Top Banner
1 1 1 LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA (SINTESI SEMPLICE, EDITRICE SIRENA, NA - 2015) Mezzaluna dell’Islam (simbolo) Massoneria (simbolo) Svastica tibetana (simbolo) Albero della vita (simbolo) Donna araba (immagine) Colomba della pace (simbolo) Runa Algiz, Vita (simbolo) Legionario romano (imago) Logo della pace (simbolo) UFO (Immagini o simboli) Alfabeto arabo (simboli) Falce e martello (simbolo) Il simbolo è un segno materiale, un elemento visibile della comunicazione. Esso si può rappresentare graficamente con un “significante”, ma esprime sempre idee mentali o “significati”. Ad esempio, nel simbolo della pace il significante è il disegno della colomba, a cui si aggiunge l’idea mentale, o significato, percepita dall’osservatore. Sono simboli le marche, i segnali stradali, le lettere dell’alfabeto, le rune celtiche. Il termine deriva dal latino symbolum , che a sua volta deriva dal greco sumballo , che significa "mettere insieme". Il significato dei simboli può variare. Dopo la morte di Cristo, la Croce , per i cristiani, aveva un significato infamante ma in seguito divenne un emblema positivo per scelta della Chiesa. Un altro esempio: il Logo della pace deriva dalla runa celtica Algiz, che significa Vita. In seguito questa fu usata anche capovolta per indicare “morte”, “sacrificio”. La storia è un grande raccoglitore di simboli, prodotti da uomini e culture nelle diverse epoche e la loro interpretazione è importante per chiarire la materia. Basti pensare al modo in cui gli uomini si identificano e si dispongono sotto insegne e bandiere, in ogni epoca, preparandosi a combattere o al dialogo. Al giorno d’oggi può bastare un tatuaggio per opporre o riunire due individui appartenenti a diversi universi simbolici. Questo accade perché i simboli possiedono un potere ipnotico e comunicativo, capace di assuefare la percezione, una volta impressi nella mente ed associati ai rispettivi significati. Questa procedura è dannosa quando le ideologie veicolate dal simbolo convincono le persone della propria “giustezza” in opposizione alla “non giustezza” di altre posizioni e culture. Questa trappola psicologica è all’origine dell’intolleranza, che predispone alla distruzione, all’entropia, alla morte. Per chi studia la storia con metodo, comprendere un simile processo significa compiere il primo passo per liberare la mente dal simbolo, non abolendolo, perché non è possibile, ma relegandone l’importanza a un aspetto secondario del vissuto e della memoria, in modo da “conoscere” la materia storica senza ricadere in qualcuna delle sue trappole ideologiche.
33

LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

Dec 20, 2021

Download

Documents

dariahiddleston
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

1

1 1

LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA (SINTESI SEMPLICE, EDITRICE SIRENA, NA - 2015)

Mezzaluna dell’Islam (simbolo) Massoneria (simbolo) Svastica tibetana (simbolo) Albero della vita (simbolo)

Donna araba (immagine) Colomba della pace (simbolo) Runa Algiz, Vita (simbolo) Legionario romano (imago)

Logo della pace (simbolo) UFO (Immagini o simboli) Alfabeto arabo (simboli) Falce e martello (simbolo)

Il simbolo è un segno materiale, un elemento visibile della comunicazione. Esso si può rappresentare graficamente con un “significante”, ma esprime sempre idee mentali o “significati”. Ad esempio, nel simbolo della pace il significante è il disegno della colomba, a cui si aggiunge l’idea mentale, o significato, percepita dall’osservatore. Sono simboli le marche, i segnali stradali, le lettere dell’alfabeto, le rune celtiche. Il termine deriva dal latino symbolum, che a sua volta deriva dal greco sumballo, che significa "mettere insieme". Il significato dei simboli può variare. Dopo la morte di Cristo, la Croce, per i cristiani, aveva un significato infamante ma in seguito divenne un emblema positivo per scelta della Chiesa. Un altro esempio: il Logo della pace deriva dalla runa celtica Algiz, che significa Vita. In seguito questa fu usata anche capovolta per indicare “morte”, “sacrificio”. La storia è un grande raccoglitore di simboli, prodotti da uomini e culture nelle diverse epoche e la loro interpretazione è importante per chiarire la materia. Basti pensare al modo in cui gli uomini si identificano e si dispongono sotto insegne e bandiere, in ogni epoca, preparandosi a combattere o al dialogo. Al giorno d’oggi può bastare un tatuaggio per opporre o riunire due individui appartenenti a diversi universi simbolici. Questo accade perché i simboli possiedono un potere ipnotico e comunicativo, capace di assuefare la percezione, una volta impressi nella mente ed associati ai rispettivi significati. Questa procedura è dannosa quando le ideologie veicolate dal simbolo convincono le persone della propria “giustezza” in opposizione alla “non giustezza” di altre posizioni e culture. Questa trappola psicologica è all’origine dell’intolleranza, che predispone alla distruzione, all’entropia, alla morte. Per chi studia la storia con metodo, comprendere un simile processo significa compiere il primo passo per liberare la mente dal simbolo, non abolendolo, perché non è possibile, ma relegandone l’importanza a un aspetto secondario del vissuto e della memoria, in modo da “conoscere” la materia storica senza ricadere in qualcuna delle sue trappole ideologiche.

Page 2: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

2

2 2

INTRODUZIONE

PASSO 1. INFORMAZIONI UTILI: La storia è divisa, per convenzione, in periodi che possono durare da alcuni secoli a migliaia di anni. I principali sono: 1) Storia Antica (10.000 a.C. - 476 d.C.) - Storia Medievale (476 - 1492 d.C.) - Storia Moderna, (1492 - 1789 d.C.) - Storia contemporanea (1789 - 2050 d.C.). La Storia, come materia, può diventare convenzionale, cioè frutto di un accordo tra le parti, per diversi motivi. Innanzitutto, la storia è scritta dai vincitori, dalle civiltà dominanti, dalle lobbies, dai gruppi di potere economici e religiosi con margini variabili di obiettività. Gli eventi, le ricostruzioni, i dati sono spesso incompleti, mancanti, rimaneggiati. Inoltre c’è anche la questione della storiografia, cioè il metodo di scrittura della storia, che spesso diventa un’interpretazione soggettiva e parziale degli studiosi. Anche l’insegnamento della storia nelle scuole può fuorviare, ove l’apprendimento di eventi e ricostruzioni faziosi renda la disciplina una forma d’indottrinamento. In realtà la storia è una serie infinita di eventi infinitamente interpretabili, la cui ricostruzione va soggetta a molte possibili alterazioni. PASSO 2. IL COMPLOTTISMO: Alieni, servizi segreti, massonerie, occultismo. Divinità, miti, fantastiche scienze, tecnologie e civiltà. Internet e il web rivelano un interesse crescente verso la storia, intesa come fonte di un grande complotto, quasi un teatro mondiale allestito per falsificare gli eventi, i personaggi e le interpretazioni per controllare, con varie tecniche, l’umanità. In ambito storico, la teoria del complotto presenta due aspetti. In senso negativo, il complottista oggi equivale al qualunquista degli anni Settanta. Identificato come sabotatore del sistema di sapere, viene disprezzato e socialmente discriminato nel momento in cui, a torto o ragione, prova a smascherare le bugie della versione ufficiale. In questo caso, il concetto di complottiamo viene associato alla Pseudostoria, intesa come una branca di ricerca di teorie o metodologie che affermano, o pretendono di essere storiche, senza rispettare le regole e le convenzioni del metodo. In senso positivo, il complottista è un ricercatore sciolto dall’accademismo ufficiale, che indaga criticamente la storia, vagliandone le fonti, alla ricerca di nuovi, meno evidenti, indirizzi. PASSO 3. QUESTO MANUALE: La Storia in pochi passi è una riduzione. La narrazione, per motivi di brevità, presenta alcuni punti d’interesse da sviluppare in seguito con lo studio individuale e gli incontri di gruppo. La storia mondiale è presentata brevemente, riferendo nozioni di base ed eventi principali, ma alcuni argomenti non saranno trattati, o saranno esposti in sintesi, evidenziando connessioni tra eventi e personaggi poco indagate dall’approccio convenzionale.

--- LA STORIA MODERNA (1492–1789 d.C.) --- Al passaggio dal Medioevo all’Età moderna si manifestano tre eventi chiave, che rivoluzioneranno il vecchio sistema-mondo. Con la scoperta dell’America, l’invenzione della stampa e della polvere da sparo per usi bellici, il nuovo sistema-mondo chiude con il passato aprendo il periodo della Storia Moderna (1492-1789). LA “SCOPERTA” DELL’AMERICA: L’America fu visitata da diversi popoli prima della scoperta ufficiale di Cristoforo Colombo, avvenuta il 12 ottobre del 1492. Vichinghi, Fenici, ma anche Romani. Esiste una vasta letteratura a riguardo, con diverse informazioni sui contatti fra le civiltà antiche e le Americhe . Ne deriva un interrogativo sull’azione di storici e storiografi, che accreditano la “scoperta” dell’America a Colombo mentre le cose sembrano essere andate diversamente. Nel 1933 a Calixtlahuaca, una località a 72 chilometri da Città del Messico, durante gli scavi presso una piramide di epoca precedente l'arrivo degli spagnoli di Cortèz (1519), venne rinvenuta la testa di una statuetta in terracotta in stile inequivocabilmente romano, datata dagli archeologi - in primo luogo dal suo scopritore Josè Garcia Payon - al II sec. d. C. Nel 1995, Romeo Hristov del Dipartimento di antropologia dell'Università Metodista Meridionale di Dallas e Santiago Genoves, dell'Istituto di Investigaciones Antropologicas di Città del Messico, sottoposero il reperto all'analisi tramite la termoluminescenza presso l'Istituto di Fisica Nucleare del Max Plank institute di Heidelberg in Germania. Il test confermò la reale antichità della testina, ed i risultati vennero pubblicati sulla rivista New Scientist del febbraio 2000. Questo è uno dei tanti ritrovamenti “anomali” che vengono riportati anche da Elio Cadelo (giornalista della Rai ed esperto divulgatore culturale e scientifico) nel suo volume Quando i Romani andavano in America (Palombi Editori, p. 217) a sostegno della convincente possibilità che i popoli antichi, non solo i Romani, ma prima di loro anche Fenici, Cartaginesi e Mauritani, per non parlare di

Page 3: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

3

3 3

Cinesi e Giapponesi dal versante Pacifico, abbiano raggiunto i due continenti americani. Lo stesso autore non manca inoltre di citare anche altri sorprendenti reperti emersi da un secolo e mezzo a questa parte, come la nave romana ritrovata a Galveston Island in Texas nel 1886, e recentemente ristudiata dal prof. Valentine Belfiglio, che nel 1993 ha anche ritrovato, sempre nei paraggi, una moneta romana d'argento con l'effigie dell'imperatore Traiano (98 - 117 d. C.). E poi ancora, i numerosi esempi di ananas (frutto americano) raffigurati su mosaici, affreschi e statue di terracotta a Roma (mosaici delle Grotte Celoni ora al Palazzo Massimo alle Terme), Pompei (Casa dell'Efebo) e Ginevra (Museo dell'Arte e della Storia), e le numerose monete romane ritrovate un po' ovunque in America (ma anche in altre remote parti del mondo, come in Australia ed in Nuova Zelanda): tutti elementi questi che alcuni illuminati rappresentati del mondo accademico ufficiale - sparuti pionieri di una nuova visione della storia - stanno cominciando a rivalutare, contrariamente alla maggioranza dei loro colleghi tradizionalisti che liquidano questi reperti “fuori posto” come falsi, scherzi fra accademici o tutt'al più accidentali smarrimenti di moderni collezionisti distratti (un po' troppi, commenta ironicamente lo stesso Cadelo). Anche le rovine dell'antica città di Comalcalco, nei pressi dell'attuale città di Villaermosa in Messico (stato di Tabasco), costituiscono tutt'altro che un banale mistero per archeologi e studiosi. La località infatti è l'unico insediamento di epoca Olmeca o Maya che abbia i suoi edifici costruiti con l'utilizzo di mattoni cotti, anziché in pietra come tutte le altre città coeve. Il mistero tuttavia si è infittito quando gli studiosi hanno scoperto sul retro di diversi mattoni dei marchi di fabbrica pressocché identici a quelli presenti sugli antichi mattoni romani, visibili ancora oggi ad es. a Roma ed in molti altri siti archeologici. Anche le dimensioni dei mattoni sono uguali, mentre sempre a Comalcalco è stata anche scoperta quella che sembra un'antica statuetta romana in terracotta. E' stato fatto notare tuttavia che, anche se edificata in mattoni cotti, lo stile architettonico della città è tipicamente maya, ed anche gli archi non sono quelli caratteristici romani a tutto sesto bensì quelli tipici centro-americani a triangolo acuto. CIVILTÀ “PRECOLOMBIANE”: Ricercatori come Umberto Bartocci e lo storico-operaio Vittorio Giunciuglio, dubitano dell’esistenza di Cristoforo Colombo, ritenendolo una figura romanzata ed elaborata in epoche successive ad uso della storia ufficiale. Alcune di queste nuove fonti provengono dal basso. Giunciuglio, ad esempio, è un operaio genovese, appassionato di storia, che insospettito da alcune incongruenze ritrovata nella biografia di Colombo, inizia un lungo lavoro di ricerca, pubblicato nel 1993-94 a Genova, in volume senza casa editrice ed oggi poco reperibile, dal titolo Un ebreo chiamato Cristoforo Colombo. Secondo simili premesse, a rigor di logica, non si dovrebbe usare il termine “precolombiano” per indicare le civiltà che popolavano l’America, prima della sua “scoperta “. E’ interesse sante osservare che, nel 1992, ricorrenza del primo cinquecentenario della “scoperta” dell’America, accanto alle celebrazioni ufficiali tenute nei principali Paesi, proliferarono numerose Contro-Manifestazioni, organizzate da gruppi antagonisti, che ponevano, tra le istanze antiamericane, la questione della veridicità della “scoperta”. I “PRECOLOMBIANI”. LA STORIA UFFICIALE: Sono dette civiltà precolombiane le civiltà del continente americano che sorsero prima della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492. Queste avevano delle caratteristiche in comune: erano sedentarie, organizzate in città, praticavano l'agricoltura ed avevano un'organizzazione sociale gerarchica. Molte di queste civiltà erano ormai decadute al momento dell'arrivo degli europei e sono conosciute solo attraverso i resti archeologici. Altre, invece, erano ancora vitali e sono conosciute grazie ai resoconti di conquistadores e missionari cristiani. Poche di esse, i Maya ad esempio, avevano dei resoconti scritti della propria storia. Le civiltà precolombiane sorsero in Mesoamerica ed in Sud America. È tuttora in corso un acceso dibattito sulla data in cui le Americhe vennero popolate dall'Uomo, data che era un tempo considerata non antecedente a circa il 12000 a.C. e che va invece sempre più spostandosi indietro nel tempo. In ogni caso, l'agricoltura stanziale nella valle del Messico centrale sembra iniziare attorno al 5000 a.C. e le prime terrecotte sono databili a circa il 2000 a.C. La più antica civiltà mesoamericana, considerata tuttora la "cultura madre" per le capacità architettoniche e urbanistiche, fu la civiltà Olmeca che ebbe inizio intorno al 1500 a.C. e si sviluppò fino al 200 a.C. circa.[1] Successivamente le principali furono: gli Aztechi, i Toltechi, i Maya, i Muisca, i Vicús e gli Inca. Nell'America del Nord, invece, gli insediamenti umani non raggiunsero un livello culturale così elevato come le civiltà appena nominate, in parte a causa della minore densità di popolazione ma, soprattutto, per le loro attività di seminomadismo. Alcune civiltà dell'America del Nord hanno tuttavia lasciato importanti tracce archeologiche di costruzioni e urbanizzazione molto simile alle culture messicane - andine. Gli Anasazi, antenati degli odierni Hopi e Zuñi, vissuti intorno al 1500 a.C. nella zona che oggi corrisponde agli stati dell'Utah, Colorado, Arizona e Nuovo Messico, erano agricoltori e costruttori di templi per uso astronomico - rituale come le piramidi di Sand Canyon.[1] Era rilevante la presenza degli Indiani (nella moderna classificazione sia etnologica che storico - sociologica, la parola "indiani" riferita alle popolazioni dell'America del Nord, è totalmente superata, trattandosi di un

Page 4: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

4

4 4

concetto che riporta l'errore noto di Cristoforo Colombo che credeva di essere arrivato alle Indie, nel suo viaggio del 1492,[1] il termine oggi usato è "nativi americani" o "primi americani") che vivevano in pianure vicino laghi e fiumi. Le civiltà precolombiane non utilizzarono mai la ruota per fini pratici. Avevano però il concetto di arco e di volta nell'architettura: per questo tutti i ponti erano sospesi, come si può ben vedere nelle profonde valli andine, in cui furono costruiti ponti, realizzati con materiali vegetali, che erano delle vere e proprie meraviglie architettoniche. Inoltre, si può constatare lo scarso uso dei metalli per le guerre nonostante in altri ambiti il livello culturale fosse particolarmente elevato, come nell'osservazione degli astri, nella notazione del tempo (ad es. il calendario maya), nell'oreficeria e nell'artigianato. Un altro elemento delle culture precolombiane, che raggiunse un alto grado di sviluppo, fu l'edificazione di templi e siti religiosi monumentali, come dimostrano le zone archeologiche di Cuzco, Machu Picchu e Nazca nel territorio dell'Impero inca, sulle Ande; e Teotihuacan, Templo Mayor a Città del Messico, El Tajín, Palenque, Tulum, Tikal, Chichén Itzá, Monte Albán in Mesoamerica. L'economia delle civiltà più sviluppate era basata sull'agricoltura e l'alimentazione di base proveniva dalle coltivazioni di mais, fagioli o zucca, soprattutto in Mesoamerica, mentre i tuberi come la patata o la patata dolce (o patata americana), così come le radici della manioca, pianta originaria dell'America Meridionale, costituivano le coltivazioni più importanti per questa parte del continente. Le attività di caccia e di pesca apportavano i necessari complementi proteici e di grassi alla dieta. Tra le piante autoctone possiamo ricordare il pomodoro, l'avocado, il merey, le arachidi, il cacao, l'ananas, ecc. Gli animali domestici più importanti non erano presenti in America. Furono, infatti, introdotti dagli spagnoli. Ad eccezione dei cani e dei porcellini d'India per gli Inca e dei tacchini nell'America del Nord e nel Messico, gli animali domestici erano davvero scarsi. I lama, una varietà di camelidi presente nella regione andina, erano un'altra specie animale addomesticata per trasportare carichi, visto che erano molto resistenti e potevano sopportare fino a 40 kg sui sentieri delle Ande (dove la necessità di trasportare carichi era molto sentita), mentre l'alpaca veniva addomesticato per ottenere la sua lana, da sempre molto apprezzata. Invece, la vigogna e il guanaco, specie somiglianti ai lama ma più piccole, non furono mai addomesticate e venivano cacciate per ottenere carne, lana e pelli. L'arte precolombiana aveva raggiunto un notevole successo sia a causa del vasto territorio sia per le differenti condizioni economiche, culturali e sociali. Se nelle società più progredite si svilupparono sia le arti figurative sia le costruzioni di opere monumentali religiose e pubbliche, nel resto del continente la produzione non andò oltre il livello tribale. Nell'America Settentrionale gli Eschimesi ornarono con scene realistiche le teste di arponi, pipe e di altri oggetti di uso quotidiano, oltre a decorare le rocce dell'Alaska con pitture figurative e realizzare statuine in legno o in avorio. Nelle regioni nordovest le prime forme di scultura furono eseguite sulla pietra, seguite nel corso del tempo da quelle sul legno, che raggiunsero buoni livelli di armonia, come nel caso dei pali totemici. Lo stile si mantenne nel tempo figurativo, e le immagini rappresentate furono quelle umane e animali. La scultura in legno era affidata agli uomini, mentre le donne si occupavano di fabbricare pregevoli coperte con temi simili alle sculture. Nelle grandi pianure del nord l'arte più diffusa fu la pittura naturalistica, dapprima a motivi geometrici e poi raffigurante scene di caccia e di guerra. Nell'area comprendente l'Arizona e il Nuovo Messico, prima del 1000 d.C. fiorì la produzione di ceramiche, di, mosaici raffiguranti divinità e animali in stile realistico, di decorazioni con affreschi a carattere mitologico. Nell'America Centrale, la produzione artistica più antica fu quella olmeca, contraddistinta da enormi statue e maschere in giada a cui seguì l'arte tolteca (450-1000 d.C.), caratterizzata da un'architettura monumentale e dalla lavorazione della creta. Se gli Zapotechi si distinsero per la lavorazione dei metalli, gli Aztechi, a partire dal 1300 circa, fecero grande uso di sculture e architetture a fini religiosi e politici, tra le quali strutture piramidali ornate con imponenti bassorilievi. Inoltre raggiunse alti livelli di qualità la produzione di mosaici, la ceramica e i lavori in piuma. I Maya toccarono i vertici artistici nell'architettura, come evidenziato dai templi, dai monasteri, dagli osservatori astronomici, costruiti con piante complesse e soffitto a pseudovolta. Le pitture vivaci apparvero più che altro decorative e raffiguranti cerimonie e sacrifici, mentre le sculture celarono ragioni simboliche. Articolata e suddivisa in ben sette fasi storiche fu l'arte andina, dal periodo tessile-ceramico a quello architettonico-scultoreo avente il tema principale del demone-felino. Risultarono rare le testimonianze di opere letterarie, anche per le distruzioni compiute dai conquistatori. Nell'America Settentrionale sono pervenuti sino a noi canti di guerra, di caccia, rituali, leggende e miti. Dell'America Centromeridionale l'opera più significativa sopravvissuta è il Popol Vuh che raccoglie leggende mitologiche riguardanti la creazione del mondo. Il poema drammatico Ollantay prodotto dalla civiltà incaica apparve importante per la sua purezza linguistica.

Page 5: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

5

5 5

LA TRATTA DEGLI SCHIAVI: L'espressione tratta atlantica degli schiavi africani si riferisce al commercio di schiavi di origine africana attraverso l'Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe, talvolta con la collaborazione di mercanti locali, fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee prima del Sud e Centro-America e poi anche del Nord-America. Nella sua storia delle tratte negriere dal titolo "Les traites negrières. Essai d' histoire globale", Olivier Pétré-Grenouilleau ricorda che, oltre alla tratta atlantica, vi furono una tratta africana e una tratta orientale. A causa della tratta e delle sue conseguenze morirono da due a quattro milioni di africani (vedi sotto) e molti altri vennero strappati per sempre alla loro terra; molti afroamericani e africani chiamano questo fenomeno black holocaust oppure olocausto africano o si riferiscono a questo olocausto con il nome maafa (in lingua swahili: «disastro», o "avvenimento terribile", "grande tragedia". Nel XVI secolo, le grandi potenze europee (Spagna, Portogallo, Inghilterra e Paesi Bassi) iniziarono a creare insediamenti in America. Gran parte dei vantaggi economici erano legati alla creazione di piantagioni (per esempio di canna da zucchero); soprattutto con la penetrazione portoghese in Brasile, a questo si aggiunse la prospettiva di ricavare dalle colonie risorse minerarie. In entrambi i casi si richiedeva l'uso di grandi quantità di manodopera per il lavoro pesante. Inizialmente, gli europei tentarono di far lavorare come schiavi gli indigeni americani; questa soluzione tuttavia risultò insufficiente, soprattutto a causa dell'alta mortalità delle popolazioni native dovuta a malattie importate dai conquistatori europei (come il vaiolo) e alla loro conformazione fisica non adatta a quel genere di lavoro. Nello stesso periodo, gli europei entrarono in contatto con la pratica nordafricana di far schiavi i prigionieri di guerra. I re locali delle regioni nella zona dei moderni Senegal e Benin spesso barattavano questi schiavi con gli europei. Gli schiavi africani erano decisamente più adatti, dal punto di vista fisico, a sopportare il lavoro forzato, perciò i portoghesi e gli spagnoli se li procurarono per mandarli nelle colonie americane, dando inizio al più grande commercio di schiavi della storia, quello attraverso l'Oceano Atlantico. Il 16 giugno 1452 papa Niccolò V scrisse la bolla Dum Diversas, indirizzata al re del Portogallo Alfonso V, in cui riconosceva al re portoghese le nuove conquiste territoriali, lo autorizzava ad attaccare, conquistare e soggiogare i saraceni, i pagani e altri nemici della fede, a catturare i loro beni e le loro terre, a ridurre gli indigeni in schiavitù perpetua e trasferire le loro terre e proprietà al re del Portogallo e ai suoi successori. Questo documento, con altri di simile tenore, venne usato per giustificare lo schiavismo. In seguito la bolla Veritas Ipsa di papa Paolo III del 2 giugno 1537, conosciuta anche col nome di Sublimis Deus o di Excelsus, scomunicava invece tutti coloro che praefatos Indios quomodolibet in servitutem redigere aut eos bonis suis spoliare (tutti coloro che ridurranno in schiavitù gli indios o li spoglieranno dei loro beni). In questa bolla il pontefice condannava le tesi razziste, riconosce agli indiani, cristiani o no, la dignità di persona umana, vieta di ridurli in schiavitù e giudicava nullo ogni contratto redatto in tal senso. Il passaggio degli schiavi attraverso l'Atlantico, dalla costa occidentale dell'Africa al Nuovo Mondo, è noto nel mondo anglosassone come Middle passage (letteralmente: tratto o passaggio intermedio). Era infatti il tratto intermedio del viaggio che le navi compivano dopo essere partite dall'Europa con prodotti commerciali (stoffe, liquori, tabacco, perline, conchiglie particolari, manufatti di metallo, armi da fuoco) che servivano come merce di scambio per l'acquisto degli schiavi da traghettare nelle Americhe, da dove le navi ripartivano cariche di materie prime, completando così quello che è chiamato il "commercio triangolare". La durata della traversata variava da uno a sei mesi a seconda delle condizioni atmosferiche. Nel corso dei secoli andò però riducendosi. Complessivamente, qualcosa come 12 milioni di schiavi attraversarono l'oceano (la stima è approssimata. La BBC parla di 11 milioni, l'Enciclopedia Britannica ritiene che la migrazione forzata fino al 1867 sia quantificabile tra 7 e 10 milioni; l'Encyclopedia of the middle passage fa una stima tra 9 a 15 milioni. La maggior parte degli storici contemporanei stima che il numero di schiavi africani trasbordati nel Nuovo Mondo sia tra 9,4 e 12 milioni); si tratta di una delle più grandi migrazioni della storia (e certamente la più grande deportazione), che portò anche a notevoli squilibri tra la popolazione bianca e quella nera (nella Giamaica dell'inizio dell'Ottocento il rapporto arrivò a 1 a 20), e la superiorità numerica causò per gli schiavisti un continuo pericolo di rivolta degli schiavi. Potenze europee come Portogallo, Regno Unito, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia, come anche mercanti provenienti dal Brasile e dal Nordamerica, alimentarono questo commercio. Nel corso del diciottesimo secolo si stima che siano stati trasbordati oltre Atlantico sei milioni di individui di origine africana, il Regno Unito può ritenersi responsabile di quasi due milioni e mezzo di questi. Il numero complessivo di africani morti attribuibile direttamente alla traversata atlantica è stimato in due milioni; un bilancio più ampio degli africani morti per la schiavitù tra il 1500 e il 1900 fa ritenere che la cifra salga a quattro milioni. Lo storico Rubinstein sostiene che, di questi 10 milioni, 6 sono da attribuire a razzie o guerre tribali finalizzate alla fornitura di uomini e donne per i mercanti di schiavi.

Page 6: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

6

6 6

IL COLONIALISMO: Il colonialismo è definito come l'espansione di una nazione su territori e popoli all'esterno dei suoi confini, spesso per facilitare il dominio economico sulle risorse, il lavoro e il commercio di questi ultimi. Il procedimento viene detto colonizzazione. Il termine indica anche, in senso stretto, il dominio coloniale mantenuto da diversi Stati europei su altri territori extraeuropei lungo l'età moderna e indica quindi il corrispettivo periodo storico, cominciato nel XVI secolo, contemporaneamente alle esplorazioni geografiche europee, assumendo nel XIX secolo il termine di imperialismo, e formalmente conclusosi nella seconda metà del XX secolo, con la vittoria dei movimenti anti-coloniali. Il termine indica anche l'insieme di convinzioni usate per legittimare o promuovere questo sistema, in particolare il credo che i valori etici e culturali dei colonizzatori siano superiori a quelli dei colonizzati. La sua origine politico-culturale non è ben delineata in quanto la definizione stessa di colonialismo coincide con fenomeni già presenti nella storia sin dalla Grecia antica. Infatti l'occupazione di territori oltre i confini nazionali per trarvi beneficio economico e per influenzarne le scelte di politica interna era lo strumento principale con cui i grandi imperi dell'antichità usavano accrescere il loro potere. L'impero marittimo ateniese pose sotto la propria influenza tutte le città bagnate dal Mar Egeo, costringendole ad un'alleanza forzata e scavalcando le autorità locali, controllò alcune zone del Mar Nero da cui otteneva le materie prime per mantenere la flotta. L'impero cartaginese sottomise con la forza gran parte delle popolazioni del Nordafrica e della Penisola Iberica utilizzando modalità non dissimili a quelle dei conquistadores spagnoli nelle Americhe e sfruttò intensamente le ricche miniere aurifere presenti in Spagna. I Romani adottando il famoso motto divide et impera divennero i precursori della strategia bellica dei colonizzatori europei, volta a sfruttare a proprio vantaggio le rivalità presenti tra le tribù locali frammentando una potenziale difesa contro l'invasore che, quindi riesce spesso ad assoggettare vasti ed eterogenei territori impiegando ridotte risorse. Inoltre, come dimostrato dalle ricostruzioni storiche e dai ritrovamenti archeologici nelle regioni esterne dell'Impero, le legioni erano sempre seguite da nutriti gruppi di cartografi e coloni che una volta pacificata l'area si sarebbero poi insediate in città di nuova fondazione. COLONIALISMO SPAGNOLO: Questa fase comincia dal 1493 con la colonizzazione di Hispaniola e finisce nel 1808 con l'indipendenza di 13 stati nel Sudamerica spagnolo, interessa tutta l'area mesoamericana, vaste zone del Nordamerica sud-occidentale, la Florida, il Sudamerica, ad eccezione del Brasile e la Guyana francese. COLONIALISMO PORTOGHESE: La fase incomincia dal 1505 con l'occupazione del Mozambico e finisce nel 1975 con l'indipendenza di Angola e Mozambico, interessa il Brasile, le coste africane nel Golfo di Guinea, in Angola, l'India occidentale, Timor, Macao e le isole dell'Oceano Atlantico. PRIMO COLONIALISMO FRANCESE: Comincia dal 1608 con la colonizzazione della Nuova Francia e finisce nel 1815 grazie al Congresso di Vienna e la cessione di gran parte delle colonie alle altre potenze europee. Interessa il Québec, la regione dei Grandi Laghi, le pianure del Mississippi, la Louisiana, Saint-Domingue nei Caraibi, la Guiana francese, alcune isolette caraibiche, l'India occidentale. COLONIALISMO OLANDESE: Inizia nel 1619 con la fondazione di Batavia o Giacarta e finisce nel 1949 grazie alla indipendenza dell'Indonesia, interessa l'attuale Indonesia, alcune isole delle Piccole Antille, un insediamento nell'isola di Manhattan chiamato New Amsterdam. PRIMO COLONIALISMO INGLESE: Questa fase incomincia nel 1607 con la fondazione del primo insediamento permanente in America a Jamestown in Virginia e finisce nel 1783 con il Trattato di Parigi, riconoscendo l'indipendenza degli Stati Uniti d'America. Interessa il Nordamerica orientale, la Nuova Scozia, la Terranova, la Terra di Rupert, le Bahamas, la Giamaica, il Belize e gran parte delle isole delle Piccole Antille. COLONIALISMO RUSSO: Il colonialismo russo incomincia nel 1581 con la fondazione di Ermak e finisce nel 1918 con la prima guerra mondiale e la rivoluzione d'Ottobre, interessa la Siberia, l'Alaska, l'Asia centrale ed il Caucaso. SECONDO COLONIALISMO INGLESE: Questo periodo incomincia nel 1753 con l'inizio dell'infiltrazione inglese in India, interessa il Sudafrica, il Canada, l'India, Ceylon, la Malesia, l'Australia, la Nuova Zelanda, Malta, Gibilterra, la Guiana occidentale e le isole atlantiche.

Page 7: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

7

7 7

SECONDO COLONIALISMO FRANCESE: Comincia nel 1830 con l'inizio della conquista dell'Algeria e finisce nel 1859 con l'annessione di Saigon, interessa l'Algeria, il Vietnam, la Guiana orientale, il Senegal, il Gabon, le isole di Tahiti e la Reunion. TERZO COLONIALISMO INGLESE: Questa fase inizia nel 1870 con la nuova spinta colonizzatrice europea e finisce nel 1956 con la decolonizzazione dei possedimenti africani. Interessa il Bechuanaland (Botswana), la Rhodesia (Zambia), l'Uganda, il Kenya, la Somalia settentrionale, l'Egitto, il Sudan, la Nigeria, la Costa d'Oro, la Sierra Leone, il Gambia, lo Yemen, il Kuwait, la Birmania, la Papua, il Brunei, e molti arcipelaghi polinesiani. Si mantengono i precedenti possedimenti e si stabiliscono insediamenti commerciali con la forza in Cina (risale a questo secolo l'acquisizione di Hong Kong dopo le guerre dell'oppio, 1839-1842; 1856-1860). TERZO COLONIALISMO FRANCESE: (1860, inizio espansione nell'Africa Occidentale dal Senegal - 1962, indipendenza dell'Algeria), interessa il Marocco, tutta l'Africa occidentale sahariana, la Mauritania, la Costa d'Avorio, il Congo Belga, il Madagascar, il Laos, la Cambogia e la Nuova Caledonia. Come l'Inghilterra, anche la Francia impone la propria autorità commerciale ed economica in molti porti e fiumi cinesi. COLONIALISMO TEDESCO: (1870, fondazione dell'Impero tedesco e inizio dell'espansione nell'Africa Centrale e Meridionale in base alla politica economica ed imperialistica di Bismarck - 1918, sconfitta nella prima guerra mondiale e perdita delle colonie), interessa il Camerun, la Namibia, il Togo e la Tanzania, contemporaneamente venivano stabilite delle teste di ponte in alcune isole dell'Oceano Pacifico, di cui le più estese sono le zone settentrionali della Papua Nuova Guinea, l'Arcipelago di Bismarck, e la costa nord della Cina. PRIMO COLONIALISMO ITALIANO: (1869, acquisto della Baia di Assab, in Eritrea, da parte della società Rubattino - 1905, istituzione della colonia di Somalia); interessa il corno d'Africa e, più precisamente, l'Eritrea, che diviene colonia nel 1890, e la Somalia, che diviene dapprima protettorato nel 1889 e poi colonia nel 1905. SECONDO COLONIALISMO ITALIANO: (1911, inizio Guerra italo-turca - 1912 fine guerra italo-turca); interessa i possedimenti turchi della Tripolitania e della Cirenaica, oltre alle isole del Dodecanneso. TERZO COLONIALISMO ITALIANO: (1935, Guerra d'Etiopia - 1943, seconda guerra mondiale); interessa principalmente l'Abissinia (odierna Etiopia), conquistata nel 1935-36 e termina con le sconfitte della seconda guerra mondiale.

IL RINASCIMENTO-UMANESIMO Dopo i secoli bui e difficili del Medioevo, il Rinascimento apre la strada a un’evoluzione nel campo delle arti, dell’economia, della società. Con la “scoperta” dell’America, nel 1492, e lo spostamento dei traffici mercantili verso l’Atlantico, l’Italia, dal punto di vista politico ed economico, frammentata e divisa, si avvia alla decadenza, mentre la Spagna, l’Olanda, la Francia, l’Inghilterra, grazie ai loro porti oceanici, prosperano e fondano imperi commerciali. Il mediterraneo diventa meno importante. Le città marinare e la Repubblica di Venezia decadono progressivamente, mentre l’Italia ricade nell’orbita delle principali potenze europee, militarmente ed economicamente, più forti, compatte e organizzate. In ogni caso, il Rinascimento italiano, dal punto di vista artistico, architettonico e letterario fu decisamente florido, grazie alla presenza delle Chiesa e delle numerosi corti presenti sul territorio, che rappresentarono una forte committenza per gli artisti e le maestranze. Il Rinascimento è un periodo artistico e culturale della storia d'Europa, che si sviluppò a partire da Firenze tra la fine del Medioevo e l'inizio dell'età moderna, in un arco di tempo che va all'incirca dalla seconda metà del XIV secolo fino al XVI secolo, con ampie differenze tra disciplina e disciplina e da zona a zona. Il Rinascimento, vissuto dalla maggior parte dei suoi protagonisti come un'età di cambiamento, maturò un nuovo modo di concepire il mondo e sé stessi, sviluppando le idee dell'umanesimo, nato in ambito letterario nel XIV secolo per il rinato interesse degli studi classici, ad opera soprattutto di Francesco Petrarca, e portandolo a influenzare per la prima volta anche le arti figurative e la mentalità corrente. Il XV secolo fu un'epoca di grandi sconvolgimenti economici, politici, religiosi e sociali, infatti viene assunto come epoca di confine tra basso medioevo e evo moderno dalla maggior parte degli storiografi, sebbene con alcune differenze di datazione e di prospettiva. Tra gli eventi di maggior rottura in ambito politico ci furono la questione orientale, segnata dall'espansione dell'Impero Ottomano (il quale, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 giunge a

Page 8: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

8

8 8

minacciare l'Ungheria e il territorio austriaco) e un'altra occidentale, caratterizzata dalla nascita degli Stati moderni, tra cui le monarchie nazionali di Francia, Inghilterra e Spagna, così come l'impero di Carlo V, che a differenza degli imperi medievali presenta un progetto di accentramento del potere, tipico delle istituzioni politiche moderne, per quanto la rinascita dell'impero di Carlo V può essere vista anche come un ritorno alla dimensione sovranazionale che caratterizzava il Medioevo. In ambito economico e sociale, con la scoperta del Nuovo Mondo, avvengono espansioni coloniali che allargano a dismisura l'orizzonte del mondo europeo. Iniziano enormi trasformazioni in Europa, accompagnate da squilibri e contraddizioni: se da una parte si fa spazio l'economia mercantile su scala mondiale, dall'altra le campagne restano legate a realtà tipiche dell'economia feudale. Il fulcro del commercio si sposta inoltre dal Mar Mediterraneo verso il Nord Europa e l'Oceano Atlantico. In ambito religioso avvenne la Riforma protestante, ovvero lo scisma fra Chiesa cattolica e protestante. La Riforma intendeva rinnovare la Chiesa romana, stigmatizzandone le rilassatezze e le corruzioni come già in precedenza era accaduto in occasioni di vari tentativi di rinnovamento sia all'interno che all'esterno della Chiesa stessa, ma finì per costituire una realtà indipendente non solo per l'intransigenza delle rispettive posizioni ideologiche, ma anche a causa dei risvolti politici con cui essa si intrecciò. Il termine generico "rinascita" venne usato da Giorgio Vasari nel suo trattato Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino à tempi nostri per indicare un ciclo, da lui individuato, che partendo da Giotto e affermandosi con Masaccio, Donatello e Brunelleschi si liberava dalle forme greco-bizantine per tornare a quelle romano-latine, culminando nella figura di Michelangelo, capace di superare gli antichi stessi. Si tratterebbe quindi di una delle poche etichette storiografiche nate in concomitanza con l'epoca che le ha prodotte, sebbene mirasse a enfatizzare piuttosto forzatamente la "novità" del proprio modo di essere rispetto al passato. Il termine "Rinascimento" e l'immagine ideale del periodo che esso definisce è invece frutto della storiografia ottocentesca, in particolare la paternità della definizione può essere attribuita allo storico francese Jules Michelet che ne fece uso nel 1855 per definire la "scoperta del mondo e dell'uomo" che ebbe luogo nel XV secolo. Nel 1860 lo storico svizzero Jacob Burckhardt ampliò il concetto espresso da Michelet, descrivendo l'epoca come quella in cui sarebbero venute alla luce l'umanità e la coscienza moderne dopo un lungo periodo di decadimento. Si può notare nel suo atteggiamento l'eco dei giudizi dispregiativi espressi dai rinascimentali nei confronti del Medioevo, termine che viene coniato proprio in età umanistica da Flavio Biondo per indicare un periodo "buio" che egli contrapponeva enfaticamente al suo presente, che sarebbe stato caratterizzato invece dalla ripresa degli studi sulla letteratura e la cultura della Grecia e di Roma antica. A dire il vero, la ripresa dei modi dell'età classica greca e romana e la rinnovata consapevolezza di discendenza e legame col mondo antico non fu una novità del XIV secolo, anzi nel corso del Medioevo si erano avute varie rinascite e rinascenze: la rinascenza longobarda, carolingia, ottoniana, rinascita dell'anno Mille, rinascimento del XII secolo. Ma ci sono almeno due aspetti che caratterizzano inequivocabilmente il Rinascimento rispetto a queste esperienze precedenti: la grande diffusione e la continuità spontanea del movimento, contro il carattere passeggero delle "rinascite" precedenti legate prevalentemente ad ambienti di corte, sebbene studiosi come Burdach individuino in esse proprio la genesi del Rinascimento; la consapevolezza di una frattura tra mondo moderno e antichità, con un'interruzione rappresentata dai "secoli bui", chiamati poi età di mezzo o Medioevo, la cui presunta oscurità fu tuttavia strumentalizzata proprio per accentuare la portata rinnovatrice della nuova epoca. Inoltre il passato che le personalità del Rinascimento aspiravano a rievocare non era qualcosa di aulico e mitologico, ma anzi, tramite gli strumenti moderni della filologia e della storia, essi cercavano una fisionomia dell'antico più vera e autentica possibile. Infine il passato classico non veniva imitato servilmente, ma rielaborato come esempio e fonte di ispirazione per nuove creazioni originali. GLI STATI ITALIANI NEL 1494: Nel 1474 esce postuma l'opera l'Italia illustrata di Flavio Biondo (1392-1463), un libro di geografia e di storia su quelle che allora erano le diciotto province della penisola. L’autore, storico e umanista, coniò il termine Medio Evo, usato ancor oggi per definire l’Età di mezzo, che va dal 476 (caduta dell’Impero romano d’occidente) al 1492 (arrivo di Colombo in America). Sul piano politico, invece, a causa della mancanza di uno Stato unitario sul modello di quelli che stavano via via sorgendo nel resto d'Europa, i piccoli stati italiani furono costretti a supplire con l'intelligenza strategica dei suoi capi politici alla superiorità di forze degli stati nazionali europei, arrivando a concordare una alleanza la Lega Italica. Esemplare fu in proposito il signore di Firenze Cosimo de' Medici (1389-1464), non a caso soprannominato Pater Patriae, Padre della Patria, e considerato uno dei principali artefici del Rinascimento fiorentino: la sua politica estera, infatti, mirante al mantenimento di un costante e sottile equilibrio fra i vari stati italiani, sarà profetica nell'individuare nella concordia italiana l'elemento chiave per impedire agli stati stranieri di intervenire nella penisola approfittando delle sue divisioni. L'importanza della strategia di Cosimo, proseguita dal suo successore Lorenzo il Magnifico (1449-1492) nella sua continua ricerca di un

Page 9: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

9

9 9

accordo tra gli stati italiani in grado di sopperire alla loro mancanza di unità politica non venne tuttavia compresa dagli altri prìncipi della penisola e si chiuse con la morte di Lorenzo, nel 1492. Da allora in Italia ebbe inizio un lungo periodo di dominazione straniera, la quale, secondo gli storici risorgimentali, fu quindi dovuta non a sterile arrendevolezza, bensì al ritardo del processo politico di unificazione. Nella propaganda risorgimentale, per via del romanzo omonimo di Massimo d'Azeglio, è anzi rimasto celebre e ricordato come gesto di patriottismo l'episodio della disfida di Barletta (1503), quando tredici cavalieri italiani, alleati degli spagnoli per la conquista del Regno di Napoli, capeggiati dal capitano di ventura Ettore Fieramosca, sconfissero in duello altrettanti cavalieri francesi che li avevano insultati accusandoli di viltà e codardia. L'interesse per l'unità si spostò intanto dall'ambito culturale a quello dell'analisi politica e, già nel XVI secolo, Machiavelli e Guicciardini dibattevano il problema della perdita dell'indipendenza politica della penisola, divenuta nel frattempo un campo di battaglia fra Francia e Spagna e infine caduta sotto la dominazione di quest'ultima. Pur con programmi diversi, Machiavelli e Guicciardini, fautori rispettivamente di uno Stato accentrato e di uno federale, concordavano sul fatto che la perdita dell'individualità nazionale fosse avvenuta a causa dell'individualismo e della mancanza di senso dello Stato delle varie popolazioni italiane. Ecco quindi il compito del Principe al quale Machiavelli lanciava la sua nota « esortazione a pigliare l'Italia e liberarla dalle mani dei barbari.» All'inizio del XVII secolo Cesare Ripa con la sua opera Iconologia, nella voce "Italia con le sue provincie. Et parti de l'isole" rifacendosi ai testi classici diffonde l'immagine classica dell'Italia turrita, con cornucopia e sovrastata da una stella, "come rappresentata nelle Medaglie di Commodo, Tito et Antonino" e conclude la descrizione dell'Italia con la frase «Siede sopra il Globo (come dicemmo) per dimostrare come l'Italia è Signora et Regina di tutto il Mondo, come hanno dimostrato chiaro gli antichi Romani, et hora più che mai il Sommo Pontefice maggiore et superiore a qual si voglia Personaggio.» IL PROTESTANTESIMO: Il protestantesimo è una branca del cristianesimo sorta nel XVI secolo per riformare la Chiesa cattolica, considerata nella dottrina e nella prassi non più conforme alla parola di Dio, a seguito del movimento politico e religioso noto come riforma protestante, derivato dalla predicazione dei riformatori, fra i quali i più importanti sono Jan Hus, Martin Lutero, Huldrych Zwingli, Giovanni Calvino e John Knox. Il protestantesimo trae le sue origini in Germania e si pensa sia iniziato nel 1517, quando Lutero pubblicò le sue 95 tesi, una breve critica contro le dottrine, le pratiche e gli abusi medievali della Chiesa cattolica, soprattutto per quanto riguarda l'ecclesiologia, la simonia, il culto dei santi, l'intercessione presso i santi defunti, l'invenzione del purgatorio e la teoria delle indulgenze. Le varie denominazioni protestanti condividono un rifiuto dell'autorità papale (percepito come una sorta di anticristo) e negano la dottrina cattolica della transustanziazione, anche se sono in disaccordo tra loro circa la dottrina della presenza di Cristo nell'Eucaristia. I cristiani protestanti enfatizzano il sacerdozio di tutti i credenti, la salvezza eterna ottenuta per fede in Gesù Cristo e non tramite le opere umane (principio della sola fide) e l'importanza della Bibbia, invece che della tradizione cattolica, in quanto autorità suprema in materia di fede (sola scriptura). Il termine protestante è nato in seguito alla lettera di protesta dei principi luterani contro la proclamazione della dieta di Spira nel 1529, in cui la Chiesa cattolica ribadì l'editto della dieta di Worms, condannando gli insegnamenti di Martin Lutero come eresia. Tuttavia, il termine è stato usato in molti sensi differenti, spesso come un termine generale per riferirsi al cristianesimo occidentale che non è soggetto della autorità papale, comprese alcune chiese che non fanno parte del movimento protestante originale. A partire dal XVI secolo i cristiani luterani fondarono chiese luterane in Germania e nella Scandinavia, mentre le chiese riformate di Ungheria, Scozia, Svizzera e Francia furono stabilite principalmente da Calvino, Zwingli e Knox. La Chiesa d'Inghilterra dichiarò l'indipendenza dall'autorità papale nel 1534, dando vita all'anglicanesimo, e fu influenzata da alcuni valori della Riforma protestante, in particolare durante il regno di Edoardo VI. Esistevano comunque movimenti di riforma differenti nell'Europa orientale, conosciuti come "Riforma radicale", che diedero vita all'anabattismo, al moravianesimo e al pietismo. LE INDULGENZE: La dottrina dell'indulgenza è un aspetto della fede cristiana, affermata dalla Chiesa cattolica, che si riferisce alla possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato (detta pena temporale), dal peccatore che abbia confessato con pentimento sincero il suo errore e sia stato perdonato tramite il sacramento della confessione. Un tempo era necessario anche il versamento di somme di denaro a favore del clero. Quindi per indulgenza viene significata la remissione parziale o totale delle pene comunque maturate con i peccati già perdonati da Dio con la confessione e che verrebbero altrimenti scontate nel Purgatorio. La teologia cattolica afferma che l'indulgenza può essere parziale o plenaria, cioè può liberare in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati; è attualmente disciplinata dai documenti Indulgentiarum doctrina e Manuale delle indulgenze.

Page 10: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

10

10 10

Ai tempi di Lutero, La pratica dell'indulgenza aveva perso molto del suo valore primitivo e assunto una notevole meccanicizzazione. Considerati gli ingenti quantitativi di denaro che ne derivavano, aumentò consistentemente il numero degli abusi riducendo la questione ad un vero e proprio commercio con vere e proprie tariffe. Lo scandalo crebbe a proporzioni allarmanti quando cominciarono a circolare scritti papali e vescovili falsi che avevano l'intento di ricavare maggior denaro dichiarando questa o quella nuova indulgenza o che diffondevano puri e semplici errori teologici. Si toccò il vertice del problema quando principi e notabili pretesero di avere una parte dalle indulgenze raccolte poiché racimolate nei loro territori. La pratica dell'indulgenza aveva anche assunto una forte connotazione di obbligo sociale, poiché l'uso era tanto endemico che chi vi si sottraeva appariva come un cattivo cristiano, un peccatore incallito che non avesse umiltà sufficiente a comprendere di dover espiare le sue colpe. Poiché, inoltre, tutti peccavano, tutti dovevano partecipare e la pratica metteva in ombra le altre vie di penitenza e di santificazione. Andava così persa ogni spontaneità e il valore di crescita morale della pratica stessa. Il Papato era conscio dello scandalo e cercò in diverse occasioni di porre un argine al problema, sia prima che anche in conseguenza della denuncia dell'allora monaco agostiniano Martin Lutero (1515), ma le misure prese non furono sufficienti ad evitare uno strappo irrimediabile: lo Scisma Protestante. Se l'abuso delle indulgenze, infatti, non fu né il solo né il principale motivo a generarlo, fu senza dubbio un elemento scatenante in un periodo di estrema tensione tra le diverse parti e aggravò le divergenze esistenti. Anche Michelangelo Buonarroti fu uno dei tanti accusatori della degradazione nella pratica dell'indulgenza, sulla quale scrisse pure un sonetto, il X. MARTIN LUTERO: Martin Luther, in italiano Martin Lutero (Eisleben, 10 novembre 1483 – Eisleben, 18 febbraio 1546), è stato un teologo tedesco. Fu l'iniziatore della Riforma protestante. La confessione cristiana basata sulla sua dottrina teologica viene detta luteranesimo. Sempre nel 1516 Lutero iniziò le lezioni sull'Epistola ai Galati, e visitò le comunità dell'ordine agostiniano di Dresda, Neustadt, Orla, Erfurt, Gotha, Langensalza e Nordhausen. La predicazione contro la vendita delle indulgenze fu il primo atto "riformatore" intrapreso da Lutero, giacché proprio a Wittenberg il principe Federico aveva impiantato tale pratica, avendo ottenuto da Roma il permesso di esercitarla una volta l'anno il giorno di Ognissanti. In tre occasioni, nell'anno 1516, Lutero parlò contro le indulgenze, affermando che il semplice pagamento non poteva garantire il reale pentimento dell'acquirente né che la confessione del peccato costituisse di per sé una sufficiente espiazione. La situazione degenerò nell'anno seguente (1517) quando un altro esempio di vendita delle indulgenze dalle amplissime ramificazioni richiamò l'attenzione di Lutero. Nel 1517 il principe Alberto di Brandeburgo, ora anche arcivescovo di Magonza, incaricò il monaco domenicano Johann Tetzel di predicare le indulgenze nei suoi domini. Tale predicazione era accompagnata da stravaganti asserzioni,. Lutero ne cita una alla tesi n° 27: "come il soldino nella cassa risuona, ecco che un'anima il purgatorio abbandona". Il principe Federico e il suo confinante, il duca Giorgio di Sassonia "il Barbuto", vietarono a Tetzel l'ingresso nelle loro terre, soprattutto per difendere i propri interessi dalla concorrenza del frate, dato che entrambi godevano dell'autorizzazione papale per la vendita delle indulgenze nei rispettivi territori. Tuttavia, quando il monaco domenicano giunse a Jüteborg (Brandeburgo) nelle vicinanze di Wittenberg, i parrocchiani di Lutero si misero in viaggio per acquistarle. Di conseguenza, al momento della confessione, i fedeli presentavano la pergamena benedetta sostenendo che non dovevano più pentirsi dei loro peccati poiché il documento sanciva la remissione plenaria delle pene. Lutero giudicò la predicazione di Tetzel assurda sotto ogni punto di vista e decise di contrastarla per iscritto. Vuole la tradizione che il 31 ottobre 1517 Lutero (o più probabilmente i suoi studenti, addirittura all'insaputa del maestro) abbiano affisso sulla porta della chiesa di Wittenberg, com'era uso a quel tempo, 95 tesi in latino riguardanti il valore e l'efficacia delle indulgenze. Il testo era indirizzato proprio all'arcivescovo Alberto, a cui Lutero intendeva mostrare il pessimo comportamento del suo incaricato Tetzel. Lo scontro con le alte gerarchie ecclesiastiche fu inevitabile. La fama del monaco ribelle si diffuse in tutta la Sassonia elettorale: teologi, semplici religiosi, artigiani, studenti, il principe elettore e la sua corte. Due elementi, più di ogni altra cosa, contribuirono a questo rapido successo: l'interesse generale che suscitava questa disputa, giacché trattava tematiche molto vicine alle esigenze materiali e spirituali della popolazione; in secondo luogo la stampa a caratteri mobili, che consentì la stesura e la diffusione in migliaia di copie delle tesi luterane e dei successivi scritti. Il 3 gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem, Leone X scomunicava Martin Lutero, l'accusa era di eresia hussita. Il principe Federico ottenne che a Lutero non fosse fatto alcun male a Worms e che gli si consentisse di esporre le sue ragioni. Lutero aveva già spregiativamente bruciato in pubblico la bolla papale Exsurge Domine (1520) con la quale era stato minacciato di scomunica se non avesse desistito dal proprio intento (in suo pravo et damnato proposito obstinatum). Era l’inizio di un lungo periodo di guerre e contrasti, per motivi di fede, che si diffusero dalla Germania in Europa parallelamente all’espansione del protestantesimo.

Page 11: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

11

11 11

LA GUERRA DEI TRENT’ANNI: Per guerra dei trent'anni si intende una serie di conflitti armati che dilaniarono l'Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Fu una delle guerre più lunghe e distruttive della storia europea. La guerra può essere suddivisa in quattro fasi: boemo-palatina (1618–1625), danese (1625–1629), svedese (1630–1635) e francese (1635–1648). Molti storici riconoscono l'esistenza di un quinto periodo oltre ai quattro canonici: il periodo italiano (1628-1630), corrispondente alla Guerra di successione di Mantova e del Monferrato. Iniziata come una guerra tra gli stati protestanti e quelli cattolici nel frammentato Sacro Romano Impero, progressivamente si sviluppò in un conflitto più generale che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee, perdendo sempre di più la connotazione religiosa e inquadrandosi meglio nella continuazione della rivalità franco-asburgica per l'egemonia sulla scena europea. La guerra ebbe inizio quando il Sacro Romano Impero cercò di imporre l'uniformità religiosa sui suoi domini. Gli stati protestanti del nord, indignati per la violazione dei loro diritti acquisiti nella pace di Augusta, si unirono formando l'unione evangelica. L'impero contrastò immediatamente questa lega, percependola come un tentativo di ribellione, suscitando le negative reazioni di tutto il mondo protestante. La Svezia intervenne nel 1630, lanciando un'offensiva su larga scala nel continente. La Spagna, intenzionata a piegare i ribelli olandesi, intervenne con il pretesto di aiutare il suo alleato dinastico, l'Austria. Temendo l'accerchiamento da parte delle due grandi potenze degli Asburgo, la cattolica Francia entrò nella coalizione a fianco dei protestanti, per contrastarne l’azione. La guerra, caratterizzata da gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne, da uccisioni di massa, da operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti mercenari spesso protagonisti di saccheggi, oltre che da micidiali epidemie e carestie, fu una catastrofe epocale, in particolare per i territori dell'Europa centrale. Secondo l'accademico Nicolao Merker, la Guerra dei trent'anni, che avrebbe provocato 12 milioni di morti, fu "in assoluto la maggiore catastrofe mai abbattutasi" sulla Germania. Il conflitto si concluse con i trattati di Osnabrück e Münster, inseriti nella più ampia pace di Vestfalia. Gli eventi bellici modificarono il precedente assetto politico delle potenze europee. L'incremento del potere dei Borbone in Francia, la riduzione delle ambizioni degli Asburgo e l'ascesa della Svezia come grande potenza crearono nuovi equilibri di potere nel continente. La posizione dominante della Francia contraddistinse la politica europea fino al XVIII secolo, quando in seguito alla Guerra dei sette anni la Gran Bretagna assunse un ruolo centrale. LA PACE DI WESTFALIA: La pace di Vestfalia del 1648 pose fine alla cosiddetta guerra dei trent'anni, iniziata nel 1618, e alla guerra degli ottant'anni, tra la Spagna e le Province Unite. Si trattava di sanguinose guerre di religione tra cattolici e protestanti. La pace di Vestfalia fu firmata in due località separate a causa dei dissidi tra i cattolici e i protestanti. Cosicché dapprima si riunirono i cattolici a Münster e i protestanti a Osnabrück. Come mediatori furono invitati a Colonia il nunzio pontificio Fabio Chigi e l'ambasciatore veneziano Alvise Contarini. Tuttavia la Svezia non accettò che i rappresentanti del papa fungessero da mediatori, né d'altra parte il nunzio pontificio volle trattare con gli scismatici. Con il trattato di Vestfalia si inaugurò un nuovo ordine internazionale, un sistema in cui gli Stati si riconoscono tra loro proprio e solo in quanto Stati, al di là della fede dei vari sovrani. Assume dunque importanza il concetto di sovranità dello stato e nasce una comunità internazionale più vicina a come la si intende oggi. Al tempo stesso il potere del sovrano diventava assoluto, cioè sciolto da ogni controllo esterno, nei confronti delle varie classi sociali: nobili, magistrati, borghesia, popolo. LA MONARCHIA ASSOLUTA: L'assolutismo monarchico è una teoria politica che sostiene che una persona (generalmente un monarca) debba detenere tutto il potere. Questo è giustificato dal concetto di "Diritto divino dei re", che implica che l'autorità di un governante derivi direttamente da Dio. Tra gli eminenti teorici associati all'assolutismo vi sono Jacques-Bénigne Bossuet, Niccolò Machiavelli, Thomas Hobbes e Jean Bodin. Il termine "assoluto" deriva dal latino absolutus, ovvero sciolto da ogni costrizione esterna; quindi il sovrano assoluto è colui che può esercitare liberamente la propria autorità. Nel XVII secolo l'assolutismo monarchico si affermò in Francia e in altri Paesi dell'Europa continentale, come la Prussia e la Russia degli zar. Nell'Europa dell'inizio dell'età moderna era la forma di governo più diffusa, nella sua incarnazione di Stato dei ceti dove il potere del principe era affiancato da una corte, ufficiali, parlamenti, Diete, nei quali erano presenti le classi privilegiate come il clero, la nobiltà, ecc. Spesso il potere di questi apparati si riduceva ad essere puramente consultivo. Non avevano seria influenza nelle decisioni, solamente cercavano di difendere i propri privilegi. Tra il '400 ed il '500, i monarchi ridimensionarono le prerogativedi tali ceti, nonostante questi tendessero ad allargare la propria presenza. La necessità di mantenere eserciti permanenti e di imporre tributi senza interpellare i sudditi, facilitò il rafforzamento dei monarchi di fronte alla nobiltà e alla borghesia, mentre le guerre contribuirono allo sviluppo del sentimento nazionale e nella figura del sovrano sembrò incarnarsi l'intera nazione. In Francia, in Prussia e più tardi in Russia, la cultura del Cinque-Seicento sostenne l'idea di un primato politico, culturale ed etico-religioso della Nazione. Nell'ambito religioso, il cattolicesimo, dopo il Concilio di Trento (1545 - 1563), favorì l'affermarsi dell'idea di sovrano come rappresentante dell'ordine razionale

Page 12: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

12

12 12

voluto da Dio. Diversificato fu invece l'atteggiamento del mondo protestante: i calvinisti furono decisi avversari dell'assolutismo, mentre i luterani, seguendo le dottrine del loro maestro, videro nel principe anche il capo della comunità religiosa, perché ritennero che egli solo, con la sua autorità assoluta, potesse reprimere la volontà dei malvagi. Lo sviluppo del capitalismo commerciale e finanziario favorì anch'esso l'affermazione dell'assolutismo regio. Infatti, la necessità di mantenere eserciti permanenti e l'esigenza di una burocrazia sempre più complessa costrinsero i sovrani a chiedere ingenti prestiti ai grandi mercanti/banchieri in cambio di larghe concessioni (come lo sfruttamento di territori nelle colonie o l'appalto della riscossione delle imposte sul territorio nazionale). Gli ultimi monarchi assoluti tentarono talvolta di governare secondo i principi dell'Illuminismo, e vengono quindi chiamati despoti illuminati. Essi tentarono di permettere ai loro sudditi di vivere più liberamente la loro vita di tutti i giorni, mantenendo al tempo stesso la monarchia autocratica. Nel Settecento furono considerati tali Federico II di Prussia, Caterina II di Russia e Giuseppe II d'Asburgo. L'assolutismo, come termine, non comparve fino al XIX secolo, quando la tradizionale "età dell'assolutismo" era ormai passata. Tradizionalmente l'origine del concetto di sovrano assoluto si individua negli scritti di Jean Bodin (1529-1596), storico e filosofo. Egli sosteneva l'unità, indivisibilità e perpetuità della sovranità. Il Thomas Hobbes (1588-1679), nella sua Filosofia della legge naturale, riteneva che i governanti assoluti emergessero in accordo con gli istinti fondamentali degli uomini, in particolare la loro paura della morte e il loro bisogno di potere. Nella sua visione, non poteva esserci ordine sociale senza la cessione del potere a un singolo individuo che lo avrebbe usato per limitare le tendenze violente e anti-sociali del popolo. Hobbes insisteva anche sull'irreversibilità del potere assoluto comunque acquisito, per vie pacifiche o violente, legali o illegali. Per coloro che credevano che il monarca assoluto fosse stato scelto da Dio, la ribellione contro il monarca era equivalente alla ribellione nei confronti di Dio. Quindi, il governo era considerato assoluto, in quanto non poteva essere sfidato. Vi sono politologi che, basandosi sul significato letterale della definizione, estendono il concetto di monarchia assoluta anche a Stati non dotati formalmente di un sovrano (che quindi potrebbero anche definirsi "repubbliche assolute"), ma governati assolutisticamente da un presidente solitamente vitalizio e talora altresì ereditario. Esempi passati di questa categoria sono lo Stato di Haiti al tempo dei Duvalier e il Malawi di Hastings Banda. Tra gli esempi contemporanei si annoverano molti paesi già appartenenti all'Unione Sovietica come il Turkmenistan (il cui capo di Stato e presidente a vita è stato Saparmyrat Nyýazow fino al 2006) nonché, tra gli altri, la Corea del Nord e la Siria. L’ANCIEN REGIME: La locuzione Ancien Régime (in italiano Antico Regime) è un'espressione della lingua francese che, in origine, fu utilizzata dai rivoluzionari francesi per designare con spregio il sistema di governo che aveva preceduto la Rivoluzione francese del 1789, cioè la monarchia assoluta dei Valois e dei Borbone. Venne usata per estensione alle altre monarchie europee che mostravano sistemi di governo simili o assimilabili. Una delle caratteristiche principali dell'Ancien Régime è un ordinamento sociale in tre ceti, la cui appartenenza è perfettamente definita praticamente sin dalla nascita, i cosiddetti Stati: clero (Primo Stato), nobiltà (Secondo Stato) e resto del popolo (Terzo Stato). L'aristocrazia era laica, anche se in parte coincideva con il clero: i secondogeniti delle famiglie nobili erano spesso destinati alla carriera ecclesiastica. Aristocrazia e clero erano al di sopra del resto della popolazione, anche se il Terzo Stato era costituito dalla stragrande maggioranza dei cittadini. I diritti delle persone non erano uguali: legalmente gli ecclesiastici e i nobili detenevano una serie di privilegi che erano negati al resto del popolo. Secondo questa prospettiva, la società dell'Ancien Régime era divisa verticalmente secondo dei ranghi sociali, ossia secondo relazioni fra padrone e cliente (maîtres-fidèles) e non orizzontalmente secondo le classi sociali. Gli Stati si riunivano nell'Assemblea degli Stati Generali e le delibere avvenivano mediante il computo delle votazioni unitarie di ogni singolo Stato. La convocazione degli Stati Generali, i cui poteri decisionali erano nulli, era a completa discrezione del re, tant'è che in Francia, tra il 1614 e il 1789 gli Stati Generali non furono mai convocati. Nel giugno del 1789, il Terzo Stato, parte del clero e della nobiltà formarono l'Assemblea Nazionale Costituente, con l'intento di abbattere l'Ancien régime e redigere una costituzione. Le leggi erano promulgate dal sovrano ed erano l'espressione della sua volontà personale, anche se egli doveva tenere in conto i costumi e gli usi del regno, ma questi "usi e costumi" erano vaghi e spesso contraddittori. I sudditi non avevano quindi nessun diritto garantito o difendibile davanti allo Stato, che non aveva fra le sue funzioni quella di garantire i diritti dei cittadini, come si avrà più tardi nello Stato di Diritto. Vi era però una diffusa costellazione di diritti e privilegi, differenti a seconda della condizione individuale, familiare corporativa o territoriale di ciascuno. Vi si aggiungevano anche una serie di doveri verso il re, la cui capacità nell'imporli o esigerli era più ampia in teoria che in pratica. La libertà degli individui era costantemente minacciata dalla polizia, che poteva arrestare chiunque dietro un semplice ordine del re espresso attraverso la lettre de cachet. La ragione della detenzione non veniva specificata, solamente che "tale era la volontà del re" (car tel est mon bon plaisir). La censura era anche onnipresente, per mezzo dell'autorità ecclesiastica; non

Page 13: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

13

13 13

esisteva infatti durante l'Ancien Régime la libertà di culto: si applicava il principio del cuius regio eius religio (seguire la stessa religione dell'autorità locale, il re nel caso della Francia) della Dieta di Augusta (1530). L’ASSOLUTISMO RUSSO: In Russia convivono due anime, due diversi modi di interpretare la propria storia ed il proprio futuro: da una parte c’è chi ritiene necessario imitare la civiltà sviluppatasi in Europa Occidentale; dall’altra chi guarda alle peculiarità della tradizione russa. Per comprendere il senso di questi opposti modi di ragionare e le loro radici, bisogna considerare la figura dello zar Pietro I il Grande, perché la sua opera determinò la questione ancor oggi irrisolta. LA RUSSIA PRIMA DI PIETRO: Il primo nucleo di una organizzazione statale degli slavi orientali si costituì nel corso del IX sec. attorno al Gran Principato di Novgorod, sotto la guida del leggendario condottiero variago Rjurik, capostipite della dinastia dei Rjurikidi. Successivamente spostata a Kiev la capitale (Rus’ Kieviana), l’invasione dei Tatari nel XIII sec. pose fine alla sua indipendenza. Sotto il dominio tataro assunse rilevanza il Principato di Mosca, che nel 1480 fu capace di emanciparsi e di riunire attorno a sé gli slavi orientali nella Moscovia, ribattezzata Russia alla fine del XVII sec. Con la caduta di Costantinopoli in mano turca nel 1453, avendo Ivan III sposato la Principessa di Costantinopoli Sofia Paleologo, Mosca divenne il cuore della Cristianità ortodossa (la Terza Roma), e l’Ortodossia uno dei pilastri dello stato russo. A fregiarsi dell’appellativo zar (cesare), per recuperare la tradizione imperiale bizantina, fu Ivan IV il Terribile, alla cui morte si estinse la dinastia dei Rjurikidi. Dopo un periodo di anarchia all’inizio del XVII sec. (età dei Torbidi), l’Assemblea (Duma) dei Boiardi (la nobiltà russa) elesse zar Michele III Romanov, capostipite della dinastia che regnò fino al 1917. Nel 1649 fu ufficialmente sanzionata da Alessio I la servitù della gleba, introdotta gradualmente a partire dal XV sec, inversamente a quanto accadde nell’Europa occidentale, che proprio in quegli anni stava completando il processo di emancipazione delle masse contadine. La Russia che si affacciava al Settecento risultava un’entità statale autocratica, teocratica, con una forte nobiltà e delle masse contadine ferme ad un regime medievale. A riformarla fu Pietro I il Grande (il cui nome deriva dal greco petros, pietra), fondatore della Russia moderna e di tutte le sue contraddizioni. Figlio dello zar Alessio I, Pietro prese il pieno controllo del governo nel 1696 e, in ventinove anni di regno, riuscì a cambiare volto al proprio paese. In Russia tutti i fatti politici, avvenuti prima e dopo il suo regno, si possono misurare prendendo la sua opera come temine di paragone. Fu lui a dare inizio all’espansione russa verso Occidente, mirando a conquistare uno sbocco sul Mar Baltico e sul Mar Nero. Prima di Pietro il principale porto russo era quello della città di Arcangelo, sul Mare del Nord, che risultava estremamente limitante per i commerci a causa del ghiaccio che impediva la navigazione durante i mesi invernali. Nel 1696 Pietro riuscì a conquistare la città di Azov sul Mar Nero, che dovette però abbandonare nel 1711 dopo la sconfitta di Stănileşti contro l’esercito ottomano. Nel 1703, dopo la vittoriosa battaglia con gli svedesi, il tanto agognato sbocco sul Mar Baltico fu conquistato da Pietro nella regione dell’Ingria dove, alla foce del fiume Neva, fondò la città di San Pietroburgo, la nuova e moderna capitale russa, per la cui costruzione volle architetti occidentali (tra cui l’italiano Quarenghi). Il trionfo fu completato nel 1721 quando, col Trattato di Nystad, la Russia ottenne, dopo un decennio di guerre con la Svezia, l’Estonia, la Livonia e la Carelia. Pietro fu il primo zar ad intraprendere una laicizzazione della società russa, i cui bioritmi erano scanditi dalle ricorrenze Ortodosse. Per soppiantare la figura Patriarca istituì il Santo Sinodo, un kollegija di nomina zarista, che divenne il vertice della Chiesa ortodossa. Considerando la Chiesa un ostacolo sulla via della modernizzazione, tentò altresì di limitarne l’influenza sulla società: l’obbligo imposto alla popolazione di tagliarsi le lunghe barbe, uno dei caratteri distintivi degli Ortodossi, era un messaggio inequivocabile. A livello economico cercò di creare, coinvolgendo profondamente lo Stato, un ceto imprenditoriale capace di produrre capitale, riuscendo ad ottenere una rapida crescita dell’economia nazionale. Tutto ciò scontentò profondamente tanto la nobiltà, che vedeva nella modernizzazione una minaccia concreta ai propri privilegi, quanto la Chiesa ortodossa: i due soggetti, in sostanza, sui quali si era appoggiato per secoli il potere zarista. CONTINUITA’ E MUTAMENTO: Pietro viene ricordato come un modernizzatore, che mutò equilibri consolidati e diede inizio all’integrazione con le grandi potenze europee. Dopo il suo Regno, l’ascesa della Russia a Grande Potenza fu inarrestabile, ma si verificò una divisione di pensiero tra coloro che volevano una crescita della nazione coerente con le tradizioni russe e chi guardava alle società occidentali come modelli da imitare. Queste due anime si trasformarono in ideologie coerenti durante l’Ottocento, quella occidentalista e quella slavofila: se i primi esaltavano la figura di Pietro il Grande, i secondi la deprecavano perché aveva sviato e corrotto lo sviluppo “naturale” della nazione russa. Ancora oggi queste due anime sono ben visibili.

Page 14: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

14

14 14

CARLO V: Carlo d'Asburgo (Gand, 24 febbraio 1500 – Cuacos de Yuste, 21 settembre 1558) è stato Imperatore del Sacro Romano Impero come Carlo V, Re di Spagna, Re di Sicilia, Re di Sardegna come Carlo I, Re di Napoli come Carlo IV, e Duca di Borgogna come Carlo II. È stato una delle più importanti figure della storia dell'Europa, padrone di un impero talmente vasto ed esteso, su due continenti, che gli viene tradizionalmente attribuita l'affermazione secondo cui sul suo regno non tramontava mai il sole. Carlo, come Re di Spagna, era affiancato da un Consiglio di Stato che esercitava una notevole influenza sulle decisioni regie. Il Consiglio di Stato era composto di otto membri: un italiano, un savoiardo, due spagnoli e quattro fiamminghi. Nel corso del suo governo Carlo V raccolse anche molti successi, ma certamente la presenza di altre realtà contemporanee e conflittuali con l'Impero, come il Regno di Francia e l'Impero ottomano, insieme con le ambizioni dei principi tedeschi, costituirono l'impedimento più forte alla politica dell'Imperatore che tendeva alla realizzazione di un governo universale sotto la guida degli Asburgo. Carlo si oppose sempre ai tentativi dell'Imperatore di ricondurre la Francia sotto il controllo dell'Impero. Questa opposizione egli la esercitò mediante numerosi e sanguinosi conflitti. Da ricordare, al proposito, è la battaglia di Pavia (1525). Così come l'Impero ottomano di Solimano il Magnifico, che, con le sue mire espansionistiche verso l'Europa centrale, costituì sempre una spina nel fianco dell'Impero. Infatti, Carlo V fu costretto a sostenere diversi conflitti anche contro i Turchi; spesso su due fronti contemporaneamente: ad oriente contro gli ottomani e ad occidente contro i francesi. Su entrambi i fronti Carlo uscì vittorioso, sebbene non tanto per merito suo quanto dei suoi luogotenenti. Vittorioso, sì, ma dissanguato economicamente, soprattutto perché agli enormi costi delle campagne militari si aggiungevano i faraonici costi per il mantenimento della sua corte nella quale egli aveva introdotto il lusso sfrenato delle usanze borgognoni. Per tutto il corso della sua vita, Carlo V dovette affrontare anche i problemi sollevati prima in Germania e, subito dopo, anche in altre parti del suo Impero e nell'Europa in generale, dalla neonata dottrina religiosa dovuta al monaco tedesco Martin Lutero, in opposizione alla Chiesa cattolica. Tali problemi si manifestarono non soltanto nelle dispute dottrinali, ma sfociarono anche in conflitti aperti. Carlo, che sul piano religioso si autoproclamava il più strenuo difensore della Chiesa cattolica, non fu in grado né di sconfiggere la nuova dottrina, né, tanto meno, di limitarne la diffusione. Tant'è che due Diete, quella di Augusta del 1530 e quella di Ratisbona del 1541, si conclusero con un nulla di fatto, rinviando ogni decisione sulle dispute dottrinali a un futuro concilio ecumenico. CARLO V E IL SACCO DI ROMA: Il sacco di Roma avvenne il 6 maggio 1527 da parte delle truppe dei lanzichenecchi, i soldati mercenari tedeschi arruolati nell'esercito dell'Imperatore Carlo V d'Asburgo. Il tragico evento, caratterizzato dalla brutalità e dalla violenza incontrollata dei lanzichenecchi, segnò un momento importante delle lunghe guerre per il predominio in Europa tra il Sacro Romano Impero e il Regno di Francia, alleato con lo Stato della Chiesa guidato dal Papa Clemente VII. La devastazione e l'occupazione della città di Roma sembrarono confermare simbolicamente il declino dell'Italia in balia degli eserciti stranieri e l'umiliazione della Chiesa cattolica impegnata a contrastare anche il movimento della Riforma luterana sviluppatosi in Germania. Le soldataglie germaniche devastarono e saccheggiarono completamente la città, distruggendo tutto ciò che era possibile e costringendo il Papa a rifugiarsi in Castel Sant'Angelo. Questa vicenda è tristemente nota come il "sacco di Roma". I fatti suscitarono moti di sdegno talmente aspri in tutto il mondo civile, da indurre Carlo V a prendere le distanze dai suoi mercenari e a condannarne fermamente l'operato, giustificandosi col fatto che essi avevano agito senza il controllo del loro comandante ,che era dovuto rientrare in Germania per motivi di salute. La nobiltà romana mal sopportava un Papa Medici, quindi chiese al giovane imperatore di inviare delle truppe mercenarie per indurlo a rinunciare. Alcune famiglie romane finanziarono la spedizione. A Mantova, i Lanzichenecchi acquistarono segretamente i cannoni da Alfonso d'Este duca di Ferrara, che poi furono costretti a vendere a Livorno perché non arrivarono i finanziamenti pattuiti. All'arrivo a Roma i Lanzichenecchi erano allo stremo, male armati e devastati dalla peste, che poi diffusero in tutta Europa. Dopo un assedio reso vano dalla mancanza di bocche da fuoco, per una situazione fortuita, riescono a penetrare dalla sponda nord del Tevere. Il Papa che non si era arreso al loro arrivo, riuscì a rifugiarsi in Castel Sant'Angelo grazie al sacrificio della guardia nobile. L'orda dei Lanzichenecchi si gettò su Trastevere saccheggiandolo, con stupri, omicidi, violenze ai danni di nobili, popolo e clero. I Romani cercano allora di distruggere il ponte Sublicio per impedire l’invasione dell'altra sponda. Scoppiò una lotta tra i romani e i trasteverini di cui approfittarono i Lanzichenecchi per dilagare nella città. Si dice che, prima di saccheggiare i palazzi, controllassero se la famiglia avesse pagato il loro ingaggio. Il saccheggio fu feroce, efferato, reso crudele dall’appartenenza dei soldati al luteranesimo. Lo stesso imperatore si mostrò addolorato. L'assedio si arricchì di aneddoti ,come il famoso colpo di archibugio del Cellini, dai bastioni di Castel Sant'Angelo. A parziale delle vicende romane,

Page 15: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

15

15 15

Carlo V si impegnò a ristabilire a Firenze la Signoria della famiglia Medici, di cui egli era membro, ma quella che doveva essere una veloce operazione delle truppe imperiali rimase nella memoria come un lungo assedio, concluso da una sofferta vittoria LUIGI XIV: Luigi XIV di Borbone, detto il Re Sole (Le Roi Soleil) o Luigi il Grande (Saint-Germain-en-Laye, 5 settembre 1638 – Versailles, 1º settembre 1715), è stato un membro della casata dei Borbone nonché il sessantaquattresimo re di Francia e quarantaquattresimo di Navarra; regnò per oltre settanta anni, dal 14 maggio 1643, quando aveva meno di cinque anni, fino alla morte nel 1715. Per la sua durata, il regno di Luigi XIV è al 12º posto nella classifica dei regni più lunghi della Storia. Fu il primogenito di Luigi XIII (figlio di Enrico IV e di Maria de' Medici) e di Anna d'Austria (figlia del re Filippo III di Spagna). Alla morte del cardinale Mazzarino nel 1661 prese personalmente il potere senza nominare alcun primo ministro. La sua presa di potere segnò la fine delle grandi rivolte nobiliari, parlamentari, protestanti e contadine che avevano segnato i decenni precedenti. Il monarca impose l'obbedienza a tutti gli ordini della popolazione e il controllo anche sulla religione, condannando il giansenismo nel 1660 ed il protestantesimo, revocando l'Editto di Nantes nel 1685. Durante il suo regno rafforzò l'influenza della Francia in Europa e nel mondo, combattendo tre grandi conflitti; ma oltre che militarmente, la cultura francese fu sovrana in Europa durante il suo lungo regno. Convinto assertore di una monarchia di tipo assolutistico e della legittimità dei diritti divini del monarca, regnò comunque sempre nell'interesse della Francia. Continuò l'opera dei suoi predecessori nel tentativo di creare uno stato sempre più centralizzato governato direttamente dalla capitale, Parigi. Cercò di eliminare gli ultimi resti dell'antico feudalesimo medievale persistente in alcune parti della Francia con il trasferimento dal 1682 della corte intera alla Reggia di Versailles, il grande palazzo da lui fatto realizzare in aperta campagna con il preciso scopo di incantare l'aristocrazia francese e costringerla a vivere lontana dalla vera politica che si dibatteva nella capitale. Con questi mezzi consolidò il sistema della monarchia assoluta in Francia che perdurò sino alla Rivoluzione Francese. Alla sua morte, a soli pochi giorni di distanza dal suo settantasettesimo compleanno, Luigi venne succeduto dal suo pronipote di appena cinque anni, Luigi XV, dal momento che tutti gli eredi intermedi gli erano premorti: suo figlio Luigi, il Gran Delfino, il primogenito del delfino Luigi, duca di Borgogna e anche il figlio di questi, Luigi duca di Bregagna (fratello maggiore di Luigi XV). LUIGI XVI: Luigi XVI di Borbone (Versailles, 23 agosto 1754 – Parigi, 21 gennaio 1793) è stato re di Francia dal 1774 al 1792; dal 1º ottobre 1791 regnò con il titolo di "re dei Francesi" fino al 10 agosto 1792, giorno della sua deposizione. Inizialmente amato dal popolo, sostenne la guerra d'indipendenza americana, ma non fu in grado di comprendere appieno gli eventi successivi in patria. Durante la Rivoluzione venne chiamato Luigi Capeto, in quanto discendente di Ugo Capeto, fondatore della dinastia, nell'intenzione di dissacrarne lo status di re, e soprannominato derisoriamente Louis le Dernier (Luigi l'Ultimo; in realtà non sarà l'ultimo re di Francia, onore che spetterà a Luigi Filippo, figlio di suo cugino Luigi Filippo II di Borbone-Orléans). Dopo la deposizione, l'arresto e l'instaurazione della Repubblica, fu giudicato colpevole di alto tradimento dalla Convenzione nazionale, venendo condannato a morte e ghigliottinato il 21 gennaio 1793. LA RIVOLUZIONE INGLESE: La guerra civile inglese (conosciuta anche come rivoluzione inglese o prima rivoluzione inglese) fu un conflitto civile combattuto in Gran Bretagna tra il 1642 e il 1651, nell'ambito delle cosiddette Guerre dei tre regni.. Nel 1628 Carlo I per sostenere le spese necessarie all'appoggio militare in Olanda contro la Spagna, convocò il Parlamento. I parlamentari però, invece di concedere sussidi al re, gli chiesero conto di tutte le illegalità commesse, chiedendogli di firmare la cosiddetta Petizione dei Diritti (Petition of Right) con la quale si decretava che ogni imposizione fiscale dovesse essere approvata dal Parlamento stesso, mentre altre pratiche - quali i prestiti forzosi, l'arruolamento obbligato, gli arresti immotivati (contro l'Habeas Corpus della Magna Charta Libertatum) - venivano dichiarate illegali. Per questo motivo il re sciolse il Parlamento appena un mese dopo la riconvocazione. Durante i dieci anni d'assenza del Parlamento, Carlo I, sostenuto dall'arcivescovo di Canterbury William Laud e dal Consiglio della Corona, tentò di racimolare denaro attraverso l'imposizione di nuovi tributi, come ad esempio lo ship money - esteso non più soltanto alle città portuali - e combatté strenuamente il puritanesimo, applicando una pesante censura ai testi religiosi allora in circolazione. Tentò inoltre di diffondere l'Anglicanesimo in Scozia, regione di fede calvinista, provocando una rivolta. Carlo I si trovò costretto a convocare il Parlamento per chiedere l'approvazione di ulteriori tasse necessarie a formare un esercito da inviare contro gli insorti. Ciò avvenne il 13 aprile 1640, ma il 5 maggio dello stesso anno, a causa delle proteste dei parlamentari, il monarca sciolse l'assemblea. Il re cercò di liberarsi dei parlamentari che gli erano più ostili ma questi, avvertiti in tempo, riuscirono a salvarsi (anche con l'appoggio della popolazione di Londra, sempre più insofferente all'atteggiamento di Carlo I). Scoppiò così una guerra civile tra

Page 16: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

16

16 16

monarchici e parlamentari (soprannominati Roundheads - teste rotonde - dai loro avversari perché portavano capelli piuttosto corti paragonati a quelli delle truppe del re). La guerra (1642-1660) all'inizio vide prevalere i monarchici, ma dopo breve tempo la situazione si capovolse. Il re, disperato, tentò di negoziare con gli scozzesi, i quali lo arrestarono e lo vendettero ai parlamentari. Il re riuscì però a fuggire e la guerra continuò ancora per un anno. Alla fine vinsero i parlamentari. Il leader di questi ultimi, Oliver Cromwell (1599-1658), espulse dal parlamento i seguaci del re. Il parlamento condannò a morte il sovrano e fu proclamata la repubblica inglese o Commonwealth , di cui Cromwell assunse la guida con il titolo di Lord Protettore del Regno. Il re, processato e condannato per alto tradimento, il 30 gennaio 1649 fu decapitato: cadde così il principio del diritto divino dei sovrani e nacque un nuovo principio, quello della sovranità popolare. Con la scomparsa di Cromwell (1658) venne a mancare un leader alla rivoluzione inglese: suo figlio, che gli succedette, non riuscì a sostituire degnamente la figura paterna. Apparve necessaria, perciò, la restaurazione di un ordine politico più solido. Un esercito guidato da George Monck, uomo che fu fedele a Cromwell, marciò su Londra e restituì i poteri al Parlamento. Carlo II Stuart, figlio di Carlo I, rientrò in Inghilterra dall'esilio olandese: la monarchia, la Camera dei Lord e la Chiesa anglicana furono così restaurate. La ricostituzione dei tre pilastri del potere, tuttavia, non significò affatto un ritorno puro e semplice al passato: grazie al potere che il Parlamento aveva rivendicato, in reazione alla politica di accentramento posta in atto da Giacomo I e Carlo I, e dopo la condanna a morte di quest'ultimo, l'Inghilterra non vide mai più sovrani assolutisti sul proprio trono. LA MONARCHIA COSTITUZIONALE: La monarchia costituzionale è la forma di governo che storicamente nasce dal passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale e può essere considerata dunque come il primo passo per il passaggio da un governo a monarchia assoluta ad un governo democratico propriamente detto. Nella monarchia costituzionale il sovrano regna, governa, ha poteri limitati e stabiliti da una costituzione, ma tuttavia più vasti di quelli di cui godrebbe in una monarchia parlamentare. La funzione legislativa è esercitata collettivamente dal Sovrano e dal Parlamento; il Sovrano è anche titolare del potere esecutivo, che viene però affidato ad un Governo, che dipende dal volere del Monarca (ne è un esempio l'Impero Tedesco, o quello Giapponese e, seppur in minor misura, anche il Regno d'Italia). Al Sovrano spettano inoltre poteri rappresentativi e quelli di nomina di altre cariche, come quelle della magistratura. Il Monarca concorre alla prassi legislativa attraverso il potere di nomina dei membri di una delle due Camere del Parlamento – si tratta della Camera alta che ha, tuttavia, in genere poteri più ristretti, rispetto a quella eletta dal popolo; inoltre, a seconda delle costituzioni, il monarca può conservare un potere di veto, parziale o assoluto, all'atto della promulgazione delle leggi; oggi, per esempio, senza la firma del Granduca, nessuna legge può entrare in vigore nel Lussemburgo: egli dispone di un diritto di veto assoluto, sebbene il Granducato si configuri più come una monarchia parlamentare che costituzionale. Il potere giudiziario, infine, viene amministrato da un corpo di funzionari a ciò preposti, i giudici, la cui indipendenza è garantita dal Sovrano; essi amministrano la giustizia in suo nome. In questa formula, come si vede, il Capo del Governo non è che un fiduciario del Sovrano; pertanto, l’eventuale voto di sfiducia da parte del Parlamento non può determinarne la caduta. La naturale evoluzione della monarchia costituzionale è la monarchia parlamentare, in cui la figura del Re funge da garante della costituzione e dell'unità nazionale - come ad esempio in Spagna ed in Gran Bretagna - rendendosi assimilabile alla figura del presidente di una Repubblica parlamentare. In Italia le prime Carte Costituzionali si ebbero con i Borbone, nel regno delle Due Sicilie: nel 1812 venne promulgato il primo Statuto a Palermo, poi a Napoli nel 1820 e, sempre a Napoli, nel 1848 (l'anno dei grandi fermenti rivoluzionari). La Costituzione venne tuttavia ritirata e promulgata per più volte, non agendo mai completamente e rimanendo più teorica che pratica. Sull'esempio di quella napoletana, nel 1848 anche la monarchia Sabauda divenne costituzionale con Carlo Alberto: la Costituzione del Regno di Sardegna prese il nome di Statuto albertino. Lo stesso "Statuto" fu poi di fatto la prima costituzione del Regno d'Italia dal 1868 fino al 1948, anno nel quale l'Italia divenne una repubblica. La natura flessibile dello Statuto rese possibile la trasformazione della monarchia costituzionale italiana in una monarchia parlamentare ma anche, in seguito, la formazione dello Stato fascista. LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (1700-1750): Si tratta di un cambiamento epocale dei processi produttivi che interessò principalmente i settori tessili e metallurgici. Come accade in molti processi storici, per la rivoluzione industriale non esiste una data di inizio certa, anche se l'invenzione cardine è quella del motore a vapore. Ogni mutamento profondo dell'economia è però influenzato dalle trasformazioni precedenti e così la Rivoluzione industriale viene considerata da alcuni studiosi come l'ultimo momento di una serie di cambiamenti che hanno trasformato l'Europa da terra povera, sottosviluppata e poco popolata all'inizio del Medioevo, nella zona più ricca e sviluppata del mondo nel corso dell'Ottocento. L'accumulo di capitale incamerato in seguito ai commerci e la disponibilità di ingenti quantità di acciaio e carbone nei paesi del Nord,

Page 17: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

17

17 17

facilmente trasportabili attraverso una fitta rete di canali navigabili, resero possibili gli investimenti necessari alla creazione delle prime fabbriche. Da un punto di vista economico, l'elemento che caratterizza la Rivoluzione industriale è il salto di qualità nella capacità di produrre beni, cui si assiste in Gran Bretagna, a partire dalla seconda metà del Settecento. Più precisamente la crescita dell'economia inglese nel periodo 1760-1830 è la più alta registrata fino a quel momento. In altri paesi il processo di industrializzazione è analogamente origine, in epoche successive, di elevati tassi di crescita dell'economia. Sostanzialmente, la Rivoluzione industriale ha costituito l'approdo a cui ha portato l'aumento di conoscenze scientifiche sul mondo naturale, e sulle sue caratteristiche, derivante dalla Rivoluzione scientifica. Fu infatti il nuovo Metodo scientifico iniziato dall'italiano Galileo Galilei a portare ad un sensibile (e senza precedenti) aumento delle conoscenze che gli Europei avevano sulla natura, ed in particolar modo sui materiali e le loro proprietà. Condizioni particolarmente favorevoli nell'Inghilterra dell'epoca consentirono poi a tali conoscenze scientifiche di tramutarsi in conoscenze tecniche e tecnologiche, finché esse cominciarono ad essere applicate nelle prime fabbriche tessili e nell'industria siderurgica per una produzione di ferro ed acciaio che non ebbe paragoni nella precedente storia dell'umanità. Dal punto di vista tecnologico la Rivoluzione industriale si caratterizza, come già detto, per l'introduzione della macchina a vapore. Nella storia dell'umanità il maggior vincolo alla crescita della produzione di beni è infatti quello energetico. Per molti secoli l'umanità si trova a disporre soltanto dell'energia meccanica muscolare offerta dal lavoro di uomini e animali, e questo oltre a tutti i problemi che ne derivavano non dava la possibilità di incrementare la produzione essendo legati al lavoro manuale. La progressiva introduzione, a partire dal Medioevo, del mulino ad acqua e del mulino a vento rappresenta la prima innovazione di rilievo. L'energia abbondantemente offerta dalla macchina a vapore viene applicata alle lavorazioni tessili, rendendo possibile una più efficiente organizzazione della produzione grazie alla divisione del lavoro e allo spostamento delle lavorazioni all'interno di fabbriche appositamente costruite, nonché alle estrazioni minerarie e ai trasporti. Le attività minerarie beneficiano della forza della macchina a vapore nella fase di estrazione dell'acqua dalle miniere, permettendo di scavare a maggiore profondità, come anche nel trasporto del minerale estratto. I primi vagoni su rotaia servono a portar fuori dalle miniere il minerale, poi a portarlo a destinazione. Solo in un secondo tempo il trasporto su rotaia si converte nel trasporto di passeggeri. La rivoluzione industriale ha prodotto effetti non solo in campo economico e tecnologico, ma anche un aumento dei consumi e della quota del reddito, dei rapporti di classe, della cultura, della politica, delle condizioni generali di vita, con effetti espansivi sul livello demografico. LA GUERRA DEI SETTE ANNI: si svolse tra il 1756 e il 1763 e coinvolse le principali potenze europee dell'epoca: la Gran Bretagna, la Prussia, la Francia, l'Austria e la Russia, nonché la Spagna nelle fasi finali. Winston Churchill nel suo "Storia dei popoli di lingua inglese" la definì come la prima vera guerra mondiale, poiché fu il primo conflitto della storia su scala davvero mondiale. Fu infatti combattuto non solo sul territorio europeo ma contemporaneamente anche nelle Americhe, in Asia e in Africa occidentale, dove le potenze europee avevano dei possedimenti coloniali. A differenza delle precedenti guerre di successione settecentesche, quella detta dei sette anni ebbe caratteri davvero moderni. Le parti in conflitto si trovarono ad impegnare completamente le proprie risorse, tanto che la lotta venne proseguita ad oltranza, anche quando le prospettive di guadagni territoriali erano minime. Oltre alla mera occupazione di territori, furono obiettivi primari la distruzione degli eserciti nemici e il dominio commerciale, cui miravano in special modo Gran Bretagna e Francia con la lotta sui mari e nelle colonie. Da un lato vi era la coalizione formata da Francia, Austria, Russia, Svezia, Sassonia, Spagna e Polonia, dall'altro l'alleanza fra Gran Bretagna e Prussia, la nuova potenza europea emergente, che disponeva di una formidabile macchina da guerra e, soprattutto, di un grande e ambizioso condottiero, il re Federico II. Il conflitto segnò la definitiva affermazione della Prussia come potenza continentale e della Gran Bretagna come principale potenza marittima e coloniale, in special modo in America Settentrionale e in India. Confermò anche il ruolo rilevante che nella politica europea aveva oramai il gigante russo. Per quanto riguarda la Francia e l’Inghilterra, il conflitto interessò le colonie d’America dei due Paesi, e si concluse con una vittoria di misura dell’Inghilterra, che conquistò a caro prezza risorse e territori chiave senza lasciando alla Francia il controllo dei suoi maggiori possedimenti. Ciononostante, quest’ultima si sentì umiliata e cominciò a covare propositi di vendetta che avrebbe attuato poco dopo, nel periodo della rivoluzione americana, appoggiando gli insorti delle colonie inglesi. LA RIVOLUZIONE AMERICANA: La guerra d'indipendenza americana, denominata anche Rivoluzione americana (in inglese: American War of Independence, American Revolutionary War o American Revolution) o guerra d'America (in francese: guerre d'Amérique), fu il conflitto che, tra il 1775 e il 1783, oppose le tredici colonie nordamericane, diventate successivamente gli Stati

Page 18: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

18

18 18

Uniti d'America, alla loro madrepatria, il Regno di Gran Bretagna. A partire dal 1778 la guerra, iniziata come ribellione indipendentistica locale, si trasformò in un conflitto globale tra le grandi potenze europee per il predominio sui mari e nei territori coloniali. La Francia entrò in guerra a fianco degli americani e, in alleanza anche con la Spagna e le Province Unite, cercò di sfidare il predominio britannico e di ottenere la rivincita dopo la sconfitta nella guerra dei sette anni. La Gran Bretagna invece poté rafforzare il suo corpo di spedizione in America reclutando numerosi contingenti di truppe mercenarie tedesche, i cosiddetti Assiani, forniti, dietro compenso in denaro, dall'Assia-Kassel, dall'Elettorato di Hannover e da altri piccoli stati tedeschi. Dopo alterne vicende, la sconfitta britannica a Yorktown contro le forze franco-americane guidate dal generale George Washington e dal generale Jean-Baptiste de Rochambeau, segnò una svolta decisiva della guerra. Il trattato di Parigi, firmato nel 1783, pose ufficialmente fine al conflitto, già concluso di fatto tra il 1781 e il 1782. Con la pace, gli Stati Uniti furono riconosciuti dal Regno Unito, che dovette cedere alla Francia il Senegal, Santa Lucia e Tobago, alla Spagna la Florida e Minorca e alle Province Unite le sue colonie asiatiche. La Francia tuttavia, nonostante alcuni successi, non riuscì a strappare alla Gran Bretagna il dominio dei mari e la corona britannica mantenne il possesso delle Antille, del Canada e di buona parte dell'India. LE PREMESSE: Londra esigeva che i sudditi americani contribuissero al pagamento delle spese del vasto "impero" nord-americano. Dopo la guerra dei sette anni, infatti, l'Inghilterra si trovava in serie difficoltà economiche (crisi finanziaria) a cui tentò di porre rimedio con due fondamentali provvedimenti: lo Sugar Act (che imponeva alti dazi sui prodotti di importazione dalla madrepatria alle colonie) e lo Stamp Act (che imponeva un bollo sui documenti ufficiali e sui giornali); inoltre la madre patria ribadiva il proprio monopolio industriale vietando di fatto lo sviluppo autonomo delle colonie, preoccupandosi, com'era ovvio, non tanto dei loro particolari interessi, quanto degli interessi globali dell'impero. Né da una parte né dall'altra esisteva di fatto un'aperta volontà di scontro e le colonie servivano come pura fonte di materie prime utili allo sviluppo inglese. Se si giunse alla completa rottura fra le colonie e la madrepatria, alla Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America e alla guerra, fu perché agivano ragioni profonde e oggettive da individuare come cause reali della rivoluzione americana: le colonie non si sarebbero potute sviluppare sino a diventare il primo nucleo degli Stati Uniti d'America, se fossero rimaste inquadrate e soffocate nell'organizzazione monarchica inglese. Fin dal 1743, Benjamin Franklin aveva proposto d'inventariare le risorse agricole, minerali, industriali che la scienza avrebbe permesso di mettere a buon frutto. George Washington, per quanto appartenente a una famiglia di ricchi proprietari di piantagioni della Virginia, aveva esperienza sufficiente per ragionare non nei termini provinciali del profondo Sud, ma secondo prospettive globali di sviluppo. Nel 1773 la Compagnia britannica delle Indie orientali ottenne dal Parlamento il diritto di vendere in esclusiva, e mediante i suoi stessi agenti, il tè che essa importava dalla Cina, tagliando fuori gli intermediari americani che avevano fino ad allora goduto di un ampio e fruttuoso giro di affari. commercianti americani di tè, sostenuti dall'opinione pubblica e dalle organizzazioni popolari dei Figli della libertà (Sons of Liberty), organizzarono di rimando il boicottaggio delle merci inglesi: questa azione culminò in un episodio particolarmente clamoroso, quando alcuni Figli della libertà, travestiti da Indiani, assalirono le navi della Compagnia alla fonda nel porto di Boston e gettarono in mare il carico di tè (episodio noto come Boston Tea Party, del 16 dicembre 1773). Il re Giorgio III e il governo di Londra reagirono violentemente ai fatti di Boston: nell'aprile 1774 vennero approvate quattro disposizioni legislative che divennero subito famose in America come le «Quattro leggi intollerabili (Intolerable Acts)». L’INIZO DELLA GUERRA: La situazione ebbe una svolta il 17 maggio 1774 quando, in risposta alle dure misure legislative del Parlamento britannico e all'arrivo a Boston del generale Thomas Gage come governatore e nuovo comandante in capo con pieni poteri, il Rhode Island per prima propose alle altre colonie di convocare un grande congresso di tutte le colonie. n America era ormai in corso un processo di radicalizzazione del confronto; mentre i cosiddetti "comitati di corrispondenza" si impegnavano a diffondere i sentimenti di ribellione e opposizioni in tutte le colonie, aveva avuto inizio la mobilizzazione delle milizie volontarie; soprattutto negli stati del New England si procedeva al reclutamento e addestramento dei miliziani e all'accumulo di polvere da sparo. l primo scontro tra le truppe regolari britanniche e le milizie del New England avvenne nell'aprile del 1775 nelle cittadine di Lexington e Concord con esiti negativi per gli Inglesi, che si ritirarono. I britannici, a cui si era unita un'altra colonna, si trovarono in grande difficoltà durante il percorso di ritorno e subirono continui attacchi. Il 19 aprile 1775, i soldati britannici riuscirono finalmente a rientrare a Boston dopo aver subito perdite molto più pesanti dei miliziani. Il 23 agosto 1775 Giorgio III prese la decisione formale di dichiarare con un apposito proclama lo "stato di ribellione" delle colonie; nel proclama si ordinava alle forze armate britanniche di reprimere con la forza la ribellione e di punire gli insurgents (insorti), autori, esecutori e complici di quei disegni proditori. Nei mesi seguenti la situazione degenerò definitivamente in guerra aperta.

Page 19: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

19

19 19

Il generale George Washington, ricco piantatore virginiano e in precedenza militare comandante delle milizie del suo stato, era il comandante dell'Esercito Continentale; privo di una specifica preparazione ma intelligente e perspicace, Washington si dimostrò fin dall'inizio un comandante autorevole e rigoroso divenendo in breve il principale sostegno dell'esercito. Il generale era anche dotato di una forte determinazione, di una mente fredda e di un carattere solido che lo avrebbero messo in grado di sopportare le enormi difficoltà che nel corso degli anni avrebbe dovuto affrontare; Washington era completamente disinteressato e rifiutò di ricevere uno stipendio per il suo incarico. La differenza principale che emerse tra le tattiche adottata da Washington e quelle dei generali britannici fu quella della mobilità delle truppe. Le truppe britanniche erano addestrate, tenaci e coraggiose, ma utilizzavano le classiche tattiche della guerra settecentesca, che prevedevano lo spostamento di truppe pesantemente equipaggiate seguite dai carriaggi, l'avvicinamento al nemico e la carica alla baionetta dopo alcune raffiche. I reparti americani regolari, i cosiddetti continentals, invece, non essendo addestrati al combattimento di fila e con la baionetta, utilizzarono tecniche flessibili con rapidi movimenti sul campo di battaglia, mentre i miliziani erano impiegati soprattutto per attaccare i fianchi e le vie di comunicazione del nemico e per compiere imboscate. Il 4 luglio, a Filadelfia, fu infine promulgato lo storico documento d'indipendenza approvato dai delegati delle Tredici colonie: New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud e Georgia andarono a costituire un nuovo Stato, gli Stati Uniti d'America. Per festeggiare la nascita fu suonata la Liberty Bell. Il corpo di spedizione, il più grande che fosse mai stato organizzato e impegnato nella storia britannica, era ora costituito da circa 24.000 uomini guidati dal generale Howe, mentre il fratello, l'ammiraglio Richard Howe, era giunto il 12 luglio 1776 per assumere il comando supremo della squadra navale nelle acque americane. Mentre Howe stava conquistando New York il governatore canadese Guy Carleton ed il suo aiutante John Burgoyne attaccarono il forte Ticonderoga con l'intento di dividere gli Stati Uniti in due e di conquistare la zona settentrionale. Dal 1775 al 1781 si combatterono, con alterne vicende, le battaglie di Trenton, Bosto, Princeton, Filadelfia, Saratoga, New York, Yorktown. Vi fu anche una campagna canadese. I nativi americani si scontrarono più volte con i coloni, mentre la Francia entrò in guerra al loro fianco gtrazie all’azione diplomatica di Benjamin Franklin. L’Inghilterra, pur mantenendo un margine di vantaggio, si trovò a subire pesanti perdite, militari ed economiche, che provocarono incertezza e conflitti interni.. Dopo la battaglia di Yorktown (1781) la situazione vedeva avvantaggiati gli inglesi a nord e ad ovest mentre gli statunitensi erano in vantaggio a sud. Tatticamente la guerra poteva essere rimessa in discussione da parte inglese ma il fronte interno del paese cedette. Gli effetti della guerra sull'economia erano stati disastrosi e l'opinione pubblica, cui erano state promesse facili vittorie, dovette scontrarsi con la realtà che faceva registrare pesanti sconfitte. Molti politici iniziarono a credere che, poiché l'Esercito Continentale era ormai appoggiato dalla maggior parte della popolazione, sarebbe stato impossibile mantenere il controllo degli Stati Uniti con la forza. Inoltre l'intervento della Spagna e del Regno di Francia avrebbe potuto togliere il controllo dei mari al Regno Unito. Gli scontri sul continente così terminarono mentre continuarono quelli sul mare, dove vinsero gli inglesi. Nell'estate del 1782 cessarono di fatto le ostilità anche se si dovette attendere il 3 settembre 1783 per la firma del trattato di Parigi. Il trattato stabilì l'acquisizione della sovranità da parte degli Stati Uniti per i territori ad est del Mississippi (esclusa la Florida e parte dell'attuale Louisiana, cedutie agli spagnoli) e la possibilità di continuare l'espansione verso ovest. La libera navigazione fu garantita grazie ad alcuni suggerimenti di Franklin e, nonostante l'inflazione fosse alta e la guerra avesse portato distruzione, vi erano possibilità di ripresa economica. Il Regno Unito, nonostante la sconfitta, rimase la più grande potenza marittima dell'epoca. La Spagna riuscì solo a riconquistare Minorca e a guadagnare alcuni possedimenti in Nordamerica, generando però una grave crisi politica che portò alla disgregazione del suo impero coloniale. Infine il Regno di Francia, pur conquistando il Senegal e Trinidad e Tobago, ponendo anche le basi per la conquista dell'Indocina francese, perse moltissime risorse per finanziare la guerra; la crisi derivante spianò la strada al successo della Rivoluzione francese. A causa della sconfitta inglese circa 170.000 lealisti emigrarono. Di questi 45.000 andarono in Canada contribuendo ad isolare la popolazione francofona mentre 70.000 ritornarono in Inghilterra. I restanti si stabilirono o nelle colonie francesi e spagnole dell'ovest o nei territori americani dove ancora non arrivava la giurisdizione statunitense. Non tutti i lealisti scelsero di emigrare e molti, che non si erano esposti, rimasero negli Stati Uniti. La perdita che ne derivò fu soprattutto qualitativa in quanto i lealisti avevano gusti europei, più raffinati di quelli americani, sull'arte, sulla cultura e sullo stesso stile di vita. Ad emigrare fu un'élite numerosa ed è opinione diffusa fra gli storici che, se questi fossero rimasti, la storia statunitense avrebbe potuto subire un altro corso (l'esempio utilizzato maggiormente è quello sul trattamento dei nativi: i lealisti vi simpatizzavano e vi stringevano

Page 20: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

20

20 20

alleanze mentre i "patrioti" li combattevano aspramente). I lealisti che rimasero sul suolo statunitense, pur subendo vendette personali e patendo anche qualche morto, non subirono quelle persecuzioni di massa che caratterizzarono la rivoluzione francese e quella russa. Dopo la ratifica della costituzione americana da parte di tutti i tredici stati federali, il collegio Elettorale degli Stati Uniti d'America avviò la procedura per la prima elezione del presidente. Il 4 febbraio 1789 George Washington divenne così il primo presidente degli Stati Uniti d'America e fu l'unico nella storia degli Stati Uniti ad essere eletto senza un unico voto contrario. FRANKLIN E GLI EBREI: Nel 1789 Benjamin Franklin apre, a sorpresa, la questione giudaica affermando pubblicamente che: “Esiste un grave pericolo negli Stati Uniti d'America. L'ebreo, ecco il pericolo. Signori, i giudei hanno depresso il livello morale ed hanno degradato l'onestà del commercio dovunque essi si siano stabiliti. Hanno creato uno Stato nello Stato, e quando sono oppressi tentano di strangolare finanziariamente la Nazione, come nel caso del Portogallo e della Spagna. Per più di diciassette secoli, essi si sono lamentati del loro penoso fato, cioè che erano stati scacciati dalla loro terra madre. Signori, se oggi il mondo civile restituisse loro la Palestina e le loro proprietà, essi immediatamente troverebbero la ragione di non tornarvi. (segue...) Perché? Perchè sono dei vampiri, e i vampiri non possono vivere sugli altri vampiri. Non possono vivere tra loro. Essi debbono vivere tra i cristiani ed altri che non appartengono alla loro razza. Se non saranno esclusi dagli Stati Uniti per mezzo della Costituzione, in meno di cento anni essi affluiranno in questo paese in tal numero che ci domineranno e ci distruggeranno, cambiando la nostra forma di governo per la quale noi americani abbiamo sparso del sangue e sacrificato la vita, la proprietà e la libertà personale. Se gli ebrei non verranno scacciati entro duecento anni, i nostri figli lavoreranno nei campi per riempire i loro portafogli mentre essi rimarranno negli uffici di contabilità strofinandosi giulivamente le mani. (segue...) Vi ammonisco, Signori, che se non escludete i giudei per sempre i vostri figli, e i figli dei vostri figli, vi bestemmieranno anche nella tomba dopo morti. Le loro idee non sono quelle degli americani, anche se dovessero vivere tra noi per dieci generazioni. Il leopardo non può cambiare le sue macchie. I giudei sono un pericolo in questo Paese, e se sarà loro permesso di entrarvi, esporranno a tremendo pericolo la nostra Costituzione. Essi dovrebbero essere esclusi per mezzo della nostra Costituzione". GLI STATI UNITI E LA MASSONERIA: Quali sono le origini della Massoneria Americana? Tutto ha inizio in Inghilterra: nel Settecento le gilde medievali degli scalpellini si trasformano in corporazioni guidate da uomini impegnati nel mondo politico che promuovevano gli ideali dell’illuminismo, scienza, ragione, uguaglianza e libertà di pensiero. Le società massoniche erano baluardi del razionalismo, dovevano agire nel segreto perché erano in contrasto con la Chiesa. Nel 1738 il papa Clemente XII emise la bolla In eminenti apostolatus, in cui minaccia di scomunica tutti gli esponenti della Massoneria. Senza dubbio, un eminente massone fu Benjamin Franklin, iniziato nel 1731 con un antico rituale templare di origine ebraica, consistente nella resurrezione fisica da una morte simbolica. La Massoneria si diffonde rapidamente nelle colonie trasformandosi in base ideologica di quella Rivoluzione che, animata da uomini come Paul Revee, avrebbe affrancato definitavemente tredici giovane colonie dalla Gran Bretagna. il 16 dicembre del 1773 un gruppo di coloni travestiti da indiani versò in mare l’intero carico di te delle navi attraccate al porto di Boston. Proprio in questo evento, il ruolo dei massoni fu importante: l’attacco contro le navi inglesi fu studiato a tavolino nella taverna del Drago Verde uno dei luoghi più frequentati dai fratelli massoni e che aveva ospitato precedentemente molti incontri che consentirono di pianificare l’attacco in ogni dettagli. Paul Revee, John Hancock e Joseph Warren furono i leader che parteciparono attivamente all’attacco “andandosi ad occupare del tè”. Questo attacco ordito contro la madre patria aveva portato in auge la figura del massone che diventa temuto in quanto aveva capito che l’uomo era dotato del libero arbitrio. Con la Rivoluzione in atto, Benjamin Franklin suggerisce una modifica fondamentale alla Dichiarazione di Indipendenza redatta da Thomas Jefferson, anch’egli fratello massone. La stesura originaria di Jefferson afferma che le verità della Dichiarazione di Indipendenza sono “sacre ed inviolabili”. Franklin, che proprio in quel momento è Gran Maestro della Loggia Massonica della Pennsylvania ottiene una modifica minima ma di grande impatto, affermando che l’ America massonica, in base ai principi dell’Illuminismo Francese, si regge sulla Ragione e nient’altro. Questo assunto deriva dal principio massonico in cui Dio è presente, ma risulta indifferenziato. Non e’è un Dio cristiano, ebraico, musulmano, né di altro tipo, ma esiste un Dio generico che la massoneria definisce Grande Architetto dell’Universo. I Massoni non sono cristiani, ma credono alla Provvidenza, adattandola all’uomo ed al suo impegno di vita. Dei cinquantatasei firmatari della Dichiarazione, nove erano dichiaratamente massoni,i incluso Hancock. Ma il più importante padre Fondatore Massone fu George Washington. Il fatto che Washington fosse massone è un fatto di enorme importanza. George Washington fu anche uno dei principali esponenti della massoneria in America durante il suo periodo. Fu iniziato il 4

Page 21: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

21

21 21

novembre 1752 nella Loggia "Fredericksburg" in Virginia, e divenne Maestro il 4 agosto 1753. Nel 1779 gli fu proposto il titolo di "Primo Worshipful Master" (Gran Maestro) della neonata Gran Loggia per tutti i Paesi del Commonwealth, proposta in un'assemblea delle logge della Virginia, ma egli rifiutò la carica perché preferì occuparsi dei problemi militari. Nell'aprile del 1788 fu eletto Maestro Venerabile della Loggia di Alexandria, in Virginia, nei pressi di Washington DC, e il 30 aprile 1789 gli fu conferito il titolo di Gran Maestro, carica che mantenne ed esercitò fino alla sua morte. Washington, con la guerra alle porte, trasforma quello che era un esercito inerme e malridotto in una armata imponente il cui addestramento culturale era svolto da logge infiltrate nell’esercito per inculcare al soldato i principi del nuovo stato che doveva essere figlio della Rivoluzione. Si è calcolato che bel in quaranta per cento degli ufficiali erano massoni e logge venivano create in campi militari per riunire confraternite. La guerra non inizia bene, Washington, da abile stratega, sa perfettamente che senza rinforzi la rivoluzione è destinata ad un clamoroso fallimento. Per evitare ciò, il confratello Franklin, che a Parigi è ambasciatore, convince il re di Francia a schierarsi a fianco dei ribelli. Franklin si adoperò attraverso le varie logge massoniche dove era molto ammirato e conosciuto tanto che proprio lui in persona accompagnò nel rito di iniziazione un certo Voltaire che contribuì alla stesura dell’Enciclopedia figlia della cultura illuministica e, probabilmente, massonica. Franklin aveva conoscenze molto radicate e utilizzò la sua fama di massone per trovare forze esperte in grado di sostenere l’esercito di George Washington: tutti volevano combattere agli ordini del Generale americano in nome di quegli ideali della Rivoluzione Americana che rispecchiavano fedelmente gli ideali della Massoneria e che si troveranno nella Rivoluzione Francese. L’appello fu accolto dal barone Friedrich Wilhelm von Stauben, massone, e dal marchese La Fayette, massone anche lui, che portò alla vittoria le truppe ribelli nella fondamentale battaglia di Yorktown nel 1783. Senza la guida della Massoneria, la rivoluzione sarebbe stata priva di quella forza non solo militare ed umana ma anche “spirituale” necessaria all’impresa, senza Massoneria la Rivoluzione Americana non avrebbe avuto successo. Fu solamente grazie ai Padri Fondatori massoni e a George Washington che la Massoneria divenne, agli occhi dell’opinione pubblica, serbatoio di patriottismo e nazionalismo. La vittoria contro la Gran Bretagna, libera definitivamente l’America dal giogo della madrepatria e nel 1789 Washington giura come primo Presidente degli Stati Uniti ponendo le mani su di una Bibbia portata da un confratello massone. La confraternita ha l’opportunità, ora, di costruire la nuova nazione. LA WASHINGTON MASSONICA: Nei primi anni della Repubblica, il PresidentevWashington si impegnò a progettare la città che prenderà il suo nome e nell’estate del 1791 incarica l’architetto francese Pierre Charles L’Enfant di mettere a frutto le proprie idee, a cominciare dall’esigenza di creare il nucleo cardine della città all’interno di un quadrato di dieci miglia: la città fu scientificamente progettata per inviare un messaggio e per far capire che mentre prima della Rivoluzione era la religione che guidava la coscienza e la vita delle persone, ora ci si affidava alla scienza, religione e alla geometria, quindi al razionalismo. Alla progettazione della città parteciparono molte persone: lo stesso Thomas Jefferson disegnò le prime strade rappresentate in una griglia di linee perpendicolari e l’architetto disegnò altre strade che avevano come punto di partenza il Campidoglio. Le costruzioni tutt’ora visibili a Washington rappresentano chiaramente gli ideali architettonici della massoneria: il triangolo, il quadrato, le altre forme e simboli usati per indirizzare gli apprendisti verso la comprensione di concetti morali e politici di estrema complessità e quindi codificati attraverso un linguaggio simbolico che doveva essere conosciuto solamente dai membri delle logge, sono utilizzati per disporre sul territorio gli edifici principali del potere in maniera scientifica. Sono simboli semplici ma importanti e molti di essi ancora non sono stati codificati. Il più conosciuto dei simboli massonici è il compasso e la squadra che ricordano gli strumenti utilizzati dagli scalpellini medievali ed hanno il compito di rammentare al massone il modo di comportarsi: deve essere un uomo retto anche nella vita privata. Molti dei simboli visibili attraverso fotografie aeree risalgono ai tempi di George Washington, altri furono aggiunti in seguito. Sovrapponendo il compasso alla mappa di Washington notiamo che l’apice dello stesso è nel Campidoglio luogo “perno” di tutte le decisioni: uno degli assi punta alla Casa Bianca, mentre l’altro arriva al Jefferson Memorial; la squadra, di contro, va dal Lincoln Memorial alla Casa Bianca e dall’altra parte al Jefferson Memorial, costruito dopo un’opera di deviazione del fiume in quel punto durata sei anni, dal 1933 al 1939, sotto la presidenza del massone Frank Delano Roosevelt. Lo storico della massoneria Brent Morris contrasta questa teoria affermando che prendendo un qualsiasi reticolato ed iscrivendo in un quadrato un cerchio con raggi che partono da esso si otterrebbero compassi e squadre pressoché infiniti quindi verrebbe difficile credere che la disposizione dei monumenti della città sia stata voluta. La stessa costruzione del Campidoglio vide la Massoneria in un ruolo fondamentale: nel 1793 i massoni furono incaricati di posare la prima pietra del Campidoglio e Washington in persona, vestito con emblemi massonici, celebra l’avvenimento con

Page 22: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

22

22 22

rituale massonico con consumazione di mais vino ed olio: il mais è simbolo dell’abbondanza, l’olio della pace e il vino rappresenta la felicità. Jefferson ritiene che il Campidoglio sia un tempio e i massoni sono i sacerdoti della nuova nazione essendo stati coloro i quali hanno progettato ed inaugurato il Campidoglio stesso. L’appartenenza di Washington alla Massoneria attira un gran numero di adpeti e ne rafforza il potere. Quando il presidente morì nel 1799 tutte le logge osservarono giorni di lutto e si decise di innalzare un obelisco alto circa 170 metri con la punta affusolata, una sorta di piramide su una colonna. La cerimonia della posa della prima pietra avvenne il 4 luglio 1848 che riconvertita dal calendario giuliano ha come santo patrono San Giovanni dei Massoni. Per al mancanza di fondi, L’inaugurazione avvenne solamente nel 1885 di pomeriggio del 22 febbraio in coincidenza con il sorgere di Sirio alla presenza dei rappresentati di tutte le logge americane. Nel 1941 Roosvelt decide di costruire il quartier generale dell’Esercito: il Pentagono. Roosvelt, sapeva che la forma pentacolare raffigura la stella Sirio e anche il luogo non è casuale si trova sul prolungamento ideale di una asse che va in direzione del campidoglio: la posa della prima pietra risale all’11 settembre del 1941 e Sirio si trovava proprio sopra il luogo dove stata per sorgere il Pentagono. La massoneria divenne popolare e molti iniziarono a chiedersi cosa stesse accadendo; si aveva la sensazione che i fratelli massoni fossero in ogni luogo e ciò, naturalmente, portava a ritenere che un manipolo di uomini stesse tramando qualcosa alle spalle di ignari cittadini americani. I massoni americani si trovarono al centro di una teoria della Cospirazione, forse la prima della storia americana. Tutto nasce in Francia dove la Rivoluzione Francese e gli ideali di libertà erano stati oppressi dal regime del Terrore di Maximilien Robespierre. Nel 1798 in America uscì un libello il quale affermava che la Rivoluzione Francese e il seguente regime del Terrore era stato voluto da un gruppo di adoratori di Satana nascosti sotto l’ala della Massoneria: gli Illuminati. La setta degli illuminati, fondata da Adam Weishaupt, aveva una forte connotazione di stampo filosofico con teorie effettivamente sovversive. Era un ordine nato nel 1776 in Baviera e sciolto con lievi condanne dopo una decina di anni, ma destinato a lasciare il segno. George Washington era massone e quindi il libro avrebbe potuto far crollare il governo da un momento all’altro ma, nonostante avesse ricevuto lettere che lo invitavano a prendere distanza dalla massoneria, il presidente negò di essere membro degli Illuminati ma non negò mai la sua appartenenza fiera alla Massoneria. Questa, negli Usa, sta per subire un durissimo colpo alla sua credibilità. Parte principale della Massoneria è il rito di iniziazione in cui l’adepto giura di morire se svela il segreto del rito: nel 1826 William Morgan, ex massone, rompe il giuramento giurando di pubblicare un libro in cui vuole svelare cosa accadeva durante i rituali massonici. Subito dopo venne incarcerato con una accusa a dir poco ridicola: quella di non aver ridato un prestito di poco più di due dollari. Morgan, in realtà, minacciava di rivelare i segreti più nascosti e gli aspetti più sacri della Massoneria. I massoni concittadini vollero fermarlo in ogni modo arrivando anche al rapimento come gesto estremo e nessuno lo rivide mai più. Probabilmente fu ucciso subito. Le indagini portarono all’arresto di quattro uomini esponenti della massoneria e il processo che ne seguì non fu dei più trasparenti; alcuni fratelli massoni arrivarono addirittura ad entrare nelle giurie e molto probabilmente misero fuori gioco tutti i testimoni dell’accaduto. I quattro massoni furono condannati a pene molto leggere scatenando la rabbia dell’opinione pubblica e perfino il governatore massone di New York venne sospettato di cospirazione come tutti gli massoni. L’immagine della massoneria cambiò radicalmente divenendo simbolo dei compromessi e dei fallimenti del mondo che si voleva uguale per tutti ma che era in realtà ingiusto. I massoni dichiaravano di professare l’uguaglianza invece accoglievano uomini dall’alto lignaggio. Con le elezioni presidenziali del 1831 nasce il movimento anti-massonico che si rivelerà una forza politica di tutto rispetto come primo partito nazionale indipendente che si identificava non con programma politico. Le elezioni furono vinte da Andrew Jackson, democratico, e massone. La fama dei massoni continuava la sua parabola discendente: i predicatori religiosi vedevano i massoni come nemici, adoratori del diavolo e blasfemi e molti di essi furono espulsi dalla comunità se non si rifiutavano di uscire dalle logge. I maestri del New England proibirono l’ingresso a scuola di figli di massoni e un gruppo di donne arrivò ad accusare la confraternita di compiere atti contro natura essendo composta da soli uomini. Gli effetti furono macigni sulla storia della massoneria. La loggia del Vermont fu chiusa e lo stesso avvenne in Michigan. A New York e New England la massoneria fu distrutta. La massoneria poteva scomparire in seguito all’affare Morgan ma fu deciso di modificarne la natura in una sorta di ente filantropico senza vantarsi di essere una potenza. Nella seconda metà dell’Ottocento, la massoneria rinasce anche grazie ad Albert Pike (1809-1891) la cui opera trasformerà la confraternita. Questi diede un contributo enorme ma fu un massone controverso: sarà accusato di razzismo, satanismo e di organizzare un cartello segreto per dominare gli Usa. Autore di Morale e Dogma del Rito Scozzese Antico ed Accettato della

Page 23: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

23

23 23

Massoneria (1871) si presentò come portatore di conoscenze esoteriche combinando religioni antiche, astrologia, miti e leggende per elaborare 33 rituali di iniziazione. I complottisti ritengono che in questi 33 riti vi siano i segreti per comprendere la Massoneria. I primi quattordici gradi sono rappresentati nella Loggia di perfezione, il capitolo dei Rosa Croce, il consiglio di Kadosh e il concistoro dei supremi principi del real segreto. I primi tre livelli costituiscono il cortile esterno del tempio: qui i simboli vengono mostrati all’apprendista ma egli è intenzionalmente sviato da false interpretazioni. Il loro vero significato è accessibile solo agli adepti. L’idea che le informazioni segrete della massoneria risiedano nei gradi più alti e siano nascosti ai massoni minori, nasce da un fraintendimento. La citazione appena letta è tratta da Morale e Dogma nel capitolo dei Cavalieri Kadosh che riesuma la leggenda dei Cavalieri Templari costituiti in Terra Santa dopo la presa di Gerusalmme il 15 luglio 1099 da parte dell’esercito Crociato. I templari furono distrutti dal Re Filippo il Bello di Francia, bramoso di ricchezze, e dal papa Clemente V che per evitare uno scisma in seno alla Chiesa Cattolica decise di sottomettersi totalmente al re. Questo episodio, sottolinea Pike, indica che non bisogna fidarsi degli abusi di potere, lo stesso potere utilizzato dal re e dal papa e che gli antichi massoni hanno nascosto. Alla controversa figura di Pike, è legato un altro mistero: si suppone fosse un apparentemente al Ku Klux Klan scrivendone addirittura i rituali. Ciò costituisce un falso dimostrato da Arturo D’Hoyais che in un documentario sull’argomento trasmesso da History Channel affermò di non aver trovato riferimenti inequivocabili né sull’appartenenza di Pike alla setta xenofoba né sui rituali. Fervente xenofobo sostenne un’altra società segreta che avrebbe unito tutti gli uomini bianchi che si oppongono al voto ai negri fondando la Confraternita del Sud, nascosta a tutti fuorché ai suoi membri. Anche Thomas Jefferson, che redasse la Dichiarazione di Indipendenza, era totalmente contrario al voto agli uomini di colore ed era un forte sostenitore della schiavitù cadendo in contraddizione con i principi da lui stesso esposti nella Dichiarazione. Il grado più alto era il 33° chiamato Sovrano Ispettore Generale. Il 33° grado fu raggiunto dal Presidente Truman, dal Senatore McArthur, e dal Capo dell’FBI Hoover con l’obiettivo di manipolare la storia americana e, vista la statura storica di questi uomini, non è difficile ritenere che questa teoria sia fondata.

Albert Pike in età matura Dollaro, particolare Dollaro, simbologia criptata (cifrata) L’accusa più grave mossa contro i massoni è quella di satanismo. In Morale e Dogma Lucifero è l’incarnazione della ragione, dell’intelligenza, del pensiero critico. Egli porta la luce, si erge dinanzi al dogma di Dio e a tutti gli altri dogmi, sostiene l’esplorazione di nuove idee e di nuove prospettive nella ricerca della verità. Pike si rivolgeva a Venere, simbolo di Lucifero, perché sorge prima del sole. Quello che Pike voleva dire era che il portatore di luce dà inizio all’aurora ma Lucifero, nella stragrande maggioranza delle culture, è identificato con Satana. Il mito del satanismo fu sfruttato da Leo Taxil che scrisse libri anti massonici. I sostenitori del complotto satanista vedono il diavolo nelle vie di Washington dove si nota chiaramente una stella a cinque punte capovolta che, si dice, sia stata inseriva volutamente nel progetto della città. Lo stesso sigillo ufficiale degli Usa è carico di mistero così come anche i celebri segni della banconota da un dollaro che si rifanno alla Casa del Tempio costruita nel 1915 che dista tredici isolati dalla Casa Bianca. Vi si accede dopo trentatré scalini (uno per ogni grado massonico) e alla sommità di esso vi è una piramide senza punta a tredici gradini ed è lo stesso simbolo della banconota del dollaro. Se si prende una banconota da un dollaro e si disegna un esagono attorno al sigillo otteniamo la parola MASON, ossia massone. Alla base della Piramide vi è la scritta romana MDCCLXXVI ossia 1776 anno dell’Indipendenza e anno di fondazione degli Illuminati; vi è l’occhio onniveggente in testa ad una piramide. L’idea del sigillo nasce proprio il 4 luglio del 1776 da un comitato che vi lavorò per sei anni in cui come massone vi era solamente Benjamin Franklin che lavorò col primo comitato proponendo l’immagine biblica di Mosè mentre divideva le acque. Il disegno fu approvato nel 1782.

Page 24: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

24

24 24

Così come molti altri simboli, la piramide non era solo una figura in quanto tale ma era la metafora dei cambiamenti che la nazione doveva sostenere per divenire completa. I massoni sono costruttori e la piramide rappresenta il progetto di costruzione dell’America. Il fatto che è incompleta, come nel caso della Casa del Tempio, significa che è la nazione stessa ad essere incompleta. L’occhio, invece, lo ritroviamo nell’Antico Egitto venne usato soprattutto nel Rinascimento per indicare l’onniscenza del Dio cristiano che vigila sul Creato. Anche i massoni la adotteranno ma solo quattordici anni dopo l’inserimento nel sigillo; l’occhio fa riferimento ad un Dio, come dire, generico ossia non necessariamente appartenente ad alcuna confessione religiosa. L’occhio onniveggente era utilizzato per suggerire l’idea di un essere non necessariamente cristiano che controlla il mondo dall’alto completando in questo modo lo stato simboleggiato dalla piramide tronca. In massoneria per sconfiggere l’ignoranza, tirannia e fanatismo, è necessario cercare la luce, bisogna diventare cittadini illuminati. Prendendo il retro di una banconota da un dollaro, notiamo due cerchi: il cerchio di destra è rappresentato da una piramide tronca, un occhio all’interno di un triangolo e due scritte: NOVO ORDO SECLORUM che, scritta in forma contratta così da ottenere 17 caratteri invece di diciotto: il diciasettesimo arcano degli arcani è la stella che indica la realizzazione, come dire, Nuovo Ordine mondiale, quindi l’occhio onniveggente controlla anche l’anima. Nel cerchio di destra, sopra l’aquila compare la scritta E PLURIBUS UNUM e ciò testimonia la voglia di creare un legame forte tra gli Stati Uniti e i paesi di origini degli uomini che arrivarono in America. Il numero tredici compare in continuazione: il tredici è il numero degli stati che componevano il nucleo originario dell’America ma è stato letto anche come il numero che resiste all’eternità. Per i Rosa Croce è il simbolo del percorso iniziatico: tredici sono le frecce che l’aquila tiene tra le zampe, tredici sono le lettere che compongono la scritta Annuis Coeptis (accetta l’inizio) ed E Pluribus Unum e tredici sono le strisce dello scudo e i gradini della piramide. Inoltre sulla testa dell’aquila ci sono tredici stelle che, unite, danno vita ad una stella a sei punte ovvero il Sigillo di Re Salomone il leggendario del del Tempio omonimo costruito dall’architetto Hiram. A questo punto, è il caso di introdurre l’associazione Skulls & Bones una delle più discusse logge americane, fondata nel 1832 da Russel e Taft. Russel divenne generale, Taft fu il nonno del ventisettesimo presidente USA. Con sede a Yale è un’eminenza, diventata anticamera del potere americano, da cui uscirono industriali, capi della Cia, agenti segreti, giudici diplomatici e presidenti americani come George W. Bush. Dopo Ford, dichiaratamente massone, non vi furono presidenti affiliati ufficialmente alle logge; ciò è dovuto al fatto che vi sono sette segrete ancora più importanti ed influenti in grado muovere le redimi dell’economia e della politica america. E’ possibile ipotizzare che una città, una banconota possano acquisire un potere enorme. Si ricordare che la posa della prima pietra dei monumenti di Washington seguiva i rituali dell’antico Egitto per rendere la città immortale. Nel 1979 in Francia si affermò che i costruttori della città seminarono tali e tanti simboli da trasformare la capitale in un immenso altare pagano in onore di una dea. La teoria parte dal Triangolo Federale composto dal Monumento a Washington, il Campidoglio e la Casa Bianca. L’ interpretazione è nelle stelle. Ogni anno tra il 10 e il 15 agosto tre stelle Arturo, Regolo e Spica si allineano sopra i monumenti. Arturo sorge su Washington, Regolo sulla Casa Bianca e Spica sul Campidoglio. Al Centro del triangolo brilla la Vergine, la dea pagana. Questo allineamento potrebbe essere frutto di una coincidenza oppure calcolato per onorare una antica religione: si sostiene che Washington sarebbe disposta in allineamento con la Vergine, che sia la Vergine Maria? Oppure alla dea Atena o Iside? La città sarebbe orientata per invocare benevolenza della Dea. La teoria potrebbe sembrare capziosa ma un ritratto di Washington evidenzia come le tre figure poste al tavolo segnino con le mani proprio un triangolo e proprio lo stesso Albert Pike ordinò ad ogni loggia di rappresentare sul soffitto del tempio la costellazione della vergine. Il segno della Vergine compare circa 53 volte. Il significato non può essere decodificato e mentre i massoni si dichiarano protettori degli ideali della Rivoluzione sin dai tempi della stessa, la loro tradizione di segretezza impedisce loro di essere al disopra di ogni sospetto. Nonostante la massoneria si vanti di essere “per tutti,” la storia dimostra che in realtà questa è “per pochi, anzi pochissimi eletti” (Emiliano Amici, blog Sguardosulmedioevo.org).

LA STORIA CONTEMPORANEA (1789-2050)

L’ILLUMINISMO « Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo. » (Immanuel Kant da Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?, 1784)

Page 25: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

25

25 25

L’Illuminismo fu il movimento politico, sociale e culturale, sviluppatosi intorno al XVIII secolo in Europa, alla base della Rivoluzione francese (1789 -1799) e di quella americana (1775-1783). Nacque in Inghilterra ma ebbe il suo massimo sviluppo in Francia. Il termine illuminismo è passato a significare genericamente qualunque forma di pensiero che voglia "illuminare" la mente degli uomini, ottenebrata dall'ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica della ragione e dell'apporto della scienza. In senso più ampio si parla di "illuminismo" riferendolo anche al mondo greco antico nell'ambito, ad esempio, del pensiero dei sofisti, autori di una critica corrosiva alle presunte leggi di origine divina e all'antropomorfismo religioso. Ugualmente illuministi ante litteram possono essere annoverati Democrito e gli atomisti, gli scettici e gli stoici e soprattutto Epicuro che vuole liberare l'uomo dalla paura, indotta dalla religione, degli dei e della morte. Erede della ragione, intesa nel senso di Locke, l'illuminismo vuole adattare alla filosofia il metodo della fisica newtoniana affidando alla ragione la determinazione tanto delle proprie possibilità che dei propri limiti, indipendentemente da ogni verità che si presenti come rivelata o innata. La fede nella ragione, coniugandosi con il modello sperimentale scientifico, sembrava rendere possibile la scoperta non solo delle leggi del mondo naturale, ma anche di quelle dello sviluppo sociale. Si pensò allora che, usando correttamente la ragione, sarebbe stato possibile un progresso indefinito della conoscenza, della tecnica e della morale: convinzione questa che verrà successivamente ripresa e rafforzata dalle dottrine positiviste. Fin dagli inizi gli illuministi presuppongono che la gran parte degli uomini, pur essendo stati creati liberi dalla Natura («naturaliter maiorennes») si accontentino molto volentieri di rimanere "minorenni" per tutta la vita. Questa condizione è dovuta o a comoda pigrizia o a viltà, al non avere cioè il coraggio di cercare la verità. In ogni caso il risultato di questa non-scelta è la facilità per i più scaltri e per i detentori del potere di erigersi a guide di costoro: «Se io ho un libro che pensa per me, se ho un direttore spirituale che pensa per me...io non ho più bisogno di darmi pensiero di me. Non ho bisogno di pensare, purché possa solo pagare...». Gli interessati tutori imprigionano dunque i vili e i pigri in una «carrozzina da bambini» paventando loro i rischi che si corrono a voler camminare da soli. Non s'impara a camminare senza cadere, ma questo li terrorizza, per cui rimarranno infanti per tutta la loro vita. L'illuminista dovrà tutelare l'uomo ammaestrandolo a diventare "maggiorenne" usando la propria ragione per liberarsi dalla credenza irriflessiva nelle verità già date, siano esse quelle innate nel campo conoscitivo, siano quelle rivelate dalla religione. La ragione rifiuterà tutto quello che non deriva da essa con il compito precipuo di stabilire i propri limiti: una ragione dunque programmaticamente finita e orgogliosa di essere tale poiché, in quell'ambito limitato, che è quello dell'esperienza, essa potrà conoscere la verità sino in fondo. Questo avverrà applicando la critica della ragione, attraverso cioè l'analisi, la discussione, il dibattito nei confronti di quell'esperienza che non è soltanto il complesso dei fatti fisici ma anche di quelli storici e sociali: « Dai principi delle scienze profane ai fondamenti della rivelazione, dalla metafisica ai problemi fondamentali del gusto, dalla musica alla morale, dalle controversie scolastiche dei teologi alle questioni economiche, dal diritto naturale a quello positivo, insomma ai problemi che ci riguardano più da vicino a quelli che ci toccano soltanto direttamente, tutto fu discusso, analizzato, dibattuto. » L’ENCICLOPEDIA: L'Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri (Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers nel titolo originale) è una vasta enciclopedia pubblicata nel XVIII secolo, in lingua francese, da un consistente gruppo di intellettuali sotto la direzione di Denis Diderot e con la collaborazione di Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert. Essa rappresenta un importante punto di arrivo di un lungo percorso teso a creare un compendio universale del sapere, nonché il primo esempio di moderna enciclopedia di larga diffusione e successo, cui guarderanno e si ispireranno nella struttura quelle successive. La sua introduzione, il Discorso Preliminare, è considerata un'importante esposizione degli ideali dell'Illuminismo, nel quale viene altresì esplicitato l'intento dell'opera di incidere profondamente sul modo di pensare e sulla cultura del tempo. L'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert rappresentò il prototipo per eccellenza cui richiamarsi per quanti intrapresero in seguito la compilazione di opere enciclopediche e fu il punto di arrivo più completo e significativo di un percorso di ricerca sviluppatosi sin dal XVII e proseguito nella prima metà del XVIII secolo. Essa costituì, inoltre, il più ponderoso e consapevole compendio - in un certo senso un vero e proprio manifesto - rappresentativo della visione del mondo promossa dal movimento filosofico e culturale passato alla Storia come Illuminismo e finì per incarnare il concetto stesso di enciclopedia come summa complessiva e sistematica delle conoscenze di un'intera cultura, laddove l'impiego di una lingua nazionale si afferma definitivamente come mezzo di descrizione ordinata dell'intero universo del sapere. LO SPIRITO ENCICLOPEDICO: Esso si divide in filosofico, scientifico, critico, borghese Sullo spirito borghese si può rilevare che gli apporti positivi recati dai Lumi alla civiltà occidentale hanno avuto anche un loro prosaico prezzo. Voltaire, titolare di una delle maggiori fortune del Regno di Francia, ispirandosi al modello inglese, fece di sé stesso uno dei primi capitalisti francesi. I valori promossi da questi filosofi, pertanto, sono sovente coincidenti con quelli della classe sociale che li esprimeva e che si

Page 26: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

26

26 26

avviava a conquistare il potere: la borghesia. La voce Réfugiés, Rifugiati, ne è un esempio perfetto: vi si valorizzano il lavoro, la ricchezza e l'industria in opposizione ai valori tradizionali della nobiltà dedita non già al lavoro, ma ai fatti d'arme e caratterizzata dal rifiuto di occuparsi degli affari così come della terra e dell'agricoltura. Ancora Voltaire, per non citare altri, ha spesso manifestato in modo netto un certo disprezzo verso il "popolino" (d'altra parte scrisse un poema sull'indispensabilità del lusso al benessere che dipinge la miseria del popolo in termini davvero negativi per quest'ultimo) e così da parte sua come da quella di altri, la difesa delle minoranze prende spesso la forma di una metafora della difesa della minoranza borghese in contrapposizione all'onnipotenza della nobiltà. Per sfuggire ai limiti imposti dall'ordinamento alfabetico, l'Encyclopédie di Diderot introdusse una significativa innovazione utilizzando quattro diversi tipi di rinvii:

1) rinvii classici, detti de mots (delle parole), a richiamare una definizione contenuta in un'altra voce; 2) rinvii detti de choses (delle cose), per confermare o confutare un'idea contenuta in una voce, richiamandone un'altra; 3) rinvii detti satirici o epigrammatici; 4) rinvii detti de génie (del genio), che possono condurre all'invenzione di nuove arti o di nuove verità.

Tali rinvii, su cui si basano oggi, ad esempio, i collegamenti ipertestuali, consentono al lettore curioso di costruire egli stesso il proprio percorso di conoscenza ed il suo stesso sapere. I rinvii permettono inoltre - attraverso l'associazione di idee o di voci dal contenuto sovversivo celate sotto un titolo anodino (come ad esempio la voce intitolata cappuccio) - di accrescere e rendere più incisivo il carattere illuminista e critico dell'Encyclopédie. LA FIGURA DI VOLTAIRE: Pseudonimo di François-Marie Arouet (Parigi, 21 novembre 1694 – Parigi, 30 maggio 1778), Voltaire è stato un filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e saggista francese. Il nome di Voltaire è indissolubilmente legato al movimento culturale dell'Illuminismo, di cui fu uno degli animatori e degli esponenti principali, insieme a Montesquieu, Locke, Rousseau, Diderot, d'Alembert, d'Holbach, e du Châtelet, tutti gravitanti attorno all'ambiente dell’Encyclopédie. La vasta produzione letteraria di Voltaire si caratterizza per l'ironia, la chiarezza dello stile, la vivacità dei toni e la polemica contro le ingiustizie e le superstizioni; deista, cioè seguace della "religione naturale" che vede la divinità come estranea al mondo e alla storia, ma scettico, fortemente anticlericale e laico, è considerato uno dei principali ispiratori del pensiero razionalista e non religioso moderno. Le idee e le opere di Voltaire, così come quelle degli altri illuministi, hanno ispirato e influenzato moltissimi pensatori, politici e intellettuali contemporanei e successivi e ancora oggi sono molto diffuse; in particolare hanno influenzato protagonisti della Rivoluzione americana, come Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, e di quella francese, come Condorcet (anche lui enciclopedista) e, in parte, Robespierre, oltre che molti altri filosofi come Cesare Beccaria, Karl Marx e Friedrich Nietzsche. I suoi scritti molto polemici trovarono immediato successo nei salotti nobiliari; nel 1716 ciò gli costò l'esilio a Tulle e Sully-sur-Loire; alcuni versi satirici, del 1717, contro il reggente di Francia Filippo d'Orléans, che governava in nome del giovanissimo Luigi XV, e contro sua figlia, la Duchessa di Berry, gli causarono l'arresto e la reclusione alla Bastiglia, poi un altro periodo di confino a Chatenay. Alla morte del padre, nel 1722, i tre fratelli Arouet ebbero una discreta eredità, che Voltaire farà fruttare con investimenti azzeccati. La pubblicazione del poema La Ligue del 1723, scritto durante la prigionia, ottenne invece l'assegnazione di una pensione di corte da parte del giovane re. L'opera, dedicata al re Enrico IV di Francia, giudicato un campione della tolleranza religiosa in contrasto con l'oscurantista e intollerante Luigi XIV (che revocò l'editto di Nantes tornando alle persecuzioni contro ugonotti e giansenisti), verrà pubblicata nuovamente col titolo Enriade, nel 1728. Il favore che gli mostrarono subitaneamente i nobili di Francia non durò a lungo: sempre a colpa dei suoi scritti mordaci, litigò con l'aristocratico Guy-Auguste de Rohan-Chabot, cavaliere di Rohan, che l'aveva schernito presso un teatro. Il giorno seguente Rohan lo fece aggredire e malmenare dai suoi domestici, armati di bastone, per poi rifiutare con sprezzo il duello di riparazione del torto, proposto dal giovane poeta. Le proteste di Voltaire gli servirono solo ad essere imprigionato nuovamente, grazie ad una lettre de cachet, cioè un ordine in bianco di arresto ottenuto dalla famiglia del rivale e firmata da Filippo d'Orléans. Dopo un breve periodo in esilio fuori Parigi, Voltaire, sotto minaccia di un nuovo arresto, si vide costretto ad emigrare in Inghilterra (1726-1729). Qui, grazie alla conoscenza di uomini di cultura liberale, scrittori e filosofi come Robert Walpole, Jonathan Swift, Alexander Pope e George Berkeley, maturò idee illuministe contrarie all'assolutismo feudale. L'esilio di Voltaire in Gran Bretagna durò tre anni, e questa esperienza influenzò fortemente il suo pensiero.

Page 27: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

27

27 27

Era attratto dalla monarchia costituzionale in contrasto con la monarchia assoluta francese, da un maggiore libertà di parola e di religione, dal diritto di habeas corpus. Venne influenzato da diversi scrittori neoclassici e sviluppò un interesse per la letteratura inglese precedente, soprattutto le opere di Shakespeare, meno sconosciuto in Europa continentale. Nonostante sottolineasse le sue deviazioni dagli standard neoclassici, Voltaire vide Shakespeare come un esempio che gli scrittori francesi potevano emulare, poiché nel dramma francese, giudicato più lucido, mancava l'azione sul palco. Più tardi, tuttavia, come l'influenza di Shakespeare crebbe in Francia, Voltaire cercò di opporvisi con le proprie opere, denunciando ciò che considerava "barbarie shakesperiana". In Inghilterra fu presente al funerale di Isaac Newton, ed elogiò gli inglesi per aver onorato uno scienziato considerato eretico con la sepoltura nell'Abbazia di Westminster. Voltaire, tornato a Parigi, pubblicò le sue opinioni nei confronti del governo britannico, la letteratura e la religione in una raccolta di saggi, le Lettere inglesi (o Lettere filosofiche), per le quali venne di nuovo condannato, in quanto aspramente critiche contro l’ancien régime e antidogmatiche. Nell'opera Voltaire considera la monarchia inglese - costituzionale, sorta in maniera compiuta dalla Gloriosa rivoluzione del 1689 - come più sviluppata e più rispettosa dei diritti umani (in particolare la tolleranza religiosa) rispetto al suo regime omologo francese.

LA RIVOLUZIONE FRANCESE (1789-1799)

La Rivoluzione francese comincia il 14 luglio 1789, con la presa della Bastiglia da parte dei sanculotti, continuando tra alterne e convulse vicende fino al 1799, anno del colpo di stato in cui Napoleone prende il potere, congiungendo, per convenzione degli storici, la storia moderna alla storia contemporanea. Fu un periodo di terribili sconvolgimenti, guerre, complotti. Il Re Luigi XVI, incolpato di tradimento, deposto e privato del titolo, fu giustiziato come “cittadino Luigi Capeto” 1l 21 gennaio 1793 in Piazza della rivoluzione (Oggi Place de la concorde); la regina Maria Antonietta seguì lo stesso destino il 16 ottobre. Con la morte del Re cominciava il Regime del terrore, caratterizzato dal predominio politico dei membri del Comitato di Salute Pubblica, che promuovendo il potere dei giacobini e della piccola borghesia, schiacciò con la forza tutti gli oppositori interni della Rivoluzione e quanto rimaneva dell’Ancien regime (Antico regime monarchico). Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre, detto l'Incorruttibile (Arras, 6 maggio 1758 – Parigi, 28 luglio 1794), politico, avvocato e rivoluzionario francese, fu un personaggio di spicco del nuovo Regime. Egli richiese ed ottenne la condanna di Luigi XVI come misura straordinaria, ma quando la Francia fu attaccata dalle altre nazioni Europee, trovandosi in grandissimo pericolo, rafforzò l’esercito, compattò il popolo dei sanculotti ed emanò le Leggi del Terrore perseguitando i membri della nobiltà e gli oppositori. In questo periodo furono sottoposti alla ghigliottina dai 16.000 ai 70.000 cittadini, a seconda delle fonti. Dal Comitato emerse il Direttorio, un organismo di comando ridotto con poteri assoluti, tra cui primeggiavano Robespierre e Danton. Ormai si potevano mandare a morte gli accusati senza interrogatorio iniziale, senza avvocati difensori, senza prove materiali. Bastava una semplice “prova morale”, cioè un’accusa, non necessariamente supportata dai fatti, di complottare contro la rivoluzione. I condannati e gli accusati venivano trasportati su carri, esposti al pubblico scherno e ludibrio, prelevati dalle loro case con un editto senza preavviso. Trovarono così la morte personaggi illustri, che pure avevano contribuito alla rivoluzione, come il chimico Lavoisier, la sorella minore del Re Elisabetta di Borbone, il Duca d’Orleans Luigi Filippo, che aveva votato per la morte del Re, il rivoluzionario Danton ed infine lo stesso Robespierre. Il Terrore non risparmiava nessuno. I SANCULOTTI: I sanculotti (adattamento del francese sans-culottes, senza culottes), sono coloro che non portano le culottes, i tipici pantaloni sotto il ginocchio regolarmente indossati dalla nobiltà e dall'alta borghesia durante l'Ancien Régime. Il nome indica, durante la Rivoluzione francese, i "patrioti", cioè i più radicali tra i partigiani della rivoluzione a partire dal 1791, soprattutto a Parigi. Il diverso abbigliamento adottato dai "patrioti" - soprattutto piccoli commercianti, impiegati, artigiani e operai - costituiva la precisa volontà di distinguersi dalle classi agiate, sottolineando i differenti obiettivi politici che li distanziavano tanto dai contro-rivoluzionari quanto dai più moderati sostenitori della Rivoluzione. Con l'adozione del calendario repubblicano, i cinque-sei giorni complementari inseriti a fine anno vennero chiamati giorni sanculottidi fino al 1795.

Page 28: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

28

28 28

Sanculotti, Rappresentazione popolare (1789) Incisione (1790) Nobile francese, (1750) All'epoca dell'Ancien régime chi non portava la culotte era dedito ai lavori manuali; il suo abbigliamento era caratterizzato dai pantaloni. Che fossero braccianti o tappezzieri presso Réveillon, tipografi, mobilieri oppure operai della manifattura dei Gobelins, tutti coloro che facevano parte dei sanculotti videro la Rivoluzione conferire una nuova dignità al proprio mestiere. Si trattava di una manifestazione evidente dello stravolgimento dei valori tradizionali: i privilegiati di un tempo, esentati dalla necessità del lavoro grazie ai propri natali, sino allora formati al disprezzo del lavoro manuale, erano ormai a loro volta oggetto di scherno e derisione. I sanculotti si contrapponevano a chi indossava i calzoni corti e le calze di seta, diffondendo le abitudini democratiche come l'uso del "tu" e dell'appellativo di "cittadino". In un periodo più tardo gli eletti del terzo stato si caratterizzarono per un abbigliamento austero, in stoffa nera e con la feluca, in marcato contrasto con gli abiti sfarzosi dei rappresentanti della nobiltà e del clero, gli altri due ordini. Furono i sanculotti a conquistare la Bastiglia, a partecipare alla caduta delle Tuileries. Soprattutto a partire dal 1791, quando la fuga della famiglia reale a Varennes (20-26 giugno) e il massacro del Campo di Marte (17 luglio) ebbero dimostrato con evidenza che una parte delle élite si era schierata con la reazione, avallando il tradimento regale e ordinando di sparare sulla folla, i militanti delle sezioni parigine trasformarono il loro abbigliamento in manifesto politico contro il regime della monarchia costituzionale censuaria. Dopo il 1792, i sanculotti adottarono una giacca corta con ampi bottoni, detta carmagnola. STRUMENTI DEL TERRORE: La ghigliottina è una macchina per la decapitazione di persone condannate alla pena capitale. Fu usata soprattutto in Francia, in Svizzera, in Italia, in Belgio, in Germania e nello Stato Pontificio. Nella versione utilizzata in Francia, l'apparecchio era formato da una base sulla quale erano fissati due montanti verticali di circa 4 metri di lunghezza, distanziati fra loro di circa 37 cm, sormontati da una barra trasversale che li univa tra loro, sulla quale era montata una puleggia (organo di trasmissione del moto). Essa non fu inventata dal dottor Joseph-Ignace Guillotin, da cui prese comunque il nome. Il contributo di Guillotin, insieme con altri politici francesi, fu quello di presentare all'Assemblea Nazionale in data 9 ottobre 1789 un progetto di legge in sei articoli con il quale (art. 1) si stabiliva che le pene avrebbero dovuto essere identiche per tutti, senza distinzione di rango del condannato. L'art. 2 poi prevedeva che nel caso di applicazione della pena di morte il supplizio avrebbe dovuto essere il medesimo, indipendentemente dal crimine commesso, e che il condannato sarebbe stato decapitato per mezzo di un semplice meccanismo. In alcuni casi, quando i condannati erano troppo numerosi e c’era poco tempo a disposizione si usava la mitraglia, ma anche la fucilazione.

Page 29: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

29

29 29

Esecuzioni (1789) Senza fonte, Novecento Ritenuta uno strumento misericordioso per la sua velocità e precisione, la ghigliottina si rivelò più sadica e crudele di altri metodi. La testa del condannato cadeva in un catino di zinco, mentre il corpo veniva fatto scivolare in una cassa zincata posta alla base della macchina. Durante la rivoluzione francese il boia raccoglieva la testa (tenendola per i capelli, oppure per le orecchie, nel caso in cui il condannato fosse calvo) e la mostrava al pubblico; successivamente l'usanza fu abbandonata. Un aneddoto narra che il chimico Lavoisier diede incarico al suo servo di registrare eventuali segni di vita della sua testa dopo la decapitazione. Questi registrò un battito di ciglia finale dopo circa 15 secondi. Anche se non è provata la veridicità di questo evento, ricerche scientifiche posteriori hanno dimostrato che il sistema nervoso continua a percepire stimoli, dopo la separazione della testa dal corpo, fino a un minuto. La macchina fu posta in opera il 25 aprile 1792, con l'esecuzione di Nicolas Pelletier, condannato per omicidio e furto. Le cronache riportano la grande delusione della folla accorsa numerosa che, a causa della rapidità dello strumento, non ebbe letteralmente il tempo di vedere alcunché dello spettacolo. Tra gli altri condannati famosi che seguirono Pelletier ricordiamo: 21 GENNAIO 1793: Luigi XVI, Re di Francia; 16 OTTOBRE 1793: Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena, Regina di Francia; 3 NOVEMBRE 1793: Olympe de Gouges, drammaturga e giornalista. fu ghigliottinata perché si era opposta all'esecuzione di Luigi XVI e aveva osato attaccare Robespierre; 8 NOVEMBRE 1793: Manon Roland che, sul patibolo, rivolse alla statua rappresentante la Libertà, collocata in Place de la Révolution al posto della statua equestre di Luigi XIV di Francia, la famosa frase: Libertà, quanti crimini vengono commessi nel tuo nome; 5 APRILE 1794: Georges Jacques Danton e Camille Desmoulins; 8 MAGGIO 1794: Antoine Lavoisier, padre della chimica moderna; 17 LUGLIO 1794: le 16 Beate Carmelitane di Compiègne; 28 LUGLIO 1794 (10 Term. anno II): Maximilien Robespierre e Louis Saint-Just; 13 MARZO 1858: Felice Orsini, patriota e scrittore italiano; 15 AGOSTO 1894: Giulio Martinelli, anarchico italiano; 16 AGOSTO 1894: Sante Caserio, anarchico italiano; 25 FEBBRAIO 1922: Henri Landru, assassino di dieci donne e di un ragazzo; 10 GENNAIO 1934: Marinus van der Lubbe, confessò sotto tortura di essere il responsabile dell'incendio del Reichstag; condannato a morte per alto tradimento nella Germania nazista; 17 GIUGNO 1939: Eugen Weidmann, assassino di sei persone (ultima esecuzione pubblica in Francia); 22 FEBBRAIO 1943: i fratelli Hans e Sophie Scholl e Christoph Probst (membri della Rosa Bianca), condannati a morte per tradimento nella Germania nazista; 28 LUGLIO 1976: Christian Ranucci, ragazzo appena ventiduenne, per il rapimento e l'assassinio di una bambina di otto anni di origine spagnola, caso controverso che ancora oggi fa scalpore; 10 SETTEMBRE 1977: Hamida Djandoubi per sevizie e omicidio di una ragazza (ultima esecuzione capitale in Francia prima dell'abolizione).

Page 30: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

30

30 30

Resta sconosciuto il numero preciso delle persone che hanno subito il supplizio della ghigliottina. Le stime più verosimili ritengono che il numero di giustiziati dal periodo napoleonico in poi possa essere determinato in 1.500-2.500 persone, mentre per il periodo rivoluzionario si ritiene che il numero dei giustiziati possa essere compreso tra 15.000 e 25.000. LIBERTÉ, ÉGALITÉ, FRATERNITÉ: (in italiano Libertà, Uguaglianza, Fratellanza) questo è il celebre motto risalente al 1700 e associato in particolare all'epoca della Rivoluzione francese, divenuto poi il motto nazionale della Repubblica Francese. Liberté, Égalité, Fraternité rappresentano un valore così grande da travalicare i confini della Francia, sono simboli che hanno portata e rilevanza universali. Questo motto, nato dalla fucina d'idee della rivoluzione francese, è un caposaldo della moderna cultura dell'Occidente, ma riflette gli ideali massonici alla base della rivoluzione francese. COSTITUZIONE FRANCESE DEL 1791: La Costituzione francese del 1791 è la carta costituzionale approvata il 3 settembre 1791 in ottemperanza a quanto previsto dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. In realtà è importante sottolineare che l'uguaglianza espressa formalmente dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino non è stata pienamente formalizzata all'interno delle due carte costituzionali (in particolar modo per ciò che riguarda i diritti della donna e quello di voto). L'art. 6 della Dichiarazione riconosceva a «tutti i cittadini» il diritto di partecipare «direttamente o tramite i loro rappresentanti alla sua [della legge] formazione»; ma secondo la carta del 1791 i "cittadini", sulla base del loro censo, venivano distinti in "attivi" e "passivi": questi ultimi, meno abbienti, non avevano diritto di voto. La Costituzione prevedeva una monarchia dai poteri limitati: La monarchia di diritto divino era finita con il simbolico cambiamento del titolo assegnato al Re, non più "di Francia", ma "per grazia di Dio e Costituzione dello Stato, re dei Francesi", dato che la sovranità apparteneva alla Nazione, intesa come quel gruppo di soggetti che sentono di condividere un destino comune per tradizione di vita associata formatasi per una comunanza di elementi, come razza, religione, territorio, lingua. Seguendo il principio della separazione dei poteri, al Re competeva il solo potere esecutivo (tramite la scelta di alcuni Ministri, anche se non all'interno del Parlamento per evitare conflitti di interesse). Il potere legislativo veniva affidato ora all'Assemblea Nazionale Legislativa, composta di 754 deputati ed eletta per la durata di due anni. L'elezione dei deputati avveniva in due successivi gradi, a suffragio ristretto su base censitaria: il corpo dei cittadini attivi (coloro che pagavano tasse per un valore corrispondente ad almeno tre giornate lavorative) eleggeva al suo interno gli "elettori" ai quali spettava la successiva elezione dei deputati; gli "elettori" dovevano pagare tasse per un valore pari a tre giornate lavorative. Gli "elettori" a loro volta potevano eleggere come deputato all'Assemblea Nazionale qualsiasi cittadino attivo («Sezione III. – Assemblee elettorali. Nomina dei rappresentanti - Art. 3. Tutti i cittadini attivi, quale che sia il loro stato, professione o tributo, potranno essere eletti rappresentanti della Nazione»). Il Re, non deteneva più neanche la nomina dei magistrati, che venivano eletti con le medesime procedure previste per l'elezione dell'Assemblea Legislativa. Il Re conservava tuttavia un potere di veto sospensivo sui provvedimenti approvati dall'Assemblea, ma questo veto «non può applicarsi né alle leggi costituzionali, né alle leggi fiscali, né alle deliberazioni concernenti la responsabilità dei ministri» che possono essere messi in stato d'accusa dall'Assemblea, alla quale rimaneva invece il controllo sulla condotta degli Affari esteri del Capo dello Stato. L'equilibrio precario tra Re e Assemblea si modificò progressivamente a favore di quest'ultima e da monarchia costituzionale pura si scivolò in breve verso una monarchia parlamentare. Con l'esautoramento completo di Luigi XVI, dopo l'avvio (aprile 1792) ed il pessimo andamento iniziale della guerra, l'Assemblea cedette il posto ad una Convenzione Nazionale, eletta per redigere la nuova, definitiva Costituzione. LA SEPARAZIONE DEI POTERI: La separazione (o divisione) dei poteri è uno dei principi fondamentali dello stato di diritto. Consiste nell'individuazione di tre funzioni pubbliche nell'ambito della sovranità dello Stato — legislazione, amministrazione e giurisdizione — e nell'attribuzione delle stesse a tre distinti poteri dello stato, intesi come organi o complessi di organi dello Stato indipendenti dagli altri poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario (gli stessi termini vengono usati anche per indicare la funzione a ciascuno attribuita). La moderna teoria della separazione dei poteri viene tradizionalmente associata al nome di Montesquieu (1689-1755). Il filosofo francese, nello Spirito delle leggi, pubblicato nel 1748, fonda la sua teoria sull'idea che "Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...]. Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere". Individua, inoltre, tre poteri (intesi come funzioni) dello Stato - legislativo, esecutivo e giudiziario - così descritti: "In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi per sempre o per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In base al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati", perché “una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica”. Partendo da questi presupposti e prendendo a modello la costituzione

Page 31: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

31

31 31

inglese dell'epoca, Montesquieu elabora un modello di stato in cui il potere legislativo "verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo", mentre il potere esecutivo "deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi". Resta il potere giudiziario che Montesquieu considera "in qualche senso nullo" (espressione non del tutto chiara, che potrebbe fare riferimento alla sua neutralità) e che ritiene debba essere affidato a giudici tratti temporaneamente dal popolo. Nel modello di Montesquieu il potere legislativo e quello esecutivo si condizionano e si limitano a vicenda, infatti: "Il potere esecutivo [...] deve prender parte alla legislazione con la sua facoltà d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sarà ugualmente perduto. Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facoltà di statuire, non vi sarebbe più libertà. Ma siccome è necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facoltà d'impedire. [...] Ecco dunque la costituzione fondamentale del governo di cui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l'una terrà legata l'altra con la mutua facoltà d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sarà a sua volta da quello legislativo. Questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto." Quanto al potere giudiziario, deve essere sottoposto solo alla legge, di cui deve riprodurre alla lettera i contenuti (deve essere la "bouche de la lois", "la bocca della legge"). LA RIVOLUZIONE MASSONICA: I principi alla base della Rivoluzione francese sono oggi adottati dalla maggioranza delle nazioni democratiche, degli stati, degli enti. La Libertà di stampa e di associazione, la rappresentanza e i modelli politici, le costituzioni, le elezioni, i diritti umani, del lavoro, religiosi, razziali, di genere, la libera manifestazione del dissenso. Il nostro sistema-mondo non sarebbe come lo conosciamo. Non avremmo le nazioni, l’Europa Unita, l’ONU, il WWF, Amnesty International e tante altre organizzazioni. Insieme ai suoi valori, la Rivoluzione instilla il marcio delle congiure, dei tradimenti, degli intrighi, dell’infamia, delle pubbliche esecuzioni, della guerra, della morte. Nasce una gigantesca “macchina del fango” per screditare ed eliminare gli avversari. Associazioni massoniche, gruppi di pressione, servizi segreti e oscuri manipolatori trovano campo fertile in un processo storico-civile che offre loro ampio spazio e protezione. Oggi, a distanza di tempo, si può rilevare un parallelo tra il movimento degli Illuministi e la setta degli Illuminati. La radice “lume”, comune ad entrambi, identifica la luce, come elemento di riferimento tra le due organizzazioni. Inoltre, entrambe esaltano i valori di libertà, eguaglianza, fraternità espressi dal motto della Rivoluzione. Freemason, Franc-maçon e Framassoni sono tutti “liberi” muratori, si riconoscono “eguali” e si chiamano “fratelli”. Molti filosofi illuministi erano membri della massoneria. La stessa filosofia fu adottata come mezzo iniziatico alla massoneria e alla divulgazione delle sue idee. Montesquieu, uno dei fondatori del movimento, il 12 maggio 1730 fu iniziato in Massoneria nella Loggia della Horn Tavern di Londra. Secondo un'altra fonte (William R. Denslow, Harry S. Truman, 10,000 Famous Freemasons, 1957) invece fu iniziato nel 1720, e nel 1725 fu tra i fondatori della prima loggia parigina. L’enciclopedista D’Alembert (1717-1783) e il filosofo Voltaire (1694-1778) furono massoni nella Loggia delle Nove sorelle, del Grande oriente di Francia. L'interesse delle élite anglofile fa sì che si creino logge anche in Francia. Già prima della metà del '700 la massoneria francese elabora un proprio modello, che avrà grande diffusione nel mondo. Nel 1761 poi, un massone di La Rochelle di nome Morin riceve una patente per fondare logge in America e per propagarvi gli Alti Gradi: è il segno di una nuova realtà massonica, che porterà alla nascita del Rito di Perfezione, e in seguito del Rito Scozzese Antico ed Accettato, di origine giacobita ma anche francese quindi, e destinato ad assumere tanto rilievo nella storia e nella prassi della Massoneria mondiale. Il Grande Oriente di Francia vede la luce nel 1773, federando e armonizzando l'insieme delle strutture e degli usi in vigore. Nel 1789 il Grande Oriente di Francia conta ben 30.000 membri e circa mille logge, e sebbene non sia chiaro se alle origini della Rivoluzione francese ci fosse “un complotto massonico”, è altrettanto noto che numerosi massoni parteciparono a quegli avvenimenti e l'influenza delle idee dibattute nelle logge fu assai notevole su di essi. Tale influenza non diminuì affatto durante il periodo napoleonico. L'Armée divenne luogo di ampia diffusione massonica, ed il “modello” francese si propagò in quegli anni in tutta Europa, contribuendo all'affermazione di quei principi e di quei rituali che hanno poi fatto in gran parte la storia della massoneria europea. Con la Restaurazione la Massoneria francese visse momenti assai difficili, ma sotto Luigi Filippo le cose migliorarono, e dopo la rivoluzione del 1848 ancor più. Nemmeno Napoleone III, dopo la restaurazione dell'Impero, volle mettersi in urto col Grande Oriente, anche perché molti dei più competenti e fidati funzionari dello stato ne erano membri. Nel 1877 una radicata tendenza antiecclesiastica, porta il Grande Oriente di Francia a una svolta clamorosa: dal primo articolo delle sue Costituzioni viene eliminato il divieto di accettare un ateo nonché ogni riferimento al Grande Architetto dell'Universo. Con

Page 32: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

32

32 32

ciò, il Grande Oriente si oppone nettamente alla Gran Loggia d'Inghilterra, che lo dichiara “irregolare”, seguita in breve dalle obbedienze di molti altri paesi. IL SISTEMA METRICO DECIMALE E IL NUOVO CALENDARIO: La Rivoluzione dà seguito a diverse trasformazioni culturali e sociali. I beni della Chiesa vengono confiscati, mentre si diffonde un nuovo culto, dedicato alla Dea Ragione e celebrato intorno agli alberi della libertà, installati nella piazze di tutte le città con feste, danze ma anche cerimonie civili. Viene adottato il sistema metrico decimale e introdotto Il Calendario rivoluzionario francese, che inizia l’anno I, il 22 settembre 1792, data di proclamazione della Repubblica. Costruito sul sistema decimale, il tempo nuovo si fonda sulla scienza moderna e assume valori laici. Avendo alla base l’agricoltura, mostra al popolo, le ricchezze della natura e la bellezza dei campi, per riprodurre con metodo l'ordine delle influenze del cielo, della produzione, della terra. Il passaggio da un sistema settimanale a uno decadico aveva come conseguenza per i lavoratori l'aumento da 52 a 54 dei giorni di riposo all'anno, anche se, contando anche la soppressione delle feste religiose, si aveva in realtà una riduzione dei giorni di riposo annuale. Furono altresì introdotte alcune feste rivoluzionarie. Ogni nome di mese richiama un aspetto del clima francese (dicembre, "nevoso", la neve) o di momenti importanti della vita contadina francese (settembre, "vendemmiaio", vendemmia). Ogni mese è accompagnato dal disegno di una figura femminile con intento allegorico. LE STAGIONI DEL CALENDARIO REPUBBLICANO: AUTUNNO (suffisso -aire in francese, -aio in italiano): vendemmiaio (vendémiaire) (22 settembre – 21 ottobre); brumaio (brumaire) (22 ottobre – 20 novembre); frimaio (frimaire) (21 novembre – 20 dicembre) INVERNO (suffisso -ôse in francese, -oso in italiano); nevoso (nivôse) (21 dicembre – 19 gennaio); piovoso (pluviôse) (20 gennaio – 18 febbraio); ventoso (ventôse) (19 febbraio – 20 marzo) PRIMAVERA (suffisso -al in francese, -le in italiano): germinale o germile (germinal) (21 marzo – 19 aprile); fiorile o floreale (floréal) (20 aprile – 19 maggio); pratile (prairial) (20 maggio – 18 giugno) ESTATE (suffisso -idor in francese, -idoro in italiano): messidoro (messidor) (19 giugno – 18 luglio); termidoro (thermidor) (19 luglio – 17 agosto); fruttidoro (fructidor) (18 agosto – 16 settembre) L’ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITÙ: L'abolizione della tratta degli schiavi si riferisce all'approvazione, con iniziative sia nazionali che sovranazionali, di leggi che hanno vietato il commercio di schiavi, ma non la schiavitù in sé. Nel 1750 Sebastião José de Carvalho e Melo abolì lo schiavismo nei confronti dei nativi delle colonie portoghesi. In epoca moderna una svolta di portata mondiale nel processo di abolizione avvenne in Inghilterra. Dopo 7 proposte di legge presentate da William Wilberforce (con l'appoggio di Thomas Clarkson) a partire dal 1792, il 25 marzo 1807 il Parlamento approvò lo Slave Trade Act, effettivo dal 1º gennaio 1808, innescando così un processo che avrebbe portato all'abolizione da parte delle altre potenze coloniali. Certamente l'Inghilterra traeva dall'abolizione della tratta degli schiavi anche un vantaggio politico, in particolare ai danni della Francia che invece continuava a praticarla. A partire dalla stessa data il commercio degli schiavi con l'estero veniva proibito anche dagli Stati Uniti. In realtà in Francia la schiavitù era stata abolita ai tempi della Convenzione con decreto n. 2262 del 4 febbraio 1794 (16 piovoso anno II). Essa era stata tuttavia reintrodotta dopo il 18 brumaio da Napoleone anni dopo. Nel trattato del 30 marzo 1814, concluso a Parigi tra la Francia e la Gran Bretagna, furono assunti da parte francese impegni formali di abolizione della tratta, seguiti poi da analoghi impegni da parte dei Paesi Bassi (15 giugno 1814). Nel frattempo al Congresso di Vienna all'allegato 15 dell'Atto finale (8 febbraio 1815) venne sottoscritta una Dichiarazione contro la tratta dei negri. La Royal Navy britannica venne impiegata attivamente per contrastare il commercio di schiavi attraverso l'Oceano Indiano e Atlantico. La questione rimase per 15 anni un tema di discordia tra le diplomazie europee, in particolare tra Gran Bretagna e Francia, con Spagna e Portogallo allineate inizialmente sulle posizioni francesi. Successivamente, il Portogallo con un trattato del 28 luglio 1817 e la Spagna con un trattato del 23 ottobre 1817, scelsero l'abolizione. A metà del XIX secolo il traffico tra le colonie era stato sostanzialmente annullato. La lotta allo schiavismo, secondo alcuni, fu usata anche come pretesto dagli europei per la loro espansione coloniale in Africa (la cosiddetta corsa all'Africa).

Page 33: LA STORIA IN TRE PASSI: STORIA MODERNA

33

33 33

LA FRANCIA CONTRO IL MONDO: Le guerre rivoluzionarie francesi furono combattute dal 1792 al 1802 dalla Francia rivoluzionaria contro gran parte delle potenze europee, ostili alla Rivoluzione e decise a frenare l'espansionismo ideologico e territoriale francese e restaurare l'Antico regime. Cronologicamente vengono anche suddivise in guerra della prima coalizione (1792 - 1797), che terminò con il trattato di Campoformio, dove Venezia venne ceduta all’Austria da Napoleone, e in guerra della seconda coalizione (1798 - 1802); in realtà la Francia fu costantemente in guerra con la Gran Bretagna dal 1793 fino al 1802. Le monarchie europee non vedevano di buon occhio la Rivoluzione, temendo che i loro popoli insorgessero, imponessero la Costituzione, deponessero i monarchi.. La Francia, isolata diplomaticamente, venne accerchiata ed attaccata trovandosi in grave difficoltà. Ben presto si riprese e gli eserciti rivoluzionari conquistarono numerosi territori e vittorie. Infatti gli eserciti monarchici erano meno efficienti perché non avevano un vero e proprio sentimento patriottico. I rivoluzionari invece combattevano per la Patria, il diritto ad esistere e la difesa del loro Paese. In Francia venne introdotta la leva militare obbligatoria, che contribuì a creare eserciti molto numerosi. Anche le tattiche e le strategie erano migliori, più moderne, più veloci nell’attuazione delle manovre. Inoltre, mentre le accademie, formavano giovani e valenti generali, come Napoleone Bonaparte, che avrebbe offerto un contributo decisivo, quelli più anziani erano esperti e determinati. In quei tempi le battaglie si combattevano su scacchieri dove i soldati si attaccavano a turno, restando fermi sotto il fuoco nemico in attesa del prossimo ordine di fuoco, con difficoltà dovute ai tempi di ricarica dei fucili ma anche al morale che scarseggiando, in molte occasioni , provocava ritirate e fughe. Le tattiche francesi erano più moderne, le fanterie furono dotate dei più veloci fucili a retrocarica, le artiglierie mobilizzate, le cavallerie impiegate in profondità. Ciò determinò la grande potenza militare degli eserciti francesi, che consentì loro di battere diverse coalizioni e stati avversari.