Top Banner
18

La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

Apr 11, 2023

Download

Documents

bruna pieri
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea
Page 2: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

NORME PER I COLLABORATORI

Ogni numero è diviso in tre sezioni: articoli, note e discussioni (che raccolgono anche resoconti di seminari, di convegni e notiziari), recensioni e annunci bibliografici.

I testi, tranne le recensioni, devono essere accompagnati da un breve abstract e cinque parole chiave, in lingua inglese ed inviati a:

«Rivista Storica dell’Antichità», Via Valeriani 64, 40134 Bologna.

La Redazione rispetta di regola i criteri redazionali, le abbreviazioni e le citazioni bibliogra­fiche adottate dai singoli Autori, purché siano facilmente comprensibili; si prega, comunque, di fare uso delle seguenti abbreviazioni e indicazioni:

art. cit. = articolo citato nota = notacol., coll. = colonna, colonne op. cit. = opera citatafig., figg. = figura, figure p„ pp. = pagina, pagineibid. = ibidem passim = passimloc. cit. = luogo citato s., ss. = seguente, seguentin., nn. = numero, numeri tav., tavv. = tavola, tavoleDictAnt = Daremberg - Saglio, Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines.DizEp = Dizionario epigrafico di Antichità Romane.PW = Pauly - Wissowa, Realencyclopädie.

monografie: A.E. Astin, Scipio Aemilianus, Oxford 1967;articoli da periodici: J. Vogt, Zu Pausanias und Caracolla, «Historia», 18,1969, pp. 299-308; voci da enciclopedie: R. Helm, Praetexta, PW, XXII, 2 (1954), coll. 1569-1575.

Eventuali richieste di estratti cartacei, a spese dell’Autore, dovranno essere segnalate all'editore.

Aggiunte e correzioni non tipografiche apportate dagli Autori sulle bozze verranno eseguite a loro spese.

RIVISTA STORICA DELL’ANTICHITÀDirezione: Giovanni Brizzi, Gabriella Poma (Direttore Responsabile)

Responsabile della Redazione: Angela Donati, Giovanni Parmeggiani

Comitato scientifico: José Maria Blazquez, François Chausson, Jonathan Charles Edmonson, Olivier Picard, Marjeta Sasel KosPeer-review.I contributi inviati alla rivista sono valutati ai fini della pubblicazione, con procedura di peer-review, da un componente del Comitato scientifico e da un revisore esterno, nella forma del doppio anonimato.

Autorizzazione Tribunale di Bologna, 1 Settembre 1971, n. 4157

Page 3: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

RIVISTA STORICA DELL’ANTICHITÀ

DIRETTORIGIOVANNI BRIZZI - GARRIRTI,A POMA

ANNO XLV/2015

P À T R O N E D I T O R EB O L O G N A 2016

Page 4: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

Università degli Studi di Bologna

Direzione: Giovanni Brizzi, Gabriella Poma (Direttore Responsabile) Responsabile della Redazione: Angela Donati, Giovanni Parmeggiani Collaborazione consultiva: José Maria Blazquez, François Chausson, Jonathan Charles Edmonson, Olivier Picard, Marjeta Sasel Kos

This journal is abstractes and indexed by Arts and Humanities Citation Index and Current Contents/Art & Humanities (Thomson Reuters)

Questa rivista è censita e indicizzata da Arts and Humanities Citation Index e Current/Arts & Humanities (Thomson Reuters)

Ufficio abbonamenti: [email protected] cartaceo Italia € 54,00 Abbonamento on-line € 50,00Abbonamento cartaceo estero € 80,00 PDF singoli articoli € 14.00Per abbonamenti e ordini di arretrati, rivolgersi all’Ufficio Abbonamenti: [email protected] o collegarsi al sito www.patroneditore.com/riviste.htmlI pdf dei singoli articoli e gli abbonamenti online possono essere richiesti solo collegandosi al sito www.patroneditore.com/riviste.htmlGli abbonamenti hanno decorrenza gennaio-dicembre, con diritto di ricevimento dei fascico­li già pubblicati, se sottoscritti in corso d’anno.I fascicoli cartacei non pervenuti vengono reintegrati non oltre 30 giorni dopo la spedizione del numero successivo.

Modalità di pagamento:Versamento anticipato adottando una delle seguenti soluzioni:• c.c.p. n. 000016141400 intestato a Pàtron editore - Via Badini, 12 - Quarto Inferiore -

40057 Granarolo dell’Emilia - Bologna - Italia• bonifico bancario a CARISBO - Agenzia 68 - Via Pertini, 8 - Quarto Inferiore -

40057 Granarolo dell’Emilia - Bologna - ItaliaBIC IBSPIT2B; IBAN IT 03 M 06385 36850 07400000782T

• carta di credito o carta prepagata a mezzo PAYPAL www.paypal.it specificando l’indiriz­zo e-mail [email protected] nel modulo di compilazione per l’invio della conferma di pagamento all’Editore.

Copertina di Arturo GallettiCopyright © 2016 by Pàtron editore

Stampa: LI.PE., Litografia Persicetana S. Giovanni in Persiceto, Bologna, per conto della Pàtron editore, febbraio 2016

Page 5: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

IN D IC E

SAGGI

Giovanni Parm eggiani, The Anaximenecm Authorship o f theRhetoric to Alexander in Light o f Anaximenes 'Indirect Tradition pag. 9

C onsuelo M artino , Richiami alla pro Cluentio nei ‘Baccanali ’ diTito Livio ............................................................................................... » 31

Tommaso G noli, La morte e il velo nella pratica religiosa augu-stea ........................................................................................................ » 45

Joan Gómez P a l la re s , Virgil ’s heritage on the floor .......................... » 55

JoÄO G ouveia M onteiro , Vegezio e l ’influenza militare romananell’Europa medievale ........................................................................ » 63

L uca Sansone di Campobianco, Fissando lo sguardo sul bronzo:la Tabula Banasitana come esempio di codice metaforico?.......... » 81

FRA TUCIDIDE E POLIBIO: L'ETÀ DELL’ORODELLA STORIOGRAFIA GRECA

R iccardo V attuone , L ’Archeologia nel libro I delle Storie diTucidide e la storiografia greca di IV see. a.C. ................................. » 103

Ugo F an tasia , Le Elleniche di Ossirinco, Diodoro e il problemastoriografico dell’inizio dell'egemonia spartana .............................. » 127

NOTE E DISCUSSIONI

P ao lo Lepore, Indices e delatores nell ’antica Roma .......................... » 155

Page 6: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

6 Indice

Giacomo M anganaro , Per la storia della famiglia Aurelia Anto­nina ................................................................................................. pag. 179

RECENSIONI

ADRIAN Robu, Mégare et les établissements mégariens de Sicile, de la Propontide et du Pont-Euxin: histoire et institutions, Peter Lang, Bern 2014 (Federica Cordano)............................................... » 199

C e s a r e L e t t a . Sim onetta Segenni (a cura). Roma e le sue provin­ce. Dalla prima guerra punica a Diocleziano, Carocci editore,Roma 2015 (Gabriella Poma).......................................................... » 202

C ecilia Rossi. Le necropoli urbane di Padova romana (Antenor Quaderni. 30). Padova University Press, Padova 2014 (Filippo Boscolo) .......................................................................................... » 204

A ntony H ostein. La cité et l ’empereur. Les Eduens dans l ’Empire romain d ’après les Panégyriques Latins, Publication de la Sor­bonne. Paris 2012 (Beatrice Girotti)............................................... » 209

M. Bettini. W. E. Short (a cura di). Con i Romani. Un ’antropologiadella cultura antica. Il Mulino, Bologna 2014 (Mauro Reali)..... » 214

M. F. P e tra c c ia (a cura di). Dadi, fratture e vecchi belletti tra storia antica e medicina moderna, Atti della giornata di studio Geno­va, 29 novembre 2013, De Ferrari ed., Genova 2014 (Gabriella Poma) .............................................................................................. » 217

R. C o r d e l l a , N. C r in it i , Parole su pietre. Epigrafia e storia nella Sabina settentrionale dì età romana, Deputazione di Storia patria per l’Umbria, Perugia 2014, (Gabriella Pom a)............................... » 219

Page 7: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

SAGGI

Page 8: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea
Page 9: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

TOMMASO GNOLI*

LA MORTE E IL VELO NELLA PRATICA RELIGIOSA AUGUSTEA1

AbstractThis article analyses the practice o f concealing corpses from view by means o f veils, which is attested only three times in the sources available to us: In BC 12 on the occasion o f the funeral rites o f Marcus Vipsanius Agrippa; the following year, fo r the funeral o f Octavia, and finally in 23 AD, fo r the funeral o f Drusus Minor cel­ebrated by Tiberius. This practice will disappear quickly so much so that our sources show some perplexities about its origin and its meaning. An analysis o f the sources shows that Cassius Dio is apparently better informed than Seneca about this spe­cific rite, which prevents us from hypotesising that this practice survived long after the period fo r which is attested (23 AD). My conclusion is that this kind o f funeral rite was an innovation by Augustus, motivated by his personal feeling about death.

Keywords: Augustus, augustan religio, funeral rite, pontifex maximus, flamen Dialis.

Durante il lungo principato di Augusto non mancarono certo le occasioni di lutto e di diffuso cordoglio. Si sbaglierebbe tuttavia a voler valutare come inevi­tabili, accidentali e poco significativi questi momenti in un periodo tanto lungo quanto fu quello segnato dalla grande personalità del primo imperatore romano. È ferma convinzione di chi scrive che, al contrario, molte delle innovazioni cultuali apportate da Augusto durante il suo lungo regno siano state dettate proprio dalla

* U niversità di Bologna.1 L a bibliografia e i riferim enti alle fonti sono d a considerarsi com e un m ero ausilio alla

lettura e sono re lativ i esclusivam ente ai punti nevralg ici del m io ragionam ento, senza alcuna pretesa di com pletezza.

Page 10: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

46 T o m m a s o Gn o l i

continua e minacciosa presenza della morte, che per ben quattro volte dovette sembrare particolarmente vicina al princeps ancora giovane, e che molte altre volte, in seguito, dovette accanirsi contro chiunque venisse prescelto per succedere alFimperatore, maturo se non anziano. L’atteggiamento personale di Augusto nei confronti della morte finì coll’influenzare considerevolmente e per molti secoli la concezione stessa del potere imperiale, finendo col fare della morte del princeps anche il momento di oggettiva legittimazione del suo successore. Il complesso rituale della morte dell’imperatore e della sua consecratio fu pensato ed elaborato lentamente da Augusto durante tutta la sua esistenza, e venne raffinato e messo a punto in una lunga serie di dolorose occasioni fino a trovare una sua definitiva sistemazione in un’opera letteraria purtroppo perduta: quei mandata de funere suo che sia Svetonio sia Cassio Dione attribuiscono all’imperatore2.

Non conosciamo il contenuto di questo scritto che sarebbe stato di capitale importanza per la conoscenza delle concezioni religiose e del pensiero di Augu­sto, ma conosciamo, in modo abbastanza dettagliato, la cerimonia che avvenne a Roma verso lam etàdel mese di settembre del 14 d.C.3 Tale complessa cerimonia, che vide il concorso attivo di decine di migliaia di persone che agirono in modo coordinato secondo una precisa regia carica di significati più o meno tradizionali è descritta nelle sue grandi linee. Il fatto però che non sia l ’unica cerimonia fu­nebre nota dall’età augustea, ma che anche altre precedenti cerimonie siano state descritte in maniera piuttosto dettagliata nelle fonti storiche letterarie testimonia dell’importanza tutta particolare che l’ideologia augustea attribuì a queste cerimo­nie funebri. Non può quindi destare sorpresa la circostanza che anche l’epigrafia, dal canto suo, apporti rilevantissimi documenti relativi a questa che un grande specialista dell’età augustea, Augusto Fraschetti. ha definito ‘strategia del lutto’4. Si tratta senza dubbio di una definizione particolarmente felice e irrinunciabile nelle successive trattazioni deH’argomento5, ma che forse richiede qualche minima puntualizzazione, impossibile nell’icasticità di una formula valida nella sostanza.

2 T. G n o li , L ’Apoteosi di Augusto, in T. G n o li , F. M u c c io l i (a c.), Divinizzazione, culto del sovrano e apoteosi, tra antichità e medioevo, B ologna 2014, pp. 193-210, con tu tti i riferim enti del caso.

3 G n o li , Ibid.4 A. Fraschetti, La mort d Agrippa et l ’autel du Belvédère: un certain type d ’hommage,

«M ÉFR A », 92, 1980, pp. 957-76; Id ., La Tabula H ebana, la Tabula S iarensis e la durata del iustitium per la morte di Germanico, «M ÉFR A », 100, 1988, pp. 867-89; Id ., Roma e il principe, R om a - B ari 1990.

5 L a form ula ricorre, p e r esem pio, nei tito li di G. C re s c i M a r r o n e , S. N icolini, Il principe e la strategia del lutto - il caso delle donne della domus di Augusto, in A. K olb (Hrsg.), Augustae: Machtbewusste Frauen am römischen Kaiserhof? Herrschaftsstrukturen und Herrschaftspraxis, B erlin 2010, pp. 163-78 e di M. B la s i , Strategie funerarie, onori funebri pubblici e lotta politica nella Roma medio e tcndorepubblicana (230-27 a.C.), R om a 2012.

Page 11: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

La morte e il velo nella pratica religiosa augustea 47

Il termine ‘strategia' può essere senz’altro accettato per quanto ha in sé di pensato, di razionalmente elaborato. Esso non potrebbe tuttavia essere utilizzato se lo si intendesse come esclusivamente finalizzato all’ottenimento di uno scopo, come di un procedimento scaltro e callido mirante al raggiungimento di un obiettivo diverso da quello apparentemente prefissato.

In altre parole il funerale di Augusto - e gli altri funerali che servirono in un certo senso da ‘prova generale’ per la grandiosa cerimonia del 14 d.C. - non ebbero una finalità eminentemente politica6. Gli atti religiosi dei quali furono disseminati non erano cioè finalizzati al raggiungimento di finalità politiche - l ’affermazione di una domus Augusta, la legittimazione del successore Tiberio etc. - ma erano solo delle grandiose cerimonie religiose. Il significato politico di tali cerimonie è solamente un risultato derivato, ovvio, di un qualcosa che era pensato su un piano totalmente differente. In questo senso, dunque, la ‘strategia del lutto’ è un segmen­to - e un segmento molto importante - di una pni vasta strategia che potremmo definire ‘religiosa', alla quale Augusto lavorò instancabilmente per tutta la vita. La grande rivoluzione augustea doveva avere basi innanzi tutto etiche e religiose ed è aH'intemo di questa prospettiva che si deve inquadrare tale ‘strategia del lutto’.

Non v 'è dubbio che la ‘strategia religiosa’ di Augusto, aH’intemo della quale si colloca la ‘strategia del lutto’, sia stata un clamoroso successo, non l ’unico, del princeps. Alcune parti di questa strategia subirono immediate - o quasi - trasformazioni dopo la sua morte, altre risultarono praticamente inattuate in seguito, o comunque poco documentate - segno di un loro tutto sommato debole radicamento nelle coscienze dei sudditi. Ciò che rimase però inalterato per un periodo lunghissimo fu la sostanza, l’aspetto generale della religione pubblica romana, d ’ora in avanti tutta imperniata attorno alla figura dell’imperatore, da cui dipendeva la fortuna dei suoi tempi, e della sua domus, dalla cui concordia derivava la prosecuzione della felicità oltre i limiti angusti dell’esistenza terrena delTimperatore. La pervasività di questo nuovo culto, che si colloca prepoten­temente al centro dell’esperienza religiosa romana di età imperiale, fu talmente forte da sconquassare anche la religione privata di milioni di abitanti dell’impero, facendo la fortuna di tanti fabbricanti di busti, ritratti e statuette di imperatori che, alLintemo delle domus, andavano ad affiancarsi ai Lari e ai Penati.

Tra gli aspetti di minor fortuna delle innovazioni augustee legate alla strategia del lutto vi è l ’uso di nascondere dietro un velo la salma del defunto. Le fonti no­minano questa procedura solamente in tre occasioni: durante il funerale di Agrippa,

6 E tuttavia, è bene ripeterlo , i riti augustei finivano com unque con avere una rilevante im ­portanza politica. La m ia posizione n o n è d iversa d a quella espressa da K .-J. HÖLKESKAMP, L. B albiani, Rituali e cerimonie “Alla romana”. Nuove prospettive sulla cultura politica dell’età repubblicana’, «Studi storici», 47 , 2006, pp. 319-63.

Page 12: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

48 T o m m a s o Gn o l i

nel 12 a.C., durante quello di Ottavia nell’ 11 a.C., nonché per Druso Minore, morto nel 23 d.C. e commemorato da Tiberio7. Grave è l ’assenza di questa indicazione per quanto riguarda il funerale di Augusto stesso che, come abbiamo detto, era stato accuratamente preparato daH’imperatore in persona nel suo scritto. Le due descrizioni della cerimonia delle quali si dispone non fanno alcuna menzione di quest’azione rituale, nonostante il fatto che, quando venne attuata come nei casi sopra menzionati, essa venga diligentemente annotata da Cassio Dione.

La prima volta che Cassio Dione nomina quest’uso, appunto durante il fu­nerale di Agrippa, egli ci si sofferma, con un passo dal contenuto estremamente significativo:

Kod Kaia/.aßcbv aùxòv is0vr|KÓTa ëç is xò aaxn xò acopa aùxoù eaetópiae koì év xfi àyopq 7tpoé0r|KS, xóv xe Xóyov xòv éìt’ aùxoù £i7t£, 7tapcutéxaapà xi Jtpò xoù VEKpoù îiapaxEÎvaç. Ö7t£p éycò pèv oùk olòa 5ià xi éîtoiricev, £tpr|xai 5è opcoç xoîç pèv öxi àpxiépEtoç f¡v, xoîç ôè öxi xà x<ñv xipqxœv ëîtpaxxEV, oùk ôp0râç cppovoùaiv oùxe yàp xœ áp̂ iépECp cat£ipr|xai VEKpòv ôpàv oùxe xip xipqxrj, 7xXf|v ccv xò xé),oç xaïç àîioypacpcaç péXXq érox̂ Eiv âv yóp xiva 7tpô xoù Ka0apaioi) ï5q, àvàoaaxa xà 7ipax0évxa aùxcp îiàvxa yiyvExai. xoùxô xe oùv oùxcoç ëôpaaE, Kai xqv ÈKcpopàv aùxoù ëv xœ xpôîiq) èv cp Kai aùxôç p£xà xaùxa Èçqvéx0q éîtonioaxo, Kai aùxòv koî ev xrâ éauxoù pvqpEÎœ ë0a\|/£, raixoi ïôiov év xcp ÂpEÎop 7reôicp Xaßovxa.

Augusto partì per raggiungerlo non appena venne a saperlo (il principe allora stava organizzando in onore dei figli degli agoni guerreschi alle Panatenee), ma trovandolo già morto fece portare il suo corpo in città e lo fece esporre nel Foro; dopo aver fatto stendere un velo davanti alla salma, pronunciò il discorso funebre. Non conosco il significato di questo gesto: secondo alcuni, fece ciò perché Augusto era pontefice massimo, secondo altri, perché svolgeva le mansioni dei censori, ma si tratta di congetture errate; infatti, la visione di un defunto non è proibita né al ponte­fice massimo né al censore, tranne quando questi stia per concludere il censimento, poiché se dovesse vedere un cadavere prima della purificazione, tutto il lavoro viene annullato. Augusto, dunque, oltre ad aver fatto ciò, organizzò la processione funebre di Agrippa con lo stesso rito che venne poi adottato anche per il suo stesso funerale, e lo fece cremare nella sua tomba personale, sebbene il defunto ne avesse già presa una per sé nel Campo Marzio8.

Apparentemente le considerazioni che Cassio Dione introduce con önsp syd) pèv oùk oiôa òià xi È7ioir|GSV sembrano considerazioni personali di un greco di terzo secolo che vuole spiegare al suo pubblico di lettori un uso ormai desueto, ma non è sicuro che sia così. Sia che la considerazione esplicativa sia dovuta a

7 Rispettivamente: Dio LIV 28, 3 (Agrippa); Dio LIV 35, 4 (Ottavia); Sen., Cons. Mar. 15, 3 (Druso Minore).

8 Dio LIV 28, 3-5 (trad. A. Stroppa).

Page 13: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

La morte e il velo nella pratica religiosa augustea 49

una iniziativa didascalica di Cassio Dione sia che lo storico l’avesse già trovata nella sua fonte, resta il fatto - certo - che, nei primi decenni del terzo secolo, si era perduta la memoria di questa procedura e, soprattutto, non se conoscevano più i motivi.

Nella seconda attestazione, quella relativa ai funerali di Ottavia avvenuti l’anno seguente, Cassio Dione non ha più motivo di soffermarsi sulla cosa, tuttavia non rinuncia a dame notizia utilizzando la locuzione kcù tòte, ‘anche in quell’occasio­ne’: Kod xqv Oiccaoniav xqv àòsXqyqv à7io0avoùoav 7ipof|08TO ém xoù ’IouXisiou f|pepón, 7iapa7iSTáapaxi Kai xóxs érci xoñ vsKpoñ xpr|oàpsvoç (“quando sua sorella Ottavia morì, fece tumulare il suo corpo nella Tomba Giulia, dopo aver utilizzato anche in quell’occasione un velo per celare la salma”)9.

Per limitarsi alle sepolture che ebbero luogo nel cosiddetto Mausoleo di Au­gusto, la Tomba Giulia di Cassio Dione, né Marcello nel 23 a.C. né Gaio e Lucio Cesari nel 2 e nel 4 d.C. ebbero i corpi nascosti da un velo prima della sepoltura. Possiamo esserne certi per quanto riguarda Marcello - si ricordi l ’introduzione alla strana usanza in Cassio Dione in occasione del funerale di Agrippa - molto meno per quanto riguarda i funerali di Gaio e Lucio Cesari. Lo stato di conservazione del libro LV di Cassio Dione non ci consente di escludere che il resoconto origi­nale non contenesse qualche allusione ad un’eventuale velatura dei cadaveri, sta di fatto che in nessun escerto dioneo si fa menzione di parapetasm a in occasione della sepoltura dei principes iuventutis. Se però l ’assenza del velo nel funerale di Marcello non fa particolare difficoltà (può tranquillamente trattarsi di un’in­novazione successiva al 23 a.C.) sorprende molto non trovarne menzione per un funerale celebrato a Roma con grande sfarzo nel 9 a.C. Rispettivamente due e tre anni dopo la morte di Ottavia e di Agrippa, dove la velatura del cadavere ebbe luogo, la salma di Druso non ebbe la stessa sorte:

Kttì aòxof) év xq àyopà 7tpox£0évxoç ôutXoùç ó £7tixà(pioç sleyGq • ö x£ yàp Ti|iépioç évxaùOa aòxòv éjcrjveoe, raí ó Aùyovoxoç év x<p 4Aapivúp ircitoSpópíp- é^eaxpáxEoxo yáp, rai oùk qv oi öoiov pq où xà raGqravxa èm xoïç raisipyaapévoiç, rap’ aùxqv xqv £Ïao) xoü jKDgqpiov ëooôov, £7tix£Àéoai. rai ó pèv ëç x£ xô ’Apsiov jæSiov mrà xcov ijtjtéojv, xmv x£ èç xqv Í7t7táóa àKpifœç xsXoùvxow Kcà xmv èk xoü ßonlEoxiraü yévonç ovxojv, qvéxOq, KÔvxaùGa 7n>pi ôoGsiç èç xô xoù Aùyoùaxon pvqpäov raxexéOq.

11 corpo di Druso venne esposto nel Foro e si tennero due orazioni funebri: Tiberio ne pronunciò una lì sul luogo e Augusto ne pronunciò un’altra nel Circo Flaminio, dal momento che era assente per una spedizione militare e al momento della sua entrata nel pomérium non gli era consentito trascurare i suoi doveri di generale per celebrare le imprese compiute. La salma venne portata nel Campo Marzio dai cavalieri, sia quelli appartenenù all’ordine equestre vero e proprio che

9 D io L IV 35, 4 (trad. A . Stroppa).

Page 14: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

50 T o m m a s o G n o l i

quelli di famiglia senatoria; là venne dato alle fiamme e le ceneri furono depostenel Mausoleo di Augusto10.

Il motivo di questo diverso trattamento del cadavere è evidente: Augusto non era presente nel luogo della laudatìo fim ebris nel Foro. Fu Tiberio a pronunciarla alla presenza del cadavere, mentre Augusto si trattenne nel Circo Flaminio, dove ne pronunciò un’altra, dietro il pretesto di dover curare gli obblighi relativi al rientro dell’esercito alFintemo del pomérium.

Il funerale di Augusto, descritto con molti dettagli in linea di massima con­vergenti da Cassio Dione e da Svetonio, tace sul trattamento riservato alla salma, se non per il particolare che il trasporto da Nola a Roma, che richiese diversi giorni, avveniva preferibilmente di notte per evitare il più possibile la corruzione del cadavere, vista la calura estiva. È verosimile che l’esigenza di salvaguardare il più possibile il cadavere fosse legato a una prevista esposizione della salma in forma privata, nella casa del princeps sul Palatino. Questo pietoso ufficio venne svolto da una delegazione di cavalieri guidati dal futuro imperatore Claudio, al­lora ventiquattrenne. Probabilmente era opportuno che, all’interno della domus e nelle più alte sfere del senato, vi fosse certezza dell’avvenuto trapasso del vecchio princeps e che non fossero visibili sul suo corpo segni tali da indurre sospetti sulla sua morte, ma queste sono solamente deduzioni, fatto sta che nel funerale che avvenne il giorno dopo il princeps fu rinchiuso in un sarcofago d ’avorio e oro, circondato di coperte di porpora e dorate, visibile alla folla solamente tra­mite tre immagini che, da diversi punti della città, convergevano verso il corteo funebre. Alla presenza del cadavere chiuso nel feretro Tiberio e Druso tennero le loro laudationes, quindi ci fu la processione sotto l'arco di trionfo, infine la cremazione della salma sull'ustrinum e la deposizione delle ceneri nel tumulus. In un passo malauguratamente lacunoso Cassio Dione riferisce di una lustrado resasi necessaria perché Tiberio aveva toccato il cadavere prima che venisse rin­chiuso nel feretro11. La lacuna interviene proprio dopo la perentoria affermazione che non era consentito toccare il cadavere, e avrebbe potuto contenere qualche considerazione di Cassio Dione sul tema, non diversamente da quanto si è visto piii sopra riguardo all'uso del velo nel funerale di Agrippa - fatto sta che si tratta solo di speculazioni.

Nove anni dopo un altro Druso ebbe il corpo nascosto da un velo prima di accedere al rogo e durante la laudatìo dell'imperatore. A darcene notizia è Seneca, nella consolatio ad Marciam:

10 Dio LV 1, 2-3 (trad. A. Stroppa).11 Dio LVI 51, 3.

Page 15: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

La morte e il velo nella pratica religiosa augustea 51

Ti. Caesar et quem genuerat et quem adoptaverat amisit; ipse tarnen pro rostris laudavitfilium stetitque in conspectu pósito corpore, interiecto tantummodo ve lamento, quod pontificis oculos a funere arceret, et flente populo romano non flexit vultum; experiendum se dedit Seiano ad latus stanti, quam patienter posset suos perdere.

Tiberio Cesare perse sia il figlio di sangue che quello adottivo: eppure pronunciò personalmente sui rostri ¡’elogio del figlio, ritto davanti alla salma esposta, dalla quale lo separava soltanto un velo, teso perché il pontefice non doveva vedere cadaveri: il popolo piangeva, ma lui rimase impassibile. Diede prova a Seiano, che gli stava a fianco, della sua capacità di sopportare la perdita dei suoi12 13.

Basta la circostanza che Seneca si senta in dovere di spiegare quod pontificis oculos a funere arceret per renderci certi del fatto che, pochissimi anni dopo que­sta che per noi è l'ultima attestazione di tale usanza, non ci fosse una sufficiente conoscenza dei motivi di questa procedura.

L'analisi di queste tre testimonianze letterarie induce a qualche riflessione. Innanzi tutto possiamo essere certi che Cassio Dione non aveva mai trovato, nelle sue fonti, alcun riferimento a quest'usanza prima del fu nus per Agrippa. Si tratta quindi di un’mvenzione creata verosimilmente a ridosso della morte del grande generale, e comunque certamente dopo la morte di Marcello, avvenuta nel 23 a.C. Sui motivi di questa pretesa impurità rituale doveva regnare la massima confusio­ne. Seneca, che cronologicamente è la nostra prima fonte, benché sia testimone per l'ultima occorrenza di questa innovazione, ritiene senza alcun dubbio di poter individuare i motivi di questa impurità nella carica di pontifex maxi mus, che a partire proprio dal 12 a.C., anno della morte di Agrippa, ricadde sulle spalle del princeps13. In effetti vi è una quasi perfetta coincidenza cronologica tra la morte di Agrippa e l ’assunzione della carica da parte di Augusto: entrambi gli eventi sono datati al marzo del 12 a.C. e da questo momento in poi sembra che, ogni qual volta Augusto venne chiamato a pronunciare ladatìones funebri al cospetto di un cadavere, abbia fatto velare la salma per non contaminarsi

Restano tuttavia come macigni i dubbi e le perplessità espresse da Cassio Dione, che, pur scrivendo un secolo e mezzo dopo Seneca, resta per noi la mi­glior fonte in proposito: egli è ben cosciente di quanto si diceva a proposito della pretesa incompatibilità tra un cadavere e il pontifex maximus, ma giudica senza mezzi termini errata (oòk ôp0coç) tale ipotesi. In effetti, dopo la morte di Druso Minore, tutti gli altri imperatori pronunceranno laudationes funebri senza far velare la salma pur essendo tutti pontífices.

12 S en ., Cons. Mar. 15, 1 (trad. A. M arastoni).13 L a m igliore analisi delle m otivazioni politiche e relig iose dietro quest’assunzione da parte

di A ugusto resta a m io parere J. Scheid , Auguste et le grand pontificat. Politique et droit sacré au début du Principaf, «R D », 77, 1999, pp. 1-19.

Page 16: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

52 T o m m a s o G n o l i

I dubbi espressi da Cassio Dione sono certamente giusti: sono numerosissi­me le attestazioni, letterarie ma anche epigrafiche, che mostrano come tutte le questioni funerarie, anche esplicitamente connesse al trattamento e alla sepoltura dei cadaveri, rientrassero nello ius pontificum 14. La recisa confutazione di Cas­sio Dione sembra tuttavia troppo perentoria, e suona un po’ imprudente anche l ’asserzione di Maxime Lemosse che in età alto-imperiale si fosse prodotta una sorta di confusione tra i tabù che proibivano al flam en Diaìis di interagire con i cadaveri e quelli che riguardavano il pontifex maxi m u s15. In realtà il problema dei tabù del pontifex maximus è di difficile soluzione, anche perché sembra che i compiti legati a questo sacerdozio abbiano conosciuto una lenta ma sostanziale evoluzione in età repubblicana. Potrebbe trattarsi della medesima evoluzione che conobbero nello stesso periodo i fuñera in genere, che secondo un rito antico si dovevano celebrare solamente nel silenzio della notte alla luce delle torce. In età tardo repubblicana questa prescrizione risultava oramai inattuata, limitata com’era solamente agli acerba fuñera , i funerali degli infanti16. Sta di fatto comunque che Tantichissimo tabù riferito al pontifex maximus, se pure era mai esistito, era oramai del tutto desueto, tanto da ingenerare dubbi e dibattiti.

Non vi possono essere tuttavia dubbi che la motivazione confutata da Cassio Dione, e riferita con sicurezza da Seneca, non fosse un’invenzione, ma fosse effettivamente la motivazione addotta da Augusto per questa specifica innova­zione cultuale. Lo conferma la coincidenza delle date tra l’assunzione del titolo di pontifex maximus e il funerale di Agrippa, quando per la prima volta venne utilizzato quello specifico rituale, e può essere in un certo modo confermato pro­prio dal funerale, quasi immediatamente successivo, di Druso, quando il pontifex maximus Augusto non era presente di fronte alla salma e non ci fu quindi bisogno di procedere alla velatura del cadavere.

È altamente probabile che in effetti Augusto abbia riesumato questo dubbio e antichissimo tabù, ormai largamente dimenticato, per venire incontro alle sue personali idiosincrasie. Credo di aver mostrato altrove17 Patteggiamento spaventato di Augusto di fronte alla morte, un’angoscia che doveva crescere ogniqualvolta gli toccava di seppellire qualche membro della sua domus, per non parlare poi dei suoi filii. Egli lo riesumò traendolo da quei precetti di purità rituale che in realtà si erano ormai addensati sulla figura di un altro grande sacerdozio della Roma repubblicana, il flamine di Giove. È molto probabile che questi si sia col tempo

14 Cfr. p. es. L iv . I 20 , 7; C ic ., de rep. 4; Dig. X I 7, 8; CIL V I, 1884, 2120, m a se ne po­trebbero citare m oltissim e altre.

15 M. Lem osse, Mort et lustratio à propos de Dio Cass. 54,28, 4, «R HD », 36 ,1968 , pp. 519-24.16 Serv ., ad Aen. X I 143; Sen ., De brev. vit. 20, 5; De tranq. an. 11,7.17 Gnoli, L ’Apoteosi di Augusto, cit.

Page 17: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea

La morte e il velo nella pratica religiosa augustea 53

‘appropriato’ di tabù che originariamente gravavano su altri sacerdozi, come ad esempio il pontifex mctximus, fino a renderlo una carica esclusivamente sacerdo­tale, del tutto inadatta ad esser ricoperta da chi avesse anche ambizioni politiche attive. In questo senso il lento passaggio di funzioni dal pontifex maxi mas al flam en Dictlis, se effettivamente avvenuto, avrebbe avuto l’esito di ‘sdoganare’ le funzioni del pontifex, rendendo questa carica il sommo fastigio, in ambito religioso, delle grandi magistrature repubblicane.

Conosciamo bene i tabù che, attorno all’età appunto di Augusto, gravavano sulla persona del flam en e della fiam m ica Dialis. Ce li elenca, con pazienza cer­tosina, Aulo Gellio, e tra questi si dice che locum in quo bustum est numquam ingrecìitur, mortuum numquam attingiti fu n u s tarnen exsequi non est relig io1S. Augusto ha volutamente diviso nuovamente i tabù del flam en Dialis e del p o n ­tifex maxi mus quando, nel 12 a.C., assunse, dopo un anno di vacanza, il sommo incarico sacerdotale. Più che di una invenzione di una nuova tradizione si trattò, molto probabilmente, di una riesumazione di una prescrizione antichissima, che però era perfettamente funzionale alle idiosincrasie del pacator orbis, ma non dei suoi successori. Questa ‘tradizionale innovazione’ di Augusto non ebbe fortuna, se non in uno sporadico caso, ad opera del suo primo successore, che l ’attuò ve­rosimilmente una sola volta, in occasione del funerale di Druso Minore.

Dopo di ciò l’impurità rituale del cadavere rimase sempre ben presente all’in- temo della prassi religiosa romana, m a non fu più specificamente associata alla figura del pontifex maximus. Ne incontriamo un’eloquente espressione, ad esem­pio, molto più tardi e in tutt’altro contesto. È molto significativa la circostanza che, quando Giuliano imperatore decise, aH’intemo della sua propria ‘strategia religiosa', di restaurare alcune regole di purità rituale, e tra queste in particolare di imporre lo svolgimento dei funerali solamente di notte, per non contaminare Helios “autore del giorno e della notte, delFinvemo e dell’estate, e lui stesso uno degli dèi più venerabili” non ebbe più la possibilità di rifarsi agli antichi tabù oramai del tutto dimenticati: la necessità di separare i vivi dai morti era diventata una semplice questione di superstizione: “lasciamo che queste cose siano fatte al calar del sole e prima dell'alba, e lasciamo che il giorno, puro, sia dedicato alle azioni (rituali?) e agli dèi Olimpii” !1 ",

18 Gellio , N. A. X 15.19 Ju l ., Ep. 56 W right = 77 H ertlein , in fine. L’epistola contiene un editto sui funerali che,

secondo M om m sen, sarebbe la versione com pleta di C. Th. IX 17, 5, em anata ad A ntiochia il 12 febbraio 363. È possibile, m a non sicuro. Si tratta di un testo contenuto nel M S Marcianus 366 e pubblicato per la prim a volta in F. K. Hertlein, Ein Edict des Kaisers Julianus, «H erm es», 8, 1874, pp. 167-72.

Page 18: La morte e il velo nella pratica religiosa augustea