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1. Origine e storia della parola ambasciata Nell’italiano letterario moderno la parola ambasciata ha soltanto il significato di ‘residenza dell’ambasciatore’, ‘rappresentanza diplomatica di un paese all’estero’ e simili. Nel passato, tuttavia, ambasciata e la sua variante ambasciata significavano anche ‘messaggio, commissione’, e con questo significato la parola esiste tuttora nella maggior parte dei dialetti italiani, da Roma alla Sardegna, da Napoli al Piemonte, dalle Puglie al Friuli, dalla Toscana alla Romagna 1 . Ma la parola ambasciata o imbasciata appare con più significati nei dialetti italiani: in Abruzzi, Puglia, Calabria, nella Sardegna settentrionale e a Napoli, e nel passato anche a Roma e forse anche in Toscana, ambasciata significa ‘servizio dell’intermediario matrimoniale’, ‘richiesta di matrimonio’; e nella maggior parte di questi dialetti la parola ambasciatore non ha nulla a che fare col servizio diplomatico perché significa ‘paraninfo, intermediario matrimoniale’ 2 . Inoltre nel contado di Ascoli Piceno il tipo ambasciate (plurale) ha un altro significato, assai specializzato; il servizio che il norcino effettua d’inverno per i contadini, l’uccisione e la preparazione del maiale 3 . Infine, in un’area che comprende Roma e la Campagna Romana, e si estende sulla riva sinistra del Tevere fino a Cerasuolo sopra Venafro, Scanno in Abruzzi, e Rocca Sinibalda sotto Rieti, ambasciata è una parola tecnica di pastori e di allevatori di bestiame: significa ‘gregge’, ‘mandria’, ‘branco’, e viene applicata indifferentemente a pecore, vacche, cavalli e maiali 4 . Nel passato l’area di questo significato doveva essere più 1 S. Battaglia, Grande Dizionario della lingua italiana, Torino, 1961 ss., s.v., ambasciata, ambasciata; N. Tommaseo – N. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, 1861-79, s.v. ambasciata. Per i dialetti italiani sono stati utilizzati i dizionari più noti. Per la Sardegna devo alcune informazioni alla sig.ra O. Wolf-Nieddu, che ringrazio. 2 Oltre ai dizionari noti, cfr. per la Sardegna ALEIC, 461, pp.50,51; per gli Abruzzi, E. Nobilio, Vita tradizionale dei contadini abruzzesi nel territorio di Penne, Firenze, 1962, p.51; E. Giammarco, Dizionario Abruzzese e Molisano, Roma, 1968-1979; per Roma, C. Castelletti, Le stravaganze d’amore, (1585), in C. Merlo, Saggi Linguistici, Pisa, 1959, pp.63-85 (76, r. 22); per la Toscana, Tommaseo – Bellini e Battaglia, s.v. imbasciare (Cavalca, Frutti della Lingua). 3 Devo queste informazioni agli amici Lucio e Gito Battistrada, che ringrazio. 4 Cfr. AIS 1072, 1088 Cp. 1188 e 1189 ; è stato consultato anche il materiale inedito dell’ALI, grazie alla amabilità del prof. Bonfante dell’Università di Torino, direttore dell’ALI. È stata anche effettuata un’inchiesta supplementare nell’area, nell’aprile 1963. Non vi è dubbio che ambasciata ‘gregge’ e ambasciata 1
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L'etimologia di AMBASCIATA

Mar 30, 2023

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Hans Renes
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Page 1: L'etimologia di AMBASCIATA

1. Origine e storia della parola ambasciata

Nell’italiano letterario moderno la parola ambasciata ha soltanto il significato di ‘residenza dell’ambasciatore’, ‘rappresentanza diplomatica di un paese all’estero’ e simili. Nel passato, tuttavia, ambasciata e la sua variante ambasciata significavano anche ‘messaggio, commissione’, e con questo significato la parola esiste tuttora nella maggior parte dei dialetti italiani, da Roma alla Sardegna, da Napoli al Piemonte, dalle Puglie al Friuli, dalla Toscana alla Romagna1.

Ma la parola ambasciata o imbasciata appare con più significati nei dialetti italiani: in Abruzzi, Puglia, Calabria, nella Sardegna settentrionale e a Napoli, e nel passato anche a Roma e forse anche in Toscana, ambasciata significa ‘servizio dell’intermediario matrimoniale’, ‘richiesta di matrimonio’; e nella maggior parte di questi dialetti la parola ambasciatore non ha nulla a che fare col servizio diplomatico perché significa ‘paraninfo, intermediario matrimoniale’2.

Inoltre nel contado di Ascoli Piceno il tipo ambasciate (plurale) ha un altro significato, assai specializzato; il servizio che il norcino effettua d’inverno per i contadini, l’uccisione e la preparazione del maiale3. Infine, in un’area che comprende Roma e la Campagna Romana, e si estende sulla riva sinistra del Tevere fino a Cerasuolo sopra Venafro, Scanno in Abruzzi, e Rocca Sinibalda sotto Rieti, ambasciata è una parola tecnica di pastori e di allevatori di bestiame: significa ‘gregge’, ‘mandria’, ‘branco’, eviene applicata indifferentemente a pecore, vacche, cavalli e maiali4. Nel passato l’area di questo significato doveva essere più

1 S. Battaglia, Grande Dizionario della lingua italiana, Torino, 1961 ss., s.v., ambasciata, ambasciata; N. Tommaseo – N. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, 1861-79, s.v. ambasciata. Per i dialetti italiani sono stati utilizzati i dizionari più noti. Per la Sardegna devo alcune informazioni alla sig.ra O. Wolf-Nieddu, che ringrazio. 2 Oltre ai dizionari noti, cfr. per la Sardegna ALEIC, 461, pp.50,51; per gli Abruzzi, E. Nobilio, Vita tradizionale dei contadini abruzzesi nel territorio di Penne, Firenze, 1962, p.51; E. Giammarco, Dizionario Abruzzese e Molisano, Roma, 1968-1979; per Roma, C.Castelletti, Le stravaganze d’amore, (1585), in C. Merlo, Saggi Linguistici, Pisa, 1959, pp.63-85 (76, r. 22); per la Toscana, Tommaseo – Bellini e Battaglia, s.v. imbasciare (Cavalca, Frutti della Lingua). 3 Devo queste informazioni agli amici Lucio e Gito Battistrada, che ringrazio.4 Cfr. AIS 1072, 1088 Cp. 1188 e 1189 ; è stato consultato anche il materiale inedito dell’ALI, grazie alla amabilità del prof. Bonfante dell’Università di Torino, direttore dell’ALI. È stata anche effettuata un’inchiesta supplementare nell’area, nell’aprile 1963. Non vi è dubbio che ambasciata ‘gregge’ e ambasciata

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vasta, perché troviamo imbasciata col significato di ‘branco’ in un testo del Seicento che si riferisce alla Maremma Toscana5.

Qual è la relazione di questi significati con quello di ‘servizio diplomatico’? Si può spiegare la varietà dei significaticon l’etimologia tradizionale? Si può tentare un abbozzo della storia della parola valendosi dei dati disponibili?

Dallo studio dei documenti del Latino tardo e medievale in cuiappare la parola, a partire del V/VI secolo della nostra era, due conclusioni si possono raggiungere: 1) il significato comune dellaparola, nelle sue prime attestazioni, è ‘commissione, servizio’; 2) nella struttura semantica della parola sembra sia importante lapresenza di animali. Uno dei primi testi in cui appare la parola, nella forma ambascia6, è il Liber Constitutionum delle Leges Burgundiorum, che risale al V/V) secolo7. Qui, in un capitolo che ha il titolo per noi significativo di De asinis leggiamo : ‘Chiunque osi prendere il mulo di un’altra persona senza permesso, e usarlo per la propria ambascia per uno o due giorni…’, dopo di che segue la pena. È chiaro dal contesto che ambascia è una commissione, che implica un viaggio effettuato con un animale. In un Placitum tridentinum dell’anno8458, che concerne il monastero di S. Maria in Organo a Verona, alcuni lavoratori così descrivono (in un linguaggio che é già italiano tranne per le desinenze) il loro lavoro per il monastero:‘fatiebamus opera ad radem, et portabamus pastas ad Veronam et alias ambassias quas nobis mandabant da parte Sanctae Mariae’, cioè: ‘facevamo opere alla rada, e portavamo pasta a Verona e altre ambasciate che ci mandavano da parte di Santa Maria’. Qui

‘servizio diplomatico’ siano la stessa parola. La distinzione fra le due parole introdotta da C. Battisti – G. Alessio, DEI, è basata su un errore la cui responsabilità, tuttavia, non è degli autori del DEI: sia F. Chiappini, Vocabolario romanesco, Roma, 1933, che Nelloni- Nilsson Ehle, Voci romanesche. Aggiunte e commemti al vocabolario romanesco Chiappino-Rolandi, Lund, 1957, danno erratamente ambasciata e ambasciata come voci romanesche.Le forme corrette sono naturalmente ammasciata e immasciata che appaiono regolarmente in Belli (immasciata), in Castelletti (v. n. 2) (ammasciata) e negli Statuti della Provincia Romana, ed. Tommassetti-Federici- Egidi, Roma, 1910: Statuto di Castel Fiorentino (1305), pp. 349 (4), 354 (4, 20) (ammasciata). Tutte le forme dell’AIS e dell’ALI appaiono con –mm- in quest’area. Questo rende insostenibile l’etimo proposto dal DEI –Lat. PASCERE – per il significato di ‘gregge’, che sarebbe stato invece possibile se le forme di questa area avessero avuto –mb-.5 M. Lastri, Corso di agricoltura pratica, Firenze, 1787-1788, III pp. 299,315.6 Varr. ambascia, ambaxia.7 MG Leg., Sectio I, 104: ‘Quicumque asinum alienum extra voluntatem domini praesumpserit aut unum diem aut duos in ambascia, sua minare…’.8 Muratori, Antiq., II, col 973 B. La parola appare due volte nel testo, opposta adoperas.

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non vengono menzionati animali, ma non ci pare azzardato implicarne la presenza in servizi di trasporto per un monastero. Un altro testo che suggerisce la presenza di animali è la Regula Coenobialis di Colombano9, il monaco irlandese del VI secolo; qui, un articolo stabilisce la pena per il monaco ‘che osi fare un’ ambascia senza il permesso del superiore, in una libera e sfrenata processione (‘libera et ineffrenata processione’) e senza alcun bisogno’. La parola processione e le qualifiche ‘libera e ineffrenata’ difficilmente si spiegherebbero senza la presenza di animali da trasporto10.

Ma è più tardi, nel Trecento e Quattrocento, negli Statuti deiComuni medievali italiani, che la presenza di animali nella struttura della semantica della parola viene resa del tutto esplicita, ed è interessante notare che in questi Statuti le parole ambaxiata e ambaxiator sono già usate nel senso moderno, ad indicare cioè la missione ufficiale di una delegazione inviata dalComune fuori del proprio territorio.

In una rubrica degli Statuti di Bologna del 128811, che si intitola De ambaxatoribus et eorum salario, si legge: ‘stabiliamo che qualunque sia il numero degli ambasciatori inviati al di fuori deldistretto a servizio del Comune di Bologna, se un ambasciatore porta due cavalli egli avrà dal Comune uno stipendio di 18 soldi al giorno, se porta tre cavalli 24 soldi al giorno, e se ne porta a 30 al giorno, e non di più, qualunque sia il numero di cavalli che egli porta’. Inoltre leggiamo che se un notaio accompagna l’ambasciatore, anche il suo compenso varierà a seconda se egli porta uno o due cavalli. In un’altra rubrica, intitolata De emendatione equorum ambaxatorum, cioè ‘Sull’indennizzo dei cavalli degli ambasciatori’, si fissano gli indennizzi rimborsabili agli ambasciatori per i cavalli perduti o feriti, e si stabilisce l’obbligo della stima dei cavalli prima che essi siano inviati in ambaxata. Anche negli Statuti di Pisa nel 128612nella rubrica intitolata De Ambaxiatorum et notariorum capitaneorum, oltre ad informazioni simili a quelle sopra citate13, leggiamo che anche ‘mulos et mulas’ erano 9 Sancti Colombani Opera, ed. Walker, Dublin, 1957, p. 164 (16-18): ‘Qui praesumit facere ambasciam non permittente eo qui praeest, libera et inneffrenata processione assque necessitate...’.10 La traduzione di Walker ‘by going out free and unrestrained’ non é accurata.11 Statuti di Bologna dell’anno 1288, ed. Fasoli -Sella , Città del Vaticano, 1937-1939, II, pp. 228-229.12 Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, ed. Bonaini, Firenze, 1854, ss., I, pp. 84-85.13 Cfr. anche Nova ordinamenta communis Castri Sarzanae (1350), in Statuti....di Pisa, II, pp. 1078-1079.

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parte dell’ambaxiata14. Ma negli Ordinamenta salariorum15troviamo informazioni più interessanti. Qui, sette pagine dell’Edizione Bonaini sono dedicate ai compensi degli ambasciatori e del loro seguito, varianti, come al solito, e seconda del numero di cavalli, di servitori e della distanza della destinazione. Per esempio, per un’ambaxata entro i confini del Comune, cioè un’ ambaxata poco importante, l’ambasciatore aveva il diritto di prendere fino a tre cavalli con un servitore, e il suo notaio finoa due cavalli con un servo: da ciò si può dedurre che una tipica ambaxata di poco conto poteva essere composta di due funzionari concinque cavalli. Cosa pensare delle ambaxate più importanti? Troviamoqualcosa al riguardo di queste negli Statuti di Padova16, la cui compilazione si estende dalla fine del 1100 al 1285. Qui la solitarubrica ha l’interessante titolo De ambaxatoribus et aliis euntibus in serviciocomunis Padue,che è in sé una definizione degli ambasciatori: funzionari che viaggiano (euntibus) a servizio (in servicio)del Comune. Per un’ambaxata alla Curia di Roma un ambasciatore doveva avere un minimo di cinque cavalli, il suo notaio un minimo di tre cavalli più due ufficiali,e ai cosiddetti precones, cioè banditori, che anche facevano parte del seguito dell’ambasciatore, viene assegnato un cavallo ciascuno. E poiché in un altro capitolo della stessa sezione si legge che un’ambaxata aveva due ambasciatori, talvolta tre, possiamo calcolare che per un’importante ambaxata, a Roma avremmo avuto qualcosa come 10 persone e 18 cavalli: ciò che ci avvicina al ‘branco’ di cavalli chiamato ambasciata o imbasciata nella Campagna Romana o nella Maremma.

Non vi è dubbio allora che ancora all’alba dei tempi moderni un’ambaxiata era un insieme di persone a cavallo, inviate in missione in altre località e destinate a ritornare dopo aver svolto il loro compito17. In questo gruppo, il numero di animali eccedeva di molto quello delle persone, in tal modo richiamando il‘gregge’ o ‘branco’; la funzione di questi animali era naturalmente anche quella di trasportare le varie provviste del gruppo: la stessa funzione, per esempio, dei muli delle Leges 14 Cfr. anche Breve Pisani communis, (1313), ibidem, II, p.34. 15 Ibidem, II, pp.1211 -1217.16 Statuti del Comune di Padova del secolo XII all’anno 1285, ed. Gloria, Padova, 1873, pp. 99-101. Informazioni simili sono reperibili in molti altri Statuti medievali, come gli Statuti del Comune di Ascoli Piceno dell’anno 1377, ed. Zdekauer-Sella, Roma, 1910, pp. 286-288; Statuti della Provincia Romana, pp. 9-10, 66 ecc. 17 Questo è anche il senso che si deve dare alle frequenti espressioni del tipo ‘una solenne ambasciata’ (G. Villani), ‘una ricca ambasciata’ (Sacchetti), ‘una solenne e grande ambasceria di sei dei maggiori cittadini’ (G. Villani), ‘Questisono cavalli assai per una ambasceria’ (Machiavelli), ecc. Cfr. Battaglia per altri esempi.

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Burgundiorum, o degli animali del Placido tridentino che portavano pasta aVerona. E il significato della parola, anche se è passato da un’umile commissione ad una missione diplomatica, ha tuttavia preservato i principali tratti strutturali.

Si potrebbe obiettare, a questo punto, che la somiglianza fra l’ambasciata medievale e il ‘branco’ dialettale è ancora troppo vaga. Occorre ricordale, tuttavia, che un ‘ branco’ così nell’Appennino come nelle Alpi, non è un’unità statica ma dinamica: il branco si sposta regolarmente dalla montagna alla pianura, dalla pianura alla montagna, da pascoli alti a pascoli bassi. Per il bestiame. come è noto, questo ciclo stagionale fra due destinazioni fisse, una in montagna e una in pianura, si chiama transumanza18.Inoltre, nei due testi dove appare ambasciata con il significato di ‘gregge’, troviamo anche un chiaro riferimento al ‘viaggio’del gregge. Nel libro di Marco Lastri del 1787, che illustra l’allevamento del bestiame nella Maremma di quel tempo, un’imbasciata viene descritta come una mandria di 60 o 70 vacche o 50cavalli, guidata da un vaccaio o cavallaio, con l’aiuto di 3, 4 o 5 cavalli19. Il semplice fatto che il vaccaio per la sua mandria ha bisogno di alcuni uomini a cavallo basta a provare che la sua mandria è mobile. Qual era la destinazione di queste mandrie? Una di esse, inutile dirlo, era il mattatoio di Roma20. Il caso vuole che proprio nell’altro testo in cui la parola è attestata con lo stesso significato di ‘mandria di vacche’, si trovi la descrizionedi una di queste mandrie che passano per le strade di Roma, una scena tipica della ‘Roma papalina’. La scena è descritta dal più grande poeta dialettale romano, Gioacchino Belli, contemporaneo diLastri. Nel sonetto L’incontro de mi’ mojje21 il grande poeta satirico descrive la penosa situazione di una donna, che avendo reso ‘cornuto’ il marito diverse volte ed essendo perciò divenuta sensibile al simbolo delle corna, si trova d’improvviso circondatada una di queste mandrie di vacche, come in un incubo:

...pijjanno de furia una svortata se trovò in mezzo propio a un’ immasciata

18 Per una precisa definizione del concetto di ‘transumanza’v. A.C. de Vooys, Uitholling van geographische begrippen: de transhumance, in ‘Geogr. Tijdschr’, 1959, pp.193-199.19 V. n.5.20 V. pp. 300, 316.21 I sonetti di Gioacchino Belli, Milano, 1961-3, n. 1755.

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de vacche, e nnun fu a ttempo a scappà via.

La parola che il Belli usa per la mandria di vacche è immasciata, la stessa che il Lastri registra per la Maremma. Sulla base dei materiali illustrati fino ad ora, una definizione generale della parola ambasciata, che comprenda i tre significati di ‘commissione’’delegazione ufficiale’ e ‘branco’ puòessere così tentata: ambasciata è ‘un viaggio a scopo di servizio, che implica la presenza di animali, e il ritorno al luogo di provenienza’, o ‘lo scopo di tale viaggio’; o anche ‘il gruppo di persone e animali che prendono parte al servizio’. Mancano ancora,in questa definizione provvisoria, i significati di ‘servizio del paraninfo’, ‘servizio del norcino’; ma poiché non possiamo ricavare alcuna informazione su questi significati dal Latino tardo o medievale, passiamo alla seconda domanda: quale è l’etimologia della parola ambasciata? Secondo l’ipotesi corrente22 la parola it. ambasciata e i suoi affini romanzi Fr. ambassade, Prov. ambaissade, Sp. embajada, Port. embaixada, ecc., derivano in ultima analisi dal Celtico ambactus che significa ‘servitore’ ed è forma menzionata da Cesare nel De Bello Gallico. Alcuni etimologi, pur accettando l’ipotesi dell’origine celtica della parola, introducono la mediazione delle lingue germaniche, dove il celtico ambactus diventa gotico andbahti, olandeseambacht e ambt, tedesco Amt, ecc; una di queste forme germaniche sarà poi entrata nelle lingue romanze occidentale con le invasioni23. Siaccetti l’origine celtica immediata, o mediata dal tramite 22 Cfr. B. Migliorini - A. Duro, Prontuario etimologico della Lingua Italiana, Torino, 1958, s.v. ambasciata; ; Battisti - Alessio; DEI, s.v. ambasciata 1; D. Olivieri, Dizionario Etimologico Italiano, Milano, 1953, s.v. ambascia; W. Meyer-Lübke, REW, s.v. ambactia: F. Diez, Etymologisches Wörtenbuch der romanischen Sprachen, Bonn, 1853, s.v. ambasciata; W. von Wartburg, FEW, s.v. ambahtjan; O. Bloch-W. von Wartburg, Dictionaire étymologique de la langue française, Paris, 1960-3, s.v. ambassade; J. Corominas, diccionario crítico etimlógicode la lengua castellana, Bern, 1954, s.v. embajada; la stessa conclusione si trova nei dizionari etimologici latini, per es. A. Ernout-A, Meillet, Dictionnaire étymologiquen de la langue latine, Paris, 1959 - 1960, s.v. ambactus; A. Walde-J.B. Hoffmann, Lateinisches etymologisches Wörterbuch, Heidelbergh, 1938-1954, s.v. ambactus; anche per l’inglese cfr. W.W. Skeat, Etymological dictionary of the English language, nuova ed. , Oxford, 1958, s. vv. ambassador Embassy; per il Tedesco cfr. F. Kluge-W. Mitzka, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache, Berlin, 1960, s.v. Amt; per l’Olandese cfr. Franck-van Wijk-van Haeringen, Etymologisch Woordenboek der Nederlandsche Taal, ‘s-Gravenhage, 1942, s.v. ambacht, ecc. 23 V. per es. DEI, Diez, FEW, Bloch-von Wartburg, Corominas, Skeat, Walde-Hofmann, Kluge-Mitza, Franck-van Wijk-van Haeringen. Per Migliorini-Duro l’origine è germanica, senza ulteriore collegamento.

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germanico, vi è comunque consenso generale sul Latino tardo ambactia come antecedente immediato delle parole romanze. Ma per collegare ambactia alle forme romanze occorre superare un ostacolo di carattere storico-fonetico, ostacolo che gli etimologi sopra menzionati risolvono con una proposta insostenibile. Il problema storico-fonetico, ridotto alla sua essenza, è il seguente: una forma Latina ambactia, seguendo sviluppi normali, non avrebbe dato nél’It. ambasciata, né lo Sp. , embajada, né il Port. embaixada, e il Fr. ambassade va escluso in ogni caso in quanto si tratta di un prestitodall’italiano, come mostra l’uscita in -ade. L’unica forma che potrebbe corrispondere (ma non senza difficoltà neanche questa)24 èil Prov. embaissada. Per cui, si conclude seguendo questa ipotesi, laparola del Latino tardo ambactia deve esser prima divenuta ambaissada in Provenza e poi, di lì, si sarà introdotta nelle altre lingue romanze, ad eccezione della Francia settentrionale.

I principali argomenti contro questa proposta sono: 1) Come ha già sottolineato J. Terlingen25 , tutti i dati storici e culturali convergono a individuare l’Italia come origine dell’istituzione delle ambasciate; non vi è alcuna tracciadi un influsso provenzale in questo sviluppo. E dato che si trattadi uno sviluppo del tardo Medio Evo, l’assenza di una qualunque documentazione ha ancora più peso. 2) Gli etimologi che si sono occupati del problema molto probabilmente ignoravano gli altri significati che la parolapresenta nei dialetti italiani26; altrimenti avrebbero esitato ad accertarne un’origine provenzale. Dal punto di vista culturale è difficile accettare l’idea che un prestito provenzale attecchisca nel mondo isolato e conservatore dei pastori dell’Appennino. Ma lamera possibilità di un’origine provenzale di queste forme dialettali è esclusa dalla loro struttura fonologica, che indica che la parola non può essere di origine recente. 3) Sorprende notare che la forma del Latino tardo ambactia, accettata dalla maggior parte degli etimologi come punto dipartenza per lo sviluppo romanzo, non esiste. Vi sono centinaia diattestazioni della parola ambassia e dei suoi derivati in Latino tardo e medievale, e con la più grande varietà di forme grafiche, ma non ve ne è una sola che abbia la forma ambactia27. Questa forma deve essere stata introdotta per errore in una delle prime 24 Cfr. Corminas, op. cit. s.v. embajada.25 J. H. Terlingen, Los Italianismos en español desde la formación del idioma hasta principios del siglo XVII, Amsterdam, 1943, pp. 163-165. La forma embajada, secondo la mia etimologia, è popolare; v. oltre.26 Solo il DEI menziona il significato di ‘gregge’, ma, come abbiamo detto, ne faun lemma separato.

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ricerche sulla parola, e poi tramandata da un dizionario etimologico all’altro, diventando una ‘parola fantasma’. La sua presenza nel Diez e nel REW di Meyer-Lübke bastano a spiegare la sua frequenza nelle ricerche successive28. Naturalmente, potremmo sempre assumere *ambactia come ‘forma ricostruita’; ma questa scelta, quando vi sono già tante varianti reali da prendere in considerazione, e al solo scopo di creare un nesso con il Provenzale, che in ogni caso non soddisfa, sarebbe assai poco economica. 4) Secondo alcuni dizionari etimologi29 la forma ambactia appare in Colombano, cioè nel VI secolo, al più tardi, e nel Latino di un Irlandese. Questo sarebbe, se fosse vero, un buonargomento in favore dell’origine celtica della parola. Ma non soltanto, come abbiamo già visto, la forma ambactia non si trova danessuna parte, perciò neanche in Colombano, ma la forma ambascia che si trova, sì, nella Regula Coenobialis, non appartiene a Colombano stesso, ma ai suoi seguaci che nei due secoli successivi alla sua morte (nel 615) aggiunsero molte interpolazioni al suo testo30. Questi seguaci furono certamente influenzati dalla Regola Benedettina italiana, e anche a giudicare dal loro Latino, non erano Irlandesi31. Questi argomenti, mentre escludono un’origine provenzale dellaparola italiana, eliminando allo stesso tempo la sola possibilità di collegare le parole romanze al celtico ambactus o al gotico andbahti. D’altra parte, la possibilità di un’origine italiana dellaparola ambasciata è sostenuta da diversi argomenti, i più importantidei quali sono:

1) Si accetta comunemente che il Fr. ambassade sia un prestito italiano. Questo concorda con i fatti storici e culturali, e prova anche che l’Italia ha un ruolo attivo linguisticamente.

27 Cfr. per es. Mittellateinisches Wörterbuch bis zum ausgehenden 13. Jahrhundert, München, 1959ss., s.vv. ambascia, ambasciata, *ambasciatum, *ambascio, ecc. V. oltre.28 Non ho cercato di risalire alle origini dell’errore, dato che esso appare già nella prima edizione del Diez (1853).Ora la forma è citata da dizionari, enciclopedie, manuali, ecc. 29 Cfr. per es., DEI, REW, Diez, Corominaz.30 Cfr. Walker, Introduction a Sancti Columbani Opera (v.n.9), pp. XLIV e L ss. Già nel 1873 Erhard aveva sostenuto che l’intera Regula non appartiene a Colombano (Walker, op. cit.., L). Nel 1908 Bresslau, nel suo articolo Der Ambasciatorenvermerk in der Urkunden der Karolinger, in ‘Archiv für Urkundenforschung’, 1908, p. 168, n.6, utilizza le ricerche di Krutsch, che aveva dimostrato che gli ultimi capitoli della Regola non appartenevano a Colombano. Sull’articolo di Bresslau v. oltre. 31 Walker, op.cit., pp. XXXIII e LI-LII.

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2) In Italia, la parola sopravvive nei più diversi e distanti dialetti e con la più grande varietà di significati; inoltre, solo in Italia la forma tardolatina ambascia è sopravvissuta nella forma ambascia32 e solo in alcuni dialetti della Sardegna e della Corsica, così come in antico italiano, il verbo del Lat. medievale ambasciare si è continuato con il significato molto vicino a quello originale, cioè di ‘recare un messaggio’33.

3) Tutte le attestazioni della forma in Latino tardo e medievale possono essere ridotte a quattro tipi grafici: ambas(s)ia, ambascia, ambax(i)a, ambastia34.

Il linguista italiano riconoscerà subito in queste grafie un completo inventario dei gruppi consonantici latini che convergono nella doppia sibilante palatale [šš]: in altre parole, ambasciata potrebbe derivare da AMBASSIA come l’It. grascia deriva da crassia: potrebbe derivare da AMBASCIA come l’It. fascia deriva da FASCIA; potrebbe derivare da AMBAX(I)A come l’It. coscia deriva da COXA; o ancora da AMBASTA come l’It. angoscia deriva da ANGUSTIA.

4) Tutte le varianti dialettali di ambasciata e imbasciata in Italia centro e meridionale, all’interno di una determinataarea, appaiono con il gruppo –mm- anziché con -mb-. Questo èun ben noto fenomeno della geografia linguistica italiana che permette di datare la parola ad epoca antica. Per di più, la presenza del gruppo –mm- anziché –mb- è una classicaindicazione di sostrato osco-umbro35, cioè, dell’influenza delle lingue osco-umbre parlate dalle antiche popolazioni italiche che abitavano l’Italia centro-meridionale in epocapre-latina.

5) I tre significati più specializzati della parola, cioè ‘branco’, ‘servizio domestico del norcino’ e ‘servizio dell’intermediario matrimoniale’, appaiono solo nell’Italiacentro-meridionale. Dato che questi dialetti sono anche

32 V. n. 7333 Imbasciare con questo significato è usato a Perchidda (v. n. 1); per la Corsicav. DEI s. v. ambasciata. Per l’It. v. Tommaseo- Bellini s.v. imbasciare e Battaglia, ibidem. Per il Lat. medievale ambasciare v. oltre.34 Le varianti più frequenti, nel periodo più antico, sono ambas(s)ia e ambascia. Di queste due, il tipo ambas(s)ia sembra il più comune, a giudicare dai documenti in cui appare: Lex Salica, Leges Burgundiorum, una Charta italiana del 740 circa, il Placitum Tridentinum dell’845, il Capitulare de Villis, la Lex Romana Raetica Curiensis, e una traduzionelatina del Sinodo di Costantinopoli. Mentre ambascia appare nelle tre Leges (Salica, Burgundiorum e Raetica), nella Regula di Colombano, in Incmaro e nei dipinti carolingi. Su tutti questi documenti v. oltre. 35 Cfr. per es. G. Bretoni, Profilo linguistico d’Italia, Modena, 1940, pp. 56-57, con bibliografia essenziale.

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assai conservativi è logico pensare che questi significati si siano originati in quest’area.

6) Il costume dell’ ‘intermediario matrimoniale’ o ‘paraninfo’risale ai tempi classici, come dimostrano il Lat. PRONUBA e Lat. tardo PARANYMPHUS; in alcuni dialetti meridionali dellaSardegna, è proprio quest’ultima parola che si è continuata36.

7) Per quanto concerne i significa di ‘branco’ e di ‘servizio domestico del norcino’ dobbiamo ricordare che i termini chesi collegano con attività antiche come l’allevamento del bestiame sono di solito conservativi, i pastori dell’Italiacentro-meridionale conservano, più pronunciatamene di altrigruppi, antichi modi di vita. Inoltre, nella grande area culturale dell’allevamento del bestiame nell’Italia centrale, l’allevamento del maiale è tanto tipico delle Marche quanto quello della pecora lo è per l’Abruzzo e per il Lazio. Perciò vi sono tutte le ragioni di pensare che ambedue i significati di ‘branco’ e di ‘servizio del norcino domestico’ siano piuttosto relitti che sviluppi tardi.

Tutti questi argomenti insomma, mentre orientano verso un’origine italiana della parola, allo stesso tempo sembranodelimitare l’area di irradiazione all’Italia centro-meridionale. Accettando questa ipotesi di lavoro, un nuovo tentativo di identificare l’etimologia della parola può essere fatto prendendo in considerazione, come punto di partenza, il suffisso – ata. Questo morfema, come è noto, è in origine la forma femminile del Participio Passato della 1° coniugazione latina, ed è molto usato in Latino volgare per la formazione di nomi: per esempio dal Lat. tardo CABALLARE ‘cavalcare’ si sviluppa il Lat. volg. *CABALLICATA che diviene in It. cavalcata, in Sp. cabalgada, in Fr. chevauchée ecc. Questa procedura non era naturalmente limitata ai verbi della 1° coniugazione ma era comune a qualunque altra coniugazione, come mostrano esempi italiani come uscita da uscire, corsa da correre, vista da vedere, ecc. Non vi è dubbio allora che ambasciata derivi da quel verbo ambasciare che spesso appare nell’alto Medio Evo col significato di ‘portare un messaggio’ ed è sopravvissuto in antico Italiano e in dialetti moderni, per es. in Sardegna e Corsica, con lo stesso significato. Ma prima di concentrarci sul verbo ambasciare dobbiamo aggiungere qualcosa sulla relazione fra i 36 M. L. Wagner, Dizionario Etimologico Sardo, Heidelberg; 1960 ss., s. v. paraninfu, suggerisce che la voce sia un prestito spagnolo, ciò che contrasta con l’antichità del costume. V. le osservazioni sul paralimpu sardo di f. Alziator, Il folklore sardo, Bologna, 1957, p. 43.

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verbi e i nomi basati sulla forma femminile del Part. Passato. Ancora oggi, nell’Italiano familiare e parlato, nonché nei dialetti, il Part. Passato è preferito al verbo, nel senso che invece di dire Ho dormito bene si dirà più spontaneamente Ho fatto una bella dormita, invece di dire ho sgobbato si dirà Ho fatto una sgobbata, invece di dire Abbiamo mangiato molto, si dirà piuttosto – per lo meno a Roma – ci siamo fatti una mangiata. La preferenza di questo tipo diespressione è certo importante per spiegare la formazione di un numero così grande di nomi basati sul Participio Passato in Latinovolgare e nelle lingue romanze37. Inoltre, a causa della concretezza inerente al nome, il Part. Passato sostantivo spesso riceve un significato diverso da quello del verbo di origine; per esempio ricevere diviene ricevuta, entrare diviene entrata; l’a. Italiano gire ‘andare’ diviene gita, cascare diviene cascata (d’acqua), per non menzionare che alcuni casi. E, spesso, dallo stesso verbo si origina un Participio Passato sostantivato con diversi significati, tutti dipendenti dai diversi contesti in cui il verbooriginario poteva essere usato. Per esempio dal verbo portare si ha portata nel senso di ‘pietanza di un pasto’, dal ‘portare’ del cibo a tavola, si ha portata come ‘capacità’ di un battello, dalla quantità di merce che un battello può ‘portare’; si ha portata di unfucile, dalla distanza a cui il suo proiettile può essere ‘portato’ ecc. Ovviamente, la stessa relazione sarà esistita fra il verbo ambasciare, nel suo significato originale, e i vari significati di ambasciata; o, in altri termini, i vari significati diambasciata devono essere visti come cristallizzazioni in diversi contesti di una sola idea fondamentale. Quale potrebbe essere questa idea elementare? Una possibilità interessante ci viene offerta di nuovo dai dialetti: da alcuni dialetti conservativi della Sardegna e della Calabria inItalia, e del Bearnese in Francia. In Sardegna, ad Isili, la variante locale di imbasciare significa ‘abbassare’, ‘portare in basso’ e il Part. Pass. significa anche ‘discesa in basso, pendenza38. In Calabria, varianti locali di ambasciare significano ‘abbassare’39. Nel Bearnese embasà significa ‘far discendere’40.

37 Il suffisso –ata è uno dei più frequenti in Italiano, come appare dal Dizionario Inverso Italiano, l’Aia, 1962 (ora Bologna), dell’autore di queste pagine.38 Devo queste informazioni a Giovanni Moi, Antonio e Giuseppe Pizzalis, che ringrazio. 39 Cfr, G. Rohlfs, Dizionario Dialettale delle tre Calabrie,, Halle-Milano, 1932-1939, s. vv. ambasciari, mbasciari e (Suppl.) ammascià.40 Cfr. FEW s. v. bassiare. * Imbassiare si è anche continuato nell’a. Fr. embassier: Cfr. few, ibidem, e Tobler- Lommatzsch, Altfranzösisches Wörterbuch, Wiesbaden, 1915 ss., s. v. embaissier.

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L’analisi etimologica di questi verbi è del tutto elementare, in quanto il verbo è formato da due elementi IN, prefisso e preposizione, e il tardo latino BASSUS ‘basso’. Come è noto, in tutte le lingue romanze occidentali questi due elementi formano una locuzione avverbiale con lo stesso significato: It. in basso, Fr.en bas, Prov. en baisso, Sp. en bajo, Port. en baixo ecc. Può essere ma motivazione ‘portare in basso’ alla base dei diversi significati della parola ambasciata? Prima di tutto dobbiamo esaminare la questione dal punto di vista della fonologia storica. Noteremo allora che lo Sp. en bajo ‘in basso’ corrisponde esattamente a embajada41; il Port. en baixo altrettanto esattamente a embaixada, e lo stesso vale per il Prov. en baisso e embaissada.Il Fr. ambassaderesta un prestito italiano, ma l’a. Fr. embaissier ‘impetrare’ mostra uno sviluppo normale di *imbassiare e si avvicina molto alla famiglia semantica di ambasciata42. Esaminiamo ora le forme italiane. A prima vista ambasciata e imbasciata non corrispondono con l’It. in basso: ci aspetteremmo *imbassare. Ma, sulla base di altre osservazioni, notammo che l’area di irradiazione della parola potrebbe essere l’Italia centro-meridionale43. Ora in questa area non troviamo soltanto il tipo bascio invece di basso, ma troviamo anche che al prefisso in- corrisponde an44: per es. ambizzata = infilzata45, ammizzare = invezzare46, ammittare = invitare47, ammentare = inventare48, ammugliare = invogliare49, ampressa = in prescia, ancappare = incappare, anduviare = indovinare50, andove = in

41 Sulla base di questa corrispondenza fra lo Sp. embajada e en bajo lo storico Denina, nella sua Clef des langues, III, 4, citata da G. Gherardini, Voci e maniere di direitaliane, Milano, 1879 ss., I, p. 590, aveva già presentato questa etimologia. Ma la sua ipotesi era che il primo ambasciatore fosse stato quello inviato dalla Corte di Castiglia alla pianura e che quindi la parola italiana fosse un prestito spagnolo. 42 V. oltre L’a Fr. ambassée e ambasseor dovrebbero essere riesaminati alla luce della nostra etimologia.43 Cfr. G. Rohlfs, Historische Grammatik der italianischen Sprache, Berna, 1949-1954, I, § 288. Inesatti sono tuttavia i dati sulla frequenza del toponimo Basciano in Italiameridionale, e quindi infondati i suoi dubbi sul carattere indigeno del tipo bascio nell’area. 44 Questo importante sviluppo non è stato sufficientemente studiato, sia in sé che nei suoi rapporti con l’Osco-umbro. L’Itt. anguinaia, dal Lat. INGUINALIA, mostra uno sviluppo simile: non solo an- ma anche -j- (dal lat. -LJ-) sono dialettali.45AIS, 1541, (P.577).46AIS,767 (meridionale). 47 Cfr. M. Melillo, Atlante fonetico lucano, Roma, 1955, p. XXIII.48 AIS, 713 (PP. 618, 682).49 AIS, 279 (P. 846), 1508 (P. 859), 1542 (PP. 724.803).50 A. Altamura, Dizionario dialettale napoletano, Napoli, 1956.

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dove51, ambattiri = inbattere, amberza = inversa, ambirtù = in virtù, ambrunata = imbrunata52 ambutu = imbutu, anfernu = infernu, antrata = intrata53, ammalloppare = inviluppare54, ecc. La parola ambasciata, pertanto corrisponde esattamente alla forma che il Lat. IN e il Lat. volgare *BASSIARE assumerebbe nell’Italia centro-meridionale. Ma vi è di più. Abbiamo visto che la parola ambasciata appare in una vasta zona d’Italia centro-meridionale col gruppo -mm- anziché -mb-, indizio importante di un sostrato osco-umbro. Potrebbe valere questo anche per la nostra parola? Due ragioni ci portano a pensarlo: la prima é che BASSUS era stato già consideratovocabolo osco-umbro, in quanto come aggettivo appare solo in glosse, e come cognome solo nella Campania-Osca55. La seconda ragione è che uno dei tratti morfologici che oppone l’Osco-umbro al Latino è proprio il prefisso AN- anziché IN-56. Ecco alcuni esempiin Umbro: AMPENTU ‘impedito’, AMPENES ‘impendens’, AN-TENTU (cfr. Lat. intendo), ANTAKRES ‘integris’; ANFEHTAF ‘infectas’, anstiplatu ‘instipulator’; ander ‘inter’; ANTERMENZARU ‘internenstruarum’. In Osco: amprufid ‘improbe’, ancesto ‘incensa’, amiricatud ‘*immercato’, ANTER ‘inter’, ANTERSTATAI *’Interstitae’, ecc. Sulla base di questi dati comparativi ci é dato concludere che ambasciata e i suoi affini potrebbero derivare da un derivato di BASSUS di tradizione osco-umbra, il cui equivalente in Lat. volgare sarebbe *IMBASSIATA, a sua volta dal verbo *IMBASSIARE ‘portare in basso’. Possiamo ora tentare di rispondere alla domanda: Puòessere una motivazione come ‘portare in basso, abbassare’ alla base dei vari significati della nostra forma? È noto che le lingue osco-umbre erano parlate dagli antichi Italici che abitavano nell’area appenninica in epoca preistorica, in epoca storica fino alla riva sinistra del Tevere. Gli aspetti essenziali della loro cultura, dopo i classici studi di Giacomo Devoto57, sono noti. Il loro grande ruolonegli eventi che portarono alla nascita di Roma, alla formazione della civiltà latina e del Latino non necessita un’illustrazione qui. Ciò che è importante accentuare, ai fini della nostra ipotesietimologica, è la grande importanza che l’allevamento del bestiame

51 Chiappini, op. cit., (v. n. 4).52 Rohlfs, op. cit., (v. n. 39).53 Id. Hist. Gramm., I, 218.54 Da cui it. malloppo..Cfr. Migliorini - Duro, s. v. malloppo. 55 Cfr. per es. Ernout-Meillet, op. cit. s. v. bassus. 56 Cfr. Bottiglioni, Manuale dei dialetti italici, Bologna, 1954, p. 346, s. v. am-, ecc., §110 e passim.57

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aveva nell’economia dell’antica cultura italica. Basterà ricordareche parole latine collegate con l’allevamento del bestiame come BOS, SCROFA, BUFALUS, LUPUS non sono latine, ma osco-umbre, e che parole italiane come bifolco e tafano non derivano direttamente dalle forme latine BUBULCUS e TABANUS,ma dai loro equivalenti osco-umbri, *BUFULCUS e *TAFANUS. 58: Dello stesso sfondo pastorale partecipa anche la leggenda delle origini di Roma. Recentemente, in un volume intitolata Civiltà Appenninica59, Salvatore Puglisi ha chiaramentedelineato la cultura dei popoli che abitavano gli Appennini in epoca preistorica, cioè degli antenati degli Italici: la loro struttura sociale ed economica dipendeva intieramente dalla transumanza pastorale; gli antenati degli Italici erano pastori, egià tremila anni fa si muovevano con i loro greggi lungo gli stessi tratturi che ancora oggi sono usati dai pastori transumantidell’Appennino. Le loro condizioni di vita dipendevano strettamente dalla loro economia pastorale: i prodotti dei loro greggi permettevano loro di sopravvivere sulle montagne in estate,ma i bisogni dei loro greggi, li costringevano a tornare in pianura, su ambedue i versanti dell’Appennino, e a stabilire contatti con gli agricoltori della pianura. Vista su questo sfondo, la supposta motivazione di ambasciata, cioè ‘portare giù’ diventa più evidente, in quanto la pianura è la destinazione fissa, stagionale, strutturale, essenziale alla vita economica, geografica e sociale delle comunità pastorali che risiedono sulle montagne dell’Appennino. E non a caso nelle lingue e dialetti romanzi occidentali le sostantivazioni di BASSUS sono estremamente comuni nel senso di ‘regioni basse’, ‘pianura’, ‘monti più bassi’ e simili, spesso nella forma di toponimi come in Italiano i vari Bassa, Bassano, Basciano, Basciano, Bassanello, Campo Basso, VillaBassa, ecc. Naturalmente, per una popolazione di pastori dipendentidalla transumanza, lo scopo principale di una ‘discesa alla valle o ai pascoli più in basso’ era di ‘portare giù il gregge’. A partire da una frase basata sul verbo, come ambasciare pecore ‘portaregiù le pecore’, si sarà sviluppato il sostantivo basato sul Participio Passato, cioè ambasciata di pecore ‘insieme di pecore da portare alla valle’60. Ancora oggi a Scanno, nell’Appennino

58 Cfr. per es. B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze, 1960, p. 25.59 S. Puglisi, La Civiltà appenninica. Origine delle comunità pastorali in Italia, Firenze, 1959. 60 Si ricordi che i nomi basati sul Part. Pass. femminile hanno spesso un’implicazione di ‘aumento quantitativo o qualitativo’; per es., una mangiata è l’equivalente di ‘mangiare molto e bene’ e non semplicemente di ‘mangiare’. Lo stesso si può dire di una bevuta, una dormita, una camminata ecc. Questo fattore dovrebbe essere preso in considerazione nello studiare lo sviluppo del

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abruzzese, la parola ambasciata viene tradotta ‘quantità di animali da portare al pascolo’61, e, da Scanno, i greggi scendono nella Campagna Romana a svernare. Inoltre, occorre notare che in tutte le aree pastorali dei paesi romanzi occidentali, dai Pirenei alle Alpi e agli Appennini, la parola tecnica che i pastori usano per indicare il movimento ‘in basso’ nel ciclo della transumanza, cioèdal monte al piano, è molto spesso un derivato di BASSUS. per esempio nei Pirenei bašar a Bielsa, baxar a Bestuè, abašà nella valle di Louron, bašà a Betlan62, nelle Alpi franco-svizzere, varianti di baisser non solo sono in uso per la transumanza vera e propria, ma anche per indicare il costante movimento del bestiame dai pascoli più alti a quelli più basi, senza lasciare la zona alpina, che costituisce un altro momento tipico della vita pastorale alpina63. Nelle Alpi italiane e negli Appennini, varianti del tipo bassare, andare alla bassa, scendere abbasso, ecc., sono le più frequenti fra i pastori64. Inutile dire che questa precisa corrispondenza nel linguaggio dei pastori, in aree così distanti come i Pirenei, le Alpi e gli Appennini, prova l’antichità dell’uso. Non vi è dubbio allora che anche ambasciata nel senso di ‘gregge’ debba appartenere a questa famiglia di parole, col significato originario di ‘quantità di pecore da portare giù al pascolo’65. E i due altri significati di ambasciata ‘servizio domestico del norcino’ e ‘servizio del paraninfo’? Per quanto riguarda il primo, si rileverà che l’idea di ‘commissione’ è inerente al significato. La parola infatti non si riferisce soltanto all’uccisione del maiale come tale, ma al servizio speciale che il norcino effettua per il contadino ad una data fissa ogni anno, recandosi sul posto. Non è troppo azzardato allora far risalire l’origine di questo significato ad antiche significato di ‘gregge’: a Priverno (Latina) ambasciata è un gregge di mille pecore (ALI), a Marcellina (inchiesta privata: Alessandro Ceccchetti)ambasciata è ungregge di diversi padroni, mentre il gregge di proprietà individuale è branco. Anche negli altri sviluppi semantici della parola questo fattore può avere avutoimportanza.61 AIS, 1188. 62 A. Th. Schmitt, La terminologie pastorale dans les Pyrénées Centrales, Paris, 1934, pp. 31, 109.63 Glossaire des patois de la Suisse Romande, Neuchâtel-Paris, 1934 ss., s. vv. baisser 2,1 e 2 bas.64 Cfr. AIS, 1193a. 65 Per uno sviluppo simile cfr. Lat. COMMENDĀRE COMMANDĀRE che con il tipo *COMMANDA diviene ‘gregge’ nei Pirenei (cfr. Schmitt, op. cit., p.34) e nelle Alpi (cfr. Glossaire des patois de la Suisse romande s. v. commande). Cfr. anche FEW s. v. commendare, dove appare il significato di ‘donner à hiverner (une vache)’. Cfr. anche i tipi italiani comando ‘commissione, servizio’ (per es. a Sonnino; inchiesta privata) e comandata ‘ricambio di cavalli’ (v. anche AIS 818 Cp).

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relazioni fra comunità pastorali degli Appennini e agricole della pianura66 e di interpretarlo come il servizio prestato da esperti norcini Italiani per contadini della pianura. L’area marchigiana dove appare questo significato è nota per essere stata un punto d’incrocio di culture preistoriche67e i ritrovamenti archeologici provano che l’allevamento del maiale è antico nell’area68. Inoltre,se ignoriamo un piccolo vuoto che separa le due aree dove appaionoi significati di ‘gregge’ e di ‘servizio del norcino’, prolungandoqueste due arre finché non si uniscono, l’area che otteniamo corrisponde molto da vicino alla antica Sabina; e sono i Sabini, come noto, che hanno avuto un ruolo preponderante nell’introduzione di un marcato elemento pastorale nella civiltà latina arcaica69. Infine, nel mezzo del vuoto fra le due aree, quasi a metà fra Ascoli Piceno nelle Marche e Rocca Sinibalda nel Lazio settentrionale, si trova Norcia, l’antica cittadina Sabina di Nursia; e non può essere una coincidenza che la parola per ‘macellaio del maiale’ sia proprio norcino, cioè ‘nato a Norcia’, un riconoscimento inequivoco di un’antica abilità nelle complesse operazioni dell’uccisione e della preparazione dei maiali. Anche il significato di ‘paraninfo; intermediario di matrimoni’ può allora essere visto nel quadro di antichi contatti fra Italici degli Appennini e agricoltori della pianura, e proiettato nel periodo in cui i matrimoni misti potevano essere uno dei molti aspetti di un complesso processo di integrazione frale due culture. La sfumatura spregiativa di ‘ruffiano’ che la parola spesso, ma non sempre, presenta in quest’area, può riflettere un tradizionale antagonismo fra due culture. È degno dinota che ancora oggi, nelle aree più isolate dalla Sardegna, il servizio del paralimpu è quello di negoziare alleanze fra gruppi molto chiusi, se non addirittura ostili70. Superfluo notare, in ogni caso, che anche il servizio del paraninfo si lascia interpretare come ‘viaggio’71o come ‘missione’, così come, in tempimoderni, la parola inviato (dove il nesso con via e viaggio è trasparente) può assumere diversi significati.

66 V. Puglisi, op. cit., cap. VII (Convivenza e differenziazione con i gruppi agricoli) e passim.67 Ibidem, pp. 25-26, 27, 74, 75, 76, 79, ecc.68 Ibidem, cap. III (Documenti dell’economia pastorale: la fauna e la lavorazione del latte), pp. 31-33 V. anche p. 76, n.3.69 Ibidem, cap. X (Gli Italici e la tradizione pastorale delle origini di Roma), p. 101 e passim. 70 Alziator, op. cit., p. 43.71 V. per es. come Elvira Nobilio descrive la funzione dell’immasciature negli Abruzzi orientali (op. cit., pp. 50 ss).

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Da un punto di vista semantico e culturale si può concludere, insomma, che in un’antica cultura appenninica, che le leggi della struttura economica legava alla montagna e al movimento stagionale di animali e persone dalla montagna alla pianura, la motivazione di ‘portar giù’ sarà inevitabilmente presente in qualunque ‘viaggio’ ‘missione’ o ‘servizio’. Che si trattasse di portare merci a Verona, di intraprendere una cavalcata con un mulo come nelle Leges Burgundiorum, di portare un gregge al pascolo o un messaggio a una persona distante, ‘portare giù’ sarà quel denominatore comune la cui individuazione è stata l’oggetto principale di questa ricerca. Tutti gli altri elementi semantici della parola - il gregge, il ritorno, il macellaio o il paraninfo - sono forniti dal contesto socio-economico, geografico e culturale in cui la parola si é originata, cristallizzandosi poicome Participio Passato sostantivato.

Da un punto di vista fonologico e morfologico, si può concludere che ambasciata e i suoi affini derivano da un Lat. volg. *IMBASSIATA, a sua volta da *IMBASSIARE , con il significato di ‘portare giù’. Questo verbo, nel suo significato originale, sopravvive solo in aree isolate o laterali72come la Sardegna, la Calabria e il Béarn. Dei due nomi deverbali derivati AMBASSIA (V e VI secolo)sopravvive solo in Italia73, AMBASSIATA (VII 72 Per il concetto di ‘area laterale’ in geografia linguistica v. M. Bartoli, Introduzione alla neolinguistica , Ginevra, 1925 e cfr. Migliorini, Storia della lingua italiana, cit., pp. 34-37.73 It. ambascia deriva dall’a. It. ambasciare’ansimare, causare affanno’ (cfr. F. Tollemache S. J., I deverbali italiani, Firenze, 1954, p. 28). Il significato originario di ambasciare ‘abbassare’ è qui applicato al sentimento umano. L’aggettivo it. ambasciato ‘triste, depresso’ illustra il processo: ambasciare ‘abbassare’>ambasciato ‘depresso e ambascia ‘depressione’ ecc. Per la motivazioen cfr. cal. abbasciatu ‘ambasciato’ (certo da abbasciari ‘abbassare’ e non dal Celt. bascia come suggerisce Rohlfs nel suo dizionario): It. esser giù, essere depresso, depressione; Ingl. to be down, to be low, depression ecc.Così come il concetto di ‘depressione’ si può applicare sia al suolo che ad uno stato psicologico, bassus, che è parola estremamente comune per ‘depressione nel suolo’ e simile (anche in combinazione con in. cfr. Fr. embas ‘la partie basse de quelque chose’ (disusato);Renn. Nant. ‘rez-de-chaussée’, Thônes ênbà ‘la partie inferieure’, Prov. enbas ‘la partie inférieure; rez-de-chaussée; la plaine’; Périg. embas ‘plaine par rapport à la montagne’, Château, onbâsse ‘fosse faite dans le sol’ tutti nel FEW s. v. bassus), poteva facilmente acquistare un senso figurato. È interessante notare che ambascia in a. It. ha anche il significato specializzato di ‘asma’ degli animali: in F. Redi (XVII secolo) applicato a cavalli ammalati e in Sannazzaro (XV e XVI) a pecore (ambasciare : intrans.) (cfr. Battaglia s. v. ). Abbiamo qui la stessa cultura di allevatori di bestiame che si riflette negli altri significati di ambasciata. Cfr. anche Prov. baisso-alen ‘asma’ e Corso basso ‘afoso’ (ALEIC,588). L’ipotesi che il gr. embasis sia l’etimo di ambascia, del DEI, sipuò giustificare - a parte le difficoltà formali - tenendo solo presente che la

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sec. :AMBASSATUM)74 e *IMBASSIATA si continuano in tutte le parlate romanze occidentali col significato di ‘commissioni’, ‘messaggio’,che si era già sviluppato nel Latino volgare. In Italia imbasciata è la sua versione latinizzata. d’accordo con la famosa formula di Merlo ‘Etruria latina, Lazio Sannita’75. Ma dobbiamo ancora rispondere ad un’importante domanda:come spiegare che una parola Italica, nata fra pastori e allevatori di bestiame, sia stata scelta per designare ambasciata e ambasciatori? Che cosa ha determinato la fortuna di questa parola su parole classiche come LEGATUS MISSUS NUNTIUS e altre? quandosi è sviluppato il significato moderno di ‘ambasciata’? È infatti chiaro che la parola AMBASSIA, l’equivalente tardo latino di ambasciata, non mostra alcun legame stabile con una missione ufficiale: al contrario. Nelle Leges Burgundiorum del V e VIsecolo, come abbiamo visto, ambascia76 non indica che una commissioneeffettuata con un mulo. In una Charta italiana del 740 circa ambasiassi oppongono a operas, perciò anche esse compito di un lavoratore77, lo stesso abbiamo visto per le ambassias del Placito tridentino dell’845. Nella Lex Romana Raetica Curiensis, forasticas ambasias sono ovviamente ‘viaggi all’estero’ ma non certo limitati a una categoria privilegiata78. Nelle Formulae Bituricenses di epoca merovingia, al principio del VIII secolo, ambastiis sembra significare ‘viaggi’ nell’ambiente socialmente ricco delle precariae medievali, ma niente di più preciso su può dedurre dal testo79Nel famoso Capitulare de villis dell’epoca di Carlo Magno, un judex può assentarsi dal territorio seè in exercitu, in servizio militare, in wacta, cioè di guardia ai confini, o in ambasiato80. Questa è ovviamente una ‘missione’ con uno

tradizione etimologica di ambasciata non fornisce un collegamento con ambascia.74 La forma appare nel Capitulare de villis (v. n. 80) e in Incmaro (v. n. 105). Cfr. anche abbasciatum nel Codex carolinus (v. n. 99). 75 C. Merlo, Lazio Sannita ed Etruria Latina, in Saggi Linguistici, cit., pp. 101-109. 76 Var:ambassia, ambaxia.77 MG, Leg., IV, P.659: ‘ Et sic mihi ipsus Lucius profesavet, cot feceset ei operas a prados et a vitis et ambasias per ebdomatas. » È interessante notare cheil lavoratore che usa la parola ha il nome latino di Lucius. 78 MG. Leg., V, p. 319:’ Illi, qui eas agere volunt, infra duos annos hoc faciant; nam post duos annos, si illas causas agere voluerint, non valebunt, preter si ipsi litigantes aut per infirmitaten aut per forasticas ambascias ipsas causas agere non potuerint ». Variante: ambasias.79 MG Leg., V, p. 169:’ sed ne possessio nostra vobis heredibusque vestris praeiudicium inferat, hanc praecariam vobis deposuimus, spondentes, quod, si ullo unquam tempore huiuh cartulae condicionem obliti, in quibuslibet ambastiis, aut ubi a vestris actoribus ex vestro praecepto fuerimus imperati, non procuraverimus cum omni oboedentia adimplere…’.80 MG Capit. reg. Franc., 16, p. 84 :  « Et si iudex in exercitu aut wacta seu in ambasiato vel aliubi fuerit… ».

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scopo indefinito. Nelle interpolazioni alla Regula Coenobialis di Colombano una ambassia, come abbiamo visto, è un ‘viaggio’ fuori dalmonastero . Solo nella Lex Salica, del V/VI secolo, ambasia è preceduto dall’aggettivo dominica ‘per il signore’81, e in un altro codice della stessa legge, la cosiddetta Lex Emendata, l’espressione in dominica ambasiaè tradotta iussione regis ‘per ordine del re’. Dal contesto appare chiaramente che ambasia qui indica una missione fuori del proprio territorio a servizio del re82. Ma si noterà che se la parola aveva bisogno dell’aggettivo dominicus ciò significa che da sola la parola non poteva significare una missione ufficiale, cioè che la specificazione di dominica in un caso simile era necessaria. Si può così affermare che in tutte le sue prime attestazioni la parola ambassia è ancora una parola generica, usata per qualunque tipo di commissione o di servizi che implichi un viaggio.

A questo stadio, la parola ambassia è simile ad una parola comeservizio oggi. Da sola, questa parola indica qualunque compito, ancheumile; con un aggettivo può diventare servizio militare, servizio civile, serviziodiplomatico. Lo stesso si può dire di ambassia.Qualcosa dobbiamo supporre sia accaduto, per cui le specificazioni come dominica sono diventate a un certo punto inutili, dopo di che la parola da sola poteva evocare il più alto grado di ufficialità e di rappresentatività, come avviene nei nostri tempi.

Il momento cruciale di questa trasformazione nella storia e nella struttura della parola può essere identificato in una lunga serie di diplomi carolingi, emanati dalle cancellerie di Carlo Magno83, Ludovico I il Pio84, Ludovico II il Germanico85, Pipino I86, Carlo II il Calvo87, Carlo III il Semplice88, cioè dalla fine

81 Lex salica, The ten texts with the glosses and the Lex Emendata synoptically edited by J. H. Hessels, London, 1880 coll. 1. ss : ‘si in dominica ambasia fuerit occupatus, mannire nonpotest. Si vero infra pago in sua ratione fuerit, sicut superius diximus mannirepotest’. Var.: ambascia, ambaxia. La stessa espressione appare anche negli Additamenta, ma in un testo incerto e solo in tre codici (ibidem, p. 411). Le varianti qui sono: ambassia, ambasia, ambascia. 82 L’opposizione fra in dominica ambasia (esse) e infra pago in ratione sua (esse) mostra chiaramente che una ambasia implica un viaggio fuori del pago ed essere non in ratione sua, ma di altri. 83 MG Dipl. Karoli M., ed. Mühlbacher: DD 136 (anno 781) (v. tuttavia, n. 100), 150 (783), 176 (794), 181 (797), 218 (813). 84 Cfr. H. Bresslau, Der Ambasciatorenvermerk in der Urkunden der Karolinge, in ‘Archiv für Urkundenforschung’, 1908. pp. 167-184 (173-174). V. anche MG. Leg., V. Formulae imperiales e curia Ludovici Pii, 43, p. 320.85 MG Dipl. Ludow. Germ., DD, 4 (anno 831), 7 (832), 13 (833), 35 (844).86 Recueil des Actes de Pépin Ier et de Pèpin II Rois d’ Aquitaine, ed. Léon Levillain, Paris, 1926 : D, 22 (anno 835).

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dell’VIII fino alla fine del IX secolo89. In tutti questi diplomi il verbo ambasciare, quasi sempre nella forma ambasciavit90 , non appare nel testo vero e proprio, ma alla fine del diploma, in quella parte del protocollo finale che gli specialisti chiamano ilsignum recognitionis, cioè la formula con cui i cancellieri e i notai autenticavano il diploma. Qui, nel groviglio di sigle che compongono il signum, la parola ambasciavit, preceduta dal nome di chi,appunto, ‘ambasciavit’ appare trascritta – e questa è un’altra particolarità curiosa – in lettere normali ma nelle cosiddette note tironiane, un’antica forma di stenografia. La parola è diventata così parte del protocollo ufficiale ed appare vicina al monogramma del re o imperatore, al nome del cancelliere, del notaio e dei funzionari della cancelleria reale91. I paleografi hanno studiato con molta attenzione le occorrenze della parola neidiplomi, e hanno scoperto che la formula di ambasciavit aveva una funzione molto precisa: indicava la persona che era stata inviata dal re alla sua cancelleria con l’ordine di emanare il diploma 92. Inoltre hanno notato che questi ambasciatori ante litteram erano tuttipersonaggi importanti: qualche volta il re stesso portava l’ordinealla sua cancelleria; talvolta la regina, il figlio del re, l’arcicappellano, il cancelliere o sua moglie, e la maggior parte delle volte vescovi, abati e conti93.

Senza alcun dubbio, è questa circostanza che ha cambiato la qualità della parola: tutt’a un tratto ambasciare non significa più semplicemente ‘portare un messaggio’ ma diventa ‘portare il messaggio del re’, e in questo nuovo uso viene codificato dagli

87 Recueil des Actes de Charles Ii le Chauve Roi de France, ed Tessier, Paris 1943- 1955 ; in note tironiane DD 5 (anno 841), 137 (851), 146 (852), 168 (854), 172 (855), 174 (855), 185 (856), 221 (860), 238 (862), 263 (864), 266 (864), 271 (864), 274 (864), 299 (867), 303 (867), 311 (868), 340 (870), 363 (872), 410 (867) ; in lettere normali DD. 120 (849), 193 (857), 407 ( ?), 412 (876), 416 (875-876), 419 (877), 428 (877), 433 (877), 439 (877), 460 (876-877), a prima occorrenza (sicuramente datata) di ambasciator (var. ambaciator) appare in D. 442 (877); per un’altra attestazione v. oltre. 88 Recueil des actes de Charles III le simple Roi de France, ed. Lamer, Paris, 1940, I, D. 21 (anno 899). 89 La formula appare anche in un diploma di Lotario: cfr Recueil des actes de Lothaire et de Louis V Rois de France, ed. Halphen-Lot, Paris, 1908, D. 24 (anno 966). M. Jusselin (Le Moyen Age, 1922, p. 3) menziona la sua comparsa, come imitazione, in un diplomadi Filippo I del 1067. 90 Anches ambasciaverunt, ambasciate e (una sola volta) ambasciator. 91 Lo studio classico sul soggetto è quello cit. di Bresslau. V. anche le introduzioni alle varie raccolte di diplomi sopra menzionate e manuali come quello di A. Giry, Manuel de diplomatique, Paris, 1894, pp. 592 ss. 92 V. oltre.93 Cfr. Levillain, Introduction al Recueil des Actes de Pépin Ier.., pp LIX – LX.

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stessi cancellieri del re. Da parola del linguaggio comune, ambasciare diventa termine cancelleresco, riservato ad un élite che godeva della fiducia personale del re. E poiché questo è anche il periodo in cui la nuova società feudale viene organizzandosi, l’introduzione della parola nella classe dominante, composta da dignitari della Chiesa e della corte, creava automaticamente una soluzione di continuità con gli altri significati popolari della parola: la stessa soluzione di continuità che separava una classe dall’altra nella nuova struttura sociale.

Questo nuovo aspetto feudale della parola appare chiaramente alla luce della nuova etimologia che abbiamo proposto. Molto tempoancora dopo la decifrazione delle note tironiane in cui è scritta la formula ambasciavit, si era continuato a pensare che la formula si riferisse alla persona che era andata dal re per perorare la causadel beneficiario del diploma, ed in tal modo era riuscito ad ottenerlo94. Di conseguenza, secondo questa visione ora superata, ambasciare in questi diplomi aveva un significato differente da quello comune: cioè ‘ottenere’. Nel 1908 lo studioso tedesco Bresslau95 dimostrò che la formula non si riferisce a intermediari fra il beneficiario del diploma e il re, ma a quelli fra il re e la cancelleria del re stesso, cioè alle persone che portavano allacancelleria l’ordine di emanare il diploma, dopo che il re aveva deciso in tal senso. La parola conservava dunque il suo significato comune di ‘portare un messaggio’. Ma se questa conclusione riveste un’importanza notevole per la conoscenza dellacancelleria carolingia, il suo valore linguistico non è stato convenientemente apprezzato, data l’esistenza dell’etimologia tradizionale. L’etimologia qui presentata ci permette di raggiungere la conclusione che il significato originale della parola – ‘portare giù’ – era noto ai cancellieri carolingi ed era stato preso in senso figurato: cioè di ‘portare l’ordine del re ad un livello inferiore’; dove l’elemento semantico ‘inferiore’ non è più visto in senso materiale, ma nel contesto della scala gerarchica feudale. Non mancano prove di questa conclusione nelle lingue romanze occidentali: in Italiano la parola abbassare è attestata da un lessicografo del secolo scorso col significato seguente: ‘in uffici pubblici: inviare un ordine da un ufficio piùalto a un ufficio più basso’96; in Portoghese baixar ‘abbassare’ ha un significato speciale nel linguaggio giuridico: ‘inviare ordini 94 Questa tesi è sostenuta, per es., da Giry, op. cit., pp. 549-550.95 Bresslau, art. cit.96 F. Ugolini, Vocabolario di parole e modi errati, Napoli, 1860. Cfr. Battaglia, op. cit., s. v. abbassare 8.

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dalle corti più alte agli uffici subordinati’. E in Spagnolo, bajar ‘abbassare’, nel linguaggio giuridico ha un significato che è esattamente quello di ambasciavit nei diplomi carolingi, cioè ‘trasmettere un documento ufficiale all’ufficio speciale, per la pubblicazione’; dove l’ufficio speciale ha preso il posto della cancelleria carolingia. Un’altra prova sta nell’a. Fr. embaissier, uno sviluppo dalLat. volg. *IMBASSIARE, che non solo è attestato col significato comune di ‘abbassare’ ma anche con quello di ‘impetrare’97; ora, come Bresslau ha mostrato, impetravit spesso si alternava con ambasciavit nel protocollo finale dei diplomi carolingi, quando gli ambasciatores avevano anche il compito di ottenere il diploma dal re,oltre a quello di portare il suo ordine in cancelleria98. Un’ultima prova può essere trovata nel Codex Carolinus99, la famosa raccolta di lettere pontificie compilata per ordine di Carlo Magno. Il codice risale alla fien del IX secolo, cioè allo stesso periodo dell’introduzione della formula ambasciavit nei diplomi; in questo codice, in uno dei titoli che riassumono le lettere, il compilatore ha usato la parola abbasciatum – senza aggettivi – per indicare una missione ufficiale. Non solo la parola mostra di aver acquistato il suo nuovo ‘rango’, ma la sua grafia rivela chiaramente l’associazione, per la mente del compilatore, con l’it. abbassare. Avendo così individuato il momento cruciale nella storia della parola, diviene possibile tentare di ricostruire le circostanze che hanno portato a tale mutamento. Per quanto riguarda le persone che hanno introdotto la parola nella cancelleria carolingia, tutto sembra orientare verso l’Italia e, in Italia, verso il più grande potere di quel periodo, cioè la Chiesa. Il primo diploma in cui appare la formula ambasciavit è un diploma della cancelleria di Carlo Magno dell’anno 781100, cioè sette anni dopo la conquista franca dell’Italia, conseguenza dell’alleanza fra il regno Franco e la Chiesa. 97 Cfr. Tobler-Lommatzch, Altfranzösisches Wörterbuch, s. v. embaissier.98 Art. cit., pp. 181 ss. 99 MG. Epist., III, 19: ‘Item exemplar epistolae eiusdem papae ad domnum pippinum regem per petrus presbiterum directa, in qua continentur abbasciatum remedii episcopi et andegarii comitis, qualiter iustitias beati petri apostolorum principis apud desiderium quondam regem ex parte receperunt, et reliquas iustitias faciendum pollicitus est’. 100 La lettura di Mülhbacher non è corretta, cfr. Bresslau, art. cit. , p. 173. Comunque, anche se la prima apparizione della formula fosse in D. 150 (anno 783), secondo Mülhbacher, o in D. 104 (anno 775), come sostiene nickel (v. il commento di Mülhbacher l’ambasciatore sarebbe pur sempre Fulrado, arcicappellano di Carlo Magno e abbate di Saint- Denis, di fatto capo della cancelleria.

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Gli effetti della conquista d’Italia sulla cancelleriacarolingia sono ben noti agli studiosi di diplomatica; la conquista segna addirittura l’inizio del ‘secondo periodo’ nella storia della Cancelleria101. Per cui, nello stesso periodo in cui appare ambasciavit nel protocollo, vengono introdotte altre innovazioni cancelleresche, tutte di origine romana. Il monogramma, una tipica usanza della cancelleria pontificia, aveva già sostituito la croce di Pipino come firma del re; ora agli altri titoli del re viene aggiunto quello di patricius romanorum; nelladata del diploma viene introdotto l’anno del regno di’Italia, conteggiato dal 774, e, nell’800, dopo l’incoronazione del re a Roma, viene aggiunta la cosiddetta indictio, un’altra indicazione cronologica di chiara origine romana e di tradizione ecclesiastica. Che la cancelleria carolingia fosse dominata dalla Chiesa non ha bisogno di essere sottolineato. Il personale della cancelleria è esclusivamente ecclesiastico102. La relazione fra la cappella del re e la sua cancelleria è un problema classico per lastoria della diplomatica103, ma certo al tempo di Carlo Magno la cancelleria è subordinata alla cappella104. Siamo infatti nel periodo in cui, per esempio, la Chiesa ha creato il famoso Constitutum Constantini, il falso testamento di Costantino, che dona tutte le province occidentali dell’impero alla Chiesa; il periodo in cui l’unica seria opposizione alla politica della Chiesa, quella Longobarda, viene eliminata per sempre da Carlo Magno. L’introduzione della formula ambasciavit nella cancelleria carolingiapuò essere vista come uno degli innumerevoli corollari della penetrazione della Chiesa nella vita e nella struttura politica dello stato, tipica di questo periodo. Il primo dignitario per cuiviene usata la formula ambasciavit, quindi il primo ambasciatore carolingio, è l’arcicappellano del re e abate di Saint-Denis Fulrado, che controlla anche la cancelleria di Carlo Magno. Come abbiamo detto, la maggior parte degli ambasciatori dei diplomi carolingi sono vescovi e abbati. 101 Cfr. per es. Giry, op. cit., pp. 717 ss.102 Spesso i funzionari della cancelleria si firmano levita, clericus, monachus, sacerdos, cfr. Giry, op. cit., p. 825. La carriera normale per un notaio era di diventare vescovo; cfr. J. De Font-Réaulx, La Cancellerie carolingienne d’après des publications récentes, in ‘Journal des savants’, 1944, pp. 122-126 (125-126).103 Cfr. W. Lüder, Capella. Die Hofkapelle der Karolinger bis zur mitte des neuenten Jahrhunderts, in ‘Archiv für Urkundenforschung’, 1909, pp. 1-100.104 Cfr. M. Tangl, Die Tironischen Noten in der Urkunden der Karolinger, ibidem, 1908, pp. 87-166 (162 ss.). Il predominio della cappella sulla cancelleria è particolarmente evidente all’epoca di Fulrado, il cui nome è appunto il primo che si collega conla formula ambasciavit.

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Il primo individuo a noi noto che abbia usato il verboambasciare e il nome ambasciatum nella sua corrispondenza e nei suoi scritti privati – quindi al di fuori della formula diplomatica – èIncmaro, arcivescovo di Reims, che visse nel IX secolo105. Nella traduzione latina del Sinodo di Costantinopoli (536) la parola ambasiator viene usata per indicare un monaco, rappresentante del monastero al Sinodo106. La parola greca nell’originale è apocrisiarius, che è il titolo che veniva dato al plenipotenziario del Papa alla corte dell’imperatore bizantino e, più tardi, dell’arcicappellano del palazzo carolino107

La nostra ricostruzione storica è quasi completa Restaancora una lacuna fra l’epoca carolingia e la fine dell’Impero romano. Possiamo trovare nel Placito tridentino già menzionato, che si riferisce al monastero di S. Maria in Organo, nonché nella Regula Coenobialis di Colombano, gli elementi che servono a completare questo quadro. La comparsa della parola ambassia in questi due documenti prova che la parola era comune in due aree monastiche diverse. E i monasteri, con al loro struttura economica e la loro ricchezza spesso basate sull’allevamento del bestiame108, con i loromonaci-pastori che evocano nei geografi confronti con i lama buddisti109, con la loro collocazione in regioni montuose tradizionalmente collegate con la pastorizia110, forniscono il collegamento necessario, da un alto, fra il periodo postimperiale e il periodo carolingio e, dall’altro, fra gli strati rurali dei

105 Migne, Patron Lat., CXXVI, ep. 20 (a Luigi III), col. 118: ‘Relitto… illum ad vos, ut… deneget talia vobis ex mea parte non ambasciasse. Unde puto ut sicut in nomine interprisum est, ita sit et in ambasciato. Nam iste frater a vobis ad me rediens ambasciavit mihi ex vestra parte ut pedem meum basiaret…’. Incmaro usa la parola anche nel suo De visione Bernoldi presbiteri (ibidem, CXXV, col. 1116): ‘…et duxit me ad maximum palatium, ubi multitudo hominum eorumdem episcoporum erat, …et ambasciavi ex illorum parte quod mihi iussum fuerat’. In ambedue i testi, il significato è ‘riferire, portare un messaggio’.106 Mansi, Concil. coll.., VII, col 978 e passim (per il testo greco), e coll. 881, 889 (per la traduzione in latino), citato in Bresslau, art. cit., pp. 170-171, e nn. 2, 3. La data della traduzione, secondo Bresslau non è anteriore al IX secolo. 107 Cfr. per es. J. F. Niermeyer, Mediae Latinitatis Lexicon Minus, Leiden 1954 ss., s. v.apcrisiarius. È interessante osservare che l’equazione apocrisiarius = archicappellanus è fatta proprio da Incmaro, nel suo famoso De ordine palatii.108 Cfr. per es. Ph. Arbos, La vie pastorale dans les Alpes françaises, Paris, 1922, pp. 158 ss. (Les monastères centres d’elevage).109 Ibidem, p. 159, n. 10. Nelle antiche chartae dei monasteri, i monaci spesso si firmano bubulcus, magister ovium, magister boum, caprarius (ibidem).110 Nei Pirenei, i monasteri medievali usavano antichi tratturi di transumanza per mantenere i loro contatti con gli altri monasteri: cfr. Ch Higounuet, Un mapa de las relaciones monasticas transpirenaicas en la eda media (tr, dal Francese), in ‘Pireneos’, 1951, pp. 543-552 (550).

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monasteri e i loro abbiati. I due documenti menzionati rivelano i primi stadi di questo sviluppo: nel Placitum Tridentinum, ambassia è il compito di un lavoratore a servizio del monastero; nella Regula di Colombano la parola designa il compito di un monaco e come tale è diventato parte della terminologia monastica. Il ruolo dominante dei monasteri dell’alto Medio Evo ha certo avuto un’importanza decisiva per l’introduzione della parola nel mondo carolingio, tramite gli stessi canali con cui al Chiesa stava conquistando posizioni strategiche all’interno del palazzo reale. 111. Ma se è giusto sottolineare il ruolo dei monasteri nella diffusione della parola fuori della sua area originale, si dovrà anche ribadire che la speciale connotazione di ufficialità che la parola acquista nella cancelleria carolingia non fu il risultato dell’influenza della Chiesa o dei monasteri, ma un riflesso diretto della corte carolingia. A questo proposito è opportuno ricordare che due banali parole latine come comes ‘compagno’ e cappa ‘cappa’ diventano l’aristocratico conte e la religiosa cappella non tanto in Italia, ma proprio nel palazzo Franco. Per riassumere, la parola ambasciata, con il suo antecedente ambasciare e i suoi derivati, è una parola osco-umbra, derivata da BASSUS, un’altra parola di probabile origine osco-umbra. La sua motivazione originaria era perciò di ‘portare giù, abbassare’ e si sviluppa nell’ambiente pastorale degli Italici dell’Appennino. Come BASSUS, doveva essere parola comune negli strati rurali della società latina, e per questo la troviamo, allafine dell’Impero, in testi tipici del Latino tardo e volgare come la Lex Salica e le Leges Borgundiorum. Resta una parola comune e conservail suo significato comune di ‘viaggio compiuto per motivi di servizio’ nei monasteri dell’Alto Medio Evo, ma la sua adozione nel linguaggio monastico rende possibile un ulteriore sviluppo. Questo ebbe luogo nel periodo della grande alleanza franco-pontificia, dopo la conquista d’Italia, quando la Chiesa acquista una funzione preminente nella cancelleria reale; la parola allora diviene parte del protocollo ufficiale dei diplomi reali, e viene usata esclusivamente per indicare l’inviato speciale del re che porta i suoi ordini alla cancelleria. A questo stadio, nei secoli

111 I monasteri dell’Italia centrale e meridionale ebbero certo un ruolo preminente in questo processo. Il monastero di Farfa, per es., con la sua origine franca, il suo ben documentato background pastorale, la sua importanza nell’alto Medio Evo, è certo esemplare in questo senso, specialmente se si considera che Farfa non é lontana dall’area in ciu ancora oggi si usa ambasciata per ‘gregge’. Un’ottima trattazione generale sui monasteri italiani è quella di G. Pepe, Il Medio Evo barbarico, Torino, 1959, pp. 254-274.

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VII e IX, la motivazione fondamentale della parola, cioè ‘portare giù’, è ancora nota ai funzionari della cancelleria che la usano, sebbene avesse acquisito una sfumatura metaforica di carattere burocratico. Con la sua introduzione nella cancelleria carolingia la parola diviene un’espressione della classe dominante, e perde il suo collegamento con i significati popolari. Più tardi, il nuovo senso della parola, cioè ‘delegazione ufficiale, missione diplomatica’ viene accettato dai Comuni italiani, che nei loro Statuti regolano gli aspetti di un’ambasciata medievale. Di conseguenza l’istituzione diviene permanente e la parola entra nelmondo moderno112 Ma ancora nel XIII e XIV secolo, un’ambasciata dei Comuni italiani poteva preservare alcuni dei tratti originari, tipici del gregge transumante portato giù dall’Appennino alle pianure della Campagna Romana. E non è per caso che solo a Roma i tre significati fondamentali della parola ambasciata sono ancora riuniti, uno accanto all’altro, in una curiosa prospettiva; dietrol’ambasciata nella lingua italiana c’é ancora la ‘commissione’ e il ‘messaggio’ del dialetto popolare urbano; e dietro questo c’é il ‘gregge’ del dialetto rurale della Campagna Romana. La prospettivaè sociale, non linguistica: il linguaggio ha solo congelato e resovisibile lo sviluppo storico della struttura sociale.

Postilla. Oltre ad Alinei, Ancora dell’etimologia di ‘ambasciata’ in ‘Romance Philology’, XX (1966), pp. 32-35, vanno aggiunti alla documentazione raccolta in questa ricerca: 1) la forma anbasada, attestata a Lizzano in Belvedere, nell’Appennino Bolognese, che Malagoli così definisce ‘Si chiama così un gruppo di quattro o cinque bestie da soma, che unitamente trasportano carbone, legna osim’113. Questa attestazione, restituendo un significato che è sostanzialmente identico a quello delle attestazioni dell’Alto Medio Evo, conferma la struttura semantica dell’accezione ‘animale’ del termine da noi assunta come ‘insieme di animali per

112 Lo sviluppo tardo dei significati di ‘residenza o ufficio dell’ambasciatore’ è indubbiamente collegato con l’istituzione di ambasciate permanenti prima di tutto in Italia, al principio del XV secolo, e poi in tutta l’Europa (cfr. per es. G. Mattingly, The first embassies: medieval Italian origins of modern diplomacy, in ‘Speculum’, 1937. pp. 423-439). Le prime indicazioni di questo sviluppo appaiononegli Statuti dei Comuni Italiani: per es. in quelli di Padova (cfr. n. 16), pp.99 (203) si menzionano dumus seu hospica per l’alloggio dell’ambaxata. Sena dubbio èa causa del gran numero e del prestigio delle persone che componevano tali delegazioni che si sviluppa il significato di ‘residenza’. Il mutamento considerato in sé, è frequentemente attestato: Ing. parliament (prima ‘dibattito, convegno’ dal Fr. parler), Lat. ECCLESIA . It. chiesa (in orignie ‘assemblea’) e molte altre parole. 113 Malagoli, Lessico del dialetto di Lizzano in Belvedere, in ‘ID’ 17, 1941, p. 196.

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trasporto o servizio’, e conferma altresì l’ipotesi formulata a p.102 di questo studio sull’origine appenninica di tale accezione, estendendone l’area molto al di là della Maremma. 2) Recenti ricerche sulla figura del sensale matrimoniale, mercante di bestiame, macellaio e norcino, documentata nel mondo germanico, e ricorrente in Italia da un lato nel rapporto fra ambasciata e norcino, già illustrato nel nostro studio, e fra cozzone e scozzonare dall’altro. Su questi aspetti, nel quadro di una più matura teoriae metodologia etimologica, varrà la pena di ritornare in altra sede.

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