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LE VALLI DEI MONACI Atti del Convegno internazionale di studio Roma - Subiaco, 17-19 maggio 2010 a cura di LETIZIA ERMINI PANI FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO SPOLETO 2012 FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO SPOLETO 2012 TOMO PRIMO
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L’ABBAZIA DI SANTA SCOLASTICA: DAL CHIOSTRO COSMATESCO COME ADEGUAMENTO AL ROMANO MORE ALLE TRASFORMAZIONI DELLE ALI MONASTICHE PRIMA DELLA COMMENDA

May 13, 2023

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LE VALLI DEI MONACI

Atti del Convegno internazionale di studio

Roma - Subiaco, 17-19 maggio 2010

a cura di

LETIZIA ERMINI PANI

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVOSPOLETO

2012

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDISULL’ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

2012

TOMO PRIMO

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PIO FRANCESCO PISTILLI - ROBERTA CERONE

L’ABBAZIA DI SANTA SCOLASTICA:DAL CHIOSTRO COSMATESCO COME ADEGUAMENTO

AL ROMANO MORE ALLE TRASFORMAZIONIDELLE ALI MONASTICHE PRIMA DELLA COMMENDA

1. IL CHIOSTRO DI MAGISTER IACOBUS

Partire, così come si è fatto ancora in un recente passato, dan-do per scontato il binomio chiostro-insediamento benedettino an-che per il monastero di Santa Scolastica 1, si configura oggi comeun passo per lo meno insidioso se lo si applica per i cenobi stan-ziati nella nostra penisola. Qualora poi ci si cali nella realtà cen-troitaliana, esclusa la corte porticata di ascendenza fuldense ubicataalle spalle del coro di Sicardo nell’abbazia imperiale di Farfa 2,nessuna fonte e tanto meno indiscusse emergenze archeologicheconfermano per ora la presenza del quadrato claustrale nelle fasialtomedievali 3 per rimandarne la lenta ma inesorabile penetrazione

1. C. GIUMELLI, L’architettura dell’abbazia di Santa Scolastica, in I monasteri benedettinidi Subiaco, a cura di C. GIUMELLI, Cinisello Balsamo, 1982 (rist. Milano, 2002), pp.11-26.

2. D. WHITEHOUSE, Farfa Abbey: The eight and ninth centuries, in Arte medievale, II(1985), pp. 245-250; C.B. MCCLENDON, The Imperial Abbey of Farfa. Architectural Currentsof the Early Middle Ages, New Haven - London, 1987, pp. 64-73.

3. Per un quadro dettagliato del problema, seppur circoscritto all’area padana, si ri-manda a G. CANTINO WATAGHIN, Monasteri tra VIII e IX secolo: evidenze archeologiche perl’Italia settentrionale, in Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di CarloMagno (Saggi), a cura di C. BERTELLI- G. BROGIOLO, Genève - Milano, 2000, pp. 129-141; un allargamento anche al contesto centroitaliano si ha in P.F. PISTILLI, Il chiostro el’abbazia: insediamenti monastici nell’Italia altomedievale, in Medioevo mediterraneo: l’Occidente,Bisanzio e l’Islam. Atti del Convegno internazionale di studi (Parma, 21-25 settembre2004), a cura di A.C. QUINTAVALLE, Milano, 2007, pp. 300-301.

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Tav. I - Planimetria del monastero di Santa Scolastica con le restituzioni cronologiche degli interventi tardo m

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ad un’epoca più avanzata e talvolta per mano di personalità fore-stiere. D’altronde è ormai un dato assodato quanto il portato dap-prima della riforma anianea e quindi dell’esperienza cluniacenseriverberato nella configurazione architettonico-funzionale degli in-sediamenti benedettini separasse ancora all’interno dell’XI secolo ilmondo monastico mediterraneo da quello d’Oltralpe, peraltro piùprogredito per capacità sia progettuali che tecnologiche e dove –ed è storia da tempo nota – tanto l’impianto claustrale, quanto lasua centralità nell’organizzazione degli spazi comunitari, si eranoaffermati sin dalle prime battute dell’età carolingia.

Di questi eventi, che vedono dopo il Mille la progressiva pe-netrazione da Settentrione di un diverso idioma, l’abbaziale subla-cense ne è stata testimonianza e al pari incunabolo incompiutoper i complessi dell’Italia mediana, quale che fosse l’ubicazioneterritoriale, se in pianura, in vallata (com’è il più delle volte) o inaltura, qui sotto forma di incastellamento. In anticipo rispetto allaMontecassino desideriana o all’incompiuto monastero farfense sulmonte Acuziano 4, Santa Scolastica ebbe modo di incubare l’ele-mento claustrale sotto il governo di Umberto, non a caso di ori-gine franca e per giunta imposto nel 1051 al cenobio dal papa al-saziano e riformatore Leone IX al cui seguito egli era giunto aRoma 5.

A questa struttura porticata, che il Chronicon ricorda provvistadi colonnine in marmo 6, lo stesso abate affiancò durante il suobreve e piuttosto accidentato ministero un dormitorio dei monacie forse una sala comune riscaldata, lasciando al successore Giovan-

4. Per Montecassino ne parla per primo Leone Marsicano nei Chronica MonasteriiCasinensis, per cui vedi J. VON SCHLOSSER, Quellenbuch. Repertorio di fonti per la Storia del-l’Arte del Medioevo occidentale (secoli IV-XV). Con un’aggiunta di nuovi testi e aggiornamentiartistico-bibliografici a cura di János Végh, Firenze, 1992, pp. 209-211; per l’abbazia farfense,R. CERONE, La rifondazione di Farfa sul Monte Acuziano: la chiesa nuova di San Martino, inIl Piceno prima di Fiastra. Topografia, architettura ed arte. Giornate di studi sul territorio pi-ceno nell’età di mezzo (Poggio San Costanzo, 14-15 maggio 2010), a cura di P.F. PISTIL-LI- F. GANGEMI, in c.s.

5. P. EGIDI, Notizie storiche dell’abbazia durante il medio evo, in I monasteri di Subiaco, 2voll., Roma, 1904, I, pp. 87-91.

6. « [l’abate Umberto] Fecit ibi partem claustri cum columpnellis marmoreis », inChronicon sublacense (aa. 593-1369) [d’ora in avanti Chron. subl.], a cura di R. MORGHEN,Subiaco, 1991, p. 156.

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ni VII l’onere di proseguire l’impresa 7. Tuttavia il chiostro ini-ziato da Umberto non fu mai portato a termine e sembra che cosìrimanesse per quasi centocinquant’anni. Ignoriamo quali cause neavessero ostacolato la realizzazione, vale a dire se le stesse furonogenerate da motivi tecnici determinati soprattutto dalle irregolarialtimetrie del sito 8 che necessitavano di ingenti terrazzamentisullo scosceso fronte verso l’Aniene, oppure da un voluto segnodi discontinuità con l’operato riformatore dell’abate franco, deci-sione che doveva incontrare il favore della comunità locale, pertradizione disabituata nelle sue attività quotidiane all’esigenza diun siffatto organismo architettonico 9.

Altrettanto oscuro è in che modo allora si venisse articolando ilriformulato monastero sublacense. Presumibilmente quanto era statoedificato del portico insisteva laddove si erge l’attuale cortile quadrila-tero, se al principio del Duecento l’abate Romano ne decise final-mente l’ultimazione o, com’è più probabile, la sostituzione con unonuovo. Ma data la considerevole distanza temporale dalla sua fonda-zione ben altri motivi spingevano in questa decisione, perché le duegallerie sopravvissute (Fig. 1), ora affidate alle cure del magister Iacobus,registravano materialmente l’adesione del cenobio alla politica centra-lista e volta al dominio territoriale varata da Innocenzo III che, nellasua programmatica trasposizione in forme artistiche, si avvalse nel-l’Urbe, come nel Lazio, dell’operato dei Cosmati e in prima battutadel nostro “marmoraro” con la sua affermata bottega 10.

Tenuto conto della debolezza dell’abbaziato di Romano, lacui storia latita di studi specifici dopo lo scarno e poco benevole

7. Chron. subl. (nota 6), p. 156.8. G. GIOVANNONI, L’architettura dei monasteri sublacensi, in I monasteri di Subiaco, 2

voll., Roma, 1994, I, p. 298.9. EGIDI 1904 (nota 5), p. 87 e ss.10. Sulla personalità artistica del magister Iacobus, già messa in luce per l’impresa su-

blacense da Giovannoni (GIOVANNONI 1904 (nota 8), pp. 321-323), vedi ora P.C. CLAUS-SEN, ’Magistri doctissimi Romani’. Die römischen Marmorkünstler des Mittelalters, Stuttgart,1987 (Corpus Cosmatorum, I), pp. 59-94, così come il più recente contributo di E.BASSAN, s.v. Jacopo di Lorenzo, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, VII, Roma, 1996, pp.246-249. Un quadro esaustivo dell’evergetismo innocenziano nel campo edilizio è forni-to da A. IACOBINI, Innocenzo III e l’architettura: Roma e il Nord del patrimonium Sancti Petri,in Innocenzo III. Urbs et orbis. Atti del Conresso internazionale (Roma, 9-15 settembre1998), a cura di A. SOMMERLECHNER, Roma, 2003 (Miscellanea della Società Romana diStoria Patria, 44), II, pp. 1261-1291.

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Fig. 1 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud.

giudizio espresso da Pietro Egidi 11, tutto fa credere che l’idea dirifondare il chiostro fu chiaramente innescata dalla visita del pon-tefice nei monasteri di Subiaco, ivi recatosi nell’estate del 1202nell’intento ancora una volta di riformarli 12 (Tav. I). Benché oggile più antiche addizioni porticate duecentesche non portino pervia epigrafica precisi riferimenti cronologici, forse perché in origi-ne ciò era demandato alla perduta trascrizione musiva che correva

11. EGIDI 1904 (nota 5), pp. 110-111.12. Cfr. nota 23 infra. Inoltre sulla centralità del chiostro nelle riformanze innocen-

ziane destinate al monastero di Santa Scolastica, si veda la lettera pontificia del 4 settem-bre 1202 riedita e commentata da A. DE PROSPERIS, Innocenzo III e i monasteri di Subiaco,in Latium. Rivista di studi storici, 25 (2008), pp. 11-15.

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all’esterno della galleria orientale (Fig. 2), in nostro soccorso inter-vengono altri elementi, sia interni alle vicende architettoniche deimonasteri benedettini di Roma e del suo circondario allo scaderedel 1200, sia in particolare relativi alla carriera di magister Iacobus,di cui rimane la firma sull’archetto di passaggio del lato meridio-nale (Fig. 3).

Fig. 2 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala est.

Fig. 3 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud.

Fig. 2 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala est.

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Ritorneremo più avanti nell’affrontare l’effettiva estensione del-l’impresa, che per chi è addentro alle vicende edilizie di Santa Scola-stica era sinora circoscritta a quest’ultimo ambulacro al pari dell’erratainterpretazione dei marchi lapidari, intesi come inequivocabile segnodi una sua costruzione prefabbricata 13. Per adesso soffermeremo lanostra attenzione sulla cronologia dell’intervento di Iacobus, partendoda un punto spesso trascurato che fa da cornice all’indagine, ovvero ilforzato adeguamento delle abbaziali benedettine romane e laziali almodello claustrale sul finire del XII secolo.

Tralasciando il precedente di Montecassino, in quanto il mo-nastero era operativo in un diverso contesto quale le province set-tentrionali del Regno di Sicilia, di fatto nella contigua regione ro-mana, dopo le eventuali premesse di Santa Scolastica e il previstoma mai realizzato chiostro farfense sul monte Acuziano, venne acadere l’esigenza da parte dei maggiori cenobi di dotarsi di similiimpianti. D’altro canto sia l’annalistica, che le sopravvivenze ar-chitettoniche denunciano che per oltre un secolo vi fu a tale pro-posito un sostanziale disinteressamento. Di sicuro non giovò nean-che la profonda crisi spirituale ed economica in cui si dibattél’Ordine nei decenni centrali del XII secolo, quando, uscito scon-fitto dal conflitto anacletista, fu strategicamente ridimensionato nelsuo radicamento territoriale soprattutto a favore dei Cistercensi 14.Tuttavia il successivo disegno pontificio teso a ricostruire un suodominio temporale fece risollevare le sorti delle case benedettine,anche perché divenute talvolta essenziali, come per Subiaco, nelcontrollo dei confini con l’inquieto regno normanno-svevo, alloranella fase di trapasso alla stagione federiciana. Sicché dapprima neicenobi romani e quindi progressivamente nel contado si assiste aun’inaspettata rinascenza edilizia. Ormai debitrice delle codificateesperienze cistercensi, in quegli anni in via di realizzazione sia

13. GIOVANNONI 1904 (nota 8), pp. 313-328; GIUMELLI 1982 (nota 1), p. 57; CLAUSSEN

1987 (nota 10), pp. 77-79.14. Il fenomeno, inquadrato storicamente per gli insediamenti cistercensi della Marit-

tima (cfr. C. CIAMMARUCONI, Da Marmosolio a Valvisciolo. Storia di un insediamento cister-cense nella Marittima medievale, Pontinia, 1998, pp. 16-20), va esteso anche a Settentrionedi Roma, come l’abbazia di Santa Maria di Falleri, e alla stessa Tre Fontane, sorta nelsuburbio romano sul luogo di una dipendenza agricola del monastero benedettino diSan Paolo fuori le mura.

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nella Tuscia sia lungo la frontiera meridionale con Fossanova eCasamari 15, la ripresa della cantieristica benedettina si manifestanell’Urbe, al pari di Subiaco, nella riformulazione delle fabbricheabbaziali, ora disposte razionalmente intorno al chiostro. Se il tut-to ha origine (per motivi pure strettamente santuariali) nel mona-stero di San Lorenzo fuori le mura sotto Clemente III 16 e forseper mano di Cencio Camerario, il fenomeno presenta un’accele-razione proprio durante il pontificato innocenziano, coinvolgendoi Santi Quattro Coronati 17, Santa Scolastica a Subiaco, San Sabasul piccolo Aventino e San Paolo fuori le mura 18, e per giuntaoltrepassandolo, come certificano ancora negli anni Trenta delDuecento, questa volta nel clima dello scontro tra Gregorio IX eFederico II, le restanti ali del chiostro sublacense (Fig. 4) e persi-no fuori dai limiti regionali l’abbaziale umbra di Sassovivo 19, dacui dipendeva i Santi Quattro Coronati. E a tradurre in pietra lamatrice romana di questi chiostri, dopo l’esperienza di San Loren-zo maturata invece sul modello dell’ala bernardina delle Tre Fon-tane in quanto gli ambulacri sono interni alle ali abbaziali, furonochiamati da Innocenzo III i magistri doctissimi romani, che da meriesecutori di arredi liturgici e portali furono innalzati, proprio conla schiatta del magister Iacobus, anche al più prestigioso ruolo diarchitetti.

Con l’entrare in gioco della figura di Iacobus abbiamo final-mente l’altra coordinata temporale che giustifica per il chiostro su-

15. Sulla penetrazione dell’architettura cistercense nel contesto laziale, si rinvia agli attidel convegno promosso da A.M. ROMANINI I Cistercensi e il Lazio. Atti delle giornate di stu-dio dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Roma (17-21 maggio 1977), Roma,1978, pietra miliare di una feconda stagione di studi che, tra l’altro, ha avuto il merito dievidenziare il portato della fondazione delle Tre Fontane, i cui risultati sono raccolti inA.M. ROMANINI, ’Ratio fecit diversum’. La riscoperta delle Tre Fontane a Roma chiave di letturadell’arte bernardina, in ’Ratio fecit diversum’. San Bernardo e le arti, edito in Arte medievale, IIser., VIII (1994), 1, pp. 1-78. Per ulteriori aggiornamenti vedi nota 53 infra.

16. « ... [Clemente III] claustrum apud sanctum Laurentium extra muros ordinavit... », in Liber Pontificalis, ed. L. DUCHESNE, Paris, 1889, II, p. 451.

17. L. BARELLI, Il chiostro cosmatesco, in La fontana del chiostro dei Ss. Quattro Coronati aRoma. Storia e restauri, a cura di L. BARELLI, Roma, 2006, pp. 59-70.

18. CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 132-138.19. Oltre all’antesignano contributo di M. FALOCI PULIGNANI, I marmorarii romani a

Sassovivo presso Foligno, Perugia, 1915, vedi ora CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 162-163.

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Fig. 4 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala nord.

blacense un intervento chiuso in un arco temporale che va daltardo 1202 a prima del 1205. Formatosi all’ombra del padre Lo-renzo nell’ultimo ventennio del XII secolo tra Roma, Civita Ca-stellana e la vicina abbazia cistercense di Falleri 20, entrambi aveva-no già avuto contatti - ma in una data ancora oggi imprecisata -con il mondo benedettino tanto a Roma, dove avevano eseguitoun più aggiornato arredo ecclesiastico per la chiesa dell’Aracoeli 21,quanto nella stessa Subiaco, come attesta l’architrave erratico oggimurato sopra il portone d’entrata al Sacro Speco 22 (Fig. 5). Mortoil padre intorno al 1200, Iacobus per meno di un decennio lavora

20. CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 59-69.21. Ibid., pp. 60-63.22. Ibid., p. 63.

Fig. 4 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala nord.

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Fig. 5 - Subiaco, Sacro Speco, portale.

da solo, in quanto la successiva generazione costituita dal figlio Co-sma gli si affiancherà poco prima del 1210, allorché firmano assieme ilportico del duomo di Civita Castellana. Pertanto se il contenuto del-l’epigrafe sublacense riconduce a questo ridotto lasso di tempo il can-tiere del chiostro, a rinviare l’inizio dei lavori a dopo il settembre del1202 concorre la visita di Innocenzo III tesa a riformulare le consue-tudini del locale cenobio 23, mentre a stabilirne la chiusura entro il1204 è l’impresa di Iacobus in San Saba (Fig. 6), datata al 1205, cui fa-rà seguito il menzionato portico di Civita Castellana, condotto a ter-mine allo scadere del primo decennio del secolo e dov’è comunqueoperativo con il figlio Cosma 24.

Dunque, scalando di almeno un biennio l’avvio di quest’ulti-ma fabbrica in considerazione della sua evidente consistenza archi-tettonica, altrettanto impegnativa si configura la precedente im-presa nel monastero benedettino di San Saba a Roma, anch’essoriformato da Innocenzo III. Malgrado qui il nome di Iacobus el’anno 1205 si rivelino soltanto sull’architrave del portale maggiorecommissionato dall’abate Giovanni, il suo intervento va tuttaviaampliato ad altri corpi del complesso per evidenti assonanze di sti-le. Non mi riferisco ovviamente alla cattedra abbaziale situata nel-l’abside né al pavimento musivo della basilica, già tributatigli ri-

23. Chron. Subl. (nota 6), pp. 213-218; inoltre EGIDI 1904 (nota 5), pp. 109-110.24. CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 75-76, 82-91. Il 21 marzo 1207 Iacobus è registrato

nel Liber Censuum come membro della Schola addestratorum mappulorum et cubicalurium,forse a riconoscimento dei suoi servigi resi alla Curia innocenziana (G. GIOVANNONI, No-te sui marmorari romani, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXVII (1904),pp. 5-26). Tuttavia non si evince se già allora gli si era affiancato nell’attività artistica ilfiglio Cosma, per il quale vedi F. GANDOLFO, s.v. Cosma di Iacopo di Lorenzo, in Diziona-rio biografico degli italiani, 30, Roma, 1984, pp. 66-69.

Fig. 5 - Subiaco, Sacro Speco, portale.

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Fig. 6 - Roma, San Saba, portale.

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spettivamente da Francesco Gandolfo e da Dorothy Glass 25,quanto alle operazioni edilizie tese a rigenerare l’impianto a parti-re dall’accesso inserito nel recinto fortificato del cenobio sino alportico della chiesa e, presumibilmente, all’elevazione del chio-stro, allora inserito sul fianco sudoccidentale della basilica, le cuimisere sopravvivenze murarie scomparvero definitivamente con ilavori promossi negli anni Cinquanta dello scorso secolo 26. Dalmomento che le strutture elencate possono ragionevolmente esse-re state realizzate in un’unica campagna, e nel caso del porticocertamente dopo l’esecuzione del portale secondo una sequenzacronologica certificata nel cantiere di Civita Castellana e per ma-no dello stesso Iacobus, diventa problematico costipare nel secondolustro del Duecento pure l’impresa sublacense che, stando a unatrascrizione epigrafica del Mirzio, dovette forse interessare anchel’arredo marmoreo del santuario precedente alla chiesa gotica 27.

25. F. GANDOLFO, La cattedra papale in età federiciana, in Federico II e l’arte del Duecentoitaliano. Atti della III settimana di studi di storia dell’arte medievale dell’Università diRoma (15-20 maggio 1978), a cura di A.M. ROMANINI, 2 voll., Galatina, 1980, I, pp.339-366; D. GLASS, Studies on Cosmatesque Pavements (BAR, International Series, 82),Oxford, 1980, pp. 126-127.

26. Sull’attribuzione alla mano di Iacobus anche del portico e del protiro si sonoespressi favorevolmente tanto Calenne, che alla bottega del marmoraro romano riferivail rinnovamento in chiave cosmatesca dell’abbazia benedettina di Rossilli promosso daInnocenzo III in anni contigui all’impresa in San Saba (L. CALENNE, L’abbazia di S. Ma-ria di Rossilli iuxta Gambinianum, in Innocenzo III. Urbs et Orbis. Atti del Congresso inter-nazionale (Roma, 9-15 settembre 1998) a cura di A. SOMMERLECHNER, Roma, 2003, pp.1323-1326), quanto La Bella (C. LA BELLA, San Saba (Le chiese di Roma illustrate, n.s.,35), Roma, 2003, p. 118). Riguardo il chiostro di San Saba, la ricostruzione della casagesuitica nel dopoguerra ha cancellato ogni memoria del manufatto, suscitando alloral’indignazione di un giovane Antonio Cederna (A CEDERNA, La fortuna dei vandali respon-sabilità dei funzionari e dei tecnici, in Ulisse, XI (1957), p. 1427. Sta di fatto che questo in-tervento è stato trascurato da Testini (P. TESTINI, San Saba (Le chiese di Roma illustrate,68), Roma, 1961, p. 88), mentre una recente guida della basilica riporta di sfuggita l’av-venimento, al pari di un precedente restauro dei due bracci superstiti effettuato nel 1914(LA BELLA 2003 (nota 26), pp. 104 e 108, nota 184).

27. Cronaca sublacense del P. D. Cherubino Mirzio da Treveri [d’ora in avanti Cron.Mirz.], a cura di L. ALLODI, Roma, 1885 (rist. anast. con il titolo C. MIRZIO, Cronaca Su-blacense, Charleston (SC), 2009), pp. 304-305. La notizia, ricondotta erroneamente dalMirzio al tempo dell’abate Lando, è stata ripresa in seguito da GIOVANNONI 1904 (nota8), p. 320, e quindi riportata da CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 79-80.

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Quindi, accettando per le più antiche ali cosmatesche delchiostro di Santa Scolastica una datazione al 1203-1204 28, l’inter-vento si caricherebbe di un doppio valore. Tutto interno al per-corso di Iacobus il primo, perché egli entrava dalla porta principalenel campo della progettazione architettonica e in leggero anticiporispetto alle prove offerte da altre dinastie di marmorari romani. Ilsecondo pregio risiede invece nella concezione già matura degliambulacri, sia per il rivestimento lapideo in senso antichizzante ditutte le superfici a vista, sia in particolare nella ritmica modularedelle pareti, determinata dall’alternanza di pilastri rettilinei a grup-pi limitati di archeggiature cigliate su colonnine isolate e binate.Da queste considerazioni non voglio trarre facili conclusioni, ov-vero che il manufatto sublacense fu nell’immediato un modello ti-pologico di riferimento; di sicuro, esso fu preludio per le successi-ve e più altisonanti imprese claustrali dei Vassalletto a Roma, tan-

28. Una datazione di questo settore del chiostro intorno al 1202 era stata propostaanche da Stiennon, perché ne vincolava la costruzione a un’epigrafe frammentaria, oramurata nel corridoio settentrionale del cortile claustrale, che così scioglieva sulla baseanche di una più antica trascrizione di Vincenzo Federici: ... ROFFRED(VS) .../ [HO]C

OP(VS) ORNAV[IT] (SVMPTIBVS) / [A]BB(A)S EST DICTVS ROM[ANVS] (cfr. V. FEDERICI, La bibliote-ca e l’archivio, in I monasteri di Subiaco, 2 voll., Roma, 1904, II, p. 50 e Appendice: le epi-grafi, p. 403, n. CCCXXI; J. STIENNON, Studio critico sopra un’iscrizione dell’abbazia di San-ta Scolastica a Subiaco, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo e Archivio mu-ratoriano, LXV (1953), pp. 101-102). Da qui l’autore avanzava l’ipotesi, ragionevole maancora tutta da dimostrare, che l’intervento del magister Iacobus fosse stato patrocinatodall’abate cassinese Roffredo dell’Isola, già elevato al cardinalato da Innocenzo III, rite-nendo che egli fosse tra i paucis cardinalibus (cfr. Chron. subl. (nota 6), p. 213) che aveva-no accompagnato il pontefice nel soggiorno sublacense del 1202. Se quanto congetturatoda Stiennon si dimostrasse vero, non solo uscirebbe dall’ombra l’effettivo committente,ma sarebbe confermata sia la cronologia del manufatto cosmatesco al principio del Due-cento, sia soprattutto la perdita di una parte di esso in un’epoca antecedente al ripristinodell’abate Lando. Per altro la distribuzione del testo su almeno tre righe lunghe all’incir-ca 30 cm, quanto la modesta dimensione dei caratteri si confanno ad un’epigrafe clau-strale. Secondo una prassi fatta propria dai Vassalletto (si veda il caso di San Giovanni inLaterano: Fig. 18), l’iscrizione poteva trovare posto su un pilastro di quel settore crollatocon il sisma del 1228, il che conforterebbe la frammentarietà del pezzo e dunque il suomancato reimpiego da parte di Cosma e della sua prole nella più tarda ricostruzione. Afavore di una provenienza dell’epigrafe dal chiostro eseguito da Iacobus si era pronuncia-to pure Giovannoni, senza però motivare la sua successiva decontestualizzazione (GIO-VANNONI 1904 (nota 8), p. 321).

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to in San Paolo fuori le mura, quanto in San Giovanni in Latera-no 29 (Fig. 7).

Fig. 7 - Roma, San Giovanni in Laterano, chiostro.

29. CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 126-138.

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Se non cado in errore, finora la critica aveva sbrigativamente ri-stretto il settore siglato da Iacobus alla galleria meridionale 30 (Fig. 8),leggendo nei segni distribuiti su basi, colonne, capitelli, pilastri e ar-

Fig. 8 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud.

chivolti (alfanumerici, tranne che per i sostegni murari) (Fig. 9) la di-mostrazione che questi fossero stati prodotti altrove per essere poi as-semblati in loco, seguendo uno schema prefissato 31. Pur suggestionatisu quest’ultimo aspetto dal documentato chiostro di Sassovivo 32, aSubiaco tuttavia ambedue le letture sono contraddette da numerosielementi, a iniziare non solo dall’effettiva estensione dell’intervento,

30. Cfr. nota 13 supra.31. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato X. BARRAL I ALTET, Organitation du travail et

production en sèrie: les marques de montage du cloître de Subiaco près de Rome, in Artistes, artisans etproduction artistique au Moyen Age, III, Fabrication et consommation de l’oeuvre. Colloque Interna-tional (Rennes, 2-6 mai 1983) édités par X. BARRAL I ALTET, Paris, 1990, pp. 93-99.

32. CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 162-163.

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Fig. 9 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud (da X. Barral I Altet 1990).

ma anche dalla qualità del materiale adoperato. Si tratta in massimaparte di un calcare compatto e atto alla scultura che si cavava sul po-sto, motivo per cui è comunemente detto di Affile 33. Dato che giàtale indicazione è una spia contraria a un’eventuale lavorazione deglielementi modanati e plastici a Roma, a mettere i bastoni fra le ruoteinterviene soprattutto il ricongiungimento ad una medesima campa-

33. GIOVANNONI 1904 (nota 8), p. 290.

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gna dell’ala orientale (Fig. 2) con l’ambulacro meridionale (Tav I).Oltre al tipo di calcare 34, lo provano l’identità dei capitelli a foglie lisce(Figg. 10a-10b) e il formato di quelli a stampella (Figg. 11a-11b), così

Fig. 10 - a-b Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud e ala est.

34. Sull’impiego del marmo (e più precisamente marmo di Carrara) per il lato orien-tale si era invece espresso Giovannoni (GIOVANNONI 1904 (nota 8), p. 318), il quale avevaricondotto l’ambulacro alla mano di Cosma e dei suoi figli Luca e Jacopo. L’attuale pu-litura delle superfici lapidee, oltre a dimostrare che qui il materiale utilizzato è la pietradi Affile, ne mette in risalto la distonia stilistica con le parti più tarde del chiostro, in-spiegabilmente non ravvisata dall’insigne studioso al principio del Novecento.

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Fig. 11 - a-b Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala est e ala sud.

come sovrapponibile è la profilatura delle cornici che girano soprale archeggiature (Figg. 12a-b), nonché l’assenza sul versante inter-no alla galleria dell’elemento cigliato (Fig. 13a), soluzione invecericorrente nei due lati del chiostro elevati negli anni Trenta (Fig.13b) in maniera serializzata 35 e facendo largo uso di marmo dispoglio 36, laddove la tradizione presume che venissero ad innal-zarsi le fabbriche di Umberto.

Pertanto sono i segni lapidari a marcare un’effettiva distinzionetra le ali meridionale e orientale, una differenza determinatasi in

35. A tale proposito è illuminante il giudizio di Giovannoni (GIOVANNONI 1994 (nota 8), p.323) nel definire « L’opera di Cosma e dei suoi figli alquanto diversa da quella del padre [Iaco-bus] pur seguendone fedelmente le linee, e rivela una tecnica più evoluta, un’arte spigliata edelegante di artisti abili che lavorano un po’ di fretta, talvolta più mestieranti che artisti ».

36. « Landus abbas multa bona fecit. Construxit in suo monasterio Sublacensi clau-strum ex marmoreo lapido », ribadendo quanto detto in precedenza: « Abbas autemLandus qui claustrum huius cenobii sublacensis quasi de novo construxit, ex ruina ipsiusecclesie [San Clemente] fecit columnas et tabulas marmoreas [auferri] quas ex dicta col-ligere potuit », in Chron. subl. (nota 6), rispettivamente pp. 219 e 127

Fig. 11 - a-b Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala est e ala sud.

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Fig. 12 - a-b Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud e ala est.

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Fig. 13 - a. Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala est.

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Fig. 13 - b. Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala nord.

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un momento seguente alla loro messa in opera, poiché ad un’at-tenta osservazione gli stessi marchi vanno pure a disporsi sia suicapitelli che la pratica manutentiva aveva sostituito agli originari,sia su quel breve tratto di parete addizionato in prossimità dell’an-golo sud-occidentale (Fig. 14), del tutto diverso per qualità forma-le dal manufatto del magister Iacobus. Di conseguenza la numera-zione a vista delle porzioni più pregiate del braccio meridionale fuapplicata in funzione di un suo temporaneo smantellamento, ilche deve essersi verificato sempre in età tardo medievale, conside-

Fig. 14 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud.

rando la veste architettonica della soprelevazione (Fig. 8) che dotòla galleria di un piano abitativo. La necessità di consolidare dallefondazioni la parete claustrale contribuì ad adottare una siffattaprassi per agevolare un successivo rimontaggio dei pezzi che, an-tesignano esempio di anastilòsi, risulta comunque lontano nellatrasandata confezione dagli elevati standard dei prodotti cosmate-schi di inizi Duecento. D’altronde l’andamento compresso di nu-

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merosi archetti (Fig. 15) o l’impiego del “cardellino” nelle centi-nature interne al posto di ghiere in laterizio non si riscontra nel-l’ala orientale (Fig. 13a), che ha mantenuto il suo primitivo asset-to. L’essere giunta in un discreto stato di conservazione (Fig. 2)permette di assaporare anche le soluzioni del sottogronda e qui in

Fig. 15 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala sud.

particolare l’esistenza di un lungo rincasso destinato ad accogliereuna fascia mosaicata. Oggi rimangono pochi residui di tessere dicalcare e in cotto 37, ma l’impronta di quelle mancanti non impe-disce di valutare il portato epigrafico del decoro, denunciato dalla

37. GIOVANNONI 1904 (nota 8), p. 316, nota 2.

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lettura in negativo di alcune lettere ormai sparse (Fig. 16). Evi-dentemente troppo poco per ricomporre il contenuto del testoche nessuna fonte ha mai tramandato, tuttavia ancora una voltasufficiente per confermare l’adesione di Iacobus a quel romano more

Fig. 16 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala est.

espresso con la potenza della “scrittura esposta” dai chiostri vassal-lettiani dell’Urbe (Fig. 17) e che, in considerazione dell’antece-denza di Subiaco, si palesa qui in forma di primogenitura. Sicchéritenere, per analogia agli esemplari romani, che vi corresse la for-mula commemorativa non si configura come un’idea balzana. Di-sgiunta e distante dalla firma dello scultore, incisa con perizia sullapietra di Affile, l’iscrizione musiva doveva riportare tra le altre co-se il nome del committente e presumibilmente la data di esecu-zione. Tale ubicazione, per giunta, spiegherebbe la disposizionespeculare della sintetica epigrafe dell’abate Lando (Fig. 18), testi-monianza del più tardo intervento cosmatesco (Fig. 19; Tav. I)che non ha alcun vincolo, se non quello parentale dei marmorari,con quanto era stato innalzato al principio del Duecento 38. Di

38. GIOVANNONI 1904 (nota 8), pp. 323-324; CLAUSSEN 1987 (nota 10), pp. 98-100.

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Fig. 17 - Roma, San Giovanni in Laterano, chiostro.

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Fig. 18 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala ovest.

Fig. 19 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala ovest.

fatto a negargli implicitamente il valore di previsto completamen-to del chiostro lo dimostrano sia i trent’anni che intercorrono conl’opera del magister Iacobus, sia l’annalistica locale che nel definirequasi de novo construxit 39 le ali elevate dal figlio Cosma con i diret-ti discendenti Luca e Jacopo dà all’EXPLERVNT della scrittura scolpi-ta un valore di “ripristino” piuttosto che di ultimazione 40.

39. Cfr. nota 36 supra.40. L’iscrizione così recita: + COSMAS ET FILII LVC(A) ET IAC(OBVS) ALT(ER) ROMANI CIVES

IN MARMORIS ARTE PERITI HOC OPVS EXPLERVNT ABB(AT)IS T(EM)P(OR)E LANDI. Già Giovannoniaveva messo in rapporto « le due locuzioni che si corrispondono: explerunt e quasi de no-vo », ma come punto di partenza per sondare l’entità e la portata di entrambi gli inter-venti cosmateschi, allora ancora tutte da definire (GIOVANNONI 1994 (nota 8), p. 318).

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Dunque ancora una volta altre furono le motivazioni e, comesembra, scaturite dalla vicenda edilizia del monastero al tempo delgoverno di Lando, pressoché coincidente con il pontificato diGregorio IX. Tuttavia l’iscrizione menzionata stabilisce esclusiva-mente la pertinenza dei bracci settentrionale e occidentale al suoministero; è la presenza di Cosma con la sua prole a rinviarne l’e-secuzione al quarto decennio del XIII secolo, ragionevolmentedopo i documentati lavori nella cripta di Anagni del 1231, loroopera prima 41. E l’occasione per rimettere mano al cortile clau-strale fu dettata da un evento eccezionale, il quale va ricercato –come aveva già proposto Egidi – nelle conseguenze di quel sismache nel 1228 rese necessario il riassetto dei corpi abbaziali di SantaScolastica 42.

Alla luce di tali considerazioni, inserire tra gli interventi pro-mossi dall’abate Lando, oltre al chiostro con la sottostante cisterna,alla cappella della SS.ma Trinità e al dormitorio degli anziani, pu-re la riedificazione del santuario appare un passo quasi scontato. Eciò non solo perché una siffatta cronologia ben si addice alle sueforme gotico-cistercensi (Fig. 22), allora vero timbro di rinnova-mento per molte imprese ecclesiastiche della regione, ma ancheper la stretta contiguità della chiesa, al pari dei settori più vetustidel monastero, ai portici settentrionale e occidentale del chiostro(Fig. 20; Tav. I). Sicché furono i devastanti effetti del terremoto ele successive ricostruzioni delle parti più compromesse del ceno-bio a invocare l’intervento di Cosma e dei suoi figli a Subiaco,piuttosto che un adeguamento formale delle due gallerie al manu-fatto eseguito trent’anni prima dal magister Iacobus. Stando così glieventi si aprirebbe un’inedita lettura: l’intervento delle qualificatemaestranze romane non andava a sostituire l’anacronistico ambula-cro di Umberto, bensì i portici ormai perduti del primitivo chio-

41. GANDOLFO 1984 (nota 24), p. 68; CLAUSSEN 1987 (nota 10), p. 98; inoltre M. GIA-NANDREA, La scena del sacro. L’arredo liturgico nel basso Lazio tra XI e XIV secolo, Roma,2006, pp. 125-126. Di diverso avviso era Giovannoni, che reputava l’intervento a Subia-co anteriore al soggiorno anagnino (GIOVANNONI 1904 (nota 8), p. 321).

42. Cfr. nota 36 supra. Inoltre vedi EGIDI 1904 (nota 5), p. 114 nota 1, ed ancheSTIENNON 1953 (nota 28), p. 94, nota 2.

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Fig. 20 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala nord.

stro cosmatesco, nonché a consolidare le malconce strutture delfronte meridionale sopra cui fu impiantato il dormitorio per imonaci più anziani con accanto la cappella della SS.ma Trinità 43.Pertanto Cosma, anche in virtù della sua diretta discendenza daIacobus, fu strumento di un’operazione da intendere come risarci-

43. Chron. subl. (nota 6), p. 219.

Fig. 20 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ala nord.

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mento in stile di uno spazio divenuto finalmente strategico al-la vita della comunità e intorno al quale si accentrerà ancora l’at-tenzione costruttiva e decorativa ben oltre il crepuscolo del Me-dioevo.

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2. DAL CHIOSTRO DEI COSMATI ALL’ATRIO GOTICO:L’EVOLUZIONE DELLA FABBRICA ABBAZIALE

La rinnovata concezione del chiostro come fulcro della vitamonastica traspare con evidenza nella lettera Cum ad monasteriumrivolta da Innocenzo III alla comunità sublacense in occasionedella visita del 1202 44. Il pontefice ribadiva con fermezza le normeessenziali della vita monastica - tra cui il rispetto del silenzio, il divie-to di mangiare carne, l’obbligo della povertà e della castità, la voca-zione all’accoglienza - e le descriveva con precisione “ambientando-le” nei singoli edifici del monastero 45. Contestualmente a una rinno-vata osservanza, dunque, sembra che Innocenzo III auspicasse ancheuna riorganizzazione del cenobio che fosse più razionale e soprattuttocoerente con quanto prescriveva la regola. Non stupisce pertanto as-sistere al riassetto di Santa Scolastica proprio a partire dalla visita papa-le, che tra l’altro diede avvio anche alla sistemazione del Sacro Spe-co 46, con una serie di interventi proseguiti nel corso del Duecento equindi ancora nei due secoli seguenti 47.

44. Sulle circostanze e le conseguenze della visita pontificia cfr. EGIDI 1904 (nota 5),p. 110; K. HAMPE, Eine Schilderung des Sommeraufenthaltes des römischen Kurie unter Inno-zenz III. in Subiaco 1202, in Historische Vierteljahrschrift, VIII (1905), pp. 509-535; U.ISRAEL, Der papst und die urkunde an der wand. Innozenz III. (1198-1216) in Subiaco, inQuellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LXXXIV (2004), pp.69-102; DE PROSPERIS 2008 (nota 12), pp. 3-30.

45. Il testo della lettera all’abate e al monastero (in P.L., CCXIV, n. 82, coll. 1064-1066), poi confluito nelle Decretali, è riportato anche in Chron. subl. (nota 6), pp.213-218.

46. M. RIGHETTI TOSTI-CROCE, L’architettura del Sacro Speco, in I monasteri benedettinidi Subiaco, a cura di C. GIUMELLI, Milano, 1982, pp. 75-94: 78-81.

47. Nel ripercorrere le vicende della fabbrica monastica sono ancora oggi fondamentaligli studi di GIOVANNONI 1904 (nota 8), pp. 262-403; GIUMELLI 1982 (nota 1), pp. 11-66.

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Come ha già evidenziato Pistilli la prima iniziativa, da colloca-re negli anni dell’abate Romano (1193-1216), riguardò l’erezionedel chiostro di Iacobus e probabilmente una prima organizzazionedell’ala orientale, la più prossima al presbiterio della chiesa prero-manica 48, con la predisposizione di ambienti adibiti a sacrestia odestinati alle assemblee capitolari. Sul lato meridionale invece, ri-volto verso lo strapiombo, è possibile che al momento ancora nonfosse prevista alcuna costruzione né al livello claustrale, né al pia-no superiore, considerate le difficoltà progettuali legate alla naturaaltimetrica di questo versante.

È al più tardo abate Lando (1227-1243), del resto, che il Chroni-con assegna gran parte degli interventi duecenteschi, anche perché fuin seguito al sisma del 1228 che la necessità di sanare i cedimentistrutturali del monastero dovette stimolare altre imprese costruttive 49.Il nuovo cantiere poté certamente avvalersi del supporto finanziariodi papa Gregorio IX che non mancò di visitare e riformare l‘abbaziapiù volte, nonché di emanare privilegi a tutela del cenobio, ponen-dosi così in stretta continuità con quanto aveva già fatto InnocenzoIII 50. Con il risarcimento del chiostro si inaugurava un’epoca di ec-cezionale fervore edilizio che, come si è visto, contemplò anche l’e-rezione dell’ospizio per anziani (Fig. 8) e della scomparsa cappelladella SS.ma Trinità sul lato meridionale, ma anche il rinnovamentodelle unità abitative prospettanti sulle gallerie appena costruite da Co-sma e dai suoi figli. Nonostante il silenzio delle cronache, dunque,sembra ragionevole ipotizzare che fu proprio durante il governo di

48. A proposito degli edifici di culto antecedenti la chiesa gotica si rimanda al con-tributo di Agostina Appetecchia in questo stesso volume.

49. Chron. subl. (nota 6), p. 199.50. Sul rapporto di Gregorio IX con i monasteri vedi FEDERICI 1904 (nota 28), pp.

53-54; EGIDI 1904 (nota 5), pp. 112-113; S. ANDREOTTI, La famiglia di Alessandro IV el’abbazia di Subiaco, Subiaco, 1987, pp. 69-71. A questo proposito, inoltre, sembra utilericordare quanto annota brevemente Raffaello Morghen nella sua edizione al Chronicon(vedi Chron. subl. (nota 6), p. 88 nota 171), dove suggerisce la possibilità di un rapportotra Lando e Gregorio IX antecedente alla rispettiva nomina ad abate sublacense e ponte-fice, un’ipotesi condivisa da A. FRUGONI (Subiaco francescana, in Bullettino dell’Istituto storicoitaliano per il Medioevo e Archivio Muratoriano, LXV (1953), pp. 107-119: 110) che identifi-ca in Lando il cappellano di Ugolino di Ostia.

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Lando che si intraprese l’erezione sia della nuova chiesa, sia del bloc-co occidentale che conteneva insieme refettorio e dormitorio 51.

Come è noto infatti l’abbaziale, che sopravvive tutt’oggi rive-stita internamente dal rimaneggiamento neoclassico di Giacomo

Fig. 21 - Giacomo Quarenghi, Planimetria della chiesa neoclassica all’internodella fabbrica. medievale (Biblioteca di Santa Scolastica, seconda metà XVIII secolo).

51. Nel Chronicon (Chron. Subl (nota 6), p. 219), infatti, si ricordano gli interventi diLando nel chiostro e l’erezione dell’ospizio e della cappella della SS.ma Trinità, mentrenessuna fonte fornisce indicazioni utili riguardo la cronologia della chiesa. La critica per-tanto ha indicato come possibili committenti del nuovo edificio di culto l’abate Lando,ma anche i successori Enrico e addirittura Bartolomeo II (vedi GIOVANNONI 1904 (nota8), p. 346 e GIUMELLI 1982 (nota 1), p. 34).

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Quarenghi 52 (Fig. 21), si conforma ad un tipo edilizio duecente-sco che nei dettagli costruttivi svela un forte debito con il lin-guaggio cistercense tanto diffuso nella limitrofa provincia di Ma-rittima e Campagna 53. Lo testimoniano con chiarezza i suoi carat-teri tipologici: la copertura ad archi diaframma, i semipilastri qua-drangolari a sostegno degli arconi a sesto acuto e a doppio rincas-so, i contrafforti esterni 54. (Figg. 22, 23)

Fig. 22 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, fianco settentrionale.

Il marchio dell’ordine borgognone appare evidente anche nelrefettorio i cui resti consistenti sono affiorati al di sotto del piano

52. Nella Biblioteca di Santa Scolastica si conservano alcuni disegni di Giacomo Quaren-ghi con i progetti della nuova veste neoclassica dell’abbaziale, pubblicati in Mostra di disegnidi Giacomo Quarenghi architetto e pittore, Catalogo della mostra, Subiaco, 1970.

53. La diffusione del linguaggio cistercense nell’area è stata indagata recentemente daE. PARZIALE, L’abbazia cistercense di Fossanova. Le dipendenze in Marittima e l’influenza sullaproduzione artistica locale tra XII e XIV secolo, Roma, 2007, cui si rimanda anche per la bi-bliografia precedente.

54. Ancora validi appaiono i confronti già proposti dalla critica per i caratteri tipologicidell’abbaziale, cfr. GIOVANNONI 1904 (nota 8), pp. 338-343; GIUMELLI 1982 (nota 1), pp. 34-35.

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Fig. 23 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, semipilastro della chiesa gotica.

pavimentale dell’ambiente attuale dopo il terremoto del 1915 55.(Fig. 24) L’impianto rettangolare, di dimensioni analoghe al refet-torio secentesco, era diviso longitudinalmente in due parti tramitesostegni centrali, secondo un modello assai diffuso nell’architetturacistercense 56. Ciascuna navata era probabilmente coperte da quat-tro volte a crociera inquadrate sui muri perimetrali da lesene qua-drangolari affini ai sostegni dell’abbaziale e al centro da pilastri di

55. La notizia degli scavi è riportata senza molti particolari in R. PAPI, Appunti edili-zi, in Per le nozze d’argento sacerdotali dell’ecc.mo padre abate Simone Lorenzo Salvi o.s.b., s.l.1927, pp. 53-57, in part. p. 54.

56. Il riferimento va a casi come il refettorio dei conversi di Chiaravalle di Fiastra ocome quello di Casamari che presentano una scansione spaziale simile, ma anche perl’ampia bibliografia sull’argomento vedi V. ASCANI, s.v. Cistercensi, Architettura, in Enciclo-pedia dell’Arte Medievale, IV, Roma, 1993, pp. 817-835.

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Fig. 24 - Subiaco, Santa Scolastica, refettorio duecentesco, rilievo.

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cui sopravvivono solo le fondazioni (Figg. 25, 26). Al piano supe-riore, invece, l’intervento duecentesco doveva prevedere l’inseri-mento del dormitorio, oggi non più esistente, ma che poteva arti-

Fig. 25 - Subiaco, Santa Scolastica, resti del refettorio duecentesco.

Fig. 26 - Subiaco, Santa Scolastica, resti del refettorio duecentesco.

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colarsi come un’aula unica suddivisa da tramezzi lignei e accessibi-le tramite l’elegante scala rampante ancora visibile nell’ambulacrooccidentale del chiostro (Fig. 27). L’orientamento anomalo (Tav. I)

Fig. 27 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, scala d’accesso al dormitorio.

della fabbrica contenente i due ambienti sovrapposti, che non è inasse col recinto claustrale, fu condizionata probabilmente dallapresenza di strutture precedenti; del resto a quest’epoca dovevanosopravvivere gli edifici dell’XI secolo ricordati dalle fonti, vale adire il dormitorio, la foresteria e la sala riscaldata dell’epoca diUmberto, nonché l’edificio d’ingresso (Fig. 16) dell’abate Giovan-ni il cui utilizzo si protrasse almeno sino alla seconda metà del XVsecolo 57. Il blocco costituiva dunque uno snodo di congiunzione

57. Chron. subl. (nota 6), pp. 156, 172. L’arco romano opere descritto dalla Cronacapotrebbe coincidere con la struttura visibile nella veduta dell’abbazia, affrescata nel brac-cio meridionale dell’atrio gotico nella seconda metà del XV secolo.

Fig. 27 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, scala d’accesso al dormitorio.

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tra strutture antiche e nuove ed era unito a sua volta al campanileromanico tramite due campate di passaggio voltate a crociera, og-gi molto rimaneggiate, i cui sostegni però svelano l’attinenza allacampagna duecentesca (Fig. 28).

Alla fase finale della fabbrica, che con plausibilità si protrassefino al termine del secolo 58, va ricondotta anche la sistemazione

Fig. 28 - Subiaco, Santa Scolastica, ambiente di collegamento tra il refettorio e la chiesa.

58. Considerata l’ampiezza del cantiere è quantomeno logico ipotizzare la sua permanen-za almeno sotto il governo di Enrico (1245-1273), successore di Lando. D’altronde i docu-menti emanati dai pontefici fino a Gregorio X, ancora custoditi nell’archivio del monastero,testimoniano come anche questo abate beneficiasse appieno della tutela papale e in particola-re dell’appoggio di Alessandro IV, nativo della vicina Jenne (vedi Cron. Mirz. (nota 27), pp.308-335; FEDERICI 1904 (nota 28), pp. 55-66; ANDREOTTI 1987 (nota 50)).

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del prospetto principale della chiesa (Fig. 29). Questo doveva ca-ratterizzarsi per la terminazione rettilinea, l’unica conciliabile este-ticamente con il notevole sviluppo orizzontale e con la presenzalaterale del campanile 59, e forse anche per il tipo di coronamentoa cavetto così diffuso nella Roma gotica, ma talora adottato anchein contesti periferici all’Urbe 60. Lontana da modelli romani e de-

Fig. 29 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, prospetto.

59. Il prospetto esibiva uno sviluppo orizzontale maggiore rispetto alla situazione at-tuale in cui, come mostra la decorazione parietale, è parzialmente occultato sulla sinistradalle strutture dell’atrio gotico. Sulla torre campanaria vedi. F. BETTI, Da Subiaco a Mon-tecassino: origine e diffusione della torre di facciata in alcuni edifici religiosi protoromanici del Laziomeridionale, in Arte d’Occidente: temi e metodi. Studi in onore di Angiola Maria Romanini, 3voll., Roma, 1989, II, pp. 71-81, con bibliografia precedente.

60. Si consideri il caso del prospetto tardo duecentesco della cattedrale di San Pietro aFondi, probabilmente legata alla committenza Caetani, vedi M. PINTO, La chiesa di S. Pietroapostolo a Fondi, in Palladio, n.s., XXII (2009), 43, pp. 77-94. Più in generale sulla diffusionedi tale tipologia di facciata nell’architettura medievale romana cfr. P.C. CLAUSSEN, Die Kir-chen der Stadt Rom im Mittelater 1050-1300, Stuttgart, 2002, in part. p. 396 e nota 54.

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bitrice del vicino contesto abruzzese è invece la particolare finitu-ra della zona inferiore della facciata, oggi scarsamente visibile pergli spessi strati di intonaco al di sotto delle tarsie dipinte, ma chein alcuni punti lasciano intravedere ancora la presenza dell’origina-ria zoccolatura modanata che correva come basamento lungo tuttal’estensione del prospetto 61.

A conclusione dei lavori in facciata fu inserito il portale ar-chiacuto che per tipologia ripropone ancora motivi tipicamentegotico-borgognoni, ma con un gusto plastico oramai rigido chetradisce la sua pertinenza alla fine del secolo (Fig. 30). Fin da que-

Fig. 30 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, particolare del portale.

61. Tra i numerosi raffronti possibili in area abruzzese vedi il caso di Santa MariaMaggiore a Lanciano in M. RIGHETTI, La chiesa di Santa Maria Maggiore a Lanciano: unproblema dell’architettura italiana del Duecento, in I Cistercensi e il Lazio. Atti delle giornatedi studio di Storia dell’arte dell’Università di Roma (Roma, 17-21 maggio 1977), Ro-ma, 1978, pp. 187-211.

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st’epoca, infine, davanti la chiesa doveva essere presente un vesti-bolo o una struttura porticata, poiché i documenti ricordano l’esi-stenza di un atrio accessibile ai laici già nella seconda metà delDuecento 62, sebbene sia improbabile che esso coincida con l’at-tuale – tradizionalmente definito “gotico”- le cui forme richiama-no, come si vedrà, un intervento decisamente più tardo.

Gli anni finali del XIII secolo furono segnati da un sisma(1298) che causò una serie di danni nell’ala occidentale del chio-stro e in particolare, come racconta Cherubino Mirzio, provocò ilcrollo del dormitorio 63. Il fatto che al suo restauro provvedessel’abate Bartolomeo II almeno vent’anni dopo lascia però pensareche la situazione non fosse poi così grave e che l’intervento piùurgente in quegli anni turbolenti a cavallo tra i due secoli fosse,invece, il ripristino della copertura dell’ambulacro occidentale(Fig. 31) 64. La galleria fu chiusa da un sistema di crociere inqua-drate da pesanti arconi trasversi che si impostano a ovest su pe-ducci triangolari e ad est su mensole rettilinee pertinenti alla co-pertura precedente. Contestualmente si procedette ad una primaaffrescatura dell’ala, un lavoro svolto con celerità come testimonialo stile corsivo dell’ornamentazione a motivi vegetali e a fintacortina ancora visibile in alcuni punti 65 (Fig. 32).

Della seconda campagna decorativa della galleria, che rappre-senta i territori sottomessi all’abbazia in un insolito paesaggio for-tificato, fu invece probabile promotore Bartolomeo II da Monte-cassino (1318-1343) cui è possibile attribuire anche l’affrescatura

62. FEDERICI 1904 (nota 28), p. 66, n. 457 (23 dicembre 1274).63. Cron. Mirz. (nota 27), p. 351.64. Ibid., p. 369.65. Nonostante la semplicità dei motivi ornamentali che ornano l’ambulacro non of-

fra molti appigli utili alla definizione cronologica, la datazione a cavallo tra XIII e XIVsecolo è confortata dal confronto con alcuni contesti del Lazio meridionale, come adesempio la decorazione delle volte dell’auditorium dell’abbazia di Valvisciolo, per i qualisi rimanda a M. MIHÁLYI, Architettura dipinta nel territorio di Sermoneta. Il caso di Valvisciolo,in Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo edetà moderna. Atti del Convegno della Fondazione Camillo Caetani (Roma-Sermoneta,16-19 giugno 1993), Roma, 1999, pp. 473-499.

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Fig. 31 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ambulacro occidentale.

Fig. 32 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ambulacro occidentale, prima campagna decorativa.

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del prospetto dell’abbaziale (Figg. 33, 34). Se infatti lo stile di ese-cuzione non permette di definire una cronologia certa per le due

Fig. 33 - Subiaco, Santa Scolastica, chiostro, ambulacro occidentale, affreschi.

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Fig. 34 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, prospetto, Storie di san Benedetto.

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imprese pittoriche 66, viene in aiuto la presenza di una identica fi-nalità propagandistica in entrambi i cicli: sia nella galleria, dovecampeggiano i castelli di Subiaco, sia nel prospetto in cui le Storiedi san Benedetto inglobano l’antica epigrafe di Umberto con l’elen-co dei possedimenti abbaziali. Questa volontà politica di esprime-re un messaggio di affermazione patrimoniale ben si adegua aquesti anni; Bartolomeo, infatti, ascese al soglio abbaziale dopo unperiodo di gravi difficoltà per il monastero e la sua azione di go-verno fu volta a sanare le questioni relative ai confini e a recupe-rare i territori perduti gli anni precedenti 67.

Verso la metà del secolo un ennesimo sisma, scatenatosi nel1348, stimolò ulteriori imprese costruttive che videro l’abate Bar-tolomeo III da Siena (1363-1369) impegnato a sanare le parti delmonastero danneggiate, vale a dire la basilica di Santa Scolasticacum loco capitulari 68. Limitare questo intervento ad un semplice con-solidamento appare riduttivo, considerate anche le parole della crona-ca che cita esplicitamente la ricostruzione a fundamentis della basilica,un’impresa che dovette essere avviata da Bartolomeo e plausibilmen-te proseguita nel corso del ventennale abbaziato di Francesco II daPadova (1369-1389). Il loro intervento, come anche quello del suc-cessore Tommaso da Celano (1389-1413) si concentrò sul bloccoorientale dell’edificio liturgico duecentesco con una serie di trasfor-mazioni in parte visibili ancora oggi 69 (Fig. 35).

66. Per la complessa questione inerente lo stile dei due cicli, si rimanda, anche per labibliografia precedente a: S. ROMANO, Eclissi di Roma. Pittura murale a Roma e nel Lazioda Bonifacio VIII a Martino V (1295-1431), Roma, 1992, pp. 179-192.

67. Le perdite patrimoniali furono in gran parte dovute alle vicende che videro av-versi Colonna e Caetani e alla serie nefasta di abati e reggenti tra XIII e XIV secolo al-ternativamente legati o opposti, con modalità ancora non del tutto chiarite dalla storio-grafia, alle due famiglie. Si vedano intanto EGIDI 1904 (nota 5), pp. 120-124; P. CAROSI,I monasteri di Subiaco, Subiaco, 1987, pp. 99-101.

68. Cron. Mirz. (nota 27), p. 400.69. R. CERONE - A. COSMA, « Ecclesiam capitulumque a principio reformavit ». Riforma

spirituale e rinnovamento materiale nel monastero sublacense di Santa Scolastica tra XIV e XVsecolo, in Universitates e baronie. Arte e architettura in Abruzzo e nel Regno al tempo dei Du-razzo. Atti del Convegno (Guardiagrele-Chieti 9-11 novembre 2006), a cura di P.F. PI-STILLI- F. MANZARI- G. CURZI, 2 voll., Pescara, 2008, II, pp. 191-212.

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Fig. 35 - Subiaco, Santa Scolastica, il coro di Bartolomeo III e la cappella retrocorale.

Se infatti il ruolo determinante dell’influsso cistercense hasempre indotto a ritenere parti integranti della fabbrica duecente-sca sia l’alto transetto immisso, sia il coro rettangolare 70, sulla basedella consonanza icnografica di quest’ultimo con la prassi ediliziadell’ordine francese, la riconsiderazione delle caratteristiche tipolo-giche e costruttive delle due strutture evidenzia come queste sia-no state aggiunte alla primitiva aula unica in due momenti diffe-renti 71. Sulla base delle indicazioni di Mirzio, allora, appare ragio-

70. GIOVANNONI 1904 (nota 8), pp. 348-349. Alle trasformazioni tardocinquecenteschedel presbiterio (descritte nel Memoriale di Venanzio da Urbino, Archivio di Santa Scolasti-ca, P. I. 24, c. 23 e ss.) seguono i lavori degli anni Quaranta del XVII (per questa cam-pagna si rimanda al contributo di Tiziana CHECCHI in c.s.), quindi i rimaneggiamenti diQuarenghi e quelli di Giacomo Monaldi, descritti da G. JANNUCELLI, Memorie di Subiaco esua Badia, Roma, 1856, p. 400.

71. CERONE - COSMA 2008 (nota 69), pp. 194-196.

Fig. 35 - Subiaco, Santa Scolastica, il coro di Bartolomeo III e la cappella retrocorale.

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nevole attribuire a Bartolomeo III l’innalzamento della massicciamole rettangolare, (Tav. I, B) sporgente dal corpo della navata inalzato per circa 3 metri, che doveva rivestire funzioni di coro deimonaci 72, a sostituzione di una precedente terminazione duecen-tesca: un ambiente che fosse consono all’importanza attribuitaglidalle coeve Consuetudines nella descrizione dell’attività giornalieradella comunità e che rappresentasse visivamente il grandioso rin-novamento spirituale in atto nel monastero, interessato da un’ope-ra di enfatizzazione del culto divino e dal ristabilimento di unapiù rigorosa osservanza della regola, mediante l’espulsione dei mo-naci incorregibiles e la loro sostituzione con monaci stranieri, ingran parte iberici 73.

All’inizio del XV secolo in questo stesso ambiente Tommasoda Celano commissionò l’esecuzione del celebre ciclo di affreschiattribuito alla bottega del cosiddetto Maestro Caldora 74, che pro-prio qui esordì prima di continuare la sua attività in terra abruzzesenel duomo di Celano e nella cappella Cantelmo-Caldora alla BadiaMorronese 75 (Fig. 36). Del resto l’abate celanese aveva già manifesta-

72. Che la struttura rivestisse funzione di coro monastico è confermato indiretta-mente dalla pergamena di riconsacrazione della cappella di San Gregorio, posta ad latussinistre prope introitum chori, come si legge nel documento originale del 1459, conservatoa Subiaco, Archivio di Santa Scolastica, IV, 34.

73. Sulla questione cfr. B. FRANK, Subiaco, ein Reformkonvent des späten Mittelalters, inQuellen und Forschungen aus italenischen Archiven und Bibliotheken, LII (1972), pp. 526-656:532-539; B. FRANK, Spagnoli e portoghesi nella riforma monastica italiana dei secoli XIV e XV,in Anuario español de l’arte, X (1980), pp. 585-591; CAROSI 1987 (nota 67), pp. 105-106,110-113.

74. Cron. Mirz. (nota 27), p. 400. A partire dalla testimonianza di Mirzio e sulla basedello stile gli affreschi sono stati sempre collegati alla committenza dell’abate celanese,vedi CERONE - COSMA 2008 cit. (nota 69), pp. 200-208. Nel solaio si conservano anchealcune mensole lignee con funzione di appoggio per le travi-catena delle capriate, ap-partenenti alla copertura originaria che, come indica la natura dei resti policromi solidalicon l’intonaco delle pitture, doveva presentarsi interamente decorata ad opera della me-desima bottega autrice del ciclo. I numerosi fori parietali intervallati con quelli allog-gianti le travi, inoltre, rivelano la primitiva presenza di un soffitto cassettonato che cela-va le capriate in modo da offrire una migliore percezione dal basso delle alte paretidipinte.

75. Sull’attività dell’atelier del Maestro Caldora si rinvia, anche per la bibliografia pre-cedente, ad A. TOMEI, Tra Abruzzo e Lazio: affreschi quattrocenteschi nel transetto di SantaScolastica a Subiaco, in L’Abruzzo in età angioina. Arte di frontiera tra Medioevo e Rinascimen-to. Atti del Convegno internazionale di studi (Chieti, Campus universitario, 1-2 aprile

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Fig. 36 - Subiaco, Santa Scolastica, coro di Bartolomeo III, Maestro Caldora, Giudizio universale.

to il proprio interesse verso l’area presbiteriale dell’abbaziale con l’e-rezione dell’estrema addizione orientale, l’odierno coro neoclassico,con funzione di cappella (Tav. I, A; Fig. 37). A questo ambiente, in-fatti, potrebbero riferirsi i sei documenti del 1399 che descrivono laconsacrazione di ben quattro altari in un vano posto « prope retro adcorum », un ambiente dunque che doveva possedere dimensioni con-sistenti visto il numero di luoghi devozionali previsti 76. In questa di-rezione sembra andare anche la constatazione che l’iniziativa dellaconsacrazione del 1399 fu presa dal priore di Santa Scolastica France-sco da Norcia, un committente religioso, dunque, che agisce in un’a-rea dalla particolare ubicazione retrocorale, a differenza di quanto ac-cade lungo i fianchi dell’abbaziale dove gli altri oratori godevano dipatronato esclusivamente laico.

2004), a cura di D. BENATI - A. TOMEI, Cinisello Balsamo, 2005, pp. 237-254; G. CURZI,Il cantiere pittorico della chiesa dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista a Celano: convergenzee tangenze, in Universitates e baronie. Arte e architettura in Abruzzo e nel Regno al tempo deiDurazzo. Atti del Convegno (Guardiagrele-Chieti 9-11 novembre 2006), a cura di P.F.PISTILLI- F. MANZARI- G. CURZI, 2 voll., Pescara, 2008, I, pp. 19-34.

76. CERONE- COSMA 2008 (nota 69), p. 209, nota 39.

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Fig. 37 - Subiaco, Santa Scolastica, cappella retrocorale.

Tra XIV e XV secolo si eressero infatti sia le cinque cappellequadrangolari e voltate a crociera che si addossano sul fianco norddella chiesa (Fig. 38), sia le altre cinque disposte sul versante op-posto (Tav. I 1-5, 7-11). Queste ultime, con la sola eccezionedella prima da Est, non costituivano però organismi autonomi dalpunto di vista architettonico, dato che erano individuate sempli-cemente da altari separati dai pilastri a muro del santuario. Diquasi tutti gli oratori è stato possibile rintracciare l’ubicazione pre-cisa grazie alle indicazioni contenute nelle pergamene di consacra-zione conservate nell’archivio monastico 77.

77. Una prima ipotesi di intitolazione delle cappelle era stata avanzata in GIOVANNONI

1904 (nota 8), p. 331. In questa sede però si ripropone la disposizione basata sulle perga-mene di dotazione o riconsacrazione già presentata in CERONE- COSMA 2008 (nota 69),pp. 197-198.

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Fig. 38 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, fianco settentrionale.

Entro la metà del XIV secolo, forse nell’ambito della primatranche di lavori trecenteschi sotto Bartolomeo II, furono erette ledue cappelle maggiori collocate specularmente in prossimità del-l’area presbiteriale. La loro precedenza rispetto alle altre, intuibilegià dall’impianto planimetrico, trova conferma nel testamento diNicola di Gizio Borghese da Siena che nel 1348 lasciava alcunibeni a favore della cappella di San Gregorio all’epoca già esistentee posta alla sinistra dell’ingresso al coro. La struttura gemella, in-vece va forse legata al patronato dei Conti di Segni, poiché allametà del XV secolo un membro della famiglia vi appose l’araldica« aquila nigra scaccherata ». Per quanto riguarda gli oratori di mi-nori dimensioni, invece, il primo ad essere realizzato sul lato set-tentrionale risulta legato all’atto di donazione del 1385 di Gentiledi Paolo Conte per edificare e dotare cappella intitolata alle SanteMaria Maddalena, Caterina, Agnese e Cecilia che custodisse il se-polcro della figlia Cecca. Seguono nel 1391 l’erezione della cap-

Fig. 38 - Subiaco, Santa Scolastica, abbaziale, fianco settentrionale.

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pella di San Nicola, finanziata dai coniugi Collaccione e nel 1404la cappella di San Martino del committente Nallo di Amatucciodi Agosta. Seguono quindi l’oratorio di Santa Caterina commis-sionato da Giacomo Caporitto e dalla moglie Cleridonia e, infine,un altare dall’ubicazione incerta dedicato ai Santi Giacomo mag-giore e minore. Contemporaneamente all’atto di patrocinio diGentile di Paolo anche dal lato opposto della chiesa fu intrapresal’erezione degli altari. Nel 1386 Bonomuccio di Davinuzzo e lamoglie Antonella elargivano donazioni per un altare in onore diSant’Onofrio vicino alla cappella di Sant’Antonio dotata nel 1430su iniziativa di Simeone di Giovanni da Affile e della moglie Ma-ria. Sul medesimo lato, infine, doveva trovarsi anche l’altare deiSanti Pietro e Paolo, benché la sua ubicazione precisa rimangaignota come anche la dedicazione del quinto altare meridionale 78.

L’erezione degli oratori, in particolare la serie a nord diver-gente dal corpo dell’abbaziale, determinò un nuovo asse di svilup-po del monastero, ora non più imperniato intorno al fulcro clau-strale prospettante l’Aniene, ma orientato verso la montagna. Fucome raccordo tra questa nuova espansione e il nucleo di clausurache si dovette progettare il nuovo atrio aperto ai laici, collocabiledunque proprio negli anni a cavallo tra XIV e XV secolo quandoebbe luogo la maggiore proliferazione delle cappelle; la sua plani-metria irregolare, infatti, congiunge i due nuclei e segna la diret-trice nord-occidentale verso cui il monastero si espanderà nei se-coli seguenti (Tav. I H).

Eppure in questi anni finali del Medioevo il versante sud-orientale della compagine abbaziale fu interessato ancora da un ul-timo intervento di vasta portata: la cappella degli Angeli commis-sionata dal vescovo di Maiorca Ludovico de Prades negli anniVenti del XV secolo durante il suo soggiorno a Subiaco 79, desi-deroso di rinnovare la memoria del culto micaelico che doveva

78. Per i documenti delle singole cappelle vedi CERONE- COSMA 2008 (nota 69), pp.209-210, note 41-52.

79. A proposito del vescovo di Maiorca e dell’importante ciclo di affreschi da luicommissionato si vedano L. BEVILACQUA, La cappella degli Angeli di Santa Scolastica a Su-biaco: problemi storici e iconografici, in Universitates e baronie. Arte e architettura in Abruzzo enel Regno al tempo dei Durazzo. Atti del Convegno (Guardiagrele-Chieti 9-11 novembre2006), a cura di P.F. PISTILLI- F. MANZARI- G. CURZI, 2 voll. Pescara, 2008, II, pp. 213-

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esistere nelle grotte sublacensi, ma di cui rimangono scarse noti-zie 80 (Figg. 39, 40). Ubicata nell’angolo sud-orientale dell’insedia-mento abbaziale e a livello dell’originaria via di collegamento traSanta Scolastica e lo Speco, la struttura è incorporata al pianterre-no di un blocco turriforme che si eleva per circa due piani, rag-giungendo il livello del chiostro. Che si tratti di un’opera archi-tettonica addizionata al monastero lo denuncia la ricucitura mura-ria sul lato orientale, laddove si erge lo sperone roccioso che fuinglobato nelle fondamenta e oltrepassato, mentre sul frontemeridionale l’edificio si estende fino ad un altro banco di roccia eal primo dei contrafforti che rafforzano l’intero complesso a valle.Dunque, la fabbrica del de Prades non include solamente la cap-

Fig. 39 - Subiaco, Santa Scolastica, cappella degli Angeli, volta affrescata.

226; A. THEMELLY, Ricerche sulla raffigurazione dell’Empireo. Arte, teologia e politica negli annidelle crisi conciliari, Roma, 2010, pp. 77-87.

80. Mirzio (Cron. Mirz. (nota 27), pp. 297-298) riporta la notizia dell’originaria con-servazione in onore degli Angeli. A questa primitiva intitolazione potrebbe rimandare lafigura dell’arcangelo Michele dipinta nel ciclo ad affresco proprio nella scena della con-sacrazione da parte di Gregorio IX quando era ancora cardinale di Ostia.

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PIO FRANCESCO PISTILLI - ROBERTA CERONE268

Fig. 40 - Subiaco, Santa Scolastica, cappella degli Angeli, prospetto meridionale.

pella e la lunga rampa di accesso che parte nei pressi dell’oratoriocinquecentesco della Madonna, ma comprende pure due sale alpiano superiore, per la cui realizzazione fu dimezzata una campatadi un ambiente preesistente. Sebbene nessuna fonte ne chiarisca lafunzione, è ragionevole ritenere che entrambe le stanze fosserol’alloggio del vescovo maiorchino, come sembra suggerire la lorocollocazione sopra l’oratorio privato secondo un modello residen-ziale ampiamente diffuso nelle dimore cardinalizie 81.

81. In generale sull’origine di tale modello residenziale si rimanda a M.C. ROSSINI,s.v. Palazzo, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, IX, Roma, 1998, pp. 78-95; sul tema del-le dimore cardinalizie, invece, vedi S.M. TRENTI, La curia cardinalizia nella Roma del Due-cento: presenza e committenza- Tesi di dottorato in Storia dell’arte, Sapienza Università diRoma, XVII ciclo.

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L’ABBAZIA DI SANTA SCOLASTICA 269

L’intervento del vescovo mallorquino segnò così la fine delle vi-cende medievali del cantiere monastico che, con l’inizio della com-menda, si avviò verso una perdita progressiva di autonomia. Le rifles-sioni sulla regola di san Benedetto maturate a Subiaco al crepuscolodel Medioevo, tuttavia, daranno frutto altrove e contribuiranno allagrande rinascita dell’ordine a partire dal concilio di Costanza 82.

ROBERTA CERONE

82. Come è noto le consuetudini sublacensi furono alla base della riforma delle ab-bazie di Kastl (Germania), Melk (Austria) e Bursfeld (Germania), premessa al grande rin-novamento rappresentato dalla congregazione di Santa Giustina a Padova, ma sulla que-stione cfr. in particolare M. FOIS, I movimenti religiosi dell’osservanza nel ‘400: i benedettini,in Riforma della chiesa. Cultura e spiritualità nel Quattrocento veneto. Atti del Convegno peril VI centenario della nascita di Ludovico Barbo (1382-1443), a cura di G.B.C. TROLESE

(Padova-Venezia-Treviso, 19-24 settembre 1982), Cesena, 1984; G. PENCO, Crisi e segnidi rinascita monastica nel Trecento, in Il monachesimo italiano nel secolo della grande crisi, a curadi G. PICASSO - M. TAGLIABUE, Cesena, 2004, pp. 1-21.

Referenze fotografiche:Planimetria dell’abbazia (Tav. I) dell’Archivio della Soprintendenza ai Beni Architettoni-ci del Lazio con rielaborazioni degli autori; Rilievo del refettorio (Fig. 24) di LudovicaCerone; immagini di Subiaco (Figg. 1-5, 8, 10-16, 18-20, 22-23, 25-40) di Piero Man-ciocchi, Cori); l’immagine di San Saba (Fig. 6) di Jores Rossetti, Roma).

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