L’ETA’ MODERNA / Francesco Benigno. (Cap. XI / XX). By Rot. 1 1 L’ETA’ MODERNA . (Cap. XI / XX). di Francesco Benigno. 11. L’affermazione del barocco. 11.1 Ingegno e meraviglia. L’etimologia della parola «barocco» è controversa; secondo alcuni definisce una figura atipica del sillogismo aristotelico, secondo altri deriva dalla parola portoghese barocco, che indica una perla difettosa, dalla forma irregolare. In entrambi i casi col termine barocco si può intendere una strutturale infrazione a regole date. L’irregolarità, la ricerca dell’insolito, la volontà di stupire sono i tratti che definiscono il gusto barocco che si diffonde in Europa fra il 1580 e il 1680. Il barocco non investe solo le arti visive, la letteratura e la musica, ma anche la religiosità, la politica, il costume. Quasi per reazione alle forme di controllo e coercizione che la Chiesa contro-riformista e gli Stati esercitano sugli individui, gli artisti cercano l’originalità. La loro ricerca di quanto è trasgressivo, capriccioso, strano, alternativo, è tollerato e a volte incoraggiato, in ambito artistico e letterario, sia dai sovrani e dall’aristocrazia, sia dalla Chiesa cattolica, soggetti che sono soliti combattere ogni tentativo di eversione in campo religioso, politico, filosofico e scientifico. Grazie al suo ingegno l’artista deve avvicinare oggetti fra loro distanti ed inconciliabili, creando nessi inediti che li apparentino. L’obbiettivo dell’artista è quello di stupire chi fruisce della sua opera. Gianbattista Marino ( 1569/1625) «… è del poeta il fin la meraviglia…». Il dovere dell’artista è di proporre, utilizzando materiali rari/pregiati, è creando paragoni inconsueti recepiti solo da chi ha una cultura raffinata ed esclusiva, di creare l’effetto della meraviglia nello spettatore. Gli artisti elaborano un linguaggio iniziatico e misterioso, costellato di simboli ed emblemi. La Chiesa controriformista cerca di operare un controllo sulla produzione artistica con la censura. Paradossalmente, mentre si sviluppa un movimento culturale che sembra rifiutate ogni regola, cresce il tentativo di arginare e ricondurre entro certi limiti le libertà artistiche che si diffondono. Questo governo delle arti evidenzia come in un’epoca in cui vengono messi in discussioni valori religiosi/politici/scientifici/filosofici ritenuti intangibili via sia bisogno di nuovi punti di riferimento 11.2 Lo spettacolo del mondo. L’intervento del potere politico nella sfera della cultura è finalizzato ad ottenere il consenso dei sudditi. Per questo, pontefici e sovrani, quando si tratta di arricchire le proprie collezioni personali si mostrano estremamente raffinati;, mentre, quando l’opera è destinata alla fruizione pubblica, prediligono oggetti artistici che impressionino per la loro magnificenza. Il teatro, in particolare è il frutto dell’armonica sinergia fra molteplici arti: pittura, scultura, letteratura, musica. La spettacolarità del teatro diviene un elemento anche della vita pubblica. Nel Rinascimento lo spettacolo teatrale era una festa riservata alle corti signorili, nell’epoca barocca festeggiamenti e celebrazioni si svolgono nelle strade e nelle piazze coinvolgendo l’intera società. Non solo rappresentazioni teatrali, ma processioni, cortei, giostre, tornei,. Persino gli autos da fé. L’intera città diviene teatro dove si svolge l’azione spettacolare. In questo periodo molte città vedono modificata la loro struttura ai fini di modellare lo spazio in modo da migliorare la resa visiva delle feste pubbliche. Roma è la città dove l’intervento strutturale/decorativo di gusto barocco è maggiormente deciso. La Chiesa cerca di affascinare quanti vi giungono per attuare la propria propaganda e contrastare la diffusione di idee protestanti.
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L’ETA’ MODERNA / Francesco Benigno. (Cap. XI / XX). By Rot.
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L’ETA’ MODERNA . (Cap. XI / XX).
di Francesco Benigno.
11. L’affermazione del barocco.
11.1 Ingegno e meraviglia.
L’etimologia della parola «barocco» è controversa; secondo alcuni definisce una figura atipica
del sillogismo aristotelico, secondo altri deriva dalla parola portoghese barocco, che indica una
perla difettosa, dalla forma irregolare. In entrambi i casi col termine barocco si può intendere una
strutturale infrazione a regole date. L’irregolarità, la ricerca dell’insolito, la volontà di stupire sono i
tratti che definiscono il gusto barocco che si diffonde in Europa fra il 1580 e il 1680. Il barocco non
investe solo le arti visive, la letteratura e la musica, ma anche la religiosità, la politica, il costume.
Quasi per reazione alle forme di controllo e coercizione che la Chiesa contro-riformista e gli Stati
esercitano sugli individui, gli artisti cercano l’originalità. La loro ricerca di quanto è trasgressivo,
capriccioso, strano, alternativo, è tollerato e a volte incoraggiato, in ambito artistico e letterario, sia
dai sovrani e dall’aristocrazia, sia dalla Chiesa cattolica, soggetti che sono soliti combattere ogni
tentativo di eversione in campo religioso, politico, filosofico e scientifico.
Grazie al suo ingegno l’artista deve avvicinare oggetti fra loro distanti ed inconciliabili, creando
nessi inediti che li apparentino. L’obbiettivo dell’artista è quello di stupire chi fruisce della sua
opera. Gianbattista Marino ( 1569/1625) «… è del poeta il fin la meraviglia…». Il dovere
dell’artista è di proporre, utilizzando materiali rari/pregiati, è creando paragoni inconsueti recepiti
solo da chi ha una cultura raffinata ed esclusiva, di creare l’effetto della meraviglia nello spettatore.
Gli artisti elaborano un linguaggio iniziatico e misterioso, costellato di simboli ed emblemi.
La Chiesa controriformista cerca di operare un controllo sulla produzione artistica con la censura.
Paradossalmente, mentre si sviluppa un movimento culturale che sembra rifiutate ogni regola,
cresce il tentativo di arginare e ricondurre entro certi limiti le libertà artistiche che si diffondono.
Questo governo delle arti evidenzia come in un’epoca in cui vengono messi in discussioni valori
religiosi/politici/scientifici/filosofici ritenuti intangibili via sia bisogno di nuovi punti di riferimento
11.2 Lo spettacolo del mondo.
L’intervento del potere politico nella sfera della cultura è finalizzato ad ottenere il consenso dei
sudditi. Per questo, pontefici e sovrani, quando si tratta di arricchire le proprie collezioni personali
si mostrano estremamente raffinati;, mentre, quando l’opera è destinata alla fruizione pubblica,
prediligono oggetti artistici che impressionino per la loro magnificenza.
Il teatro, in particolare è il frutto dell’armonica sinergia fra molteplici arti: pittura, scultura,
letteratura, musica. La spettacolarità del teatro diviene un elemento anche della vita pubblica.
Nel Rinascimento lo spettacolo teatrale era una festa riservata alle corti signorili, nell’epoca barocca
festeggiamenti e celebrazioni si svolgono nelle strade e nelle piazze coinvolgendo l’intera società.
Non solo rappresentazioni teatrali, ma processioni, cortei, giostre, tornei,. Persino gli autos da fé.
L’intera città diviene teatro dove si svolge l’azione spettacolare. In questo periodo molte città
vedono modificata la loro struttura ai fini di modellare lo spazio in modo da migliorare la resa
visiva delle feste pubbliche. Roma è la città dove l’intervento strutturale/decorativo di gusto
barocco è maggiormente deciso. La Chiesa cerca di affascinare quanti vi giungono per attuare la
propria propaganda e contrastare la diffusione di idee protestanti.
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Fra i Cinquecento e Seicento anche le monarchie europee organizzano in maniera pubblica e rituale
i distinti momenti della vita del sovrano, non solo l’incoronazione, le nozze, i battesimi, i funerali,
ma anche i momenti della vita privata e quotidiana. Il cosiddetto «cerimoniale borgognone»
introdotto da Carlo V, si diffonde nelle regge europee e fissa i ruoli e le mansioni dell’aristocrazia
che vive a corte, il tutto finalizzato a sottolineare la sacralità del sovrano. L’esistenza del monarca
diviene spettacolo, la figura del sovrano per diritto e per volontà divina appare rarefatta e preziosa.
11.3 La cultura della Controriforma.
La propaganda controriformista non si esaurisce nel tentativo di affascinare i fedeli con il fasto delle
cerimonie e degli spazi in cui esse si svolgono. La Chiesa cattolica cerca anche di plasmare le
coscienze tanto degli analfabeti –la maggioranza-, con linguaggi artistici e arti visive; quanto gli
alfabetizzati attraverso collegi ed istituti di istruzione in cui opera con l’arma della censura.
Nel 1577, Carlo Borromeo, cardinale di Milano, pubblica un trattato in cui sostiene che l’arte deve
essere al servizio di Dio e che questo principio deve essere trasmesso ai fedeli.
Nel 1594 il cardinale Gabriele Paleotti rimprovera gli errori di rappresentazione degli episodi sacri
da parte dei pittori che ignorano le Sacre Scritture ed esalta la funzione didattica della pittura i cui
prodotti però devono nascere da una stretta collaborazione tra artisti ed ecclesiastici.
Sempre per contrastare la diffusione delle idee protestanti, la Chiesa da vita anche a numerosi
istituzioni educative, scuole di villaggio gestite dai parroci o da ordini religiosi.
La Compagnia di Gesù –gesuiti- spicca per l’opera pedagogica rivolta ai ceti dirigenti. I collegi dei
gesuiti, a cui vengono ammessi gli appartenenti alle più alte fasce sociali, ottengono un enorme
successo e si distinguono per la pianificazione di orari e programmi, la progressione degli studi.
Il numero di questi collegi cresce rapidamente anche perche da essi escono i giovani educati e
seriamente preparati, che andranno a servire i vari sovrani in mansioni civili e militari.
Conseguenza di questo successo è l’enorme crescita del patrimonio della Compagnia dovuto a
lasciti testamentari e a donazioni; accanto alle scuole sorgono convitti per i rampolli aristocratici.
Grande è anche l’influenza della Compagnia sulle università di cui a volte assumono il controllo.
11.4 La politica barocca.
Nel corso dei Seicento la riflessione politica non insiste più sull’autorità e sovranità del principe,
bensì sulla macchina del potere, sui segreti dello Stato. Con la Controriforma si fa strada un’idea
politica cristiana che tenga conto del ruolo centrale dei sovrani per il mantenimento dell’ordine
sociale e politico. Nel 1589, Giovanni Botero nell’opera Della ragion di Stato – in contrasto con
Machiavelli, afferma che ragione di Stato e la conoscenza «dei mezzi atti a fondare, conservare ed
amministrare un dominio.». Per lui il principe deve guadagnarsi i consenso dei sudditi ed è
fondamentale il rapporto fra il potere del sovrano e la Chiesa; il re deve essere un buon cristiano e
sapere utilizzare l’appoggio della Chiesa per la stabilità del proprio potere. Altro tema trattato è
quello della prudenza, non intesa machiavellicamente come cautela nelle azioni di governo, ma
come timore di Dio secondo l’ottica cristiana. Rimane comunque la difficoltà di coniugare i
principi della religione cattolica con il rigore e la crudeltà indispensabili nell’esercizio del potere;
la sincerità con la necessità di dissimulare le proprie recondite intenzioni per poter governare .
Machiavelli aveva sostenuto la necessità per il principe di essere un gran simulatore e dissimulatore;
ora, sull’onda della Controriforma, l’occultamento delle proprie intenzioni è giustificato solo da una
situazione di pericolo, negli altri casi la dissimulazione è da disapprovare.
Nel Seicento, l’attenzione dei pensatori si concentra non sulle regole generali della politica, ma su
quelle appropriate ad affrontare ogni singola situazione o a raggiungere determinati fini.
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12. Un mondo di numeri: la nascita della scienza moderna.
12.1 La rivoluzione celeste.
All’inizio del XVI secolo la visione del cosmo è quella fondata sulla centralità della terra
-geocentrismo- immobile al centro dell’universo. Essa deriva dal filosofo greco Aristotele e dal
matematico Tolomeo di Alessandria; grazie a Tommaso d’Aquino e dottrina ufficiale della Chiesa.
Ogni cosa ha il proprio luogo naturale in base alla minore/maggiore perfezione delle sua essenza.
Ma Niccolò Copernico (1463/1543) formulò un nuova ipotesi, ispirata da Pitagora, in cui il sole era
al centro dell’universo e la terra ruotava circolarmente attorno. La teoria eliocentrica proposta da
Copernico innesca nelle scienza fisiche ed astronomiche un processo rivoluzionario che si
concluderà solo con l’opera dello scienziato inglese Isaac Newton. Ma la rivoluzione copernicana,
a causa delle sue potenzialità eversive viene osteggiata dalla Chiesa, sia Cattolica, sia Protestante.
Le idee di Copernico trovano ulteriore sviluppo nelle teorie di Giovanni Keplero sulle orbite celesti.
12.2 Il metodo sperimentale: Galileo Galilei.
In Italia, Galileo Galilei (1564/1642), matematico dell’università di Pisa, si muove sulle orme di
Copernico e Keplero. Egli, convinto che per studiare la natura sia necessario osservarne le
caratteristiche primarie e reali, che sono quantificabili, basa il suo metodo di ricerca sulla
formulazione di un’ipotesi e nella sua verifica sperimentale. - esperimenti sul moto dei gravi, ;
scoperta della legge delle piccole oscillazioni del pendolo ( isocronia ). Per poter verificare le sue
ipotesi egli fabbrica anche nuovi strumenti: il più straordinario è il telescopio; con questo strumento
può osservare e studiare vari satelliti - Giove, Venere, Saturno - e anche le mari della Luna. Questi
suoi studi consolidano la teoria eliocentrica a scapito di quella geocentrica sostenuta dalla Chiesa.
Galileo à molto considerato dagli altri studiosi per le sue scoperte astronomiche che però si
scontrano con l’interpretazione ufficiale della Bibbia da parte della Chiesa. Nel 1616 l’Inquisizione
condanna le teorie copernicane in quanto contrarie alla verità bibliche, anche Galileo è ammonito.
Egli cerca di convincere gli studiosi della fondatezza delle sue teorie, però senza riuscirci.
Nel 1633, viene processato dall’Inquisizione e condannato alla pubblica abiura, ritrattazione
dell’eliocentrismo, e alla carcerazione a vita che sconterà presso Firenze ; dove peraltro continuerà
la sua opera di ricerca e scrittura gettando le fondamenta di una scienza del moto.
12.3 Una nuova medicina.
Anche in campo medico, tra Cinque e Seicento, si registrano scoperte che modificano l’idea del
corpo umano che si è sviluppata nella cultura europea. Partendo dalla rilettura dei testi del greco
Galeno (129/201), Andrea Vesalio (1514/64) docente dell’università di Padova, elabora un testo che
attraverso le tavole allegate, dimostra di voler studiare direttamente i corpi, senza pregiudizi.
Anche Girolamo Fabrici (1533/1619), combinando lezioni teoriche con ricerca pratica, crea il
primo teatro anatomico nel quale si operano le dissezione dei cadaveri sotto gli occhi degli studenti.
Fabrici si concentra sulle valvole venose che fanno affluire il sangue venoso al muscolo cardiaco.
Un suo studente inglese, William Harvey si dedica allo studio del cuore giungendo ad illustrare i
meccanismi delle circolazione, e la centralità del cuore nel sistema circolatorio. Harvey compie una
serrata opera di sperimentazione attraverso la dissezione dei cadaveri e la vivisezione di animali.
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12.4 L’universo come macchina.
Le esperienze compiute in campo fisico, astronomico e medico concorrono alla nascita del
«meccanicismo»; una concezione del mondo contraria sia all’aristotelismo, sia al naturalismo.
Thomas Hobbes, Martin Mersenne, Pierre Gassendi, sono i principali intellettuali secondo i quali la
conoscenza delle leggi del moto è sufficiente a spiegare l’intero universo. L’universo è composto da
corpi che si muovono continuamente, conoscere le leggi matematiche del moto consente di far
comprendere nella sua realtà la struttura cosmologica.
Il filosofo Cartesio (1596/1650) afferma che il mondo naturale è composto essenzialmente da
materia in movimento, l’universo è uno spazio dove i corpi si urtano in un continuo movimento di
traslazione; le sue idee non derivano dall’osservazione delle realtà, ma da una deduzione logica.
Egli invita lo scienziato a chiedersi come i corpi danno vita agli avvenimenti in natura e non perché.
L’universo è un’enorme macchina i cui ingranaggi sono tutti ugualmente importanti e necessari.
Il pensiero meccanicistico conduce al materialismo di Hobbes per il quale i concetti morali di bene
e male non derivano dai comandamenti divini, ma dal movimenti dei corpuscoli materiali che
incontrandosi col corpo umano generano le passioni del piacere (bene) e del dolore (male).
Il vero punto di svolta nel pensiero filosofico/politico europeo è dato dall’opera di Isaac Newton
(1642/1727): per lui non è importante studiare la causa ultima del moto, ma analizzare il modo in
cui una forza opera e descriverla in termini di legge matematica. Egli giunge ad elaborare e
dimostrare la legge di gravitazione universale. A questo punto l’universo può essere concepito come
del tutto indipendente dall’ordine divino; solo la perfezione dell’universo prova l’esistenza di Dio.
12.5 I lunghi del sapere: università e accademie.
Sin dal basso Medioevo l’università è il principale luogo di trasmissione dell’alta cultura.
Nel cinquecento il loro numero cresce; le principali sono:Bologna/Padova/Parigi/Oxford/Salamanca
Si studia Diritto, Filosofia, Medicina; la lingua di comunicazione del sapere resta il latino.
Gli studenti devono apprendere mnemonicamente conoscenze, spesso obsolete, nozionistiche.
L’università non è un luogo di ricerca, i docenti stessi spesso non lo amano,considerandolo un posto
dove ci si guadagna da vivere; anche Galileo, docente all’università di Padova, conduce altrove i
suoi studi e le sue ricerche private sull’eliocentrismo.
Il luogo del vero confronto intellettuale è l’accademia, una struttura informale dove si incontrano
periodicamente appassionati di una determinata disciplina per discutere di singole questioni.
In Italia: Accademia dei Lincei, a cui si affilia anche Galileo; Accademia del Cimento; Accademia
degli Investiganti a Napoli. Questi sodalizi però sono a volte minati dagli attacchi dell’Inquisizione.
In Francia: Academie Royale des Sciences, fondata per volere di Luigi XIV, nel 1666, i cui
componenti percepiscono un salario dalla corona per dedicarsi alla sperimentazione delle scienze.
In Inghilterra : Royal Society of London , fondata come sodalizio privato nel 1660.
13. Tra guerre e rivolte: la crisi politica di metà Seicento.
Durante gli anni Quaranta del XVII secolo un terremoto politico investe le grandi monarchie
europee. In Spagna, Filippo IV mentre torna alla guerra contro le Province Unite, per la mai risolta
crisi nei Paesi Bassi; scoppia la ribellione della Catalogna e Portogallo che vogliono la secessione;
nel 1647 esplodono ribellioni a Palermo, Sicilia e poi a Napoli dove viene proclamata la repubblica.
In Francia, Anna d’Austria, reggente per conto del futuro Luigi XIV, si trova a fronteggiare una
rivolta, chiamata Fronda, cappeggiata dal parlamento di Parigi che vuole allontanare il primo
ministro il cardinale Giulio Mazzarino. Ne deriverà una lunga e pericolosa guerra civile.
In Inghilterra, Carlo I che governa dispoticamente introducendo nuove tasse si scontra con il
Parlamento, una rivolta che porterà alla decapitazione del sovrano a alla repubblica inglese.
Tutte questi crisi, che si risolveranno con esiti diversi, presentano però tratti comuni.
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13.1 Lo scenario: la guerra dei Trent’anni,
A partire dagli anni Sessanta, i Sacro Romano impero è attraversato da profondi conflitti religiosi.
La controffensiva del cattolicesimo, è guidata dalla Compagnia di Gesù nella formazione spirituale.
Mentre nella Germania centro-settentrionale la nobiltà è in maggioranza luterana, nella parte
meridionale rimane/ritorna cattolica - Baviera, Austria . Anche il calvinismo crea nuova instabilità.
All’’iniziale liberta di confessione religiosa, vista l’aggressiva intransigenza dei gesuiti, i principi e
le città luterano/calviniste costituiscono la lega Unione evangelica, sotto Federico IV del Palatinato.
Anche i principi cattolici danno vita alla Lega cattolica, sotto la guida di Massimiliano di Baviera.
La tensione è alimentata anche dal fatto che l’imperatore Mattia d’Asburgo, privo di eredi, designa
successore Ferdinando di Stiria, cattolico intransigente. Alla morte di Mattia, i boemi rifiutano di
riconosce Ferdinando come loro sovrano ed eleggono Federico V, capo dell’ Unione evangelica.
Però, nel 1620, le truppe imperiali e quelle della Lega cattolica sconfiggono i boemi, impongono
il cattolicesimo con saccheggi, confische, rieducazione forzata invadendo il Palatinato.
Successivamente l’egemonia cattolica, che preoccupa le potenze europee protestanti, viene attaccata
sia in Germania, sia in Italia settentrionale. Ma l’affermazione delle truppe asburgiche portano ad
un mutamento degli equilibri religiosi nell’impero; Ferdinando II (1619/37) ordina ai principi
protestanti di restituire i beni ecclesiastici confiscati cercando di accrescere il suo potere.
Sebbene l’imperatore rinunci poi alla restituzione dei beni da parte dei principi protestanti, sembra
che gli Asburgo abbiano di fatto vinto la partita dell’egemonia politica europea.
A questo punto è la Francia che decide di intervenire con le armi a sostegno dei rivali dell’impero.
Con l’intervento della Francia, in un conflitto che dura dal 1618, gli equilibri militari mutano a
sfavore degli Asburgo. Si giunge alla pace di Vestfalia -1648- che sancisce il tramonto del disegno
egemonico degli Asburgo. La Spagna è costretta a firmare la pace con le Province Unite.
Inoltre vengono riconosciute come Stati regionale la Confederazione svizzera e la Svezia.
Successivamente la pace con la Francia, - Pirenei 1659- ridimensiona ulteriormente il ruolo di
Madrid nella competizione per l’egemonia europea. Inizia il periodo del predominio continentale
francese a cui si sottraggono sole le potenze navali e commerciali: Inghilterra e Province Unite.
13.2 Ministri - favoriti.
La crisi politica di metà Seicento è conseguenza della lunga guerra e della divisione religiosa.
La disperata ricerca di denaro necessario ad armare gli eserciti, spinge le corone ad imporre nuove
tasse ed a ricorrere ai finanziamenti dei banchieri; anche la lotta tra cattolici e protestanti è
importante. Va però sottolineato che non è tanto la fiscalità in quanto tale che da vita alle ribellioni,
quanto piuttosto la sua legittimità, i motivi per cui vu si ricorre, l’uso che si fa dei soldi raccolti;
anche i vari conflitti non sono tutti da imputare alla rivalità cattolici/protestanti - es. rivolte di
Napoli e Catalogna- quanto piuttosto una condanna dei metodi assolutistici dei governi, condanna
presente anche i tutte i le guerre cattolici/protestanti.
La figura del favorito, un amico del sovrano che riceve, in cambio dei suoi consigli, speciali onori,
esisteva già nel medioevo, ma nella prima metà Cinquecento viene a perdere peso perché i sovrani
cercano di garantire stabilità alla loro corona assegnando a ciascuna delle varie fazioni cortigiane
un qualche riconoscimento.
Questa prassi viene per la prima volta modificata da Filippo III (1598/1621) che concede al suo
favorito Francisco Gomez, duca di Lerma, un enorme potere, in pratica governa al suo posto.
L’esempio spagnolo viene imitato in Inghilterra - a fianco di Giacomo I / George Villiers; in
Francia Maria dei Medici, vedova di Enrico IV, reggente per il figlio Luigi XIII / Concino Concini -
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Il potere autocratico dei sovrani va diminuendo, contemporaneamente il controllo delle decisioni
politiche da parte di una sola persona che non è il re polarizza il sistema politico in due fronti.
Gli esclusi tendo a coalizzarsi per dimostrare di essere in grado di sostituire validamente il favorito,
l’opposizione attua una resistenza o renitenza che rende problematica l’attuazione di certe politiche.
Per i sovrano diventa necessaria una mutazione di governo.
13.3 Il governo straordinario e la guerra.
All’ascesa al trono di Filippo III -critico nei confronti del padre- vi è un nuovo cambiamento nella
corte spagnola; il nuovo sovrano si circonda di uomini intenzionati a difendere la monarchia
cattolica dal declino. Nella nuova classe dirigente emerge il conte di Olivares, detto poi conte-duca.
La spagna riprende la guerra nei Paesi Bassi e interviene militarmente a sostegno degli Asburgo
d’Austria. Olivares, il valido , cerca di imporre tributi anche fuori dalla Castiglia, agli altri territori.
Ma sono gli stessi aristocratici della Castiglia che ostacolano questo progetto, temendo di perdere
potere; una condivisione degli oneri avrebbe portato anche quella degli onori. Il Conte - Duca, per
evitare che l’opposizione della classe dirigente esistente, ricorre a mezzi straordinari cercando di
creare nuovi luoghi decisionali: giunte speciali di ministri, e per assicurare la concreta esecuzione di
quanto deciso, colloca suoi uomini di fiducia nei punti strategici dell’amministrazione. Non si tratta
più della tradizionale fedeltà al sovrano, ma di una fedeltà al suo Valido ed alle sue direttive.
Il favorito, alter ego del sovrano di cui ha plagiato la volontà, dispone, di un potere dispotico.
Questo stile di governo straordinario e di guerra: un favorito dotato di tutti i poteri, pur essendo
bollato dai contemporanei come arbitrario e illegittimo, diventa comune alle grandi monarchie.
In Inghilterra, il duca di Buckingham, il favorito di Carlo I, viene accusato di essere un usurpatore.
In Francia, Maria dei Medici si affida al duca e cardinale Richelieu che contemporaneamente
combatte gli ugonotti in Francia e all’estero, finanzia i protestanti nella guerra dei Trent’anni.
Per consolidare il suo potere il cardinale crea una potente rete di legami personali familiari e pone
suoi uomini di fiducia a sorvegliare i governatori per contrastarne la lentezza e l’opposizione.
Egli afferma che in circostante speciali può agire in violazione dei normali vincoli, potere assoluto.
Tali teorie legittimano una serie di misure straordinarie, notevole incremento della pressione fiscale,
usando anche l’esercito per reprime le rivolte nelle campagne e ridurre al silenzio le voci critiche.
13.4 Tempi di rivolta.
Le profonde innovazioni nel rapporto tra il sovrano e i sui sudditi e nella distribuzione del potere
provocano resistenze da chi non approva i nuovi metodi, e non di rado la ribellione popolare.
Nei territori iberici, l’ostilità nei confronti di Olivares induce l’aristocrazia a progettare congiure;
nel 1640, Catalogna e Portogallo si ribellano, accusando Olivares di continue violazioni delle
proprie libertà e privilegi; i catalani dichiarano rotto il vincolo di fedeltà agli Asburgo cercando
aiuto presso il sovrano francese. Solo dopo una lunga guerra Filippo IV pone fine alla ribellione.
I ribelli portoghesi si richiamano alla tradizione dinastica autoctona, prima della conquista del
Portogallo da parte di Filippo II; la nobiltà decide di affidare il trono a Giovanni IV di Braganza.
A seguito di queste ribellioni, Filippo II allontana Olivares ed allarga la cerchia del governo alle
famiglie aristocratiche contrarie al Duca - Conte.
Ma la pressione fiscale continua a crescere e causa la rivolta di Palermo; inizialmente a Napoli il
popolo si scaglia contro la nobiltà accusata di essere filo francese; poi il popolo, dapprima guidato
dal pescivendolo Masaniello, accusa i ministri spagnoli di aver violato un contratto implicito tra
governati e governati garantito da Carlo V. Quando Masaniello viene ucciso dai suoi stessi
compagni, la rivolta si estende alle campagne.
La flotta spagnola bombarda Napoli che, rotta la fedeltà alla corona, proclama la repubblica che;
però cade nei mesi successivi, a causa di rivalità interne alla repubblica, e di azioni militari spagnole
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In Francia: il nuovo ministro-favorito della regina madre Anna d’Austria è il cardinale Mazzarino
che incontra la resistenza dalle corti riunite del Parlamento di Parigi appoggiato dal popolo cittadino
Il Parlamento decide l’abolizione di norme ritenute inique: arresto arbitrario, aumento del prelievo
fiscale, invio di commissari straordinari, creazione di giunte speciali di governo. I rivoltosi vengono
definiti con disprezzo frondeurs, quelli che scagliano pietre con la fionda; essi però vanno
orgogliosi di questo epidoto perché richiama l’immagine biblica di Davide che uccide Golia.
Mazzarino, fuggito da Parigi nel 1648, invia l’esercito contro i rivoltosi della capitale; ne deriva una
lunga e sanguinosa guerra civile, tutti coloro che hanno subito il regime straordinario si oppongono.
Alla fine, la maggior potenza finanziaria di Mazzarino, unita all’incapacità dei rivoluzionari di
ottenere la convocazione degli Stati Generali, portano alla conclusione della rivolta (1653).
Resta, in un paese devastato, la lezione che l’uso del potere arbitrario esercitato da una autorità
ritenuta illegittima ha un preciso limite, oltre il quale provoca inevitabilmente la rivolta dei sudditi.
14. La rivoluzione inglese.
Nel 1603, alla morte di Elisabetta I, si estingue la dinasti dei Tudor; la corona passa al nipote
Giacomo Stuart (1566/1625) re di Scozia. Giacomo - IV di Scozia e I d’Inghilterra - era figlio di
Maria Stuart - la regina cattolica di Scozia fatta imprigionare e poi giustiziare da Elisabetta I.
Giacomo si trova a governare sia sulla Scozia, - paese convertito al calvinismo, dedito
all’allevamento e governato dal una forte nobiltà, da un Parlamento e dalla chiesa calvinista - ;
sia sull’Inghilterra, - paese con una ricca agricoltura, un artigianato attivo e un commercio
marittimo in espansione, governato da un Parlamento in cui la camera dei Lord rappresenta la
nobiltà e l’alto clero; la camera dei Comuni il resto della popolazione; la religione è anglicana. -
la situazione religiosa ed ecclesiastica è particolarmente complessa: Elisabetta I aveva cercato di
non radicalizzare le differenza tra anglicani e cattolici ancora molto presenti in Irlanda, in cui nella
regioni del nord -Ulster - si erano insidiate comunità presbiteriane; come in Scozia il calvinisti.
14.1 L’Inghilterra di Giacomo I Stuart.
Introdurre un’uniformità religiosa appare un dovere imprescindibile perché la compresenza di
diverse fedi potrebbe condurre alla sedizione ed alla distruzione dei regni - Inghilterra e Scozia. -.
Di fatto Giacomo I, pur cercando di aumentare il suo controllo nel campo religioso, evita di aprire
gravi contenziosi su questo terreno tollerando la coesistenza di religioni diverse, anche la cattolica.
Anche il progetto di fondere la due corone, unendone le istituzioni, viene respinto dal Parlamento.
Innegabile la profonda differenza tra il mondo scozzese e la grande metropoli di Londra; il re stesso
e la sua corte di giovani dediti alla caccia ed ai bagordi suscita diffidenza nell’aristocrazia inglese;
solo la riconferma di Robert Cecil, ministro prediletto di Elisabetta, è una garanzia per l’aristocrazia
Pure in Inghilterra si impone lo stile suntuoso e economicamente caro delle altre corti europee.
Le entrate finanziare della corona sono: rendite di terre regie, tariffe doganali, proventi feudali.
Solo in caso di guerra il Parlamento può autorizzare nuove tasse. Ma sia l’inflazione, sia la
propensione alle spese di Giacomo rendono le entrate statali insufficienti. Si ricorre alla vendita di
uffici e di titoli nobiliari, riuscendo però a sanare solo parzialmente la grave situazione finanziaria.
Il sovrano è obbligato chiede nuove tasse al Parlamento, sempre molto restio a concederle.
Sotto Elisabetta, l’Inghilterra era stata il principale alfiere della lotta antiasburgica e il sostenitore
della resistenza anticattolica in tutt’Europa. Giacomo I preferisce il ruolo di mediatore e pacificatore
La Francia, pur rimanendo in paese cattolico, uscita dalle guerre di religione appariva più tollerante.
Contemporaneamente in Francia con la stabilizzazione politica, risorge lo spirito di rivalità nei
confronti con la Spagna; questo atteggiamento e ben visto da Giacomo che spera di sfruttarlo
Il Parlamento inglese è però più propenso ad un netto impegno anticattolico in politica estera.
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La posizione attendista del sovrano inglese nella guerra dei Trent’anni in cui i protestanti, guidati da
Federico V del Palatinato, vengono sconfitti dall’imperatore Ferdinando II e dalla Lega cattolica,
risulta incomprensibile; proprio mentre la Spagna riprende la guerra contro le Provincie Unite.
I calvinisti inglesi - i puritani - tornano ad intensificare la loro campagna anticattolica.
Anche il matrimonio dell’erede Carlo con Enrichetta Maria, sorella del re di Francia, e la
conseguente concessione della libertà di culto cattolico a Londra per la corte della regina, introduce
un elemento di scarsa sintonia con gli umori della Nazione espressi dal Parlamento inglese.
14.2 Una stella fissa: Buckingham.
La fulminea scesa a corte dei George Villiers (1592/1628), - nobile minore e uno dei più ricchi
signori d’Inghilterra, divenuto duca di Buckingham suscitò diffusa avversione fra gli aristocratici.
Dotato di indubbie qualità, Villiers era riuscito, grazie alla sua posizione privilegiata nell’entourage
del sovrano, a raggiungere una posizione di primato sul piano politico. L’emergere anche in
Inghilterra di un sistema cortigiano dominato da un’unica fazione dominante, come già succedeva
nelle altre corti europee, deve tener conto di una particolarità inglese: il controllo della corte non
garantisce automaticamente quello del Parlamento.
Alla morte di Giacomo I, e con la successione di Carlo sul trono inglese, (1625) cade anche la
speranza di un’alleanza con la Francia in funzione antispagnola con la pace firmata da francesi.
La prospettiva di un trionfo cattolico si sovrappone alle avvezione per lo strapotere di Buckingham.
Il Parlamento è favorevole ad una guerra navale che colpisca la Spagna nelle sue ricche colonie.
Carlo I scioglie il parlamento che era entrato in aperto contrasto con Buckingham il quale impone
un prestito ai sudditi abbienti; la Camera dei Comuni richiede al re -in cambio dei sussidi richiesti -
di firmare una Petition of right, che proibisca per il futuro nuove tassazioni da essa non autorizzate.
Il successivo assassinio di Buckingham, accolto con manifestazioni di gioia, aggrava la situazione.
Il sovrano decide di prendere in mano la situazione e torna a sciogliere il Parlamento (1629).
14.3 La manovra personale di Carlo I.
Durante gli undici anni di governo diretto da parte di Carlo I (1629/40), si verifica un progressivo
scollamento fra la corte (the Court) e il paese (the Country). Il re, non volendo convocare il
Parlamento, ricorre a banchieri/mercanti per finanziarsi concedendo privilegi e monopoli
commerciali, e imponendo anche ai sudditi imposte e dazi e reprimendo duramente ogni dissenso.
In campo religioso, il sovrano appoggia l’arminianesimo - versione moderata del protestantesimo -
tentando la via della mediazione nel complicato puzzle religioso dei suoi regni; ma questo provoca
una reazione da parte dei gruppi puritani che porta alcune sette ad emigrare in America del Nord.
In politica estera -guerra dei Trent’anni -, la posizione defilata se non filo spagnola di Carlo I, che
rovescia il tradizionale appoggio alle Province Unite ed ai principi protestanti tedeschi crea
disorientamento e timori nella corte inglese,rimarcati dall’arrivo di Maria de Medici -regina madre-.
Anche le Chiese d’Irlanda e di Scozia si ribellano al tentativo del re di uniformarle
all’anglicanesimo: Di fronte all’aperta ribellione della Chiesa presbiteriana Scozzese, Carlo I arriva
ad inviare una spedizione militare che viene però sconfitta, il re è obbligato a recedere.
Nel 1640, Carlo I è, suo malgrado, obbligato a convocare il Parlamento per finanziare la guerra .
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14.4 Una guerra civile.
Appena convocato il Parlamento chiede di discutere prima sulle proprie rimostranze alle corona e
solo dopo delle richieste finanziare per la guerra agli scozzesi. E così, dopo appena tre settimane,
il sovrano decide di licenziare il Parlamento (Short Parlament) e far arrestare alcuni componenti.
Le trattative con gli scozzesi si complicano poiché essi pretendono un elevato risarcimento
finanziario per i loro costi di guerra. Carlo I è costretto a riconvocare il Parlamento che di fatto non
si sarebbe più fatto sciogliere (Long Parlament). L’azione del Parlamento ha il sostegno popolare.
Viene chiesto al re di firmare un decreto di colpevolezza per tradimento contro il conte di Strafford
suo primo ministro; sotto la pressione dell’opinione pubblica londinese Carlo I cede, finendo col
firmare la condanna a morte di Strafford che verrà decapitato nel 1641. Successivamente il
Parlamento ribadisce l’incostituzionalità ed illegalità di ogni tassazione senza consenso
parlamentare ed ordina lo smantellamento di tutto l’apparato di governo volto alla repressione.
A questo punto però il Parlamento incomincia a dividersi su come affrontare altri provvedimenti,
mentre vi è accordo sul limitare il potere del sovrano, sorgono disaccordi su come procedere nel
governare il Paese. Vi è chi sostiene che il Parlamento deve tornare a svolgere solo una funzione di
controllo sull’operato di governo esercitato dal sovrano e dai suoi consiglieri; altri propendono per
una più stretta tutela da parte del Parlamento sul sovrano che ha mostrato ripetutamente di voler
accrescere la sua autorità sottraendosi ai controlli previsti e assumendo posizioni filocattoliche.
Nel 1641, un’improvvisa rivolta cattolica nell’Irlanda sconvolge gli equilibri politici del paese.
L’opposizione parlamentare, guidata da John Pym e forte di un sostegno extraparlamentare, vota
una proposta di sussidio alla spedizione repressiva in Irlanda condizionandola però al controllo sulla
scelta del comando militare non fidandosi delle reali intenzioni del re. A questo punto, Carlo I tenta
l’azione di forza ordinando l’arresto dei leader dell’opposizione che riescono però a fuggire e a dar
vita ad agitazioni popolari e a manifestazioni di protesta. Il re si ritira a York, coi suoi fedeli.
Nel 1642, con il reclutamento di un esercito di volontari da parte di Carlo I, inizia la guerra civile.
Il Paese si spacca in due: le regioni del Nord e del Sud-Ovest con il sovrano; Londra, l’Est ed il
Sud-Est con il Parlamento. Da un punto di vista sociale, la maggioranza dei Lord e della piccola
nobiltà rurale rimane fedele al re; gli artigiani e i ceti professionali sostengono il Parlamento.
Gli scontri militari tra le forze realiste e quelle parlamentari, alleate con gli scozzesi, hanno un esito
incerto: le seconde, a nord, grazie all’aiuto scozzese, controllano le province settentrionali; mentre
le truppe regie guadagnano terreno a Sud-Ovest.
14.5 La sconfitta di Carlo I e la proclamazione del Commonwealth.
Nel 1645, l’esercito regio viene sbaragliato a Naseby, dall’esercito avversario che nel frattempo è
stato riorganizzato e messo sotto il comando di Oliver Cromwell (1599/1658); i re si arrende alle
truppe scozzesi che, nel 1647, lo consegnano al vittorioso schieramento parlamentare.
Il panorama politico appare ora ben diverso dall’inizio della guerra civile. Vi è un partecipazione
alla vita politica da parte di forze e soggetti che ne erano tradizionalmente esclusi. Anche l’esercito,
attraversato da forti correnti radicali, è una di questi nuovi soggetti politici con cui confrontarsi.
Tra i soldati, come tra gli artigiani, si discute liberamente della forma di governo e dei rapporti
Stato/Chiesa; delle radici e della legittimità dell’autorità. Per quanto riguarda la Chiesa si
confrontano tre posizioni: - la prima, propone una purificazioni da riti cattolici; -la seconda,
presbiteriana, sostiene l’omologazione della chiesa inglese a quella scozzese; - la terza, propone di
lasciare spazio alle autonomia delle libere assemblea, pur nel quadro di una Chiesa nazionalista.
Nascono gruppi religiosi antitetici come quaccheri o battisti, un variegato universo di idee
anticonformiste. Il dibattito religioso arriva ai limiti della tolleranza religiosa.
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A Londra, gruppi radicali, come i livellatori, non solo propongono tolleranza religiosa, ma anche
l’elezione di un nuovo Parlamento a suffragio generale maschile, sull’esempio olandese, con una
evoluzione in senso democratico ed antiautoritario, propugnano radicali riforme economiche/sociali
Un movimento radicale, detto degli indipendenti, chiede lo scioglimento del Parlamento, la sua
totale riforma ed il mantenimento della linea di fermezza nella trattative con il re. La maggioranza
parlamentare è invece favorevole a una conciliazione con Carlo I, che intanto cerca di prendere
tempo nel tentativo di riorganizzarsi militarmente anche alleandosi con gli scozzesi.
Nel 1647, la decisione parlamentare di sciogliere l’esercito suscita l’ammutinamento delle truppe;
la protesta è guidata da Oliver Cromwell; nell’infuocato dibattito che ne segue vengono avanzate
idee che ancor oggi sorprendono per la loro modernità: tutti i cittadini hanno uguali diritti politici e
la conseguente facoltà di eleggere i loro rappresentanti, la sovranità risiede nel popolo, il potere
della corona va molto limitato e la Camera dei Lord addirittura abolita.
Nel 1647, Carlo I riesce a fuggire; mentre il parlamento soffoca le insubordinazioni nell’esercito e
limita molto il potere dei livellatori. Nel 1648, un esercito scozzese invade l’Inghilterra, ma viene
sconfitto dalle forze parlamentare che hanno ritrovato una temporanea unità di intenti.
Però subito dopo questa vittoria, lo schieramento inglese torna a dividersi: l’esercito vuole
processare il sovrano, mentre il Parlamento cerca nuovamente una possibile mediazione.
Un reggimento dell’esercito «purga» il Parlamento espellendone gli elementi più conservatori;
il sovrano viene processato, condannato a morte e decapitato, in nome del popolo il 30 gen.1649.
Tre mesi dopo, la Camera dei Lord è abolita e proclamata la repubblica, il Commonwealth.
15. Il Seicento fra crisi e trasformazione.
15.1 Gli aspetti demografici.
Sul finire del Cinquecento una serie di cattivi raccolti causa una gravissima carestia che sfocia in un
aumento del tasso di mortalità ed una diminuzione del tasso di natalità. Anche le epidemie di peste
mietono numerose vittime, soprattutto nelle varie città europee. - Genova, Barcellona, Londra -
Nel 1618, lo scoppi della guerra dei Trent’anni, che interessa Germania, Boemia, Danimarca,
Francia e Italia, con il suo seguito di devastazioni ed epidemie aggrava la crisi demografica.
Per tutto il Seicento vi è un calo demografico in tutto il continente ad eccezione delle isole
britanniche, paesi scandinavi e Province Unite. Anche in Italia si registra una notevole diminuzione.
15.2 I problemi del mondo rurale.
Per analizzare la stagnazione/diminuzione della popolazione nel Seicento bisogna partire dalle
vicende dell’agricoltura europea. Secondo l’economista inglese Robert Malthus (1766/1834), la
scarsità dei raccolti è da imputare all’arretratezza delle conoscenze tecniche e alla scarsezza di terra
di buone qualità; si estendeva l’estensione dei terreni coltivati, ma si trattava di terre povere.
Secondo altri studiosi bisogna piuttosto guardare ad altri fattori di natura sociale e culturale come la
polarizzazione della ricchezza, la sua concentrazione nelle mani di alcuni gruppi sociali.
Le popolazioni urbane e rurali costrette a spendere per alimentarsi buona parte del loro reddito a
causa dell’inflazione che ha fatto lievitare il prezzo delle derrate agricole. In campagna alla
diminuzione dei redditi reali si aggiunge un aumento dei canoni di affitto dei terreni. Ad arricchirsi
sono i medi e grandi proprietari terrieri i quali però non investono per aumentare la produzione.
I ceti aristocratici, preoccupati di salvaguardare la propria preminenza sociali, cercano di mantenere
integri i loro patrimoni; - fedecommesso: stabilisce la linea successoria, con divieto di vendita -
I nobili sono più impegnati ad edificare palazzi e chiese e a costituire doti per le figlie.
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La scarsa diversificazione delle colture;- la diversità avrebbe potuto produrre una compensazione
tra colture colpite da eventi atmosferici e altre meno colpite - e la riduzione dell’allevamento che
diminuisce la disponibilità di concime per i campi impoveriscono il suolo = meno raccolto.
Inoltre, il raffreddamento del clima iniziato alla fine del Cinquecento, e che si protrarrà sino a metà
dell’Ottocento, - una piccola era glaciale - rende più frequenti le cattive annate agricole. Le rese
agricole restano stazionarie o diminuiscono per tutto il Seicento. Si innesca un circolo vizioso:
caduta della domanda / diminuzione dei prezzi delle derrate invendute, si torna anche
all’allevamento, i pascoli, i boschi ed anche i terreni incolti aumentano.
15.3 La nascita di una nuova gerarchia nella produzione manifatturiera.
Nel Seicento si verificano mutamenti negli equilibri economici europei: non tutte le regioni
reagiscono allo stesso modo alle crisi causata dalla diminuzione di domanda. In alcune regioni vi è
un vero e proprio tracollo produttivo: industrie tessili della Castiglia e della Catalogna a causa della
concorrenza inglese e italiana. In territori dei Paesi Bassi ci si specializza in fabbricazione di tessuti
di buona qualità e nella produzione del lino. L’Inghilterra accresce notevolmente le proprie
esportazioni di manufatti di lana colpendo notevolmente la produzione tessile dell’Italia.
La diminuzione del reddito di chi poteva comprare le stoffe di alta qualità italiane restringe la
domanda che si sposta verso stoffe di bassa qualità e prezzo contenuto. Si rafforzano i produttori
che riescono a diminuire i costi, specie quello della manodopera, -magari a scapito della qualità -
Le manifatture italiane, che producevano stoffe di qualità, perdono competitività e diminuiscono.
I pubblici poteri impongono misure protettive per salvaguardare le produzioni locali.
15.4 Verso nuovi equilibri negli scambi commerciali.
Lo sviluppo delle manifatture inglesi e olandesi, e la crisi di quelle fiamminghe ed italiane ridisegna
la gerarchia economia europea, non con un tracollo improvviso, ma con una progressiva perdita di
un primato produttivo e commerciale. Elemento importante di questo mutamento è il quadro
demografico; nell’Europa nord-occidentale cresce sia la popolazione, sia l’urbanizzazione; mentre
nell’area mediterranea calano entrambi questi dati portando ad una contrazione della domanda
urbana delle derrate agricole e conseguente a minor commerci.
Venezia perde al sua centralità anche nel commercio delle spezie con il Levante; olandesi ed inglesi
cominciano a circumnavigare l’Africa, violando il monopolio dei portoghesi, importano dall’Asia.
La guerra dei Trent’anni, bloccando il flusso di merci, da il via alla lento declino di Venezia.
Anche Genova subisce gli effetti della stagnazione dei commerci mediterranei.
Solo Livorno, grazie a sgravi fiscali, diventa un centro commerciale di olandesi, inglesi, francesi,
che conquistano l’egemonia dei traffici mediterranei. Le esportazioni italiane sono sempre più
rappresentate da derrate agricole e da materie prime , non più da manufatti. In questo periodo
assume particolare importanza l’esportazione di seta grezza o semilavorata legata al largo sviluppo
della gelsicoltura e di alcuni centri manifatturieri, non più urbani, ma operanti nelle campagne.
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16. Divisione dei poteri, libertà, ricchezza: il modello di società olandese e inglese.
Tra il 1566 ed il 1648, la monarchia Asburgo di Spagna viene tenuta in scacco dalla rivolta dei
Paesi Bassi; la vittoriosa resistenza delle Province Unite rappresenta una sconfitta delle ambizioni
egemoniche europee degli Asburgo, confermando anche l’impossibilità di imporre la
restaurazione del cattolicesimo.
Nelle Province Unite, l’organizzazione dei poteri pubblici è basata sulla compartecipazione alle
decisioni politiche dei vari corpi rappresentativi degli Stati provinciali. Questo nuova repubblica
non si basa sul modello di quelle tradizionali - Genova Venezia -, ma su quello più radicale delle
cittadine protestanti e delle confederazioni ad esse legate - Ginevra -. I lunghi decenni di guerra
antispagnola, consolida un sentimento antidispotico, ed il desiderio di libertà di coscienza, a cui si
affianca il principio della tolleranza religiosa.
In Inghilterra, la nascita della repubblica, seguita alla guerra civile che ha contrapposto la
monarchia degli Stuart al Parlamento, è il primo caso in cui il sistema repubblicano si instaura per
via violenta - decapitazione di Carlo I in nome della volontà del popolo - in un grande paese europ.
Malgrado l’esperimento repubblicano inglese venga presto interrotto con la restaurazione degli
Stuart, produce una consolidata e diffusa opposizione all’incremento dei poteri della corona,
sottolineando la necessità di un nuovo equilibrio tra i poteri che salvaguardi i diritti fondamentali.
Al contrario, in Francia il modello statuale punta al rafforzamento delle prerogative regie,
all’imposizione di un modello religioso cattolico, all’accentramento amministrativo con nuove tasse
16.1 Due poteri.
La «nuova» repubblica inglese - Commonwealth - e la «vecchia» repubblica delle Province Unite,
presentano tratti in comune. Entrambe accanto ad un organo rappresentativo - Parlamento / Stati
generali -, va emergendo un potere esecutivo fondato sulla forza militare. Nelle Province Unite il
legame Stati generali/forza militare ha origine nella lunga guerra contro la corona spagnola.
La compresenza di questi due poteri esprime tendenze differenti:- religiose ( protestanti moderati