IBL Special Report La partecipazione degli Stati membri del G20 e dell’UE ai mercati globali (1994-2015) L’Indice della Globalizzazione Di Rosamaria Bitetti, Ornella Darova e Carlo Stagnaro 28 marzo 2017 Ricerca condotta in collaborazione con Whirlpool EMEA idee per il libero mercato Sintesi • La globalizzazione è un fenomeno complesso, che ha prodotto vasti cambia- menti a tutti i livelli. • La globalizzazione è stata resa possibile dalla riduzione dei costi delle transa- zioni dovuta alla tecnologia, allo sviluppo dei mercati finanziari globali, all’in- tegrazione globale delle catene del valore e agli effetti dei trattati di libero scambio. • L’evidenza mostra che la globalizzazione ha prodotto risultati complessi- vamente positivi, favorendo la crescita del Pil pro capite, gli investimenti e l’occupazione, e dando un contributo sostanziale alla riduzione delle disu- guaglianze globali. Essa può anche determinare costi di aggiustamento, che tendenzialmente hanno natura locale e di breve periodo. • Per misurare il grado di globalizzazione dei singoli paesi e testarne gli effetti, abbiamo costruito un Indice della globalizzazione basato su tre macro indi- catori: 1) l’esposizione dei paesi agli scambi globali; 2) la capacità dei paesi di attrarre o generare investimenti diretti esteri; 3) il grado di connettività dei paesi e la loro partecipazione ai mercati mondiali della conoscenza. L’Indice considera 39 Stati fra i membri del G20 e dell’Unione europea per un pe- riodo di ventidue anni (1994-2015). • Per come è costruito, l’Indice può essere interpretato come una misura della distanza dalla frontiera, dove la frontiera è costruita come un ipotetico paese che, su ciascun indicatore da noi utilizzato, abbia assunto i valori mini- mi da noi osservati tra tutti i paesi del campione nell’arco dell’intero periodo considerato. I paesi reali otterranno un punteggio maggiore a seconda di quanto si allontanano da questo minimo. • L’Indice mostra che, a una fase espansiva della globalizzazione sostanzial- mente coincidente col periodo a valle delle negoziazioni multilaterali, è su- bentrata, in corrispondenza della crisi economica, una fase di rallentamento degli scambi e degli investimenti. Questo in parte dipende da dinamiche ma- croeconomiche, ma in misura non triviale è riconducibile anche alla reazione protezionistica che molte nazioni hanno avuto di fronte alle difficoltà eco- nomiche e occupazionali che hanno dovuto attraversare. Paradossalmente, questa reazione ha esacerbato, anziché alleviare, gli impatti della crisi. • Per testare l’Indice, lo abbiamo confrontato con una serie di variabili – il Pil pro capite, varie misure di disoccupazione, la disuguaglianza, un Indice di
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L’Indice della Globalizzazione · • L’Indice mostra che, a una fase espansiva della globalizzazione sostanzial-mente coincidente col periodo a valle delle negoziazioni multilaterali,
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IBL Special Report
La partecipazione degli Stati membri del G20 e dell’UE ai mercati globali (1994-2015)
L’Indice della Globalizzazione
Di Rosamaria Bitetti, Ornella Darova e Carlo Stagnaro
28 marzo 2017
Ricerca condotta in collaborazione con Whirlpool EMEA
•L’evidenza mostra che la globalizzazione ha prodotto risultati complessi-vamentepositivi, favorendolacrescitadelPilprocapite,gli investimentiel’occupazione,edandouncontributosostanzialeallariduzionedelledisu-guaglianzeglobali.Essapuòanchedeterminarecostidiaggiustamento,chetendenzialmentehannonaturalocaleedibreveperiodo.
•Per come è costruito, l’Indice può essere interpretato come una misuradelladistanzadallafrontiera,dovelafrontieraècostruitacomeunipoteticopaeseche,suciascunindicatoredanoiutilizzato,abbiaassuntoivalorimini-midanoiosservatitratuttiipaesidelcampionenell’arcodell’interoperiodoconsiderato. I paesi reali otterrannounpunteggiomaggiore a secondadiquantosiallontananodaquestominimo.
•L’Indicemostra che, a una fase espansiva della globalizzazione sostanzial-mentecoincidentecolperiodoavalledellenegoziazionimultilaterali,èsu-bentrata,incorrispondenzadellacrisieconomica,unafasedirallentamentodegliscambiedegliinvestimenti.Questoinpartedipendedadinamichema-croeconomiche,mainmisuranontrivialeèriconducibileancheallareazioneprotezionisticachemoltenazionihannoavutodifrontealledifficoltàeco-nomicheeoccupazionalichehannodovutoattraversare.Paradossalmente,questareazionehaesacerbato,anzichéalleviare,gliimpattidellacrisi.
•Per testare l’Indice, lo abbiamoconfrontatoconuna seriedi variabili – ilPilprocapite,variemisuredidisoccupazione,ladisuguaglianza,unIndicedi
•In particolare, emerge che l’Indice è correlatopositivamente col Pil pro capite, laparitàdigenerenell’accessoall’istruzioneelaqualitàambientale,mentreècorrelatonegativamente con la disoccupazione (in particolare la disoccupazione giovanile efemminile)eladisuguaglianza.Inaltreparole,ipaesiconunavalutazionepiùelevatanell’Indicedellaglobalizzazione(ossiaquellipiùlontanidalvaloreminimointutteetrelecomponentidell’Indice)tendonoadaverePilprocapitepiùelevato,unamaggioreequità sociale,migliorequalità ambientale,menodisoccupazioneemenodisugua-glianze.
•In questa prospettiva, appare centrale il ruolodelle impresemultinazionali. Infatti,nonsolo le impresedimaggioredimensionetendonoagenerareoccupazionepiùstabileemeglioremunerata,masonoancheunveicoloditrasferimentotecnologico,diinvestimentie,inultimaanalisi,diculturadellaglobalizzazione.
•I risultatidell’Indice,descrittineldettaglio inquestopaper, sonoriassuntinella se-guenteTabella, cheriportaperciascunanno ilpaesepiùglobalizzato (e il relativopunteggio),nonchéposizioneepunteggiodell’Italia.LaFiguraallapaginasuccessivariportal’evoluzioneneltempodell’Indiceelavarianzatrapaesi.
•Parteciparepiù attivamente alla globalizzazione, anche attraverso l’attrazionedegliinvestimentidelleimpresemultinazionali,puòrappresentareunalevadicrescitaperl’Italia.
2. I benefici della globalizzazioneLa globalizzazione, negli ultimi trent’anni, ha prodotto cambiamentimolto rilevanti, cheinpartespieganoleragionipercuil’opinionepubblicavivecontantoscetticismoquestofenomeno.Secondoun’indagineEurobarometrodel2013,il51percentodeglieuropeidi-chiaravadicondividere–intuttooinparte–l’affermazionesecondocuilaglobalizzazionerappresentaun’opportunitàdicrescitaeconomica,mentreil34percentononsitrovavad’accordo.L’Italiaeraunodeipaesimenopropensiavalutarelaglobalizzazioneunfeno-menopositivo:soloil41percento,controun48percentodirispostenegative.GliStatimembridovelapercentualedeifavorevolierapiùaltaeranoDanimarca(80percento),Svezia(78percento)ePaesiBassi(71percento),mentrequellimenopropensieranolaGrecia(63percentodirispostenegative),Cipro(59percento)eRepubblicaCeca(49percento)(Eurobarometro2013).
Figura 1 – Pil globale pro capite (1990-2015), espresso in dollari costanti del 2011 a parità di potere d’acquisto.
Fonte: elaborazione su dati Banca mondiale.
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lazioneconvariabilimacroeconomichequali il redditomedio, la crescitaeconomicae iltassodidisoccupazione.Primadientrarenelmeritodelrapportodeisingolipaesiconlaglobalizzazione,però,èopportunoavereun’ideapiùchiaradelleconseguenzechel’esten-sionedegliscambihaprodottosulpianetanelsuocomplesso. Infatti,comesuggerisce ilterminestesso,laglobalizzazioneèunfenomenochehainvestitol’interoglobo(oquasi)eche,pertanto,deveesserevistonelcomplesso.Unconto,insomma,ècapireglieffettidellaglobalizzazionesull’economiaelasocietàglobale;altroèguardarealleconseguenzecheessapuòaverdeterminato(oaitrendchepuòavere,asecondadeicasi,acceleratoocontrastato)alivellolocale.
Naturalmente, come tutti i fenomeni articolati, anche la globalizzazionehadeterminatoeffetticontroversi,e,inparticolare,haacceleratolacrisidialcunisettoriproduttiviinalcunipaesi.Essahainfattiagevolatolaspecializzazioneinternazionaledellavoro,favorendo–inciascunsettore–queipaesicheavevanodeivantaggicomparatie,contemporaneamente,internazionalizzando le catenedel valore (Sturgeon2013,ElmseLow2013). Sedaunlatoquesto implicamaggioreefficienzanellaproduzionee l’avviodi nuoveopportunitàdiinvestimentoeoccupazioneinalcunipaesi,parallelamentealtripaesihannosoffertoladislocazionedifattorieprocessiproduttivi(e,sottoilprofilooccupazionale,inparticolarediblue collars).
Figura 3 – Diagramma di frequenza della distribuzione globale dei redditi nel 2003, 2013 e 2035.
Fonte: Hellebrandt e Mauro (2015). Nota: sull’asse delle ordinate e’ riportata la percentuale di popolazione per intervalli di 20 dollari. Sull’asse delle ascisse sono riportati i redditi individuali in dollari costanti del 2011 a parità di potere d’acquisto.
3. Misurare la globalizzazioneSelaglobalizzazioneèunfenomenotantocomplessoe,seisuoieffettisonotantosfaccet-tati,alloraèimportantetrovaredeglistrumentiper“misurare”ilgradodiaperturadiunpaese.Questoservesiaavalutareleconseguenzedellamaggioreominoreesposizionealcommerciointernazionale,siaperindividuarelemiglioripraticheelepolicypiùefficaciinunmondoincontinuaevoluzione.
IlnostroIndicecercadiottenereentrambiibeneficiutilizzando,conlametodologiadelladistanzadallafrontiera,misurediconfrontooggettiveecomparabili,macostruiteapartiredadatirealieattribuibiliadiversipaesi.Èpoipossibilemisurarequestofenomenoapartiredaelementinormativi(indicatoride jure)chemisuranolebarriereallaglobalizzazione,oelementi fattuali (indicatoride facto),chemisuranoeffettiviscambieflussi.L’Indicedellaglobalizzazione IBL utilizza il secondo approccio, ma come vedremo in seguito, i nostriindicatoride factotendonoadassorbire,equindiarappresentarecorrettamente,anchelevariazionide jure.
IlprimorappresentalasommadiimportedexportdibenieserviziinproporzionealPildi ogni paese, al nettodelle commodity energetiche.Alla componentedi commerciodimercièinfattisottrattalacomponenteenergetica,ilcuivalorefluttuainbaseacongiuntureindipendenti dal fenomenoosservato, e avrebbe quindi ridotto il potenziale descrittivodell’indicatore.
non solo è proseguita,ma è stata accentuata dal decorsodella recessione: nel 2015, ilRegnoUnitoerainquintaposizione, laGermaniasettima, laFrancianonaegliUsasoloundicesimi.InpartegliStatiUnitiscontanoledimensionidelpropriomercatointerno,cherendeilpaesemenolegatoalcommerciointernazionaleperragionisimmetricheaquellecheportanolepiccolenazioniincimaallaclassifica.Tuttaviaquestoandamentopuòessereanchericondottoalsuccessodell’Unioneeuropeanelridurreinmisurasostanzialelebar-riereagliscambiinterni,favorendocosìl’internazionalizzazionedegliStatimembri.
Tabella 2 – Indice della globalizzazione (1994-2015): punteggi.
Èquipossibileosservarecomeillivellomediodiglobalizzazioneabbiaavutounandamentomediamentecrescenteprimadell’iniziodellagranderecessione,perpoidiventarepres-sochéstazionarionegliannisuccessivial2008,conunalieveripresanegliultimidueanni.Purtroppoperòquesta riduzionedelle relazioni di scambio a livello internazionale nonpuòcheesacerbarelacrisieconomicachehacolpitomoltenazioni:comevedremonellasezionesuccessiva,infatti,illivellodiglobalizzazioneèpositivamentecorrelatoconcrescita,
Tabella 3 – Indice della globalizzazione (1994-2015): posizioni.
Perunaragionedidisponibilitàdeidati,nonèstatopossibilecostruirel’Indiceperil2016.Tuttavia,almenodalpuntodivistaqualitativo,sipossonoesprimerealcuneconsiderazioni.In generale, si possonoosservaredue tendenze. In primo luogo, per ragioni legate allacongiunturamacroeconomica,nel2016gliscambiinternazionalihannosubitounrallenta-mento.Secondariamente,èproseguitoiltrendversol’adozionedimisureprotezionistiche(comeemergeanchedallavorocitatodiEvenetteFritz2016),mentreiniziativeassunteneglianniprecedentihannotrovatopienaattuazione.Il2016,quindi,èstatoverosimilmen-teunannoincuilaglobalizzazionehacontinuatocomeminimoanonespandersi.Daque-stosipuòdedurrelaconclusionechediventasemprepiùcrucialelavoraresullapercezionedellaglobalizzazione,perchélalibertàdiscambiorichiedeanzituttounapresadicoscienzachedevepoitradursinellarimozionenonsolodegliostacolidipiùlungadata,maanchediquellichesonostatiinseritinelledisciplinenazionalinegliultimianni.
Figura 6 – Rappresentazione grafica dell’Indice della globalizzazione (1994-2015) e varianza dei risultati.
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5. Come e perché conviene “globalizzarsi”Per“testare”lasignificativitàdell’Indicedellaglobalizzazioneabbiamoprovatoametterloinrelazioneconunaseriedivariabilimacroeconomiche.Obiettivodell’esercizioèduplice:a)verificarechel’Indicedanoielaboratohaunarelazioneeffettivaconalcunevariabilidiinte-resse;b)verificaresetalerelazioneassumeilsegnoatteso.Peresempio,allalucediquantodetto,ciaspettiamoditrovareunacorrelazionepositivatral’Indicedellaglobalizzazioneeleprincipalimisuredellaperformance economica(comeilPilprocapite).
Naturalmenteèdoverososottolineareche lacorrelazionenon implicanecessariamentel’esistenzadiunnessodicausalità:duevariabilipossonoesserecorrelateperchéunacausal’altra (o viceversa),ma anche perché entrambe dipendono da una terza variabile nonosservata, o ancora per ragioni del tutto casuali.Non è nostro obiettivo fare verificheeconometricheinmerito,ancheselasceltadellevariabiliacuiguardareèdettatapropriodallaletteraturacitata.
Percominciare,osserviamochel’Indicedellaglobalizzazionepresentaunafortecorrelazio-nepositivacolPilprocapite(espressoaparitàdipotered’acquisto).Questoèfacilmenteosservabile nell’evoluzione del valoremedio dell’Indice e del Pil pro capite (espresso aparitàdipotered’acquisto)neltempo(Figura7),siaosservandonelavariabilitàtrapaesineisingolianni(Figure8-10).
Figura 7 – Serie storica dell’Indice della globalizzazione e del Pil globale pro capite a parità di potere d’acquisto.
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
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Figura 9 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto (2005).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Figura 8 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto (1994).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Figura 10 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto (2015).
Figura 12 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e il tasso di disoccupazione complessivo (2015).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Figura 11 – Andamento nel tempo dei valori medi dell’Indice della globalizzazione e del tasso di disoccupazione comples-sivo.
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
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Figura 14 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e il tasso di disoccupazione giovanile (2015).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Figura 13 – Andamento nel tempo dei valori medi dell’Indice della globalizzazione e del tasso di disoccupazione giovanile.
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Figura 15 – Andamento nel tempo dei valori medi dell’Indice della globalizzazione e del tasso di disoccupazione femminile.
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
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Figura 16 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e il tasso di disoccupazione femminile (2015).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Infine,ilnostroIndicepresentalarelazioneattesaancheconunaseriediindicatorisocialiedi sostenibilità. Inparticolare, ipaesipiùesposti alla globalizzazione tendonoadaveremenodiseguaglianzeinterne(Figura17),unpiùelevatoIndicediGenderParityneltassodiscolarizzazioneperlafasciadietà15-24anni(Figura18)eminorilivellidiinquinamento(Figura19).Èevidenteche,sevolessimointerpretareinsensocausalequestecorrelazioni,il principale canale attraverso cui l’esposizione alla globalizzazione potrebbe influenzarlesarebbequellodelPilprocapite.Èperòsuggestivopensarechesiapropriolaconsapevo-lezzadipartecipareallacomunitàglobaleaspiegareilmaggiorlivellodiprogressosocialeneipaesipiùapertiagliscambi.
Figura 17 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e l’Indice di Gini (2012).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale. Nota: Australia, 2010, Giappone 2008, Germania e India e Sud Africa, 2011, Indonesia e Stati Uniti, 2013: anno globalizzazione corrispondente.
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Figura 19 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e la percentuale della popolazione esposta a livelli di inquinamen-to dell’aria eccedenti gli standard WHO.
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca Mondiale.
Figura 18 – Correlazione tra l’Indice della globalizzazione e l’Indice di parità di genere nel tasso di scolarizzazione per la fascia di età 15-24 anni (2015).
Inquestaprospettiva,èparticolarmenteinteressanteilruolochepossonogiocareleim-presemultinazionalisottoalmenotreprofilidifferenti,tuttipositivi–echevannoaldilàdellabanaleconstatazionecheleimpresedimaggioridimensioniepiùinternazionalizzatetendonoagenerareoccupazionepiùstabileemeglioremunerata.Inprimoluogo,lemul-tinazionalisonol’esempiopiùevidente–siaperlaloroorganizzazioneinterna,siaperlesceltechecompionorispettoaiproprifornitori–diintegrazioneglobaledellecatenedelvalore.Essecontribuisconoquindiaportareneipaesi incui si stabilisconoesattamentequellaculturadell’aperturacheèlaprecondizionepercontrastareipopulismi.Seconda-riamente,lemultinazionalisonounveicolofondamentaledidiffusionedellaconoscenzaeditrasferimentotecnologico.Nonsoloper le lorodimensioni(checonsentonorilevantiinvestimentiinattivitàdiricercaesviluppo)maancheperlalorostessastrutturaleimpre-semultinazionalisonounimportantevolanodiinnovazione.Interzoluogo,lapresenzadiimpresemultinazionali–chetipicamentediversificanoiloroprocessiproduttiviinseguendolaspecializzazioneinternazionaledelvalore–rappresentaunaspettovisibileechiaramenteriscontrabilenellaconcretezzaquotidianadeibeneficidellaglobalizzazione.
Figura 22 - Peso del settore manifatturiero e Indice della globalizzazione (2015).
Fonte: elaborazione su dati IBL, Banca mondiale. Nota: i dati per la Bulgaria e il Canada non sono disponibili, mentre i dati per Stati Uniti e Giappone si riferiscono al 2014.
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6. Globalizzazione e attrattività: il caso dell’ItaliaPercapirelaposizionerelativaaldelnostropaese,laTabella4loconfrontacolpaesechesièpiùdistanziatodallafrontieraneltempo:comesipuòosservare,ilnostropaeseèlontanodalleprimeposizioninellaclassifica,purcollocandosinellaprimametà,eosservandounrelativomiglioramentoneltempo.
Lungo l’interoperiodoconsiderato, l’Italiaoccupaunaposizione attornoallametàdellaclassifica.Questorisultatoèprincipalmentedovutoall’oppostoposizionamentochel’Italiaottieneinduedeitre indicatorisucuiècostruito l’Indice. Infatti, l’Italiaapparecomeunpaese estremamente globalizzato se si guarda agli scambi commerciali, mentre sembraun’economiarelativamentechiusasecisiconcentrasugliinvestimentidirettiesteri.Questolasciaintenderechevisianoenormispazidimiglioramentoedicrescita,sesoloilnostropaesesapràadottarequelleriformeingradodirimuoveregliostacoliagliinvestimenti(fi-sco,giustizia,lavoro,liberalizzazioni,ecosìvia).
AdjustmenttoLargeChangesinTrade”,NBER Working Paper,no.21906.
BORENSZTEIN,E.,J.DEGREGORIOeJ.-W.LEE(1998),“Howdoesforeigndirectinvestmentaffecteconomicgrowth?”,Journal of International Economics,vol.45,no.1,pp.115-135.
L’Istituto Bruno Leoni (IBL), intitolato al grande giurista e filosofo torinese, na-sce con l’ambizione di stimolare il dibattito pubblico, in Italia, promuovendo in modo puntuale e rigoroso un punto di vista autenticamente liberale. L’IBL intende studiare, promuovere e diffondere gli ideali del mercato, della proprie-tà privata, e della libertà di scambio. Attraverso la pubblicazione di libri (sia di taglio accademico, sia divulgativi), l’organizzazione di convegni, la diffusione di articoli sulla stampa nazionale e internazionale, l’elaborazione di brevi studi e briefing papers, l’IBL mira ad orientare il processo decisionale, ad informare al meglio la pubblica opinione, a crescere una nuova generazione di intellettuali e studiosi sensibili alle ragioni della libertà.
La nostra filosofia è conosciuta sotto molte etichette: “liberale”, “liberista”, “in-dividualista”, “libertaria”. I nomi non contano. Ciò che importa è che a orien-tare la nostra azione è la fedeltà a quello che Lord Acton ha definito “il fine politico supremo”: la libertà individuale. In un’epoca nella quale i nemici della libertà sembrano acquistare nuovo vigore, l’IBL vuole promuovere le ragioni della libertà attraverso studi e ricerche puntuali e rigorosi, ma al contempo scevri da ogni tecnicismo.