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BOGDAN VLÀDUTÀ editura unarte/ A. A.M. ARCHITETTURA ARTE MODERNA ROMA
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La pittura di Bogdan Vladutà tra classicità e modernità / Pictura lui Bogdan Vladutà intre clasicitate si modernitate

Apr 09, 2023

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Page 1: La pittura di Bogdan Vladutà tra classicità e modernità / Pictura lui Bogdan Vladutà intre clasicitate si modernitate

BOGDAN VLÀDUTÀ

editura unarte/

A . A.M. ARCHITETTURA ARTE MODERNA ROMA

Page 2: La pittura di Bogdan Vladutà tra classicità e modernità / Pictura lui Bogdan Vladutà intre clasicitate si modernitate

autorul multum~e lui/ l'autore ringrazia a Francesco Moschini A.A.M. Architettura Arte Moderna

© fotografiij fotografie autorulj r autore

viz.iunea grafica/ progetto grafico autorulj r autore

procesare imagine/ impaginazione

Mirela Constantin/ Bogdana Contra~

traducere din limba romànll in limba italiana/ traduzione dall 'romeno all' italiano Irina Papahagi traducere din limba italianll in limba romana/ traduzione dall'italiano all' romeno Catrinel Popa

pre-press

Cristian Patra~cu

© Bogdan VladulA 2001

Descrierea CIP a Bibliotecii Na~onale a Romàniei Vl.ADUTA, BOGDAN Roma/ Bogdan VladutA ; trad.: Irina Papahagi, Catrinel Popa. •

Bucure~ : Editura UNARTE, 2007 ISBN (13) 978·973-87493·8·2

I. Papahagi, Irina (trad.) Il. Popa, Catrinel (trad.)

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CUPRINS / SOMMARIO

006 psalmul 101 / salmo 101

007 psalmul 102 / salmo 102

011 ORA$Ul / LA CITTÀ

043 pictura lui Bogdan Vladuta intre clasicitate $i modemitate/

la pittura di Bogdan Vladuta tra classicità e modernità/ Francesco Moschini

051 $EVALETUL SCOS iN STRADA / Il CAVALLETTO NELLA STRADA

097 PICTURI EXTREME / PITTURE ESTREME

109 fascinatia catacombei/ il fascino della catacomba/ Pavel $u$ar3

115 NUDURI / NUDI

129 SICRIE / BARE

145 note biografice / biografia

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Ho visto le opere di Bogdan Vladuta, per la prima volta, nello studiolo dell'Accademia di Romania che gli era stato assegnato. Un piccolo ambiente, una specie di padiglione, separato dall'austera sede dell'Accademia, molto segnato dal punto di vista architettonico, tra pretesa classicità dell 'esterno e voluto anonimato dell'interno. Nonostante fosse sera, quindi alla luce artificiale, forte era il contrasto tra la evidente luminosità dell'ambiente e la ricercata "tenebrosità" delle sue opere. Ma erano soprattutto le sue riflessioni sulla pittura, sulla sua idea di Roma, sul suo modo di intendere il senso del fare artistico a chiarirmi che mi trova­vo di fronte ad un giovane di grande spessore culturale e umano che aveva i propri fondamenti nella tradizione dell'arte, e non solo quella della sua terra d'origine. Forte era il contrasto poi tra le opere di grandi dimensioni e le presenze "inquietanti" di tante opere di piccolo formato, dove i terni si inseguivano, per esser poi lasciati e ripresi, ulteriormente indagati in altre opere. Avevo allora l'impressione di trovarmi di fronte ad una sorta di "mistico assoluto" che aveva come retaggio la tradizione del cristianesimo ortodosso costellata dai suoi Santi Guerrieri. I suoi lavori erano permeati da una trascendentalità suggerita proprio dalla condizione ieratica delle figure che li popolavano, si trattasse di architetture, di frammenti archeologici, di rovi o di silenziose rovine. Decidemmo subito di organizzare una piccola mostra a Roma, quasi a segnare, in maniera meno istituzionale, il suo soggiorno in città, proprio perché, soprattutto i lavori di grande formato mi sembravano un omaggio di grande originalità e di assoluta novità nei confronti della città che lo aveva ospitato per due anni. Nonostante quelle opere si presentassero con quei fondali scuri, ispessiti dal colore quasi bituminoso. sul filo di una mantenuta dimensione monocroma, non c'era nulla di mortuario, non aleggiava nessun funesto presagio su quelle visioni. Anche nei terni apparentemente più a lutto, come nella serie delle "bare", in cui la rnatericità espressionista di Anselrn Kiefer veniva stemperata da B. Vladuta nella liquidità corrosiva che riduceva a memoria larvale la solidità spettrale di quelle figure, quello che si evidenziava era la forte ragione volumetrica di quelle mute e ambigue presenze. Si trattava piuttosto di una visionarietà in cui, a partire da dati oggettivi, riconoscibili come i monumenti superstiti tra i Fori, i lacerti di basiliche e colonnati, spezzoni di muratura con colonne aggettanti, si restituiva un'altra e diversa idea della città eterna. Quelle opere si trasformavano per incanto in una sorta di panegirico della città su modello del Panathenaikon di Aristide su Atene o, più vicino a noi, sempre sul piano letterario quello di Leonardo Bruni, agli inizi del quattrocento, dedicato alla città di Firenze. Ma la cosa più sorpren­dente era il rovesciamento attuato da B. Vladuta in questo suo omaggio quasi a trasmutare alchemicamente la città di Roma in una città "altra": Roma come Bisanzio proprio per quella sorta di "synkresis" che l'artista riusciva ad attuare nelle proprie visioni tra antica e nuova Roma, trasformando il confronto tra la prima Roma e la seconda Roma intesa come Costantinopoli quasi perseguendo quello stesso straordinario confronto tramandatoci da Manuele Crisolora sempre nel momento più alto dell'Umanesimo, in una famosa lettera indirizzata a Giovanni Paleologo. Ma questo ribaltamento dà modo all'artista di innestare sulla propria cultura i valori colti nel soggiorno romano, senza rinunciare alla forza della propria identità, della propria cultura, della propria terra. Certo, sul piano formale. si possono riscontrare sapienti reinterpretazioni dalla cultura figurativa che B. Vladuta ha potuto conoscere a Roma, in particolare la sua scoperta della Scuola Romana di via Cavour, con i suoi protagonisti da Scipione a Mafai giù sino a leoncillo o a Stradone, tra i più straordinari interpreti di quella tradizione figurativa tutta italiana. Ma quanto di quel versante figurativo, a partire dagli anni '30 è intessuto di intimismo, quotidianità, ricerca della dimensione più raccolta e rarefatta, l'artista lo permuta in una ambiziosa visionarietà alla ricerca di assoluti. Confrontandolo con l'artista a lui forse più vicino, quel Giovanni Stradone di cui uno dei più aweduti storici dell'arte italiani, Cesare Brandi, osservava che l'artista sembrava "intingere il pennello nel fiele" se ne coglie la distanza proprio per quella propensione di B. Vladuta a non accentuare l'animismo ed il vitalismo dell'artista italiano con quel suo far brulicare le forme alla ricerca della vita, per sottolineare invece la condizione sospesa in

La pittura di Bogdan Vladuta tra classicità e modernità -di Francesco Moschini

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Pictura lui Bogdan Vladuta intre clasicitate $i modernitate -de Francesco Moschini

una specie di limbo in cui tutto si è fermato e raggelato, per sottrarlo al consumo del tempo e all 'usura dei luoghi ma soprattutto degli uomini. Si assiste quindi nelle opere dell'artista a quel disfacimento della temporalità che rimanda all'immagine del bosco come simbolo della atemporalità di Ernst Junger. Ma questa "sospensione del tempo" ripropone l'allusione allo sfondo cosmico del poema di Mihail Eminescu "La stella della sera" con la sua negazione dell 'awentura terrena del genio che conosce l'immortalità ma non può godere di questa contaminazione con la terra, che il nostro giovane artista sottolinea creando, con le sue "distanziatrici" vedute a volo d'uccello, dall 'alto, tese a creare allontanamenti, separazioni, scissioni. Le rare figure umane presenti nei suoi lavori, più che all'eroe, alla costante ricerca della cultura rumena dell' "homo universalis" come ci ha indicato Mircea Eliade, sembrano alludere allo spaesamento di chi è ancora alla ricerca di una primigenia identità, quasi scaraventati a terra come sono, schiacciate , da quei bagliori bizantini dei cieli che si sono trasformati in fulgori fiamminghi secondo una linea che va dalla corrosività di Ensor alla dolente monumentalità di Permeke. Ma questa monumentalità scientificamente analizzata nel suo soggiorno romano attraverso gli appunti eseguiti sui suoi straordinari taccuini.secondo la tradizione cinquecentesca degli artisti e degli architetti che a Roma venivano per misurare le vestigia del passato, sino ai viaggi settecenteschi a Roma per il "Grand Tour" degli artisti nordici, tende a misurare la spazialità complessiva dell'opera, per stabilirne "misure e figure" quasi per una propensione alla costruttività "cezanniana". Ma questa incursione all'az.zardo della modernità, coniugato con il raggelamento già più sopra indicato tipico di una corrusca classicità appena evocata chiarisce come tutto il lavoro do B. Vladuta sia in attesa dello spirito che faccia lievitare e poi vivere quelle sue siderali visioni. Non sarà necessario il sacrificio evocato nella legenda di Mastro Manole per la costruzione della sua cattedrale di Curtea-de-Arge$, con i suoi "riti edificatori", né l'ineluttabilità della fine evocata nell 'altro grande poema popolare "Miorita", come matrimonio mistico attraverso cui l'uomo si reincontra con la natura: basterà all'artista coniugare quelle stratificazioni, quelle sedimentaz.ioni storiche con l'immediateua del vissuto quotidiano, con il piacere della contaminazione, con la riscoperta della belleua anche dei luoghi meno fascinosi e meno carichi "di aura". Di questo sembrano parlare le opere più recenti, quei paesaggi di Bucarest in cui torna ad awertirsi la vita nel suo alitare sugli uomini, sulle cose, sulle case. Torna cosi in mente una frase di Walter Benjamin quando suggerisce che "un'aura spira dal paradiso e impedisce all'angelo di voltarsi indietro a ridestare i morti".

* * *

Am vazut pentru ìntaia da~ operele lui Bogdan Vlàdu1à, in atelierul care ii fusese ìncredintat la Accademia di Romania. Un fel de pavilion, un mie spa~u, separat de cladirea austera a Academiei, particularizat din punct de vedere arhitectonic, osciland intre clasicitatea studiata a exteriorului $i voita simplitate a interiorului. De$i era searà, nici macar la lumina artificialà, puternicul contrast dintre vàdita luminozitate a spatiului $i asumata "tenebrozitate" a lucràrilor sale, nu putea ti ignorat. in plus, refleqiile lui asupra picturii, asupra ideii de Roma, asupra sensurilor plàsmuirii artistice, m-au convins ca ma gaseam in fata unui tànar de o mare profunzime culturalà $i omeneasca, avandu-$i radacinile in traditia artei, in genere, $i nu numai in aceea a tinutului sau de origine. Pe de alta parte, puternic era $i contrastul intre operele de mari dimensiuni $i prezentele "nelini$titoare" aie atàtor lucrari de format mie, unde diferitele teme ie$eau la suprafata, pentru a fi apoi abandonate sau reluate, aprofundate ulterior in alte opere. Am avut atunci

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impresia ca ma aflam, intr-un anume fel, in fata unui "mistic absolut", posesor al mo~tenirii traditiei cre$linismului ortodox, traversata de Sfintii sai Razboinici. Picturile sale erau impregnate de o transcen­dentalitate sugerata tocmai prin cond~ia hieratica a figurilor ce le populau, fie ca era vorba de date arhitectonice, de relicve arheologice, de elemente vegetale sau de tacute ruine. Am hotarat pe loc sa organizam o mica expozitie la Roma, pentru a marca, intr-o maniera mai putin instituponala, $ederea sa in ora$, tocmai pentru ca, lucrari le de mari dimensiuni, mai cu seama, imi pareau un omagiu de o mare originalitate $i de o absoluta noutate, adresat ora$ului care il gazduise pentru mai bine de doi ani. De$i acele opere se infati$au cu fundalurile lor ìntunecate, densifìcate prin prezenta cvasi-bituminoasa a culorii, pe filonul unei constante dimensiuni monocrome, nu era in ele nimic funebru, nu plutea nici cea mai vaga umbra a vreunui presentiment funest asupra acelor viziuni. Chiar $i in cazul temelor in aparenta mai sumbre, ca acelea din seria "sicrielor", in care materialitatea expresionista a lui Anselm Kiefer se prezenta diluata de Vladuta in lichiditate coroziva, reducand soliditatea spectrala a acelor figuri la memoria larvara, ceea ce precumpànea era putemica ratiune geometrica a unor ambigue $i mute prezente. Era vorba mai curand de un vizionarism care, plecand de la date obiective, recognoscibile ca monumentele din Foruri, care au supravietuit timpului, relicvele de bazilici $i porticuri, bucatile de zid cu coloane ie$ite in afara reu$ea sa propuna o viziune diferità asupra ideii de celate eterna. Acele opere se transformau, ca prin miracol, intr-un fel de panegiric al ora$ului, dupa modelul Panathenaikon-ului inchinat de Aristide Atenei sau, mai aproape de noi tot in sfera literarului dupa al aceluia dedicat de Leonardo Bruni, la inceputul secolului al XV-tea, Florentei. Dar lucrul cel mai uimitor era recontextualizarea realizata de Vladutà, in acest omagiu al sau, mergand pana la a metamorfoza alchimie cetatea intr-o "alta" Roma: Roma devenità Bizant, tocmai prin acel tip de "synkresis" intre antica $i noua Roma, pe care artistul reu$e$le sà il realizeze transformand extraordinara confruntare dintre prima Roma $i cea de-a doua inteleasa in acceppunea de Constantinopol intr-un paralelism similar celui trasat de Manuele Crisolora, la momentul de varf al Umanismului, intr-o scrisoare adresata lui loan Paleologul.

in acela$i timp, aceastà rasturnare de perspectiva, ii dà ocazia artistului de a suprapune peste propria-i cultura valorile dobandite in decursul experientei sale romane, fàra a renunta la specificul identitatii sale. al culturii $i spatiului sau. Desigur, in pian formai se pot detecta iscusite reinterpretàri aie culturii figurative cu care Vladutii s-a putut tamiliariza la Roma, in special datorita descoperirii ~colii Romane din Via Cavour, cu protagoni$tii sili, de la Scipione la Matai, pani! la Leoncillo sau Stradone, pentru a-i mentiona doar pe capva dintre cei mai insemnati interpreti ai acelei traditii figurative, specifica ltaliei. Acest versant figurativ, ìntretesut, incepand din anii '30, cu propensiuni intimiste, alunecari spre cotidian, cautarea unei dimensiuni mai concentrate $i mai rarefiate, este reinterpretat de artistul roman in direqia unui vizionarism ambitios intemeiat pe cautarea absolutului.

Comparandu-1 cu Giovanni Stradone, pictorul cu care are probabil cele mai multe afinitiiti, $i despre care unul dintre cei mai avizati istorici de arta italieni, Cesare Brandi, nota ca lasa impresia ca $i·ar "muia pensula in fiere", observam ca distanta care ii separa consta tocmai in acea aplecare a lui Vladuta spre a evita animismul $i vitalismul artistului italian, cu toata forfota aterenta de forme ce i$i reclama dreptul la existentà. pentru a sublinia in schimb conditia suspendata intr-un tel de limb in care totul e incremenit $i inghetat, insa sustras astfel contingentei temporale $i eroziunii pe care aceasta o exercità aceasta asupra locurilor $Ì mai ales asupra oamenilor. Asistam a$adar in operele artistului la acea destràmare a tempo­ralitatii care ne trimite cu gandul la imaginea pàdurii ca simbol al atemporalitàpi, prezenta la Ernst Junger. in acela$i timp, aceasta "suspendare a timpului" aminte$le de fundalul cosmic al Luceafarului eminescian, prin negarea aventurii p3mante$ti a geniului care poate accede la nemurire. dar nu se poate bucura de celebràrile terestre; asemenea aspecte sunt accentuate de artist prin tendinta de a crea, odata cu imaginile

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"distantate" panoramice, surprinse de la inalpme, separari, indepartari, sciziuni. Rarele figuri umane prezente in lucrarile sale, trimit nu atat la eroul caracteristic pentru cultura romana - aflat intr-o continua cautare a acelui "homo universalis" despre care pomenea Mircea Eliade, ci la instrainarea aceluia care tanje$te dupa identitatea primordiala, intrucat ele ni se infati$eaza fie strivite, izbite de pamant, descompuse de acele sclipiri bizantine aie cerurilor care se transforma treptat in straluciri flamande, dupa o linie ce merge de la corozivitatea lui Ensor la monumentalitatea dureroasa a lui Permeke. Dar aceasta monumentalitate analizata sistematic in decursul periplului sau roman, in insemnari facute pe extraordinarele sale caiete, conform acelei traditii inaugurate in secolul al XVl-lea de arti$ti $i arhiteqi veniti la Roma pentru a cantari vestigiile trecutului, $i prelungita pana la calatoriile arti$lilor nordici din secolul al XVlll-lea, sositi la Roma pentru un "Grand Tour", tinde sa ordoneze spatialitatea de ansamblu a operei fixindu-i "masuri $i figuri" dintr-o propensiune catre rigoarea aproape "cezanniana" a construqiei. Aceasta incursiune in hazardul modernitatii, conjugata cu "incremenirea" de care pomeneam mai sus, tipica pentru stralucirea clasica, $i ea abia evocata ne edifica asupra faptului ca intreaga opera a lui Vladuta se afla in a$teptarea duhului care sa inalte $i sa insufleteasca viziunile sale siderale. Nu va fi nevoie de jertfa evocata in legenda Me$terului Manole, nici de ineluctabilitatea sfaf$itului evocata in Miorita sub forma nuntii mistice care une$te omul cu natura: va fi de-ajuns ca artistul sa puna in legatura stratificarile $i sedimentarile istorice cu imediatetea cotidianului, cu placerea contaminarii, cu redescoperirea frumuseµi unor alte locuri, chiar daca acestea pot parea mai puµn fascinante sau incarcate "de aura". Despre acest lucru par sa vorbeasca operele mai recente, acele peisaje din Bucure$li in care incepe sa i$i taca simµta prezenta respiraµa vietii care atinge oamenii, lucrurile, casele. imi vine in minte o frazli a lui Walter Benjamin, aceea in care spune ca "o aurli se­nvarteje$le dinspre paradis, impiedicand ingerul sa se intoarcli sa rede$lepte morpi."