LA TRADIZIONE ERMETICAAlbero ermetico Un filo sottile che scorre quasi invisibile nell'arco dei millenni della storia umana, lega tra loro personaggi di varia estrazione e collocazione storica, che si sono occupati della cosiddetta "Arte Regale" o "Arte Reale", ricollegandosi ad un archetipo comune la cui esistenza sta a metà tra realtà storica e leggenda: Ermete Trismegisto, vale a dire tre volte grande, già conosciuto dalla tradizione esoterica dell'antico Egitto. I figli di Ermete, i filosofi ermetici, parlano in termini criptici di una dottrina che non è pura e semplice conoscenza, ma che, partendo dalla conoscenza della realtà consente al vero iniziato di compiere operazioni che lo possono reintegrare con il Principio Pri mo, l'Uno da cui tutto discende e verso cui tutto tende. I filosofi ermetici, rifacendosi al "Corpus Hermeticum", che risalirebbe allo stesso Ermete, hanno descritto la dottrina ermetica in termini di simboli che ne sintetizzano i principi ed in termini di operazioni che ne costituiscono il percorso operativo. Le parole più adatte per descrivere lo spirito con cui intraprendere questo cammino le troviamo proprio nel "Corpus Hermeticum": <<Innalzati oltre ogni altezza, discendi oltre ogni profondità, raccogli in te tutte le sensazioni delle cose create, dell'acqua, del fuoco, del secco, dell'umido. Pensa di essere simultaneamente dappertutto, in terra e mare e cielo: che tu non sia mai nato, che tu sia ancora embrione, giovane e vecchio, morto e oltre la morte. Comprendi tutto insieme: i tempi, i luoghi, le cose, le qualità e le quantità>>. Chi intraprende questo percorso deve aderire ad una concezione eroica e non sacerdotale e ne deve comprendere il carattere necessitante. Mentre la conoscenza scientifica può essere volta indifferentemente al bene o al male, la vera conoscenza ermetica fornisce il potere di comandare sulle nature angeliche, di realizzare la vera natura dell'uomo. Di nuovo con le parole del "Corpus Hermeticum:
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Un filo sottile che scorre quasi invisibile nell'arco dei millenni della storia umana, lega tra loro
personaggi di varia estrazione e collocazione storica, che si sono occupati della cosiddetta "Arte
Regale" o "Arte Reale", ricollegandosi ad un archetipo comune la cui esistenza sta a metà tra realtà
storica e leggenda: Ermete Trismegisto, vale a dire tre volte grande, già conosciuto dalla tradizione
esoterica dell'antico Egitto.
I figli di Ermete, i filosofi ermetici, parlano in termini criptici di una dottrina che non è pura e
semplice conoscenza, ma che, partendo dalla conoscenza della realtà consente al vero iniziato di
compiere operazioni che lo possono reintegrare con il Principio Primo, l'Uno da cui tutto discende e
verso cui tutto tende.
I filosofi ermetici, rifacendosi al "Corpus Hermeticum", che risalirebbe allo stesso Ermete, hanno
descritto la dottrina ermetica in termini di simboli che ne sintetizzano i principi ed in termini dioperazioni che ne costituiscono il percorso operativo.
Le parole più adatte per descrivere lo spirito con cui intraprendere questo cammino le troviamo
proprio nel "Corpus Hermeticum":<<Innalzati oltre ogni altezza, discendi oltre ogni profondità,raccogli in te tutte le sensazioni delle cose create, dell'acqua, del fuoco, del secco, dell'umido.
Pensa di essere simultaneamente dappertutto, in terra e mare e cielo: che tu non sia mai nato, chetu sia ancora embrione, giovane e vecchio, morto e oltre la morte. Comprendi tutto insieme: i
tempi, i luoghi, le cose, le qualità e le quantità>>.Chi intraprende questo percorso deve aderire ad una concezione eroica e non sacerdotale e ne deve
comprendere il carattere necessitante.
Mentre la conoscenza scientifica può essere volta indifferentemente al bene o al male, la veraconoscenza ermetica fornisce il potere di comandare sulle nature angeliche, di realizzare la vera
natura dell'uomo. Di nuovo con le parole del "Corpus Hermeticum:
<<L'uomo non è sminuito dall'avere una parte mortale, ma questa mortalità accresce la sua possibilità e la sua potenza. Le sue doppie funzioni gli sono possibili per la sua doppia natura: egliè costituito in modo da abbracciare ad un tempo il terrestre ed il divino. Anzi non temiamo diaffermare la verità. L'uomo vero è al di sopra degli dei celesti o per lo meno uguale a loro. Poichénessun dio lascia la sua sfera per venire sulla terra, mentre l'uomo sale in cielo e lo misura. Ondeosiamo affermare che l'uomo è un dio mortale e che un dio celeste è un uomo immortale>>.
Avendo chiara la difficoltà di questo cammino, per l'elevatissima meta che si pone, esaminiamosinteticamente l'insegnamento ermetico, così come tramandato dai filosofi ermetici, che spesso
hanno utilizzato un trasposto linguaggio alchemico.
Vane furono le speranze di quelli che fraintesero questa trasposizione, interpretandola "ad litteram".
La ricerca della mitica "Pietra Filosofale", capace di trasmutare il Piombo in Oro, è destinata al
fallimento se non si comprende che l'Oro non è quello materiale ma è il simbolo della raggiunta
perfezione esoterica.
La Pietra
Filosofale
Chi si accosta a questa dottrina deve quindi imparare a comprendere il linguaggio figurato dei
simboli e dei principi alchemici. Secondo la tradizione ermetica la realtà ha origine dall'Uno, dal
Caos, dal Tutto. Con le parole della "Tabula Smaragdina":
<<Il Telesma, il Padre di tutte le cose, è qui>>.
Simbolicamente ciò è indicato con un Cerchio, cioè con una linea che si chiude su se stessa, che
segna Principio e Fine, che è il Tutto, l'Universo.
O
Questo è il Magnum Mysterium, è il grande oggetto della ricerca. Questo è il Tutto. Da Lui il Tutto
e per suo mezzo il Tutto. Due nature, una essenza sola, che l'una dall'altra è attratta e l'una dall'altra
è dominata. E' l'Acqua Divina, la cui natura è arduo contemplare, Acqua dell'Abisso, Acqua
Misteriosa, Acqua Eterna, Acqua Argento. E' il Mare inteso come Sorgente della Vita, è quello che
i Saggi chiamano Myriam e che i cristiani chiamano Maria.
L'antica sapienza dell'India così parla dell'Uno nelle Upanishad:
<<Si guardò intorno e nulla vide di diverso da se medesimo "QUESTO SONO IO", furono le prime parole che pronunciò. Egli ebbe paura. Perciò ha paura chi è solo. Ma poi pensò "Di chi dunqueho paura, se nulla vi è all'infuori di me". Quindi gli passò la paura. Egli non era contento. Perciònon è contento chi è solo. Egli sentì il desiderio di un altro.
La sua grossezza era allora quella di un uomo e di una donna abbracciati. Egli si scisse in due parti. Così ebbero origine il Principio Maschile ed il Principio Femminile>>
SHRY-YANTRA
Interazione tra i principi maschile e femminile (Rajasthan, Secolo XVIII)
Questa narrazione mitologica esprime il concetto alchemico della separazione che
dall'uno produce due principi, quello solare , con il punto centrale che si
manifesta nel caos come principio di fissità incorruttibile, di stabilità, di
trascendenza, e quello lunare , che rappresenta la possibilità indeterminata, la
capacità di trasformazione infinita.
Si determinano così gli elementi primordiali fuoco e acqua .
Il fuoco, che corrisponde all'oro ed al colore rosso, è fiamma che non brucia, ardore
di generazione, principio incorporeo di ogni animazione. L'elemento acqua è già un
concetto derivato dal concetto prima espresso di acqua eterna, di Uno-Tutto,
rappresenta la caduta verso il basso, natura vinta e dominata dalla natura, principio di
identificazione e di immedesimazione. La dottrina ermetica c'insegna che il percorso
che porta dal Principio Eterno a noi va ripercorso a ritroso per andare da noi verso
l'Eterno. Se domina il principio lunare stiamo seguendo una via mistica, se domina il
principio solare stiamo seguendo una via eroica, bisogna trovare il giusto equilibrio
tra i due principi per seguire la giusta via iniziatica.
I due elementi sono associati ad operazioni Alchemicamente espresse, l'acqua
materializza l'operazione di dissolvimento (SOLVE), capacità di divenire ogni cosa,
mentre il fuoco rappresenta la potenza di individuazione precisa, specializzazione,
qualificazione e corrisponde all'operazione di ricongiungimento (COAGULA).
SOLVE e COAGULA sono le operazioni alchemiche fondamentali, ogni operazione
complessa si realizza con una sequenza di solve e coagula, questo l'insegnamento
criptico dei filosofi ermetici. Fuoco è attività, è rappresentabile con un tratto verticale
|, Acqua è passività, è rappresentabile con un tratto orizzontale -. L'incontro dei due
principi determina la croce +, simbolo molto antecedente alla Religione Cristiana, che
in quanto incontro di fuoco e di acqua equivale al Sigillo di Salomone e che ci ricorda
come recita la "Tabula Smaragdina": <<È vero senza menzogna, certo è verissimo.Ciò ch'è in basso è come ciò ch'è in alto, e ciò ch'è in alto è come ciò ch'è in basso,
per fare i miracoli della cosa una>>.
Il punto centrale rappresenta la quintessenza, contiene già in potenza tutta la croce,
come sintesi attiva dei due principi, ma anche come punto di caduta, di
neutralizzazione, di fissazione, di arresto , espresso in termini di elementi alchemici,
dal sale, dalla pietra, dalla corporeità, dalla terra.
Imprigionando, fissando, arrestando il naturale moto di fuoco e di acqua si ottengono
gli altri due elementi primordiali aria e terra .
Ai quattro elementi primordiali, raggruppabili nella croce +, i maestri ermetici
affiancano tre principi espressi in termini alchemici: il Solfo, formato dalla croce
sottoposta al fuoco che simboleggia lo spirito; il mercurio, ove i quattro elementi
sono sottoposti alla natura, su cui a sua volta domina la legge lunare del divenire, è il
simbolo dell'anima; il sale, che esprime la fissazione, l'identificazione, è simbolo del
La terra che si trovava nel fondo dell'Athanor (così gli alchimisti chiamano il vaso
ove avvengono le operazioni) è la miniera da cui si estrae l'ORO (simbolico). Solo
così sarà compiuta la GRANDE OPERA. Ciascuno di noi misuri le proprie forze e
decida se e come affrontare quest'arduo percorso.
Albrecht Durer: Melencolia (1514)
OSIRIDE
.. Osiride era il quarto dio che regnava in terra. .. I suoi predecessori si erano ritirati
in cielo stanchi e scoraggiati: non erano riusciti ad educare gli uomini. Solo un dioche accettasse di condividere le sofferenze e la morte segnata nel destino dell'uomo
poteva vincere l'ardua impresa. Osiride .. con l'aiuto della moglie-sorella Iside, aveva
insegnato loro a lavorarare la terra, a coltivare la vite, il grano e l'orzo, ricavandone il
vino, la farina, il pane e la birra. Aveva anche mostrato loro come forgiare i metalli
per ottenere utensili e armi. A sua sorella e sposa Iside lei si doveva l'istituzione della
famiglia e l'insegnamento alle donne della tessitura e del ricamo. I due sposi
regnavano felici sull'Egitto. Osiride affiancato dal dio Thoth delle arti e della scienza,
inventò i segni della scrittura e si prestò a civilizzare il resto del mondo, lasciando al
governo dell'Egitto all'amata moglie Iside.
Ma Nefti, moglie di Seth, sedotta dalla bellezza del cognato, si era data a lui, dopo
aver assunto le sembianze di Iside, per non essere respinta. Dalla relazione nacque
Anubi. Il fratello Seth - geloso - insieme ad Aso, la regina dell'Etiopia, avevano ordito
una congiura contro di lui: col pretesto di onorare Osiride, lo invitò come ospite
d'onore ad un banchetto, alla fine del quale fece portare una cassa riccamente
ornata e la mostrò ai commensali dicendo che l'avrebbe donata a quello, fra loro,che l'avesse riempita esattamente della propria persona. Appena Osiride si stese
nella cassa, Set e i convitati, suoi complici, inchiodarono ermeticamente il coperchio,
portarono la cassa in riva al Nilo e la gettarono nel fiume. Il cofano raggiunse le
spiagge del Biblo e si arenò ai piedi di un rigoglioso cespuglio di tamerice.
Immediatamente dalla tamerice nacque un altissimo albero d'acacia che nascose la
cassa racchiudendola al suo interno. Intanto Iside, venuta a sapere dell'accaduto,
raggiunse Biblo e si mise a cercare il cofano. Tutte le notti si trasformava in rondine
e svolazzando intorno alla colonna lanciava gridi strazianti a cui però nessuno faceva
caso.
Ospite della regina e sua cara amica, le svelò la sua segreta natura divina e diventò
la tutrice del figlioletto ammalato del re e della regina. Riconoscente dell'ospitalità,
decise di rendere immortale il principino ammalato: ogni notte lo immergeva nelle
acque purificatrici, ma invano. La regina ne fu profondamente rattristata, ma allo
stesso tempo grata e le avrebbe offerto tutto ciò che avesse voluto. Iside richiese ed
ottenne la grande colonna che, il re aveva fatto costruire con l'albero miracoloso,
dove era contenuto il cofano. Ne trasse lo scrigno e riempì il tronco di profumi, lo
avvolse in aulenti bende e lo lasciò al re e al suo popolo come suo ricordo e preziosa
reliquia.
Ripresa la via del ritorno, fece fermare la carovana e aprì la cassa. All'apparire del
volto del marito, le sue urla riempirono l'aria di dolore; usò tutte le possibili formule
magiche per richiamare in vita lo sposo, ma nulla cambiò. Straziata dal dolore, si
trasformò in falco e fece vento con le ali sul corpo senza vita dello sposo. La
grandezza, la potenza e l'amore di Iside portarono alla resurrezione di Osiride, ma
solo per il tempo necessario al concepimento di Horus.
Iside nascose allora la cassa in un luogo presso Buto, nel fango, tra le paludi del
Delta. A turno il sarcofafago veniva vegliato dalla Dea e dai suoi fedeli aiutanti. Ma
per caso Seth, andando a caccia di notte lo trovò incustodito e apertolo, tagliò il
corpo del fratello in quattordici pezzi che sparpagliò per tutto l'Egitto. Iside,
saputolo, ricominciò la ricerca con l'aiuto della sorella Neftis, Thoth e Anubis e riuscì
a ricomporre il corpo. Le parti del corpo di Osiride furono tutte recuperate tranne il
membro virile, mangiato dall'ossirinco, un pesce comune nel Nilo. In ognuna delle
città dove furono recuperate le parti del corpo di Osiride sorse un tempio. Anubi neimbalsamò il corpo, confezionò la prima mummia fasciata e ricoperta di talismani;
sui muri del sepolcro furono incise le formule magiche di rito e accanto al sarcofago
fu deposta una statua a lui somigliante. Così Osiride ricominciò a regnare ma non più
sulla terra, bensì sul "Sito che è oltre l'Occidente", l'oltretomba. Compiuto il rito
della sepoltura, Iside ritornò a nascondersi nelle paludi per proteggere il nascituro
dalle vendette di Seth.
Nel contempo Seth era diventato re d'Egitto, ponendo fine al florido governo del
fratello assassinato. Quando Horo nacque, fu protetto con tutto l'amore, crebbe e
Osiride tornò sulla terra per farne un soldato. Radunati tutti i suoi fedeli, Horus partì
alla ricerca di Seth per vendicare il padre. La battaglia durò tre giorni e tre notti:
Horo mutilò Seth, ma questo si trasformò in un enorme maiale nero e ingoiò l'occhio
sinistro di Horo. Alla fine Seth stava per soccombere, quando Iside implorò il figlio di
risparmiarlo alla sorelle Neftis. Horo, in uno scatto di ira, tagliò la testa alla madre,
ma Thoth la guarì ponendole una testa di mucca (Hator - la Dea nutrice del Faraone).
La battaglia non ebbe né vincitori né vinti: tutta la battaglia fu posta nelle mani del
giudizio di Thoth. Thot, dio della saggezza e della sapienza, persuase i due
contendenti a sottoporsi al giudizio del consiglio degli dei ad Eliopoli. Il giudizio durò
appunto il processo in gioco nel Cancro: ciò che in Ariete non era che istinto dovrà
riconcentrarsi per produrre il suo frutto in Leone".
La quinta fatica consisteva nel riuscire ad eliminare gli Uccelli del Lago Stinfalo, che
avevano artigli, becco, ali e penne di bronzo, di cui essi si servivano, lanciandole,
come di frecce.
I due autori concordano nell'attribuire l'impresa alla conquista delle qualità proprie
del Sagittario. La tappa fu superata da Ercole abbattendo gli uccelli con un'idea, vale
a dire quella di riuscire a produrre un suono insopportabile per il loro udito.
La sesta vede il nostro eroe impegnato nella conquista del Cinto d'Ippolita, regina
delle Amazzoni, alla quale era stato donato dal dio Marte. La figlia d'Euristeo
reclamava tale cinto per se stessa, e per carpirlo Ercole fu costretto ad affrontare le
bellicose Amazzoni. Durante la lotta egli assassinò la regina, cui tolse il cinto
desiderato, anche se un'altra variante del mito afferma che egli non l'uccise ma la
diede in sposa a Teseo.
Entrambi gli autori concordano nell'analogia tra le Amazzoni e il segno della Vergine.Ma, secondo la Bailey, l'episodio dell'uccisione della regina costituirebbe uno scacco
nell'iniziazione di Ercole, un errore.
Per la settima fatica Eracle doveva pulire le Stalle di Augia che l'omonimo re degli
Epei non aveva mai pulito. Stabbio e letame vi si erano così accumulati che l'impresa
pareva davvero impossibile. Augia in compenso gli promise la decima parte delle
bestie che vi erano ammassate. Ercole riuscì nel compito deviando nelle stalle ilcorso dei fiumi Alfeo e Peneo, che spazzarono via, con la violenza della loro
corrente, tutto l'enorme sudiciume.
Le acque dei fiumi rappresenterebbero le Acque spirituali dell'undicesimo segno,
l'Acquario, acque che sarebbero in grado di purificare il subcosciente dell'uomo.
Originale è anche il ruolo di queste divinità nella costruzione della topografia
dell'universo.
Si dice che l'amore di Nut per il fratello fosse tale che i due trascorressero la
maggior parte del loro tempo abbracciati e poiché tra cielo e terra non c'era spazio
sufficiente affinché la vita potesse prosperare, Atum-Ra dà incarico al loro padre Shu
di intervenire. Questi obbedisce, calpesta Geb e solleva sulle palme delle proprie
mani Nut che, da questo momento, è raffigurata piegata ad arco sopra lo sposo, con
i piedi e le dita sul suolo, mentre la luna, il sole e le stelle ne ornano il corpo.
Si legge nei Testi delle Piramidi:
"Le braccia di Shu sono sotto il cielo perché lo possa reggere.".
Vedremo più avanti come Nut, a quella data, già portasse nel grembo la stirpe
terrestre, il primogenito Osiride, il fratello e le due sorelle. .. Nut è il limite
dell'universo al di là del quale è l'assenza di vita; il viaggio del Faraone, dopo morto,
si compie sotto il suo corpo arcuato; alla fine del suo percorso diurno, il sole è per
così dire inghiottito dalla dea e l'attraversa per poi rinascere all'alba tra una nebbiarossastra che segna il passaggio all'orizzonte orientale. È questa la frontiera fra il
mondo sensibile e quello celeste, il punto in cui la terra e il cielo si congiungono, in
cui gli uomini e gli dei sono più vicini. ..
* ERMOPOLI: il grande scoppio, come l'ogdoade precedette la creazione del
mondo e dall'esplosione di energia della materia primitiva nacque la terra.
Ermopoli è centro d'irradiazione di un mito della creazione poco diverso da
quello eliopolita.
La materia primordiale vi è descritta con precisione quasi scientifica ed è
popolata da otto creature divine, rane e serpenti, che nuotano nelle sue acque.
Sono Nun e Naunet, le acque primigenie e stagnanti; Heh e Hehet, divinità dello
giusto e l'ingiusto, si definiscono le arti e i mestieri, vengono fondate le città e dotati
i loro governanti degli strumenti del comando.
"Così Ptah fu soddisfatto dopo aver creato ogni cosa.".
È facile pensare che quel fu soddisfatto' diventò per gli Ebrei un più generico
riposò' e il riferimento al libro della Genesi è obbligato.
L'ANDROGINO
di Platone
«L'androgino è, soprattutto, il simbolo generalizzato della coincidenza e della
riconciliazione dei contrari. .. La sua principale tendenza è volta al superamento, alla
dissoluzione, alla negazione di una polarità sessuale. .. Asessuale è il destino
fondamentale dell'androgino, ed ogni disputa sul sesso degli angeli è inopportuna
poiché l'angelismo e l'androginia, nel discorso simbolico, tendono a sovrapporsi.»
(Jean Libis)
.. In principio tre erano i sessi del genere umano, e non due come ora, maschile e
femminile, ma ve ne era anche un terzo: .. il genere androgino, e il suo aspetto e il
suo nome partecipavano di entrambi, del maschile e del femminile. .. La forma di
ogni uomo era tutta rotonda, con la schiena e i fianchi che formavano un cerchio, e
quattro mani e quattro gambe, e due facce sopra il collo rotondo, in tutto simili; e su
entrambe le facce, orientate in senso opposto, un'unica testa, e quattro orecchi, e
due sessi, e tutto il resto come si può indovinare da questi elementi. Camminavanodiritti come ora, in qualunque direzione volessero; ma quando cominciavano a
correre in velocità, come i saltimbanchi fanno capriole in cerchio portando le gambe
in alto, così rotolavano rapidamente poggiandosi su quei loro otto arti.
Dunque tre erano i sessi e di questo tipo, perché il maschio traeva origine dal sole, la
femmina dalla terra, e quello che partecipava di entrambi i generi dalla luna, dal
momento che la luna partecipa del sole e della terra; erano rotondi e il loro moto
era circolare perché erano simili ai loro genitori. Erano terribili per forza e possanza,e avevano grande superbia, e assalivano gli dei.
.. Zeus dunque e gli altri dei andavano discutendo su che cosa si dovesse fare con
quelli, ed erano dubbiosi: non potevano infatti ucciderli e distruggere la loro specie
fulminandoli come i giganti - sarebbero venuti così a mancare gli onori e i sacrifici da
parte degli uomini -, né potevano permettere che fossero così insolenti. Alla fine
Zeus, dopo tante macchinazioni, disse: «.. Taglierò ciascuno in due parti, e in talmodo diverranno più deboli e contemporaneamente più utili a noi perché saranno
raddoppiati di numero; e cammineranno diritti su due gambe. E se ancora
sembreranno comportarsi con insolenza e non volersene stare tranquilli, allora di
nuovo li taglierò in due, così che cammineranno saltellando su una sola gamba». ..
Dopo averli tagliati, .. Apollo girava il volto, e tirando da ogni parte la pelle verso ciò
che oggi si chiama ventre, la annodava, come si fa con le borse legate con un nodo,
formando un'apertura nel mezzo del ventre, nel cosiddetto ombelico.
.. Dopo che la natura umana fu tagliata in due, ogni parte, per il desiderio della
propria metà, le si attaccava, e gettandosi le braccia intorno e intrecciandosi l'una
all'altra, desiderando formare un'unica cosa, morivano di fame e di inedia, per non
voler fare niente separate l'una dall'altra. E quando una delle metà moriva, e l'altra
sopravviveva, quella rimasta cercava un'altra metà e si stringeva a quella, sia che si
imbattesse nella metà di una donna intera - ciò che ora chiamiamo donna - sia di un
uomo; e così morivano.
Zeus allora, avendone compassione, escogitò un altro sistema, e trasferì i loro
genitali sulla parte davanti - fino ad allora li avevano sulla parte esterna, e
generavano e partorivano non fra di loro, ma in terra. .. Affinché, se nell'amplesso si
incontrassero maschi e femmina, generassero e originassero la discendenza; se
invece un maschio si incontrasse con un altro maschio, vi fosse appagamento in
quell'unione e smettessero e si rivolgessero alle loro attività e alle altre occupazioni
della vita. Dunque da tanto tempo l'amore vicendevole è connaturato negli uomini,e restaura l'antica natura cercando di fare da due un'unica creatura e di risanare la
natura umana.
Ciascuno di noi dunque è la metà di un essere umano, tagliato come lo sono le
sogliole, due pezzi da uno; e ciascuno ricerca sempre la propria metà. Quanti tra gli
uomini derivano dal taglio del genere misto, che allora era chiamato androgino,
amano le donne e da questa origine deriva la maggior parte degli adulteri; allostesso modo provengono da questa radice quante delle donne amano gli uomini e
sono adultere. Le donne invece che sono parte di femmina, queste non pensano agli
uomini, ma piuttosto sono attratte dalle donne, e da questo genere derivano le
omosessuali.
Quanti invece sono parte di maschio, inseguono il maschio, e finché sono fanciulli,
essendo pezzetti di maschi, amano gli uomini, e godono a giacere e ad abbracciaregli uomini, e sono i migliori fra i fanciulli e i ragazzi, perché sono i più virili per
natura. Alcuni li reputano svergognati, ma non è vero: non per impudenza infatti si
comportano in questo modo, ma per la loro natura coraggiosa e forte e virile,
amando ciò che è loro simile. Grande prova di ciò è il fatto che questo genere
soltanto di uomini, una volta raggiunta la maturità, riesce nelle attività pubbliche.
Quando raggiungono l'età adulta, amano i ragazzi e la loro natura non è incline al
matrimonio e alla procreazione, ma vi sono costretti dalle convenzioni; sarebbero
altrimenti felici di vivere fra loro senza sposarsi. Un tale uomo è il vero amante di
fanciulli e il vero innamorato degli amanti, sempre proteso a chi gli è congeniale. E
quando a qualcuno di questi, all'amante dei fanciulli o a qualsiasi altro, capita di
incontrare la propria metà, allora sono con un tale impeto catturati dall'amicizia e
dall'intimità e dall'amore, che non vogliono per così dire rimanere lontani l'uno
dall'altro neppure per poco tempo. Questi sono coloro che passano insieme tutta la
vita, e non saprebbero dire che cosa desiderano l'uno dall'altro. A nessuno infatti
sembrerebbe che si tratti soltanto del rapporto amoroso, come se a causa di questociascuno desiderasse stare con l'altro con così veemente passione; ma è chiaro che
l'anima di ciascuno desidera qualcosa di diverso, che non sa esprimere, ma riesce ad
indovinare ciò che vuole e lo manifesta per enigmi.
«Secondo .. Platone, .. la possibilità dell'unione sessuale accordata da Zeus agli
uomini in realtà non è altro che un ripiego. Nell'agitazione che conduce i corpi ad
unirsi, in questo tipo di terror panico da cui peraltro non è escluso il grottesco,accade che non vengano realizzati effettivamente né l'androginato primitivo, né la
completa simbiosi degli amanti.» (Jean Libis)
LA TEOLOGIA ORFICA
«Orfeo ha insegnato che sono Re gli dei che sovrintendono a ogni cosa,
conformemente al numero perfetto (6 = 1 + 2 + 3 = 1 x 2 x 3), Fanes, la Notte, Urano,
Cronos, Zeus, Dioniso. Fanes in effetti è il primo a tenere lo scettro: "In primo luogo
ha regnato l'illustre Eriképaios". In secondo luogo viene la Notte, che ha ricevuto lo
scettro da suo padre. Urano l'ha ricevuto per terzo da sua madre, Cronos per quarto,
quando, come si dice, fece violenza a suo padre. Zeus per quinto quando si rese
signore di suo padre, e dopo di lui, per sesto, Dioniso». (OF 107 = PROCLO,
Commento al Timeo di Platone III, 168. 17-25).
Riprendiamo nei dettagli, completandola, questa testimonianza di Proclo. E con
Cronos ageraios (il tempo «che non invecchia») che questa seconda versione della
teogonia orfica ha inizio. Da Cronos nascono l'Etere e il Caos (OF 66). Nell'Etere,
Cronos crea un uovo (OF 70), che si apre in due, lasciando uscire Fanes (OF 72), il
primogenito degli dei. Meravigliosamente bello e raggiante di luce, il suo collo è
sormontato dalla testa di differenti animali (OF 79), e alle sue spalle sono attaccate
due ali d'oro. È bisessuato (OF 81). Egli che porta la semenza di tutti gli altri dei, è
chiamato Fanes, Metide, Protogenia, Eriképaios, Eros e perfino Dioniso (OF 105,
109). Fanes trasmette il potere alla Notte (OF 101, 102), che gli dà due figli, Urano (ilCielo) e Gaïa (la Terra) (OF 109), i quali, a loro volta, generano in particolare i Titani e
le Titane (OF 114 e segg.) e quindi Cronos e Rea. Così come raccontato da Esiodo
nella Teogonia, Cronos mutila suo padre (OF 127) che, con i suoi abbracci eccessivi,
impedisce ai figli che Gaïa gli ha dato di vedere la luce. Poi Rea usa un sotterfugio
per salvare Zeus dall'essere inghiottito, ed egli libera i suoi fratelli e le sue sorelle e si
impadronisce del potere (OF 148-157). A questo stadio, il processo delle generazioni
si arresta per realizzare un nuovo punto di partenza: la teogonia propriamente detta
fa posto alla cosmogonia. Perché, su consiglio della Notte, Zeus inghiotte Fanes. E, a
partire dall'unità così ricostituita in lui, dal momento che con il suo gesto è divenuto
l'inizio, il centro e la fine di ogni cosa, crea l'universo (OF 168). Proprio come Fanes,
Zeus è bisessuato; ha come contraltare una divinità femminile che è ad un tempo
sua madre, sua sorella, sua figlia e soprattutto sua moglie con il nome di Rea,
Demetra e Core (OF 145, 198). Ma improvvisamente Zeus trasmette il potere a un
Dioniso ancora bambino (OF 207). Con Dioniso, la cosmologia viene sostituita
dall'antropogonia. Attirato in un imboscata, il bambino viene ucciso dai Titani che lo
tagliano a pezzi, poi lo mangiano, dopo averlo cotto secondo una ricetta inversa a
quella del sacrificio tradizionale di tipo prometeico16. Soltanto il cuore viene salvato
da Atena che lo porta a Zeus, perché faccia rivivere Dioniso.
Per vendicarne la morte, Zeus colpisce con la folgore i Titani e li brucia. E, dalla
fuliggine che si deposita dalla fumata di tale combustione, nascono gli uomini la cui
costituzione è duplice: una parte del loro essere deriva da Dioniso, ed un'altra dai
Titani che lo hanno ingerito (OF 210 e seguenti). [Zeus : Dioniso = Osiride : Horus
che sfugga alle orecchie di Zeus, il potentissimo figlio di Cronos.
Ecco qual è la sua testa immortale e la sua intelligenza.
Il suo corpo è brillante come il fuoco, immenso, incrollabile.
È stato costruito intrepido, robusto, molto potente e inamovibile.
Le spalle del dio, il suo petto, l'ampia schiena,
è l'aria molto potente, e sulle spalle gli hanno messo delle ali,
grazie alle quali volteggia ovunque. Il suo santo ventre,
è la terra, madre universale, e le cime elevate delle montagne.
Al centro del suo corpo, vi sono le onde del mare dal boato profondo;
e più in basso i suoi fondamenti, sono le radici all'interno della terra,
il vasto Tartaro, i limiti estremi della terra.
Dopo aver nascosto tutto questo, di nuovo Zeus, per ricondurlo alla luce che dà
gioia, doveva, con un'operazione meravigliosa, trarlo dal suo cuore.
.. Zeus è contemporaneamente .. maschio/femmina, cielo/terra. .. La cosa è tanto
più interessante in quanto la bisessualità in certi trattati gnostici gioca un ruolo
considerevole, e in particolare nel quinto trattato del codice II scoperto vicino Nag-
Hammadi.
Questo scritto, datato agli anni 330-340 d.C. da un punto di vista paleografico, ma ilcui contenuto risalirebbe, essenzialmente, alla seconda metà del II secolo d.C.,
sviluppa una teo-cosmo-antropogonia che appare un tentativo di sintesi tra il
giudaismo e la religione popolare di un Egitto in cui l'influenza greca era
.. L'uccello Fenice, i serpenti e due torri, [erano] tre simboli «egizi» del paradiso (NH
II 5, 169.35 - 171.2). .. La tripla Fenice - quella immortale, quella che vive mille anni e
quella che viene distrutta - è la sintesi dei tre tempi - cosmogonico, storico ed
escatologico. .. Questo uccello straordinario, che è bisessuato, costituisce unsimbolo di resurrezione.
.. Nell'antica Grecia, il primo autore che parla della Fenice, favoloso uccello
originario dell'Etiopia, .. è Erodoto (II, 73), [ma] fu nel IV secolo d.C. che il mito della
Fenice conobbe la sua maggiore popolarità nel mondo greco-romano. Allora, infatti,
apparvero delle opere a lei interamente dedicate. Lattanzio e Claudiano composero,
entrambi, un poema in suo onore. All'inizio del Basso Impero, .. l'Impero, impegnatoa risollevarsi dalla decadenza politica e sociale in cui versava, faceva della Fenice un
simbolo di continuità e di rinnovamento. D'altronde, i cristiani vedevano in questo
mito onorato dai pagani, un argomento ad hominem in favore della resurrezione:
quella del Cristo e quella della carne.
Il Grande Fenice L'aspetto generale della Fenice è quello di un'aquila di
considerevole grandezza ed il cui piumaggio si fregia dei colori più belli: rosso fuoco,azzurro chiaro, porpora ed oro. Generalmente sono tutti concordi nell'affermare che
visse in Etiopia, durante un periodo di tempo che, a seconda degli autori, varia tra
500, 1461 e perfino 12954 anni. Quando la Fenice sente giungere la fine della sua
esistenza, raccoglie delle piante aromatiche e dell'incenso per costruirsi una specie
di nido, che sarà ad un tempo la sua tomba e la sua culla, perché, unica nella sua
specie, la Fenice non può riprodursi che rinascendo. Secondo alcuni autori, l'uccello
dà fuoco al nido sul quale riposa, e dalle ceneri di questo rogo profumato sorge una
nuova Fenice. Secondo altri, la Fenice muore nel suo nido che ha, precedentemente,
impregnato della sua semenza. Allora, nasce una nuova Fenice, che raccoglie il
cadavere di suo padre e lo porta ad Eliopoli per farlo ivi bruciare dai sacerdoti del
Sole sull'altare del dio. Terminata la cerimonia o subito dopo la sua rinascita,