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PIANO DI FORMAZIONE PER DOCENTI NEOASSUNTI - A.S. 2018-19 LABORATORIO FORMATIVO Gestione della classe e delle problematiche relazionali - LICEO CLASSICO “GALLUPPI” - CATANZARO - IC MOMTALTO UFFUGO-TAVERNA PROF.SSA ROSSANA PERRI – DIRIGENTE SCOLASTICO
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LABORATORIO FORMATIVO Gestione della classe e delle ... · Scrive Daniel Pennac in Diario di scuola a proposito di una possibile correlazione tra una classe e un'orchestra. «Ogni

Jun 22, 2020

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PIANO DI FORMAZIONE PER DOCENTI

NEOASSUNTI - A.S. 2018-19

LABORATORIO FORMATIVO

Gestione della classe e delle problematiche

relazionali

- L I C E O C L A S S I C O “ G A L L U P P I ” - C A T A N Z A R O

- I C M O M T A L T O U F F U G O - T A V E R N A

P R O F . S S A R O S S A N A P E R R I – D I R I G E N T E S C O L A S T I C O

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UNITÀ FORMATIVA:

GESTIONE DELLA CLASSE

NUOVE PROBLEMATICHE RELAZIONALI

PROBLEMA CRUCIALE PER LA GRAN PARTE DEGLI

INSEGNANTI

I DISCENTI REALI SONO MOLTO DIVERSI DA QUELLI

TRATTEGGIATI NEI LIBRI E NEI CORSI UNIVERSITARI

PRESUPPOSTO INIZIALE VOLTO AD ATTIVARE E

GUIDARE PROCESSI DI CRESCITA E

TRASFORMAZIONE

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GESTIRE LA CLASSE SIGNIFICA NON SOLO

MANTENERE LA DISCIPLINA ,MA PROMUOVERE NEL

DISCENTE UN ATTEGGIAMENTO POSITIVO NEI

CONFRONTI DELL’OFFERTA EDUCATIVO-

DIDATTICA

CONDURRE LA CLASSE VUOL DIRE

FARE I CONTI CON LA COMPLESSITÀ DI UN

GRUPPO

INTEGRARE LA CONOSCENZA DEL GRUPPO CON IL

PROPRIO MODO DI INSEGNARE

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GESTIRE LA CLASSE IN MODO

EFFICACE SIGNIFICA DARE VITA A

UNA CLASSE INCLUSIVA

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GESTIONE DELLA CLASSE = INSIEME

DELLE AZIONI MESSE IN ATTO DAL

DOCENTE PER PROMUOVERE

L’INTERESSE E LA PARTECIPAZIONE

DELL’ALLIEVO VERSO LE ATTIVITÀ

DIDATTICHEE PER COSTRUIRE UN

OTTIMALE, SIGNIFICATIVO, PRODUTTIVO

AMBIENTE DI LAVORO

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SCOPO FINALE È APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO

OSSIA

ATTIVO E INTENZIONALE (SOGGETTO ATTIVO

COSTRUTTORE DI CONOSCENZE)

COSTRUTTIVO (METTE INSIEME MATTONE DOPO

MATTONE CONOSCENZE PREGRESSE)

COLLABORATIVO

CONVERSAZIONALE (BASATO SUL DIALOGO)

RIFLESSIVO (VOLTO ALLA METACOGNIZIONE)

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La gestione della classe in sintesi

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La gestione della

classe

cos’è

L’affrontare la

complessità del

gruppo classe e delle

sue dinamiche

interne

cosa comporta

- scelte

organizzative e

didattiche

- promozione della

partecipazione e

stimolazione

dell’interesse

cosa richiede

- creare luoghi fisici e

virtuali di apprendimento

- ripensare il ruolo

dell’insegnante

- porre attenzione ai

bisogni degli alunni

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I nucleo tematico

Contenuti formativi

Identità personale e professionale

Funzione docente

Il nuovo profilo del docente

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Carta di identità

Nome: …

Cognome: …

Professione: DOCENTE

Segni particolari: appassionato, brillante e

competente

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IDENTITÀ PERSONALE E PROFESSIONALE

- Chi sono?

-Da dove vengo?

(carattere, attitudini,

bisogni, desideri,

esperienze di vita)

- Dove vado o dove voglio

andare?

-Come metto a servizio della

mia professione la mia

identità personale?

-Cosa chiedono il “sistema”

nazionale e quello europeo al

mio lavoro di docente? Cosa

chiede la società al mio

lavoro di docente?

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Da dove siamo partiti?

Funzione docente

D.Lgs. 16-4-1994, n. 297 (T.U. delle leggi sull’istruzione)

L’art. 395 definisce la funzione docente come

"esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione

della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e

di impulso alla partecipazione dei giovani a tale

processo e alla formazione umana e critica della loro

personalità"

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1. La funzione docente realizza il processo di

insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo

sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli

alunni, sulla base delle finalità e degli obiettivi

previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari

ordini e gradi dell’istruzione.

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NUOVO CCNL COMPARTO SCUOLA

- art. 27 - PROFILO PROFESSIONALE DOCENTE

1. Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze

disciplinari, informatiche, linguistiche, psicopedagogiche,

metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali, di

orientamento e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro

correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare

dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di

sistematizzazione della pratica didattica. I contenuti della

prestazione professionale del personale docente si definiscono

nel quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema

nazionale di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel

piano dell’offerta formativa della scuola.

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La "fatica" di insegnare!

DISAGIO DEL DOCENTE

derivante dalla DIFFICOLTÀ di intercettare attenzione e motivazione

degli studenti

IPOTESI

Perdita di prestigio sociale

Modello di insegnamento che non funziona più

Retroterra culturale povero della popolazione adulta e, quindi, dei

genitori

Tecnologie dell’informazione e della comunicazione cattive maestre

Crisi dell’adulto

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RIPENSARE IL PROPRIO RUOLO

Un docente può essere efficace solo se ha

consapevolezza della propria identità, del proprio

ruolo, delle aspettative su di sé, del suo «alunno

interno» che deve fare i conti con il multiforme alunno

reale, i suoi bisogni, le sue diversità

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IL DOCENTE IERI

Trasmettere i contenuti legati alla propria

disciplina

Tenere/assicurare l’ordine

IL DOCENTE OGGI

Proporre un’offerta formativa

chiarendone la validità e indicando la

strada per il successo scolastico

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Dove stiamo andando?

Il nuovo profilo del docente

DOCENTE = facilitatore

organizzatore

regista e animatore

consulente

negoziatore di conoscenze

sperimentatore e ricercatore

esperto di didattica

educatore

valutatore

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COMPITO PRINCIPALE DEL DOCENTE: favorire/facilitare l’apprendimento

attraverso conoscenza degli obiettivi e delle tecniche

per il loro raggiungimento considerando

aspetto cognitivo e psicologico-affettivo dell’apprendimento

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«Quando un bambino va a scuola, è come se fosse portato nel bosco, lontano da casa. Ci sono

bambini che si riempiono le tasche di sassolini bianchi, e li buttano per terra, in modo da saper trovare la strada di casa anche di notte, alla luce

della luna. Ma ci sono bambini che non riescono a fare provvista di sassolini e lasciano delle briciole di pane secco come traccia per tornare a casa. È una traccia molto fragile e bastano le formiche a cancellarla: i bambini si perdono nel bosco e non

sanno più tornare a casa. »

(Andrea Canevaro)

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DOCENTE COME DIRETTORE D’ORCHESTRA CHE GESTISCE

DINAMICAMENTE LE ATTIVITÀ DI APPRENDIMENTO, COMPIE SCELTE

STRATEGICHE, è PRONTO AD «AGGIUSTARE IL TIRO»

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Scrive Daniel Pennac in Diario di scuola

a proposito di una possibile correlazione tra una classe e un'orchestra.

«Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri

musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che

suona la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri

che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che

diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il

loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine

anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma

conoscerà la stessa musica»

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Formazione del docente essenziale per la

crescita professionale e l’esercizio consapevole

del proprio ruolo

- Iniziale

- In servizio

- Durante l’arco della vita (LLP)

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CHI È IL DOCENTE OGGI? (ISABELLA MILANI, L'ARTE DI

INSEGNARE - VALLARDI)

Qual è l'identikit dell'insegnante ideale ai nostri giorni?

E' lo stesso di sempre: già Quintiliano, quasi duemila

anni fa, parlava di un insegnante serio ma non cupo,

affabile ma non sguaiato, che non doveva avere i vizi

che non ammetteva negli altri, che doveva essere

disponibile, spiegare, conoscere anche il mondo nel

quale vivono i suoi alunni: non può fingere che il

mondo non sia cambiato.

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Un insegnante deve essere un insegnante, un

educatore disponibile a vedere al di là di quello

che il ragazzo appare: non un amico, non uno

psicologo, non un genitore, ma una persona che

vuole aiutare l'alunno a tirare fuori il meglio di

sé, motivandolo, trasmettendogli il desiderio di

imparare. Deve insegnare ad imparare. Non

basta insegnare. Bisogna voler insegnare. Non

si può diventare insegnanti per ripiego.

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Un insegnante autorevole deve avere tutti questi

requisiti: deve essere giusto, onesto, coerente,

forte, comprensivo, gentile, rispettoso,

equilibrato, serio e misurato. Un insegnante

deve essere preparato, non solo sulla sua

materia, ma anche su tutto quello che

riguarda le problematiche dei ragazzi.

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UN DECALOGO PER I DOCENTI?

1) Prima date e poi chiedete: agli alunni date rispetto, attenzione, coerenza, comprensione. Prima voi. 2) Entrate in classe pieni di entusiasmo: l'entusiasmo è contagioso. Come la noia. 3) Ricordate che anche i ragazzi difficili sono vostri alunni: non sono maleducati, ma male educati; hanno bisogno di aiuto più degli altri. 4) Mettetevi sempre in discussione. Aggiornatevi, leggete, studiate, confrontatevi. 5) Fate sentire ai ragazzi che volete aiutarli e che vi interessano. Diteglielo.

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6) Date molta importanza alle regole e rispettatele voi

per primi.

7) Avere una buona autostima è essenziale: gli alunni vi

vedono come vi vedete voi. Se non vi stimate non vi

stimeranno neanche loro.

8) Privilegiate concetti e metodi: i puri contenuti si

trovano anche nel web.

9) La lezione perfetta è quella che costruite insieme agli

alunni. È un dialogo, non un monologo. Non si può

apprendere senza partecipare.

10) Per essere autorevoli dovete essere preparati e

guadagnarvi la fiducia e il rispetto dei ragazzi.

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DOMANDA PRELIMINARE AD OGNI

AZIONE DIDATTICA

A COSA SERVE CIÒ CHE FACCIO E LA

DISCIPLINA CHE INSEGNO?

SEGUITA DA ALTRE DOMANDE…

QUALI SONO GLI OBIETTIVI CHE MI

PREFIGGO?

COME CONVINCO I MIEI STUDENTI

DELL’UTILITÀ DI CIÒ CHE OFFRO LORO?

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LA RISPOSTA A QUESTE DOMANDE STA NELLA

COSTRUZIONE DELLA NOSTRA

CONSAPEVOLEZZA DI ESSERE “DOCENTI”

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DARE UN “SENSO PRATICO” AL NOSTRO

LAVORO CONTRIBUISCE A:

- STRINGERE UN “PATTO FORMATIVO” TRA

DOCENTI E DISCENTI

- CREARE MOTIVAZIONE BASATA NON SUL

DOVERE, MA SUL PIACERE E/O SUL BISOGNO

MI PIACE QUELLO CHE FACCIO E IMPARO; MI

SERVE CIÒ CHE APPRENDO PER…

CREARE IL BISOGNO!

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II NUCLEO TEMATICO

Contenuti formativi:

o Il gruppo classe: caratteristiche,

costruzione del gruppo (“gruppo non si

nasce, gruppo si diventa”)

o conduzione del gruppo (costruzione di

regole, assegnazione dei ruoli, gestione

delle relazioni e dei conflitti)

o progettazione e costruzione di ambienti

di apprendimento (luogo fisico o

virtuale e luogo mentale)

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La classe, esempio di «biodiversità»:

è un gruppo che non ha scelto di stare insieme ma si è

trovato a stare insieme

complesso, multiforme, fatto di una molteplicità di

bisogni, vissuti, aspettative, motivazioni, desideri

(ostacoli/risorse)

ha un suo ciclo di vita: nasce-cresce-muore

gruppo non di nasce ma si diventa

QUINDI

occorre costruirlo e gestirlo o meglio condurlo

Per fare questo è necessario conoscerlo a fondo

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CHI C’È IN CLASSE?

Alunni con problematiche particolari

Alunni volenterosi, brillanti e motivati

Alunni svogliati, annoiati e demotivati

Alunni male-educati

Alunni con disabilità

Alunni con disturbi specifici

Alunni stranieri portatori di sistemi valoriali e

culturali «altro da noi»

UNA CLASSE…TANTE CLASSI

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RICORDARE:

IN UNA CLASSE CI SONO TANTE CLASSI!

UN BRAVO INSEGNANTE COGLIE LE DIVERSITÀ

DI STILI E TEMPI APPRENDITIVI, DI CARATTERE E

PERSONALITÀ VOLGENDOLE IN ELEMENTI

PRODUTTIVI

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UN OSTACOLO PRELIMINARE

I VISSUTI E GLI STATI EMOTIVI

BISOGNA CONSIDERARE I VISSUTI DI

BAMBINI E RAGAZZI.

LE ESPERIENZE ANCHE DEI PRIMI ANNI DI

VITA HANNO UNA FORTE INCIDENZA

SULLA MOTIVAZIONE SCOLASTICA.

È NECESSARIA UNA EDUCAZIONE

SENTIMENTALE, UNA EDUCAZIONE DELLE

E ALLE EMOZIONI

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Maslow (psicologo statunitense)

L’impegno scolastico adeguato scaturisce dalla

preliminare risoluzione dei bisogni di mancanza

rispetto a quelli di crescita

BISOGNI DI MANCANZA legati alla vita

psicofisica:

- Fisiologici

- Di sicurezza

- Di appartenenza e amore

- Di stima

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BISOGNI DI CRESCITA legati alla sfera più alta dell’uomo: - Di autorealizzazione - Di conoscenza - Estetici

I BISOGNI DI CRESCITA diventano importanti solo quando I BISOGNI DI MANCANZA vengono pienamente soddisfatti Un bambino/ragazzo non può rispondere alle proposte educativo-didattiche in classe se a casa non trovano soddisfazione i bisogni primari

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Non esiste una definizione di “gruppo”

valida una volta per tutte, ne esistono

diverse e diverse sono anche le correnti

di pensiero che si sono avvicendate (con

maggiore o minore fortuna) su di esso. Si

può, comunque, definire il “gruppo”

come un insieme di persone interagenti,

con un forte senso di appartenenza (al

gruppo appunto), legati da un

interesse/obiettivo comune.

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E ancora,

il gruppo è una pluralità in

interazione coesa vincolata da un

legame.

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Entrando in un gruppo ogni membro

costruisce le proprie relazioni interpersonali

sulla base dei propri bisogni e delle proprie

necessità attraverso l’inevitabile negoziazione

con il gruppo stesso. Inizialmente, dunque, ci

troviamo di fronte ad una semplice interazione

fra individui, volta a soddisfare i bisogni

soggettivi senza alcuna mediazione; interazione

caratterizzata dall’influenzamento reciproco dei

membri (adattarsi agli altri e far adattare gli

altre a sé); dal fare insieme; dall’agire

contingente legato a vincoli spazio-temporali

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Durante l’interazione nel gruppo si

sviluppa quel fenomeno noto come

coesione, ossia l’emergere delle

uguaglianze che consente ai membri di

sentirsi parte del gruppo e di fissare i

legami.

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La coesione sta alla base della formazione del

gruppo, tuttavia essa non è necessariamente

sinonimo di solidarietà o positività: la coesione,

infatti, può esprimersi anche attraverso un

legame fondato su sentimenti di ostilità e di

forte conflittualità. Se non ci fosse coesione ci

sarebbe indifferenza, ossia mancanza della

percezione di appartenere ad un gruppo

(membership).

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Il legame è, infine, quella sorta di vincolo che si

instaura fra gli individui facenti parte del gruppo.

Tale legame è caratterizzato da fatti di ordine

psicologico (bisogni, desideri, ecc.), ma

soprattutto è caratterizzato da un duplice

atteggiamento: da una parte il provare un forte

senso di appartenenza nonché sentimenti di tipo

affiliativo verso un insieme, dall’altra il provare

sentimenti di contrapposizione verso gli individui

di questo insieme.

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La sola interazione non basta, però. Il

gruppo può dirsi davvero tale quando

dall’interazione passa all’integrazione

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L’interazione porta alla fusione,

l’integrazione allo scambio.

L’integrazione, per dirla con Quaglino, è

«consapevolezza dei bisogni di tutti,

armonizzazione dei bisogni individuali nei

bisogni del soggetto gruppo, valorizzazione

delle funzioni e delle capacità di soddisfazione

su un piano diverso da quello individuale».

Cfr. G. P. Quaglino, Gruppo di lavoro, lavoro di

gruppo, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1996,

p. 34.

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L’integrazione genera la

collaborazione, che porta ad un lavoro

comune, ad una partecipazione attiva di

tutti i membri; essa comporta la fiducia

fra i membri, la negoziazione di obiettivi,

metodi, ruoli e infine la condivisione

delle decisioni e degli esiti del lavoro.

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L’integrazione rappresenta il gruppo come luogo

in cui soddisfare i propri bisogni, anche se le

inevitabili diversità presenti nel gruppo sono

sempre fonte di modificazione dei bisogni

individuali. I bisogni individuali che il gruppo è in

grado di soddisfare sono fondamentalmente quelli

di stima, autostima, identità, sicurezza degli

individui. La stima e l’autostima sono

interconnesse: più ci si sente apprezzati e valutati

dall’ambiente circostante (stima) e più cresce

l’apprezzamento nei confronti di se stessi

(autostima).

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Al bisogno di stima e autostima è

fortemente legato quello di identità:

quanto più una persona conosce le

proprie caratteristiche, idee, capacità,

aspettative, tanto più è consapevole del

contributo che può offrire al gruppo e

tanto più sarà in grado di ricevere un

feedback dal gruppo, anche se questo non

coincide esattamente con l’immagine che

la persona ha di sé.

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Il bisogno di sicurezza è certamente

quello più primitivo che il gruppo può

soddisfare. Da sempre, infatti, si sa, il

gruppo protegge dalla realtà esterna,

sottrae alle responsabilità individuali, è,

insomma, utilizzando una bella immagine

di Quaglino, «un contenitore opaco che

mostra solo quello che vuole».

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All’interno di un gruppo di lavoro/gruppo

classe (ciò si riscontra, comunque, anche in un

gruppo generico) agiscono delle componenti per

così dire “psicologiche” che sono intrinseche ad

esso e perciò ineliminabili. Esse sono:

membership, groupship e leadership.

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Membership. La membership è

propriamente “l’essere membro” ed è

condizione indispensabile per l’esistenza

del gruppo, ma non è sufficiente alla sua

costituzione.

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Groupship. La groupship è “l’essere gruppo”,

rappresenta il sentimento di appartenenza da

parte dei membri al gruppo: se la membership,

infatti, è la soddisfazione dei propri bisogni nel

gruppo, la groupship è la soddisfazione dei

bisogni del gruppo (essa è il fondamento del

gruppo di lavoro).

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Leadership. La leadership svolge una

funzione di equilibrio, bilanciando e

garantendo sia la soddisfazione dei

bisogni individuali (membership) sia di

quelli di gruppo (groupship). La

membership, infatti, esercita sul gruppo

una forza centrifuga che tende a

rompere il legame di appartenenza: più

le persone si differenziano esprimendo

bisogni particolari, meno avvertiranno la

necessità di soddisfarli in gruppo.

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La groupship, dal canto suo, tendendo

alla soddisfazione dei bisogni del gruppo

attraverso la riduzione progressiva della

soddisfazione dei bisogni individuali,

esercita una forza centripeta che tende al

soffocamento del contributo individuale.

La leadership rappresenta la soluzione:

essa consente alle due fasi di coesistere in

un equilibrio quasi stazionario. Ogni

gruppo ha sempre un leader (ma può

averne anche più di uno) che è necessario

per il mantenimento del “sistema

gruppo”.

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La nascita di un gruppo è caratterizzata

da alcune fasi fondamentali:

1. Formazione: in questa fase gli individui

fanno conoscenza gli uni con gli altri e

familiarizzano con il contesto e con il

compito che ciascuno deve affrontare;

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2. Effervescenza: vengono in superficie i conflitti

e le differenze individuali ed emerge la

competizione;

3. Regolamentazione: i conflitti sono risolti

attraverso la creazione e l’accettazione delle

norme di gruppo;

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4. Esecuzione: in questa fase conclusiva

viene costituito un modello stabile di

relazioni personali in funzione del

compito, tale da permettere al gruppo di

affrontare le sue funzioni normali.

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La conduzione del gruppo classe deve prevedere:

- la scelta e la definizione dell’obiettivo;

- l’assunzione di un metodo di lavoro;

- la definizione/ suddivisione dei ruoli all’interno del gruppo;

- l’assunzione di regole;

- la costruzione del clima del gruppo;

- l’attenzione alle dinamiche relazionali

- la risoluzione dei conflitti

- la progettazione e costruzione di ambienti di apprendimento

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L’obiettivo rappresenta il fine che si

vuole perseguire, la motivazione che è

alla base della costituzione del gruppo;

esso deve essere chiaro e condiviso da

tutti i membri e deve trovare diretto

riferimento e immediata traduzione nel

linguaggio della classe e del docente ossia

nei termini dei risultati da raggiungere.

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La definizione di un metodo di lavoro, ossia

di quella regola di lavoro che organizza la

vita del gruppo, in vista di determinati

obiettivi; esso è un procedimento che deve

essere pianificato nelle sue fasi e in ciò

risiedono le maggiori difficoltà, specie

nell’avvio dell’attività. Gravi sono le

conseguenze dell’assenza di una regola

comune nei gruppi di lavoro:

improduttività, mancanza di pragmatismo,

formazione di sottogruppi.

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Il gruppo di lavoro/gruppo classe è fatto al suo

interno di ruoli che sono lo specchio della

diversità individuale: ogni ruolo è ricoperto in

base alle competenze e capacità personali e alle

attese reciproche dei membri, dando origine a

comportamenti distinti e relativamente

prevedibili. Attraverso la distinzione dei ruoli si

creano aree di azione individuale all’interno

dello spazio gruppale, delimitate da una

dinamica di diritti e doveri corrispondente alle

attese del gruppo nei confronti di chi ricopre il

ruolo.

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Le competenze individuali (cui si faceva

riferimento sopra) che indirizzano

l’assegnazione dei ruoli, non sono solo

specifiche capacità tecnico-specialistiche,

ma fanno riferimento ad abilità più ampie

(soft skills).

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STABILIRE LE REGOLE

Un gruppo deve darsi delle regole per poter vivere

e vivere bene

Poche

Necessarie

Condivise

Funzionali

Chiare e ragionevoli

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Un buon sistema è quello di creare in ogni

classe coi bambini/alunni un elenco di

regole, oltre che una carta dei diritti e dei

doveri da tenere sempre ben visibili in

aula.

Ogni infrazione da parte di un membro

del gruppo classe dovrà essere segnalata

dagli altri, portata all’attenzione e

discussa. Un po’ come farebbe un arbitro

attento e scrupoloso nel condurre una

partita. P R O F. S S A R O S S A N A P E R R I - D I R I G E N T E

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Il clima del gruppo è l’insieme delle

percezioni, dei sentimenti, delle opinioni

dei membri relativamente alla qualità

dell’ambiente e del contesto in cui

operano. Il clima varia in relazione ai

cambiamenti cui il gruppo è sottoposto e

in relazione ai cambiamenti

dell’ambiente esterno al gruppo.

Il clima è, inoltre, strettamente

correlato alla cultura che il gruppo

sviluppa nel corso della sua attività/del

suo agire. P R O F. S S A R O S S A N A P E R R I - D I R I G E N T E

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Il clima di classe

Negativo = emozioni spiacevoli, disagio,

demotivazione, reazioni più o

meno violente e sregolate,

mancanza di collaborazione,

avversione, inadeguatezza

Positivo = adeguatezza rispetto ai compiti e

alle attività, atmosfera accogliente,

collaborativa, serenità, terreno fertile per un

apprendimento significativo

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Dalle Indicazioni per il curriculo

“Particolare cura è necessario dedicare alla

formazione della classe come gruppo, alla

promozione dei legami cooperativi fra i suoi

componenti, alla gestione degli inevitabili

conflitti indotti dalla socializzazione”

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COME SI CREA UN CLIMA POSITIVO?

Come per il clima meteorologico, così per la

misurazione del clima di gruppo esiste una serie

di indicatori.

In sintesi il clima di gruppo è buono quando:

c’è il giusto sostegno e calore; rispetto e

attenzione per l’allievo

i ruoli sono riconosciuti e viene dato il giusto

valore alle capacità dei membri;

la comunicazione è aperta, franca, trasparente e

fornisce feedback chiari sui comportamenti e

sui risultati;

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gli obiettivi sono chiari e definiti;

il metodo assunto è teso positivamente al

raggiungimento dei risultati.

In buona sostanza:

- ascoltare gli alunni

- sorridere

- gratificarli

- dargli fiducia e infondergli coraggio

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Le dinamiche relazionali

Il gruppo è relazione

La relazione efficace secondo Rogers

(1976) deve possedere tre qualità:

GENUINITÀ

STIMA/FIDUCIA NELL’ALTRO

COMPRENSIONE EMPATICA

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BISOGNA RICORDARE CHE PER IL

«SISTEMA CLASSE» VALE IL

PRINCIPIO OLOGRAMMATICO:

«IL SINGOLO DETERMINA L’INSIEME

CHE DETERMINA IL SINGOLO»,

QUINDI LA PARTITA GIOCATA SUL

PIANO DELLE RELAZIONI

ALL’INTERNO DELLA CLASSE È

FONDAMENTALE

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TIPI DI RELAZIONE NELLA SCUOLA

- Relazione INSEGNANTE-ALUNNO/I: il

docente mette in atto la «dominanza»,

ossia la propria autorevolezza, sicurezza,

determinazione, fermezza, personalità

forte

- Relazione ALUNNI-ALUNNI: favorire

strategie che portino ad una relazione

efficace (peer tutoring, cooperative

learning, didattica non competitiva)

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- Relazione INSEGNANTE-INSEGNANTI: il

successo e il corretto funzionamento delle classi

non può prescindere dal lavoro di squadra,

dalla coesione di un team affiatato che

scaturisce dal

programmare insieme

creare spazi fissi nella settimana di scambio

educativo-didattico

parlare lo stesso linguaggio e avere un modus

operandi comune con i bambini/ragazzi

avere fiducia nei colleghi e comunione di intenti

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- Relazione INSEGNANTE-FAMIGLIA:

l’alleanza educativa con le famiglie è

basilare; cercare delle forme efficaci di

collaborazioni è vitale

partecipare ai genitori le decisioni scolastiche

li rende corresponsabili

supportare i genitori a spingere i figli verso

una piena autonomia e forme di

responsabilizzazione

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implementare canali e modi per comunicare

alla famiglia i programmi, i progressi, il

comportamento e l’atteggiamento scolastico

dei figli

fornire alle famiglie indicazioni su come

supportare gli studenti a casa con i compiti o

con altre attività assegnate

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Il conflitto è un’esperienza assai nota a chi lavora

in gruppo e può essere definito come uno

scontro di forze opposte, rappresentate da idee,

interessi, competenze, capacità, bisogni. Queste

forze opposte sfociano in forme di antagonismo

e incompatibilità fra le persone. Il conflitto

genera un’interruzione del processo di

comunicazione e i motivi che lo innescano

possono essere di contenuto (riguardare cioè la

materia del contendere e quindi opinioni,

obiettivi, informazioni) e/o di relazione (relativi

dunque alla percezione, allo scambio reciproci).

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Il conflitto è un “dato di fatto” ineliminabile

all’interno della vita di gruppo, che deve essere

gestito al meglio, considerandolo un evento

positivo. Questo è possibile solo partendo dal

presupposto che esso rappresenta una

manifestazione assolutamente normale della

vita di relazione e che genera idee e creatività e

conoscenza dei processi relazionali. È necessario

gestire il conflitto affinché sia costruttivo e non

distruttivo e per gestirlo costruttivamente

occorre:

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uscire dalla logica del “di chi è la colpa”, che cerca il colpevole e utilizzare, invece, la logica del “perché è successo”, che individua le ragioni, le cause;

circoscrivere il disaccordo;

cogliere i sintomi del disagio per prevenire, se possibile, il conflitto; in caso contrario (ossia se il conflitto è esploso) non ignorarlo: esso è più facilmente gestibile se è attuale e non risente di tante situazioni accumulatesi nel tempo;

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evidenziare le differenze invece di appiattirle,

chiarendo i punti di vista che non sono stati

espressi in modo comprensibile per tutti;

cercare i punti di contatto tra le proposte

espresse, evidenziando gli spazi di accordo;

non mettere le ipotesi in concorrenza fra loro,

ma in relazione con obiettivi e compiti;

non personalizzare il conflitto;

saper ascoltare;

evitare comportamenti irritanti;

non raccogliere le sfide.

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NELLA GESTIONE DEI CONFLITTI È

IMPORTANTE FARE «ANALISI

FUNZIONALE» , OSSIA CERCARE DI

COMPRENDERE LA FUNZIONE

POSSIBILE DI UN COMPORTAMENTO

E IL SUO SIGNIFICATO IN

RELAZIONE AL CONTESTO IN CUI

NASCE, AGLI STIMOLI CHE LO

PRECEDONO E CHE LO SEGUONO.

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I COMPORTAMENTI REITERATI

SONO QUELLI CHE FUNZIONANO

APPUNTO, OSSIA QUELLI CHE SONO

FUNZIONALI AL SOGGETTO CHE LI

PONE IN ESSERE PERCHÉ È L’UNICA

RISPOSTA CHE L’ALUNNO HA

TROVATO PER FRONTEGGIARE IL

DISAGIO CHE VIVE

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I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI CHE

SCATENANO I CONFLITTI NON NASCONO

NEL VUOTO, MA SI ANNIDANO IN UN

CONTESTO RELAZIONALE.

QUINDI PER INTERVENIRE SUL

COMPORTAMENTO PROBLEMATICO SI

DEVE MODIFICARE ANCHE IL CONTESTO:

DINAMICHE RELAZIONALI DI TUTTI GLI

ATTORI – COMPRESO IL DOCENTE – CHE

ENTRANO IN RAPPORTO CON L’ALUNNO

CONFLITTUALE-PROBLEMATICO

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COSTRUIRE E PROGETTARE AMBIENTI DI

APPRENDIMENTO

MODALITÀ DI LAVORO. ALCUNI

SUGGERIMENTI…

L’AULA COME REALTÀ FISICA CHE

RAPPRESENTA IL CONTESTO DIDATTICO

DIVIENE ALLEATA PREZIOSA PER LA

RIUSCITA DELLE ATTIVITÀ:

DISPOSIZIONE DEI BANCHI SEMPRE

FUNZIONALE ALL’ATTIVITÀ DA SVOLGERE

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Es. disposizione a semicerchio garantisce la giusta equidistanza

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SFRUTTARE IN MANIERA EQUILIBRATA

TUTTO LO SPAZIO A DISPOSIZIONE.

IMPORTANTE È ASSICURARE:

- EQUIDISTANZA GLI UNI DAGLI ALTRI PER

GARANTIRE PARTECIPAZIONE DI TUTTI

- LA POSSIBILITÀ CHE TUTTI SI GUARDINO

IN VOLTO PER FAVORIRE LINGUAGGIO

PARA ED EXTRA LINGUISTICO

- IL CONTROLLO DEL TONO DELLA VOCE

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STESSA COSA VALE PER LE PARETI DELL’AULA:

RIEMPITELE DI CIÒ CHE CONTRIBUISCE A

CREARE UN AMBIENTE SERENO E RILASSATO

FAVORENDO L’APPRENDIMENTO (MATERIALE

AUTOPRODOTTO AD ES.)

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MODALITÀ DI LAVORO EFFICACI PER GLI STUDENTI:

- COPPIE O GRUPPI INDIVIDUATI SORTEGGIANDO,

APPLICANDO LA ROTAZIONE (IMPORTANTE: «TUTTI

DEVONO PARLARE CON TUTTI»), IL CRITERIO

DELL’OMOGENEITÀ DI LIVELLO O DELLA GIUSTA

MESCOLANZA DI COMPETENZE COSICCHÉ I PIÙ

COMPETENTI FACCIANO DA TUTOR PER I MENO

COMPETENTI O, ANCORA, MODALITÀ LUDICHE

SUGGERITE DALLA FANTASIA E DALLA CREATIVITÀ DEI

DOCENTI O DEGLI STESSI STUDENTI

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ESEMPI DI DISPOSIZIONE IN GRUPPO

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Ambiente di apprendimento

«…un luogo dove le persone possono lavorare

assieme e supportarsi l’un l’altro mentre usano

una varietà di strumenti e di risorse informative

nel loro compito di conseguire gli obiettivi di

apprendimento e di risolvere problemi» ( Wilson,

1996)

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«chi apprende in un “ambiente

d’apprendimento” autentico si impegna in una

molteplicità di attività differenti nel

perseguimento di altrettanto molteplici obiettivi

di apprendimento, con il formatore a svolgere il

ruolo di allenatore (coach) e di facilitatore»

(Perkins,1991)

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«l’apprendimento è sostenuto, ma non

controllato e diretto; un “ambiente

d’apprendimento” è, così, un luogo dove

l’apprendimento è stimolato e supportato»

(Wilson, 1996)

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“ambiente di apprendimento” evoca un contesto

aperto, ricco, fluido

“ambiente di apprendimento” luogo delle

esperienze di apprendimento,

dell’apprendimento significativo, della

riflessione, della condivisione, della costruzione,

dell’imparare a muoversi nella complessità e

nel cambiamento

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Ambiente di apprendimento e Indicazioni nazionali per

il curriculo

Gli ambienti di apprendimento rappresentano un

«luogo» privilegiato sul piano metodologico-didattico

per:

• valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni

• attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità

• favorire l’esplorazione e la scoperta

• incoraggiare l’apprendimento collaborativo

• promuovere la consapevolezza del proprio modo di

apprendere

• realizzare attività didattiche in forma di laboratorio

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Costruttivismo e ambienti di apprendimento

Ambienti di apprendimento hanno una matrice

costruttivista e il docente ne diventa il progettista

Essi «sono costruiti intenzionalmente per consentire

percorsi attivi e consapevoli in cui lo studente sia

orientato ma non diretto»

Sono «luoghi ricchi e variegati per esperienze possibili e

materiali di lavoro, caratterizzati da una forte

struttura, ma allo stesso tempo aperti e polisemici in cui

gli studenti possano aiutarsi reciprocamente,

utilizzando una varietà di strumenti e di risorse in

attività guidate»

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«Ambienti arricchiti da momenti di riflessione

individuale e collettiva, da domande euristiche e

da consegne che lo studente può affrontare

autodeterminando modi e percorsi, sulla base

del proprio stile, degli interessi e delle strategie

personali»

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Nella costruzione di un ambiente di

apprendimento il docente deve tenere sotto

controllo vari aspetti interagenti, alcuni dei

quali è importante vengano concordati con gli

alunni in modo da renderli effettivamente

partecipi della gestione e responsabili:

- ambiente fisico (spazi a disposizione,

sistemazione funzionale dell’aula …);

- tempi;

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- clima relazionale e operativo;

- aspettative;

- comportamenti, regole e vincoli

concordati;

- compiti ed attività;

- strumenti o artefatti, oggetto di

osservazione, lettura, argomentazione,

manipolazione.

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Progettare ambienti di apprendimento

comporta un decisivo mutamento di ruolo del

docente

“una diversa ripartizione del tempo di lavoro

dell’insegnante. Alleggerito il carico di lavoro in

aula, in gran parte dedicato all’osservazione e

alla discussione, aumenta il tempo

extrascolastico da impiegare nella

predisposizione del materiale di lavoro e nella

progettazione flessibile e plurima dei percorsi e

delle proposte operative” (Lodrini, 2002, p. 35).

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Il docente è chiamato all’ascolto e

all’osservazione

“con una partecipazione discreta e maieutica

[…] [l’attività di ascolto e osservazione] […]

assume finalità diagnostico-interpretative

avendo per oggetto non tanto il che cosa viene

detto e pensato, ma il come; non tanto

l’esplicito quanto l’implicito delle

verbalizzazioni e dei comportamenti; non tanto

le abilità attuali quanto quelle potenziali che

ogni studente esibisce” (Cosentino, 2002, p. 169)

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Secondo il costruttivismo:

- non esiste conoscenza oggettiva, ma ipotesi

interpretative viabili

- ogni individuo struttura la sua conoscenza a

partire dalle proprie esperienze, interpretate

mediante i propri schemi mentali

- non si possono “trasmettere” conoscenze

all’individuo

- la conoscenza è una costruzione attiva,

prodotta dall’attività cognitiva del soggetto in

relazione adattativa con la realtà

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la conoscenza ha carattere situato, ancorato

nel contesto concreto

la conoscenza si svolge attraverso forme di

collaborazione e negoziazione sociale

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IL RUOLO DELL’INSEGNANTE

NELL’OTTICA COSTRUTTIVISTA

L’insegnante non determina meccanicamente

l’apprendimento

L’insegnante e i materiali che propone sono

risorse di un processo in cui l’apprendimento

avviene in molti modi complessi

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Ambiente di apprendimento

Luogo fisico o virtuale:

- spazi a disposizione della didattica

- sistemazione funzionale dell’aula

- strumentazioni e sussidi

Luogo mentale:

- caratteristiche del compito

- modalità relazionali sollecitate

- azione di sostegno del docente (scaffolding)

- - clima emotivo e cognitivo.

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Negli Ambienti di apprendimento:

- si costruiscono, non si riproducono saperi

- l’apprendimento si situa in casi realistici

- la realtà si rappresenta nella sua complessità e molteplicità

- si mettono in campo pratiche riflessive e metacognitive

- si attua un apprendimento collaborativo (comunità di apprendimento)

- si utilizzano le TIC come strumento di supporto

- il discente autodetermina il percorso e gli obiettivi

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Nella gestione degli ambienti di apprendimento fondamentale è lo scaffolding del docente, ossia l’insieme delle azioni del docente prima, durante e dopo le attività.

Tale scaffolding deve essere fortemente strutturato e dettare:

- norme di cooperazione

- precise regole comportamentali

- modalità d’uso di strumentazioni

- responsabilizzazione nello svolgimento di compiti e attività

- tempi

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COSA FA IL DOCENTE?

Prima

- decide le modalità di lavoro (singolo/coppie/

gruppi,…) e la modalità di costituzione dei gruppi

- progetta in modo puntuale ma flessibile

l’articolazione dell’attività

- prepara i materiali e dà le indicazioni di lavoro

- predispone criteri/griglie di (auto)osservazione e di

(auto)valutazione dei lavori e degli apprendimenti

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DURANTE

- motiva creando aspettativa

- presenta e discute con la classe

• obiettivi

• compito

• procedure

- consegna indicazioni di lavoro scritte

- verifica che gli studenti abbiano capito

- illustra i criteri di valutazione

- osserva il lavoro della classe

- monitora l’interazione nei gruppi

- supporta e fornisce consulenza senza dare soluzioni

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DOPO

- raccoglie dati su

apprendimenti degli studenti

processi attivati

stimoli forniti

Ciò consente

feedback sui dati raccolti

discussione su lavoro svolto

obiettivi di miglioramento

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Come impara lo studente?

10% la lettura

20% l'ascolto

30% l'osservazione

50% l'osservazione e l'ascolto

70% la discussione con altri

80% le esperienze personali

95% la spiegazione agli altri

William Glasser

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“L’istruzione non è causa

dell’apprendimento, essa crea un contesto

in cui l’apprendimento prende posto

come fa in altri contesti”

Wenger 2002

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LE METODOLOGIE

Negli ambienti di apprendimento si opta per

una Didattica per compiti di realtà che deve,

cioè, prevedere un prodotto visibile e concreto e

che richiede di risolvere problemi con attività e

competenze complesse, all’interno di un

progetto pianificato

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Questo modello didattico attiva:

capacità ideative/organizzative/gestionali

capacità di reperimento di informazioni e risorse

capacità operative e valutative

Es. di attività: questionari, giornalini, libretti di istruzioni, guide culturali, organizzazione di viaggi…

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Il compito di realtà mette gli studenti

di fronte alla complessità che

caratterizza il mondo del lavoro e

consente loro di interagire con la

realtà e di modificarla

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Studio di caso

Scopo:

- riflettere sul processo necessario all’analisi sistematica di una situazione complessa

- esaminare la realtà attraverso la costruzione di dossier

- apprendere procedure (selezionare, classificare documenti, gerarchizzare informazioni, connettere, confrontare, formalizzare opinioni …)

le specifiche soluzioni adottate nel caso in esame restano in secondo piano (ciò che conta è il processo non tanto l’esito)

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Simulazioni

Scopo:

- apprendere attraverso l'esperienza modellizzando una realtà simulata

- costruire lo scenario riportando la complessità della situazione reale ad aspetti, personaggi e regole fondamentali

Se la simulazione viene gestita dal computer la costruzione dei modelli si svincola dalla materialità e quindi permette una generalizzazione adatta a ogni campo.

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Per porsi «in situazione» fondamentali sono alcune domande di senso da parte dei discenti:

Che caratteristiche e regole ha questa realtà?

Che valori e vincoli ha il mio personaggio? O il fenomeno da analizzare?

Come devo agire per ottenere risultati in questo ambiente?

Cosa succede se…?

Non viene richiesta la “risposta esatta”, ma una strategia coerente.

(Andrea Varani Università Milano-Bicocca)

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Role play

Nel gioco di ruolo viene drammatizzata una situazione

realistica

Gli studenti recitano a soggetto sulla base di un

canovaccio molto essenziale fornito preventivamente

dall’insegnante, in cui sono tratteggiati l’ambiente e le

caratteristiche fondamentali dei personaggi

Lascia spazio alla creatività

È una delle tecniche che si presta ad esprimere opinioni

e punti di vista, soprattutto nei livelli avanzati.

La classe può lavorare in gruppi e diventare una

riunione di condominio, un’aula di tribunale, una

famiglia, due squadre di tifosi a confronto.

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Negli ambienti di apprendimento si opta per una Didattica per problemi

Problema: una serie di fenomeni correlati tra loro che necessitano di una spiegazione.

Fasi:

1. individuazione del problema da risolvere

2. formulazione del problema

3. rilevazione dei dati pertinenti

4. articolazione in sotto-problemi

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5. formulazione di ipotesi per la soluzione

6. verifica mediante esperimento, confronto, ecc. delle ipotesi schematizzate

7. validazione delle ipotesi: verrà considerata valida come soluzione del problema l'ipotesi che resiste ai tentativi di falsificazione

Andrea Varani

Università Milano-Bicocca

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Il webquest

È una ricerca guidata di risorse Web con le

quali svolgere autonomamente una serie di

attività finalizzate a un prodotto.

Il WQ rappresenta un ambiente di

apprendimento di matrice costruttivista:

basato sull'uso estensivo di Internet e di altre

risorse off line, sfrutta strategie di lavoro

cooperativo e di problem solving

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Discussione o ragionamento collaborativo

La conoscenza si costruisce attraverso un percorso di riflessione collettiva, di negoziazione di significati condivisi

Il conflitto che può scaturire come scambio/confronto tra pari, è utilizzato in modo funzionale alla ristrutturazione degli schemi mentali posseduti e favorisce l’integrazione di nuovi punti di vista

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Strategie di conduzione:

il problema da discutere deve essere vicino alla realtà esperienziale degli studenti per poterli coinvolgere

devono esserci posizioni discordanti

il problema deve essere aperto, euristico, non prevedere soluzioni predefinite

Il docente mediatore-moderatore favorisce il clima di classe

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Brainstorming

La «tempesta di cervello» favorisce

l’esplodere creativo delle idee insolite e

originali che nascono come fragili e

disorganiche e poi vengono valorizzate,

«lavorate» e migliorate senza rifiuti

aprioristici o critiche di valore

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Fasi

1. Focalizzazione del problema

2. Produzione del massimo di idee (fase delle

idee «in libertà» a livello quantitativo, della

“divergenza”; favorire la produzione degli

studenti finché le idee tendono ad esaurirsi)

3. Valutazione e selezione delle idee (fase della

“convergenza”, dell’analisi critica e della scelta;

fase più lunga tale da consentire agli allievi il

distacco dalle proprie idee per poterle osservare

in modo più obiettivo e a mente fredda.

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Lavoro di gruppo

Il cooperative learning favorisce le abilità sociali ed è un efficace metodo di apprendimento:

- consente di negoziare e condividere i significati

- aumenta le occasioni di zone di sviluppo prossimale

- attiva processi di co-costruzione della conoscenza

- migliora le prestazioni di tutti i membri del gruppo

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Page 127: LABORATORIO FORMATIVO Gestione della classe e delle ... · Scrive Daniel Pennac in Diario di scuola a proposito di una possibile correlazione tra una classe e un'orchestra. «Ogni

Il cooperative learning si differenzia dai

tradizionali metodi poiché da una

mediazione individuale insegnante-

alunno si passa ad una mediazione sociale

(insegnamento-apprendimento prodotto

dal gruppo

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Punti di forza:

Recupero allievi problematici, poco motivati e con

problemi affettivi, motivazionali, sociali e cognitivi.

Integrazione allievi “diversi” (emarginati, disabili, di

altre etnie …)

Valorizzazione allievi dotati (gifted students)

Sviluppo competenze sociali, comunicative, empatiche,

della partecipazione, della responsabilità

Sviluppo competenze del cittadino

Andrea Varani

Università Milano-Bicocca

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Il Cooperative learning chiama in causa le

social skills:

Saper chiedere e dare informazioni

Saper ascoltare comprendere e

riassumere

Saper stimolare la discussione aprendo

nuove prospettive e soluzioni

Saper incoraggiare e dare aiuto

Saper facilitare la comunicazione

Saper allentare le tensioni

Saper risolvere problemi interpersonali

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Presupposti teorici:

- John Dewey: scuola-comunità/società in miniatura

- Il costruttivismo sociale: nuove conoscenze= prodotto

di negoziazione con altri, non solo di rielaborazione

individuale

- Le “zone di sviluppo prossimale” di Vigotskij:

potenzialità cognitive latenti nell’individuo esprimibili

solo nell’interazione con altri (zone di sviluppo

prossimale)

- Le intelligenze multiple di H. Gardner: il gruppo

valorizza forme di intelligenza diverse, in particolare

l’intelligenza interpersonale

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Il Cooperative Learning consente di

trasformare la classe da tradizionale a

cooperativa, ponendo l’accento sul

GRUPPO=strumento per il miglioramento

dell’apprendimento attraverso il valore

aggiunto della collaborazione

L’interazione è centrale.

GRUPPO NON SI NASCE

GRUPPO SI DIVENTA

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IL GRUPPO

interdipendenza positiva tra i membri ed eterogeneità

dei membri del gruppo

Interscambiabilità dei ruoli

reciproco affidamento dei membri del gruppo per

raggiungere lo scopo

ogni azione positiva o negativa di ciascun membro del

gruppo ha delle ricadute su tutti i membri del

gruppo

senso di responsabilità nei cfr. dell’apprendimento

personale e dell'apprendimento degli altri membri

del gruppo P R O F. S S A R O S S A N A P E R R I - D I R I G E N T E

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Fondamentali nel lavoro di gruppo sono:

- la costituzione del gruppo

- i ruoli all’interno del gruppo

- le caratteristiche del compito

- il setting e i materiali di lavoro

- la valutazione (metariflessione sui

processi-metacognizione)

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LA COSTITUZIONE DEL GRUPPO

Gruppi omogenei o non

pareri discordanti:

- Gruppi omogenei per livello equivale a “dare la mappa alla classe”, sottolineando la posizione di ciascuno nel quadro delle competenze della classe.

- gruppi disomogenei si impegnano soltanto i più preparati o comunque i più attivi

Affidare al caso crea nella classe un clima di maggiore democraticità

essere considerati “alla pari” porta a risultati appaganti

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Le dimensioni del gruppo

Cominciare con una sperimentazione di attività

in coppia

Il gruppo a tre può determinare situazioni

sbilanciate di una coppia che solidarizza e si

oppone al membro isolato

Il gruppo a quattro è il più equilibrato

Il gruppo a cinque può creare dispersione

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RUOLI NEL GRUPPO

Il ruolo di ciascun elemento nella coppia (e nel

gruppo) è variabile e condizionato dalle

competenze e dalle conoscenze dell’altro

Nello svolgimento della stessa attività si può

essere “trainanti” o “gregari” o “alla pari”.

Alla fine del lavoro si è verificato uno scambio

inter-personale proficuo che ha facilitato lo

svolgimento dell’attività e rinforzato l’interesse.

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IL COMPITO

Deve essere scritto per consentire al gruppo

confronto e negoziazione

Le consegne devono essere strutturate in modo

tale da non poter essere eseguite da soli

Deve essere complesso e ampio, così da

richiedere molteplici attività e abilità

Deve prevedere un obiettivo pratico che

promuova abilità interpersonali

Deve portare alla realizzazione di un prodotto o di

un servizio

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La struttura del compito tra gruppi può

essere:

cooperativa

competitiva

indipendente

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IL SETTING E I MATERIALI DI LAVORO

L’ottimale e funzionale organizzazione dello

spazio-aula:

stimola l’immaginazione e rinforza la creatività

migliora le prestazioni del gruppo

agevola le relazioni

incide sulla qualità del processo di

apprendimento

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È importante che:

ciascuno sia equidistante dall’altro per

assicurare la partecipazione di tutti

tutti si guardino in volto (non si dimentichi infatti

l’importanza del linguaggio para- ed extra-

linguistico)

se disposti in cerchio, il cerchio sia chiuso per

delimitare lo spazio, cosicché gli studenti si

sentano “dentro” all’attività

che i gruppi imparino a controllare il tono della

voce per rispettare il lavoro altrui

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Anche assegnazione e uso dei materiali possono influenzare il comportamento-funzionamento del gruppo:

a ogni studente i materiali completi

a ogni gruppo solo una copia dei materiali

a ogni membro una parte del materiale (es. brano da leggere) e parte al gruppo (es. elenco di domande cui rispondere)

a ogni membro parte delle informazioni/attrezzature necessarie per svolgere il compito: ogni studente è responsabile della sua parte e deve informarne gli altri

Andrea Varani - Università Milano-Bicocca

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III NUCLEO TEMATICO

Contenuti formativi:

I. La comunicazione: principi generali,

tecniche di comunicazione a scuola

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La comunicazione nella varietà del suo processo

rientra a pieno titolo nell’analisi dei fattori

indispensabili per la costruzione del gruppo

classe. Il gruppo è interazione, cioè

comunicazione, attraverso le più diverse modalità,

dal silenzio alla parola, dal disaccordo alla

collaborazione. In particolare, nel gruppo classe, è

la comunicazione a costruire il gruppo,

permettendone il funzionamento, lo scambio di

informazioni, le capacità operativo-trasformative

o viceversa, segnandone il fallimento. La

comunicazione si attua attraverso segni verbali (il

linguaggio) e non verbali (la prossemica), ma

comunque significativi.

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IL FLUSSO COMUNICATIVO

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Le componenti principali del processo

comunicativo sono:

- Confronto e scambio

- Ascolto

- Esposizione

- Feedback

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COMUNICAZIONE EFFICACE ALLA BASE DI UNA

RELAZIONE EFFICACE

ATTO PRODROMICO AD UNA COMUNICAZIONE

EFFICACE È ATTENTA ANALISI DELLA

SITUAZIONE COMUNICATIVA SENZA LA QUALE

SI CORRE IL RISCHIO DI CREARE UN CORTO

CIRCUITO DELLA COMUNICAZIONE STESSA

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Una comunicazione efficace dovrà essere:

- Finalizzata (al raggiungimento degli

obiettivi)

- Pragmatica (privilegiare la raccolta e

l’analisi di dati e fatti)

- Trasparente (ossia completa)

- Situazionale (coerente con il momento)

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UNA COMUNICAZIONE EFFICACE È CARATTERIZZATA

DALL’ASSERTIVITÀ, OSSIA DALLA CAPACITÀ DI

ESPRIMERE E AFFERMARE IN MODO CHIARO, SINCERO E

DISINVOLTO IL PROPRIO PUNTO DI VISTA, I PROPRI

PENSIERI, SENTIMENTI, EMOZIONI, SENZA ENTRARE IN

CONTRAPPOSIZIONE CON L’ALTRO, OFFENDERLO O

AGGREDIRLO, MA RISPETTANDONE LE POSIZIONIE LE

OPINIONI

UN DOCENTE CHE VUOLE INSTAURARE UN RAPPORTO

COMUNICATIVO PROFICUO CON LA CLASSE DEVE

ESSERE ASSERTIVO E AVERE AUTOCONTROLLO

IL DOCENTE HA UNA GRANDE RESPONSABILITÀ PERCHÉ

COSTITUISCE, SEMPRE, SUO MALGRADO, UN MODELLO

COMPORTAMENTALE

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NON ESISTE UNO STILE COMUNICATIVO UNIVOCO E PIÙ

ADATTO ALL’INSEGNAMENTO, MA UN DOCENTE DEVE

UTILIZZARE LO STILE COMUNICATIVO DI VOLTA IN

VOLTA ADATTO ALLA SITUAZIONE, ALLA CLASSE, AL

CONTESTO, AL COMPITO (vd. Su STILI COMUNICATIVI

materiale in formato digitale)

IL DOCENTE DEVE PORSI COME OSSERVATORE MOLTO

ATTENTO DELLE REAZIONI CHE LA CLASSE HA AL SUO

MODO DI COMUNICARE, CAPIRE SE HA INDOTTO UN

ASCOLTO ATTIVO (FRUTTO DI COOPERAZIONE ALLA

COSTRUZIONE DEL MESSAGGIO)

BISOGNA DISPORRE DI STRATEGIE PER FARSI

ASCOLTARE

IL FALLIMENTO COMUNICATIVO NON È MAI COLPA DI

CHI PARLA, MA IN EGUAL MISURA ANCHE DI CHI

ASCOLTA

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IL DOCENTE DEVE COMUNICARE

FASCINO

TRASPORTO

PASSIONE

PER CREARE UNA MOTIVAZIONE CHE SIA INTRINSECA

(OSSIA DURATURA E REALE) E NON ESTRINSECA

(EFFIMERA E INEFFICACE)

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NEL PROCESSO COMUNICATIVO QUOTIDIANO

PARTICOLARE CURA VA PRESTATA A TENERE

SOTTO CONTROLLO IL COSIDDETTO FILTRO

AFFETTIVO, OSSIA QUELLA BARRIERA DI

CARATTERE EMOTIVO CHE IMPEDISCE ALLE

INFORMAZIONI DI PENETRARE. IL FILTRO

AFFETTIVO È UNA DISCRIMINANTE

NOTEVOLE: CIÒ SPIEGA AD ES. PERCHÉ, PUR

ESPOSTI ALLO STESSO INPUT COMPRENSIBILE,

DIVERSI DISCENTI POSSANO PRESENTARE

TEMPI E ESITI DIVERSISSIMI

NELL’APPRENDIMENTO

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IL FILTRO AFFETTIVO PUÒ ESSERE

DETERMINATO DA RAGIONI

DIFFERENTI:

- UNO STATO DI ANSIA O DI STRESS

(UN AMBIENTE TROPPO COMPETITIVO

IN CLASSE O DINAMICHE GRUPPALI

POCO SERENE O ATTIVITÀ CHE

METTONO IN CRISI L’IMMAGINE DI SÉ E

QUINDI L’AUTOSTIMA DELLO

STUDENTE)

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- UNA RELAZIONE PIÙ O MENO

CONFLITTUALE CON LE DISCIPLINE DI

STUDIO

- UNA PERCEZIONE SBAGLIATA

DELL’INSEGNANTE, VISTO COME

CENSORE O COME AUCTORITAS DA

NON DELUDERE COMMETTENDO

ERRORI

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LA COMUNICAZIONE PUÒ ESSERE VISTA COME UN

ICEBERG

CIÒ CHE DICIAMO È SOLO UNA MINIMA PARTE

(COMUNICAZIONE VERBALE) RISPETTO A QUANTO È

SOMMERSO (COMUNICAZIONE NON VERBALE E

PARAVERBALE)

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LA COMUNICAZIONE NON VERBALE È FONDAMENTALE

L’USO DEL PROPRIO CORPO DA PARTE DEL BRAVO

DOCENTE COMUNICATORE SERVE A CORREGGERE E

SCORAGGIARE COMPORTAMENTI NON APPROPRIATI E A

RINFORZARE E GRATIFICARE ATTEGGIAMENTI E AZIONI

POSITIVE:

LA POSTURA

L’ESPRESSIONE FACCIALE

IL CONTATTO OCULARE/VISIVO

IL MUOVERSI NELL’AULA E LO STARE TRA I

BAMBINI/RAGAZZI (CONTROLLO PROSSIMALE)

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FOCUS SU PROSSEMICA

La prossemica è la disciplina semiologica che

studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le

distanze all'interno di una comunicazione, sia

verbale sia non verbale.

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Hall ha osservato che la distanza relazionale tra le persone

è correlata con la distanza fisica, ha definito e misurato

quindi quattro "zone" interpersonali:

• La distanza intima (0-45 cm).

• La distanza personale (45–120 cm) per l'interazione tra

amici.

• La distanza sociale (1,2-3,5 metri) per la comunicazione

tra conoscenti o il rapporto insegnante-allievo.

• La distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche

relazioni.

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ALTRI SUGGERIMENTI PER UNA BUONA

COMUNICAZIONE:

- CHIAMARE PER NOME I DISCENTI è SEGNO DI

RISPETTO, ATTENZIONE E CONSIDERAZIONE

- UN RIMPROVERO, AL CONTRARIO, RISULTA PIÙ

EFFICACE SE SI UTILIZZA IL COGNOME DELL’ALLIEVO

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- FORMULARE UN RIMPROVERO SEMPRE IN TERMINI

POSITIVI, COLPENDO L’AZIONE NON LA PERSONA,

chiarendo ciò che l’alunno deve fare e non quello che

non deve fare

«Giuseppe, smettila immediatamente. Sono stufo/a di

sentirti chiacchierare»

«Giuseppe, stai chiacchierando spesso con il compagno di

banco oggi. Che succede?»

«Giuseppe, di solito sei sempre molto attento e concentrato

durante la lezione. Sicuramente oggi è una giornata

particolare, ma sono sicuro/a che saprai recuperare

l’attenzione

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- SANZIONARE SENZA TRASFORMARE LA COSA IN UNA QUESTIONE PERSONALE

- CON I «RAGAZZI DIFFICILI» E LE «CLASSI DIFFICILI» LAVORARE MOLTO SULLA RELAZIONE EFFICACE PRIMA CHE SULLA DISCIPLINA/MATERIA, CAPIRE IL DISAGIO, SENZA TOLLERARE MAI I COMPORTAMENTI IRRIGUARDOSI

- LA MENTE DEI BAMBINI/RAGAZZI NON PERCEPISCE LA NEGAZIONE, PEGGIO LA RIFIUTA. ANCHE IN QUESTO CASO UTLIZZIAMO UNA FORMULA CHE ATTENUI

«PARLATE CON UN TONO PIÙ BASSO» AL POSTO DI «NON URLATE»; «CAMMINIAMO LENTAMENTE» AL POSTO DI «NON CORRETE», …

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APPENDICE

STUDI DI CASO (D’ALONZO, 2017):

FOCUS sulla presenza educativa in classe

del docente

- Caso 1 L’essere addentro

- Caso 2 La dominanza

FOCUS sulla gestione delle attività

- Caso 3 Il lavoro di gruppo ovvero la

conduzione di più attività

contemporaneamente

- Caso 4 L’alunno difficile

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Caso 1 L’essere addentro

Descrizione

Nella classe x l’insegnante riesce a condurre con tranquillità la propria attività didattica catturando nella prima parte della lezione l’interesse e l’attenzione degli allievi. Conduce l’attività stando alla cattedra e illustra oralmente i diversi passaggi dell’argomento oggetto della lezione; si alza unicamente per scrivere alla lavagna.

Ad un certo punto sente brusii e nota movimenti tra gli allievi. Senza lasciare la sua posizione l’insegnante cerca di intervenire risvegliando la partecipazione degli alunni attraverso delle domande, ma inutilmente. Essi non rispondono, ridacchiano; sono presi da altro. Il docente non riesce a capire cosa stia succedendo.

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In realtà la situazione è precipitata perché, mentre spiegava, il docente non si è accorto che un allievo seduto nella fila più lontana ha tirato fuori un gioco elettronico. In prima battuta è stato distratto solo il compagno di banco e poi, attraverso una sorta di effetto domino, il resto della classe che si è letteralmente dissociata dall’attività didattica dando vita a una situazione caotica.

In sintesi

Una iniziale tranquilla situazione didattica sfugge di mano al docente che non si accorge di nulla. Troppo assorbito dalla lezione si è disconnesso dalla classe; non è stato vigile e una singola azione di un singolo allievo ha scatenato il disordine e guastato il clima

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I punti chiave:

il docente spiega alla cattedra

il docente si accorge del problema solo quando

inizia a porre domande

l’azione che genera il disordine è messa in atto da

un solo allievo

gli altri allievi assecondano il compagno quando

realizzano che il docente non si è accorto di nulla

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Focus group sul caso

Come agiresti in una situazione simile in cui il

docente si accorge di ciò che le/gli succede intorno in

ritardo e solo quando si allontana dalla cattedra?

1. Quali strategie metti in atto di solito per evitare il

degenerare di un’attività didattica ben avviata?

2. Nel caso presentato, probabilmente, se il docente

si fosse accorto subito o prima di quanto stava

accadendo non ci sarebbero stati problemi. Cosa

avrebbe dovuto fare per accorgersene

prontamente? Tu come ti comporti?

3. È possibile avere sotto controllo la situazione

stando sempre seduti dietro la cattedra? Se sì, in

che modo?

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POSSIBILE STRATEGIA

Si gestisce bene una classe quando ci si rende conto di ciò che succede mentre sta accadendo.

Il docente è efficace solo quando è «addendro» alla classe e ai suoi problemi (capacità di withitness - Kounin).

Tale capacità conferisce al docente una grande sicurezza agli occhi degli alunni perché essi percepiscono che il docente sa sempre cosa è in atto nel gruppo, nella classe, nell’aula.

Essere vigili ma pacati. Bisogna sempre comunicare stima, tranquillità, distensione.

Se si svolgono le attività camminando fra i banchi e avvicinandosi agli studenti ci si accorge di molte cose e si può intervenire prontamente.

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Esercitare il «controllo prossimale», avvicinandosi

fisicamente all’alunno che sta disturbando l’attività in

classe o che è in difficoltà per qualche motivo aiuta la

gestione della classe senza mettere in gioco la

comunicazione verbale:

- orientare il proprio corpo verso l’allievo

- camminare verso di lui/lei

- mettergli una mano sul banco

- toccare o rimuovere l’oggetto che ha causato

distrazione

- poggiare con gentilezza una mano sulla spalla o

sul braccio dell’allievo (il contatto fisico deve

essere attentamente valutato e agito solo se si

conoscono bene i ragazzi per evitare che possano

mal interpretare)

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In alcuni casi unire al controllo prossimale il controllo

«vocale», rimproverando un allievo indisciplinato

davanti a tutti al fine di far trarre all’intero gruppo

indicazioni sul comportamento corretto da tenere. È il

cosiddetto «effetto onda» perché ha una ricaduta su

tutta la classe. Tale strategia deve essere usata in

maniera occasionale; viceversa perderebbe efficacia.

Ovviamente il rimprovero in «plenaria» deve colpire

l’atteggiamento sbagliato, il linguaggio inappropriato,

l’azione perpetrata, non la persona; deve essere

vissuto non come un’aggressione

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Caso 2 La dominanza

Descrizione

Nella classe x l’insegnante spesso non riesce a terminare

la lezione: i ragazzi non studiano, non si impegnano e

mancano di rispetto.

Il docente entra una mattina in classe e mostra subito la

propria incapacità di intervento: un alunno sta vessando

un compagno di classe ma lui per evitare problemi non

interviene e invita genericamente tutti a sedersi. Nessuno

obbedisce, gli alunni continuano a fare ciò che stavano

facendo e solo dopo diversi minuti prendono posto.

L’insegnante propone a questo punto la propria attività;

non appena inizia a formalizzare la proposta di una

verifica scritta uno degli alunni più arroganti protesta

vivacemente perché la classe non era stata avvisata

prima. Gli altri si accodano alle proteste.

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Il docente, sempre più in difficoltà, per accattivarsi la simpatia della classe in stato di agitazione fa scegliere l’attività da svolgere durante la sua ora.

Gli allievi raggiungono il loro scopo: evitare la verifica; e continuano a fare i propri comodi per tutta la lezione.

In sintesi

Il docente non ha avuto il polso della situazione e la sua «sottomissione» in una relazione asimmetrica docente/alunni in cui è il docente ad avere il ruolo preminente denota una totale assenza di dominanza e assertività, inconsapevolezza del proprio compito, un disimpegno nel ripristinare ordine, regole, rispetto.

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I punti chiave

il docente non ha rimproverato il singolo alunno

scorretto ma ha richiamato all’ordine

genericamente la classe

il docente cambia programma solo perché gli

studenti non accettano la proposta didattica, senza

addurre motivazioni valide

i ragazzi, a fronte di una falsa negoziazione che li

vede vincitori, continuano a fare i loro comodi non

rispettando nemmeno il cambio di idea del loro

docente perché non ne hanno stima

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Focus group sul caso

Come agiresti se i tuoi alunni continuassero a fare i loro comodi senza mai ascoltarti?

1. Il docente descritto nel caso ha difficoltà oggettive nel gestire la classe. Secondo te in cosa sbaglia?

2. Quali sono le azioni da compiere per farsi rispettare in classe? Quali atteggiamenti occorre avere nei confronti dei ragazzi maleducati?

3. Per quale motivo, secondo te, gli stessi ragazzi hanno comportamenti divergenti con i vari docenti, maleducati con alcuni e disciplinati con altri? Racconta la tua esperienza

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POSSIBILE STRATEGIA

Si gestisce bene una classe quando si esercita un’appropriata dominanza che si traduce in sicurezza, autorevolezza, determinazione, assertività.

Il docente è guida e regista.

Deve concordare regole e procedure chiare

Le regole e le procedure dovranno informare tutti i momenti della vita della classe, dal lavoro individuale a quello di gruppo, dai momenti ricreativi a quelli di studio

Deve illustrare gli effetti dei comportamenti inappropriati sia sul fronte socio-relazionale sia su quello degli apprendimenti

Deve essere credibile agli occhi degli allievi

La relazione efficace si basa su azioni educative con cui si stigmatizza un comportamento negativo o si premia un atteggiamento positivo e virtuoso.

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L’insegnante può farsi rispettare:

comunicando agli studenti il proprio interesse per la

loro persona

chiamando gli allievi per nome e chiamandoli per

cognome quando deve rimproverarli

parlando con rispetto e senza sarcasmo

parlando individualmente con i ragazzi

dando attenzione a quelle piccole cose quotidiane che

riguardano i ragazzi (i loro successi fuori dalla scuola, il

loro compleanno, un nuovo taglio di capelli, ecc.)

spiegando le motivazioni delle regole e delle scelte

parlando al gruppo e col gruppo dei comportamenti

corretti da tenere

verificando sempre che i ragazzi abbiano capito le

direttive impartite

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Caso 3 Il lavoro di gruppo ovvero la conduzione di più attività contemporaneamente

Descrizione

L’insegnante di storia sintetizza alla classe alcuni argomenti servendosi di un cartellone. Propone quindi di dividere la classe in x gruppi e di approfondire le tematiche introdotte, lasciando che ciascun gruppo scelga un argomento del cartellone e risponda a dei quesiti con l’aiuto di libri e altro materiale fornito. I gruppi iniziano il loro lavoro. Trascorsa una mezz’ora un primo gruppo termina il lavoro e lo riferisce alla maestra che chiede loro di pazientare in attesa che terminino anche gli altri. Mentre spiega queste cose un secondo gruppo chiama l’insegnante per soddisfare alcune richieste rispetto al compito. Contemporaneamente un terzo gruppo inizia a parlare ad alta voce e i componenti di un quarto gruppo si alzano e cominciano a fare confusione. L’insegnante, esasperata, rimprovera aspramente la classe dicendo che non è in grado di lavorare in gruppo perché incapace di collaborare.

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In sintesi

La docente è riuscita solo in minima parte a

tenere sotto controllo la situazione perché non ha

saputo organizzare e gestire i gruppi.

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I punti chiave:

l’insegnante vuole favorire la partecipazione di tutti

l’insegnante propone il lavoro in piccoli gruppi in

un tempo stabilito

i gruppi lavorano bene per una mezz’ora

le difficoltà emergono quando l’insegnante non è

in grado di rispondere in contemporanea ai bisogni

dei diversi gruppi

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Focus group sul caso

Come agiresti in una situazione di lavoro di gruppo?

1. Secondo te cosa non ha funzionato? Perché la

situazione è precipitata?

2. Ritieni utile variare le tradizionali attività didattiche

favorendo le esperienze differenziate all’interno

della classe oppure è meglio rivolgersi sempre a

tutta la classe? Motiva la tua risposta

3. Ripensa a un episodio che ti è capitato in classe

simile al caso enunciato e discutine con i colleghi

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POSSIBILE STRATEGIA

Si gestisce bene un lavoro di gruppo quando si è in

grado di condurre più attività contemporaneamente.

I gruppi sono eterogenei, le differenze molteplici ed è

necessario rispettare le esigenze di ognuno e i tempi

apprenditivi di ognuno.

Diversificare per impegnare; diversificare per dare

agli allievi la possibilità di dare il meglio di sé.

Gli allievi non devono fare necessariamente le stesse

cose nello stesso tempo. Orizzonte comune, ma

obiettivi personalizzati, affinché ogni gruppo

aggiunga il proprio fondamentale pezzo al puzzle di

classe.

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Condurre più attività contemporaneamente vuol dire creare i gruppi ad hoc assegnando a ciascun gruppo compiti precisi e ruoli ben definiti:

- un componente è il «vigile» = dirige le attività

- un altro è il «silenziatore» = invita i compagni a mantenere il giusto volume della voce

- un altro è il «postino» = esce dal gruppo, unico a poterlo fare, per contattare l’insegnante e chiedere aiuto o precisazioni

- un altro è l’«annunciatore» = colui che, al termine del lavoro, riferisce alla classe e all’insegnante l’esito del lavoro

Condurre più attività contemporaneamente vuol dire assegnare ai gruppi materiali e strumenti ad hoc che si armonizzino con le competenze possedute.

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Caso 4 L’alunno difficile

Descrizione

Luigi è un alunno con un’esperienza scolastica molto

difficile. Ha già affrontato la bocciatura, e non una volta

sola, a causa dei problemi caratteriali e comportamentali

più che per scarso profitto. Luigi fin dalla scuola

dell’infanzia ha mostrato difficoltà adattive molto marcate:

ribellione, incapacità a rispettare le regole, sfrontatezza,

arroganza e prepotenza nei confronti dei docenti e dei

compagni. Luigi vive con malessere la vita di classe e in

aula. I docenti e i compagni lo temono un po’ a dire il

vero; nemmeno i genitori interpellati più volte sono in

grado di intervenire con efficacia.

Ci troviamo nella classe di Luigi, sta per cominciare l’ora

di matematica. I ragazzi iniziano a prendere posto,

l’insegnante arriva e nota Luigi in piedi, guarda annoiato

fuori dalla finestra e ha un cappello in testa.

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Il docente invita i ragazzi a sistemarsi restando in piedi. Tutti obbediscono tranne Luigi che continua imperterrito nel suo atteggiamento sfidante. Il docente non interviene e si limita a sorridere. La classe si aspetta da un momento all’altro uno scontro tra docente e allievo. Il docente, infatti, agisce, ma non come tutti si aspetterebbero. Senza parlare si avvia verso Luigi guardandolo negli occhi che, impassibile, risponde allo sguardo. «Buongiorno, Luigi; bel cappello!».

In sintesi

Luigi attira l’attenzione di tutti per sfidare e scontrarsi; il docente con atteggiamento assertivo, pacato e sorridente non raccoglie la provocazione, scioglie la tensione e mostra atteggiamento di apertura. Si mette in posizione di forza

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I punti chiave:

l’insegnante entra in aula, osserva la situazione,

aspetta che tutti si sistemino

un solo allievo con il cappello in testa non rispetta

le indicazioni del docente

tutti si siedono eccetto l’alunno renitente

l’insegnante attende, sorride, poi si avvicina al

ragazzo, gli si rivolge con garbo e calma e gli fa i

complimenti per il cappello senza ironia

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Focus group sul caso

Luigi è in piedi, incurante delle indicazioni del

docente e di quello che accade intorno a lui.

1. Come agiresti in questa situazione?

2. Il docente sceglie di andare verso il ragazzo con

un sorriso: secondo te è un atto di debolezza?

Qual è la tua opinione sulla strategia del collega?

3. Quali strategie adotteresti per lavorare bene in

classe con un soggetto difficile sul piano

comportamentale?

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POSSIBILE STRATEGIA

Gli alunni difficili sono quelli più temuti, quelli che mettono in seria crisi le poche certezze dei docenti; essi destabilizzano la classe, disturbano, influenzano negativamente gli altri, non si impegnano e sono disinteressati alle proposte didattiche.

Sono gli alunni con una «cattiva fama»; fama che li segna in tutti i passaggi da un ordine di scuola ad un altro; fama che li stigmatizza spesso a vita.

Sono gli alunni interessati dall’«effetto D» proprio perché sono identificati con un’aggettivazione caratterizzata dalla lettera D: disimpegnati, disordinati, devianti, distruttivi, diseducati, disorganizzati…

Si gestisce bene un alunno difficile quando si lavora innanzitutto sulla relazione, sulla conquista di stima e fiducia

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Si gestisce bene un alunno difficile quando si pone attenzione costante ai bisogni motivanti:

bisogno di sicurezza: proposte educative non percepite come minacciose da parte dell’alunno

bisogno di competenza: motivare la persona a impegnarsi nelle attività e negli apprendimenti

bisogno di successo: gli alunni difficili devono sentirsi persone valide, capaci, in grado di fare bene e raggiungere risultati

bisogno di autodeterminazione: insegnare l’autonomia per essere protagonisti delle proprie decisioni piuttosto che subire/eseguire le decisioni altrui

bisogno di appartenenza: è la componente affiliativa, importante per la motivazione all’impegno e al benessere

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Gli alunni difficili hanno bisogno di una metodologia attiva

che leghi costantemente la teoria alla pratica.

È importante che il consiglio di classe individui una figura

di riferimento tra i docenti che possa agganciare l’alunno

sul piano relazionale, farsi da mediatore con tutti gli altri e

instaurare un clima positivo in cui lavorare con l’alunno

per il futuro anche su un piano diverso da quello

comportamentale.

È necessario evitare situazioni di sfida aperta e

atteggiamenti direttivi rigidi, ossia parlare lo stesso

linguaggio degli alunni difficili, e quindi evitare di:

- ricordare avvenimenti passati

- dare ordini

- minacciare

- svalutare, squalificare

- usare ironia e sarcasmo sprezzanti

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Bibliografia

- L. Tuffanelli/D. Ianes, La gestione della classe.

Autorappresentazione, autocontrollo, comunicazione e

progettualità, Erickson, 2016

- L. D’Alonzo, Come fare per gestire la classe nella pratica

didattica, Giunti edu, 2017

- A. Varani (Università Milano-Bicocca), Progettare ambienti di

apprendimento costruttivisti. Metodologie attive e cooperative

learning, Sondrio 14 aprile 2014

- G. P. Quaglino, Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo, Milano,

Raffaello Cortina Editore, 1996

- D. Forziati/P. Grattagliano/S. Mantovano/P. Musso/M. Russo, La

scuola delle emozioni, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2004

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Grazie per l’attenzione e per la

condivisione

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