per la prima volta, spinti dalla drammatica condizione della guerra e della prigionia.

del resto, nelle umschreibungen des Begriffes “Hunger” im italienischen del 1920 spitzer esordiva col dire che se alla scienza linguistica era mancata sempre la possibilità di un esperimento del tipo di cui dispongono le scien-ze naturali, la guerra creava ora esperimenti negli ambiti più diversi, com-preso quello linguistico. La censura, chiamata «figlia della guerra», (Lp, 3)

1 L. Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani: 1915-1918, presentazione di L. renzi, trad. it. di r. solmi, torino, Boringhieri, 1976, p. 5 (d’ora in poi citato come Lp seguito dal numero di pagina).

2 L. Spitzer, Linguistica e storia letteraria, trad. di L. terracini, in Id., Critica stilistica e seman-tica storica, a cura di a. schiaffini, Bari, Laterza, 1966, p. 75 sg.

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rappresentava il laboratorio per lo studio di una materia linguistica viva. allo stesso tempo, attraverso l’interdizione, essa fungeva anche da elemen-to catalizzatore di quel processo di variazione linguistica che si offriva ge-nerosamente, in occasione della guerra, all’attento esame dello studioso.3

assieme al biologo e collega all’ufficio di censura paul Kammerer, spitzer aveva addirittura sollecitato la trasformazione dell’ufficio in una Briefforschungsstelle, una sede dedicata appositamente allo studio delle lette-re; se ciò non era possibile durante il conflitto per la necessità di consegnare celermente la corrispondenza ai suoi destinatari, almeno si sarebbe dovuto auspicare nel dopoguerra per l’analisi delle tante lettere disperse.4 si com-prende facilmente che l’operazione di spitzer, il quale sembrava anteporre l’importanza dello studio delle lettere alla compassione per gli umili e di-sperati autori, dovesse generare in italia aspre critiche da parte dei perso-naggi dell’epoca, come cesare Foligno e antonino pagliaro, solo per citarne alcuni.5 È dunque utile soffermarsi sull’approccio metodologico adottato da spitzer nel prendere in esame il tema a lui contemporaneo della guerra.

La raccolta di spitzer, il cui nucleo fondamentale risaliva già al 1916 e si arricchì di nuovi testi fino al 1918, anticipa quella discussione sulla partecipazione della classe popolare alla grande guerra che verrà avviata in italia solo molto tempo dopo, così come emerge dal saggio introduttivo di Lorenzo renzi all’edizione italiana delle Lettere.6 scrivendo della guerra di coloro che adolfo omodeo, nell’appendice ai suoi Momenti di guerra, chiamava «gli umili»,7 spitzer si poneva un obiettivo preciso: tracciare un «quadro delle caratteristiche psicologiche» di un determinato popolo in una data epoca; similmente accadeva in molti suoi studi di linguistica o

3 cfr. g. Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella grande guerra. Con una raccolta di lettere inedite, roma, editori riuniti, 1993. procacci fa notare, tra l’altro, che se i governi di Francia e gran Bretagna avevano optato per la spedizione collettiva di beni di prima necessità ai loro prigionieri, il governo italiano lasciò quest’onere ai privati e presto i pacchi risultarono insuf-ficienti; c’erano anche problemi nella spedizione e nella distribuzione di lettere e pacchi di importanza vitale. ai prigionieri era concesso chiedere generi alimentari e vestiario alle loro famiglie, non era tuttavia permesso lamentarsi della fame, il vero tormento della prigionia. gli interlocutori erano costretti allora a creare una serie di perifrasi, di messaggi cifrati, per comunicare alle famiglie quanto urgenti fossero quegli aiuti. La condizione di interdizione stimolava così la variazione linguistica.

4 L. Spitzer, die umschreibungen des Begriffes “Hunger” im italienischen: stilistisch-onomasio-logische Studie auf grund von unveröffentlichtem Zensurmaterial, Halle, niemeyer, 1920, pp. 1-4.

5 a proposito di tale polemica v. l’articolo di i. Jackson, L’auberge des trois F: la faim, la fiche, la philologie, in «Belfagor», LXii, maggio 2007, n° 369, pp. 343-347.

6 anche in germania, del resto, è solo dagli anni ’80 che si comincia a parlare del cosid-detto «Krieg des kleinen Mannes», la guerra degli umili. cfr. W. Wette (a cura di), der Krieg des kleinen Mannes. eine Militärgeschichte von unten, München, piper, 1992.

7 a. Omodeo, Momenti della vita di guerra: dai diari e dalle lettere dei caduti (1915-1918), intr. di a. galante garrone, torino, einaudi, 1968.

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letteratura, solo che questa volta l’epoca era quella di un presente irruento che, quando spitzer comincia a raccogliere i materiali, è ancora in pieno svolgimento.

anche se non sono uno psicologo di professione, il quadro che ho cercato di tracciare è di carattere prevalentemente psicologico. si trattava infatti di sfruttare un’occasione che non si sarebbe presentata mai più, e quindi pote-vo, anzi dovevo lasciare in secondo piano l’approccio linguistico che mi è più familiare. (Lp, 12)

come non avvertire in queste parole l’influenza esercitata su spitzer da un altro noto ebreo viennese, di cui il romanista, discutendo dell’importan-za dei neologismi, scriveva più tardi: «non è necessario ch’io faccia il nome di sigmund Freud, il quale in tutte le deviazioni umane dalla norma indicò non tanto l’elemento aberrante quanto la sua necessità e il suo lato pro-duttivo».8 nelle ‘deviazioni’ perifrastiche che si registravano negli straordi-nari documenti della posta di guerra sottoposta a censura, spitzer cercava anch’egli di evidenziare il carattere produttivo e di necessità.

con quell’entusiasmo che è prerogativa centrale nel modo di intendere la sua professione, egli analizza le lettere, le sceglie, le ordina, le cataloga per temi, ne ritaglia i brani tematicamente più significativi e, procedendo oltre la superficie del testo, attinge al carattere di un’italianità efficacemen-te intuita, a discapito di una valutazione generale del complesso quadro bel-lico di cui è difficile per il lettore di oggi oscurare l’aspetto storico-politico dei crimini commessi e delle responsabilità, comprese quelle relative alla censura e alle condizioni di reclusione dei prigionieri. spitzer si avvicina al materiale epistolare a sua disposizione secondo la dialettica individuale-uni-versale di cui non gli sfugge l’aspetto contraddittorio, e infatti scrive: «un problema difficile è quello di distinguere, nella corrispondenza, ciò che appartiene al singolo individuo da ciò che ha un valore generale», (Lp, 11) e inoltre, ancora nell’introduzione: «bisognerebbe chiedersi [...] fino a che punto i documenti pubblicati rappresentino un patrimonio specifico degli italiani e in che misura appartengano invece all’uomo in guerra» (Lp, 3).

nel tentativo di superare la contraddizione, spitzer parte allora proprio da quella che chiama «tendenza unificatrice della guerra» (Lp, 3); così come capolavori della letteratura di guerra, pensiamo ai noti romanzi di remarque o Barbusse, mettevano in secondo piano la nazionalità dei pro-tagonisti per enucleare la tragedia dell’essere umano in trincea, allo stesso modo la lettera di un prigioniero italiano non si differenziava sostanzial-

8 L. Spitzer, Sviluppo di un metodo. testo integrale della conferenza tenuta alla Facoltà di Lettere dell’università di roma il 23 maggio 1960, in «cultura neolatina», XX, 1960, fasc. 2, pp. 109-128: p. 110.

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mente da quella di un russo o di un tedesco:

[...] ogni corrispondenza di guerra non è che una quinta insignificante, a cui solo la guerra mondiale può conferire prospettiva e colore [...] le corrispon-denze si assomigliano fra loro come gocce d’acqua. (Lp, 7)

ciò che fonda scientificamente l’esperimento è tuttavia proprio l’uni-formità tematico-stilistica della corrispondenza, il suo carattere convenzio-nale, la frequenza dei fenomeni osservata in innumerevoli casi, l’iterazione di formule e motivi. L’elemento omologante della guerra avvalora l’opera-zione di spitzer che può procedere con un’indagine tipologica del materia-le selezionato e avviare così la sua indagine documentaria sulla ‘psicologia’ del popolo italiano.

nei ventiquattro capitoli della raccolta si percorrono temi chiave della letteratura di guerra, e vale la pena sottolineare che nell’analisi tipologica di spitzer ritroviamo le principali categorie di cui più tardi la critica lettera-ria e la storiografia si sarebbero servite copiosamente per cercare di seziona-re il mostro del conflitto bellico e ricavarne barlumi per la comprensione; dopo le considerazioni iniziali riguardanti la lingua, l’ortografia, le formule di apertura e saluto, troviamo temi quali la lontananza, il ricordo, l’attesa della pace, il sogno, la fotografia, i bambini e la moglie, i genitori, i compa-gni di sofferenza, la rassegnazione, la religiosità, la fame, il patriottismo ecc.

anche se spitzer sembra sottovalutare la portata storica di alcuni eventi di violenza, egli ha ben chiaro il senso della sua operazione e anche la scelta di dare alla raccolta un taglio non politicizzato è consapevolmente fondata. scrive infatti:

Va da sé che ho raccolto e valutato questi testi senza alcun pregiudizio di ca-rattere nazionale o partitico, poiché di fronte a un argomento così immenso nel tumulto e nel fragore dell’epoca io conosco solo un principio: quello del-lo scrupolo scientifico e della fedeltà ai fatti. imparando a conoscere i popoli stranieri, infatti, noi ci muoviamo incessantemente in direzione dell’ideale che solo può essere auspicato dalla vera scienza: la comprensione degli altri popoli, e la sua conseguenza, l’intesa reciproca fra i popoli. (Lp, 5)

individuiamo alla base della raccolta un’innegabile intenzione pacifista, che emerge anche in altre opere del periodo bellico, nella fiducia per il mezzo dialogico che anima la italienische umgangssprache conclusa già nel ’14, come nei saggi antimilitaristi pubblicati sulla rivista di sinistra «die Wage» nell’immediato dopoguerra: organisationsmystik und Befehlswahn e Welt-, Wert- und Wortordnung.9 inoltre, per la rivista «der Friede», spitzer

9 cfr. L. Spitzer, organisationsmystik und Befehlswahn, in «die Wage», 18.4.1919 e Welt-,

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cura nel 1919 una breve silloge delle lettere dei prigionieri per il pubblico di lingua tedesca. si tratta della Weisheit der Kriegsgefangenen, pubblicata per la prima volta in italiano a cura di Lorenzo renzi nel 1976, anno dell’edi-zione italiana delle Lettere.10 La scelta dei passi aveva questa volta una netta impronta ideologica tanto più che si trattava di una risposta in tono pro-vocatorio e pacifista a una precisa richiesta del Ministero della guerra, che pretendeva dall’ufficio di censura, a scopi propagandistici, testi da far passare come articoli inviati da presunti prigionieri di guerra italiani a un giornale triestino. «rispondemmo a questa pretesa sleale» – scrive spitzer – «riportando delle vere affermazioni di quegli sventurati, affermazioni, si noti, prive di ogni accento nazionale».11 spitzer sposava così il «pacifismo puramente istintivo» (Lp, 81) degli umili che, dal loro canto, non riusciva-no a comprendere appieno le motivazioni politiche della guerra.

dalle parole dei prigionieri emerge l’esigenza di raccontare le proprie sventure e necessità, e questo durante una guerra in cui peraltro la comu-nicazione influenza significativamente la conduzione dello scontro, in cui la realtà mediatica del conflitto si affianca a quel «chaos of experience»12 della propaganda, dei miti sgretolati, del vissuto brutale della trincea, delle retrovie, delle ‘case di legno’ della prigionia. tra lingua e guerra si instaura un’interdipendenza obbligata, i termini di matrice straniera vengono ese-crati, mentre nascono nuove parole e le frasi concorrono alla manipolazio-ne dei significati. in questo scenario l’esortazione al purismo linguistico vie-ne considerata un dovere nazionale, mentre la professione del romanista, che ha in sé connaturata l’apertura oltre i confini nazionali e la vocazione al confronto fra le culture, è animata da una sorta di pacifismo intrinseco. alle iniziative del purismo dell’allgemeiner deutscher Sprachverein che, alle soglie del primo conflitto mondiale, dichiarava sulle pagine della sua rivi-sta: «der Krieg reinigt die deutsche sprache!» (‘la guerra purifica la lingua tedesca’), spitzer rispondeva con uno scritto eloquente del 1918, Fremdwör-terhatz und Fremdwörterhaß. eine Streitschrift gegen die Sprachreinigung.13 die-tro la lotta contro l’eresia delle parole straniere si nasconderebbe, a suo parere, l’avversione per il nemico; la strenua difesa del purismo da parte dello Sprachverein non sarebbe altro che un modo di esprimere l’odio per lo

Wert- und Wortordnung, in «die Wage» 6.6.1919 e 13.6.1919.10 L. Spitzer, Saggezza dei prigionieri di guerra, a cura di L. renzi, in «Belfagor», XXXi

(1976), pp. 96-99 [ristampato in «Belfagor», LViii (2003), pp. 337-334].11 ivi, p. 337.12 s. Kern, the culture of time and space: 1880-1918, cambridge Mass., Harvard univ. press,

1983, p. 151.13 L. Spitzer, Fremdwörterhatz und Fremdwörterhaß. eine Streitschrift gegen die Sprachreinigung,

Wien, Manz, 1918. cfr. anche p. von Polenz, deutsche Sprachgeschichte vom Spätmittelalter bis zur gegenwart, vol. iii, Berlin et. al., de gruyter, 1999, p. 276.

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straniero. ancora una volta spitzer dava una lettura ‘psicologica’ di un fatto linguistico e certo colpiva nel segno, vista l’aspra reazione della rivista.14

La lingua non è [...] un agglomerato di cadaveri privo di senso, automatiche “abitudini di linguaggio”, scatenate senza un freno che le trattenga. [...] la cre-azione linguistica è sempre piena di senso. [...] “Wortwandel ist Kulturwandel und seelenwandel”, il cambiamento lessicale è condizionato dal mutamento culturale e spirituale.15

il fatto che spitzer ponga sullo stesso piano “mutamento lessicale” e “mutamento culturale e spirituale” ci permette di comprendere meglio l’operazione che egli porta avanti in questa raccolta. L’idea di sottoporre le lettere dei prigionieri a una lettura ‘psicologica’ non è il capriccio di un linguista poco ortodosso, ma si inserisce in una tradizione d’indagine radicata nella storia degli studi linguistici del secondo ottocento.16 La co-siddetta analisi “psicologica” è per spitzer innanzi tutto un’articolazione dell’indagine linguistica.

dalle lettere di uomini semplici, privi di ogni educazione stilistica, si può ap-prendere moltissimo sulla “psicologia del linguaggio”. si potrebbe studiare quali categorie e quali tipi di parole vengono impiegati di preferenza, quali concetti e quali parole sono veramente popolari, e come sorgono le molteplici lingue miste [...], le lingue di classe e i gerghi o lingue furbesche. (Lp, 32-33)

gli indirizzi del mittente e del destinatario sono importanti anche per il conte-nuto psicologico della lettera. Va da sé che sarebbe utopistico cercare di deter-minare i limiti geografici di certe tonalità affettive; e tuttavia avremo occasione d’imbatterci in diversi modi regionali di sentire e di esprimere i propri senti-menti, per esempio nel capitolo sulle forme di saluto, per cui si può parlare in una certa misura di “dialetti psicologici”. (Lp, 42)

il tentativo di riunire i due intenti, linguistico e psicologico, veniva mes-so in pratica in quegli anni dagli studiosi della cosiddetta Völkerpsychologie (“etnopsicologia” o “psicologia dei popoli”), tradizione inaugurata da Wil-helm von Humboldt e segnata, successivamente, dagli studi di Moritz La-zarus, Heymann steinthal e soprattutto Wilhelm Wundt.17 proprio l’opera

14 cfr. r. Baum - H.H. Christmann (a cura di), Lingua et traditio. geschichte der Sprachwis-senschaft und der neueren philologien, tübingen, narr, 1994, p. 842.

15 L. Spitzer, Linguistica, cit., pp. 81-82.16 ringrazio il prof. Lorenzo renzi per avermi segnalato, in un proficuo colloquio, la ne-

cessità di una contestualizzazione dell’approccio ‘psicologico’ adottato da spitzer in questa raccolta. sul tema della «psicologia» in spitzer si veda il saggio di L. renzi in questo volume.

17 cfr. tra gli altri: M. Lazarus, grundzüge der Völkerpsychologie und Kulturwissenschaft, a cura di K.ch. Köhnke, Hamburg, Meiner, 2003; e. Beuchelt, ideengeschichte der Völkerpsychologie,

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di quest’ultimo è oggetto di discussione in alcune delle lettere che spitzer indirizza a Hugo schuchardt. Queste lettere dimostrano che spitzer cono-sceva l’opera di Wundt e anche che ne aveva una visione critica. in partico-lare, nella lettera a schuchardt del 27 luglio 1915 (dunque precedente alla raccolta del primo nucleo delle Lettere), si legge:

egregio professore,proprio nel giorno in cui Le scrivo per pregarLa di inviarmi la sua ultima ope-ra, ricevo la sua penultima. con la sua produzione copiosa e ricca di contenuti Lei supera le aspettative del più avido divoratore di letture! Ho trovato mol-to interessante soprattutto ciò che Lei scrive sulla “etnologia psicologica”. Ho sempre avuto in mente l’idea di approfondire questa questione dal punto di vista linguistico, poiché questa sarebbe la vera “etnopsicologia”, non come la intende Wundt.con i miei più ossequiosi saluti,spitzer18

L’opera di schuchardt a cui spitzer si riferisce è molto probabilmente aus dem Herzen eines romanisten (1915);19 essa non viene nominata esplicitamen-te, ma i curatori del carteggio, basandosi su una ricostruzione cronologica, ritengono che si tratti appunto dell’opera appena citata. Questo riferimento risulta problematico però non tanto perché non è del tutto certo che sia que-sta l’opera di schuchardt cui spitzer si riferisce, quanto per il fatto che, in ogni caso, lo scritto di schuchardt ha una forte connotazione autobiografica e difficilmente il suo contenuto si lascia interpretare su una scala più genera-le; l’analisi delle differenze culturali fra italia e germania, portata qui avanti da schuchardt con toni accesi, si fonda indissolubilmente sulla condizione del romanista non di lingua madre (come era del resto anche spitzer) il quale, nella compagine dei contrasti politici tra i due paesi durante i difficili anni bellici, giunge quasi a porre in discussione il proprio operato.

Meisenheim a.gl., Hain, 1974; g. Eckardt (a cura di), Völkerpsychologie: Versuch einer neuentde-ckung. texte von Lazarus, Steinthal und Wundt, Weinheim, Beltz, 1997.

18 L. Spitzer, Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, a cura di B. Hurch, n. Bender e a. Müllner, Berlin, de gruyter, 2006, p. 16 [dove non indicato diversamente, le traduzioni dal tedesco presenti in questo saggio sono dell’autrice]. riferimenti a Wilhelm Wundt si trovano inoltre nelle lettere del 27 ottobre 1917, del 30 luglio 1922 e del 21 dicembre 1923, in par-ticolare si veda la prima delle tre, in cui spitzer, riferendosi alla scarsa risonanza ricevuta in ambito scientifico da anton Marty, scrive: «e tuttavia egli comprende l’essenza della lingua [...] molto meglio del tanto idolatrato Wundt, che deve il suo successo più che altro al suo sti-le» (ivi, p. 71). si segnala inoltre, per chi fosse interessato alla figura di Hugo schuchardt, che l’opera omnia del romanista è disponibile online in un archivio digitale a cura dell’institut für Sprachwissenschaft dell’università di graz, v. Hugo Schuchardt archiv. elektronische gesamtausga-be: http://schuchardt.uni-graz.at/.

19 H. Schuchardt, aus dem Herzen eines romanisten, graz, Leuschner & Lubensky, 1915.

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cionondimeno questa lettera ci offre alcune importanti coordinate. in-nanzi tutto da essa emerge con chiarezza che spitzer non ignorava l’opera di Wundt, anzi ne condivideva un comune indirizzo di ricerca. in secon-do luogo, trovo significativo proprio il fatto che spitzer non scinda mai l’interesse psicologico dall’analisi concreta delle espressioni linguistiche,20 infatti scrive: «Ho sempre avuto in mente l’idea di approfondire questa questione dal punto di vista linguistico, poiché questa sarebbe la vera “et-nopsicologia”». spitzer non utilizza il termine «psicologia» in maniera uni-voca, eppure mi sembra che spesso esso si avvicini a un’accezione che si ritrova anche in schuchardt, per il quale la vera possibilità di progredire per la scienza linguistica consisterebbe proprio nel seguire «l’orientamento etno-antropologico».21 in pratica, il punto focale attorno al quale spitzer si muove quando parla, non rifuggendo le contraddizioni, di “caratterizzazio-ne psicologica” è proprio il suo interesse per la lingua come fatto umano e come elemento di comprensione tra popoli innegabilmente diversi. nella prefazione al Brevier spitzer scrive: «per poter spiegare il divenire della lin-gua nella sua totalità, la storia della lingua deve andare di pari passo con la psicologia della lingua».22

nel presente della guerra, spitzer osserva direttamente quel mutamento della cultura e degli animi che lascia profondi segni nei mutamenti lingui-stici; non ha bisogno di ricostruire, andando a ritroso nel tempo, l’hic et nunc dei processi linguistici perché egli ha ora dinanzi a sé, vivo, l’esperi-mento della guerra. col puro metodo dell’analisi testuale egli ricostruisce il nesso fra particolare e generale, fra ciò che è riscontrato in casi individuali e ciò che ha validità universale (almeno parzialmente), e giunge, nel capi-tolo conclusivo della raccolta, alla composizione assolutamente empirica di un modello della lettera tipo del prigioniero in cui vengono appaiati, come tasselli di un mosaico, frasi corrispondenti ai diversi temi tipici tratta-ti; in un’abitudine grammaticale, morfologica o sintattica viene individuata la ragione di un comportamento, e così per esempio «gli imperativi che zampillano a getto continuo appaiono come gli indizi di una convinzione che non cerca minimamente di nascondersi» e «il punto interrogativo alla fine delle prime frasi» di una data lettera «indica evidentemente il tremito

20 anche nel citato saggio di schuchardt, del resto, le considerazioni sulle differenze fra popolo germanico e popolo romanico (schuchardt si riferisce al primo col termine Sachmen-schen, cioè esseri legati alle cose e ai fatti, al secondo con Wortmenschen, vale a dire esseri legati innanzi tutto alle parole) sono innestate su differenze linguistiche concrete; v. ad esempio ciò che schuchardt scrive a proposito di «cultura» e «Zivilisation» (ivi, p. 6) o del termine «irredento» (ivi, p. 9).

21 L. Spitzer (a cura di), Hugo-Schuchardt-Brevier. ein Vademecum der allgemeinen Sprachwis-senschaft, Halle, niemeyer, 1928, p. 104.

22 ivi, p. 6.

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dell’emozione». (Lp, 278-279)L’indagine sperimentale di spitzer trovava per di più un sostegno pro-

prio nella qualità linguistica della corrispondenza, quell’«italiano popola-re»23 che si andava costituendo nel passaggio dal dialetto all’italiano. Le Lettere offrono così al lettore un’istantanea di un processo linguistico in fieri, di una lingua in piena trasformazione e non fissata nella forma conchiusa dell’arte letteraria. esse mostrano inoltre come il racconto di un vissuto, in questo caso del Kriegserlebnis, si costituisca nel passaggio dalla cultura ora-le alla cultura scritta, in pratica mostrano al microscopio la tessitura della memoria storica. L’esperimento ripete, sul campione limitato e selezionato delle lettere dei prigionieri di guerra, molti dei quali prendono in mano la penna per la prima volta, il gesto ancestrale della scrittura come atto di memoria e segno della civiltà.

se la lingua è per Leo spitzer, come scrive gumbrecht, espressione di una memoria individuale e collettiva, allora il metodo per attingere a quella memoria oltre la superficie del testo è l’analisi testuale.24 nel caso, però, dell’osservazione sincronica della guerra, i fenomeni linguistici o antropo-logici osservati non sono solo degli objets trouvés, acquisiti al termine di un percorso di conoscenza ricostruito a posteriori; in questo momento spitzer ritiene ancora che la scienza filologica possa produrre conoscenza secondo il cammino ‘sperimentale’ che porta per esempio alla stesura di modelli, come quello della lettera di un ipotetico prigioniero che conclude l’analisi scientifica realizzata con questa raccolta. d’altro canto egli guarda al pre-sente, o all’immediato passato, già come a un patrimonio memoriale, a un «documento umano», per citare la definizione che egli dà in quegli anni del Fuoco di Henri Barbusse.25 il metodo sta anche in questo caso, come scri-ve starobinski, nel descrivere «una progressione dello spirito»,26 guidando la lettura, lasciando la parola al testo e commentandolo non di rado anche con qualche ironia.

nelle parole finali della raccolta, spitzer fa riferimento all’edizione del-le lettere dei prigionieri di guerra curata da Wilhelm doegen27 e torna alla questione del confronto fra le peculiarità da lui ritenute caratteristiche del-la corrispondenza dei prigionieri italiani e la condizione del prigioniero in genere. in una considerazione che conferma la sua aspirazione internazio-

23 V. la nota linguistica a cura di L. Vanelli, in Lp, 295-306.24 H.u. Gumbrecht, Vom Leben und Sterben der großen romanisten: Karl Vossler, ernst robert

Curtius, Leo Spitzer, erich auerbach, Werner Krauss, München/Wien, Hanser, 2002, p. 100.25 L. Spitzer, Studien zu Henri Barbusse, Bonn, cohen, 1920, p. 49.26 J. Starobinski, Leo Spitzer et la lecture stylistique, in L. Spizter, Études de style, trad. fr. di

É. Kaufholz, a. coulon, M. Foucault, paris, gallimard, 1970, p. 29.27 W. Doegen, Kriegsgefangene Völker, vol. 1: der Kriegsgefangenen Haltung und Schicksal in

deutschland, Berlin, Verlag für politik und Wirtschaft, 1921. cfr. anche Lp, p. 192.

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nalista, Leo spitzer scrive:

Queste coincidenze fra le lettere dei prigionieri di nazioni diverse e in diversi paesi tendono a dare l’impressione che l’uniformità della psiche umana sia molto maggiore di quanto non si ritenga generalmente. (Lp, 293)

capiamo che il caso particolare è ricondotto non al complesso politico della guerra, ma al generale dell’umano. Va in ogni caso precisato che, nella tensione fra individuale e universale, spitzer non rinuncia né all’una né all’altra delle prospettive, crede in ciò che unifica i popoli come in ciò che li differenzia; proprio in ciò consiste il metodo che permette a spitzer di elaborare una tipologia linguistica – e di ottenere così un risultato scien-tifico – a partire dall’analisi della lingua viva. Mi sembra significativo citare, in conclusione, ciò che spitzer scrive ancora a proposito di schuchardt, di cui si ricordano qui non solo la veemenza espressiva del citato saggio aus dem Herzen eines romanisten, ma anche scritti come Sprachwissenschaft im Verhältnis zur ethnographie, anthropologie und Kulturgeschichte e Sprache und nationalität :28

schuchardt è un conciliatore dei popoli, forse non un pacifista ma certo un pacifex – proprio lui che vuole portare la scienza nella politica, che riconosce che la scienza ha il compito di unificare e che, durante la guerra, rivolge alla romania un intimo e malinconico saluto senza perciò dover rinnegare un pri-migenio e sentito germanismo – egli è senza dubbio il più valente mediatore nella caotica lotta tra i popoli.29

il quadro di schuchardt tratteggiato da spitzer è un breve spaccato delle contraddizioni di uno studioso di lingue e culture straniere in tempo di guerra. nella medesima ottica della contraddizione è possibile avviare una riflessione anche sul pacifismo sotteso alle Lettere di spitzer.30

28 L. Spitzer (a cura di), Hugo-Schuchardt-Brevier, cit., rispettivamente pp. 334-346 e 347-362.

29 ibid., p. 7.30 il citato carteggio con schuchardt ha il merito di far luce sul pensiero politico di spitzer

e di chiarire meglio la sua posizione critica nei confronti del primo conflitto mondiale e della guerra in genere. cfr. l’introduzione a cura di B. Hurch, in L. Spitzer, Leo Spitzers Briefe, cit., pp. XXii-XXiX.

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INDICE

Gianfelice Peron Introduzione IX

Pier Vincenzo MengaldoPer la storia e i caratteri della stilistica italiana 1

Remo CeseraniLeo Spitzer tra Stilgeschichte e Geistesgeschiche 13

Riccardo ConcettiRomanisti a Vienna nel primo Novecento: Spitzer e Hofmannsthal 33a confronto

Guido LucchiniSpitzer e l’idealismo linguistico in Italia 49

Davide ColussiCroce e Spitzer 65

Corrado BolognaIl “clic” del “connaisseur”. Spitzer, Longhi, Contini e la critica delle affinità 85

Mario ManciniSpitzer oltre la stilistica 105

Helmut MeterLeo Spitzer e il volto ultimo della sua explication de textes. Le lezioni sulla poesia francese all’Università di Heidelberg (1958) 121

Luca MorlinoLevità e paradosso in Spitzer 133

Maria Luisa Wandruszka«L’esprit des femmes» nella stilistica spitzeriana 153

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Anna Maria UlivieriDa Wunderlich a Spitzer: la Unsere Umgangsprache (sic) come modello della Italienische Umgangssprache 163

Lorenzo Renzi Spitzer italiano. La Italienische Umgangssprache nella versione italiana 183

Giulia A. DisantoL’indagine etno-antropologica del linguista: sulle Lettere di prigionieri di guerra italiani (1915-1918) 203

Matteo VialeSpitzer e Migliorini in dialogo sulla lingua in movimento 213

Alexandra VrânceanuLa redécouverte de l’ekphrasis par Leo Spitzer et son influence sur les études de littérature comparée américaines 231

Mirka ZogovicLeo Spitzer nella critica letteraria serba 245

Alberto ZamboniUn metodo senza metodo? Riflessioni sull’etimologia spitzeriana 251

Alvise Andreose«Etimologie ist Kunst». Sugli studi etimologici di Leo Spitzer 267

Dan Octavian CepragaLa pecorella veggente e l’armonia del mondo 287

Alessandro GrossatoL’armonia del mondo fondata sulla parola, secondo il rito vedico 303

Francesco Mosetti Casaretto Letteratura mediolatina ed espediente del dialogo 311

Danielle BuschingerAspects de la technique d’adaptation des dérimeurs allemands 323

Veronica OraziLingua spagnola del dialogo: l’esempio del Sendebar (XIII sec.) 339

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Marina Tramet Spitzer e Maria di Francia. Il “meraviglioso” come declinazione del problema morale 353

Giuseppe PolimeniGrammatica e stile dell’ineffabile: Spitzer legge Dante 371

Francesco LubianUna nota su Inferno XIX, 21 381

Angelo PagliardiniAspetti stilistici delle gallerie di immagini nell’ Orlando innamorato e nell’ Orlando furioso 391

Max Siller«Sprachmengung als Stilmittel». Spitzer sul banco di prova 403

Adone BrandaliseLa smorzatura e la sua ombra. Spitzer e il contemporaneo 415

Tobia ZanonSpitzer, Racine e i poeti italiani del Novecento 429

Riccardo Campi Spitzer lettore di Voltaire 449

Lorella BoscoSpitzer lettore di Eichendorff 463

Fabio MagroL’Aspasia di Spitzer 481

Rossana Melis Dal saggio su Matilde Serao del 1912 a quello sui Malavoglia del 1956 497

Snežana MilinkovicL’originalità della narrazione nei Malavoglia di Spitzer e le sue molteplici attuazioni interpretative 511

Luca Pietromarchi Spitzer contra Auerbach: a proposito di «Spleen» IV 519

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Laura LenciLeo Spitzer: saggio su Michel Butor 529

Wolfram KrömerParticolarità d’interpunzione nei testi di Nathalie Sarraute e di Peter Handke il metodo di Leo Spitzer 535

Roman Reisinger«Art is seduction, not rape» (Susan Sontag), l’Eros dell’interpretazione secondo Spitzer 545

Indice dei nomi 553

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