1 www.ilcrocevia.it Benito Calonego LA POESIA COME ESPRESSIONE (III) MODALITÀ DELL’ESPRESSIONE A LIVELLO SEMANTICO I PRINCIPI COSTRUTTIVI DELLA POESIA PLURIVALENZA DELLA PAROLA POETICA SIMBOLISMO PRIVATO E SIMBOLISMO PUBBLICO
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Benito Calonego
LA POESIA COME ESPRESSIONE (III)
MODALITÀ DELL’ESPRESSIONE A LIVELLO SEMANTICO
I PRINCIPI COSTRUTTIVI DELLA POESIA
PLURIVALENZA DELLA PAROLA POETICA
SIMBOLISMO PRIVATO E SIMBOLISMO PUBBLICO
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LA POESIA COME ESPRESSIONE
I – ESPRESSIONE COME NECESSITA’ INTERIORE
II - ESPRESSIONE COME QUALCOSA CHE PRENDE FORMA
III - ESPRESSIONE COME ESTERNAZIONE
IV - ESPRESSIONE COME “COSTRUZIONE VERBALE”
V – ESPRESSIONE COME RIVELAZIONE-SCOPERTA DI SIGNIFICATI
VI - ESPRESSIONE COSCIENTE ED ESPRESSIONE INCONSCIA
VII - ESPRESSIONE INGENUA ED ESPRESSIONE COLTA
APPENDICI
1. MODALITÀ DELL’ESPRESSIONE A LIVELLO SEMANTICO
2. I PRINCIPI COSTRUTTIVI DELLA POESIA
3. PLURIVALENZA DELLA PAROLA POETICA
4 SIMBOLISMO PRIVATO E SIMBOLISMO PUBBLICO
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I – ESPRESSIONE POETICA COME NECESSITA’ INTERIORE
Scrive Rainer Maria Rilke: “Un’opera d’arte è buona quando è nata da una
necessità. ......... Basta secondo me di sentire che si potrebbe vivere senza scrivere perché
sia vietato di scrivere.” (Da R. M. Rilke, Lettera a un giovane poeta)
Gli fa eco Attilio Bertolucci, uno dei maggiori poeti del Novecento: “Uno dei pregi,
forse più morale che estetico, è quello di avere scritto sempre per una necessità interiore,
secondo le leggi interiori. Ci sono stati dei momenti in cui alcuni gruppi letterari hanno
avuto il sopravvento e hanno cercato di imporre la loro poetica con metodi che sono stati
chiamati di “terrorismo critico”. Io non mi sono mai lasciato impressionare da queste
imposizioni, e se a un certo punto ho avuto un’evoluzione l’ho avuta per ragioni mie.” 1
Gli fa eco il poeta trevigiano Andrea Zanzotto: “Innanzi tutto scrivo quando proprio
non posso farne a meno. Non è un divertimento per me scrivere. E’ una liberazione, ma
anche una sofferenza; perché comporta un continuo confronto con me stesso. …
L’essenziale comunque è che ci sia una specie di necessità. Se non c’è un impulso
irresistibile, è meglio fare a meno di scrivere.” 2
***
La necessità interiore può a volte connotarsi come urgenza espressiva. In tale
evenienza corre il pericolo di scendere al livello dello sfogo, che non è più poesia.
“Infatti se ci si vuole sfogare, lo si può fare facilmente in altri modi. Se il poeta
concepisce la poesia come sfogo, essa rimane un gesto della vita e perde i suoi caratteri di
conoscenza poetica della realtà e di parola autentica e piena”“ (16).
Benedetto Croce esprime il suo ideale di poesia con queste parole: “Questo è
l'incanto della poesia: l'unione del tumulto e della calma, dell'impulso passionale e della
mente che lo contiene in quanto lo contempla. La vittoria è nella contemplazione, ma è
una vittoria che freme tutta della battaglia sostenuta e che ha sotto di sé l'avversario
domato e vivente. Il genio poetico coglie e ferma questa linea sottile, in cui la
commozione è serena e la serenità è commossa”“ (17) “[Il classicismo] tende
risolutamente verso la rappresentazione, come l’altro [il romanticismo] verso il
sentimento. … I grandi artisti, le grandi opere ... non si possono chiamare nè romantiche
nè classicistiche, nè passionali nè rappresentative, perché sono insieme classicistiche e
romantiche, rappresentazioni e sentimenti: un sentimento gagliardo, che si è fatto tutto
rappresentazione nitidissima. …Ciò che ammiriamo nelle genuine opere d’arte è la
perfetta forma fantastica, che vi assume uno stato d’animo”. 3
Alda Merini non dice qualcosa di molto diverso quando dichiara: “… sono il poeta
che grida e che gioca con le sue grida ...”
L'arte si realizza solo quando il sentimento abbia subito quasi un processo di
decantazione e perso ogni sua asprezza. La concezione crociana va certamente stretta alla
poesia del Novecento, nondimeno a mio giudizio mantiene un suo valore "normativo"
perenne, di richiamo ai valori imprescindibili della forma poetica.
1 (A.B. in Sulla poesia, Pratiche ed.)
2Andrea Zanzotto in Sulla poesia, Pratiche ed., pag. 91
3 Benedetto Croce, Breviario di estetica, Laterza, pag. 32 e ss.
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L'arte, qualunque arte, è sempre indissolubilmente legata alla vita, ma da essa
riesce ad innalzarsi col miracolo del genio. Il critico d'arte M. Marangoni afferma : “Il
mondo dell'arte non coincide con il mondo reale, con la vita, è un mondo creato dall'arte
che prima non esisteva. Quando guardo “La famiglia Bellelli” di Degas, oppure la sua
stupenda “Femme à la potiche”, o la famosa “Ballerina sulla scena”, scopro qualcosa che
non ho mai veduto, cioè la vita fissata negli aspetti elementari ed eterni del ritmo e della
luce.”4. E quello che vale per la pittura, mutatis mutandis, vale naturalmente, e nella
stessa misura, per la poesia, per la musica, per tutte le arti.
W. Wordsworth, grande poeta inglese, conferma da par suo: “... tutta la buona
poesia è il traboccare spontaneo di sentimenti forti; ma per quanto ciò sia vero, nessuna
poesia a cui si attribuisca qualche valore fu mai scritta su qualsiasi argomento se non da
un uomo che, possedendo una sensibilità organica superiore al comune, aveva anche
pensato a lungo e profondamente” 5
Maria Victoria Atencia, poetessa spagnola, chiarisce: “Io concepisco la poesia come
il frutto di uno stato di raccoglimento e di riflessione. Da uno stato di passione non
nasce che il grido. Il grido può darci sollievo, ma raramente costringerci a riflettere.
Perché si grida solo per un urgente “qui e ora” , invece la riflessione vuole continuità. ...
Ciò non toglie che nella riflessione, sospesa e raccolta in sé, intervenga o possa
intervenire “l’emergenza” , qualcosa che si sovrappone a noi stessi, che si rivela
imprescindibile al testo poetico, e che siamo incapaci, non conoscendo i meccanismi che
ci regolano, di attribuire a noi stessi. Per intenderci questa “emergenza” improvvisa la
4 Matteo Marangoni, Op. cit.
5 (W. Wordsworth, citato da Elisabetta Niccolini sul n. 144 di Poesia)
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chiamiamo “ispirazione”, e in un certo periodo è stata accolta come un dono divino, non
molto diverso dalla “rivelazione” o dall’ “estasi”. 6
L’artista si esprime attraverso la realizzazione dell’opera d’arte, si esprime dunque
indirettamente. Più precisamente, egli esprime la sua idea artistica, un’idea non astratta,
ma massimamente concreta. Rispetto all’idea artistica che presiede alla creazione
dell’opera, lo stato d’animo dell’artista (emozioni, sentimenti, vissuti), ma anche le sue
idee in genere costituiscono solamente il terreno in cui l’opera si radica e di cui si
alimenta. Può capitare che lo stato d’animo dell’artista assuma un ruolo costitutivo
dell’idea artistica ma mai fino al punto da condizionarne deterministicamente lo
svolgimento. Lo svolgimento dell’idea artistica mantiene una sua autonomia creativa.
6 (Maria Victoria Atencia, sul n. 1 di Poesia)
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II - ESPRESSIONE COME QUALCOSA CHE PRENDE FORMA ASSUMENDO
VIA VIA CONTORNI PIÙ DEFINITI
Non dobbiamo pensare all'espressione poetica come ad un fatto istantaneo, ma come
ad un processo di ricerca, di scavo interiore, di approfondimento. Ciò risulta
chiaramente, sia dalle dichiarazioni degli artisti, sia dagli esempi che seguiranno, di
versioni successive dello stesso testo.
L’espressione non è neppure un processo semplice, poiché si articola su piani
molteplici (semantico, morfologico-sintattico. metrico-ritmico, fonologico, grafico).
Espressione significa anzitutto un’idea poetica ancora indefinita e vaga che
assume via via contorni più netti e definiti.
Nella prima intuizione, anche se oscura dell’idea poetica c’è un “sentire”“ che non si
appaga delle soluzioni espressive che non siano conformi ad esso, e costringe il poeta a
continuare la sua ricerca fino a quando quel “sentire”“ non ha trovato una espressione
fedele.
Consideriamo a titolo d’esempio le successive stesure dell’incipit di <A Silvia> del
Leopardi.
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Silvia, sovvienti ancora Silvia, rimembri ancora
quel tempo de la tua vita mortale, quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà spendeva quando beltà splendea
ne la fronte e nel sen tuo verginale, negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e ne gli sguardi incerti e fuggitivi, e tu, lieta, e pensosa, il limitare
e tu lieta e pudica il limitare di gioventù salivi?
di gioventù salivi?
Giuseppe de Robertis 7 commenta in questo modo il passaggio alla stesura
definitiva. “...c'era stato un tentativo di dir, minutamente, della fronte e del seno, ... del
volto; poi, ecco solo quegli occhi e la loro luce. E prima nacque la parola più
nuova,<fuggitivi>, poi quella più di tutte semplice, <ridenti>, sebbene non così
facilmente trovata, portantesi dietro la forza dell'altra, aiutata dall'altra. Ora quello
splendore è chiaro (<splendea>); e pareva prima quasi una luce fisica, o una luce
sensuale, e ora invece s'irradia dall'interno, è la giovinezza, che fa segno e lampeggia”.
Come si vede, c’è un’idea poetica ancora incerta che si fa strada, che via via prende
corpo e si definisce. E l'affinamento ha luogo a livello di idea poetica, di intuizione, e solo
di riflesso a livello espressivo (lessicale, sintattico, ecc…).
Passiamo ora a due testi famosi, "Fratelli" e "Solitudine", di Giuseppe Ungaretti.
Fratelli (1916) Fratelli (1943)
Di che reggimento siete Di che reggimento siete
fratelli? fratelli?
Fratello Parola tremante
tremante parola nella notte
nella notte
come una fogliolina Foglia appena nata
appena nata
Nell'aria spasimante
Fratelli involontaria rivolta
saluto dell'uomo presente alla sua
accorato fragilità
nell'aria spasimante
implorazione sussurrata Fratelli
di soccorso
all'uomo presente
alla sua fragilità
Anche qui il salto di qualità ha luogo prima di tutto a livello di idea poetica, e la
7 Giuseppe De robertis, Saggio sul Leopardi, Vallecchi, 1952, pagg. 273 e ss.
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novità più straordinaria, l’intuizione risolutiva, è data dall' “involontaria rivolta” della
versione definitiva. A livello espressivo, si può notare come questa sia non solo più
essenziale, ma anche più vera.
Solitudine (1918) Solitudine (1919) Solitudine(1936)
Ma le mie urla Ma le mie urla Ma le mie urla
feriscono feriscono feriscono
come i fulmini come i fulmini come fulmini
la fioca la fioca la campana fioca
campana del cielo campana del cielo del cielo
e sprofondano
impaurite E sprofondano Sprofondano
impaurite impaurite
A proposito delle successive stesure di questa poesia tante cose si potrebbero dire. Basti
accennare che via via il discorso si fa più interiore, più spirituale, con la rinuncia al facile
effetto derivante dal contrasto tra le grida del poeta e la fioca voce del cielo, con la
eliminazione della precisa determinazione fisica (come i fulmini), con la soppressione dei
facili ed esteriori legami sintattici), ecc...
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Anche la lirica che segue ha subito dei ripensamenti interessanti.
Milano
Corso Venezia rombava e cantava
come un giovane fiume a primavera.
Noi due, sperduti, s’andava s’andava,
tra la folla ubriaca della sera.
Ti guardavo nel viso a quando a quando:
eri un aperto luminoso fiore.
Poi ti prendevo la mano tremando;
e mi pareva di prenderti il cuore.
Nelle due successive versioni della lirica Milano di Diego Valeri, assistiamo a un
vero e proprio salto di qualità a livello intuitivo - espressivo.
Nella versione definitiva, l’idea poetica, depurata degli elementi egoistici e sensuali,
rappresenta l’evento amoroso in termini di comunione spirituale e sentimentale.
1921
Ti guardavo nel viso a quando a
quando:
eri un pallido e molle e ardente fiore.
Poi ti sfioravo la mano tremando:
ed eri mia, mia tutta, e carne e cuore...
1930
Ti guardavo nel viso a quando a
quando:
eri un aperto luminoso fiore.
Poi ti prendevo la mano
tremando;
e mi pareva di prenderti il cuore.
L’espressione “eri un pallido e molle e ardente fiore” analiticamente descrittiva,
pletorica, dispersiva della prima versione non regge il confronto con la bellissima “eri
un aperto luminoso fiore” della seconda.
Lo stesso discorso vale per “ti sfioravo” a confronto con “ti prendevo”. Ti sfioravo la
mano era più epidermico e galante, ti prendevo la mano è più diretto e coinvolgente.
Nell’ultimo verso l’io »egoistico e la materialità della carne di “ed eri mia, mia
tutta, e carne e cuore” è decisamente surclassato da “e mi pareva di prenderti il cuore”.
Ha fatto bene il poeta a cancellarlo, essendo così poco congruente con il sentimento
d’amore e con la tenerezza che dominano la composizione, e per di più così faticosamente
costruito. Con un colpo d’ala ha estratto dal cilindro un bel verso, in cui non c’è ombra di
sensualità, di possessività, di egocentrismo. C’è solo il cuore (e l’anima).
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III - ESPRESSIONE COME ESTERNAZIONE
Espressione significa anche qualcosa che esce allo scoperto. Si tratta di un processo
solo apparentemente semplice, poiché presenta aspetti problematici, determinati da
censure e resistenze, sia esterne che interne. Tra le resistenze esterne vanno considerate le
censure di natura politica, religiosa e legale, ma anche le mode più o meno imposte dai
gruppi letterari egemoni.
Il poeta Attilio Bertolucci parla apertamente di queste ultime, dichiarando: “Ci sono
stati momenti in cui alcuni gruppi letterari hanno avuto il sopravvento e hanno cercato di
imporre la loro poetica con metodi che sono stati chiamati “terrorismo critico”. Io non mi
sono mai lasciato impressionare da queste imposizioni, e se a un cero punto ho avuto
un’evoluzione, l’ho avuta per ragioni mie”. 8
Quanto alle censure legali, ricordo che Pasolini fu più volte condannato per le sue
opere letterarie e cinematografiche e che nel passato meno recente innumerevoli opere
letterarie furono messe all’indice.
Nell’Italia odierna contano oggi forse soprattutto le censure interne, di carattere
psicologico o di carattere ideologico-letterario. Un autore può avere difficoltà ad
abbandonare uno stile espressivo, ad affrontare i gusti del pubblico con uno stile
innovativo, ecc… ecc…
8 Attilio Beretolucci, in Autori vari, SULLA POESIA, Pratiche editrice, pag. 18
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IV - ESPRESSIONE COME “COSTRUZIONE VERBALE”
Una volta che l’idea poetica sia venuta alla luce e che l’io abbia superato le invitabili
censure, resta il problema di “tradurla” in parole, di costruire un testo utilizzando il materiale linguistico.
9
Scrive in proposito Attilio Bertolucci: “Come il falegname deve saper fare una sedia
che stia in piedi, così il poeta deve saper costruire una poesia che si regga; ed oggi è più
difficile di un tempo, perché allora importava conoscere la metrica, oggi invece bisogna
saperlo fare senza questo appoggio”.10
Sul piano pratico deve possedere i ferri del mestiere. Deve saper costruire versi,
strofe e rime. Se non vuole utilizzare la metrica della tradizione – deve almeno conoscerla
non superficialmente, per potere fare delle scelte personali a ragion veduta. Può decidere
di fare a modo suo, ma sapendo bene a cosa rinuncia.
***
Il poeta, che ha a che fare con le parole, da sempre sa sfruttarne d’istinto tutte le
risorse espressive. Sa sfruttarne il significato, ma anche il significante (cioè la base
fisica, grafico-fonica).
Quando compone, egli mette a fuoco il piano del significati (semantico), in termini di
descrizione, narrazione e ideazione, e li ravviva e potenzia espressivamente mediante la
connotazione, l’analogia e il simbolo.
Nello stesso tempo ha ben presenti le potenzialità espressive dei diversi piani del
significante: la costruzione della frase, il ritmo e la musicalità del verso, la rima, la qualità
e il carattere del suono, ecc….11
9 L’idea poetica non è già data nelle sua compiutezza fin dall’inizio. Spesso prende forma, si chiarisce
durante la composizione del testo poetico. 10
Attilio Bertolucci, in Op. cit., pag 14 11
Al piano morfologico-sintattico sfrutta le numerose figure di costruzione del discorso (anafora,
inversione, chiasmo, asindeto, polisindeto, zeugma, ipallage, ecc…):
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Il testo poetico risulta così costituito di elementi semantico-concettuali, cioè di
significati, e di elementi semantizzati, cioè di significanti, intimamente intrecciati con i
significati a formare un tutto armonicamente unitario.
L’atto poetico, giocato su più piani e di conseguenza straordinariamente articolato e
complesso, necessita di un elemento capace di strutturare unitariamente il testo, di
coordinare tra loro contenuti e piani espressivi. Tale elemento è l’idea poetica. Grazie ad
essa il poeta, pur nella complessità della situazione creativa, non corre il rischio di
perdere il filo del discorso, il senso unitario di quanto sta facendo. 12
al piano metrico-ritmico (il ritmo, l’accentazione della parola, ecc…),
al piano fonologico (la rima, la qualità fonica particolare della parola, il colore del suono, il carattere del
suono, la frequenza diffusa di un dato suono, ecc…):
al piano grafico-visivo il rapporto tra i pieni (delle strofe e dei versi) e i vuoti (della pagina bianca). 12
Ved. Appendice 1: I PRINCIPI COSTRUTTIVI DEL TESTO POETICO:
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V –ESPRESSIONE COME RIVELAZIONE-SCOPERTA DI SIGNIFICATI
Secondo Diego Valeri, la poesia è la verità più profonda che all’uomo sia dato
conoscere: esprime quello che l’uomo sa dell’uomo, dell’uomo interiore e, attraverso di
esso, della realtà del mondo; la poesia è ricerca della verità che uno porta dentro di sé.” 13
La narrazione di eventi - quali ad esempio la nascita di un amore, di
un’amicizia, di un figlio, il sopravvenire della malattia, della morte, della guerra,
della pace, ... come pure la descrizione di aspetti della natura, ecc... - non sono fine a
se stessi. Attraverso di essi, la poesia coglie significati che trascendono il puro piano
fattuale, della realtà fisica e psicologica.
Secondo Vittorio Sereni la verità della poesia è conquistata spesso a fatica,
attraverso un lungo scavo interiore e una radicale interrogazione esistenziale. Una verità
che, nella grande poesia, ha nello stesso tempo i caratteri dell'individualità (a livello di
connotazione) e dell'universalità (a livello di significato). 14
Nel pensiero di Martin Heidegger “la poesia assume la funzione essenziale di
nominazione originaria: attraverso di essa l'essere, cioè la realtà spirituale, si rivela a
noi. Il suo linguaggio esprime le verità eterne dell'uomo e della vita, differenziandosi dal
chiacchiericcio quotidiano, dalla banalità”
Vediamo in proposito un paio di poesie, esemplari per la verità poetica che sanno
cogliere. 15
La prima esprime il carattere precario ed effimero della condizione umana, la
seconda l’universalità della sofferenza (anche gli animali soffrono al pari dell’uomo).
13
Lazzarini, Testimonianze in “Ugo Fasolo, “Omaggio a Diego Valeri, Op. cit. pag. 103. 14
Vittorio Sereni in Autori Vari, Op. cit, pag. 43 15
La poesia concorre allo sviluppo di una forma originale di conoscenza, la conoscenza "poetica"
della realtà (M. Cucchi). S’intende che si tratta di una conoscenza di carattere intuitivo, diversa da quella
della scienza in genere e delle scienze sociali in particolare, ma altrettanto significativa. Lalla Romano
confida a G. Spagnoletti: “La poesia si situa al di là della razionalità, … diventa rivelazione, un linguaggio
non della causalità razionale, non della vita pratica, un linguaggio che rivela qualcosa di più forte, di più
intenso, di più intimo. (Citazioni da Lalla Romano contenute nell’articolo “Lalla Romano e la poesia” di
A. Ria, sul n. 114 di Poesia)
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Vanità (Giuseppe Ungaretti)
D'improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell'immensità
E l'uomo
curvato
sull'acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un'ombra
Cullata e
piano
franta
La capra (Umberto Saba)
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
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dalla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentivo querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
***
Antonio Porta, a differenza dei più, assegna un valore preminente alla
comunicazione poetica. Secondo lui «questa nuova poetica è nata da un rifiuto della
poesia del silenzio, dell'idea cioè che la poesia nasca più dal silenzio che sta dentro le
parole che da quello che le parole riescono a dire, dal rifiuto di una specie di teorizzazione
della poetica dell'impossibilità di dire. E' nata dalla volontà di dire, dalla necessità
avvertita di un'arte che non si chiuda a riccio, che non si copra ermeticamente, come
invece ha fatto una parte dell'arte moderna. Prima lo scopo principale era quello di
costruire un meccanismo linguistico critico, indipendentemente dai suoi valori di
comunicazione. Oggi c'è maggiore spostamento in direzione del versante comunicativo,
che non in direzione del silenzio, e il lavoro della poesia è fatto proprio per evitare di
cadere nella trappola che è la poetica del silenzio.» 16
Giuseppe Conte chiarisce in quali termini debba essere inteso il rapporto tra
espressione e comunicazione. “Il lavoro di chi scrive è come tendere una mano nel buio
aspettando che qualcuno, sconosciuto, la stringa. Non sai a chi ti rivolgi, non sai cosa
scrivi e per chi scrivi, però ci sarà qualcuno che stringerà questa mano che tu hai lasciato
nel buio, anche nella solitudine. Qualcuno, stringendo questo mano, ama quello che tu hai
fatto, ed è questo il risultato del lavoro della poesia. Se tu avessi già un destinatario a cui
indirizzare quello che scrivi, non avresti più quella libertà che invece deve essere la
condizione fondamentale del lavoro di uno scrittore. Per me quello che conta è la
circolazione d'amore ... non per il poeta, ma per la poesia, per il suo linguaggio, per quel
grande sogno che la poesia contiene in sé.” 17
Andrea Zanzotto conferma l'idea che la poesia “serve per esprimere prima di tutto se
stessi. Poi ha anche la possibilità di comunicare ad altri qualche cosa. Una volta che la
poesia è stata scritta l'importanza del lettore diventa straordinaria, fondamentale.”
***
Il significato espresso dal singolo testo poetico è dato solo in parte dalla
16
Antonio Porta con tutta probabilità se la prende con la poesia oscura, spesso incomprensibile
dell’Ermetismo e soprattutto degli epigoni dell’Ermetismo, che per tutto il Novecento e oltre hanno
costretto il lettore a defatiganti lavori di decifrazione. Credo che la rivalutazione della comunicazione
poetica significhi sostanzialmente il rifiuto dell’oscurità, di una oscurità che non di rado copre il vuoto. 17
Giuseppe Conte, in Autori vari, Op. cit. pag. 170
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situazione esistenziale che ha fornito materia e stimolo alla sua nascita, è dato
soprattutto dal tema e di riflesso dall’idea poetica che attualizzandolo gli dà una
forma e una connotazione particolari,
Il singolo testo rimanda ad una situazione esistenziale, connotata da emozioni,
sentimenti e passioni, che fornisce lo stimolo, l'occasione concreta per la nascita del testo
in questione. Così ad esempio la poesia “Fratelli” di Ungaretti, nasce una notte al fronte,
lontano da casa, durante la prima guerra mondiale. Le emozioni, i sentimenti, le passioni
che il poeta prova in quella situazione forniscono materia e stimolo, sono la condizione
sine qua non della nascita del testo poetico, ma non sono ancora poesia, possono
diventarlo solo se suscitano nel poeta l’affiorare di un tema poetico e quindi la nascita di
un’idea, di una intuizione capace di permeare di sé e dare forma al testo poetico. Nel caso
in questione è l’imprevisto affiorare nella coscienza del tema della guerra, della
involontaria di rivolta morale contro la precarietà dell’esistenza e la logica della guerra , a
stimolare la nascita dell’idea poetica.
L’idea poetica che dà vita alla composizione può avere un lungo periodo di
incubazione e faticare a venire alla luce nel suo pieno significato. Via via che prende
forma, essa costituisce l’elemento dinamico che stimola – orienta la funzione poetica,
sia a livello semantico che a livello sintattico, metrico-ritmico, fonologico, ecc … E’
lei a creare le immagini poetiche di base, a fornire una traccia per la strutturazione
del testo, ecc…
Da quanto detto si arguisce che l’idea poetica deve essere distinta dall'argomento
della composizione, anche se quest'ultimo è intimamente orientato ad essa, come pure
dal tema della poesia. Qualche esempio chiarirà meglio le idee.
Il già richiamato quadro dell’amico Renato ha per argomento il ritorno dei bambini da
scuola, mentre il tema è il rimpianto di un tempo felice. L’idea artistica ha tradotto
concretamente il tema in questione operando particolar scelte espressive i.
La poesia del Pascoli Fides ha per argomento un bambino che si addormenta beato
ascoltando le dolci parole della mamma, mentre fuori imperversa la bufera. Il tema è il
contrasto tra le nostre illusioni e la realtà che è solo sofferenza. L’idea poetica ha tradotto
il tema in questione in un dato testo, operando determinate scelte espressive (la scelta
della forma simbolica, e quella relativa alla descrizione del tenero clima familiare).
Poiché l’idea poetica è intimamente connessa – attraverso il tema - con la poetica
dell’autore, è necessario conoscere quest’ultima per comprendere appieno il significato
della singola poesia. Non conoscendola, c’è il rischio di fraintenderlo.
Consideriamo a titolo di esempio le celebri poesie di Eugenio Montale, Cigola la
carrucola del pozzo e Mattino.
Cigola la carrucola del pozzo
Cigola la carrucola del pozzo,
l'acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un'immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
Si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro ...
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Ah che già stride
la ruota, ti ridona all'atro fondo,
visione, una distanza ci divide.
Il secchio che sale dal pozzo è una metafora della memoria che rievoca il passato, ma
il passato non può tornare che come immagine irreale. Il verso centrale, "Accosto il volto
a evanescenti labbri", verifica tale irrealtà, l'impossibilità del ritorno del passato.
Nella seconda quartina il poeta compie l'azione che annulla il ricordo, l'immagine. Il
passato è irrevocabile, non può ritornare, comporta dolore, cioè divisione e lontananza:
l'oggetto della memoria infatti sprofonda in una spazialità buia e sfuggente.
L’idea che ha generato la poesia è derivata in prima istanza dalla poetica montaliana,
secondo la quale il soggetto è estraniato, subisce la realtà, e solo in seconda istanza
dall'episodio, a noi sconosciuto, che l'ha ispirata. Difficilmente tale idea potrebbe essere
ricavata dal testo prescindendo da una conoscenza approfondita della poetica dell'autore.
Con la poesia Mattino ancora una volta siamo di fronte ad uno dei temi peculiari della
poetica montaliana che contrappone la realtà fenomenica, l' “inganno consueto” della
sedicente realtà (alberi case colli) alla necessità cosmica (il nulla vuoto); che contrappone
gli uomini che non si voltano, che non percepiscono l'abisso che è alle loro spalle (la
precarietà della condizione umana), al poeta col suo segreto, all'intellettuale solitario che
per un attimo è colto dalla vertigine del nulla e barcolla come un ubriaco.
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Mattino
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Da quanto rilevato a proposito dei testi montaliani presi in esame, si arguisce che il
significato di un testo può risultare difficilmente comprensibile se non si conosce la
poetica del suo autore. Questo vale soprattutto per la poesia ermetica, ma vale anche,
seppure in misura minore, per qualsiasi testo poetico.
A differenza della poetica, il pensiero filosofico del poeta o al quale il poeta si
richiama, solitamente costituisce soltanto lo sfondo culturale della sua opera, e non è
pertanto necessario conoscerlo. Per alcuni poeti, come ad esempio Leopardi, non è così.
Per intendere appieno il significato di poesie come La ginestra o Il canto notturno di un
pastore errante dell’Asia è indispensabile conoscerne il pensiero filosofico.
Come abbiamo visto, la poesia è essenzialmente espressione di idee, di emozioni e
simili, ma soprattutto di se stesso, del proprio mondo interiore. Nella poesia c’è tutto
l’uomo. É questo il motivo della sua complessità, il motivo per cui la sua comprensione
non è quasi mai semplice e immediata e richiede un lavoro di interpretazione.
22
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VI - ESPRESSIONE COSCIENTE ED ESPRESSIONE INCONSCIA
Poichè, come abbiamo visto, la poesia è anche mistero, l’espressione poetica non è
mai qualcosa di intellettualistico e raziocinante, ma di carattere intuitivo e profondo.
Nell’atto creativo intervengono ovviamente fattori razionali, tecnici, il cosiddetto
mestiere, ed anche, ma questo è meno ovvio, fattori inconsci che hanno a che fare con
l’emozionalità e con l’inconscio.
Da questo punto di vista, riveste un particolare interesse il racconto che Umberto
Saba fa della gestazione della celebre poesia “A mia moglie”.
Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa:
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
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le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così se l'occhio, se il giudizio mio
non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun'altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
………………………………
Egli scrive: “Quando, poche ore dopo, mia moglie ritornò a casa, la poesia era fatta:
completa, prima ancora di essere scritta, nella mia memoria. Devo averla composta in uno
stato di quasi incoscienza, perché io, che quasi tutto ricordo delle mie poesie, nulla
ricordo della sua gestazione. Ricordo solo che, di quando in quando, avevo come dei bri-
vidi. Né la poesia ebbe mai bisogno di ritocchi o varianti. S'intende che, appena ritornata
la Lina, stanca della lunga salita (si abitava a Montebello, una collina sopra Trieste) e
carica di pacchi e di pacchetti, io pretesi subito da lei che, senza nemmeno riposarsi,
ascoltasse la poesia che avevo composta durante la sua assenza. Mi aspettavo un ringra-
ziamento ed un elogio; con mia grande meraviglia, non ricevetti né una cosa né l'altra. Era
rimasta invece male, molto male; mancò poco litigasse con me. Ma è anche vero che poca
fatica durai a persuaderla che nessuna offesa ne veniva alla sua persona, che era anzi la
mia piú bella poesia.” 18
Poiché c’è una profonda affinità tra le diverse forme artistiche, riporto un ulteriore
esempio di espressione inconscia, riguardante la pittura. Esso può gettar luce sul rapporto
tra le due modalità di espressione, conscia e inconscia, razionale e irrazionale.
Il quadro dell’amico Renato che tengo nel mio studio rappresenta un gruppetto di
bambini in un viottolo di campagna che, cartella in spalla, sono diretti a scuola. L'autore
mi confessa che il titolo del quadro è “Rimpianto”“, rimpianto di un passato lontano fatto
di sogni, di speranze, di piccole gioie. Ammette che i bambini si allontanano verso il
fondo del quadro, invece di avvicinarsi a noi, perché l'infanzia è ormai lontana e
inattingibile. Mi racconta che la parte in primo piano non riusciva ad eseguirla come
avrebbe voluto. Non capiva il perché. Dietro mia sollecitazione, riconosce che la
resistenza interna poteva nascere dalla difficoltà di rappresentare il presente, un presente
fatto di amarezza e solitudine. Su di essa c'è il riverbero della luce che attraversa il
bellissimo cielo dell'infanzia, ma tale riverbero è così debole da non riuscire ad illuminare
il primo piano, ripristinando il clima di allora.
Da quanto richiamato risulta che, accanto al mestiere, alla mediazione tecnica e
razionale, sono presenti nel quadro elementi inconsci, riferibili alla espressione del mondo
interiore. Tali elementi possono avere un ruolo positivo, propulsivo, ma anche un ruolo
negativo, di resistenza alla espressione di determinati contenuti.
18
(Da Antologia del “Canzoniere”“ , Einaudi ed.)
24
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Come l’amico pittore, anche il poeta - ma il discorso vale per ogni tipo di artista - si
esprime in forma immediata attingendo alle profondità della psiche, e in forma mediata,
tecnica e razionale, attingendo alla cultura e alle risorse del mestiere.
25
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VII - ESPRESSIONE INGENUA ED ESPRESSIONE COLTA
“Tutti siamo un po' poeti, perché tutti abbiamo desideri e bisogni che sono quelli che
la poesia esprime; ma esprimerli attraverso il linguaggio richiede lavoro, una fatica, una
tecnica che non è diversa da quella del pittore o del musicista. Se il bisogno di poesia è di
tutti, la realizzazione è solo di chi si dedica attivamente, di chi vi passa la vita. La poesia
richiede una disciplina totale, di passare ore e ore inchiodati ad un tavolo, ad un quaderno,
ad un foglio” (8).
Il critico d'arte Matteo Marangoni se la prende con l'affermazione che l'ingenuità
è il culmine dell'arte. Secondo lui “troppa gente crede a questo sproposito e pensa subito
ai Primitivi, ai Senesi, all'Angelico: i quali anziché degli ingenui, erano perfettamente
esperti del loro mestiere; come sono sempre, del resto, tutti i buoni artisti, che la
semplicità se la conquistano” 19
. Lo stesso discorso ovviamente vale per la poesia.
“Fare poesia vuol dire prima di tutto aver una particolare sensibilità ed amare il
linguaggio, cioè amare le parole e coglierne il suono, la musica, il ritmo, prima che il
significato, cioè sentire dentro il linguaggio qualcosa che va al di là della semplice
comunicazione” 20
Naturalmente tutto ciò non basta. E infatti molti poeti riconoscono l'importanza
della cultura poetica e della competenza tecnica per fare poesia. “Per diventare poeti o
intenditori di poesia bisogna farsi l'orecchio sulla musica delle poesie, allo stesso modo
che per essere intenditori di musica bisogna ascoltarne molta, con attenzione e
partecipazione. Per poter realizzare un ritmo moderno, non definito da regole metriche
rigide, è necessario conoscere le regole. Oggi invece si ritiene che scrivere poesie sia
molto facile, perché non esistono più tecniche poetiche. Ci vuole una certa professionalità
per passare dalle velleità poetiche a un tentativo d realizzazione. Oggi con una metrica
libera sembra più facile. In realtà è più difficile, perché dimostrare professionalità in
questo modo presuppone una maggiore padronanza del mestiere. Come il falegname
deve saper fare una sedia che stia in piedi, così il poeta deve saper costruire una poesia
che si regga; ed è oggi più difficile di un tempo, perché allora importava conoscere la
metrica, oggi invece bisogna saperlo fare senza questo appoggio”. 21
La naturalezza dell'arte poetica....si raggiunge attraverso qualcosa che è entrato
nell'orecchio, venendo da Petrarca, da Dante, dagli altri classici. Si tratta dunque di una
naturalezza acquisita, non di una naturalezza naturale, spontanea.
Ovviamente, competenza tecnica non significa tecnicismo. Il poeta apprezza la
tecnica, ma diffida del tecnicismo, ci mette in guardia da una fiducia eccessiva nel
<mestiere>. Secondo Diego Valeri “il tecnicismo o l'automatismo sono vizi incompatibili
con la poesia, che dovrebbe essere tenuta sempre fuori e lontano dal campo delle bravure
e delle ambizioni secolari....” . Leonardo Sinisgalli afferma di “essere cresciuto negli
anni senza guadagnare nessuna certezza, che potesse servirgli da struttura alla sua poesia.
Ogni volta che compone una poesia, egli si trova a ricominciare da capo dal nulla”.
Mario Luzi temendo una metrica caratterizzata da una musica esteriore, scrive le sue
poesie in stesura continua, senza andare a capo al termine del verso. In tal modo è sicuro
che si tratta di versi e non di divisioni tradizionali, rituali, esteriori. Non vuole che il verso
19
Matteo Marangoni, Saper vedere, Garzanti, 1971 20
Attilio Bertolucci in Op. cit. pag. 14 21
Attilio Bertolucci in Op. cit. pag. 14
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preesista sulla carta, ma che risulti. Per fare ciò cioè per ottenere e una musica vera non
sorretta artificialmente dalla tecnica della versificazione, occorre una conoscenza
profonda della metrica, una conoscenza diventata come una seconda natura
Nei poeti “dilettanti della domenica” il rapporto tra il fattore "ingenuità" e il
fattore “cultura e competenza tecnica” è a tutto favore del secondo. Il concetto di poesia
come espressione culturale e competenza tecnica non è presente nella loro “vocazione
poetica”“. Ma questo atteggiamento non è ristretto ai soli dilettanti, se badiamo alle
doglianze dei “veri” poeti.
“Questa coscienza è stata un po’ spazzata via. Quindi c’è chi può pensare di scrivere
poesie semplicemente perché ha o crede di avere qualcosa da dire, da esprimere. E’ un
fatto che dipende dalla crisi di quel concetto artigianale di poesia che invece nel
“Novecento” storico è molto forte, un po’ dappertutto. Insomma, non si scrive tanta
poesia perché è cresciuta la coscienza di quello che sia la poesia, ma perché è diminuita.
Ripeto quello che ho detto per iscritto qualche anno fa: se ci fosse più gente che sapesse
analizzare e smontare un testo poetico, ci sarebbe meno gente che ne scrive. Su
questo non ho il minimo dubbio.” 22
La poesia ingenua, non è detto tuttavia che non abbia un suo fascino particolare, una
sua grazia, una sua levità. Vi sono persone, in ispecie in età infantile, che appaiono dotate
di virtù poetiche innate, quali la capacità immaginifica, il senso del ritmo, il gusto per la
parola. A titolo d'esempio riporto tre poesie di Loretta Barbiroli, una bambina di
Nogara (Verona) che frequentava la terza elementare all'epoca delle prime due, la prima
media all'epoca dell'ultima.
22
(Pier Vincenzo Mengaldo, intervistato da Patrizia Valduga su n. 1 di Poesia)
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La rondine
C'è il sole.
Il cielo è azzurro,
non c'è nemmeno una nuvola.
Un mite animale
vola placidamente
nel grande universo.
Autunno
Il cielo è triste,
grigio,
farfalle morte
cadono dolcemente.
Gli alberi
si addormentano
e il loro volto
riprende
ad essere triste,
lungo, oscuro.
Ormai il grande silenzio
è sceso lentamente,
come scende la notte
oscura e impaurita.
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Il sole
Il sole, il limpido sole,
bisognava pur
tuffarsi nella sua luce
per capire
la sua bontà
bisognava che io
lo toccassi perché
non mi bastava
sentirmelo sul
corpo.
29
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APPENDICE 1 - MODALITÀ DELL’ESPRESSIONE A LIVELLO SEMANTICO
Il linguaggio poetico è caratterizzato da modalità espressive che conferiscono al
discorso una particolare efficacia espressiva. Si tratta del linguaggio connotativo, del
linguaggio analogico e di quello simbolico.
IL LINGUAGGIO CONNOTATIVO
In effetti, il poeta impiega di norma un linguaggio di tipo connotativo, un
linguaggio cioè che utilizza oltre ai significati concettuali di base delle parole
(denotazione), significati associati a quelli di base, sfumature espressive, ricordi,
aspettative, echi, richiami, suggestioni, aloni emotivi, affettivi e culturali (connotazione).
E’ l’idea poetica, con il sentimento che lo accompagna, ad attivare i significati
associati coerenti con essa in determinate parole, espressioni, ecc… , dalle quali si
riverberano su tutte le parole del testo.
Vediamo a titolo d’esempio un brano in prosa (anche la prosa può essere ricca di
connotazioni espressive) in cui parecchie le parole “riscaldano” il contesto, e riverberano
la loro carica espressiva su tutte le altre. Si tratta delle parole finalmente, contemplò,
comandi lucenti, perfetti, comandante di una nave, grido di battaglia, balzò.
“Entrò finalmente nell'automobile; contemplò i comandi lucenti, perfetti nelle loro
cromature; si compose sul sedile come il comandante di una nave sulla plancia. Girò la
chiavetta. Un rombo chiaro e rassicurante si alzò, come un grido di battaglia. L'auto
balzò in avanti.”
Consideriamo ora la bellissima prima strofe de “Il passero solitario” di Leopardi.
Il passero solitario
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Il termine “antica” conferisce alla torre campanaria una preziosa patina di nobiltà;
“armonia” dà al canto del passero una valenza musicale e spirituale insieme; l’espressione
“brilla nell’aria e per li campi esulta” anima e personifica la natura primaverile: chi brilla
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ed esulta non è l’aria, non sono le creature viventi, ma la primavera; ecc…
Ed ecco un altro splendido esempio di poesia, in cui il vivo sentimento della
natura impregna tutto le parole del testo, si riverbera da una parola all’altra come in un
gioco di specchi.
Primavera
Già sulle rive dello Xanto ritornano i cavalli,
gli uccelli di palude scendono dal cielo,
dalle cime dei monti
si libera azzurra fredda l'acqua e la vite
fiorisce e la verde canno spunta.
Già nelle valli risuonano
canti di primavera.
(Alceo, trad. Salvatore Quasimodo)
IL LINGUAGGIO ANALOGICO
Il poeta impiego sistematicamente le figure retoriche, cioè quei particolari costrutti
linguistici, che conferiscono al discorso una particolare efficacia espressiva. Nel giudizio
tradizionale e corrente, le figure sono considerate di norma come funzionali alla
ornamentazione: non si tratterebbe cioè di elementi sostanziali del linguaggio, inseriti
dall'interno nel suo costituirsi significativo. Nulla di più falso. La figura è una delle
risorse fondamentali della significazione linguistica, strumento chiave del rinnovamento
del linguaggio e della stessa ricostruzione del reale. E ciò non solo nell'ambito della
comunicazione letteraria, ma anche in quello dell'esperienza più ovvia e quotidiana.
E’ tanto vero che il parlar figurato non è un che di aggiunto, che il popolo ne è
amantissimo e davvero si può dire che “si fanno piú tropi in un giorno di mercato in
piazza, che in molte riunioni accademiche ».
Tra le svariate figure retoriche un posto di primo piano spetta alla figure di
significato (tropi), analogiche (similitudine, metafora e sinestesia) e basate sulla
contiguità concettuale (metonimia e sineddoche).
Se consideriamo ad esempio la metafora “Achille è un leone”, nel pensiero dell’autore
solo Achille esiste realmente. «Achille è un leone» significa “Achille è valoroso”. Achille
non diventa un leone. Il leone serve solo a rappresentare in modo efficace il valore
dell’eroe. Nella metafora “il cielo piange”, il pianto è solo fittizio, significa “cade la
pioggia dandoci un po’ di tristezza”
Se invece dico “ il fiore è bellezza”, esistono realmente sia il simbolo (il fiore) che il
suo significato (la bellezza). Analogamente, se dico “speriamo che torni presto a volare la
colomba”, esistono entrambi, il simbolo (la colomba) e il suo significato, almeno a livello
di speranza (la pace).
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IL LINGUAGGIO SIMBOLICO
Un posto altrettanto di primo piano spetta al simbolo,23
che si intuisce da allusioni,
da suggestioni, ecc... “La sua caratteristica fondamentale è di fondarsi sulla
«compatibilità» di due piani di lettura, mentre [nelle figura analogiche: similitudine,
metafora, sinestesia) i due piani si escludono. “ (Lorenzo Renzi, Come leggere la poesia,
ed. Il Mulino) In altre parole, mentre le figure analogiche contribuiscono alla
rappresentazione della realtà, ma non hanno nel pensiero dell’autore una esistenza reale, il
simbolo convive invece con la realtà, realizzando due piani di lettura della realtà,
ambedue “veri” per il poeta.
A differenza del significato metaforico, il significato simbolico è per sua natura
sfuggente e non è facile identificarlo con sicurezza, definirlo nel dettaglio, a meno che il
poeta non si premuri di darci in proposito qualche utile chiarimento. In genere è dato
dall’insieme di impressioni, suggestioni, allusioni, ecc… non riconducibili al piano della
realtà fattuale descritto dal testo.
In qualche misura e forma ogni testo poetico raggiunge il livello simbolico, poiché
significa sempre qualcosa al di là del piano puramente fattuale. 24
Nella poesia che segue, sono il moto e il sospiro delle onde, le stelle che nascono e
tramontano, il soffio del vento, la luce della luna a trasfigurare il paesaggio notturno
alludendo simbolicamente al mistero che avvolge la nostra esistenza. Nel mistero che
sovrasta, la luminosità diffusa che si innalza dal mare viene interpretata dal poeta come
un ponte d’argento, simbolo di speranza.
Mare (G. Pascoli)
M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l'onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.
Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?
Il simbolismo della poesia in alcuni casi si nasconde all'interno del significato di
primo livello, dal quale è inseparabile. Le stesse espressioni hanno sia un significato
23
C’è un simbolismo privato e un simbolismo pubblico, che vive in noi assegnando un preciso significato a
cose ed eventi..
…………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………….
Nel mondo artistico ha dominato la scena culturale soprattutto nel Novecento (Simbolismo ed Ermetismo). 24
(Lorenzo Renzi, Come leggere la poesia, ed. Il Mulino)
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manifesto, sia un significato implicito che vi aderisce strettamente, con una totale
sovrapposizione dei due piani. E' questo il caso più difficile. Il lettore infatti deve capire
che vi è una doppia valenza significativa o comunque congetturarne la presenza
partendo da indizi spesso mascherati e sottili.
Il vetro rotto (Umberto Saba)
Tutto si muove contro te. Il maltempo,
le luci che si spengono, la vecchia
casa scossa a una raffica a te cara livello fattuale
per il male sofferto, le speranze
deluse, qualche bene in lei goduto.
Ti pare il sopravvivere un rifiuto
d'obbedienza alle cose. livello simbolico
E nello schianto (coglie il significato
del vetro alla finestra è la condanna. profondo di quanto accade)
A un livello immediato la poesia si riferisce al temporale. A un lettura più attenta
si coglie l'espressione di sentimenti e situazioni angosciose che investono in profondità
l'esistenza del poeta (situazioni di guerra, persecuzione degli ebrei, ecc.) Senso fattuale e
senso simbolico sono reciprocamente incastrati. Le medesime espressioni (maltempo,
luci, raffica, schianto,.....) significano contemporaneamente su due piani, su quello della
descrizione del temporale e su quello dell'esistenza del poeta.
La poesia che segue è intessuta di simboli, cioè di elementi concreti che hanno un
significato spirituale (ponte, chiaviche, sole, Dio, turbine, in alto, pece). Naturalmente
sono presenti anche figure analogiche, soprattutto metafore (portava a te, andava
stremandosi, prese uomini e case), ma hanno un rilievo espressivo assai minore.
Vento sulla mezzaluna (Eugenio Montale)
Il grande ponte non portava a te.
T'avrei raggiunta anche navigando
nelle chiaviche, a un tuo comando. Ma
già le forze, col sole sui cristalli
delle verande, andavano stremandosi.
L'uomo che predicava sul Crescente
mi chiese «Sai dov'è Dio?» Lo sapevo
e glielo dissi. Scosse il capo. Sparve
nel turbine che prese uomini e case
e li sollevò in alto, sulla pece.
Dato il carattere ermetico della poesia, non è facile darne una lettura univoca. Si tratta
di scene di vita scozzese, ma sono alla ricerca frustrata di una donna, che è anche una
ricerca frustrata del divino. In questo risiede il loro significato simbolico.
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“Vento sulla mezzaluna” è, … un «madrigale» in negativo alla donna: fin che questa
non può essere raggiunta, l’invasione del fango umano si alza come una marea e tutta la
natura si fa buia.
Nella poesia seguente il passaggio dal livello primario, fattuale a quello simbolico
avviene in modo naturale. (Da notare che il livello simbolico utilizza anche delle
metafore, figura appartenente allo strato analogico: <terreno bruciato>, <ansietà del suo
volto>, <la pianta che conduce>, <girasole impazzito di luce>).
Il girasole
Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
***
Lo strato simbolico può essere svolto in modo esplicito in una parte distinta del
testo, in genere quella conclusiva. E' quanto succede nel <Sabato del villaggio> e in molti
altri idilli leopardiani.
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APPENDICE 2: I PRINCIPI COSTRUTTIVI DELLA POESIA
I principalI principi costruttivI del testo poetico sono la ripetizione e la
varazione. La ripetizione è onnipresente nelle forme più varie: opera con evidenza sul piano metrico-ritmico, con la ripetizione dello stesso metro e dello stesso ritmo, a livello fonico soprattutto con la rima, a livello sintattico con la ripetizione di costruzioni sintattiche, con la realizazione di particolari simmetrie, ecc...
Il contenuto della ripetizione di regola non è uguale e identico, ma soltanto equivalente. Nella ripetizione vi sono in ogni caso elementi di diversità, anche se minimi. Così possiamo parlare di variazione. (Un esempio eccezionale di ripetizione identica è data dal verso pascoliano «Lenta la neve fiocca fiocca fiocca», in cui la ripetizione rende l'effetto della continuità del fenomeno, della durata).
In campo artistico non sono possibili ripetizioni semantiche complete e assolute. Ad esempio nel verso leopardiano:
«O natura o natura, perchè non rendi poi …»
le parole ripetute hanno un'intensità diversa e maggiore rispetto alle altre, intensità che nella dizione deve essere sottolineata con la voce. Al limite la diversità può derivare unicamente dalla posizione diversa all'interno del verso, della strofe o dell'intera composizione, come accade ad esempio col ritornello che ogni volta ritorna uguale, ma con un significato espressivo mutato.
Vediamo un esempio di ripetizione particolarmente suggestivo.
L'assiuolo (G. Pascoli)
In un'alba velata di nubi, qua bianche e là nere, una voce dai campi, un singulto, un pianto
di morte: il verso dell'assiolo, L'ottavo verso si ripete uguale in_ogni strofe: «chiù ...»,Augdsi...i:fiuto ogni volta
assume una connotazione diversa.
Dov'era la luna? chè il cielo notava in un'alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiir
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com'eco d'un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiú
Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d'argento
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(tintinni a invisibili porte che forse non s'aprono più? ...); e c'era quel pianto di morte ... chiù
***
I rapporti tra diversi piani espressivi sono regolati dal principio di equivalenza,
che significa contemporaneamente uguaglianza e diversità. Un determinato elemento su un dato piano può per ragioni espressive avere un riscontro positivo, cioè un trattamento analogo sugli altri piani. Ad esempio una forte emozione negativa, come la morte di una persona cara, può esprimersi al livello sintattico in un periodare irregolare, a livello metrico in un ritmo spezzato, a livello fonico nel colore scuro dei suoni, ecc... Il positivo riscontro ai diversi piani non esclude tuttavia una certa tensione tra di essi: l'analogia infatti non è uguaglianza, e per principio non esclude la diversità, e dunque l'opposizione.
Grazie alla tensione tra i diversi piani espressivi, l’equivalenza acquista un significato anche quando è assente. In questi casi, la mancata equivalenza non è tanto una espressione della spontaneità creativa quanto una scelta espressiva cosciente.
Va da sè che tale dialettica rende più ricca e complessa la semantica del testo.
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APPENDICE 3: PLURIVALENZA DELLA PAROLA POETICA
Un esempio straordinario di plurivalenza della parola poetica ci è dato dal celebre
verso virgiliano 25
quadrupedante putrem sonitu quatit ungula campum, in cui le parole
che lo compongono contribuiscono a realizzare nello stesso tempo:
- la descrizione di un determinato evento guerresco:
QUADRUPEDANTE PUTREM SONITU QUATIT UNGULA CAMPUM
(lo zoccolo dei cavalli percuote il campo soffice col rumore di quattro zampe)
- un ritmo che simula perfettamente il galoppo dei cavalli:
QUADRUPE / DANTEPU / TREMSONI / TUQUATIT / UNGULA / CAMPUM
- un effetto fonico di cupezza - ottenuto dalle U ripetute - che simula il rumore sordo
degli zoccoli dei cavalli:
QUADRUPEDANTE PUTREM SONITU QUATIT UNGULA CAMPUM
- un costrutto sintattico che dà un particolare risalto espressivo a determinati termini:
QUADRUPEDANTE PUTREM SONITU QUATIT UNGULA CAMPUM.
L’analisi del verso ci mostra chiaramente come le singole parole del testo entrino in
una molteplicità di rapporti con le altre parole, in una fittissima ragnatela di relazioni.
Come notato, si tratta di un verso assai “speciale”, ma quello che vale per esso vale,
sia pure in misura assai minore, per ogni altro verso, e per l’intero testo poetico.
Per la precisione, vale per ogni testo poetico, il quale deve alla accorta “regia”
dell’idea poetica se la fitta ragnatela di relazioni di cui è intessuto è ricondotta ad unità,
consentendogli di presentarsi come un tutto unitario.
25
Il verso è tratto dall’Eneide.
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APPENDICE 4: SIMBOLISMO PRIVATO E SIMBOLISMO PUBBLICO
Nel testo poetico sono sempre presenti, oltre ai simboli privati, simboli pubblici
dotati di una propria carica valoriale che, per il fatto di appartenere al linguaggio comune,
non riconosciamo più come tali. Tutti insieme contribuiscono alla realizzazione da parte
del poeta di una lettura della realtà in larga misura “simbolica”, cioè soggettiva e
partecipativa, e non freddamente neutrale, disincantata o disincarnata.
RISPETTO ALL’EPOCA DEL SIMBOLISMO OGGI IL SIMBOLO HA UN
RUOLO PIU’ MODESTO. ABBIAMO IMPARATO A GUARDARE IN FACCIA LA
EALTA’ CON DISINCANTO.
SIMBOLISMO PRIVATO E SIMBOLISMO NATURALE
“Nell'interpretazione della poesia ho fatto ricorso al «simbolismo privato» del
poeta. In effetti tutta l’interpretazione, compreso il rilevamento dell'affinità tra la donna e
Dio, è consistita in un lavoro attorno ai simboli montaliani. Si tratta di simboli «privati” in
quanto non fanno parte di un repertorio culturale comune, valido per tutti o per molti
poeti, o per un genere letterario, come avveniva invece in altre età. Per questo per la
poesia moderna il richiamo a simbolismi «pubblici», come quello biblico o indiano, ecc.,
è generalmente poco pertinente (a meno che tale simbolismo biblico indiano, ecc., non sia
entrato a far parte del simbolismo privato del poeta, ma in questo caso il simbolismo è
stato, appunto, privatizzato). Oggi ogni poeta ha i suoi simboli. Non per questo i simboli
sono gratuiti, anzi. Non ogni cosa può diventare simbolo d'un'altra cosa. Nel simbolismo
«privato» c'è normalmente più rispetto della «naturalità» che non nel simbolismo
“pubblico». Il simbolismo «pubblico», essendo patrimonio di molti e fruendo di
un'accettazione di principio, può andare parecchio in là nella direzione dell'arbitrarietà.
Così l'«emblematica» può raggiungerli questi confini: la palma è «segno» della fedeltà,
come può essere, ed effettivamente è, anche segno della vittoria, e potrebbe esserlo anche
di molte altre cose: dell'astuzia, per es., o del commercio, ecc. ecc. Il simbolismo privato,
come quello dell'inconscio, non garantito da convenzioni esterne, ha le sue leggi interne: è
più «naturale» in quanto è meno «culturale». Non c'è da meravigliarsi se il poeta moderno
è difficilmente immaginabile senza il suo simbolismo privato, visto che la sua opera è, da
Baudelaire in qua, in cattivi rapporti con la «cultura» del suo tempo (e naturalmente col
suo tempo in generale). E, naturalmente, il simbolismo privato, come quello psicanalitico,
è profondo.
Questo livello simbolico del discorso è quello che ingloba e subordina, secondo il
principio praghese della «dominanza», gli altri . Per es. la metafora finale «sulla pece»,
che è metafora del cielo nero, vale come simbolo di ciò ché è scuro, adesivo e che arresta
il movìmento vitale. Così «la pece» si mette sullo stesso piano del «ponte» o delle
«chiaviche» che non sono metafore, ma che, come la pece, simboleggiano qualcosa: cioè,
questa volta, il movimento diretto a un fine (passaggio aereo, o sotterraneo e negli
escrementi). Dunque questa poesia di Montale ha la sua dominante» nel livèllo
sirnholico.
E’ singolare come ben raramente le «letture strutturali” abbiano considerato
questo piano, privilegiando invece quello metaforico. Credo che sia successo che il livello
simbolico del discorso, apparso come extra-linguistico, sia stato sospettato di misticismo
a causa delle associazioni fascinose e vaghe insite nel simbolo. E sarà per questo che la
poetica di formazione formalista, formatasi proprio nella lotta con le mistiche nebbie del
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Simbolismo, se ne è tenuta lontana. Penso che le ragioni di questo sospetto non siano
delle buone ragioni. Per quel che riguarda il timore delle associazioni vaghe e fascinose,
le associazioni della metafora, per es., che sono acquisite stabilmente alla poetica, anzi
alla linguistica generale, possono essere altrettanto fascinose e vaghe di quelle del
simbolismo.
Mettendo da parte i pregiudizi, vediamo allora che cos’è questo piano simbolico del
discorso. La sua caratteristica fondamentale è di fondarsi sulla «compatibilità» di due
piani di lettura, mentre nella metafora i due piani si escludono. Nella metafora il senso
figurato di «Achille era un leone» è il solo vero: cioè Achille è valoroso; Achille non
diventa un leone. Nel simbolo si ha invece un «cumulo semantico», sia si tratti delle
letture plurime del sacrificio di Isacco, sia di queste scene di vita privata e scozzese.
Queste sono e restano scene di vita scozzese, ma sono alla ricerca frustrata di una donna,
che è anche una ricerca frustrata del divino.
Dunque ci sono molti sensi. Ma - nemmeno nel simbolo - ci sono infiniti o
indefiniti sensi. Seguire il piano simbolico del discorso non vuol dire aderire
all'affermazione, disastrosa per il critico, ma forse anche per la poesia, di Valéry: «mes
vers ont le sens qu’on leur prète». (Lorenzo Renzi, Come leggere la poesia, ed. Il Mulino)
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APPENDICE 5: LIVELLI DI SENSO
Nella poesia <X agosto> di Pascoli sono presenti e chiaramente riconoscibili tutti
e quattro i livelli di senso.
X Agosto
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de' suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero; disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono....
Ora là nella casa romita,
lo aspettano, aspettano invano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
Appartengono al primo livello, fattuale, il racconto della morte del padre e della
morte della rondine; al livello connotativo la carica suggestiva e allusiva derivante oltre
che dal ritmo, dalla rima, ecc... da certe parole ed espressioni, come < concavo cielo>,
<sfavilla>, <come in croce>, <cielo lontano>, <casa romita>, ecc... ; al livello analogico
la metafora che trasforma le stelle cadenti nel pianto del cielo; al livello simbolico il
gioco sapiente di analogie (il pianto degli uomini che diventa il pianto del cielo;
l'immagine della rondine abbattuta con le ali aperte come in croce che richiama la morte
del padre e sembra ricollegarsi al sacrificio di Cristo) il quale dilata il dolore personale a
vicenda dell'universo