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Le giunte popolari nel Ravennate dalla liberazione alla crisi dell’unità antifascista (1944-1946) È di anni piuttosto recenti la constatazione politica della necessità di una più piena attuazione della democrazia attraverso forme nuove ed avanzate di par- tecipazione. In questo quadro, si è da più parti auspicato un progressivo decen- tramento delle funzioni dello stato agli enti locali e, in tale ambito, hanno rap- presentato un momento sperimentale più o meno valido i Consigli di zona o quartiere-, quando tali organi furono deliberati anche a Ravenna, nessuno si ac- corse che, con tale iniziativa, si andava riportando alla luce un’esperienza che aveva caratterizzato la rinascita della provincia negli anni 1944-1946, esperienza comunque nata e diffusasi con altro spirito, obiettivi diversi e potere (almeno in apparenza) ben maggiore Il 4 dicembre 1944, con la liberazione di Ravenna e la cacciata delle forze nazi- fasciste dalla zona sud-orientale della provincia (comprendente con i comuni di Cervia, Ravenna e Russi quasi un terzo del territorio provinciale)1 2 iniziava nel Ravennate un esperimento destinato ad allargarsi nella primavera successiva 1 Sulla rinascita del decentramento a Ravenna, cfr. A. Canosani, Prolusione del sindaco di Ravenna e P. D ’Attorre, Relazione dell’assessore al Decentramento democratico, in Comune di R avenna, Insediamento solenne dei Consigli di quartiere, zona e delegazione. 15 febbraio 1970, s.n.t., pp. 2-11. 2 Per gli avvenimenti politico-militari che portarono alla liberazione della zona, cfr. G. G iadresco, Ravenna, zona operazioni 1944-1945, Ravenna, 1955, 140 pp. (nuova ed.: La battaglia di Ravenna, Roma, 1964, 134 pp.) e L. Casali, Appunti sull’antifascismo e la Resi- stenza armata nel Ravennate, in II Movimento di liberazione in Italia, n. 77, ott.-dic. 1964, pp. 56-85. La rimanente parte della provincia, oltre il fiume Senio, fu liberata tra il febbraio e l’aprile 1945. Su queste vicende non esistono studi organici, ma pubblicazioni curate da alcune amministrazioni comunali e privati, relativamente ai singoli territori. Cfr. G. Ricciar- delli , Casola piccola Cassino della Valle del Senio. Cronaca dall’8 settembre 1943 al 1° mag- gio 1945, Faenza, 1950, 63 pp.; ANPI, I martiri del Senio, Lugo, 1954, 23 pp.; [A. P asi ], Breve cronaca della Resistenza in Alfonsine, Ravenna, 1965, pp. 33-48; A. Zini, Cronistoria delle vicende belliche di Co tignola dal 17 novembre 1944 al 10 aprile 1945, in Anniversario della Liberazione. Cotignola ricorda il suo martirio, Faenza, [1965], pp. 15-17; L. Costa, Le 127 giornate di Riolo, con un diario del dr. G. Vita, Imola, 1965, 203 pp.; L. Casali, Antifascismo e Resistenza, Bagnacavallo, 1971, 81 pp.; L. Casadio, Cronaca di Cotignola (1849-1946), Imola, 1973, pp. 314-326; 10 aprile 1973; Alfonsine: un monumento che si chiama ora e sempre Resistenza, Bologna, 1973, pp. 63.
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Feb 14, 2019

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Le giunte popolari nel Ravennate dalla liberazione alla crisi dell’unità antifascista (1944-1946)

È di anni piuttosto recenti la constatazione politica della necessità di una più piena attuazione della democrazia attraverso forme nuove ed avanzate di par­tecipazione. In questo quadro, si è da più parti auspicato un progressivo decen­tramento delle funzioni dello stato agli enti locali e, in tale ambito, hanno rap­presentato un momento sperimentale più o meno valido i Consigli di zona o quartiere-, quando tali organi furono deliberati anche a Ravenna, nessuno si ac­corse che, con tale iniziativa, si andava riportando alla luce un’esperienza che aveva caratterizzato la rinascita della provincia negli anni 1944-1946, esperienza comunque nata e diffusasi con altro spirito, obiettivi diversi e potere (almeno in apparenza) ben maggiore

Il 4 dicembre 1944, con la liberazione di Ravenna e la cacciata delle forze nazi- fasciste dalla zona sud-orientale della provincia (comprendente con i comuni di Cervia, Ravenna e Russi quasi un terzo del territorio provinciale)1 2 iniziava nel Ravennate un esperimento destinato ad allargarsi nella primavera successiva

1 Sulla rinascita del decentramento a Ravenna, cfr. A. Canosani, Prolusione del sindaco di Ravenna e P. D ’Attorre, Relazione dell’assessore al Decentramento democratico, in Comune di Ravenna, Insediamento solenne dei Consigli di quartiere, zona e delegazione. 15 febbraio 1970, s.n.t., pp. 2-11.2 Per gli avvenimenti politico-militari che portarono alla liberazione della zona, cfr. G. G iadresco, Ravenna, zona operazioni 1944-1945, Ravenna, 1955, 140 pp. (nuova ed.: La battaglia di Ravenna, Roma, 1964, 134 pp.) e L. Casali, Appunti sull’antifascismo e la Resi­stenza armata nel Ravennate, in II Movimento di liberazione in Italia, n. 77, ott.-dic. 1964, pp. 56-85. La rimanente parte della provincia, oltre il fiume Senio, fu liberata tra il febbraio e l ’aprile 1945. Su queste vicende non esistono studi organici, ma pubblicazioni curate da alcune amministrazioni comunali e privati, relativamente ai singoli territori. Cfr. G. Ricciar- d e lli, Casola piccola Cassino della Valle del Senio. Cronaca dall’8 settembre 1943 al 1° mag­gio 1945, Faenza, 1950, 63 pp.; ANPI, I martiri del Senio, Lugo, 1954, 23 pp.; [A. Pa si], Breve cronaca della Resistenza in Alfonsine, Ravenna, 1965, pp. 33-48; A. Zini, Cronistoria delle vicende belliche di Co tignola dal 17 novembre 1944 al 10 aprile 1945, in Anniversario della Liberazione. Cotignola ricorda il suo martirio, Faenza, [1965], pp. 15-17; L. Costa, Le 127 giornate di Riolo, con un diario del dr. G. Vita, Imola, 1965, 203 pp.; L. Casali, Antifascismo e Resistenza, Bagnacavallo, 1971, 81 pp.; L. Casadio, Cronaca di Cotignola (1849-1946), Imola, 1973, pp. 314-326; 10 aprile 1973; Alfonsine: un monumento che si chiama ora e sempre Resistenza, Bologna, 1973, pp. 63.

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all’intera provincia3, fino ad esaurirsi nel giugno 1946 b Condizioni particolari permisero che il Comitato di liberazione nazionale della provincia e gli organismi da esso dipendenti riuscissero a governare effettivamente per qualche tempo sui territori di loro competenza, a regolare la vita politica, la riorganizzazione am­ministrativa, la rinascita economica, a porre le basi per una epurazione che non si sarebbe mai fatta veramente5. Fra tali condizioni ricordiamo la stima guada­gnata negli alleati dalla 28a Brigata Garibaldi « Mario Gordini », che era riuscita a liberare Ravenna con una battaglia campale forse unica, per concezione e svi­luppo tattico, nella storia resistenziale italiana6; la cooperazione con l’V III ar­mata cui la stessa Brigata fu chiamata, riconoscimento che solo la Divisione « Armando » e la Brigata « Majella » condivisero. E non vanno dimenticati, come fattori principali forse, l’esperienza toscana di appena 100 giorni prima, dove gli alleati avevano avuto un primo contatto con una resistenza fattivamente impegnata; gli accordi di Roma con il CLNAI di quei giorni e, perché no?, i sintomi della crisi politica greca1. Non è possibile comunque valutare compiuta- mente i motivi per cui gli alleati permisero che il CLN ravennate governasse

3 Durante il novembre 1944, prima della liberazione del capoluogo, a Cervia e nelle fra­zioni di Ravenna (note come Ville Unite), già raggiunte dall’V III armata dal 22 al 25 otto­bre, gli alleati delegarono in pratica il governo della cosa pubblica ai comitati di liberazione, dando avvio in questo modo — seppure in maniera disorganica ed affidata allo spontanei­smo — alle prime forme di quelle che poi diverranno le giunte popolari. Cfr. Zona 6. La Resistenza a Cervia e nelle Ville Unite, a cura di L. Casali, Cervia, 1971, pp. 3 e 20-21.4 Non esiste un documento « ufficiale » di scioglimento delle giunte popolari. Il 15 aprile 1946 Gino Gatta, scrivendo a tutti i CLN comunali, rilevava « le funzioni sempre più limi­tate » delle giunte « in seguito alle elezioni amministrative» (prot. 1165/A1), Archivio del­l ’Istituto storico della Resistenza di Ravenna (d’ora innanzi: A. ISR), Sezione D, Cartella IV (Circolari organizzative), fascicolo t, foglio 1 (già edito in L. Casali, Antifascismo e Resistenza, cit., p. 81). L ’ultimo verbale di riunione del CLN provinciale conservato è datato 5 aprile 1946, A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI (Verbali), fascicolo t, foglio 1.5 Già nel dicembre 1945 ci si lamentava dei governi « che promettono un’epurazione e sanzioni radicali e totali mentre debbono dì per dì raccorciare le unghie epuratrici e sanzio- natrici alle Delegazioni provinciali quando queste danno prova di voler fare sul serio », [D. Zavattero], Abbiamo il governo?... No! Abbiamo il caos, in La Lente, n. 7, 19 dicem­bre 1945. Lo Zavattero era stato, fino alla sua espulsione dal Movimento comunista liberta­rio avvenuta nel novembre 1945, membro della Delegazione provinciale di Ravenna per l ’epu­razione. Sulla espulsione di Zavattero, cfr. il comunicato della federazione romagnola del MCL del 12 novembre (A. ISR, Sezione D, Cartella IX [Commissioni], fascicolo o, foglio 6) e l’autodifesa dello stesso [D. Zavattero], Anarchia e Costituente, in La Lente, n. 5, 21 no­vembre 1945. Per quanto riguarda le condanne inflitte ai fascisti dal tribunale di Ravenna, due delle sentenze capitali furono eseguite (L. Cilla, Tribunale popolare di Ravenna. Sergio Morigi condannato a morte, Ravenna, 1945, pp. 31; T ribunale Popolare di Ravenna, Antonio Capanna condannato a morte e giustiziato, Ravenna, 1945, pp. 31.). Su tali problemi in campo nazionale, cfr. tra gli altri N. K ogan, L ’Italia del dopoguerra. Storia politica dal 1945 al 1966, Bari, 1968, pp. 43 sgg. e G. Mammarella, L ’Italia dopo il fascismo. 1943-1968, Bologna, 1970, pp. 70 sgg.6 Per la battaglia di Ravenna, cfr. G. G iadresco, op. cit., passim e R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25 aprile 1945, Torino, 1964, pp. 453-455. Nume­rosi attestati alleati (conservati in A. ISR) sono editi in Salvaste l’Italia non morirete mai. Albo d’oro, a cura dell’ANPI di Ravenna, Ravenna, 1951, pp. 230 sgg. Cfr. anche V. Pe- niakoff, Corsari in jeep, Milano, 1951, pp. VIII-515.7 Sugli accordi di Roma, cfr. F. Parri, Il movimento di liberazione e gli alleati. I proto­colli di Roma, in II Movimento di liberazione in Italia, n. 1, maggio-giugno 1949, pp. 7-27 e F. Catalano, Storia del CLNAI, Bari, 1956, pp. 326-348. Ci siamo avvalsi di alcune notizie forniteci dall’on. Arrigo Boldrini (che ringraziamo), relative alle sue impressioni negli incontri con il comando dell’V III armata nel novembre-dicembre 1944. Vedi anche B. B iral, Storia di un CLN dopo la Liberazione, in Emilia, a. V II, n. 4, aprile 1955, pp. 110-114.

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effettivamente la provincia mano a mano che essa veniva liberata (anche se non mancarono sin dall’inizio i momenti di scontro, divenuti con la primavera 1945 sempre più numerosi ed importanti) 8.

È innegabile che tracciare, sia pure per linee essenziali, la vita delle giunte popolari del Ravennate costituisce una ricerca di storia strettamente locale, dove, per di più, dati i caratteri di stretta « autarchia » politica ed economica del fenomeno, ben rari furono i collegamenti con le linee regionali o nazionali, so­prattutto per i primi mesi, fino al maggio 1945, fino a quando del resto le giunte ressero effettivamente la direzione locale. È tuttavia da notare come tale espe­rimento sia quant’altri mai significativo, in quanto costituì l’unica testimonianza, l ’unica applicazione effettiva su larga scala dei propositi di rinnovamento demo­cratico espressi dai comitati in epoca clandestina, propositi che avevano trovato nelle « repubbliche » partigiane dell’estate-autunno 1944 (e l ’esperimento roma­gnolo seguiva ad un mese e mezzo di distanza quello della Valdossola) un’appli­cazione alquanto condizionata dalla situazione di emergenza determinata dalla pressione militare nazista, per cui il primo impegno restava quello militare a scapito (forse) dei problemi di ristrutturazione dell’organizzazione politica, eco­nomica e sociale9. L ’esperimento ravennate, invece, potè puntare i propri obiet­tivi sulla maturazione, come scriveva il presidente del CLN provinciale, il de­mocratico cristiano Benigno Zaccagnini, di « una nuova coscienza politica delle masse » che si andava determinando attraverso la « autonomia periferica ». In quella situazione difficile, era sempre lo Zaccagnini ad affermarlo, « il vero ne­mico da combattere è [...] la scissione delle masse lavoratrici » 10 11. In tale modo le giunte popolari giunsero ad essere — ad un certo punto — gli « unici organi che le popolazioni dei nostri villaggi, dei nostri rioni,-delle nostre città ricono­scevano come loro rappresentanti » “ , godendo di tanto prestigio che « le auto­rità alleate, pur non riconoscendole in diritto, ne chiedevano la collaborazione in via di fatto, dando esecuzione a tutte le loro deliberazioni » 12 13.

La funzione fondamentale delle giunte può anche rilevarsi considerando come la provincia di Ravenna seppe ben presto sollevarsi da una situazione veramente difficile, non solo dal punto di vista economico, ma da quello, di più complessa ripresa, dell’ordine pubblico. Un quadro, forse più ad effetto che veramente

8 Cfr. soprattutto B. B iral, op. cit., loc. cit. Particolarmente gravi i contrasti a Cervia che portarono alle dimissioni della giunta comunale, cfr. l’ordine del giorno di dimissioni indi­rizzato Al sig. Governatore di Cervia in data 3 gennaio 1945 edito in Comuni e province nella storia dell’Emilia-Romagna. Cento anni di politica di sinistra, a cura di L. Arbizzani e A. D ’Alfonso, Roma, 1970, pp. 108-109. L ’originale è in A. ISR, Giunta popolare di Cervia, materiale in corso di sistemazione.9 Sulle linee di direzione delle « repubbliche » partigiane cfr. soprattutto M. Legnani, Politica e amministrazione nelle repubbliche partigiane. Studio e documenti, Milano, s.d., pp. 173.10 B. Z .[accagnini], Governo del popolo, in Democrazia, a. I, n. 2, 15 gennaio 1945.11 La Giunte Popolari per il Popolo e la Democrazia, in Romagna Proletaria, [a. I ] , n. 4, 12 agosto 1945.12 Le Giunte popolari in Provincia di Ravenna, in Romagna Proletaria, [a. I ] , n. 12,13 ottobre 1945. Sui rapporti militari fra partigiani e V i l i armata, cfr. A. G ulm inelli, La 28‘ brigata Garibaldi « Mario Gordini » dalla clandestinità al fronte di guerra, in 10 aprile 1973 ecc., cit., pp. 33-38.

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obiettivo, appare sia da una circolare della federazione ravennate del PCI del 25 maggio 1945 indirizzata « A tutte le Sezioni », sia da un intervento di Gae­tano Verdelli, sempre comunista, alla riunione di tutti i CLN provinciali della regione tenutasi a Bologna il 29 maggio 1945. Vogliamo comunque rilevare che la situazione descritta dal Verdelli non appare da nessun altro documento, né pubblico né riservato dell’epoca e che di tale pretesa « situazione insurrezionale » non appaiono notizie neppure nelle discussioni più animate del CLN provinciale. Non possiamo comunque non ritenere che, all’indomani della liberazione, in una situazione pregna di difficoltà apparentemente irrisolvibili, l ’ordine pubblico abbia avuto momenti di reale pericolosità, senza tuttavia mai sfuggire al con­trollo delle autorità partigiane ed alleate. Se si desse credito fino in fondo alle affermazioni del Verdelli, si dovrebbero coerentemente accettare come valide quelle scelte (politiche) che portarono, soprattutto a partire dal 1948, all’arresto indiscriminato in Emilia di decine di migliaia di partigiani ed alla definizione (dimostratasi poi del tutto errata) delle province di Ravenna, Ferrara, Modena e Reggio quali centri del « sovversivismo rosso », abitate da « biechi assassini » '3. A Ravenna, affermava Verdelli,

Il Governatore prospetta l’ipotesi di una insurrezione. Non passa notte che non si abbiano 3-4-5 morti. Il Governatore ha dovuto rivolgersi al comando dei partigiani perché solo essi possono mantenere il controllo, solo essi sono sentiti dalla popolazione [...] Non si riesce ad avere il controllo della popolazione, la quale sta dimostrando di essere esasperata anche perché gli organismi non rispondono ai suoi bisogni [...] Finora siamo riusciti a tenere calma la popolazione con gli organi di massa che il CL ha nel suo seno, ma se domani si tenta ancora di tergiversare [...] non so dove sboccherà la situazione politica in Romagna13 14.

Un quadro veramente pesante e a fosche tinte, dal quale comunque traspaiono con evidenza e le esigenze di rinnovamento politico-economico dei ravennati ed il compito svolto dalle giunte, ampio e complesso, seppure non sufficiente a garantire tutte le richieste di intervento e soluzione 1S, anche a causa del mancato riconoscimento ufficiale 16.

Per quanto concerne l’ordine pubblico, precisa era la presa di posizione del PCI che metteva a disposizione delle autorità « alleate e nazionali » tutti i propri quadri politici per un « servizio di sorveglianza »:

Cari compagni, essendo questa Federazione venuta a conoscenza delle numerose e frequenti sparizioni di individui implicati in reati di carattere fascista, biasima e condanna in genere tale procedura di fare giustizia, da qualunque parte e per qualsiasi ragione essa provenga. Eventualmente se qualcuno dei nostri compagni fosse portato ad agire in tale sistema, tenga presente che la politica e la posizione del nostro Partito al Governo non può assolutamente

13 Su tutto questo, cfr. soprattutto [P. Alatri], Triangoli della morte, Roma, 1948, pp. 47; All’ombra di un’insegna onorata. Fatti e misfatti del maresciallo Cau, Roma, 1952, pp. 63 e P. Secchia, La Resistenza davanti ai tribunali e alla storia, Roma, 1957, pp. 29.14 [Verbale della] Riunione CL province Emilia e Romagna, tenuta il 29 maggio 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI {Verbali), fascicolo g, foglio 3.15 « Noi siamo costretti a riconoscere che il CdLN a Ravenna non ha fino ad oggi potuto risolvere con sufficiente energia i problemi posti dalle masse », USP [Ufficio Stampa e Propa­ganda della 28* Brigata], Compiti del CLN, in Democrazia, a. I, n. 16, 2 giugno 1945.16 « È naturale che l’opera delle Giunte Popolari si svuota di ogni consistenza se [...] non vengono investite della necessaria autorità », scriveva il 17 gennaio 1945 Adelmo Mambelli a nome del Comitato delle Giunte Popolari delle Ville Finite, A. ISR, Sezione D, Cartella XI {Comitati e sottocomitati), fascicolo c, foglio 38. Cfr. anche Le Giunte popolari in Provincia di Ravenna, cit.

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permettere che il privato o chiunque esso sia si faccia una più o meno sana giustizia da solo [...] Si dispone che di questa circolare sia data visione immediatamente a tutti i compagni, sia esposta sul giornale murale di ogni Sezione, perché tutti i compagni ci si attengano intieramente con la piena coscienza delle proprie azioni e responsabilità di fronte al Partito e al popolo intero. Le Sezioni sono impegnate a prendere accordi con le autorità alleate e nazionali, militari e civili, per costituire un servizio di sorveglianza e per evitare che tali fatti avvengano n.

Ma che la situazione non fosse così disastrosamente vicina al caos e che l’impe­gno dei partiti antifascisti, sia autonomamente che in seno ai CLN, avesse, sin dal dicembre 1944, contribuito ad arginare le possibili tendenze oltranziste, è dimostrato anche dal fatto che le stesse pubblicazioni dell’unico avversario poli­tico, dell’Uomo Qualunque (o Partito democratico italiano, nel 1945), pur accu­sando i partiti componenti i CLN e gli stessi CLN di infinite calamità, non una parola spendevano per lamentare sconvolgimenti sociali17 I8. D ’altra parte sin dal 2 maggio il CLN provinciale riteneva la situazione ravennate già sì stabilmente avviata da avanzare per la prima volta la proposta della fine delle gestioni com­missariali ed il ritorno alla « gestione normale democratica » 19, dando così il via alla « restaurazione paternalistica », al « governo dei fantasmi prefascisti » 20, quando praticamente anche il Partito d’azione, allineandosi al Partito liberale ed a quello repubblicano nella loro polemica contro certi aspetti della linea politica comunista e democristiana, spinse sempre più per lo scioglimento di tutti gli organismi di controllo creati dai C L N 21, in nome dell’efficientismo. Il con­trasto fra social-comunisti e repubblicani soprattutto, che datava dagli « anni venti » e dalle non sempre lineari prese di posizione dei dirigenti repubblicani di Ravenna nei confronti del fascismo22 23, si era rivelato in continuazione nel corso della stessa lotta di liberazione e non tutto il PRI si era impegnato coerentemente nelle formazioni partigiane2ì, dando la sua adesione al CLN provinciale con un certo ritardo rispetto alle altre formazioni politiche, solo alla fine del marzo

17 Circolare del Segretario federale del PCI A tutte le Sezioni, Ravenna, 25-5-1945, Archivio privato di Alfonsine, fotocopia in A. ISR, materiale in corso di sistemazione.18 Cfr. la lettera a stampa datata Bologna, 16 agosto 1945 e le « mozioni » del Comitato regionale emiliano-romagnolo del 2-6 settembre 1945 (A. Casali, Russi). Sul « qualunquismo », cfr. Un uomo qualunque, Conclusioni e proposte, Roma, 1944, pp. 80 e G. Pallotta, Il qualunquismo e l’avventura di Guglielmo Giannini, Milano, 1972, pp. IX-181.19 Lettera del CLN Provinciale Ai Commissari presso Istituti ed Enti cittadini, prot. LC/66, 2 maggio 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella V II (Lettere ai commissari), fascicolo g, foglio 2.20 P. Calamandrei, Passato e avvenire della Resistenza, Milano, [1954], p. 12.21 Cfr. la lettera del PdA, firmata Gnani, del 13 luglio 1945, prot. 198, A. ISR, SezioneD, Cartella IX (Commissioni), fascicolo i, foglio 10, allegato III . La polemica si riaccese più pesante nel novembre, quando il PRI impose le dimissioni, mentre il PCI le condizionava al completamento dell’epurazione (cfr. La voce di Romagna del 3 novembre e Romagna pro­letaria del 16 novembre 1945).22 Cfr. L. Casali, Fascisti, repubblicani e socialisti in Romagna nel 1922. La « conquista »di Ravenna, in II Movimento di liberazione in Italia, n. 93, ottobre-dicembre 1968 (riedito in I compagni di Ravenna, a cura di G. G iadresco e L. Casali, Imola, 1972, pp. 217 sgg.).23 Cfr. la lettera di « Galvani » (Fiorio Rossi) del 4 novembre 1944, A. ISR, Sezione C,Cartella LX III (SIM), fascicolo m, foglio 7 (edita in II Movimento di liberazione a Ravenna. Catalogo n. 2: 1943-1945, dattiloscritti e manoscritti, Ravenna, 1965, p. 265). La pubblica­zione di tale documento suscitò alcune polemiche nella stampa repubblicana, che comunque non ne smentì il contenuto. Cfr. D. Berardi, Documenti sulle vicende della Resistenza nel Ravennate, in La Voce repubblicana, a. XLVI, 15-16 gennaio 1966 e D. Schiavina, Un episodio del tempo della Resistenza a Ravenna, in Avvenire e fede, a. II , n. 1, genn.-febbr. 1966, pp. 35-36.

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194424 25. Di particolare valore la minaccia, da parte del PRI, alla vigilia della liberazione di Ravenna, di provocare lo scioglimento del CLN provinciale, se questo non avesse deliberato che il sindaco di Ravenna fosse repubblicano ” , ed un particolarmente lungo assenteismo dalle riunioni unitarie del dicembre 1944, provocando lamentele e richiami soprattutto dalla Camera del lavoro in via di ricostituzione26 27 28.Nel corso del 1945 i dirigenti del PRI offrirono non poche occasioni di attrito, rendendo spesso difficile la condotta unitaria nel CLN provinciale e nelle giunte, soprattutto per quanto riguardava la non facile soluzione della questione agraria e le complesse trattative con l’Associazione degli agricoltori ~7. Una situazione certo particolare e che fece sottolineare a « Nando » Verdelli, non sempre di­plomatico nelle sue prese di posizione, concludendo il V congresso provinciale del PCI nel settembre 1945, che i comunisti « avevano poca stima nei repubbli­cani, negli uomini e nel Partito repubblicano » Rapporti, quindi, non sempre facili e che naturalmente provocavano contrasti e difficoltà nella ripresa politica che si sarebbe voluta unitaria, o ciellenista, per usare il termine di quegli anni.

Non è certo che, all’atto della liberazione di Ravenna, il CLN provinciale avesse in animo di prolungare la sua esistenza per oltre un anno e mezzo ed assumere la direzione pratica della rinascita economica. Le disposizioni che il 4 dicembre 1944 la segreteria del CLN inviò ai comitati dipendenti, precisate in quattro punti, non danno possibilità di interpretazioni univoche. Le Norme da seguire nei primi momenti della liberazione, prevedevano:1) « Ricostituzione del Comitato invitando a collaborare tutti i rappresentanti dei Partiti antifascisti » ; 2) « Immediata elezione della giunta con partecipazione di tutte le forze poli­tiche e di massa » (intendendo con quest’ultimo termine l ’ANPI, l’UDI, il Fronte della gioventù, la Lega braccianti e la Federterra); 3) « Immediato fermo di tutti i fascisti repub­blicani, squadristi, marcia su Roma ecc. » 29 30 che « dovranno immediatamente essere introdotti a Ravenna a disposizione della Questura »; 4) « Raccolta di indumenti, viveri, denaro, spe­cialmente da persone, enti, ditte, ecc. che risultino arricchite per proventi di guerra o per lavori compiuti in collaborazione col tedesco o coi fascisti. Tale raccolta, controllata e disci­plinata dal Comitato, dovrà servire per venire incontro alle famiglie maggiormente colpite » ” .

24 L. Marini, L. Casali, Antifascismo e Resistenza, in Ravenna una capitale. Storia, costumi e tradizioni, a cura di V. Emiliani e T. D alla Valle, Bologna, 1965, pp. 329 sgg. Per le vicende del PRI romagnolo, cfr. Una lotta nel suo corso. Lettere e documenti politici e mili­tari della Resistenza e della Liberazione, a cura di S. Contini Bonacossi e L. Ragghianti Collobi, Venezia, 1954, pp. 267 sgg. e C. L. Ragghianti, Disegno della liberazione italiana, Pisa, 1962, pp. 302-304.25 Questo, almeno, secondo le affermazioni di Benigno Zaccagnini contenute nel Verbale riunione del 6 novembre 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI {Verbali), fascicolo o, foglio 2.26 « Comunichiamo che nonostante i ripetuti inviti per la riunione del Comitato Sindacale il rapp.[resentante] del Partito Repubblicano non si è fatto vivo. In queste condizioni non ci è possibile procedere al lavoro di riorganizzazione sindacale », lettera del 24 dicembre 1944 del C.S. al CLN Provinciale, A. ISR, Sezione D, Cartella XIX (Rapporti informativi), fascicolo b, foglio 22.27 L. Casali, Ver uno studio delle lotte contadine nel Ravennate: il 1945, Relazione al XXIV Convegno di studi romagnoli, Ravenna 25 marzo 1973, in corso di stampa.28 Discorso di chiusura del Congresso provinciale del compagno Verdelli, in Romagna proletaria, [a. I ] , n. 14, 31 ottobre 1945.29 Cfr. a tal proposito il D LL n. 15 del 27 luglio 1944, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 41 del 29 luglio 1944.30 A. ISR, Sezione D, Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fascicolo b, foglio 2.

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Appaiono in questo documento due organismi ben distinti nella composizione e nei compiti specifici: la giunta comunale, emanazione del CLN e composta da rappresentanti di partiti ed organismi di massa, con compiti logicamente amministrativi; e il CLN, composto dai soli rappresentanti politici e con compiti politici ed economici. Queste disposizioni, immediate, non tenevano conto del­l ’esperienza maturatasi nelle Ville Unite e della realtà là già operante da oltre un mese, dove i CLN, non potendo delegare le funzioni amministrative ed anno­narie al comune di dipendenza (Ravenna, ancora sotto l ’occupazione nazista), avevano di fatto assunto la gestione completa della vita politica ed economica a livello frazionale, ponendo basi che non era facile sradicare, ma soprattutto dimostrando la possibilità di meglio gestire le scarse risorse esistenti, conce­dendo una larga autonomia di base31.

Non restano tracce nei verbali di riunione del CLN provinciale di discussioni intervenute, ma appare evidente che il comitato si rese conto immediatamente che il peso della riorganizzazione veniva ad essere tutto su di lui e sui comitati locali, che potevano esercitare una influenza determinante sulle scelte di fondo da seguire. E questo, sia perché il compito politico dell’epurazione (immediata­mente iniziata) venne ad aumentare considerevolmente l’incidenza del CLN e dei suoi componenti, sia perché il CLN provinciale, mediante una serie di prese di posizione nel settore economico (come vedremo) diede un indirizzo nuovo e preciso alla ricostruzione; sia ancora perché tutti i commissari preposti ai vari enti pubblici (ospedali, mutue, associazioni varie, banche, consorzi agrari, coope­rative, ecc.) dipesero direttamente dalla segreteria ciellenistica32. Tanto è vero che l’articolo di fondo del primo numero del settimanale edito dal CLN provin­ciale sottolineava, il 4 gennaio 1945: «N o i ripetiamo al Governo Bonomi che i Comitati [...] devono avere [...] un preciso e concreto riconoscimento giuri­dico » 33.

Pratica conseguenza di questa valutazione diversa che valorizzava i CLN (che ormai stavano assumendo il nome di giunte popolari) nei confronti delle giunte comunali, fu la diversa composizione dei due organismi, per cui queste furono composte di soli rappresentanti politici34, quelle furono autorizzate ad allargarsi

31 Zona 6 ecc., cit., p. 20. La situazione economica ed alimentare era veramente disastrosa, come segnalava la Camera di commercio industria ed agricoltura il 25 maggio 1945 in un Promemoria per il Comitato di liberazione, A. ISR, Sezione D, Cartella V (Commercio), fascicolo g, foglio 1.32 Per tutto questo vedi in A. ISR, Sezione D, le Cartelle V i l i (Relazioni dei Commissari) e XV III (Prefetti).33 I Comitati di liberazione nazionale, in Democrazia, a. I, n. 1, 4 gennaio 1945. La stessa richiesta è ripetuta nel Promemoria inviato il 10 marzo 1945 A Sua Ecc. Bonomi, Primo Ministro del Governo Italiano (prot. VP/118b): « È evidente che la mancanza di una base giuridica mette in difficoltà l’opera del Comitato, il quale invece vorrebbe dare valore ese­cutivo alle sue deliberazioni », A. ISR, Sezione D, Cartella X III (Corrispondenza varia in partenza), fascicolo e, foglio 16.33 Ad esempio la giunta provinciale, nominata dal prefetto (su indicazione del CLN provin­ciale) il 19 dicembre 1944 (prot. 283/Gab.) era formata dai socialisti Bindo Giacomo Caletti e Silvio Mantellini, dai democristsiani aw . Vito Montanari e prof. Riccardo Magliozzi, dai comunisti rag. Rodolfo Salvagiani e Arrigo Boldrini, dal repubblicano Bartolomeo Baldini, dall’azionista ten. col. Federico Reposi e dall’anarchico Aristide Ghiberti, A. ISR, Sezione D, Cartella IX (Commissioni), fascicolo m, foglio 16, allegato IV. Il 6 agosto 1945 l ’indipendente Carlo Badiali sostituì Boldrini (ibid., foglio 16). Costituì eccezione la giunta comunale di

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cooptando rappresentanti degli organismi di massa per dare loro un carattere più propriamente popolare ed aumentarne l’incidenza operativa33. Ma egualmente una puntuale confusione delle competenze e nei limiti di intervento, una impos­sibilità sempre più frequente di distinguere con sufficiente chiarezza i due stessi organi, come rilevava la giunta popolare di Russi il 31 gennaio 36. Se ben chiara risultava l’importanza di autodeterminazione delle popolazioni attraverso le giunte popolari, quali fonti di rapporti di democrazia diretta 37, non altrettanto chiari erano i rapporti che dovevano intercorrere fra le giunte come tali e le rinascenti amministrazioni comunali, basate su una democrazia indiretta e dele-

, 38gata .Particolarmente importante, in questo senso, risultava il decentramento nel comune di Ravenna, che per lunghi anni, data la vastità territoriale35, poco aveva curato le esigenze delle delegazioni che ora, « promosse » a giunte « comunali » (o di zona), con larga autonomia, assumevano iniziative di ogni genere, togliendo le proprie comunità dall’isolamento e, forti dell’appoggio popolare, invadevano ampiamente le competenze di un Comune che era stato troppo assente.

Dal 10 gennaio il territorio del comune di Ravenna era diviso in sei zone, facenti capo ad un CLN cittadino ", alla giunta « comunale » di S. Pietro in Campiano41, a quella di S. Pietro in Trento42, a quella di Piangipane43, alla

Ravenna che vide, fra gli assessori supplenti tuttavia, rappresentanti dell’UDI (Emma Orselli), CdL (Erio Magnani) e ANPI (Ulisse Ballotta), oltre agli assessori effettivi Riccardo Campa- gnoni, sindaco (PRI), Luigi Fietta, vice-sindaco (PSI), Arturo Castelli (DC), Nello Patuelli (PCI), Ferdinando Casadei Lelli (PSI), Guerrino Guerrini (PRI), Paolo Raccagni (PdA), Pirro Bartolazzi (anarchico), Giuseppe Saporetti (PLI) e Vincenzo Bregoli (indipendente), decreto del prefetto di Ravenna del 14 dicembre 1944, prot. 232/Gab, A. ISR, ibid., fasci­colo i, foglio 7, allegato V.35 « I rappresentanti di massa [...] siano accettati senz’altro in tutti i vostri comitati per formare delle vere [e] proprie giunte popolari », La segreteria del CLN Alla Giunta popolare centrale di Ville Disunite, S. Pietro in Trento, 9 gennaio 1945, prot. CS/15, A. ISR, Sezione D, Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fascicolo c, foglio 9. Più precise disposizioni furono inoltrate con circolare del 10 gennaio, prot. CS/16, di cui non abbiamo (finora) trovato copia, ma di cui è certa l ’esistenza; cfr. ivi, foglio 10.36 «G iunta comunale e CLN [...] non si possono distinguere con molta chiarezza», Relazione del 31 gennaio a Russi, A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI (Verbali), fascicolo c, foglio 26.37 « Periodicamente convocano assemblee (ogni 15 o 30 giorni) alle quali riferiscono su tutta l ’attività svolta e con le quali discutono i problemi locali studiando insieme le concrete soluzioni », Le Giunte popolari in Provincia di Ravenna, cit.38 Cfr. L. Casali, S. Nardi, Un’esperienza di « democrazia diretta ». Le Giunte popolari (1944-1946), in Provincia di Ravenna, n. 7, aprile 1970, pp. 34-35.35 Con 66.338 ettari è fra i più vasti d’Italia (Comune di Ravenna, Annuario statistico anno 1963, Ravenna, 1966, p. 7).40 Comprendente i quattro rioni di Borgo S. Biagio, Borgo S. Rocco, Sobborgo Garibaldi e Chiavica Romea, oltre le località di Madonna dell’Albero, Chiusa S. Marco, Classe, S. Marco, Porto Fuori, Porto Corsini, Fosso Ghiaia, Punta Marina e (dal 12 aprile) S. Bartolo e For­nace Zarattini. In ogni località funzionava una giunta popolare frazionale.41 Comprendente le giunte popolari di Castiglione, S. Zaccaria, Campiano, S. Pierino, S. Pietro in Vincoli, Bastia, Massa Forese, Durazzano, S. Stefano, Carraie, Ducenta, Gam- bellara e S. Bartolo (fino al 12 aprile).42 Comprendente le giunte popolari di S. Pietro in Trento, Ghibullo, Roncalceci, Coccolia, Filetto, Ragone e Longana.43 Comprendente le giunte popolari di Piangipane, S. Michele, Godo, Villanova, Santerno e, fino al 12 aprile 1945: Fornace Zarattini, Mezzano, Ammonite e Camerlona.

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giunta di zona di Mezzano44 e come pure a quella di Sant’Alberto45 *. La necessità di coordinamento e di dare, finalmente, indicazioni precise spinse il CLN provinciale ad emanare la Circolare n. 7 avente come scopo l’organizza­zione delle giunte, circolare di cui esistono, a dimostrazione della non facile gestazione “ , due varianti: la prima, dattiloscritta, datata 19 febbraio, la seconda, ciclostilata, del 25 successivo47.

Dopo aver sottolineato il fatto dell’essere i CLN « veri organi di governo », si insisteva particolarmente sulle diversità di fondo fra giunte popolari e comu­nali, « organismi ben distinti, con funzioni nettamente differenti ». Infatti, « le giunte popolari sono organi prettamente politici di iniziativa, di propaganda, di controllo », per cui debbono essere fautrici « di rinnovamento morale della Na­zione ». Uno dei compiti principali, da tenere sempre presente, dovrà quindi essere « la necessità dell’epurazione di tutti i quadri amministrativi e politici ».

Non si trattava comunque di semplici compiti di controllo e la circolare stessa, laddove insisteva sul fatto che le giunte potevano e dovevano sostituire « le istituzioni pubbliche e private [...] ove non siano sufficienti [...] o comunque non aderiscano alle necessità della massa [...] pur di non permettere [...] che intere popolazioni per incuria di pochi [...] siano lasciate senza cura di gover­no », là imprimeva ai nuovi organismi un significato veramente rivoluzionario, contrapponendo in sostanza le giunte popolari a tutti gli altri organi tradizio­nali e soprattutto valorizzando al massimo la volontà popolare in antitesi alla democrazia delegata, troppo spesso non sufficientemente corrispondente alle esigenze degli amministratori. Le giunte popolari, si precisava ancora, « eserci­tano una oculata attività di controllo su tutte le branche della vita nazionale: proponendo e correggendo là dove si manchi, denunziando e colpendo laddove nell’errore si persista ».

La via per ottenere tutto questo appariva chiara agli estensori del documento, anche se oggi, alla rilettura, non possono sfuggire certe ingenuità ed un vago populismo, chiaro frutto del momento eroico: « Se noi ci acquisteremo un po­tere [...] basato sull’adesione totale delle masse, avremo allora la vera e più perfetta espressione della volontà popolare ed i pochi malvagi saranno automa­ticamente eliminati dalla collettività » 48.La circolare organizzativa aveva risultati contrastanti, che mostrarono una volta

44 Nata il 12 aprile 1945, comprendeva le giunte di Mezzano, Borgo Anime, Borgo Masotti, Torri, Conventello, Grattacoppa, Glorie, Camerlona, Santerno ed Ammonite.43 Nata il 12 aprile 1945, comprendeva le giunte di Sant’Alberto, Mandriole, Savarna e Casalborsetti. Per un quadro completo delle giunte nella provincia nell’agosto 1945, cfr. L. Casali, S. Nardi, op. cit., p. 38. In 10 aprile 1973 ecc., cit., p. 58, è edita una rappre­sentazione grafica della dislocazione territoriale delle giunte.44 Nulla, nemmeno di queste discussioni, appare dai verbali delle riunioni del CLN pro­vinciale.47 A. ISR, Sezione D, Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fascicolo d, foglio 51 e alle­gato I al foglio 51. In appendice riportiamo i due testi a confronto.48 « Le giunte popolari vivono ed esistono per il popolo; godono e vogliono godere della sua fiducia, della sua collaborazione », Athos [A. Bardi? ] , Le Giunte popolari, in Demo­crazia, n. non pubblicato, ma febbraio 1945. Le bozze complete del numero sono in A. ISR, Sezione D, Cartella XXII (Originali per «Democrazia»), fascicolo e. Sui motivi della man­cata pubblicazione, cfr. B. B iral, op. cit., pp. 111-112.

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per tutte, quali erano le vere difficoltà, che cosa effettivamente impediva o avrebbe impedito alle giunte di funzionare: la volontà politica, da parte di alcune componenti il fronte antifascista di non portare fino in fondo l ’esperi­mento che rischiava di sovvertire il tradizionale ordinamento e, favorendo eccessivamente l ’iniziativa di base, diminuire o fortemente incrinare il potere rappresentativo degli stessi partiti politici. La prima opposizione, anche se tale non parve in quel momento, venne dal Partito repubblicano (nelle persone del sindaco di Ravenna e del rappresentante il PRI nel CLN provinciale, Cicognani) e dal Partito liberale (rappresentato da Garzolini), i quali, sostenendo da un lato che le giunte erano necessarie ed insostituibili per la ricostruzione e l ’ammini­strazione delle più lontane frazioni del comune di Ravenna; dall’altro che, pre­sentandole al governatore alleato come organi del CLN, non sarebbe stato pos­sibile ottenerne il riconoscimento ufficiale; proponevano che passassero « alle dipendenze del Comune ». Le giunte, nelle frazioni di Ravenna, stante la cronica carenza di potere ufficiale, funzionavano sia politicamente che amministrativa­mente e quindi « i l sindaco voleva assumerne la responsabilità [...] Si doveva cominciare a creare organi di base. 'Bisognava valorizzare il Comune ». Azionisti, comunisti, democristiani e socialisti sostennero che il « Comitato non poteva con­segnare le G.fiunte] in mano al Comune perché fossero trasformate in semplici organi amministrativi », mentre gli anarchici tentavano l ’impossibile concilia­zione delle due tesi4’. L ’accordo fra la maggioranza delle forze componenti il comitato, precisato negli interventi di Zaccagnini e Verdelli, non permise tuttavia che le giunte delle Ville del Ravennate continuassero a funzionare come prima.

La necessità — considerata prioritaria — di salvare l’unità a tutti i costi fece progressivamente scivolare l’attività delle giunte sul terreno puramente ammi­nistrativo. Se quindi, fino alla tarda primavera 1945, le giunte delle Ville Unite avevano rappresentato la punta più avanzata del movimento democratico, il fatto che in quel territorio la presenza repubblicana fosse largamente maggiori­taria, fece sì che l’attività di esse tese sempre più a confondersi con quella delle delegazioni e la figura del presidente di giunta con quella di delegato del sindaco.

L ’iniziativa passò, quindi, alla Bassa Ravennate e precisamente al comune delle Alfonsine, che condusse ancora più avanti, più capillarmente, l ’esperimento49 50.

Il dibattito tra i partiti, che aveva portato alla discussione del 16 marzo e che sarebbe proseguito nei mesi successivi, rappresentava uno scontro nel quale si opponevano praticamente due diverse concezioni della democrazia: la prima, ancorata sui tradizionali pilastri degli enti elettivi, ed una nuova che aveva valu­tato in modo diverso la lezione della lotta di liberazione ed il prepotente ingresso delle masse popolari nella vita politica51. Certamente per costoro le tradizionali

49 Verbale della seduta del 16 marzo 1945, in A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI {Verbali), fascicolo e, foglio 13, edito in L. Casali, S. Nardi, op. cit., pp. 36-38.50 In questa sede dedicheremo, naturalmente, uno spazio limitato all’esperienza, estrema- mente interessante, delle Alfonsine. Per uno sguardo più completo, rinviamo al nostro Le giunte popolari: una esperienza di democrazia diretta, in 10 aprile 1973 ecc., cit., pp. 52-57.51 Interessanti, a tale proposito, sono alcune osservazioni di Paimiro Togliatti nel discorso tenuto a Reggio Emilia il 24 settembre 1946 e noto con il titolo di Ceto medio e Emilia rossa. Più volte pubblicato, le due edizioni più note sono in P. T ogliatti, Discorsi sul­l ’Emilia, Bologna, 1964, pp. 7-36 e Id., La questione dei ceti medi, Roma, 1973, pp. 9-64.

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strutture organizzative dello stato erano superate e da superare e, nel Raven­nate, si vedeva nelle giunte popolari un « qualcosa » di nuovo che avrebbe potuto consentire una ristrutturazione generale52. L ’esigenza di tale ristruttura­zione, che non fosse il semplice decentramento amministrativo, giunse alle soglie della Costituente, pur senza varcarle, tanto è vero che, nel 1946, un supplemento del Bollettino di informazione e documentazione del Ministero per la Costituente offriva vaghi accenni di un « decentramento politico » cui dovevano essere tra­sferite anche «funzioni legislative [...] al fine di consentire una più larga ed intensa partecipazione dei cittadini al potere » 53.Il comune di Alfonsine fu raggiunto dai fanti della « Cremona » il 10 aprile 1945, quando ormai le giunte popolari avevano affrontato, nei comuni di Ra­venna, Cervia, Russi, Faenza e Bagnacavallo, la fase sperimentale. Le tradizioni di lotta e la coscienza democratica degli alfonsinesi54, fecero sì che le giunte trovarono immediatamente in quel territorio una realizzazione capillare quale non ebbe riscontro nel resto della provincia, giungendo sino alla creazione di giunte di strada55 *. Esse, in breve tempo, divennero il centro di coordinamento di tutta l’attività, politica ed economica.

In una parola siamo tenuti al controllo di tutti e di tutto per le necessità ed il buon anda­mento della nostra zona. Benché i problemi siano apparsi ed appaiano difficili e insormontabili, abbiamo lavorato con accanimento e coscienza [tanto] che la maggioranza della massa lavora­trice ritiene [le giunte] un Organo indispensabile54.

Il 9 giugno 1945 il CLN regionale emiliano-romagnolo chiedeva al CLNAI la modifica delle disposizioni emanate il 29 marzo relative al « voto consultivo » concesso agli organismi di massa nei comitati. Il democristiano Coppi, di Modena, appoggiato dai colleghi di partito e dai repubblicani, sosteneva la legittimità delle disposizioni di Milano, essendo i comitati organi prettamente, esclusiva- mente politici57. Il 17 luglio la DC di Ravenna intervenne chiedendo di disci­plinare tutte le giunte alle disposizioni del CLNAI 5“, finché, il 7 settembre, i sette partiti59 del CLN provinciale, di fronte al rischio di una rottura, decisero all’unanimità la limitazione dei comitati alle formazioni politiche:

52 Cfr. alcune valide osservazioni in tale senso in R. Bauer, Per la Repubblica Italiana, Milano, 1946, pp. 23.53 Guide alla Costituente. 4: Le autonomie locali, Roma, 1946, p. 1. Cfr. anche P. G. Per- m oli, La Costituente e i partiti politici italiani, Bologna-Rocca S. Lasciano, 1966, pp. 163 sgg. e R. Colapietra, La lotta politica in Italia dalla liberazione di Roma alla Costituente, Bolo­gna, 1969, pp. 578.54 Cfr. [A. Pa si], op. cit., passim.55 Le giunte furono 18, oltre a un CLN comunale con funzioni di coordinamento: Borgo Fratti, Longastrino, Filo, Madonna del Bosco, Piazza, Destra Senio, via Passetto, via Saffi, Fiumazzo, Villa Pianta, Borgo Gallina, via Reale, via Raspona, Taglio Corelli, Borgo Caval­lotti, Anita, via Mazzini, via Borse. Cfr. L. Casali, A. Pa si, Zona 2. Documenti della Resi­stenza, Alfonsine, 1970, pp. 90-111 e A. ISR, Sezione E, busta 1, fascicoli 3-8, 10, 24-26, 32-36.54 Relazione della GP di Borgo Fratti, 3-9-45; A. ISR, materiale in corso di sistemazione.57 [Verbale della] Riunione regionale antimeridiana del 9 giugno 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI (Verbali), fascicolo h, foglio 4.58 Verbale riunione del 17 luglio 1945, ivi, fascicolo i, foglio 6.59 Partito comunista, socialista, repubblicano, d ’azione, della Democrazia cristiana, liberale e Movimento comunista libertario.

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Rimangono gli organismi di massa con voto consultivo. La Camera Confederale del lavoro e l ’ANPI avranno voto deliberativo sulle singole questioni che interessano direttamente detti organismi. La UDÌ e il C IF “ avranno voto deliberativo solo per questioni femminili61.

Il giorno successivo su Democrazia compariva un articolo del comunista Pirazzoli, rappresentante del Fronte della Gioventù nel comitato, articolo pronto in reda­zione già da alcune settimane “ , con il quale si sosteneva come fondamentale un ulteriore allargamento e potenziamento dei comitati, mentre la decisione del giorno prima li aveva ormai decapitati Erano i primi segni ben tangibili della rottura dell’unità d’azione, « l’antifascismo, la Resistenza, la guerra di libera­zione eran cose lontane, passate agli archivi » iniziavano le incarcerazioni dei partigiani to, nonostante le leggi frettolosamente predisposte 66 : lo stato liberale riprendeva il sopravvento. E il CLN ravennate non riusciva, ormai spaccato in due tronconi politici, che a formulare ordini del giorno di minoranza67. Nell’au­tunno il « vento del nord » cessava di essere impetuoso, se mai lo era stato, e non più « impermaliva tanto generali e burocrati di Roma e gentiluomini del sud » Gli ultimi atti, formalmente unitari, restarono un odg ed una mani-

60 II Centro italiano femminile si era costituito in Ravenna il 21 agosto 1945 con l’uscita dall’UDI di un gruppo di donne iscritte alla DC. Scopo dichiarato del C IF « quello di preparare, sulla base di principi religiosi e cattolici, la donna ai nuovi compiti sociali », Lettera del CIF di Ravenna al CLN provinciale, 21 agosto 1945, A. ISR, Sezione D, Car­tella IX (Commissioni), fascicolo 1, foglio 18.61 Accordo sulla composizione del Comitato di liberazione nazionale approvato dai segre­tari provinciali dei partiti della (sic) riunione del 7 settembre 1945, A. ISR, Sezione D, Car­tella XXVI (Verbali), fascicolo m, foglio 2.62 Testimonianza di Alberto Pirazzoli.63 « Da parte anche di partiti di massa, si cerca di fomentare polemiche più o meno deni- grative (sic) contro qualsiasi rappresentanza nei CLN degli organismi di massa, anzi, di più, alcuni vorrebbero sopprimere i Comitati stessi, inquanto (sic) dicono loro, ora, a liberazione avvenuta, non hanno più ragione di esistere, avendo risolto tutti i loro compiti. Noi comu­nisti diciamo invece: rafforziamo i CLN e rafforziamo la partecipazione ad essi di tutti gli organismi di massa », A. P irazzoli « I van », 1 Comitati di liberazione nazionale e la loro concreta missione, in Democrazia, a. I, n. 30, 8 settembre 1945. Nel numero successivo, l ’azionista Macchioro precisava che « i maggiori nemici dei CLN sono il PRI e l ’Uomo Qua­lunque » che volevano scioglierli, A. Macchioro, Funzioni e problemi della Costituente, ivi, n. 31, 15 settembre 1945.64 F. Parri, La caduta del Governo Farri, in L ’Astrolabio, a. X, n. 1, gennaio 1972, p. 61.65 II procuratore del Regno, G^sparro, « sta istruendo processi contro antifascisti per ese­cuzioni — avanti la Liberazione — di repubblichini bastonatoti, omicidi e spie, e sta spiccando mandati di cattura, come è avvenuto per quattro partigiani di Lugo, proprio questa setti­mana », Magistratura monarchico-fascista. Atteggiamenti del procuratore del Regno Gasparro, in Romagna proletaria, [a. I ] , n. 14, 31 ottobre 1945.66 Cfr. il D LL n. 194 del 12 aprile 1945, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 58 del 15 maggio 1945 (Non punibilità delle azioni di guerra dei Patrioti dell’Italia occupata) e il successivo D L n. 96 del 6 settembre 1946, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 212 del 19 settembre 1946 (Divieto di emissione di mandati e ordini di cattura o di arresto nei confronti dei partigiani o patrioti per l ’attività svolta nella lotta contro i nazifascisti).67 Cfr. Ordine del giorno di protesta di quattro Partiti del CLNP alla Magistratura di Ravenna, firmato da PCI, MCL, PSIUP, PdA e ANPI, in Democrazia, a. I, n. 40, 24 no­vembre 1945.68 F. Parri, op. cit., p. 57. « Il vento del nord arrivato a Roma diventava scirocco », F. P .[arri], L ’ultima fregatura, in L ’Astrolabio, a. X, n. 10-11, ottobre-novembre 1972, p. 64. Ma vedi anche G. C. Pajetta, Dalla liberazione alla repubblica. Le scelte del PCI fino al passaggio all’opposizione, in aa. vv., Problemi di storia del Partito comunista italiano, Roma, 1971, pp. 85 sgg. e G. Spataro, I democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano, 1968, pp. 300 sgg.

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festazione contro la caduta del governo Parri e contro le « mene reazionarie » di Roma, oltre un altro odg con il quale si chiedeva al nuovo governo, presie­duto dal democristiano De Gasperi, « che l’opera di epurazione fosse fatta senza ulteriori indugi e si procedesse con fermezza e decisione » 69 70. Proprio in quei giorni, a rendere ancora più pesante la frattura all’interno del CLN provinciale ravennate, il vescovo di Faenza e l ’arcivescovo di Ravenna con due pastorali prendevano pesantemente posizione nel dibattito politico, il primo « obbligando tutti i fedeli a votare per il Partito della Democrazia cristiana », il secondo ricor­dando come fosse « peccato grave » votare e dare la propria adesione ai par­titi « dell’anticristo » ™. E l ’azione divenne sempre più pesante e pressante (fino a culminare negli isterismi del 1948) quando, nelle elezioni amministrative del marzo 1946, i tre partiti della sinistra alleati (PCI, PSIUP e PdA) ottennero la maggioranza assoluta in tutti i comuni della provincia, compreso Faenza, da sempre « feudo » cattolico 7I. Ma ormai il dibattito politico era uscito dai CLN, nella cui funzione ormai nessuno più credeva veramente. Essi stavano sopravvi­vendo a se stessi, mentre il vero centro del dibattito era trasferito nell’attesa quasi messianica della Costituente. Già nell’agosto 1945 il convegno economico organizzato dal PCI a Roma aveva limitato le sue analisi volutamente e dichia­ratamente alle misure d’ordine immediato, rinunciando a priori a prospettive ed obiettivi su « tempi lunghi », la cui soluzione era appunto demandata alla Assemblea costituente72.

La crisi del CLN provinciale di Ravenna (databile certamente all’estate 1945 ed all’avvicinarsi della « normalità ») faceva in tal modo cadere o rinviare a tempo indefinito le proposte innovatrici che, anche da parte delle giunte, erano

69 Un ordine del giorno del CLNP, in Democrazia, a. II, n. 1, 4 gennaio 1946. Ma ormai, anche localmente, erano state « raccorciate le unghie », come scriveva Zavattero, e le inchieste si affossavano: « I signori Zaffi, Roncuzzi, Vicchi ringraziano il Sig. Procuratore del Re per essersi rifiutato di mettere sotto sequestro i loro beni, essendo stato richiesto ciò dal Delegato per l’avocazione dei beni per la punizione degli illeciti arricchimenti », Ringraziamento, in La Lente, n. 54, 7 novembre 1945. Per la situazione politica nazionale, di buon interesse E. P isc itelli, I governi De Gasperi fino al 18 aprile 1948, in « Quaderni » dell’Istituto Romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, n. 2, Roma, 1971, pp. 152-159.70 Un odg di protesta, firmato da tutti i partiti, tranne la DC, è in La Romagna proletaria, a. II, n. 7, 17 febbraio 1946. Vedi anche Votare per il Partito comunista è peccato grave?, ivi, n. 22, 26 maggio 1946.71 Cfr. i volantini della DC di Faenza rivolti ai contadini (aprile-maggio 1946) in Archivio Casali. Per quanto riguarda la Costituente, fu diffusa propaganda sia per la repubblica (cfr. il volantino indirizzato ai cattolici il 30 maggio 1946) che per la monarchia (cfr. Lettera agli amici del Re, s.n.t. [1946], pp. 28). Tuttavia il 31 maggio 1945 il CLN di Faenza si era dichiarato chiaramente per la repubblica: « Riaffermando il principio rivoluzionario scatu­rito dalla lotta clandestina [...] sente il dovere di riaffermarlo ad ogni costo contro ogni compromesso additando al Paese la inderogabile necessità della Costituente e l ’accantonamento della monarchia ». Tale ordine del giorno era firmato dai comunisti Mario Vigna e Costante Pirazzini, dai socialisti Guglielmo Guerrini e Sergio Samorè, dai repubblicani Antonio Piani e Peppino Biffi, dagli azionisti Armando De Jana e Beppe Guglielmini, dai democristiani Paolino dal Pane e Lino Liverani, oltre che da Fausto dal Pozzo (CGIL) e Luciano Bosi (Fronte della Gioventù), A. ISR, Sezione D, Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fasci­colo g, foglio 94.72 Cfr. Ricostruire. Resoconto del Convegno economico del PCI, Roma, 1945, pp. 303; vedi anche L. Casali, Il programma agrario del PCI durante la Resistenza, in Critica mar­xista, a. V i l i , n. 6, novembre-dicembre 1970, pp. 175-176. Di buon interesse anche Due

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State avviate ed avevano costituito i cardini della ricostruzione « rivoluzionaria » negli ultimi mesi del 1944.Dal punto di vista economico generale, le scelte di fondo erano state orientate sulla cooperazione e sul collettivismo agricolo. Centinaia di nuove cooperative spuntarono all’indomani della liberazione, mentre si « convenne che il 70 per cento dei lavori da eseguirsi [per la ricostruzione] avrebbero dovuto essere aggiudicati al movimento cooperativo » 73. Ma di particolare valore fu il lancio della cooperazione di consumo, che, nel prefascismo, aveva incontrato alcune difficoltà 74. In tale terreno, che aveva rappresentato un momento di scontro fra socialisti e repubblicani ed aveva allontanato pericolosamente dai socialisti i ceti medi cittadini, negozianti e commercianti, fu impegnato a fondo il CLN pro­vinciale.

Non erano tanto e soltanto i problemi della ricostruzione e della alimentazione (pur preoccupanti e non poco) a costituire i massimi interrogativi per le forze politiche antifasciste a Ravenna: le soluzioni a tali questioni contingenti stavano del resto nelle cose stesse, quasi nella prassi quotidiana. Ciò che preoccupava erano i problemi « di fondo » la cui soluzione (o impostazione di soluzione) avreb­be significato indirizzare la vita economico-politica della provincia per tutti gli anni futuri: il problema agrario, quello della organizzazione della produzione, delle vendite-distribuzione, ecc. Erano mancate precise direttive dalle « centrali » dei vari partiti in merito a specifiche soluzioni di tali problemi75. Se la soluzione cooperativistica poteva essere valida nell’agricoltura e nella trasformazione dei suoi prodotti, essa urtava irrimediabilmente contro l’intero ceto medio cittadino per quanto concerneva il problema della distribuzione dei prodotti e di una temuta eliminazione dell’artigianato in soluzioni egualmente cooperativistiche, che, se applicate, avrebbero causato una grave rottura nei rapporti fra i partiti di sinistra e tali categorie (che la Resistenza sembrava aver saldato), categorie che avrebbero trovato ancora una volta nel Partito repubblicano un appoggio incondizionato76. Non era possibile, si ammoniva, sovvertire, dare soluzioni « rivoluzionarie » locali a problemi che si legavano ad una struttura di mercato nazionale, a meno di costringere la provincia a forme autarchiche di gestione e direzione, non solo economiche, ma anche politiche. Gli stessi socialisti, che pure si presentavano come i massimi assertori della cooperazione generalizzata (non va dimenticato che la Federazione delle cooperative era diretta ancora, fino alla morte, da Nullo Baldini), si rendevano perfettamente conto di tutto ciò.

Le cooperative non si possono improvvisare da un giorno all’altro. Bisogna vagliarne le possibilità, i criteri, l ’impostazione e soprattutto bisogna distinguere fra categorie di lavoratori quando si tratti di entrare nel terreno della produttività, facendo singolare distinzione fra le

anni di lotta dei comunisti italiani. Relazione sull’attività del PCI dal 5° al 6° congresso, s.n.t. [1948], pp. 284.73 G. Geminiani, Storia e prospettiva del movimento cooperativo con particolare riferi­mento alla cooperazione ravennate, Ravenna, [1950], pp. 23 e 25.74 II 15 dicembre 1945 la cooperazione di consumo provinciale contava 40 organizzazioni associate con 16 mila soci, 80 punti di vendita e 75 mila clienti, Congresso provinciale delle Cooperative di consumo, in La Romagna proletaria, a. I, n. 21, 23 dicembre 1945.75 Cfr. L. Casali, Il programma agrario ecc., cit.76 Cfr. le osservazioni di P. Togliatti, op. cit., pp. 40-41.

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branche infinite e pericolose dell’artigianato. Sul terreno del consumo, non si può partire dal­l’assiomatico concetto della distruzione dell’iniziativa individualev.

Ma la pressione delle giunte popolari per una soluzione « democratica della di­stribuzione » fece decidere il CLN e lo scontro con i commercianti fu duro e determinò ben presto la rottura fra Partiti comunista e socialista e l ’Associazione provinciale di tale categoria75.

Resta comunque che la Federazione delle cooperative cercò di assumere, su indicazione del CLN provinciale, la direzione economica della provincia, per­dendo tuttavia, in questo terreno, la più importante battaglia: contro il Con­sorzio agrario ” , da tutti indicato come la parte più reazionaria dell’intera strut­tura, e contro la SEPRAL.

Il Consorzio Agrario — precisava la Lega provinciale dei Contadini —■ non si è minimamente curato di adattare il suo funzionamento all’attuale momento, creando con questo suo pro­cedere giustificato malcontento fra le masse agricole “ .

Già il 30 dicembre 1944 la segreteria del CLN provinciale aveva « espresso il parere » che il Consorzio agrario assegnasse « la gestione dei generi di consumo alimentari », forniti dagli Alleati, alla Federazione delle cooperative, « per eli­minare gli intermediari » “ . Sin dal 20 dicembre il Comitato provinciale sindacale e la Federazione delle cooperative avevano dato vita ad un Ente provinciale consumi « per risolvere [il problema] della distribuzione al pubblico dei generi di prima necessità » e il CLN vi aveva aderito il 10 gennaio 77 78 79 80 81 82 83, ponendo le basi per un sistema capillare di cooperative di consumo. Data la situazione caotica e fallimentare del Consorzio agrario 8ì, agli inizi del marzo 1945 il CLN provin-

77 Principii cooperativi, in La Romagna socialista. La voce del popolo, n.s., a. I l i , n. 4, 1° maggio 1945.78 « I liberi esercenti del forese indicano che il loro problema si identifica col fatto incre­scioso che [le] Cooperative di Consumo hanno ed esercitano la possibilità [...] di sottrarre ai liberi esercenti la clientela », lettera dell’Associazione commercianti al Prefetto, prot. 85/SO, 23 luglio 1945, in A. ISR, Sezione D, Cartella V (Commercio), fascicolo i, foglio 18, allegato I. E ancora: « si viene a creare un monopolio delle Cooperative a danno degli esercenti privati che rappresenta una violazione della libertà dei consumatori », lettera del­l ’Associazione (firmata Domenico Bissi) al CLN provinciale, prot. 714/SB, del 16 novembre 1945, A. ISR, ivi, fascicolo o, foglio 7.79 L. Casali, Il programma agrario ecc., cit., p. 176 e Ricostruire ecc., cit., p. 164.80 Relazione attività al 2 aprile 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella XIX (Rapporti infor­mativi), fascicolo f, foglio 5, allegato I. Nell’agosto successivo il CLN di Faenza riferiva: «Continuano a pervenire [...] lamentele sul funzionamento del Consorzio Agrario», lettera al CLN provinciale, prot. 1970/DJ, 2 agosto 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella XXV (Varie), fascicolo 1, foglio 8.81 Lettera del CLN provinciale Al Signor Commissario Gaudenzi Laudon, A. ISR, Sezione D, Cartella V II (Lettere ai commissari), fascicolo b, foglio 5. Il 16 precedente il Gaudenzi aveva fatto osservare che l’AMG «p er accordi presi [...] col Ministero Italiano competente» aveva affidato al Consorzio « le operazioni di ritiro, magazzinaggio e consegna di tutte le merci di importazione », ivi, allegato V al foglio 5.87 Cfr. la lettera s.d. (ma del 20 dicembre 1944) della Federazione e del Comitato sinda­cale e il volantino a stampa del 10 gennaio, in A. iSR , Sezione D, rispettivamente Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fascicolo b, foglio 6 e Cartella III (Alimentazione), fascicolo h, foglio 1, allegato I. Vedi anche la lettera della Federazione delle cooperative al CLN provin­ciale, prot. AM/gb, del 27 dicembre 1944, dove si affermava che si erano già aperti spacci di vendita « in aderenza alle direttive del Superiore Comando Alleato », A. ISR, Sezione D, Cartella V i l i (Relazioni dei commissari), fascicolo b, foglio 13.83 Cfr. la relazione del commissario Gaudenzi dell’8 febbraio 1945: «Credo di non esa-

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ciale disponeva che la vendita dei prodotti di importazione fosse affidata esclu­sivamente alle cooperative e, in relazione all’accordo esistente fra AMG e Feder- consorzi, il CLN ravennate lo denunciava per la provincia sostenendo che esso non poteva sottrarre alla sua competenza la soluzione del problema M, assumen­dosi in tal modo la responsabilità di rompere le precise e ripetute disposizioni alleate per applicare nel concreto e fino in fondo una propria scelta, fino a quel momento unitaria ed unanime. La risposta delle autorità alleate attendeva la fine dell’offensiva militare di primavera, ma giungeva colpendo il CLN nelle sue iniziative che più interessavano la popolazione ravennate: la revisione dei contratti agrari. E se i rapporti fra AMG e CLN avevano conosciuto momenti di relativa tranquillità, dal giugno divennero tempestosi. Il 24 giugno il com­missario provinciale aggiunto Burbury replicava seccamente in termini pesanti alle richieste del comitato di revisionare il contratto fascista di mezzadria ma ancora più pesante (relativa implicitamente a tutta la serie di interventi del CLN) e con toni di non velata minaccia era la risposta del comando regionale, da cui traspariva chiarissima l’intenzione anglo-americana di non permettere il minimo esperimento che rischiasse di intaccare le strutture portanti dell’econo­mia italiana:

Le interferenze [...] da parte di organismi senza autorità e anche sconsigliati costituiscono una minaccia contro l’intera vita del popolo italiano. I Comitati di liberazione nazionale hanno invero interferito [...] L ’Ufficiale in capo all’Agricoltura del Governo Militare Alleato dichiara che nessuna interferenza di nessuna specie con gli ordini e i piani agricoli sarà tolle­rata dal Compartimento dell’Emilia e che se una qualsiasi di tali interferenze si verificasse in avvenire, il Comune responsabile di tali interferenze perderà qualsiasi assegnazione di rifor­nimenti agricoli alleati, i quali invece verranno deviati in Comuni o in Provincie che dimo­strino un maggior senso di responsabilità verso il popolo italiano e dove questi rifornimenti saranno più vantaggiosamente utilizzati in comunità meglio disciplinate [...] Una o due decise lezioni potranno ricondurre all’ordine meglio di tante parole84.

Era un blocco notevole a tutte le iniziative (« interferenze ») che il CLN di Ravenna andava prendendo nel campo agricolo e nel campo della distribuzione dei prodotti alimentari. Cadeva in tal modo l’Ente provinciale consumi, mentre la presa di posizione alleata favoriva quella rottura già esistente in seno al CLN provinciale (come abbiamo visto). Nello stesso periodo venivano a cadere altre due proposte di fondo che il CLN, unitariamente, aveva avanzato nei primi mesi successivi alla liberazione e di cui le giunte avevano iniziato la pratica attuazione. La prima, che invitava a costituire in cooperative gli affittuari dei terreni in proprietà ai comuni ed enti pubblici, per « eliminare lo sfruttamento di lavora­tori da parte della comunità », avrebbe trovato pratica attuazione solo a partire

gerare se affermo che il Consorzio Agrario sta attraversando il periodo più difficile di tutto il suo cinquantenario dì vita: sto per dire che la sua stessa esistenza è messa in pericolo », A. ISR, Sezione D, Cartella V i l i (Relazioni dei commissari), fascicolo d, foglio 6.84 Lettera del CLN provinciale al commissario del Consorzio ed alla Federazione delle coo­perative, prot. LC/35, s.d. (ma 6-7 marzo 1945), A. ISR, Sezione D, Cartella V II (Lettere ai commissari), fascicolo e, foglio 4.85 II testo della lettera è edito in L. Casali, Il programma agrario ecc., cit., p. 177; per tutta la vicenda e le lotte per il rinnovo dei contratti, rinviamo al nostro Per uno studio delle lotte contadine ecc., cit.84 Lettera dello Headquarters Emilia Region, prot. APO/394, 7 giugno 1945, trasmessa in copia al CLN di Ravenna dal Prefetto il 12 giugno con prot. Gab/481, A. ISR, Sezione D, Cartella II I (Alimentazione), fascicolo h, foglio 2, allegato I.

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dal 1970"; la seconda, tesa a far sì che « le macchine [trebbiatrici] padronali e quelle private [...] fossero passate alle Cooperative agricole [...] in conside­razione che prima del fascismo nessuna trebbiatrice era gestita da privati », sarà tranquillamente lasciata cadere di fronte alle difficoltà frapposte dal prefetto

Avvenimenti di tal fatta e la latente, ma chiara, crisi dell’organizzazione cielle- nistica, facevano dichiarare a « Nando » Verdelli, dalla tribuna del V congresso provinciale del PCI, che i sogni, comuni a tutti il giorno della liberazione, sta­vano rapidamente tramontando:

Bisognerebbe cominciare ad epurare il Comandante dei Carabinieri che [...] era un giudice del Tribunale Speciale di Parma

mentre il socialista Giuseppe Gambi, un mese più tardi, avvertiva come fosse inutile soffocare « movimenti e problemi che si ripresentano e si impongono » 87 88 89 90.

Gian Carlo Pajetta aveva sottolineato, nella sua relazione al congresso comunista, le « novità » che si stavano sviluppando a Ravenna, soprattutto nel settore agricolo, sotto la spinta del suo partito e con l’approvazione più o meno tacita dell’intero arco dei partiti antifascisti. « L ’esperimento più nuovo ed ardito » era quello del collettivismo ed esso doveva « essere conosciuto da tutti i paesi, da tutti i contadini », perché in esso erano poste « le linee della riforma agraria » 91.

Tale sistema di conduzione, iniziatosi in piena occupazione nazista92, aveva due forme di attuazione: 1. collettivo di produzione e multipla, la forma più dif­fusa: « tutte le colture vengono messe in collettivo e squadre di braccianti coi relativi capi squadra conducono il lavoro nelle aziende »; 2. collettivo inte­grale: « si identifica col sindacato, assorbendo tutti i terreni disponibili e tutti i braccianti iscritti o no alla Lega » 93 94.

Sorto spontaneamente, il collettivo, liberamente adattato in seguito alle notizie pervenute a proposito dei colcos sovietici ", venne ben presto assunto fra le

87 Lettera della giunta popolare di Savio al sindaco di Ravenna del 26 febbraio 1945, A. ISR, Sezione D, Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fascicolo d, foglio 73.88 Lettera del CLN provinciale al prefetto, prot. PPP/70, 24 maggio 1945, A. ISR, Se­zione D, Cartella XV III {Prefetti), fascicolo g, foglio 7.89 Discorso di chiusura del Congresso provinciale, cit.90 G. G ambi, Travaglio di popolo, in La Romagna Socialista, a. XXV, n. 10, 24 novembre 1945. Particolarmente complessa fu la sistemazione (in un primo tempo si era deciso lo scioglimento) della importantissima Cooperativa muratori e cementisti (CMC), nella quale la gestione fascista aveva completamente fatto saltare la struttura originaria, tanto che, di fronte ad appena 400 soci, erano 1.300 i dipendenti. Il discorso, non facile per la evidente posizione privilegiata assunta dai soci, fu appena iniziato dal CLN e portato a compimento, attraverso molte difficoltà, solo nel 1950. Cfr. Lotta per la democratizzazione della coopera­tiva muratori, in Quaderno dell’attivista, n. 11, 15 marzo 1950, p. 27. Alcune notizie anche in G. G ordini, Ancora i vecchi statuti, in Romagna proletaria, [a. I ] , n. 13, 24 ottobre 1945.91 La relazione di G. C. Pajetta è edita in Romagna proletaria, [a. I ] , n. 13, 24 ottobre 1945.92 C., Il Collettivo Agricolo di Conselice, in Romagna proletaria, [a. I ] , n. 8, 13 settem­bre 1945.93 L. Modoni, Quattro anni di lotta dei lavoratori agricoli della Provincia di Ravenna: 1941-1948, Ravenna, [1948?], p. 40. Il periodico della federazione comunista pubblicò gli statuti di alcuni di tali collettivi: Lo Statuto del Collettivo Agricolo di Fusignano, in La Romagna proletaria, a. I, n. 22, 30 dicembre 1945 e Lo Statuto del « collettivo » redatto per i lavoratori di Lavezzola, ivi, a. II. n. 5, 3 febbraio 1946.94 Molto diffusi nel Ravennate alcuni opuscoli su tali argomenti, sia stampati a livello

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iniziative prioritarie delle giunte popolari della Bassa, specialmente nei comuni di Alfonsine, Conselice, Ravenna e Lugo 95. L ’organizzazione sindacale ne rifiutò nei primi tempi la paternità56 e fu solo la corrente comunista, in seno all’orga­nizzazione bracciantile, di fronte alla imponenza del fenomeno (nel novembre 1945 erano circa 15 mila gli ettari gestiti a collettivo), che ne sollecitò il rico­noscimento ufficiale ” .

Immediata e netta la reazione degli agrari (non incisiva quella del CLN provin­ciale) che vedevano chiaramente come la creazione dei collettivi impediva la trattativa individuale, rafforzando, con l’unione, la forza contrattuale dei brac­cianti98. Molto chiaramente, nel 1948, Luciano Romagnoli sintetizzava la vali­dità dell’esperimento:

Il collettivo rompe la soggezione, il vincolo che teneva legato e sottomesso il compartecipante individuale quando costui aveva da trattare col proprietario [...] Dove c’è il collettivo, il padrone non è più libero dì disporre dell’orientamento colturale, non è più libero di disporre dell’azienda come vuole [...] Andate nei collettivi ravennati: troverete decine e decine di giovani, di giovanissimi, di adulti che prima erano braccianti senza nessuna specializzazione e oggi sono mano d ’opera qualificata, oggi sono dei dirigenti d ’azienda [...] Il collettivo costi­tuisce un grande trampolino di lancio verso nuove forme di gestione [...] crea le basi per fare passi in avanti verso la cooperazione, verso la gestione diretta dell’impresa agricola da parte dei contadini5’ .

La validità della sperimentazione ravennate era tanto maggiore in quanto avve­niva di fronte alla mancanza di indicazioni precise da parte di organismi nazio­nali che, al limite, sostenevano, un po’ genericamente, l ’istituto della coopera­zione agricola 100 o una « revisione dei contratti agrari » onde si favorisse una riduzione delle « sperequazioni » causate dal contratto di mezzadria101.

Molto più organico appariva invece l’intervento del CLN provinciale di Ravenna che, oltre a sostenere il collettivismo, portava la sua azione direttamente nel settore agricolo, promulgando il 1° marzo 1945 un « lodo » che raccoglieva e razionalizzava le numerose proposte avanzate da più parti per una revisione dei

nazionale che editi localmente. Ad es.: R. Montagnana, Cosa sono i colcos?, Roma, 1945 e P. Cot, I colcos. Le aziende agricole collettive in Russia, Ravenna, [1945]. Cfr. anche L. Casali, Il programma agrario del PCI ecc., cit., pp. 172-174.95 L. Modoni, op. cit., p. 40.56 « Da parte nostra nessun ordine è stato dato, in quanto trattasi di decisioni localiprese da Enti del luogo in accordo con le giunte popolari e i Comitati di liberazione nazio­nale », lettera della Camera confederale del lavoro di Ravenna, prot. 922, 28 maggio 1945, firmata Antonio Mascarponi, Alla Associazione degli Agricoltori, A. ISR, Sezione D, Car­tella XII (Corrispondenza varia in arrivo), fascicolo g, foglio 63.97 L. Fuschini, Lavoro collettivo nell’agricoltura, in Romagna proletaria, [a. I ] , n. 17, 23 novembre 1945: « L e organizzazioni sindacali [...] sarebbe bene [...] ne diventassero i centri propulsori ». Nel 1948 gli ettari gestiti in collettivo erano ridotti a 7.574 (L. Modoni, op. cit., p. 4Ò).98 Ibid., pp. 41-42.99 L. Romagnoli, Contratti, lavoro, collocamento e liquidazione del latifondo, intervento svolto il 26 gennaio 1948 al I congresso (costitutivo) nazionale della Federbraccianti; ora edito in L. Romagnoli, Scritti e discorsi, Roma, s.d., pp. 54-55.100 Cfr. l’intervento di Emilio Sereni al convegno economico del PCI, in Ricostruire ecc., cit., pp. 119-120.101 Guide alla Costituente. 5: Il problema agrario, a cura di G. G. D ell ’angelo, Roma, 1946, p. 11.

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patti e contratti esistenti in provincia e risalenti al regime fascistam. Dopo lunghe discussioni, ampiamente documentate dal verbale della seduta del CLN del 21 febbraio 1945 102 103 *, il 1° marzo la Camera confederale del lavoro di Ravenna diffondeva in copie dattiloscritte e ciclostilate le Disposizioni del Comitato di liberazione nazionale di Ravenna IM. Era l ’inizio di una lunga lotta nelle campa­gne del Ravennate che doveva concludersi ben oltre lo scioglimento del CLN e delle giunte popolariI05 106, in quanto l ’Agraria, con l’appoggio immediato del governatore inglese (come abbiamo visto) sosteneva a più riprese « che non poteva comunque essere accolta od ammessa alcuna richiesta di modificazione dei patti » m.

Le difficoltà di risoluzione di tutti i più grossi problemi che via via si affaccia­vano alla ribalta della politica ravennate, mostrava ai più attenti osservatori la crisi di credibilità e di autorità del CLN provinciale all’inizio dell’estate 1945. I suoi interventi non solo non trovavano l’obbedienza che qualche mese prima sembrava indiscutibile, ma venivano criticati e boicottati. Già alcuni dei partiti politici si rendevano perfettamente conto che il periodo « rivoluzionario » era definitivamente tramontato e che ormai si trattava soltanto di far trascorrere pochi mesi per ritornare alla normalità legislativa, repubblicana o monarchica che fosse poco contava.

È certo vero che, durante la lotta antifascista, il potere non era mai passato completamente nelle mani della Resistenza 107, ma quelle forze di partecipazione e democrazia che si erano create nel corso della lotta, non solo nel Ravennate, non ebbero spazio e potere sufficienti da parte dei partiti politici. Emblematica è appunto la vicenda delle giunte popolari: « su questi punti bisognava svilup­pare e mantenere vivo un largo e coordinato movimento di massa che fosse ap­punto di salvaguardia e di appoggio di quelle conquiste che significavano garanzia di tutto il processo democratico che si era aperto con l’immissione delle masse popolari sulla scena politica del Paese » 108.

Potrebbe, oggi, essere fin troppo facile discutere gli « errori » del CLN raven­nate o parlare delle giunte come di « una occasione mancata ». Nel rapido quadro

102 II Capitolato generale per la conduzione a mezzadria dei fondi rustici era del 20 marzo 1934, il Contratto per la compartecipazione del 16 giugno e 4 ottobre 1932; cfr. la lettera dell’Associazione degli agricoltori al prefetto di Ravenna del 16 giugno 1945, prot. 240 G A /G S, A. ISR, Sezione D, Cartella II (Rivendicazioni), fascicolo h, foglio 5. Fra le modi­fiche proposte furono fondamentali quelle del CLN di Alfonsine del settembre 1944 (A. ISR, Sezione A, Cartella IV, fascicolo b, foglio 1) e quelle dei braccianti e mezzadri delle Ville Unite del 21 settembre 1944, A. ISR, Sezione D, Cartella XI (Comitati e sottocomitati), fascicolo a, foglio 1. Alcune notizie anche nell’intervento di Luigi Arbizzani al convegno di studi promosso dall’Unione regionale delle province toscane, dalla Provincia di Firenze e dall’Istituto storico per la Resistenza in Toscana, edito in La Toscana nel regime fascista (1922-1939), Firenze, 1971, II , p. 456.103 A. ISR, Sezione D, Cartella XXVI (Verbali), fascicolo d, foglio 11.1M A. ISR, Sezione D, Cartella II (Rivendicazioni), fascicolo e, foglio 1; parziàlmente edito in L. Modoni, op. cit., p. 51.105 L. Casali, Per uno studio delle lotte contadine ecc., cit.106 Lettera dell’Associazione al CLN, 7 giugno 1945, prot. 184, A. ISR, Sezione D, Car­tella II (Rivendicazioni), fascicolo h, foglio 3.107 D. Visani, La Resistenza oggi, in L. Casali, Antifascismo e Resistenza, cit., p. 39.108 Ibid., pp. 40-41.

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che abbiamo tracciato (e sarebbe possibile completarlo analizzando gli interventi negli altri settori della vita politica ed economica), appare evidente, quale com­ponente di fondo, la mancanza di volontà, da parte di alcuni partiti del raggrup­pamento antifascista, di portare fino in fondo le premesse della lotta, anche in sede locale. Ma appare contemporaneamente una profonda incertezza, anche da parte delle organizzazioni più avanzate, sui fini ultimi della propria azione (quanto maggiore la vivacità e l’iniziativa degli organi decentrati!), ed un rinvio — sempre più frequente ed assoluto — alla Costituente per ogni soluzione, quasi fosse un ente miracolistico che tutto potesse sanare 1W.

Sfiducia, quindi, indirettamente, nello stesso decentramento che pure si era sostenuto, ma che continuava a funzionare veramente solo nell’Alfonsinese, mentre altrove o si trasformava in appendice amministrativa del comune (Ra­venna, Faenza, Russi), o eliminava rapidamente gli organi più periferici, accen­trando il potere decisionale, come a Lugo Sottovalutazione ed incomprensione, in parte, della nuova situazione; forse anche incapacità di gestire politicamente quel poco di potere che una situazione particolare aveva fatto concedere da parte del comando dell’V III armata inglese.

Restarono tuttavia valide in qualche modo — e qui sarebbe necessario appro­fondire lo studio per i decenni successivi — la sperimentazione e le indicazioni del decentramento. Le lotte sociali e politiche degli anni successivi sembrano dimostrarlo ampiamente, come sembra dimostrarlo una mai cancellata « volontà di base » di partecipare e gestire, che costituisce una caratteristica essenziale del Ravennate, ancora oggi. Certo la « autonomia periferica », seppure per così breve tempo concessa pienamente, aveva fatto « maturare una nuova coscienza politica delle masse », come auspicava Benigno Zaccagnini agli inizi del 1945 m.

Non riteniamo, ad ogni modo, possibile, con la documentazione oggi disponibile, trarre conclusioni definitive, sia perché giudichiamo necessario verificare in ma­niera più completa la realtà e l’incisività di azione delle giunte nelle 'singole loca­lità; sia soprattutto di fronte all’esigenza di « controllare » su tempi più lunghi la vita sociale e politica del Ravennate. Non si può quindi parlare in maniera definitiva né di fallimento dell’esperienza, né vogliamo sopravvalutarne apriori­sticamente le conseguenze. Resta tuttavia il suggerimento, in qualche modo lan­ciato, di valorizzazione della partecipazione « di base »; un tentativo ancora una volta non perfetto (ma più completo di quello delle « repubbliche » parti- giane) di applicazione delle indicazioni di massima che erano state alla base della democrazia resistenziale ”2. Si potrebbe in qualche modo affermare che il 109 110 111 112

109 Gli stessi anarchici ravennati, assorbendo l’atmosfera generale del momento, scrivevano essere la Costituente «u n a assemblea rivoluzionaria [...] dove si gettano le basi di un nuovo regime », [D. Zavattero], Anarchia e Costituente, cit.110 « Il CLN di Lugo minaccia di accentrarsi, di sopraelevarsi sulla grande massa, di buro­cratizzarsi per così dire », EFFE, Le Giunte Popolari sono scomparse a Lugo. Perché?, in Democrazia, a. I, n. 27, 18 agosto 1945.111 B. Z .[accagnini], op. cit.112 « I nuovi istituti di governo [...dovranno] appoggiarsi alle libere e spontanee organizza­zioni di popolo », Costruire la democrazia, in Bollettino quotidiano di informazioni, n. 13, Domodossola 7 ottobre 1944; ora in D. T arizzo, Come scriveva la Resistenza. Filologia della stampa clandestina 1543-45, Firenze, 1969, p. 231.

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« fallimento » (ma non siamo d’accordo con questo termine) era in nuce nella Resistenza stessa, ma la lotta antifascista fu portatrice di valori e concezioni nuove e comunque tali da incidere profondamente sulle strutture tradizionali. Un « messaggio » che non si potè o volle raccogliere compiutamente, ma che resta "3.Il Partito d’azione, alla fine del 1944, scriveva che il CLN ed i suoi uomini erano giunti quasi impreparati ai nuovi compiti del potere che si stavano con­quistando e sarebbero stati solo gli anni successivi alla liberazione che avreb­bero incitato ad « inventare la democrazia »

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Appendice

La Circolare n. 7, che dettò le norme organizzative per le giunte popolari, ebbe una non facile gestazione e fu oggetto di lunghe discussioni tra le forze politiche componenti il CLN provinciale. Presentiamo a confronto il testo originale preparato dalla segreteria del CLN e quello definitivo, con­cordato dopo una serie di incontri di cui tuttavia non restano tracce verba­lizzate.

COMITATO D I LIBERAZIONE NAZIONALE

PROVINCIA D I RAVENNA prot. CS. 104 19 febbraio 1945

COMITATO D I LIBERAZIONE NAZIONALE

Circolare n. 7 lì 25 febbraio 1945

A tutte le Giunte Popolari o C. di L.N. dipendenti e p.c.Al Comando della 28a Brigata « Mario Gordini »A tutti i Partiti politici del C. di L.N.All’UDI - Al F.D.G. - All’ANPI - Alla Lega dei Contadini - Alla Camera del Lavoro - Ai Sindaci dei comuni della provincia

Oggetto: OrganizzazioneA causa della situazione militare della Provincia che impedisce un collega­mento regolare tra il centro e la periferia, mancando inoltre finora un 113 114

113 Cfr. a tale proposito G. Castelli Avolio, I Democratici Cristiani. Chi sono e che vogliono, Roma, 1945, pp. 172 (ben diverse le più recenti annotazioni in D emocrazia Cri­stiana, L ’ordinamento regionale e le autonomie locali nella Costituzione repubblicana, Roma, 1964, pp. 31); P. T ogliatti, Per una Costituzione democratica e progressiva, discorso tenuto alla Assemblea Costituente T U marzo 1947; ora in P. T ogliatti, Discorsi alla Co­stituente, Roma, 1958, pp. 9 sgg.; E. T ortoreto, La politica di Riccardo Lombardi dal 1944 al 1949, Genova, 1972, pp. 69.114 « Il CLN non ha ancora pensato a determinare con una serie di ordinanze d’emergenza i compiti fondamentali politici ed amministrativi [...] Ha pensato che tali compiti erano già fissati dalla struttura tradizionale dello Stato italiano e che si trattasse solo di scegliere degli antifascisti al posto dei fascisti », Lettera aperta del Partito d’azione a tutti i partiti aderenti al Comitato di liberazione nazionale, in L ’Italia Libera, a. II , n. 17, 30 novembre 1944; ora in E. Aga Ro ssi, Il Movimento repubblicano, Giustizia e Libertà e il Partito d’Azio­ne, Bologna, 1969, p. 233. Di parere diverso è G. Amendola, Mito e realtà della liberazione, in La Resistenza in Lombardia, Milano, 1965, pp. 233 sgg. Più genericamente Eugenio Scal­fari (L ’autunno della Repubblica. La mappa del potere in Italia, Milano, 1969, p. 19) sostiene che «affinché nascesse [...] una spinta politica [...capace di] trasformare le strut­ture del sistema, sarebbe stata necessaria la presenza di condizioni sociali ed economiche ben diverse da quelle esistenti ».

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documento ufficiale del C. di L.N. Provinciale, il quale fissi sia i compiti che la struttura interna dei C.L.N. o Giunte Popolari, si verificano in varie zone incertezze tanto nella formazione che nell’attività delle Giunte Popolari. Per ovviare a tali incertezze che talvolta compromettono alla base la soli­dità dei Comitati questo Comitato prov. ha emesso alcune norme fonda- mentali sulla Organizzazione e sui compiti dei C.d.L.N. fidando che ciò possa chiarire inequivocabilmente qualsiasi errata interpretazione.I) I Comitati dì L.N. e le Giunte Popolari sono la stessa cosa. Questa seconda denominazione si aggiunge a quella di C.d.L.N. poco tempo prima della liberazione, allorché furono ammessi quali membri, oltre ai rappre­sentanti dei partiti, anche i rappresentanti delle principali organizzazioni di massa (Partigiani, Donne, Giovani,

Contadini, ecc.). Contadini).I Comitati di L.N. che avevano II Comitato di L.N. che aveva

guidato la parte migliore delle masse alla lotta in tutti i campi contro l ’invasore ed i traditori della Patria

non potevano esaurire i loro non poteva esaurire i suoi

compiti all’atto della liberazione.Essi erano già divenuti veri organi di Governo, guadagnandosi durante la lotta un ascendente presso le masse le quali, al momento della liberazione attendevano ancora da quei Comitati l ’indirizzo e la guida non solo nel campo della guerra di liberazione, ma anche nel compito gravoso della rico­struzione. Tale compito di Governo non altri potevano assumersi in momenti di tempesta, che quegli stessi organismi che la massa era disposta volonta­riamente a seguire. Queste organizzazioni sono appunto le Giunte popolari, le quali non sono altro che i vecchi

Comitati di Liberazione arricchiti C.d.L. arricchiti dall’esperienza delle esperienze

di nuovi elementi, i quali, per le categorie che rappresentano, possono dare un’opera veramente fattiva e pratica alla soluzione dei problemi tanto della lotta che della ricostruzione.È inoltre da notare che le categorie rappresentate (Partigiani, Donne, Giovani, Contadini) sono appunto quelle che oltre alle organizzazioni politiche di par­tito, maggiormente hanno contribuito alla lotta di liberazione.

II) Presso i Comitati di Liberazio­ne Naz.le o Giunte Popolari tro­vano i loro rappresentanti i se­guenti partiti, ove questi esistono, e le seguenti organizzazioni di massa:

II) Presso i C.d.L.N. le Giunte P. hanno i loro rappresentanti nei seguenti P. e nelle seguenti orga­nizzazioni di massa:

Partito Anarchico

Partito Socialista » Comunista » Democristiano » Liberale » d’Azione

Partito Anarchico (Sindacalista)

» Repubblicano PartigianiFronte della Gioventù

Unione delle Donne d ’Italia Lega dei Contadini

I Partiti potranno avere uno o due rappresentanti, ognuno a se­conda delle necessità. Quando esi­sta un solo rappresentante per

Unione Donne Italiane Lega Contadini Lega dei Braccianti I Partiti debbono avere due rap­presentanti.

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ogni partito deve esistere anche un sostituto nel caso che il primo sia assente.

Tutti i rappresentanti sono pre­senti con parità di diritto.

Il Comitato deve riunirsi al com­pleto almeno due volte alla setti­mana per discutere le questioni all’ordine del giorno.

Ogni Comitato si eleggerà un Se­gretario ed una Segreteria di 3 o 5 membri compreso il Segretario, ai quali è devoluta la preparazione e lo studio degli ordini del giorno ed il disbrigo burocratico delle pratiche discusse in seno al Comi­tato.

Tutti i rappresentanti sono pre­senti con parità di voto e di di­ritti.

Il Comitato deve riunirsi al com­pleto almeno una volta la setti­mana per discutere le questioni all’ordine del giorno e di tutte le riunioni deve essere redatto un verbale che verrà conservato dalla segreteria.

Ogni Comitato si eleggerà un se­gretario ed una segreteria di 3 membri compreso il segretario, ai quali è devoluta la preparazione e lo studio degli ordini del giorno ed il disbrigo delle pratiche discus­se in seno al Comitato.

Ogni segreteria deve essere fornita d ’un Ufficio nel quale deve essere sempre presente, con regolare orario d’ufficio, almeno un membro della segreteria. Non possono far parte delle Giunte Popolari o C.L.N. rappresentanti che siano stati compromessi col fascismo o che non godano comunque fama di buoni cittadini.I l l ) I Comitati di L.N. o Giunte Popolari sono nettamente diversi dalle Giunte Comunali (Municipali).In quelle località (Ravenna-Cervia-Faenza ecc.) che sono capoluogo di comune si è verificata la necessità di riformare le vecchie Giunte Municipali o Co­munali. È avvenuto, come era da prevedersi, specialmente nei piccoli centri, che quelle stesse persone, le quali erano state indicate dalla fiducia pubblica a far parte dei C.d.L.N., fossero anche chiamati a far parte della Giunta Municipale. Ciò ha fatto pensare a parecchi che Giunta Municipale e Giunta Popolare fossero la stessa cosa, mentre questi erano organismi distinti con funzioni nettamente differenti.Le Giunte Popolari sono organi prettamente politici di iniziativa, di propa­ganda, di controllo; le Giunte Municipali o Comunali sono invece organi prettamente amministrativi con compiti delimitati dall’ordinamento comu­nale. Quindi i membri delle Giunte Popolari possono far parte come indi­vidui delle Giunte Municipali, ma solo come individui, i quali, nell’ambito della Giunta Municipale, discuteranno e risolveranno i problemi relativi alla amministrazione comunale, mentre in seno alla Giunta Popolare (o C.L.N.) discuteranno e risolveranno i problemi veri e propri del C.L.N.

È importante rilevare, perché non ne nasca ancora confusione, che sono state create anche delle cosid­dette Giunte Popolari Comunali (vedi Giunte Popolari Comunali di V. 1, V. 2, V. 3); queste han­no preso il nome di Comunali sol­tanto perché raggruppano sotto il loro controllo diverse Giunte Po­polari di frazione e formano in tal modo un legame fra le Giunte Popolari di frazione ed il Comita­to di L.N. Prov.le.Queste Giunte Popolari (Comuna­li) sono perciò dei puri e sem­plici C.L.N. e non sono mai da confondersi con le Giunte Munici­pali (o Comunali). Per concludere

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diremo che mentre le Giunte Mu­nicipali sono parte interessata del­l ’Amministrazione comunale ed i loro compiti si esauriscono nel­l ’ambito di questa, le Giunte Po­polari (o C.L.N.) invece nei loro compiti politici, a carattere nazio­nale, hanno fra di loro uno stretto collegamento che va gerarchica­mente dal C.L.N. Centrale a quel­lo regionale, da quello regionale a quello Prov.le e da quello Prov.le alle Giunte Popolari Comunali a quelle di Frazione, alle Sottogiun­te...

Nell’ambito della Provincia il Comitato di L.N. Prov. — e solo esso — ha il compito di organizzare, dirigere e illuminare le Giunte Popolari o

C.L.N. dipendenti. Lo seguiranno gerarchicamente

le Giunte Popolari di Zona le quali avranno il compito di indirizzare tutte le le Giunte Popolari di Frazione dipendenti

e di essere sicuro legame fra que- che a loro volta avranno sotto la ste e il C.L.N. Prov.le. loro giurisdizione le sottogiunte o

giunte di villaggio.

IV) I compiti dei C.L.N. (o Giunte Popolari) sono predamene compiti politici di iniziativa, di controllo e di propaganda.a) I Comitati sono i fautori della lotta di liberazione e perciò hanno tut­tora come attività principale quella di convogliare tutte le forze vive del paese verso la guerra di liberazione; quindi saranno essi che terranno viva con ogni mezzo la volontà di lotta del popolo e la sua adesione morale e materiale alla guerra di liberazione. Appoggeranno perciò con tutta la loro forza il movimento Partigiano e favoriranno con ogni mezzo a loro disposi­zione la creazione del nuovo Esercito Italiano, creando attorno ad esso un’ardente atmosfera di volontarismo e fomentando nell’intera massa movi­mento di simpatia verso tutti i reparti combattenti per la libertà e l ’indi­pendenza della Patria.b) I Comitati di liberazione sono altresì, oggi più che mai, i fautori di rinnovamento morale della nazione e devono perciò sentire sempre pre­sente la necessità dell’Epurazione di tutti i quadri amministrativi e politici.

Primo e necessario passo per la difesa di quella libertà democra­tica, per il cui raggiungimento da tempo combattiamo.

Essi devono essere i principali coadiuvatori di quegli organismi giudiziari (alto commissariato per l’Epurazione - Commissione d ’inchiesta, ecc.) e accogliendo documentazioni, fatti, notizie che possono rendere più facile e più sollecita questa sana opera di pulizia.

Naturalmente le Giunte Pop. han­no solo compiti d ’inchiesta e cioè non potranno procedere diretta- mente a nessuna sospensione ma dovranno inviare gli elementi rac­colti a carico di fascisti e collabo­razionisti da sospendere alla Com­missione Provinciale di Epurazio­ne che è la sola competente per ordinare sospensioni nell’ambito di tutta la provincia.

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Sono essi che devono far sentire a tutta la massa la necessità dell’epurazione, in modo che tutta la massa partecipi attivamente alla ricerca e all’individua­zione dei responsabili della grave tragedia che ha colpito l’Italia,c) I Comitati di Lib. o Giunte Pop. sono altresì nel campo della ricostru­zione gli organi politici maggiori di propaganda di iniziativa e di controllo. Non v’è settore della ricostruzione che non interessi la loro attività. Sono essi che devono indirizzare verso la ricostruzione l’animo e l ’opera dell’in­tera popolazione con un’attiva opera di propaganda; sono essi che si fanno fautori delle iniziative più ardite e le indicano agli Enti che possono a que­ste interessarsi e, nel caso che gli Enti manchino o siano insufficienti

ne favoriscono la creazione di ne favoriscono la creazione e lo svi-nuovi. luppo.

Sono infine essi che, ove non siano sufficienti le istituzioni pubbliche e pri­vate o comunque queste non aderiscano alle necessità della massa

si sobbarcano nelle loro stesse prendono nelle loro stesse manimani del peso e delle il peso e le

responsabilità di queste pur di non permettere che nulla sia fatto per l ’orga­nizzazione della vita pubblica e che intere popolazioni per incuria di pochi0 per altra causa contingente siano lasciate senza cura di governo e senza alcuna provvidenza civile.1 Comitati di Liberazione (o Giunte Pop.) esercitano una oculata attività di controllo su tutte le branche della vita Nazionale: proponendo e correg­gendo là dove si manchi, denunziando e colpendo politicamente laddove nel­l ’errore si persista.

C o n c l u d e n d orisulta chiaro che i compiti di governo affidati alle Giunte Popolari o C.d.L.N. sono molteplici, talvolta gravosi, talvolta quasi impossibili da assol­versi con i mezzi che sono a disposizione attualmente delle Giunte Popo­lari stesse.Non si dimentichi però il carattere essenziale dei nostri organismi, i quali, nati nell’esperienza della lotta clandestina, hanno sempre serbato come prin­cipale potere nelle loro mani l ’adesione e il consenso delle masse e non si sono mai basati esclusivamente su quei poteri di coercizione, i quali caratterizzano essenzialmente i governi reazionari e non le pure espressioni dei popoli. È talvolta scoraggiante non potere efficacemente punire quei pochi che inquinano con le loro azioni antinazionali una sana rinascita del nostro popolo; ma è altrettanto vero che se noi ci acquisteremo un potere esclusivamente basato sull’adesione totale delle masse, saremo solo allora la vera e più perfetta espressione della volontà

popolare. popolare, ed i pochi malvagi sa­ranno automaticamente eliminati dalla collettività.

Sia chiaro una volta per tutte che i C.d.L.N. non prendono ordini da nessun organismo estraneo e che ogni disposizione, ogni indirizzo deve nascere dal desiderio e dalla volontà del popolo e ritrasmettersi attraverso i nostri comi­tati dal più piccolo al più alto e viceversa. Tale cosa però non deve far pensare che qualora i Comitati di L.N. per necessità del momento debbano assolvere compiti pratici affidati in altri tempi ad organismi amministrativi, essi debbono uniformarsi in quel momento e in quella specifica azione ai regolamenti di quella data amministrazione (per esempio: se una giunta popolare deve distribuire vino, carne, pesce, pane, ecc. e si sostituisce perciò in quel momento a certi organismi comunali, dovrà nel limite del possibile uniformarsi alle disposizioni emanate dal Comune).Non si dimentichi mai infine il carattere nazionale dei nostri comitati. Moltissimi sono quelli che si sono chiusi nella piccola politica paesana, irri­gidendosi in egoismi campanilistici, che falsano e compromettono alla base

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tutto il nostro sistema che vuol essere giustizia per tutti gli Italiani, com­prensione e solidarietà verso tutti coloro che soffrono, di qualsiasi paese essi siano.Soltanto con un vero collegamento morale e materiale e con la reciproca fiducia fra tutti i nostri Comitati

e le masse da loro rappresentate

si realizzerà un’organizzazione sana, atta perciò a prendere in mano le redini della nazione. Se noi ci chiuderemo in tante piccole cerehie separate, non faremo altro che perderci e disorganizzarci. La nostra lotta è basata sulla generosità, sul senso di giustizia

di tutte le masse

e in una applicazione vera ed inequivocabile dei principi democratici: dimen­ticare queste caratteristiche significa perdere per esempre la prerogativa di essere i rappresentanti

del popolo

ed i fautori della volontà di rinascita della Nazione.

LA SEGRETERIA D EL COMITATO D I L.N. PRO­VINCIALE