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LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA DANIELA M. FRENDA L'illecito del terzo tra responsabilità per danno da cose e responsabilità per fatto dell'uomo Estratto: ISSN 1593-7305 N. 5 MAGGIO 2010 Anno XXVI RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate
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L'illecito del terzo tra responsabilità per danno da cose e responsabilità per fatto dell'uomo

Apr 20, 2023

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LA NUOVAGIURISPRUDENZA

CIVILECOMMENTATA

DanIeLa M. frenDa

L'illecito del terzo tra responsabilità per danno da cose e responsabilità per fatto dell'uomo

Estratto:

ISSN 1593-7305N. 5 MAGGIO 2010 • Anno XXVIRIVISTA MENSILEde Le Nuove Leggi Civili Commentate

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2. L’unitarietà del danno non patrimonia-le nella liquidazione. Sulle problematiche con-nesse alla nuova concezione unitaria del danno nonpatrimoniale in sede di liquidazione si vedano Pon-zanelli, Conferme ed incertezze della Cassazione do-po le Sezioni Unite, in Danno e resp., 2009, 768; Na-varretta, Il valore della persona nei diritti inviola-bili e la complessità dei danni non patrimoniali, inResp. civ. e prev., 2009, 63; Poletti, La dualità delsistema risarcitorio e l’unicità della categoria dei dan-ni non patrimoniali, ibidem, 76; Chindemi, Dannomorale e danno biologico: autonomia delle voci didanno anche dopo le S.U. del novembre 2008, inwww.altalex.com; Fortunato, Duplicazioni, auto-matismi e semplificazioni nella nuova sistematica del

danno non patrimoniale, in Danno e resp., 2009, 797;Procida Mirabelli di Lauro, Chiaroscuri d’au-tunno, in Aa.Vv., Il danno non patrimoniale, 362;Cendon, Duplicazioni no, risarcimento integrale sì,ivi, 129; Bonaccorsi, «A volte ritornano»: il dannomorale tra diritto vivente e diritto vigente, in Danno eresp., Gli speciali, 2009, 17; Bonaccorsi, L’unitarie-tà del danno non patrimoniale nelle applicazioni giu-risprudenziali, in questa Rivista, 2009, II, 1209; Ros-setti, Le nuove tabelle dei tribunali di Roma e Mila-no, in Danno e resp., Gli speciali, 2009, 29; Spera,Ratio, criteri applicativi e lacune della nuova tabellamilanese, ibidem, 42.

Francesca Bonaccorsi

CASS. CIV., III sez., 28.10.2009, n. 22807Conferma App. Perugia, 5.10.2004

Responsabilità civile - Danno da cose

in custodia - Caso fortuito - Con-

dotta imprevista ed imprevedibile

della vittima - Configurabilità (cod.civ., art. 2051)

In tema di danno causato da cose in custo-dia, il caso fortuito idoneo ad interrompe-re il nesso causale e, di conseguenza, adescludere la responsabilità del custode, dicui all’art. 2051 cod. civ. può essere costi-tuito anche dalla condotta, imprevista edimprevedibile, della stessa vittima: nellaspecie annegata in una piscina condomi-niale, nella quale si era introdotta supe-rando un cancello, al di fuori del periododi apertura, nonostante il divieto di entra-ta alle persone estranee e in mancanza diautorizzazione o di assenso da parte delcustode.

dal testo:

Il fatto. 1. – Con sentenza del 28 agosto 2001il Tribunale di Terni condannava il Condomi-nio (Omissis) al risarcimento del danno morale

in favore degli eredi di Fe.Gi., determinato inmisura diversa tra gli eredi.

In punto di fatto, con atto di citazione noti-ficato il 27 marzo 1993, Fe.Gi. e S.P. conveni-vano in giudizio avanti a quel giudice il Condo-minio sopra indicato.

Assumevano gli attori di essere i genitori diF.M. deceduto il (Omissis) per annegamentomentre faceva un bagno nella piscina di proprie-tà e gestita dal Condominio, per cui del decessoavrebbe dovuto rispondere il Condominio stes-so, eventualmente anche ex art. 2051 c.c.

Costituitosi, il Condominio contestava le av-verse pretese e chiedeva il rigetto della doman-da, nonché di essere autorizzato a chiamare incausa le compagnie assicuratrici SIAD e Pru-dential.

Effettuate le chiamate in causa, si costituiva-no le compagnie, che ne eccepivano le nullità esvolgevano delle eccezioni sul merito della do-manda di garanzia.

Con atto del 1o giugno 2000 si costituivanogli eredi di Fe.Gi., deceduto il dì (Omissis), ov-vero la moglie S.P. e le figlie F.G., F.T., e F.S.,le quali ultime proponevano anche domandadi risarcimento in proprio per la morte del lorogermano.

All’esito dell’istruttoria il Tribunale emette-va la sentenza sopra indicata.

2. – Avverso di essa appellava il Condomi-nio.

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Si costituivano tutti gli appellati, resistendoal gravame.

Con sentenza del 5 ottobre 2004 la Corte diappello di Perugia riformava la decisione diprimo grado, rigettando la domanda risarcito-ria, con integrale compensazione delle spese.

Contro questa decisione insorgono F.S.,F.G., F.T. e S.P. con un ricorso affidato a cin-que motivi.

Resiste con controricorso il Condominio.Non sono costituite le intimate compagnie

assicuratrici.

I motivi. 1. – Osserva il Collegio che il puntocentrale del ricorso è costituito dall’inquadra-bilità della vicenda, esclusa dal giudice dell’ap-pello, ma invocata dalle ricorrenti, nell’ambitodell’art. 2051 c.c. e di cui trattano il primo, ter-zo e quarto motivo.

Essi sono formulati rispettivamente come to-tale travisamento del fatto (il primo e il secon-do); mancanza di prova da parte del condomi-nio del caso fortuito (terzo motivo) e, di conse-guenza, asserita carenza e contraddittorietà dimotivazione su di un punto decisivo della con-troversia, allorché la sentenza impugnata ha af-fermato che “solo la condotta abusiva del D.ha reso possibile l’accesso di estranei alla pisci-na”.

Queste censure ritiene il Collegio che vada-no esaminate congiuntamente.

2. – Va osservato che, così come formulato enon solo nella sua intestazione, il primo motivoe il secondo motivo, che è rubricato come tra-visamento del fatto – e, quindi, errore revoca-torio – sono inammissibili, perché tutt’al piùpotrebbero essere oggetto di revocazione(Cass. n. 5149/03).

Il terzo motivo, circa la sussistenza del casofortuito, così come accertato in sentenza, va di-satteso.

Di vero, il giudice dell’appello ha accertatoche il F. ebbe un comportamento colposo equesto comportamento è stata causa esclusivadell’evento dannoso: la sua morte.

Infatti, è incontestato tra le parti che il F. eraestraneo al condominio; che egli sapeva nuota-re da “principiante” e, quindi, è stato quantomeno imprudente nell’avventurarsi nella pisci-na; che la sua condotta rivestiva il caratteredella eccezionalità, perché non era previsto né

prevedibile un suo accesso stante la circostanzapacifica che l’impianto era chiuso e che eglinon figurava tra le persone autorizzate ad acce-dervi.

Questi elementi, che le stesse ricorrenti inpunto di fatto riconoscono, salvo ad evidenzia-re che il condominio non avrebbe superato lapresunzione di responsabilità a suo carico, per-ché il D. comunque ne avrebbe permesso l’ac-cesso e non era il giardiniere, bensì il custodemateriale del complesso e, quindi, dell’impian-to e, comunque, era un dipendente del Condo-minio, sono stati posti a fondamento della de-cisione.

Al riguardo, il giudice dell’appello con unragionamento appagante dal punto di vistamotivazionale ha escluso la sussistenza del nes-so causale tra la cosa in custodia e il danno ar-recato, perché ha accertato che l’evento è avve-nuto per caso fortuito.

Il dispiegarsi del fattore causale, la ricercadell’effettivo antecedente dell’evento dannoso,l’indagine sulla condotta del danneggiato – ilF. – sono stati esaminati in modo approfonditodal giudice dell’appello, il cui apprezzamentorisulta insindacabile in questa sede perché sor-retto da motivazione congrua ed immune davizi logici e giuridici (Cass. n. 472/03).

Ed, infatti, il giudice dell’appello ha rico-struito la vicenda in questi termini:a) il F. e il suo collega G. avevano ottenuto unpermesso dal D. “come da precedenti accor-di”, senza, però, che sia stato indicato da parteattrice il titolo che legittimasse il D., indicato inun primo tempo come “custode” e in un se-condo tempo come giardiniere dal collega delF., lo G.;b) era credibile il condominio allorché avevanegato che il D. avesse un rapporto diretto dilavoro con esso Condominio;c) il complesso residenziale era ben protetto alpunto che per giungere alla piscina occorrevasuperare un secondo cancello.

Da questi elementi il giudice dell’appello hadedotto che nessuna tolleranza vi era stata daparte del Condominio “di un diffuso uso abu-sivo della piscina da parte di estranei e la pisci-na non era ancora nemmeno aperta, all’utenzainterna e proprio del Condominio” (p. 17-18sentenza impugnata) e ha ritenuto sussistere ilcaso fortuito, consistente nell’abusivo, perché

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non autorizzato dal condominio né da un suosottoposto, accesso alla piscina da parte del F.

La valutazione in questi termini, operata dalgiudice del merito, consente di ritenere, quin-di, infondate le censure nel loro insieme, ancheper quanto concerne il secondo motivo (viola-zione ex art. 360 n. 5 c.p.c. per vizio di motiva-zione e per travisamento del fatto, sotto altroprofilo) sia perché non si indica quale sia il vi-zio della motivazione, sia perché come travisa-mento del fatto è inammissibile.

Osserva, infatti, il Collegio che il giudice del-l’appello non solo ha argomentato congrua-mente circa l’asserito contrasto tra le disposi-zioni del regolamento in ordine ai tempi del-l’apertura della piscina e alcune fotografie scat-tate subito dopo l’evento morte del F., ma lostesso giudice ha dato contezza del suo convin-cimento, non solo in base al predetto regola-mento, quanto soprattutto in base a circostan-ze non contestate, peraltro, nella loro materia-lità e nel loro accadimento.

Di vero, va affermato che il giudice dell’ap-pello ha tenuto presente l’art. 5 del regolamen-to che riconosceva ai soli condomini e agliutenti in possesso di tessere l’accesso alla pisci-na ed ha argomentato, in maniera dirimenteper escludere la responsabilità del Condomi-nio, in base a quanto accertato in punto di fat-to, ovvero che il F. assieme al collega G. e alledue ragazze era entrato in piscina «grazie allacompiacenza del D. e alcuni giorni prima dellasua apertura prevista dal (Omissis) al (Omissis)di ogni anno» (p. 16 sentenza impugnata).

Non solo, ma ha posto in rilievo quel giudiceche il F. non aveva alcun titolo all’accesso, es-sendo egli e il suo collega, nonché le due ragaz-ze, soggetti estranei al Condominio.

A leggere, quindi, la sentenza non si rinvienealcun vizio di motivazione, mentre a leggere ilmotivo viene prospettata una censura che inve-ste la ricostruzione della fattispecie concreta,senza, peraltro, specificare di quale vizio dimotivazione si tratti (v. S.U. n. 10313/06 m.589877, citata anche dal resistente Condomi-nio).

In sostanza, il comportamento colposo delF., l’«autorizzazione» illegittima del D., di cui,però, le ricorrenti non discutono né hanno al-legato nelle fasi di merito né lo fanno in questasede alcun indizio che possa contrastare quan-

to invece dedotto dal Condominio (assenza diun qualsivoglia rapporto di lavoro subordinatocon esso Condominio, autorizzazione a rila-sciare il permesso di accedere alla piscina apersone estranee al c.d. suo dipendente, inagi-bilità della piscina prima della apertura previ-sta) sono elementi che, in una valutazionecoordinata e complessiva della vicenda, nonpotevano che indurre alla decisione emessa.

La Corte territoriale ha, quindi, sostanzial-mente ritenuto che l’evento era da attribuirsi invia esclusiva al comportamento imprudentedel danneggiato.

Trattasi di una ricostruzione minuziosa dellemodalità del fatto generatore del danno, che sirisolve nell’esclusione del rapporto di causalitàtra cosa in possesso del custode (nella specie, lapiscina e il Condominio) ed evento, che, essen-do congruamente motivata, si sottrae al sinda-cato di legittimità di questa Corte.

Al contrario, la valutazione dell’evento dan-noso (come si evince anche dalla intitolazionedelle censure – prima e seconda – propostadalle ricorrenti) si sostanzia in un apprezza-mento di fatto, diverso da quello operato dalgiudice del merito ed è come tale inammissibi-le in questa sede (Cass. n. 2430/04, in motiva-zione).

Peraltro, il Condominio ha mostrato di avervinto la presunzione di responsabilità a suo ca-rico, essendo emerso dagli accertamenti in cor-so di causa e dalle modalità del fatto:a) l’esistenza di un fattore estraneo alla suasfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nes-so causale tra la cosa custodita e l’evento veri-ficato (Cass. n. 2062/04).b) questo fattore esterno era assolutamenteimprevisto ed imprevedibile perché non eraancora maturato il tempo di apertura della pi-scina; vigeva il divieto che persone estraneeavessero diritto di usufruire della piscina; peraccedere alla piscina vi era un ulteriore cancel-lo da aprire e traversare; nessun permesso erastato dato al terzo – il F. – per entrarvi da partedell’amministratore né alcun assenso era statodato a D. per permettere l’accesso di terzo.

Si sono verificati integri, quindi, i caratteri ti-pici ed imprescindibili del fortuito, ovverol’imprevedibilità e l’eccezionalità (Cass. n.2284/06).

Quanto sopra esposto e considerato rende

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assorbito il quinto motivo, molto generico e,quindi, inammissibile.

Peraltro, una volta accertata la sussistenzadel caso fortuito e cioè una volta escluso il nes-so causale tra la cosa e l’evento dannoso, restaesclusa anche la responsabilità ex art. 2043 c.c.,che, inoltre, non sembra essere stata coltivatanelle fasi di merito.

Conclusivamente, il ricorso va respinto, masussistono giusti motivi per compensare le spe-se, tenuto conto degli alterni esiti processualidelle fasi di merito. (Omissis)

[Varrone Presidente – Uccella Estensore – De-stro P.M. (concl. conf.). – F.S., F.G., F.T., S.P. (av-v.ti Pellegrini e Sciarretta) – Condominio X (avv.tiGolino e Segoloni)]

Nota di commento: «L’illecito del terzo tra re-sponsabilità per danno da cose e responsabilitàper fatto dell’uomo»

I. Il caso

Un ragazzo decede per annegamento in una pisci-na sita all’interno di un’area condominiale. Instaura-tosi il processo – attori gli eredi del giovane chechiedono al condominio il risarcimento del dannomorale – nel corso dell’istruttoria emerge come l’ac-cesso alla piscina fosse vietato, essendo allora l’im-pianto ancora inagibile e perciò chiuso al pubblico.

A rendere possibile al giovane l’ingresso era statoil permesso, illegittimo, proveniente dal signor D.,che formalmente non aveva rapporti diretti di lavo-ro con il condominio ma che, ciononostante, si tro-vava in grado di controllare l’accesso alla piscina,ben protetto dalla presenza di un cancello.

La sentenza in commento inquadra la vicendanell’ambito della responsabilità per danno da cosein custodia; in quest’ottica essa, confermando la de-cisione fatta propria dalla Corte d’appello di Peru-gia (che riformava, invece, il giudizio di primo gra-do), solleva il condominio da responsabilità, rite-nendo la morte del ragazzo dovuta a caso fortuitoconsistente nel comportamento imprudente del sog-getto leso.

La Corte ha trascurato di considerare la parteavuta, nell’evento, dalla condotta illecita del signorD., dalla quale, tuttavia, non si può prescindere nel-la ricostruzione del fatto, atteso il suo rilievo sotto ilprofilo causale.

Nell’ordine, si rende necessario soffermare l’at-tenzione innanzitutto sui rapporti tra l’art. 2051 el’art. 2043 cod. civ.: occorre, cioè, determinare

quando il danno derivi effettivamente dallacosa – e, dunque, a risarcirlo debba essere ilsoggetto che l ’ha in custodia – e quando, in-vece, dietro un ’apparente fattispecie di re-sponsabilità per danno da cose si celi in real-tà una responsabilità per comportamentoumano, secondo i canoni dell ’art. 2043 cod.civ. Un’indagine siffatta richiede inevitabilmentel’esame della nozione di cosa, nonché dei concetti dinesso causale e di custodia, richiesti per l’operaredell’art. 2051 cod. civ.

Per ciascuno dei due regimi di responsabilità pro-spettati bisogna valutare, poi, l’apporto costituitodal fatto dello stesso danneggiato. In particolare,qualora – in linea con la soluzione adottata in sen-tenza – si propenda per una lettura della vicenda intermini di responsabilità per danno da cose, è op-portuno stabilire in presenza di quali presup-posti la condotta colposa della vittima integripropriamente un fortuito e quando, invece,essa configuri un mero concorso nella produ-zione dell ’evento lesivo, disciplinato dall ’art.1227, comma 1o, cod. civ.

II. Le questioni

1. Criterio discretivo tra responsabilità exart. 2051 e responsabilità ex art. 2043 cod. civ.La ratio sottesa alla fattispecie di responsabilità perdanno da cose in custodia è quella di apprestare tu-tela al soggetto danneggiato da una cosa in tutti queicasi in cui il custode andrebbe esente da responsabi-lità secondo la regola generale dell’art. 2043 cod.civ., in quanto non vi è stato un suo intervento diret-to nella produzione dell’evento lesivo. Presuppostoper il sussistere della responsabilità ex art. 2051 cod.civ. è che il danno derivi dalla cosa.

Secondo la concezione oggi generalmente accoltain dottrina e professata in giurisprudenza, l’art.2051 cod. civ. individua una responsabilità di naturaoggettiva: ciò significa che, per la formulazione delgiudizio, si prescinde dalla ricerca di profili di colpanella condotta del custode, il quale si troverà a ri-spondere del danno quand’anche abbia tenuto uncomportamento diligente, e salvo solo l’interventodel fortuito.

Peraltro, anche all’interno della fattispecie di re-sponsabilità per danno da cose può distinguersi unacolpa del custode: ciò avviene ogniqualvolta egli ab-bia lasciato agire la cosa sotto la spinta di elementi oforze estranee che invece avrebbe potuto controllareo neutralizzare. Il titolo di responsabilità resta im-mutato, perché il pregiudizio è comunque semprescaturito dalla cosa; l’omissione colpevole verrà,pertanto, a riflettersi esclusivamente sulla prova li-beratoria la quale, pur non esaurendosi nell’assenza

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di colpa del custode, in presenza di quest’ultimanon potrà certo essere raggiunta.

La disciplina di cui all’art. 2051 cod. civ. non èapplicabile, invece, se la colpa del custode si è con-cretata in comportamenti positivi rispetto ai quali lacosa si è ridotta a semplice mezzo con cui è stato ar-recato il danno: qui, invero, la cosa si è inserita neldinamismo dell’attività umana ed è stata confinata,perciò, entro un ruolo meramente passivo. In tal ca-so, il giudizio è formulato all’interno dello schemagenerale di responsabilità per fatto illecito di cui al-l’art. 2043 cod. civ. (o, se si tratta di attività perico-losa, entro quello di cui all’art. 2050).

Il pregiudizio di cui all’art. 2043 cod. civ. (comepure quello di cui all’art. 2050) non scaturisce«dalla» cosa ma, piuttosto, è arrecato «con» la co-sa, servita come strumento di danno; ciò, è beneosservare, anche se la direzione dell’uomo sia statainadeguata e le conseguenze dell’azione abbianooltrepassato quanto l’agente aveva voluto e previ-sto (Trimarchi, 196, infra, sez. IV). In propositoè stato affermato che «mentre l’art. 2043 cod. civ.responsabilizza chi cagiona un danno, l’art. 2051cod. civ. responsabilizza chi ha in custodia coseche cagionano un danno» (Toriello, 850, infra,sez. IV).

Nella pratica, tuttavia, il principio si traduce spes-so in una confusione applicativa: così, mentre è ele-mentare concludere per la configurabilità di una re-sponsabilità ex art. 2043 cod. civ. nell’ipotesi di pre-giudizio provocato adoperando un oggetto (qualeun martello, o un bisturi), non altrettanto semplice èla questione del regime di responsabilità operante infattispecie come lo scivolamento su strade a causa dighiaccio o di pozze d’acqua, lo sdrucciolamento supavimenti per via della presenza di un acino d’uva,di una foglia di insalata, di liquidi versati o di sega-tura umida, la caduta in fosse di calce viva, l’urtocontro un gancio infisso in un muro o contro unaporta a vetri o, ancora, il contatto con un cavo ad al-ta tensione (cfr., in via esemplificativa, Cass.,8.4.1997, n. 3041; Cass., 13.5.1997, n. 4196; Cass.,15.11.1996, n. 10015; Trib. Roma, 10.6.1997;Cass., 27.3.1972, n. 987, tutte infra, sez. III).

Sono, questi, casi problematici, che vedono lagiurisprudenza divisa in ordine alla soluzione daadottare; per i danni riportati a seguito di scivola-mento su scale o pavimenti, ad esempio – ma analo-go discorso può farsi per gli altri casi riportati – si èritenuto talora l’operare della presunzione di re-sponsabilità ex art. 2051 sull’assunto che la cosa ab-bia provocato il pregiudizio combinandosi con unagente dannoso esterno (Cass., 9.11.2005, n. 21684;Pret. Chieti, 19.12.1994, entrambe infra, sez. III),talaltra l’applicabilità della regola generale ex art.2043 cod. civ. sul convincimento che l’evento non

sia derivato dalla cosa in sé, bensì da comportamentidolosi o colposi del suo detentore (App. Milano,15.5.1998; Cass., 13.5.1997, n. 4196; Cass.,1o.6.1995, n. 6125; Cass., 24.11.1979, n. 6148, tutteinfra, sez. III).

In quest’ultima tendenza si annida un rischio: es-so è rappresentato dalla tentazione di imputare allacondotta umana ogni pregiudizio che abbia tra isuoi presupposti la sussistenza di una cosa (appa-rentemente) di natura non lesiva.

Per contro, l’orientamento opposto può presen-tare, se accolto in maniera meccanica e generalizza-ta, il pericolo di svuotare di contenuto la disciplinadella responsabilità per fatto illecito: a volere ravvi-sare sempre una preminenza della cosa nella pro-duzione dell’accadimento dannoso, si addiverrebbeinvero all’illogica conclusione di ridurre l’art. 2043alle sole ipotesi di damnum corpore corpori datum(Monateri, La responsabilità civile, 455, infra, sez.IV).

Tra gli spunti per rinvenire una linea interpretati-va uniforme si distingue quello, proposto in dottri-na, consistente nel considerare derivanti dalla cosa,e dunque a carico del custode, tutti quei danni rien-tranti nel rischio tipico di essa in quanto originatisida una sua normale utilizzazione. In quest’ottica laSupr. Corte, come pure la giurisprudenza del meri-to, ha fatto sovente applicazione della disciplina dicui all’art. 2051 cod. civ. sulla base della mera rela-zione, anche solo materiale, tra cosa dannosa e cu-stode, reputando ultronea, secondo uno schema diresponsabilità oggettiva pura, ogni indagine sulla di-ligenza, prudenza o perizia che il custode ha adope-rato o avrebbe potuto adoperare per scongiurarel’evento (Pret. Bologna, 25.9.1998; Trib. Napo-li, 23.12.1995, entrambe infra, sez. III).

Nel caso in esame la Corte, attribuendo l’inciden-te in via esclusiva al comportamento imprudente deldanneggiato, ha relegato sullo sfondo sia l’indaginecirca la relazione causale tra la cosa ed il danno, siaquella circa posizione e condotta del soggetto chepermise al giovane di entrare in piscina. La condottadel signor D. rappresenta, però, un aspetto rilevantenella fattispecie; essa, costituendo un fatto illecito,assume un peso specifico nella vicenda quale che siail quadro normativo alla cui luce voglia qualificarsi ilcaso, in quanto nessun giudizio di responsabilitàpuò ignorare l’apporto del D. alla causazione del-l’evento lesivo.

Tale considerazione apre la strada a due possibiliscenari. Da un canto, privilegiando l’aspetto dell’illi-ceità della condotta di D. volta a consentire l’acces-so alla piscina ad un non autorizzato, la vicenda puòessere interpretata in chiave di responsabilità ex art.2043 cod. civ. (l’obbligazione risarcitoria sarà poisuscettibile di riduzione grazie all’operare dell’art.

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1227, comma 1o, cod. civ., in considerazione delcomportamento colposo del danneggiato: di questoaspetto ci occuperemo nel prosieguo).

D’altro canto, data la peculiarità del caso, e in li-nea con quanto sostenuto dalla Corte, non è fuor diluogo ravvisare effettivamente nella piscina il ruolodi antecedente causale richiesto per l’operare del-l’art. 2051 cod. civ. Seguendo questa tesi si attribui-sce rilievo, in via di principio, ai rischi insiti in taletipo di struttura, addossando le conseguenze lesiveprodottesi entro i limiti di una sua normale destina-zione d’uso al proprietario o – a seconda delle mo-dalità attraverso cui il danno si è originato – al gesto-re, se questi è persona diversa dal proprietario (an-che in questo caso, si farà poi applicazione dell’art.1227, comma 1o, cod. civ. al fine di tenere in conto ilcomportamento del danneggiato).

L’indagine circa il regime di responsabilità piùadatto a fare da cornice al fatto si intreccia, qui, conquella concernente i caratteri assunti dall’azione del-la vittima che con la cosa è entrata in contatto: la de-cisione sulla disciplina applicabile non può trascura-re, cioè, l’aspetto della condotta concretamente te-nuta dal danneggiato, in quanto, se essa esula da atticonsueti e prevedibili, è da escludere che il dannopossa essere ricondotto al novero dei rischi tipiciconnessi ad un regolare utilizzo della cosa. È questala chiave di lettura per valutare, ad esempio, l’ipote-si di caduta da tromba delle scale in seguito ad ar-rampicamento sulla ringhiera: la responsabilità delcustode ex art. 2051 cod. civ. è stata in tal caso ne-gata proprio per essere il pregiudizio derivato nongià dalla cosa, bensì dal comportamento imprudentee imprevedibile della vittima (Cass., 23.2.1983, n.1394, infra, sez. III).

Prima però di addentrarci nella questione, di vivointeresse nella vicenda che ci occupa, circa il ruolodel fatto della vittima e del terzo nel processo causa-le che ha condotto al danno, ci proponiamo di esa-minare brevemente – al fine di chiarire ulteriormen-te il quadro – gli elementi fondativi dell’art. 2051cod. civ.

2. La nozione di cosa, il nesso di causalitàtra cosa e danno e la custodia. Si intende, percosa, qualsiasi elemento inanimato, mobile o immo-bile, allo stato solido, fluido o gassoso: ogni bene,cioè, che appaia suscettibile, in date circostanze, diprodurre danni per il solo fatto di occupare una cer-ta dimensione ed un certo spazio e di essere sogget-to alle più svariate forze, compresa la forza di gravi-tà.

È ormai principio acquisito quello secondo cui lecose, agli effetti dell’art. 2051 cod. civ., non devonoessere necessariamente pericolose. Anche le cosenormalmente inerti, invero, possono essere fonte di

danno: ciò avviene, tipicamente, in seguito a solleci-tazioni esterne, consistenti in circostanze ambientalio in spinte provenienti da condotte umane.

Per la verità, è stata negata in radice la bontà stes-sa della suddivisione delle cose in pericolose e inerti:la dottrina più attenta ha escluso il fondamento di ta-le distinzione, osservando che non esiste una cosapericolosa per sua natura, bensì – nel relativismo cheil concetto di pericolosità ha se applicato ad un cor-po inanimato – esiste una gradazione di attitudine ditutti i beni a divenire pericolosi, tant’è che persinoun bene giudicato comunemente non pericoloso puòdiventarlo per l’influenza di una forza esterna (Bra-siello, 33 ss.;Geri, 238, entrambi infra, sez. IV).

La formula contenuta nell’art. 2051 cod. civ. è ge-neralissima e non ammette classificazioni che perse-guano lo scopo di restringerne la portata; ciò checonta ai fini dell’applicazione della norma è soltantoche il danno derivi dalla cosa. La circostanza è veri-ficata allorché la cosa abbia assunto parte attiva nel-la produzione dell’evento, sì da poter essere additataquale causa generatrice del danno, sola od unita-mente ad elementi esterni che si siano con essa com-binati.

La massima ripetuta in giurisprudenza, secondocui il pregiudizio si può considerare cagionato dallacosa quando è prodotto nell’ambito di un suo dina-mismo connaturale o derivato, va pertanto intesanon già in funzione di un’attitudine lesiva della cosa– non richiesta dalla norma – bensì come sinonimodi causalità, divenendo un modo sintetico per espri-mere che il bene è in rapporto eziologico con l’even-to. L’interprete ha, cioè, il compito di selezionarequali, fra i vari eventi dannosi in qualche modo col-legati alla cosa, quest’ultima possa avere provocatoin maniera diretta, lasciando fuori dall’applicazionedell’art. 2051 quelli per i quali essa abbia costituitonon già la causa, ma il semplice mezzo al servizio diun’autonoma azione pregiudizievole.

In quest’ottica, un discorso sulla pericolosità dellacosa conserva un valore puramente indiziario. È in-tuitivo, infatti, che se l’utilizzo del bene conducecon alta probabilità al prodursi di conseguenze dan-nose sarà tanto più agevole, per l’interprete, colloca-re il fatto all’interno della responsabilità per dannoda cose e, per il danneggiato, dare la prova – che sudi lui incombe – della sussistenza del nesso eziologi-co tra la cosa e il pregiudizio. Tale prova, al contra-rio, risulterà maggiormente gravosa quanto più lacosa venga ritenuta inerte, poiché essa necessita, perprodurre danno, dell’azione di agenti esterni, tra iquali può figurare anche una sollecitazione da partedello stesso danneggiato o di terzi.

Verificato che il danno è scaturito dal bene, dovràrisponderne il custode. La nozione di custodia, aisensi dell’art. 2051 cod. civ., non indica il complesso

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di facoltà attribuite ad un soggetto ma è, piuttosto,espressione di un criterio che consente l’imputazio-ne di responsabilità. Non vi è una definizione tecni-co-contrattuale che rappresenti il concetto, il qualenon si esaurisce neppure attraverso il ricorso a pre-costituite categorie giuridiche quali proprietà, pos-sesso o detenzione. A giustificare il rapporto nonoccorre alcun titolo, ma è sufficiente la sussistenzadi un potere-dovere di governo sulla cosa, tale daporre il soggetto nella posizione di controllarne i ri-schi tipici e di escluderne l’ingerenza da parte di ter-zi.

Si ritiene comunemente che non soddisfi la nozio-ne di custodia, invece, la disponibilità che del benesi abbia per ragioni di servizio nell’ambito di piùampi poteri organizzativi e direzionali spettanti adaltri. Una tale disponibilità, invero, non è sufficientea trasferire il governo della cosa, che «resta in capo acolui che predispone l’organizzazione necessaria alfunzionamento dell’attività, poiché in capo a lui per-mane il potere di fatto sulle cose, seppure sia eserci-tato per mezzo del personale alle proprie dipenden-ze» (Franzoni, Dei fatti illeciti, 563, infra, sez. IV;in giurisprudenza, per tutte, cfr. Cass., 11.11.1991,n. 12019, infra, sez. III).

Stando a tale orientamento, pertanto, è utile chia-rire fin d’ora che nel nostro caso custode della pisci-na può essere unicamente il condominio e non an-che il signor D., e ciò quand’anche fosse stato dimo-strato un rapporto formale di lavoro del secondo al-le dipendenze del primo.

3. Il caso fortuito e il fatto del terzo. Laresponsabilità per danno da cose trova il suo limitenel caso fortuito, consistente in quell’avvenimentoeccezionale, imprevedibile ed inevitabile, del tuttoestraneo al rischio tipico inerente alla cosa, e che siprofili preminente sul piano causale sì da interrom-pere la relazione tra questa e il danno. In tale acce-zione, il profilo della condotta del custode è di persé irrilevante e non costituisce criterio di imputazio-ne.

Spetta al custode, per liberarsi da responsabilità,provare l’intervento del fortuito. La prova è rigoro-sa: egli è tenuto a dimostrare il c.d. fortuito positivo,vale a dire l’elemento specifico e determinato che hainterrotto il nesso eziologico; la responsabilità rima-ne invece a suo carico se si limita ad allegare, in ter-mini generici, l’estraneità della cosa rispetto al-l’evento senza indicare con precisione quale sia statala causa del pregiudizio.

All’interno della nozione di fortuito oggettivo, alfine di valutarne le modalità di incidenza sulla rela-zione cosa-danno, la dottrina distingue tre sotto-fi-gure: il fortuito autonomo, il fortuito incidente e ilfortuito concorrente.

Fortuito autonomo è quel fattore che abbia cagio-nato l’evento in maniera assolutamente indipenden-te tanto dalla cosa quanto dal custode; la relazionetra la cosa e il danno non comincia neppure: que-st’ultimo è il prodotto esclusivo del fortuito. Per il-lustrare il concetto si fa l’esempio del fulmine checolpisce un passante mentre percorre un viale albe-rato.

In realtà, la nozione di fortuito autonomo, elabo-rata in dottrina, non individua la prova liberatoriaintesa dalla norma; la dimostrazione di un fattorecausale del genere, infatti, è sempre ammessa perchédiscende dai principi generali. La questione richia-ma quella, di matrice penalistica, concernente l’in-terpretazione delle cause sopravvenute da sole suffi-cienti a produrre l’evento: l’espressione, contenutanel comma 2o dell’art. 41 cod. pen., per la sua for-mulazione letterale infelice sembra riferirsi ad unaserie causale del tutto autonoma, operante in viasuccessiva e a prescindere da qualsiasi legame conuna precedente azione del soggetto; ma, se così fos-se, la disposizione risulterebbe superflua, in quantol’esclusione del nesso eziologico deriverebbe già dal-la mera applicazione del principio di causalità rece-pito dall’art. 40, comma 1o, cod. pen. Per conserva-re la funzione della disposizione di cui al comma 2o

dell’art. 41 cod. pen., occorre allora circoscrivere lasua operatività ai casi di decorso causale atipico, incui l’evento lesivo, ancorché legato da nesso condi-zionalistico alla condotta tipica, non sia tuttavia in-quadrabile in una successione normale di accadi-menti (Fiandaca-Musco, 245 s., infra, sez. IV). Lacritica che si rivolge alla lettera del comma 2o del-l’art. 41 cod. pen. è la medesima che interessa, inquesta sede, l’elaborazione del fortuito autonomo.

Si ha fortuito incidente, invece, quando il fattoestraneo al rapporto di custodia investe la cosa e neassorbe totalmente la relazione con il danno. A dif-ferenza del fortuito autonomo, qui la cosa è una tap-pa necessaria nella serie causale che conduce al pre-giudizio, ma l’intervento del fortuito la riduce adelemento inadeguato ed inefficiente. L’esempio discuola è quello di un fulmine che, folgorando un al-bero, ne provochi la caduta su un passante: la cosaassume, in quest’ipotesi, il ruolo di causa remota inquanto si pone come mera occasione rispetto al pro-dursi del danno.

Il fortuito concorrente, infine, non vale a liberareil custode da responsabilità: esso indica un fatto pri-vo di autonomia, poiché il danno ha potuto verifi-carsi solo per la combinazione di tale evento conuna caratteristica della cosa. La fattispecie è signifi-cativamente rappresentata dal caso di ferimento diun passante determinato dalla caduta, in seguito aduna folata di vento, di un albero rinsecchito.

Si rileva, in proposito, come per questa categoria

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sia improprio parlare di fortuito: è più corretto, in-vece, discorrere di concausa, in quanto l’art. 2051non distingue tra fortuito liberatorio e fortuito con-corrente e una tale classificazione non produce nes-sun vantaggio operativo nella teoria della causalità.

Per dottrina e giurisprudenza unanimi, vengonoannoverati all’interno della nozione di caso fortuitoaltresì il fatto del terzo e quello colposo dello stessodanneggiato. Questi ultimi, allo stesso modo che peril fortuito costituito da un evento naturale, consen-tono l’esclusione della responsabilità del custode so-lo quando intervengano nella produzione del dannocon impulso causale autonomo e con caratteri di ec-cezionalità, imprevedibilità ed inevitabilità.

È bene osservare, comunque, come nella praticala giurisprudenza maggioritaria valuti con minor ri-gore la prova del fortuito costituito dal fatto del ter-zo o del danneggiato, ammettendone con larghezzala sussistenza. La prassi di riconoscere con più faci-lità il ricorrere del fortuito quando esso deriva dafatto del terzo o del danneggiato trova spiegazionenelle regole di ripartizione degli obblighi risarcitori:in presenza di fortuito costituito da fatto di un terzo– al contrario di quanto accade quando l’interruzio-ne del processo causale sia dovuta ad un fatto natu-rale – l’esonero del custode non lascia l’evento senzaresponsabile, quantomeno nei casi in cui l’identitàdel terzo non sia rimasta ignota; nel caso, poi, diconcorrenza del fatto del terzo con lo stato della co-sa, l’obbligazione del custode potrà venire ridotta inproporzione, operazione che non è consentita nel-l’ipotesi di concausa naturale. L’accertamento dellacondotta colposa della vittima, dal canto suo, per-mette di limitare, fino ad escluderlo, il risarcimentorichiesto al custode, in applicazione del principioespresso dal comma 1o dell’art. 1227 cod. civ.

Un esempio di fortuito imputabile al terzo, rap-presentativo della prassi ora delineata, è dato dallafattispecie di furto in appartamento agevolato dallapresenza di impalcature esterne per lavori edilizi incorso: si registrano, in proposito, diverse sentenze asostegno dell’esclusione della responsabilità del cu-stode, le quali motivano la decisione sulla base delfatto che «le cose in custodia non danno luogo a re-sponsabilità quando i danni siano stati cagionati dal-l’attività illecita di terze persone» (Cass., 18.10.2005,n. 20133; analogamente Cass., 21.10.1976, n. 3722;Trib. Milano, 11.12.1974, tutte infra, sez. III). Sulpunto, in realtà, vi sono anche pronunce di segnocontrario, che hanno ravvisato la responsabilità delcondominio e dell’impresa che installa i ponteggisulla scorta della ritenuta prevedibilità di un’azionefurtiva ad opera di terzi in presenza di facilitazioniall’intromissione clandestina di estranei nello stabile(Cass., 9.2.1980, n. 913, infra, sez. III). In seno a ta-le orientamento, la responsabilità ai sensi dell’art.

2051 cod. civ. in capo al condominio viene spesso ri-tenuta coesistere con quella, ex art. 2043 cod. civ.,gravante sull’impresa per omissione delle cauteleidonee ad impedire un uso anomalo delle impalca-ture (Cass., 6.10.1997, n. 9707, infra, sez. III).

Anche con riguardo al fatto del danneggiato si se-gnalano decisioni emblematiche della tendenza diinterpretare in modo meno rigoroso i caratteri di ec-cezionalità, imprevedibilità e inevitabilità richiestiper la sussistenza del fortuito. Significativo è il casodi scivolamento su un pavimento bagnato di unastanza d’ospedale, in cui la Supr. Corte ha sollevatoda responsabilità ex art. 2051 cod. civ. la strutturaospedaliera per avvenuta interruzione del nesso cau-sale tra cosa ed evento lesivo ad opera della stessavittima, che con la sua condotta avrebbe posto in es-sere una volontaria e consapevole esposizione al pe-ricolo (Cass., 21.10.1998, n. 10434, infra, sez. III).

È appena il caso di notare come, in tale ultima fat-tispecie, non possa dirsi integrato né il requisito del-l’imprevedibilità del fatto del danneggiato (essendo,al contrario, probabile scivolare su un pavimentobagnato), né quello dell’inevitabilità, per il custode,del verificarsi dell’evento, in quanto egli avrebbeben potuto usare gli accorgimenti utili ad impediretemporaneamente il passaggio sul tratto di corridoiointeressato. La Corte sembra, invece, avere sovrap-posto il giudizio concernente la responsabilità delcustode a quello riguardante i profili di colpa nellacondotta del danneggiato, riferendo il carattere del-l’evitabilità non al prodursi del pregiudizio, bensì al-la decisione della vittima di porre in essere la con-dotta, sulla scorta dell’assunto che essa avrebbe po-tuto facilmente evitare il comportamento da cui le èderivato il danno; scordando così, peraltro, che lavalutazione di cui all’art. 1227, comma 1o, cod. civ.,non è comunque volta a sanzionare la condotta, seanche colpevole, del danneggiato, ma a rilevareun’anomalia nel decorso causale tra cosa e danno e adiminuire, proporzionalmente, l’entità del risarci-mento spettante alla vittima.

Alla medesima critica si espone la pronunciaadottata in occasione di una fattispecie di lesioni ri-portate a causa di una sconnessione del piano di unpiazzale adibito a parcheggio di un supermercato:qui la responsabilità del custode si è esclusa per es-sere stato il pericolo ritenuto visibile ed evitabilemediante l’uso di normali cautele da parte dellostesso danneggiato (Cass., 17.1.2001, n. 584, infra,sez. III).

Dello stesso principio si è fatta applicazione inuna decisione concernente un caso di caduta di uncondomino su un gradino rotto di una scala male il-luminata, in cui i doveri risarcitori gravanti sul pro-prietario del fabbricato sono stati diminuiti per ilconcorso, nella produzione dell’evento, dell’impru-

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denza del condomino medesimo (Cass., 12.3.1959,n. 738, infra, sez. III). Ad analoga soluzione si ègiunti, più di recente, in una fattispecie di urto con-tro una porta a vetri (Pret. Bologna, 25.9.1998,infra, sez. III), in cui la responsabilità del custode èstata diminuita per l’imprudenza della vittima, col-pevole di avere abbandonato il negozio troppo pre-cipitosamente.

Nella vicenda che ci occupa, la Corte ritiene chel’incidente sia stato provocato dal comportamentocolposo del danneggiato, valutato alla stregua di for-tuito avente valore liberatorio. L’azione di questi, sepuò effettivamente considerarsi imprevedibile edinevitabile (la piscina era chiusa al pubblico e l’ac-cesso ne era impedito dalla presenza di un cancello),nonché denotativa di una consapevole e volontariaesposizione al pericolo (il giovane era ben consciodella sua scarsa abilità al nuoto), tuttavia non puòdirsi dotata di autosufficienza causale, in quantol’evento non avrebbe avuto luogo senza l’abusivaautorizzazione da parte di D. all’ingresso di terzinell’impianto. A questa stregua, può allora ipotiz-zarsi un fortuito incidente costituito insieme dal fat-to colposo del danneggiato e dalla condotta illecitadel terzo.

4. Conclusioni. Alla luce di tutto quanto detto,emerge che il fatto della vittima rileva ai sensi del-l’art. 1227, comma 1o, cod. civ. L’indicazione non èda sola sufficiente, però, a determinare la fattispeciedi responsabilità applicabile: a tal fine occorre stabi-lire quale sia il fattore con cui l’atto del danneggiatosi è combinato nella produzione dell’evento lesivo.

In linea teorica, se tale fattore è individuato nellostato della cosa, ne deriva che il giudizio deve essereformulato ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., ma gli ob-blighi risarcitori del custode potranno essere dimi-nuiti; se, invece, il comportamento del danneggiatoconduce al pregiudizio unitamente all’azione di unaltro soggetto, la vicenda si fa più complicata: essapuò essere interpretata tanto alla luce delle regole diresponsabilità per fatto dell’uomo quanto – come siè accennato – alla stregua di un fortuito incidentecomposto, insieme, da condotta di terzo e danneg-giato, all’interno della cornice disegnata dalla re-sponsabilità per danno da cose.

Nel nostro caso l’evento lesivo è il risultato delfatto della vittima unitamente all’azione di D., ilquale illegittimamente ne permise l’ingresso nellastruttura condominiale. In tale scenario, la sentenzain commento attribuisce rilievo alla circostanza chel’incidente abbia avuto luogo all’interno della pisci-na e propende per una lettura della vicenda in chia-ve di responsabilità oggettiva per danno da cose; laresponsabilità ex art. 2051 cod. civ. del condominioviene però negata grazie all’operare del fortuito.

Anche escludendo un’imputazione di responsabi-lità dell’ente condominiale in virtù del rapporto dicustodia, ciò non significa tuttavia che per l’accadu-to esso debba andare esente da obblighi risarcitorisotto altro profilo. Invero, sul presupposto di unaresponsabilità di D. ex art. 2043 cod. civ., anche inassenza di un formale contratto di lavoro subordina-to tra il condominio e D. l’esistenza di un rapportodi preposizione di fatto tra i due – dimostrata dallapresenza di D. all’interno del complesso residenzialecorrelata al suo potere di controllare l’affluenza dipersone all’impianto – è sufficiente, secondo un’opi-nione generalmente condivisa, per un’imputazionedi responsabilità in capo al preponente ai sensi del-l’art. 2049 cod. civ., essendo la finalità di quest’ulti-ma norma unicamente quella di far ricadere su unsoggetto i costi dell’atto illecito di colui dalla cui at-tività egli tragga vantaggio, per maggior garanzia deldanneggiato.

Sulla base di tale rapporto, si può pertanto ipotiz-zare una responsabilità del condominio in solidocon quella di D. e in concorso con il fatto colposodella vittima. A questa soluzione si approda siaprendendo le mosse dalla disciplina della responsa-bilità per danno da cose, sia riconducendo la vicen-da all’art. 2043 cod. civ., in considerazione dell’ille-cito di D.: il condominio risponderà comunque exart. 2049 cod. civ., poiché la condotta di D. è in ognicaso sanzionabile ex art. 2043, e ciò quand’anche es-sa fosse deducibile come fortuito nel sistema sanzio-natorio di cui all’art. 2051 cod. civ. Quale che sia lastrada, tra le due, che si vorrà percorrere per formu-lare il giudizio di responsabilità, nessuna consenteperciò di ignorare i doveri risarcitori del condomi-nio in forza della sua posizione di preponente.

La possibilità di coinvolgere nel giudizio l’entecondominiale ai sensi dell’art. 2049 cod. civ. – sulpresupposto di una responsabilità ex art. 2043 in ca-po a D. – è stata ignorata dalla Corte, probabilmen-te complice il fatto che gli attori non hanno presen-tato alcuna istanza risarcitoria fondata sulla normagenerale di cui all’art. 2043 cod. civ., né nei confron-ti del condominio né tantomeno nei confronti di D.(verso il quale, peraltro, gli eredi della vittima nonhanno avanzato nessuna pretesa).

La sentenza ha negato l’applicabilità, al caso dispecie, della responsabilità per violazione del doveredi neminem laedere, ritenendo che «una volta accer-tata la sussistenza del caso fortuito e cioè una voltaescluso il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso,resta esclusa anche la responsabilità ex art. 2043 cod.civ., che, inoltre, non sembra essere stata coltivatanelle fasi di merito». L’argomento, se condivisibilenella parte in cui impedisce di ravvisare una respon-sabilità per colpa in capo al condominio laddovequest’ultimo sia stato sollevato da responsabilità in

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veste di custode, non considera tuttavia che un’im-putazione ex art. 2043 cod. civ. sarebbe stata invecein astratto ipotizzabile nei confronti di D., senza checiò rivelasse incompatibilità logiche con l’esonerodella responsabilità del condominio ai sensi dell’art.2051 cod. civ. Tuttavia occorre tenere presente che,in forza dei principi processuali del contraddittorioe della corrispondenza tra il chiesto ed il pronuncia-to, le sentenze di merito non avrebbero potuto co-munque condannare D. al risarcimento di alcunché.

III. I precedenti

1. Criterio discretivo tra responsabilità exart. 2051 e responsabilità ex art. 2043 cod. civ.Sul discrimine tra fattispecie ex art. 2051 e fattispe-cie ex art. 2043 cod. civ., segnatamente, per l’inqua-drabilità del fatto entro lo schema dell’art. 2051:Cass., sez. un., 28.7.1954, n. 2759, in Resp. civ. eprev., 1955, 321 ss.; Cass., 9.2.1980, n. 913, in Foropad., 1982, 256 ss., con nota di Bessone; Cass.,24.2.1983, n. 1425, in Resp. civ. e prev., 1983, 778,con nota di Oberto; Pret. Chieti, 19.12.1994, inForo it., 1995, I, 1684 ss.; Cass., 6.10.1997, n. 9707,in Danno e resp., 1998, 286; Pret. Bologna,25.9.1998, ivi, 1999, 560, con nota di Laghezza, ein questa Rivista, 1999, I, 845 ss., con nota di To-riello; Cass., 30.3.1999, n. 3041, in Giur. it., 2000,I, 733 ss., con nota di Patarnello; Cass.,9.11.2005, n. 21684, in Resp. civ., 2006, 373 s. Inve-ce, si è ritenuto ambito applicativo dell’art. 2043:Cass., 24.1.1975, n. 280, in Giur. it., 1977, I, 1,2044; Cass., 24.11.1979, n. 6148, ivi, 1980, I, 557;Cass., 23.2.1983, n. 1394, in Mass. Giust. civ., 1983;Cass., 23.3.1992, n. 3594, in Foro it., 1993, I, 198 s.,con nota di Caringella; Cass., 1o.6.1995, n. 6125,in Mass. Giur. it., 1995; Trib. Roma, 10.6.1997, inquesta Rivista, 1999, I, 722 ss., con nota di Ragno-ni; Cass., 13.5.1997, n. 4196, in Giur. it., 1998,1382, con nota di Pizzetti, e in Danno e resp.,1997, 497, con nota di Laghezza; App. Milano,15.5.1998, in questa Rivista, 1998, I, 898 ss., con no-ta di Chindemi; Cass., 27.8.1999, n. 8997, ivi,2000, I, 352, con nota di Gritti; Cass., 15.2.2000,n. 1682, in Mass. Giur. it., 2000; Trib. Roma,12.3.2001, in Gius, 2001, 2784.

Sulla natura oggettiva della responsabilità da cosein custodia: App. Milano, 19.6.1981, in Giur. meri-to, 1983, 664 ss., con nota di Bessone; Cass.,15.2.1982, n. 365, in Resp. civ. e prev., 1982, 746,con nota di Monateri; Cass., sez. un., 11.11.1991,n. 12019, in Foro it., 1993, I, 922 ss.; Trib. Venezia,28.3.1997, in Danno e resp., 1997, 497, con nota diLaghezza; Cass., 20.5.1998, n. 5031, in Giust. civ.,1998, 2501 ss.; Cass., 20.7.2002, n. 10641, in Giur.it., 2003, 1587 s.; Cass., 9.11.2005, n. 21684, cit.;

Cass., 6.2.2007, n. 2563, in questa Rivista, 2007, I,1263 ss., con nota di Penuti; contra, per l’orienta-mento secondo cui la fattispecie evidenzia una pre-sunzione di colpa a carico del custode: Cass.,15.12.1975, n. 4124, in Giust. civ., 1976, I, 551 ss.,con nota di Alvino; Cass., 22.6.1982, n. 3134, ivi,1982, I, 2671 ss.; Cass., 14.1.1992, n. 347, in Giur.it., 1992, I, 1, 2202 ss., con nota di Uttaro.

Sull’irrilevanza della colpa omissiva del custodeall’interno della responsabilità ex art. 2051 cod. civ.si veda Cass., 20.5.1998, n. 5031, cit.

2. La nozione di cosa, il nesso di causalitàtra cosa e danno e la custodia. Sulla nozione dicosa e sull’irrilevanza della sua pericolosità ai finidel giudizio ex art. 2051 cod. civ.: Cass., 23.10.1990,n. 10277, in Resp. civ. e prev., 1991, 749 ss.; Cass.,8.4.1997, n. 3041, in Danno e resp., 1997, 631;Cass., 20.5.1998, n. 5031, cit., 2503; Cass.,28.3.2001, n. 4480, in Resp. civ. e prev., 2001, 898ss.; Cass., 16.2.2001, n. 2331, in Danno e resp.,2001, 726, con nota di Breda.

Sul nesso causale tra cosa e danno e sul significatodella locuzione «dinamismo connaturato della cosa,originario o derivato»: Cass., 23.3.1992, n. 3594,cit.; Cass., 28.11.1995, n. 12300, in Danno e resp.,1996, 372; Cass., 28.3.2001, n. 448 in Resp. civ. eprev., 2001, 898 ss., con nota di Ronchi; Cass.,13.2.2002, n. 2075, in Foro it., 2002, I, 1726 s.

Circa l’onere della prova del nesso causale: App.Palermo, 23.3.1995, in Foro it., 1995, 1950 s.;Cass., 4.12.1995, n. 12500, in Danno e resp., 1996,392, e in Foro it., 1996, I, 3179 ss.; Trib. Bolzano,24.1.2001, in Foro it., 2002, I, 1730; Cass.,13.2.2002, n. 2075, cit.; Cass., 8.5.2008, n. 11227, inMass. Giust. civ., 2008.

Sulla concezione oggettiva della custodia e sull’in-sussistenza di doveri di vigilanza specifici in capo alcustode: Cass., sez. un., 11.11.1991, n. 12019, cit.;Cass., 19.1.2001, n. 782, in Danno e resp., 2001, 726ss., con nota di Breda; Cass., 9.11.2005, n. 21684,cit.; Giud. Pace Caserta, 17.11.2008, in Danno eresp., 2009, 747 s., con nota di Serra. Circa l’insus-sistenza della qualifica di custode in capo al detento-re per ragioni di servizio: Cass., sez. un., 11.11.1991,n. 12019, cit.; Cass., 30.3.1999, n. 3041, cit.

3. Il caso fortuito e il fatto del terzo. Sulfortuito in senso oggettivo: Cass., sez. un.,11.11.1991, n. 12019, cit.; Trib. Verona,28.6.1994, in Resp. civ. e prev., 1995, 629 ss., con no-ta di F. e C. Pontonio; Cass., 4.12.1995, n. 12500,cit.; Cass., 20.5.1998, n. 5031, cit.; Cass., 13.2.2002,n. 2075, in questa Rivista, 2002, I, 1726 ss.; Cass.,15.1.2003, n. 472, in Giust. civ., 2003, I, 1820 ss.;Cass., 20.8.2003, n. 12219, in Foro it., 2004, I, 511ss. Contra, per la concezione del fortuito come as-

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senza di colpa in capo al custode: Trib. Milano,19.10.1995, in Danno e resp., 1996, 513 ss., con notadi Laghezza.

Sull’onere per il custode di fornire una prova po-sitiva del fortuito: Cass., 6.4.2004, n. 6753, in Laresp. civ., 2005, 302; Cass., 29.9.2006, n. 21244, inMass. Giust. civ., 2006; Cass., 8.5.2008, n. 11227,ivi, 2008. Nel senso che il concorso di causa natu-rale non comporta riduzione degli oneri risarcitoriin capo al danneggiato: Cass., 16.2.2001, n. 2335,in Resp. civ. e prev., 2001, 580, con nota di Gueri-noni.

Sul fortuito costituito da fatto del terzo o da fattocolposo dello stesso danneggiato: Trib. Milano,11.12.1974, in Resp. civ. e prev., 1975, 278 ss.; Cass.,21.10.1976, n. 3722, in Mass. Giust. civ., 1976; Trib.Genova, 17.11.1987, in questa Rivista, 1988, I, 616ss., con nota di Franzoni; Pret. Finale Ligure,13.1.1988, ibidem, I, 620 ss., con nota di Ziviz;Cass., 5.7.1990, n. 7052, in Resp. civ. e prev., 1991,593; Trib. Torino, 25.6.1990, in Resp. civ. prev.,1991, 593; Trib. Milano, 3.6.1993, in Gius, 1994,226; Cass., 28.5.1995, n. 9047, in Danno e resp.,1996, 258 s.; Cass., 13.5.1997, n. 4196, cit.; Trib.Bari, 5.12.1998, ined.; Cass., 23.10.1998, n. 10556,in Giur. it., 1999, 1591 ss.; Cass., 21.10.1998, n.10434, in Danno e resp., 1999, 415 ss., con nota diLaghezza; Cass., 6.10.2000, n. 13337, in Resp. civ.e prev., 2001, 898 ss.; Cass., 17.1.2001, n. 584, inDanno e resp., 2001, 722 ss., con nota di Breda;Trib. Bolzano, 24.1.2001, cit.; Cass., 16.2.2001, n.2331, cit.; Cass., 20.7.2002, n. 10641, cit.; Cass.,13.2.2002, n. 2075, cit.; Cass., 9.4.2003, n. 5578, inDanno e resp., 2003, 1139 s.; Cass., 18.10.2005, n.20133, in Mass. Foro it., 2005; Trib. Bari,2.10.2008, in Danno e resp., 2009, 745 s.; Cass.,7.10.2008, n. 24755, in Mass. Giust. civ., 2008;Cass., 16.1.2009, n. 993, in Danno e resp., 2009, 322s., 743 s., con nota di Laghezza.

Sulla riducibilità della responsabilità del custodeper concorso colposo del danneggiato ex art. 1227cod. civ.: Cass., 28.10.1995, n. 11264, in Danno e re-sp., 1996, 74 ss., con nota di Ponzanelli; Pret.Bologna, 25.9.1998, cit.; Cass., 28.3.2001, n. 4480,cit.; Cass., 9.4.2003, n. 5578, in Danno e resp., 2003,1139; Cass., 18.6.2004, n. 11414, in Mass. Giust.civ., 2004; Cass., 27.3.2007, n. 7403, in Resp. civ. eprev., 2008, 31, con nota di Sella; Cass., 9.8.2007,n. 17471, in Danno e resp., 2008, 743 ss., con nota diLaghezza; Cass., 8.5.2008, n. 11227, cit.

4. Conclusioni. Nel senso che, ai fini del giudi-zio di responsabilità ex art. 2049 cod. civ., è suffi-ciente la sussistenza di un rapporto di mero fatto tracommittente e ausiliario: Cass., 15.2.1978, n. 703, inForo it., 1978, I, 1187; Cass., 22.3.1994, n. 94, in

Mass. Giur. it., 1994; Cass., 9.11.2005, n. 21685, inDanno e resp., 2006, 215, con nota di Batà e Spiri-to.

IV. La dottrina

1. Criterio discretivo tra responsabilità exart. 2051 e responsabilità ex art. 2043 cod. civ.Sui rapporti tra responsabilità ex art. 2051 e respon-sabilità ex art. 2043 cod. civ.: Trimarchi, Rischio eresponsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961, 193 ss.; Ge-ri, Responsabilità civile per danni da cose ed animali,Giuffrè, 1962, 233; Oberto, Sui rapporti tra le fatti-specie di cui agli artt. 2043, 2050, 2051 c.c., in Resp.civ. e prev., 1983, 778 ss.; Toriello, Responsabilitàper cose in custodia: il caso delle porte a vetri automa-tiche, in questa Rivista, 1999, I, 850 ss.; Franzoni,La responsabilità oggettiva. 1. Il danno da cose e daanimali, Cedam, 1988, 396 ss.; Franzoni, Dei fattiilleciti, nel Commentario Scialoja-Branca, Zanichelli-Foro it., 1993, sub art. 2051, 548, 556; Chindemi,Responsabilità del supermercato a seguito di cadutaaccidentale di un cliente, in questa Rivista, 1998, I,901 ss.; Greco-Pasanisi-Ronchi, I danni da cosein custodia, Giuffrè, 2004, 251 ss.;Monateri, La re-sponsabilità civile, Utet, 2006, 454; Rizzo, Profilidella responsabilità da cose in custodia, in questa Ri-vista, 2006, I, 310.

Sulla natura oggettiva della responsabilità perdanni da cose: Valsecchi, Responsabilità aquilianaoggettiva e caso fortuito, in Riv. dir. comm., 1947,167 s.; Bessone, Responsabilità oggettiva per dannida cose in custodia, in Riv. dir. comm., 1982, II, 125ss.; Bessone, Cose in «custodia» e responsabilità ci-vile per il danno a terzi, in Giur. merito, 1983, 665ss; De Vogli, L’art. 2051 c.c. tra declamazioni e re-gole operazionali, in Danno e resp., 1999, 209 ss.;Penuti, La prova liberatoria a carico del custode exart. 2051 cod. civ., in questa Rivista, 2007, I, 1269s.; Serra, La natura oggettiva della responsabilitàper danni da cose in custodia: le ragioni di una scel-ta, in Danno e resp., 2009, 751 ss. Contra, perl’orientamento secondo cui la fattispecie evidenziauna presunzione di colpa a carico del custode: Al-vino, Obblighi del custode ai sensi dell’art. 2051cod. civ. e questioni relative, in Giust. civ., 1976, I,553.

Sull’irrilevanza della colpa omissiva del custodeall’interno della responsabilità ex art. 2051 cod. civ.:Franzoni, La responsabilità oggettiva, 397 ss.; Sal-vi, La responsabilità civile, Giuffrè, 2005, 166.

2. La nozione di cosa, il nesso di causalitàtra cosa e danno e la custodia. Sulla nozione dicosa: Geri, 97 ss.; Franzoni, Dei fatti illeciti, 547ss.; Visintini, Trattato breve della responsabilità ci-

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vile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile,Cedam, 2005, 790 ss.; segnatamente, circa l’impossi-bilità di distinguere, in natura, tra cose inerti e peri-colose: Brasiello, Cose «pericolose» o cose «seagen-ti»?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1956, I, 33 ss.

Nel senso di escludere rilievo alla pericolositàdella cosa ai fini del giudizio ex art. 2051 cod. civ.:Bianca, Diritto civile, 5, La responsabilità, Giuffrè,1994, 714; Geri, 240 ss.; Bessone, 665; Pizzetti,Nuovi profili della responsabilità per danno da cosein custodia ex art. 2051 c.c., in Giur. it., 1998, II,1383.

Circa il nesso causale tra cosa e danno e sull’oneredella sua prova: De Martini, I fatti produttivi didanno risarcibile, Cedam, 1983, 218 ss.; Franzoni,572 s.; Greco-Pasanisi-Ronchi, 167 ss.; Serra,755 s.

Sulla nozione di custodia: Rodotà, Il problemadella responsabilità civile, Giuffrè, 1967, 8 ss.; Fran-zoni, 547 s.; Monateri, La «custodia» di cui all’art.2051 c.c., in Resp. civ. e prev., 1982, 759; Ziviz, Ildanno cagionato dalle cose in custodia, in questa Ri-vista, 1989, II, 99 ss. Sull’insussistenza del rapportodi custodia in capo al detentore per ragioni di servi-zio: Franzoni, 563; Patarnello, Il custode e i dan-ni prodotti dalla cosa custodita: il criterio normativodi responsabilità imposto dall’art. 2051 cod. civ., inGiur. it., 2000, I, 733 ss.

3. Il caso fortuito e il fatto del terzo.

Sulla nozione di caso fortuito, inteso in senso og-gettivo: Trimarchi, 179 ss.; Geri, 194 ss., 298 ss.;Bessone, Fortuito, causa ignota e responsabilità ci-vile per cose in custodia, in Foro pad., 1982, I, 256;Figone, Il caso fortuito negli artt. 2051 e 2052 cod.civ., in questa Rivista, 1985, II, 351 ss.; Comporti,Causa estranea, caso fortuito, responsabilità oggetti-va, in Foro it., 1985, 2649 ss.; Franzoni, 574 ss.;Alpa, Responsabilità civile e danno. Lineamenti equestioni, Il Mulino, 1991, 320; F.-C. Pontonio, Ilcaso fortuito come esimente di responsabilità per idanni provocati da cosa in custodia, in Resp. civ. e

prev., 1995, 631 ss.; Penuti, 1270 ss.; Salvi, La re-sponsabilità civile, Giuffrè, 2005, 171 ss. Per la con-cezione, invece, di fortuito come assenza di colpain capo al custode: Corsaro, voce «Responsabilitàda cose», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ.,1989, Utet, 1998, 109.

Sulla classificazione del fortuito in autonomo, in-cidente, concorrente:Geri, 196; Franzoni, 578 ss.;Rizzo, 311; Fiandaca-Musco, Diritto penale – Par-te generale, Zanichelli, 2007, 245 s. Circa la non di-minuibilità del risarcimento dovuto al danneggiatoper la sussistenza di una concausa naturale: Salvi,240 s.

Sul fortuito costituito da fatto del terzo o del dan-neggiato: Franzoni, 582 ss.;Gritti, Responsabilitàper danni da cosa e ambito di applicazione dell’art.2051 cod. civ., in questa Rivista, 2000, I, 356; Gre-co-Pasanisi-Ronchi, 206 ss.; Visintini, 795 ss.;Penuti, 1271 s.; Laghezza, Danno da caduta al su-permercato: responsabilità del custode o distrazionedell’avventore?, in Danno e resp., 2009, 748 ss.

Sul fatto del danneggiato come concausa ex art.1227, comma 1o, cod. civ.: Laghezza, Urto controuna porta a vetri: responsabilità oggettiva del custodee concorso di colpa del danneggiato, in Danno e resp.,1999, 563 s., Ponzanelli, Chi risponde dei dannicausati da una buca nel campo da tennis?, ivi, 1996,75 ss.; Sella, Il definitivo abbandono dei privilegidella p.a. nei rapporti di diritto privato, in Resp. civ. eprev., 2008, 33 ss.; Laghezza, Nesso di causalità,concorso di colpa e apportionment of liability, inDanno e resp., 2008, 745 ss.; Serra, 757 ss.

4. Conclusioni. Sulla possibilità che la subordi-nazione, ai fini del giudizio di responsabilità ex art.2049 cod. civ., risulti da un rapporto di mero fatto:Salvi, 195; nello stesso senso, per l’opinione secon-do cui si ponga come superior il soggetto che abbiauna signoria sull’opera compiuta materialmente dal-l’altro: Monateri, La responsabilità civile, 399.

Daniela M. Frenda

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