Le cospirazioni bizantino-musulmane contro le Crociate di Savvas Neocleous (*)Centro di studi su Medioevo e RinascimentoTrinity College Dublin, College Green, Dublino 2, Irlanda a b s t r a c tQuesto articolo esamina le accuse dei latini di cospirazioni bizantino-musulmane contro le Crociate avanzate nel corso del XII secolo, accuse contenute in diverse cronache, resoconti e lettere. Sebbene i loro elementi sensazionalistici fossero evidenti, i racconti dei latini che ritraevano i sovrani bizantini come alleati degli “infedeli” contro le Crociate e gli Stati crociati vennero più o meno presi alla lettera dagli studiosi moderni. Un‟analisi più approfondita mette in evidenza che tali accuse erano basate su voci che si erano sviluppate e diffuse tra i ranghi e le fila delle armate crociate e infine si radicarono nelle cronache arricchendosi sempre più di elementi bizzarri. Servirono prima ad indicare un capro espiatorio per giustificare il fallimento della Crociata del 1101 e della seconda Crociata poi come strumento per spiegare, interpretare, o piuttosto malinterpretare, la terza Crociata. Malgrado il fatto che, in genere, queste teorie non sembrano aver avuto grande seguito presso gli imperatori latini, i re e i nobili, paradossalmente, fu proprio un nobile della quarta Crociata, Baldovino IX di Fiandra, insieme con i suoi chierici consiglieri, che infine le utilizzò nel maggio e giugno 1204 per giustificare la conquista latina della cristiana Costantinopoli. Traduzione a cura di Emanuela Iolis Introduzione Dopo la sua proclamazione a sovrano dell‟impero latino di Costantinopoli, il 16 maggio 1204, Baldovino IX di Fiandra inviò un certo numero di lettere in Europa che riferivano dell‟inattesa piega presa dagli eventi a Costantinopoli e recavano un dettagliato resoconto delle circostanze che avevano portato alla conquista della capitale bizantina. Quattro lettere sono arrivate fino a noi ed erano indirizzate a Papa Innocenzo III (1198–1216), all‟arcivescovo Adolfo di Colonia, all‟abate di Cîteaux e tutti gli altri abati dell‟ordine cistercense, e a “tutti i fedeli di Cristo” (universis Christi fidelibus) (1). (*) Savvas Neocleous è titolare di una laurea specialistica in filosofia e del dottorato di ricerca in filosofia presso il Trinity College di Dublino e di una laurea presso l‟università di Cipro. E‟ curatore degli atti del primo e secondo forum post laurea in studi bizantini: Sailing to Byzantium. Autore di diversi testi, tra cui “The Byzantines and Saladin: opponents of the Third Crusade?”, in Crusades 9 (2010); “Imaging Isaac of Cyprus and the Cypriots: evidence from the western historiography of the Third Crusade”, di prossima pubblicazione nel volume “From holy war to peaceful co-habitation (CEU Medievalia)”e “Representation of music in medieval Cypriot iconography: evidence from nativity scenes, pubblicato nel volume POCA 2005, Postgraduate Cypriot Archaeology. Nella sua lettera enciclica, Baldovino si scagliava contro la città di Costantinopoli: “Questa città, nel più immorale rituale dei pagani (i musulmani) – cioè bere il sangue in segno di unione fraterna – molto spesso osava intrattenere scellerati rapporti di amicizia con gli infedeli, il suo seno generoso nutriva quegli stessi infedeli, ai quali nel suo arrogante orgoglio arrivò a fornire armi, navi e vettovaglie”(2). La lettera di Baldovino era indiscutibilmente un capolavoro di propaganda, che aveva lo scopo di legittimare la conquista latina della città cristiana di Costantinopoli.Cosa aveva portato il neo imperatore latino di Costantinopoli - e gli eruditi chierici nell‟esercito della quarta Crociata che concepirono i contenuti della lettera enciclica - ad affermare che la capitale imperiale “molto spesso osava intrattenere scellerati rapporti di amicizia con gli infedeli”? Questo testo esamina le accuse
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Le Cospirazioni Bizantino-musulmane Contro Le Crociate.
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Le cospirazioni bizantino-musulmane contro le
Crociate
di Savvas Neocleous (*)Centro di studi su Medioevo e RinascimentoTrinity College Dublin,
College Green, Dublino 2, Irlanda
a b s t r a c tQuesto articolo esamina le accuse dei latini di cospirazioni bizantino-musulmane contro
le Crociate avanzate nel corso del XII secolo, accuse contenute in diverse cronache, resoconti e
lettere. Sebbene i loro elementi sensazionalistici fossero evidenti, i racconti dei latini che ritraevano
i sovrani bizantini come alleati degli “infedeli” contro le Crociate e gli Stati crociati vennero più o
meno presi alla lettera dagli studiosi moderni. Un‟analisi più approfondita mette in evidenza che tali
accuse erano basate su voci che si erano sviluppate e diffuse tra i ranghi e le fila delle armate
crociate e infine si radicarono nelle cronache arricchendosi sempre più di elementi bizzarri.
Servirono prima ad indicare un capro espiatorio per giustificare il fallimento della Crociata del 1101
e della seconda Crociata poi come strumento per spiegare, interpretare, o piuttosto malinterpretare,
la terza Crociata. Malgrado il fatto che, in genere, queste teorie non sembrano aver avuto grande
seguito presso gli imperatori latini, i re e i nobili, paradossalmente, fu proprio un nobile della quarta
Crociata, Baldovino IX di Fiandra, insieme con i suoi chierici consiglieri, che infine le utilizzò nel
maggio e giugno 1204 per giustificare la conquista latina della cristiana Costantinopoli.
Traduzione a cura di Emanuela Iolis
Introduzione
Dopo la sua proclamazione a sovrano dell‟impero latino di Costantinopoli, il 16 maggio 1204,
Baldovino IX di Fiandra inviò un certo numero di lettere in Europa che riferivano dell‟inattesa
piega presa dagli eventi a Costantinopoli e recavano un dettagliato resoconto delle circostanze che
avevano portato alla conquista della capitale bizantina. Quattro lettere sono arrivate fino a noi ed
erano indirizzate a Papa Innocenzo III (1198–1216), all‟arcivescovo Adolfo di Colonia, all‟abate di
Cîteaux e tutti gli altri abati dell‟ordine cistercense, e a “tutti i fedeli di Cristo” (universis Christi
fidelibus) (1).
(*) Savvas Neocleous è titolare di una laurea specialistica in filosofia e del dottorato di ricerca in
filosofia presso il Trinity College di Dublino e di una laurea presso l‟università di Cipro. E‟ curatore
degli atti del primo e secondo forum post laurea in studi bizantini: Sailing to Byzantium. Autore di
diversi testi, tra cui “The Byzantines and Saladin: opponents of the Third Crusade?”, in Crusades 9
(2010); “Imaging Isaac of Cyprus and the Cypriots: evidence from the western historiography of the
Third Crusade”, di prossima pubblicazione nel volume “From holy war to peaceful co-habitation
(CEU Medievalia)”e “Representation of music in medieval Cypriot iconography: evidence from
nativity scenes, pubblicato nel volume POCA 2005, Postgraduate Cypriot Archaeology.
Nella sua lettera enciclica, Baldovino si scagliava contro la città di Costantinopoli: “Questa città,
nel più immorale rituale dei pagani (i musulmani) – cioè bere il sangue in segno di unione fraterna –
molto spesso osava intrattenere scellerati rapporti di amicizia con gli infedeli, il suo seno generoso
nutriva quegli stessi infedeli, ai quali nel suo arrogante orgoglio arrivò a fornire armi, navi e
vettovaglie”(2).
La lettera di Baldovino era indiscutibilmente un capolavoro di propaganda, che aveva lo scopo di
legittimare la conquista latina della città cristiana di Costantinopoli.Cosa aveva portato il neo
imperatore latino di Costantinopoli - e gli eruditi chierici nell‟esercito della quarta Crociata che
concepirono i contenuti della lettera enciclica - ad affermare che la capitale imperiale “molto spesso
osava intrattenere scellerati rapporti di amicizia con gli infedeli”? Questo testo esamina le accuse
avanzate dai Latini su presunti complotti bizantino-musulmani contro i Crociati nel XII secolo, ne
individua le origini e le zone dove sarebbero stati perpetrati, determina se queste accuse fossero
veritiere o costruite, e infine stabilisce quali specifici episodi Baldovino e i suoi consiglieri avessero
in mente quando prepararono la lettera enciclica.
La prima Crociata (1096-1099)
Le accuse contro i bizantini di collusione con i musulmani possono essere ravvisate fin dalla prima
Crociata (3). Quando Nicea si arrese ai bizantini il 19 giugno 1097, ai Turchi della città fu data la
possibilità di arruolarsi nell‟impero bizantino o di tornare liberi nelle loro terre (4). C‟è da rilevare
che l‟imperatore Alessio (1080-1118) dipendeva pesantemente dagli stranieri che prestavano
servizio nell‟esercito (5), e dopo la morte di Roberto il Guiscardo nel 1085, un gran numero di
Normanni si era riversato nell‟esercito di Alessio (6). I Normanni, che avevano disertato l‟armata di
Boemondo durante la spedizione in Albania nel 1107-8, furono accolti dall‟imperatore che “gli
dette la libera scelta di rimanere a servire nel suo esercito o di andare ovunque essi avessero
voluto”(7). Ai Turchi di Nicea nel 1097 furono offerte le stesse condizioni dei Normanni. Agli
occhi latini però i Turchi erano degli “infedeli” e il trattamento di favore da parte di Alessio inasprì
il risentimento di molti cronachisti latini contro l‟imperatore bizantino. Incline ad attribuire alla
condotta di Alessio il peggior movente possibile, l‟anonimo autore di Gesta Francorum riteneva che
l‟imperatore “li trattasse (i Turchi) con grande cautela così da poterne disporre per colpire i Franchi
e impedire loro la Crociata” Questa tesi è ripresa in Occidente da due dei primi tre revisori delle
Gesta Francorum. Ghiberto di Nogent racconta che “il tiranno” Alessio, non solo lasciò i Turchi
impuniti, ma “li accolse a Costantinopoli (…con) l‟obiettivo principale (…), in caso di disaccordo
con i Franchi, di avere uomini utili per opporvisi” (9). Usando queste identiche parole, Roberto il
Monaco, rivela „l‟inganno‟ di Alessio (10). Baldrico di Dol, che curò la terza riscrittura delle Gesta
Francorum, è invece molto più moderato nei suoi rilievi. Egli enfatizza due volte che “si dice”
(dicitur) – prova che egli non condividesse necessariamente tale visione – che Alessio avrebbe usato
i Turchi “contro i cristiani al momento opportuno e, attraverso di loro, si sarebbe ribellato contro
quelli che egli invidiava (cioè i Crociati)” (11). Tuttavia, il cronachista ci offre anche un punto di
vista alternativo e ragionevole per cui il trattamento di favore riservato ai Turchi di Nicea fosse
mirato a spingere altre città ancora in mano ai Turchi ad arrendersi.
Dopo la caduta di Nicea, Alessio occupò la città con mercenari turcopoli (cavalleria con armatura
leggera di origine turca) (12); questo, oltre al trattamento clemente riservato ai Turchi di Nicea,
presto diede adito a voci incontrollate. Come sottolineato da Bernoldo di Costanza nel Chronicon,
già nel 1100 la voce che Alessio avesse ritirato ogni sostegno ai Crociati e avesse restituito ai
„pagani‟ le città da questi riconquistate aveva raggiunto la Germania (13). Nel suo Hierosolymita (o
Libellus de expugnatione Hierosolymitana), scritto tra il 1105 e il primi anni del 1106, Ekkehard di
Aura, riferendo del viaggio di Boemondo (1105) in Occidente per promuovere il sostegno alla
Crociata che prevedeva la deposizione di Alessio (14), più esplicitamente afferma, in tono
propagandistico, che il monarca bizantino “si riconciliò con i Turchi perché aveva poca o nessuna
speranza di continuare a regnare in Oriente” e quindi “restituì ai figli del tiranno Solimano (Qilich
Arslan (1092–1107)) (15) Nicea (…) che era stata da poco riconquistata con il sangue cristiano”
(16). Riferendosi alla presunta cessione di Nicea ai Turchi da parte di Alessio, Ekkehard afferma:
“Crimine sommamente ripugnante” (17), tuttavia, contrariamente alle affermazioni del cronachista,
Nicea rimase sotto il controllo bizantino fino al 1330.L‟accusa di Ekkehard fu recepita e riproposta
da uno dei più importanti storici latini del XII secolo: Otto di Freising. Nella sua Chronica, Otto
registra che “Alessio scelleratamente si alleò con i Turchi (…) ed empio consegnò loro Nicea, che
era stata conquistata al costo dello spargimento di tanto sangue della nostra gente” (18). E‟
impossibile tuttavia che Otto, fratellastro del re tedesco Corrado III (1138-52) e uno dei comandanti
dell‟esercito tedesco nella seconda Crociata, non sapesse che Nicea era sotto il controllo bizantino,
perlomeno al tempo della spedizione dell‟esercito tedesco in Asia minore nel 1147. Ciò nonostante,
lo storico decise di ribadire l‟accusa di Ekkehard contro Alessio, presumibilmente perché mancava
di un approccio critico a questa fonte o perché pensava che Nicea fosse stata effettivamente
restituita ai Turchi da Alessio, ma poi riconquistata ai bizantini dai suoi successori. Le insinuazioni
contro Alessio, sebbene riferite alla riconciliazione con i Turchi e all‟intenzione di usarli
all‟occorrenza contro i Crociati, non può essere considerata come un‟accusa esplicita di
cospirazione bizantino-musulamana.La prima e unica accusa esplicita di complotto contro la prima
Crociata si trova nel resoconto di Raimondo di Aguilers. Il cronachista indica due ragioni per cui ai
primi di maggio del 1099 l‟Egitto fatimide inviò un‟ambasceria al campo crociato di Arqah (Akkar)
per rigettare la proposta della cessione di Gerusalemme in cambio di altre città e un‟alleanza
militare contro i Selgiuchidi. La prima era che al-Afdal, visir del califfo fatimide (19), “sapeva che
noi eravamo pochi” (20), e la seconda era che il visir “sapeva che l‟imperatore Alessio ci era
mortalmente ostile da quando avevamo scoperto le sue lettere che ci riguardavano dopo la battaglia
contro il re di Babilonia (cioè al-Afdal) ad Ascalon (il 1 agosto del 1099), nell‟attendamento dello
stesso re” (21). Il resoconto di Raimondo è stato accettato da parecchi studiosi (22), tuttavia Lilie ne
ha messo in dubbio la credibilità: il fatto che “Raimondo sia il solo cronachista che riporta questa
informazione (…) deve far sorgere dei sospetti (…). Se fosse vero è estremamente improbabile che
un fatto simile non fosse noto nell‟armata crociata e quindi non fosse utilizzato anche da altre fonti
per la propaganda” (23). Per di più, come ha sottolineato Lilie, la proposta dei Crociati sarebbe stata
comunque rigettata dagli egiziani, mentre l‟affermazione che al-Afdal avesse con sé ad Ascalon le
lettere bizantine non è ragionevole (24). E, più importante, all‟inizio di aprile, gli inviati di Bisanzio
arrivarono al campo crociato di Arqah e cercarono di convincere i prìncipi ad attendere che l‟arrivo
di Alessio alla fine di giugno “così che questi avrebbe potuto viaggiare con loro fino a
Gerusalemme” (25).
Lungi dal tramare contro i Crociati, l‟imperatore bizantino appare essere pronto, nella primavera del
1099, a marciare alla testa dell‟armata crociata fino a Gerusalemme e sacrificare i suoi buoni
rapporti con i Fatimidi nella speranza sia di assicurarsi la Città Santa che esercitare pressioni su
Boemondo rinforzando la sua alleanza con il resto dei prìncipi crociati. Tuttavia, non è del tutto
impossibile, che a seguito del „definitivo rigetto della proposta di Alessio‟ davanti ad Arqah tra la
fine di aprile e i primi di maggio 1099, l‟imperatore bizantino riconsiderasse la situazione e
decidesse di cambiare la sua strategia politica, mandando un‟ambasceria al Cairo per informare al-
Afdal della sua definitiva rottura con i Crociati, prendendo le distanze da loro (26).
Le lettere imperiali devono essere arrivate al Cairo dopo che al-Afdal aveva lasciato la capitale
fatimide alla volta della Palestina per affrontare i Crociati: le lettere sarebbero state quindi
trasmesse al visir fatimide, finendo poi nell‟accampamento egiziano di Ascalon. Tali lettere, quando
fossero state mandate, non avrebbero avuto alcuna parte nell‟antecedente rifiuto delle proposte dei
crociati su Gerusalemme; esse possono a malapena essere state infarcite di parole di odio che
Raimondo di Aquilers, acerrimo nemico di Alessio, attribuisce a loro. Nelle sue lettere, l‟imperatore
deve essersi semplicemente lavato le mani nei riguardi dei crociati e delle loro vicende.
Nel suo Hierosolymita, che rimanda all‟elaborazione di Raimondo di Aguilers, Ekkehard di Aura,
come introduzione al suo resoconto sul viaggio di Boemondo in Europa occidentale nel 1105,
accoglie ed rilancia l‟accusa contro Alessio contenuta nel resoconto di Raimondo. Questi sostiene
che le lettere dell‟imperatore bizantino ad al-Afdal rilevano “che l‟imperatore Alessio era ostile a
noi fino alla morte”, ma non necessariamente che Alessio incitasse il visir contro i crociati.
Invece Ekkehard accusa il sovrano bizantino di incitare al-Afdal (Babylonicum regem) contro i
Crociati, e non solo una, ma parecchie volte “con frequenti messaggi” (frequentibus nuntiis) (27).
Sebbene Ekkehard non faccia riferimento in dettaglio alle lettere ufficialmente trovate
nell‟accampamento egiziano dopo la battaglia di Ascalon, la sua accusa è più grave di quella che si
trova nel resoconto di Raimondo: l‟imperatore bizantino cospirava frequentemente con gli
“infedeli” contro i Crociati.
La Crociata del 1101
La disonorevole sconfitta dei Crociati nel 1101 solo due anni dopo il clamoroso successo della
prima Crociata fu uno shock per i Latini d‟Occidente (28). Le due principali armate della Crociata
erano quella franco-lombarda e l‟aquitana-bavarese. Entrambe furono annientate dai turchi in Asia
minore. Alberto di Aachen annota che, nella domenica di Pasqua, 6 aprile 1102, i superstiti della
Crociata e altri coloni latini d‟oltremare si riunirono a Gerusalemme per celebrare la Resurrezione,
essi consigliarono Baldovino I di Gerusalemme (1100-18) di chiedere all‟imperatore Alessio, tra le
altre cose, di “fermare la distruzione e il tradimento dei Cristiani” (a perditione et a traditione
Christianorum cessaret) e “non ascoltare i turchi e Saraceni (Turcos et Sarracenos non audiret)”
(29). Come Alberto chiarisce, i Crociati consigliarono Baldovino di avanzare tale richiesta perché la
voce (fama) che circolava tra i Cristiani era che, su consiglio ingannevole dell‟imperatore stesso, i
lombardi e i soldati turcopoli al comando del conte Raimondo fosse stati indirizzati attraverso
deserti e luoghi sperduti nelle terre desolate di Paflagonia, così che, ormai debilitati come erano
dalla fame e dalle sete, potessero essere lì facilmente sopraffatti e uccisi dai turchi (30).
Tuttavia, quando Baldovino, nel tentativo di dissipare ogni dubbio, si decise ad inviare
un‟ambasceria ad Alessio “per confermare il loro trattato e la loro amicizia”, l‟imperatore, “con un
giuramento solenne nel nome di Dio (…) fugò tutti i sospetti dei Cristiani sulla morte dei
Lombardi” (31). La voce che il sovrano bizantino avesse orchestrato la distruzione dell‟armata
lombarda è anche smentita dallo stesso Alberto di Aachen. In verità, come riportato da affidabili e
illustri personaggi (a veridicis et nobilibus viris), Alessio non poteva assolutamente essere incolpato
di questo crimine, anzi, spesso aveva messo in guardia l‟armata sull‟inospitalità dei territori, le
carenza di approvvigionamenti e le imboscate dei turchi nelle zone remote della Paflagonia, e
mettendoli in guardia che per queste ragioni essi non avrebbero potuto percorrere in sicurezza
quella strada (32).
Perfino l‟acerrimo nemico di Alessio, Ghiberto di Nogent, concesse che l‟imperatore bizantino in
persona “onestamente (veraciter) disse loro (ai lombardi) che non disponevano di un numero
sufficiente di cavalieri per prendere una strada alternativa a quella della prima spedizione” (33).
Dunque Alessio non fu esplicitamente accusato di agire d‟intesa con i turchi contro l‟esercito
lombardo, per contro la vicenda dell‟armata aquitano-bavarese fu del tutto diversa. Infatti, all‟arrivo
a Costantinopoli. i capi dell‟esercito vennero sommersi di regali da Alessio e fecero voto di fedeltà
all‟imperatore bizantino. I prìncipi avevano incontri quotidiani con l‟imperatore, e i loro uomini
venivano trasportati con rapidità attraverso il Bosforo, mentre sulla riva orientale dello stretto, i
Crociati tedeschi cominciavano a dubitare di Alessio.Tra di loro c‟era Ekkehard, che annotava che
“girava una voce (murmur) per la quale il detestato imperatore favoriva i Turchi piuttosto che i
Cristiani”, e avendo valutato la capacità offensiva dei Crociati, incoraggiava i turchi contro di loro
con frequenti messaggi (34) – ci si potrebbe tuttavia chiedere se i turchi avessero veramente
bisogno di lettere e incoraggiamento da Alessio per attaccare gli “infedeli” invasori dei loro
territori. Un‟ondata di panico si diffuse tra i Crociati tedeschi e i pellegrini, si spinsero a
immaginare che il sovrano bizantino avesse detto che “egli avrebbe indotto i Franchi a combattere
contro i turchi come cane mangia cane” (35). Conseguentemente alcuni tedeschi in preda al panico
decisero di arrivare in Terra Santa per mare.Ekkehard non era il solo ad affermare che Alessio
incoraggiava i Turchi contro i Crociati, voci fantasiose di complotti tra l‟imperatore bizantino e gli
“infedeli” contro la spedizione aquitano-bavarese presto si diffusero in Occidente. Ghiberto di
Nogent insinua che prima ancora che i Crociati avessero lasciato Costantinopoli, Alessio ne aveva
informato i Turchi per lettera: (… che) „le grasse pecore francesi stanno muovendo verso di noi,
condotte da un pastore folle (cioè Guglielmo IX di Aquitania)‟ ” (36).Guglielmo di Malmesbury
analogamente sottintende che Alessio avesse cospirato con i Turchi contro i Crociati aquitano-
bavaresi. Nel suo Gesta regnum Anglorum, egli annota che Alessio “guidò Guglielmo (di
Aquitania) in un‟imboscata dei turchi, i quali, dopo averlo isolato dai suoi 60.000 uomini armati lo
lasciarono proseguire, quasi da solo, per reazione alla risposta negativa del conte, ciò a causa del
suo presunto rifiuto di prestare giuramento di fedeltà all‟imperatore. In un passo successivo di
questo lavoro, Guglielmo di Malmesbury ritorna sulla Crociata del 1101 e con una rappresentazione
raffinata e retorica riferisce che “senza che Alessio se ne curasse o piuttosto proprio per questo, (illo
[Alexio] non curante vel potius procurante) egli (Guglielmo di Aquitania) era caduto nella trappola
tesa da Solimano” (38).Alessio era percepito dagli occidentali come un potentissimo sovrano. Non
solo per la grandiosità della capitale imperiale – senza rivali nell‟Europa occidentale – ma per la
splendida ospitalità offerta ai Crociati a Costantinopoli; il sovrano bizantino fece del suo meglio per
impressionarli e ostentare il suo potere e la sua ricchezza. Era considerato tanto potente da
condizionare gli eventi ed era quindi ragionevole che gli fosse addebitata una catastrofe come la
Crociata del 1101. Lo scenario in cui Alessio boicotta la Crociata del 1101, era considerato
particolarmente suggestivo dagli Occidentali che necessitavano di una giustificazione per il disastro.
Le voci si erano ampiamente diffuse e, prontamente accettate come vere, successivamente si
arricchirono di ulteriori e fantasiosi particolari.Un racconto altamente immaginifico della sfortunata
Crociata del 1101si trova nella Historia ecclesiastica di Orderic Vitalis. Orderic tuttavia manca di
distinguerne le tre differenti spedizioni, dando l‟impressione che un‟unica armata marciasse verso
l‟Asia minore. Il suo racconto include la più elaborata sintesi dei rapporti tra Alessio e i Turchi, da
cui scaturiscono le più pungenti critiche all‟imperatore bizantino: Alessio inviò delle navi cariche di
tarterons da distribuire tra i Crociati, con lo scopo di conoscerne il numero (39). Successivamente
“mandò una stima del loro numero a Danishmend, a Qilich Arslan e altri principi turchi, e li
consigliò di riunire tutte le forze del mondo pagano incitandoli alla battaglia in Paphlagonia” (40),
dove i Crociati furono infine sopraffatti. Secondo l‟elaborata ricostruzione di Orderic, dopo la
vittoria i turchi “restituirono all‟imperatore tutta la grande quantità di tarterons che aveva
ingannevolmente elargito ai Cristiani fingendo generosità. Gli fecero avere anche la metà del
bottino preso al nemico sconfitto (41). I rilievi conclusivi su Alessio sono altamente critici: “tale
perfido traditore fece un patto con i turchi e vendette in questo modo i fedeli agli infedeli,
ottenendone in cambio una grande quantità di tarterons come prezzo del suo tradimento del sangue
dei cristiani, egli ha così glorificato la sua follia (42)”.Nonostante le accuse di diversi cronachisti
occidentali secondo cui Alessio era responsabile del disastro della Crociata del 1101, le reali cause
della catastrofe devono essere ricercate altrove (43). Fintanto che l‟imperatore bizantino fu
coinvolto, egli generosamente fornì vettovaglie, fondi e validi consigli militari che però l‟armata
franco-lombarda non seguì, contingenti turcopoli furono anche affiancati alle forze franco-lombarde
e aquitano-bavaresi. In breve, il comportamento di Alessio non fu sleale (44). Tuttavia, sebbene
Alessio non potesse ritenersi responsabile della distruzione delle armate nel 1101, dall‟inizio del
XII secondo gli storici latini in Occidente e l‟Oriente latino contribuirono alla diffusione e alla
legittimazione della diceria che l‟imperatore bizantino e i turchi fossero in combutta. Scrivendo
molti decenni dopo la sfortunata spedizione, Guglielmo di Tyre, proprio come Ekkehard e Ghiberto,
sosteneva che Alessio “mandava continuamente suoi emissari presso i turchi, pregandoli di
distruggere i pellegrini. Tramite numerose lettere e messaggi, egli informava i turchi dell‟arrivo dei
pellegrini e li avvisava in anticipo che per la loro stessa salvaguardia non dovessero subire il libero
passaggio di questa grande compagnia” (45). Curiosamente, mentre nelle cronache della prima
Crociata c‟è un solo riferimento al complotto bizantino-musulmano e in una sola fonte, cioè il
resoconto di Raimondo di Aguilers, sulla Crociata del 1101 i riferimenti a questa accusa erano
molto comuni (46).
La seconda Crociata (1147-1149)
Quando le armate tedesca e francese nella seconda Crociata partirono dall‟Europa occidentale al
comando del re tedesco Corrado III e del re francese Luigi VII (1137-80) rispettivamente in maggio
e giugno 1147, nessuno poteva immaginare che questa spedizione si sarebbe risolta in una sonora
sconfitta (47). In una lettera che l‟imperatore bizantino Manuele (1143-80) mandò a Luigi
nell‟agosto del 1146, lo informava che era ben disposto verso di lui e ostile ai turchi, contro cui egli
stava marciando con l‟aiuto di Dio (48). Nell‟estate del 1146 Manuele dichiarò guerra a Masud I
(1116-56), il sultano selgiuco di Iconium (Konya), e marciò sulla sua capitale che cinse d‟assedio.
Dopo molti mesi, l‟imperatore si ritirò, con l‟intenzione di tornare l‟anno successivo.
La partecipazione del re tedesco alla seconda Crociata e il crescente numero di Crociati in procinto
di entrare sul territorio bizantino nell‟estate del 1147 costrinse tuttavia Manuele ad accettare la
proposta del sultano per una tregua nella primavera dello stesso anno. Molti commentatori moderni
hanno sostenuto che l‟intenzione di Manuele fosse quella di tenere le mani libere per trattare con i
Crociati (49). Agli occhi di molti Crociati francesi concordando una tregua col sultano di Iconya,
l‟imperatore bizantino aveva tradito la causa cristiana. Il cappellano di Luigi, Odo di Deuil, che
sembra così essere stato a conoscenza del contenuto della lettera di Manuele al re francese del 1146,
dichiarava con disappunto che “Manuele in persona, che aveva scritto al nostro re (Luigi) di avere
intenzione di accompagnarlo nella lotta agli infedeli e che aveva riportato su di loro una recente e
importante vittoria, aveva poi di fatto rinnovato con loro una tregua di dodici anni” (50).
Le valutazioni e le iniziative dei bizantini erano determinate dall‟interesse politico piuttosto che dal
fervore della fede. Gli Stati cristiani – compresi quelli crociati in Siria e Palestina – confinanti con i
territori governati dai musulmani spesso concludevano accordi di pace con i vicini musulmani
stringendo perfino alleanze militari strategiche. Questa politica era dettata da spregiudicate ragioni
di realpolitik (51). Tali considerazioni, però, erano fuori dalla mentalità della maggioranza dei
Crociati occidentali che, avendo giurato di sterminare gli “infedeli” guardavano qualsiasi
compromesso con loro come un tradimento. Mentre i Crociati francesi marciavano attraverso la
valle del Meandro nei territori bizantini sud-orientali dell‟Asia minore, i turchi, sconfitti dai francesi
in una battaglia campale alla fine di dicembre 1148, si rifugiarono ad Antiochia, città bizantina nella
zona del Meandro. Odo of Deuil colse l‟occasione per screditare Manuele che, nelle parole del