Luciana Ridolfi Dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione Università degli Studi di Urbino, “Carlo Bo” [email protected]The Espanet Conference “Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa” Milano, 29 Settembre - 1 Ottobre 2011
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Le professioni sociali e sanitarie nelle loro differenze di ruolo. Nuovi modelli e strumenti di integrazione professionale
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Luciana Ridolfi
Dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione
“Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa”
Milano, 29 Settembre - 1 Ottobre 2011
Tutti gli attori del sistema-salute (medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, direttori di distretto,
organizzazioni pubblico-private e non-profit, cittadini, pazienti…)
sono chiamati a costruire reti di relazioni per scambiarsi idee e risorse per dar e impulso ad una
community health governance:
superamento della settorialità e autoreferenzialità di
interessi corporativi e di mercato e creazione della coordinazione (negoziata e condivisa) del sistema socio-sanitario, con ruolo di protagonista attribuito alla comunità locale.
I professionisti del sistema-salute sono chiamati a ripensare e ri-negoziare i rispettivi ambiti di competenza…
Professionisti: nodi vitali della struttura organizzativa.
Ieri = lavoro tayloristico: scissione tra management e produzione (due mondi separati, ciascuno con logiche e linguaggi diversi).
Oggi = organizzazioni orizzontali: conoscenza, controllo, management , potere allocati in modo diffuso in tutta azienda.
Compito delle professioni: non più produzione conoscenze scientifiche e tecniche
fine a sé stessa, ma loro applicazione ai problemi umani.
Professionista delle organizzazioni sanitarie e sociali: knowledge worker, contribuisce a sviluppo e integrazione di conoscenze rilevanti per processi organizzativi aziendali.
Principi teorici: enfatizza lavoro professionale come servizio pubblico, dotato di codici etici come meccanismi di autoregolazione e sul valore della conoscenza.
Professioni = forme di “vocazione laica” basate su competenze
certificate e da apprendistato intellettuale (es. prof.ne medica: il prof.sta non è mosso solo da calcolo razionale volto a massimizzare vantaggi individuali ma da orientamento a interesse generale)
Principali teorici:
Durkheim, Carr Saunders e Wilson (The Professions 1933), Goode (1960), Parsons (1968).
W. Tousijn Professionalizzazione = processo mediante il quale le singole occupazioni si trasformano in professioni, ossia acquisiscono gli attributi speciali del professionalismo (Professionalismo per attributi come continuum: da occupazione a professione attraverso attribuiti specifici.)
E. Greenwood (1957), Approccio per attributi,
H. Wilensky (1964), 5 fasi del processo di profess.ne : occupazione a tempo pieno, creazione di scuole di formaz. specialistica, nascita di associaz. prof.li, tutela dello Stato verso la prof.ne, codice deontologico.
A. Abbott, si oppone: “status” di professione risente di fattori critici,
culturali, economici, politici e tecnologici che determinano estrema mutabilità delle professioni.
Anni ‘70, cambiamento epistemologico: nuova corrente interpretativa (Neo-weberiani).
Professioni come gruppi sociali organizzati dotati di
competenza esclusiva di un mercato, controllo su altre occupazioni, potere di definire i bisogni del consumatore e modo di provvedervi.
T. Johnson (Professions and Power 1972), professioni = strumenti di controllo della relazione fra professionista e cliente distinguendo 3 modalità: controllo collegiale, patronato, mediazione.
Doppia chiusura = strategia utilizzata da professioni per conquista spazio d’azione: usurpazione verso l’alto e esclusione verso il basso.
Dominanza medica (E. Freidson): due elementi costitutivi: autonomia professionale e posizione dominante nei confronti delle altre occupazioni sanitarie. (3° elem. = potere esercitato sui pz?).
4 forme di dominanza medica: funzionale, gerarchica , scientifica, istituzionale
Nuovi obiettivi perseguimento della salute: far confluire saperi e competenze detenute da professionisti diversi. Ciò favorisce
processi di professionalizzazione di professioni sanitarie non mediche (nuove professioni sanitarie emergenti...)
Proliferazione di queste occupazioni/professioni parte dagli anni ’50 e raggiunge l’apice (con elevato ritardo rispetto ad altri paesi) con approvazione dei profili professionali che sostituiscono il “mansionario” (D.P.R. n° 225 /74).
Nel ventennio 1974-1994, si assiste a rapida successione di provvedimenti normativi che adeguano il percorso di professionalizzazione delle attività sanitarie non-mediche ai rapidi mutamenti della realtà sanitari.
D.M. n° 739 /94: approvazione 22 profili prof.li nei settori inferm.co, tecnico-sanitario e della riabilitazione in risposta a necessità di conoscenze specializzate per migliorare interventi assistenziali. Nuova situazione organizzativa (più flessibilità nell’interpretazione di ruoli/funzioni di ciascuna figura con modalità di lavoro per processi e obiettivi).
Legge 42/99: abroga il mansionario e avvia revisione-rettifica dei codici deontologici.
Legge 251/2000 disciplina i settori profli sottolineando autonomia e specificità prof.le per potenziare/sviluppare servizi di promozione, prevenzione, cura e assistenza al pz; percorsi formativi per le nuove professioni riqualificandoli con introduzione di corsi di laurea e master post-laurea.
Ancora legge n. 43/2006 perfeziona tali aspetti del processo di riforma delle professioni sanitarie: la norma ratifica le prof.ni infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione alla cerchia delle “professioni intellettuali”.
Legge 328/2000 (legge quadro di riforma del welfare locale) concerne anche percorso di riordino delle professioni sociali.
Da un lato, abbiamo figure stabili all’interno delle istituzioni pubbliche e private (psicologo, sociologo, animatore, ass. di base, ass. sociale, educatore prof.le, operatore socio-sanitario).
Dall’altro, abbiamo figure professionali emergenti, con intervento più
esteso socialmente (non solo “vita degli assistiti e il loro recupero”, ma anche azioni verso il contesto sociale, produttivo e formativo).
Sono: mediatore interculturale, operatore di comunità, criminologo clinico, manager servizi sociali, manager reti di servizi sociali, mediatore di lavoro per categorie svantaggiate, esperto di form.psico-sociale)
Figure professionali “circoscritte” (non esistono percorsi di studio omogenei , la loro richiesta è ancora delimitata).
L’integrazione socio-sanitaria è volta a soddisfare le esigenze di tutela della salute, di recupero e mantenimento delle autonomie personali, d’inserimento
sociale e miglioramento delle condizioni di vita.
Gli interventi sono assicurati dall’erogazione integrata delle prestazioni sanitarie e
sociali necessarie a garantire una risposta unitaria e globale ai bisogni di salute. 17
Integrazione istituzionale Strumenti: accordo di programma, Piani di Attività Territoriali, Piani di Zona Contenuti: Responsabilità istituzionali Finanziamento, Programmazione
Strumenti: Valutazione multidimensionale del bisogno, Cartella unitaria, Lavoro per progetti Contenuti: Gruppi multiprofessionali Professioni sociosanitarie
Integrazione sociosanitaria
La multifattorialità del disagio richiede assunzione di un nuovo paradigma: una nuova cultura della salute
e nuove metodologie di intervento per ricollocare in un processo unitario apporti sanitari, psicologici, socio-ass.li, educativi.
Integrazione interprofessionale: processo di perfezionamento della qualità organizzativa e prof.le.
in cui i diversi tipi di professionisti sanno interagire, con coerenza e unitarietà,
1. Puntare l’attenzione (rivolgersi all’operatore chiamandolo per nome),
2. Esprimere il problema (dichiarare la propria analisi della situazione e le eventuali emozioni), 3. Descrivere il problema (fornire elementi oggettivi), 4. Proporre la soluzione (dichiarare proposte per soluzioni alternative),
5. Ottenere l’assenso (rivolgersi chiaramente a chi deve decidere).
Fonte: F. Focarile, 2010
Migliorare l’integrazione interprofessionale:
strumenti e metodi
Simulation training
Obv: annullare gap tra pratica clinica e insegnamento teorico ,
benefici dell’approccio interprofessionale ai processi di Community care in termini di:
riconoscimento reciproci ruoli/competenze, condivisione OBV, necessità di usare strumenti di supporto al lavoro interprofessionale (di tipo
informatico, comunicativo, procedurale), esigenza di una leadership riconosciuta
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Collaborazione interprofessionale: best practices ___________________________________________________________
Fonte: J. Goldman, 2010
RAI-MDS (Resident Assessment Instrument-Minimum Data Set),
strumento che consente Valutazione Multidimensionale (VMD) dell’anziano fragile ospite in residenza.
E’ uno strumento di valutazione globale,
E’ basato sulla valutazione dello stato funzionale,
E’ finalizzato alla formulazione di un piano di assistenza,
E’ strutturato secondo la filosofia del “problem solving”.
Studio USA su anziani in “nursing home” =
RAI-MDS migliora staff di pianificazione dell’assistenza: partecipa da 2 a 5 volte in più alla pianificazione dell’assistenza
personale inf.co partecipa incontri di pianificazione dell’assistenza nel 27% delle strutture (Fonte: V. Mor et al. JAGS 1997) .
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___________________________________________________________ Collaborazione interprofessionale: best practices
V.A.O.R.
tr. It. del RAI-MDS (Valutazione Anziano Ospite Residenza)
Studio italiano rileva opinioni di operatori di staff multi-professionali sugli effetti del VAOR applicato all’Assistenza Domiciliare Integrata, rispetto ai
precedenti strumenti
(Fonte: Bernabei R, Landi F. Journal Gerontology MS, special issue,March 2008)