Numero centotre – Marzo 2015 Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra DISTRIBUZIONE GRATUITA www.socratealcaffe.it la Feltrinelli a Pavia, in via XX Settembre 21. Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30 agioni e motivazioni della condivisione» è un’espressione che ho usato recentemente e che chiama in causa i nostri modi di cooperare, di collaborare, di stare insieme, di fare alleanze. Together, come ci suggerisce il titolo del bel libro di Richard Sennett. Proviamo a gettar luce in una prospettiva filosofica, sempre che il vecchio Socrate ce lo permetta, sulle circostanze che favoriscono l’insorgenza della cooperazione, sullo spazio delle ragioni per la cooperazione e sul ruolo delle motivazioni. Il tratto distintivo delle circostanze che favoriscono la cooperazione ha a che vedere con la dimensione temporale e, in particolare, con la prospettiva del futuro. Quanto più è estesa l’ombra che il futuro proietta sul presente, tanto più si danno circostanze favorevoli all’insorgenza e alla stabilità della cooperazione. L’espressione “ombra del futuro sul presente” deriva da alcuni elementi fondamentali, messi in luce da tempo dalla teoria dei giochi. Consideriamo il celebre caso del dilemma del prigioniero che mostra come le singole scelte razionali individuali, prese in isolamento, generano un esito sociale o collettivo insoddisfacente e meno che razionale. Il dilemma del prigioniero ha luogo in una sorta di eterno presente. (Continua a pagina 6) GIORGIO FORNI a pagina 8 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE IN RETE LOCALE PER EXPO NEL MONDO PER IL MADE IN ITALY L’EDITORIALE La gatta di Montaigne di Salvatore Veca FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ Il 17 febbraio, gli amici “storici” di Socrate al Caffè hanno voluto fe- steggiare il decennale dell’Associazione e il centesimo numero del Giornale. E lo hanno fatto con un’autentica “festa a sorpresa” allestita nella Sala del Caminetto a Palazzo Broletto. Nell’occasione, il direttore re- sponsabile del Giornale, Sisto Capra, ha ricevuto l’affettuoso abbraccio della città. Sono in- tervenuti, tra gli altri, Salvato- re Veca e il sindaco Massimo De Paoli. Nella foto, da sini- stra: il sindaco; Mirella Capo- ni (redattrice del Giornale); Veca e, visibilmente com- ALLE PAGINE 4-5-6 Il senso della vita LA BISACCIA DI PROTAGORA Pier Giuseppe Milanesi Alle PAGINE 2-3 L’ora breve Cristina Bellon A PAGINA 7
8
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La gatta - socrate.apnetwork.itsocrate.apnetwork.it/blog/wp-content/uploads/2015/03/socrate103.pdfLa gatta di Montaigne di Salvatore Veca FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ Il
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Numero centotre – Marzo 2015
Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca
in una prospettiva filosofica, sempre che il vecchio Socrate
ce lo permetta, sulle
circostanze che favoriscono
l’insorgenza della cooperazione, sullo spazio delle ragioni per la
cooperazione e sul ruolo delle
motivazioni. Il tratto distintivo
delle circostanze che
favoriscono la cooperazione ha
a che vedere con la dimensione
temporale e, in particolare, con
la prospettiva del futuro.
Quanto più è estesa l’ombra
che il futuro proietta sul presente, tanto più si danno
circostanze favorevoli
all’insorgenza e alla stabilità
della cooperazione.
L’espressione “ombra del
futuro sul presente” deriva da
alcuni elementi fondamentali,
messi in luce da tempo dalla
teoria dei giochi. Consideriamo
il celebre caso del dilemma del
prigioniero che mostra come le
singole scelte razionali
individuali, prese in
isolamento, generano un esito sociale o collettivo
insoddisfacente e meno che
razionale. Il dilemma del
prigioniero ha luogo in una
sorta di eterno presente.
(Continua a pagina 6)
GIORGIO FORNI a pagina 8
FONDAZIONE
SARTIRANA
ARTE
IN RETE LOCALE PER
EXPO NEL MONDO
PER IL MADE IN ITALY
L’EDITORIALE
La gatta
di
Montaigne
di Salvatore Veca
FESTA A SORPRESA PER SOCRATE AL CAFFÉ
Il 17 febbraio, gli amici “storici” di Socrate al Caffè hanno voluto fe-
s t e g g i a r e i l d e c e n n a l e dell’Associazione e il centesimo
numero del Giornale. E lo hanno fatto con un’autentica “festa a sorpresa” allestita nella Sala del
Caminetto a Palazzo Broletto. Nell’occasione, il direttore re-
sponsabile del Giornale, Sisto Capra, ha ricevuto l’affettuoso abbraccio della città. Sono in-
tervenuti, tra gli altri, Salvato-re Veca e il sindaco Massimo
De Paoli. Nella foto, da sini-stra: il sindaco; Mirella Capo-ni (redattrice del Giornale);
Veca e, visibilmente com-
ALLE PAGINE 4-5-6
Il senso della vita
LA BISACCIA DI PROTAGORA
Pier Giuseppe Milanesi Alle PAGINE 2-3
L’ora breve Cristina Bellon
A PAGINA 7
Pagina 2 Numero centotre - Marzo 2015
Ecco dove viene distribuito gratuitamente Il giornale di Socrate al caffè
Il giornale di Socrate al caffè Direttore Salvatore Veca
Direttore responsabile Sisto Capra Editore
Associazione “Il giornale di Socrate al caffè” (iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale)
Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia 0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549 [email protected]
Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia
Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002
I PUNTI SOCRATE
n pratica il
“senso della vita” consiste
nella nostra
ordinaria
modalità di
rapportarci al mondo,
dacché il mondo si offre
all’umana esperienza come
una rete di senso, anche se,
in fondo, un senso vero e proprio non ce l’ha: “Perché
c’è l’essere e non piuttosto il
nulla?” – si domanda ancora
il filosofo. Però l’individuo,
ogni individuo, vive in una realtà intrisa di significati, fin
dal momento stesso in cui
comincia a rapportarsi al
mondo attraverso il linguaggio. Questo bagno
universale in un mare di
significati è giusto il “senso
della vita”: il senso del mare,
delle montagne, del sole, degli alberi, eccetera. Anche
gli eventi che capitano non
sono semplici eventi, bensì
frammenti di una
narrazione: storie da narrare
e da raccontare giorno per giorno. La vita scorre avvolta
da fogli di giornale, tra i
cinguettii dei social network e
le news, grazie alle quali il
mondo si colora di significati,
assumendo per così dire una presenza “linguistica”, uno
scorrimento di parole, come
si addice all’aristotelico zoon logon echon. Ai confini di questa rete si estende il regno del nulla,
ossia il “non senso”
fondamentale della vita; un
contorno oscuro che tende ad
estendersi qualora la sottile e invisibile rete di fili che ci
salda con la sostanza
“semantica” del mondo
incomincia a cedere,
innescando un processo di espulsione dal mondo. Per
quanto la corrosione del
senso si rifletta
inevitabilmente sulla
struttura del linguaggio, anche la morte acquista una voce e incomincia a
chiamare.
Questa disconnessione può
essere favorita da eventi
contingenti: il venir meno dei
supporti relazionali (un lutto, una perdita, un distacco, un
incidente, una disgrazia, una
infrazione, una accusa, una
punizione, la perdita del
posto di lavoro, la fine di una relazione, eccetera) è ritenuto
“causa” in grado di
determinare un processo di
espulsione dal mondo, ossia
di attivare automatismi autodistruttivi. Anche in
molte specie animali, una
separazione dal proprio gruppo o ambiente, la
riduzione in cattività eccetera
generano uno stato
depressivo che favorisce
comportamenti autolesionistici, in prima
istanza il rifiuto ostinato del
cibo: la modalità più
frequente di suicido negli
animali. Colpisce l’ineluttabilità del
processo autodistruttivo; è
come se questa reazione
obbedisse ad un riflesso naturale primario, un effetto di terminazione - per ricorrere
a una immagine romanzesca
- che si attiva nel momento
in cui viene evocato uno
scenario conflittuale primordiale, che non è tipo
“psicologico” - come ad
esempio descritto da Freud -
bensì è “qualcosa di più
vasto”, dove le tensioni in gioco obbediscono a una
dialettica superiore che
l’individuo può solo
parzialmente controllare e
ritardare. I nichilisti sosterrebbero che
proprio il crollo delle relazioni
di senso farebbe emergere il
nulla su cui si fonda ogni
esistenza, aprendo così una
voragine dentro la quale l’esistenza scompare. Scheler
e Heidegger ornarono
diversamente questo
concetto, sostenendo che la morte non è un semplice
evento che “capita” a una
data ora, ma è piuttosto un
fardello che l’esistenza si
trascina dietro, come la chiocciola si trascina la sua
casa.
Se prolunghiamo un poco
questa teoria, magari fino a
connetterla con tracce e reminiscenze freudiane,
potremmo anche aggiungere
che proprio perché la morte
abita “dentro di noi”, essa
può farsi soggetto e trasformarsi in una
irresistibile pulsione: può
sbucare fuori all’improvviso,
inaspettata, oppure corrodere (Continua a pagina 3)
Il noto scrittore e giornalista Eugenio Scalfari si è recentemente cimentato con un tema che fino ad ora offriva argomenti a ogni filosofo dilettante per parlare a vanvera senza timore di essere smentito, ossia il senso della vita! Ah, il senso della vita! Il senso della vita!
di Pier Giuseppe Milanesi
LA BISACCIA DI PROTAGORA
Platone, a sinistra col volto di Leonardo da Vinci, e Aristotele in un particolare della
“Scuola di Atene”, affresco di Raffaello Sanzio databile al 1509-1510, situato nella Stanza
della Signatura, una delle quattro Stanze Vaticane poste all’interno dei Palazzi Apostolici.
Marzo 2015 - Numero centotre Pagina 3
PAOLA PAOLA CASATICASATI MIGLIORINIMIGLIORINI Perito della Camera di Commercio di Pavia dal 1988 C.T.U. del Tribunale di Pavia
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impadronendosi del soggetto, armando persino la sua
mano contro se stesso,
inibendo i processi fisiologici
che alimentano emozioni e
motivazioni positive, spegnendo via via tutte le luci
che rischiarano il cammino
dell’esistenza, affinché
l’individuo veda solo buio e
viva con terrore l’avanzare nel tempo! Le domande che è
d’obbligo porsi sono queste:
da dove questa pulsione trae
energia tale da costringere
l’individuo a farsi carnefice di se stesso? Dove precisamente
tiene casa la morte dentro di
noi?
Nella tradizione teologica, e anche filosofica (il Fedone
platonico), la morte apre
all’individuo le porte del cielo,
dell’eternità, della piena
conoscenza. Essa dunque va
a collocarsi in uno spazio ideale di incontro e
mediazione tra il singolo, da
un lato, e l’Universale,
l’Assoluto, dall’altro. Sarebbe
questa dunque l’abitazione principale della morte: un
punto di confine dove la
struttura individuale, per così
dire, “sfuma” e si aprono i
confini con l’Universale e con
l’infinito. Questi punti di confine, nell’essere umano,
sono però molteplici. Quanti
“universali” abitano
nell’uomo! E altrettante sono
dunque le porte attraverso cui la morte fa capolino nel
sistema: porte che si aprono
sotto la spinta di una
conflittualità che di volta in
volta vede contrapporsi individualità e universalità,
limitatezza e trascendenza,
realtà e possibilità, tempo ed
eternità, reale e ideale. Questo stridore di dimensioni
incommensurabili produce
una risonanza che vibra alla
base della nostra esistenza e
che possiamo già percepire in
forme tenui, soffuse, tra le pieghe del tempo che passa, in quelle forme di irrequietezza dove il desiderio non si volge più verso un preciso oggetto, ma si fa esso stesso universale: vuota aspirazione, anelito, desiderio infinito, desiderio di tutto e di nulla. È proprio dentro a questo nulla che la morte sbircia dal suo pertugio, e poiché essa viene richiamata dalla conflittualità del desiderio, prende sostanza facendosi essa stessa desiderabile. Se molteplici sono i momenti di confine in cui l’uomo esperisce questo rapporto stridente e incommensurabile con l’Universale, tuttavia esistono particolari contesti in cui questa conflittualità si evolve in contesti reali e concreti per cui anche la morte stessa dismette il suo volto fantasmagorico e diventa qualcosa di “reale” e di progettuale. In particolare noi dobbiamo considerare il più reale e naturale di tutti i contesti, il contesto biologico-evolutivo dove l’Universale che sovrasta gli individui è il genere, e l’incommensurabilità ontologica a cui si è fatto appena accenno si misura col fatto che l’involucro individuale entra a far parte di un rito sacrificale, dove i singoli vengono immolati per assicurare l’eternità della specie. È dunque in questo particolare contesto conflittuale - il conflitto del genere - che la morte non solo si “materializza” biologicamente, ma si carica di quella forza “naturale” con
cui può irrompere
improvvisamente nella vita
devastandola. Ciò che - freudianamente o non
freudianamente - possiamo
chiamare “pulsione di morte”
trova fondamento in una
dinamica in cui l’individuo, nel momento in cui si espone
in una relazione conflittuale
con il genere, evoca in se
stesso la potenza superiore dell’universale, la prepotenza
sacrificale del genere, in forza della quale egli provvede da
se stesso a distruggere se
stesso. Si tratta quindi di un
processo che si sviluppa sul
piano “ontologico”, non “psicologico”, per cui in effetti
possiamo dire che la
psicologia può fare poco per
bloccarlo. Il contesto naturale ove la
struttura individuale e
l’essenza universale e
superiore del genere entrano
“pericolosamente” a contatto è il rapporto sessuale. È
perciò all’interno del rapporto
tra i sessi che maturano
quelle circostanze per cui, in
uno scenario corroso dalla
conflittualità naturale dell’individuo e del genere, la
morte può irrompere
all’improvviso, travolgendo gli
attori sulla scena. La cronaca
ci riporta ricorrentemente episodi di delitti compiuti
all’interno del rapporto
amoroso. Se si escludono le
guerre e gli incidenti stradali,
i delitti d’amore o “di genere”,
sono oggi la causa principale
di morte violenta. Non è certamente un fenomeno
recente: tormenti, pene e
conflitti d’amore che si
risolvono in modo
drammatico riempiono antiche e recenti pagine di
letteratura. L’ombra della
morte svolazza
sull’innamorato
“eternamente” infelice - una infelicità “ontologica”, dove lo
stridore tra sfere
incommensurabili viene
generato dal fatto che
l’individuo stesso, nella sua finitezza, non è in grado di
sopportare l’assolutezza e
l’universalità del suo stesso
sentimento.
I neuroscienziati spiegano questa
negatività come
effetto dell’
abbassamento
dei valori serotoninergici:
una caduta in
parte indotta dal
parallelo
aumento dei livelli
dopaminergici
che alimentano
l’infatuazione amorosa (romantic love) e che
determinerebbe conseguenze
negative sul piano emotivo
(depressione) e
comportamentale
(aggressività). Questa negatività che cova sotto le
ceneri dell’eros non
costituisce di per sé una
contraddizione. Infatti essa è
funzionale a una strategia di consolidamento del rapporto
amoroso: l’aggressività è utile
a difendere la “conquista
amorosa” - ossia il primato
del genere - in un contesto
assoluto ed esclusivo, mentre la depressione, una certa
dose di autolesionismo -
l’affievolimento dello spirito di
autoconservazione -
diventano condizioni affinché
l’individuo non abbia freni
nel mettere in gioco anche la propria vita in nome di una
strategia superiore.
Noi vediamo dunque che, già
in questi momenti,
l’Universale, il negativo, è “penetrato” nell’involucro
individuale, attivandosi come
una forza interna
potenzialmente consuntiva,
come il germe di una patologia mortale. In uno
stadio di deterioramento di
questo quadro conflittuale -
deterioramento che può essere causato anche da
cause contingenti - noi
vediamo che l’individuo, con
facilità, è in grado di elevare a
potenza questa negatività del genere che è in lui,
volgendola contro se stesso e
contro l’intero costrutto che
racchiudeva il rapporto
amoroso. Nella sfera dell’eros - e cioè
nel rapporto dell’individuo
con l’universalità del genere -
riscontriamo il più alto livello
di tensione che può
raggiungere una conflittualità che si manifesta anche in
altri contesti e che attiva, in
modo più o meno efficace, il
processo evocativo della
morte. L’universale evocato come potenza assolutamente
positiva, ma in grado di
trasformarsi in potenza
negativa altrettanto assoluta,
non ha solo il volto del genere - ossia il volto dell’amato o
dell’amata - ma può
assumere molti altri volti: ha
il volto di Dio, del Padre, della
Madre, del Giudice, della Patria, della Pubblica
Opinione, dell’Idea, eccetera,
e ciascuna di queste entità
può innescare un processo distruttivo che richiede il
sacrificio dell’individualità,
della propria o di quella
altrui.
Pier Giuseppe Milanesi
(Continua da pagina 2)
Nella tradizione teologica,
e anche filosofica, la morte apre
all’individuo le porte del cielo,
dell’eternità, della piena conoscenza.
Essa va a collocarsi in uno spazio ideale
di incontro tra il singolo e l’Universale
Sigmund Freud
(1856-1939),
neurologo
e psicanalista austriaco, fondatore
della psicanalisi;
Max Scheler
(1874-1928)
e Martin Heidegger
(1889-1976), filosofi tedeschi.
Pagina 4
La strategia è dunque fare qualità e portarla nel mondo. Portare l’italian way of eating nel mondo con risotti capaci di conquistare i palati stranieri, e con una diversificazione di prodotti a base riso coerente, sempre più articolata, che oltre ad interessare i prodotti sarà anche di canale. Valentina e Francesca, sesta generazione di risieri e figlie dell’attuale Presidente e Amministratore Delegato Dario Scotti, stanno sviluppando progetti proprio in questo senso: mettendo a punto format di ristorazione moderna con respiro internazionale (http://sorisoscotti.it/ ), e prodotti biologici dedicati al canale specializzato per il benessere, capaci di interpretare la
coscienza contemporanea rivolta alla sostenibilità (http://biolover.it in costruzione).
La nuova frontiera? La Cina! Dove Riso Scotti ha già iniziato a commercializzare le sue bevande vegetali Chiccolat - molto apprezzate in un Paese che registra l’80% di intolleranti al lattosio - e dove l’Azienda sta concentrando notevoli sforzi per tessere relazioni stabili ed aprire nuovi canali ad una gamma più estesa di prodotti. Vendere dall'Italia prodotti a base di riso ai cinesi sembra paradossale, ma
l'economia globalizzata consente anche questo. E per Riso Scotti è divenuta realtà. Con la collaborazione del mediatore culturale Armando Tschang e il suo supporto nella ricerca di partner commerciali, l’Azienda ha siglato un contratto per la fornitura di bevande vegetali derivate dal riso tramite CCIG Mall, la più grande piattaforma di e-commerce B2B con la Cina, in diretta concorrenza con il gigante Alibaba. Così, nel dicembre scorso è partito il primo container con oltre 21mila litri di bevande vegetali Chiccolat, 100% di produzione italiana e gluten free. Altre spedizioni analoghe sono imminenti: tutto prodotto dallo stabilimento pavese di Bivio Vela che
vanta una capacità produttiva di circa 20 milioni di litri all'anno. “Dopo 9 mesi di negoziazioni, visite ai nostri stabilimenti da parte degli operatori cinesi, e nostri incontri a Pechino, siamo riusciti a fare partire questo progetto - spiega Pedro Soro Gomar, International Sales Director per la gamma di bevande vegetali Riso Scotti -. Oltre l'80% della popolazione cinese ha problemi di intolleranza al lattosio per la mancanza dell'enzima che sintetizza la caseina, quindi non può bere il latte tradizionale o altri prodotti affini”. Un aspetto importante, che però non basta ad aprire un varco in quel mercato. “I consumatori cinesi – prosegue Soro Gomar - sono molto
esigenti sia sul fronte della qualità sia su quello della sicurezza alimentare, e un marchio italiano legato al food come quello di Riso Scotti rappresenta una garanzia. Inoltre, nonostante si tratti del più grande produttore al mondo di riso e questo alimento da millenni faccia parte dell'alimentazione di base della popolazione, la Cina non dispone del know-how e della tecnologia necessaria per realizzare le bevande vegetali, dal momento che il riso viene prevalentemente consumato come materia prima senza subire nessuna trasformazione. Per questo siamo certi che si rivelerà u mercato molto ricettivo per i nostri prodotti” - conclude Soro Gomar.
L'obiettivo di Riso Scotti è quello di poter andare oltre l'esportazione delle sole bevande vegetali, arrivando anche alla vendita di riso e altri prodotti derivati, come gli snack dolci e salati, direttamente ai buyers e ai consumatori cinesi. Il fermo proposito rimane far conoscere ed apprezzare nel mondo il risotto made in Italy, proponendolo come specialità gastronomica.
“Italian way” Riso Scotti nel mondo: specialità e qualità Riso Scotti distribuisce i suoi prodotti in oltre 70 Paesi, di cui molti extra-europei; ha suddiviso il mondo in cinque aree strategiche,
presidiate da un’organizzazione capillare e ugualmente snella e veloce, che si interfaccia con culture e religioni differenti, con la ferma convinzione che oggi, per muoversi in questo difficile momento congiunturale,
per rispondere alla generalizzata crisi dei consumi, vince chi esporta l’Italian way.
La strategia è dunque fare qualità e portarla nel mondo. Portare l’italian way of eating nel mondo con risotti capaci di conquistare i palati stranieri, e con una diversificazione di prodotti a base riso coerente, sempre più articolata, che oltre ad interessare i prodotti sarà anche di canale. Valentina e Francesca, sesta generazione di risieri e figlie dell’attuale Presidente e Amministratore Delegato Dario Scotti, stanno sviluppando progetti proprio in questo senso: mettendo a punto format di ristorazione moderna con respiro internazionale (http://sorisoscotti.it/ ), e prodotti biologici dedicati al canale specializzato per il benessere, capaci di interpretare la
coscienza contemporanea rivolta alla sostenibilità (http://biolover.it in costruzione).
La nuova frontiera? La Cina! Dove Riso Scotti ha già iniziato a commercializzare le sue bevande vegetali Chiccolat - molto apprezzate in un Paese che registra l’80% di intolleranti al lattosio - e dove l’Azienda sta concentrando notevoli sforzi per tessere relazioni stabili ed aprire nuovi canali ad una gamma più estesa di prodotti. Vendere dall'Italia prodotti a base di riso ai cinesi sembra paradossale, ma
l'economia globalizzata consente anche questo. E per Riso Scotti è divenuta realtà. Con la collaborazione del mediatore culturale Armando Tschang e il suo supporto nella ricerca di partner commerciali, l’Azienda ha siglato un contratto per la fornitura di bevande vegetali derivate dal riso tramite CCIG Mall, la più grande piattaforma di e-commerce B2B con la Cina, in diretta concorrenza con il gigante Alibaba. Così, nel dicembre scorso è partito il primo container con oltre 21mila litri di bevande vegetali Chiccolat, 100% di produzione italiana e gluten free. Altre spedizioni analoghe sono imminenti: tutto prodotto dallo stabilimento pavese di Bivio Vela che
vanta una capacità produttiva di circa 20 milioni di litri all'anno. “Dopo 9 mesi di negoziazioni, visite ai nostri stabilimenti da parte degli operatori cinesi, e nostri incontri a Pechino, siamo riusciti a fare partire questo progetto - spiega Pedro Soro Gomar, International Sales Director per la gamma di bevande vegetali Riso Scotti -. Oltre l'80% della popolazione cinese ha problemi di intolleranza al lattosio per la mancanza dell'enzima che sintetizza la caseina, quindi non può bere il latte tradizionale o altri prodotti affini”. Un aspetto importante, che però non basta ad aprire un varco in quel mercato. “I consumatori cinesi – prosegue Soro Gomar - sono molto
esigenti sia sul fronte della qualità sia su quello della sicurezza alimentare, e un marchio italiano legato al food come quello di Riso Scotti rappresenta una garanzia. Inoltre, nonostante si tratti del più grande produttore al mondo di riso e questo alimento da millenni faccia parte dell'alimentazione di base della popolazione, la Cina non dispone del know-how e della tecnologia necessaria per realizzare le bevande vegetali, dal momento che il riso viene prevalentemente consumato come materia prima senza subire nessuna trasformazione. Per questo siamo certi che si rivelerà u mercato molto ricettivo per i nostri prodotti” - conclude Soro Gomar.
L'obiettivo di Riso Scotti è quello di poter andare oltre l'esportazione delle sole bevande vegetali, arrivando anche alla vendita di riso e altri prodotti derivati, come gli snack dolci e salati, direttamente ai buyers e ai consumatori cinesi. Il fermo proposito rimane far conoscere ed apprezzare nel mondo il risotto made in Italy, proponendolo come specialità gastronomica.
“Italian way” Riso Scotti nel mondo: specialità e qualità Riso Scotti distribuisce i suoi prodotti in oltre 70 Paesi, di cui molti extra-europei; ha suddiviso il mondo in cinque aree strategiche,
presidiate da un’organizzazione capillare e ugualmente snella e veloce, che si interfaccia con culture e religioni differenti, con la ferma convinzione che oggi, per muoversi in questo difficile momento congiunturale,
per rispondere alla generalizzata crisi dei consumi, vince chi esporta l’Italian way.
rasile,
Sudamerica
in genere, India, Cina,
Europa
Occidentale
e Orientale,
qualche
Paese dell’Africa, i
Paesi arabi:
insomma,
tutto il mondo. È l’orizzonte
globale di Riso Scotti. All’indomani dell’annuncio
dell’inizio della
commercializzazione delle sue
bevande vegetali Chiccolat in
Cina, approfondiamo i temi della
ennesima svolta Riso Scotti con Pedro Soro Gomar, International
Sales Director per la gamma
delle bevande vegetali del gruppo
con sede a Pavia, di cui è
presidente e amministratore delegato Dario Scotti e che ha al
suo vertice anche le figlie
Valentina e Francesca Scotti,
sesta generazione della famiglia
in azienda.
Incontriamo il manager spagnolo nato a Valencia in una pausa
pavese del suo impegno a tutto
tondo, che lo vede presente in
tutto il mondo.
«Sono operativo qui dal 10 aprile
2012 - racconta Pedro Soro
Gomar - Provenivo dalla
multinazionale italiana Valsoia,
leader nelle bevande, quotata
alla borsa italiana. L’attività qui in Scotti è una start up, un
progetto ancora embrionale ma
dai grandi sviluppi. La mia
missione è la creazione e la
costruzione di una rete
commerciale, di un portafoglio
prodotti. Sono convinto che l’estero si fa dall’estero e non
dall’Italia, bisogna viaggiare in
lungo e in largo, incontrare
persone, parlare delle lingue.
Siamo presenti attualmente in
più di settanta paesi. Più della metà del mio tempo la passo
all’estero. Una delle nuove
frontiere è la Cina. Da dicembre
siamo sbarcati nel Paese
dell’Estremo Oriente. Siamo presenti dappertutto. Negozi,
supermercati, ristoranti.
Vendiamo tramite la piattaforma
di e-commerce B2B, diretta
concorrente del gigante Alibaba.
Un progetto multicanale».
Qual è il presupposto
dell’operazione Riso Scotti in
Cina?
«Il mercato - risponde - parte dal
presupposto che in Cina l’80%
della popolazione è intollerante
al lattosio. Quindi queste
persone fanno fatica a
consumare prodotti a base di latte vaccino. Si tratta di un
mercato enorme e culturalmente
molto diverso quello che
affrontiamo. Non è un mercato
radicato. Abbiamo dato ai nostri partner la possibilità di
conoscerci e lavorare con noi a
un progetto comune. Il mercato
cinese è molto curioso, ci sono
grandi opportunità da cogliere.
Le modalità di consumo sono peculiari. C’è chi consuma latte
al gusto di cioccolato a pranzo,
ad esempio. Non è inusuale che
abbinino la pasta al cioccolato,
ad esempio, hanno abitudini
alimentari molto diverse».
Che tipo di consumatore è il
cinese tipo?
«Ai cinesi piace sperimentare i
sapori e abbinarli. Siamo partiti
con un primo container di 21 mila litri. A dicembre. Ci sono
parametri standardizzati che
accomunano tutti i paesi ma poi
ogni paese ha le sue differenze,
le sue specificità. Sfruttiamo al massimo i parametri standard e
poi disegniamo la migliore
strategia per ogni Paese. Qui a
Pavia ho una struttura di back
office e mi avvalgo di distributori
nei vari paesi. La mia settimana tipo è organizzare il lavoro di qui
e poi viaggiare all’estero.
L’azienda deve lavorare su tre
parametri: qualità del prodotto,
servizio e flessibilità, innovazione del prodotto. Le aspettative
devono essere soddisfatte, la
risposta deve essere immediata,
è un aspetto decisivo del nostro
business».
Che cosa ha significato per
Riso Scotti imbarcarsi in
questa impresa?
«Per Riso Scotti avere un progetto così diversificato sulle
bevande vegetali ha imposto un
cambio di mentalità, un salto
culturale. Il progetto, una volta
entrati con questa linea di
prodotti, è piano piano allargare la base e fare entrare altri
prodotti. A metà marzo partirà
per la Cina una delegazione,
guidata dallo stesso presidente
Dario Scotti, per incontrare i
partner commerciali potenzialmente interessati, in
modo da estendere la rete che
abbiamo cominciato a costruire.
Bisogna capire come creare un
mercato per i nostri prodotti
dolci e salati di derivazione dal riso, per i risotti pronti. Partiamo
da una buona base, che è la
qualità percepita del mondo
Scotti e l’apprezzamento per il
Made in Italy, che è molto apprezzato in Cina. Il nostro
consumatore tipo è trasversale.
Sono clienti attratti dal nostro
prodotto vegetale al cento per
cento, dall’alta qualità dai
contenuti salutistici. La gamma di prodotti vegetali richiesti dal
mercato cresce anche a doppia
cifra. Anche con il Giappone
siamo a un ottimo punto. La
Cina è l’esordio per crescere e svilupparci. È l’Italia in realtà
che esportiamo in Cina. L’Italia
ha un altissimo profilo di
immagine e qualità. Un
proverbio cinese dice: per fare
un percorso di cinquemila chilometri si comincia con un
TRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVOTRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVOTRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVO DI EDIFICI E MONUMENTI STORICIDI EDIFICI E MONUMENTI STORICIDI EDIFICI E MONUMENTI STORICI
Semplicemente, si tratta di una scelta
singola e per i giocatori non sono
previste altri incontri o, come si dice in
gergo, iterazioni del
dilemma. Quindi, non c’è alcun’ombra del futuro sul
presente e la cooperazione non si
innesca, perché non circola fiducia, il
cemento della società di David Hume. Il
dilemma del prigioniero è una singola
partita. Ma ci basta pensare a un
dilemma del prigioniero iterato nel
tempo, non più a una singola partita,
quanto piuttosto a un torneo, per
introdurre la dimensione temporale per
i giocatori e, così, estendere l’ombra del
futuro sul presente. Si può mostrare, in
questo modo, che saranno favoriti
giochi di reciprocità e che prevarrà per
gli attori la disposizione alla cooperazione, piuttosto che alla
defezione. E crescerà il fondamentale
capitale della mutua fiducia. Perché il
cooperare e il collaborare
presuppongono una mutua promessa,
una sorta di patto sociale. E promesse e
patti sociali presuppongono, a loro
volta, mutua fiducia. Se si riesce a
evadere dalla condanna al breve
termine, se l’ombra del futuro si
estende sul presente, se si accumula
capitale di fiducia, allora possono darsi
orizzonti di speranze ragionevoli.
Speranze ragionevoli in che cosa
precisamente? In un futuro sostenibile.
Si consideri che, nella morsa del breve
termine, l’idea stessa di sostenibilità
evapora o si trasforma in slogan
ipocriti. L’omaggio del vizio alla virtù.
L’espressione “speranze ragionevoli”
chiama in causa direttamente lo spazio
delle ragioni. E, a questo proposito,
vorrei richiamare l’attenzione su una
distinzione importante. La distinzione, cara al filosofo della giustizia John
Rawls, fra razionale e ragionevole. La
razionalità ha a che vedere con il
perseguimento dei nostri interessi
individuali. La ragionevolezza, invece,
chiama in causa il perseguimento di
obiettivi condivisi con altri. Nel definire
e proporre le nostre ragioni, noi
teniamo a che esse siano condivisibili e
accettabili per altri, con cui impegnarci
in un’impresa cooperativa nel tempo.
Così, possiamo dire, il ragionevole mira
alla costruzione di un qualche “noi”, dai
confini variabili. E ciò presuppone una
qualche forma di comprensione e di
interpretazione delle aspettative, dei
bisogni, degli ideali degli altri.
Presuppone un impegno alla relazione e
alla connessione con gli altri. Ed è qui
che entrano in gioco le motivazioni della
condivisione. Solo le motivazioni
motivano, come si usa dire. Le
motivazioni sono come delle ragioni che
diventano interne per noi e ci inducono,
nel nostro caso, ai metodi e alle forme del cooperare, del collaborare, del
condividere. Le motivazioni della
condivisione presuppongono, come ho
accennato, una qualche comprensione e
relazione con l’altro. Con gli altri.
Assume qui un ruolo importante, nello
spazio delle motivazioni, l’empatia. Un
termine classico della filosofia morale,
che è tornato prepotentemente al centro
della riflessione anche di economisti
eterodossi nel contesto della crisi
strutturale in cui siamo intrappolati.
L’empatia ha a che vedere con la nostra
capacità immaginativa di guardare al
mondo e a noi stessi adottando la
prospettiva dell’altro, o degli altri. È
una risorsa cruciale per la costruzione
di reti di mutua fiducia. Molte
circostanze economiche e sociali
possono dissipare la risorsa cruciale, come abbiamo visto a proposito delle
circostanze favorevoli alla cooperazione.
Ma senza il suo impiego, è molto
difficile pensare al successo di modi di
cooperare nella durata. Una sola breve
glossa, prima che Socrate cominci con i
suoi inquietanti interrogativi: esercitare
l’empatia con altri non equivale a
mirare a una società o una forma di vita
in cui ci si omologa al tedio della
trasparenza totale. L’empatia è
intrinsecamente incompleta e
imperfetta. E questo è un omaggio alla
gatta di Montaigne, “Quando gioco con la mia gatta, come faccio a sapere se
non sia lei che sta giocando con me?”,
cui dedica le sue ultime pagine Richard
Sennett. La cosa veramente importante
è “realizzare qualcosa insieme”. Anche
se la gatta è enigmatica. Il Sileno ora è
sorpreso: non aveva mai pensato che
potessimo imparare qualcosa dai nostri
amici, animali non umani. Ma mi ha
promesso che ci pensa su.
Salvatore Veca
(Continua da pagina 1)
innovazione: questi gli
ingredienti per il successo».
Com’è il vostro partner
cinese?
«Prima dobbiamo mettere
piede, costruire un terreno solido. Le trattative sono
lunghe, estenuanti, “toste”. I
cinesi sono venuti qui, a
Pavia, hanno voluto
conoscere il nostro modello produttivo. Vogliono
conoscere anche la storia,
quali sono i premi, i
riconoscimenti. La prima cosa
che ti chiedono dal punto di
vista commerciale è la tua capacità produttiva. Voglio
conoscerti, valutare le tue
potenzialità».
Come tutelarsi dalla capacità dei cinesi di
copiare?
«Per loro il fatto che il
prodotto sia autoprodotto è
un vantaggio, li mette al riparo dai rischi.
Certo c’è il problema
dell’Italian sounding, dei
prodotti non italiani realizzati
all’estero e che si propongono
come italiani. Noi mettiamo bene in chiaro
che il prodotto si realizza qui,
a Pavia. Produrre là? Mai dire
mai. Ma andiamo piano, con
calma. La politica dei piccoli passi.
Esportare e costruire e
radicare il marchio sui vari
mercati.
Le bevande vegetali sono un
asset strategico, consentono di fare breccia. Abbiamo la
consapevolezza di muoversi
su un mercato globale, il
mercato locale non esiste più.
Oggi i prodotti si lanciano contemporaneamente su tutti
i mercati».
s.c.
(Continua da pagina 5)
L’EDITORIALE
L’enigmatica gatta di Montaigne
RISO SCOTTI SPA
DIMENSIONE ECONOMICA: UN TREND IN CRESCITA DA DUE DE-CENNI
LA LEADERSHIP
Leader nel riso bianco: Arborio e Carnaroli
Leader nella diversificazione a base riso: pasta di riso, olio di riso, gallette di riso, latte di riso
IL POLO INDUSTRIALE
Risone grezzo processato: 1,9 milioni quintali/anno
Riso trasformato: 1,25 milioni quintali/anno
Riso confezionato: 865.000 quintali
ECONOMICS
Revenues: Riso Scotti Gruppo 219 mln di euro; Capogruppo Riso Scotti SpA 171 mln di euro
a scienza, che io divulgo, ne è la rappresentazione. Allo stato attuale della nostra conoscenza scientifica - ovvero
solo il quattro per cento dell’universo - è difficile escludere che nessuna nuova teoria possa rivoluzionare le convinzioni moderne, quelle cioè che aveva dimostrato Albert Einstein tra il 1905 e il 1913. Da allora nessuna nuova teoria ha albeggiato nella nostra epoca, ad esclusione della teoria delle stringhe, ancora in fase di sviluppo, che cerca di conciliare il mondo dell’estremamente piccolo (la meccanica quantistica) con il mondo delle grandi ampiezze (la relatività generale). Ad oggi sappiamo che il novantasei per cento dell’universo, che rimane da scoprire, è fatto di materia ed energia oscura, senza sapere però di che cosa sono fatte le due amiche o le due nemiche, chissà. Tra quello che sappiamo e quello che rimane da conoscere c’è un mare di novità, che sconvolgeranno la nostra vita. Io mi sono presa la briga di ipotizzare eventi che da una parte vi faranno sognare e dall’altra vi spaventeranno, ma sicuramente direte di aver letto qualcosa di speciale. “L’ora breve” è frutto di un’improvvisa ispirazione. Nessuno sa esattamente che cos’è l’ispirazione. Immaginiamo che sia una sorta di onda, qualcosa che cade sulla testa dello scrittore come un fulmine dal cielo e ti ordina di scrivere. Non saprei spiegarvelo. Invece, tutti sappiamo che cosa sono le stelle. Le abbiamo viste in cielo fin da quando eravamo bambini e ci hanno sempre affascinato. Tra queste ce ne sono alcune fatte di neutroni, e molte di esse, sono magnetiche. Le stelle di neutroni magnetiche sono chiamate magnetar. Il 15 agosto 2013 su tutti i giornali si leggeva “scoperta la calamita più potente dell’universo” (Corriere della Sera), “il faro d’agosto che spazza via la Via Lattea” (La Stampa), “italiani scoprono il campo
magnetico più intenso dell’universo” (Rai News 24). Ed è proprio una magnetar, la protagonista de “L’ora breve”. Più precisamente: un lampo gamma che rompe la crosta della stella e si espande nello spazio, raggiungendo il nostro sistema solare e il nostro pianeta. L’annunciatore della catastrofe è un precursore di luce, che spunta all’improvviso nei nostri cieli. Sin dalle prime pagine il lettore viene inondato di emozioni e viene trascinato all’interno della storia per il bavero del cappotto. Ora, anche se voi non indossate un cappotto, non sarete risparmiati. Sarebbe meglio non comprare il libro, ma è già troppo tardi, perché state leggendo questo articolo e la curiosità vi corrode. Non c’è scampo. Come sembra non ci sia scampo per gli abitanti della Terra, perché un lampo gamma che impatta sul nostro pianeta significa la distruzione di tutto quello che esiste in superficie (vegetali, animali, uomini) e, nell’ipotesi peggiore, la distruzione completa della Terra. Non ci fu scampo nemmeno per i dinosauri, quando, 66 milioni di anni fa, si estinsero a causa di un asteroide che cadde sulla Terra e la sua onda d’urto ne cambiò le condizioni climatiche. Dovremmo essere grati all’asteroide, perché l’estinzione dei dinosauri fu una benedizione per gli Adamo e le Eva della nostra specie. Senza quell’asteroide noi non esisteremmo. Ed è quello che pensa il giovane scienziato de “L’ora breve”, che si affaccia dall’ultimo piano del Burj Khalifa di Dubai. Lui ha una visione ossessiva per salvare l’umanità. Ma non vuole salvare l’umanità dal lampo gamma, bensì da un processo d’involuzione, già iniziato, che riporterà l’uomo al suo stato primitivo. Se dunque il lampo gamma è il mezzo per epurare la specie umana, che scende verso la ripida china dell’involuzione, ben venga. La sua visione folle e, nello stesso tempo audace, è solo per pochi. Per
chi può pagare ingenti somme di denaro. Il progetto gamma-genesi (è così che viene chiamato) incarna il desiderio di ogni uomo moderno: vivere più a lungo, senza malattie, potenziando capacità intellettive e muscolari, e regolare le emozioni, causa di molti errori. Davanti alle richieste emergenti di un’umanità che regredisce, ma che non si ferma davanti ad alcun ostacolo morale ed etico, c’è l’uroboro: il serpente che morde la coda, simbolo dell’infinito per eccellenza. La visione del giovane attecchisce velocemente su un terreno corrotto e amorale. Una rete di società e di ricercatori sperimenta le nuove tecniche di manipolazione genetica e crea infrastrutture nel sottosuolo che ospiteranno la nuova specie, in attesa che le condizioni della superficie si riequilibrino. Si dovrà aspettare anni, secoli, millenni. Non ha importanza perché il progetto gamma-genesi è a un passo dalla conquista dell’immortalità, la condizione in cui il tempo è solo relativo e ininfluente. Per fortuna esistono ancora le persone oneste e altruiste, come Patrizia Rovati, la bella genetista dai capelli rossi, che scoprirà il folle progetto e cercherà di fermarlo. Un gesto che le costerà molto caro, che le farà sacrificare tutto di sé, ma che insegna molto a noi. Patrizia deve fare un lavoro difficile, quello con cui nessuno vuole avere niente a che fare. Perché noi vogliamo vivere comodi nelle nostre case, cucinare con il microonde, guardare la tv in 3D, e lasciare fuori tutti i problemi, soprattutto se non sono nostri. Ma, forse, c’è qualcosa di più, qualcosa che dobbiamo scoprire, un fine per il quale siamo stati creati… “Dobbiamo arrivare molto al di là della nostra personale esistenza, dobbiamo pensare non come individui, ma come specie”. Non sono le mie parole, sono quelle
che Christopher Nolan mette in bocca al dottor Brand, nel film “Interstellar”. Le stesse parole che direbbe Alessandro Lamberti, il protagonista de “L’ora breve”, dovendo decidere tra il suo destino e quello
dell’umanità. Alessandro è uno scienziato che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca astrofisica. E ora è messo alla prova, più di ogni altro. È chiamato a rispondere a una sola domanda: come salvare la Terra dalla distruzione. Il professor Lamberti non è l’eroe della Marvin. È umano, con limiti e difetti. Ma non discute quando si trova a essere il primo della fila. Agisce e mette a disposizione la sua intelligenza, la sua esperienza, e la vita stessa. È nell’Osservatorio di Monte Porzio a Roma, che, insieme ad altri colleghi, Lamberti perfeziona la teoria della Timecage. Una teoria rivoluzionaria, che sconvolge il sapere della fisica moderna. Per salvare la Terra, è necessaria una navicella spaziale che superi la velocità della luce, e addirittura attraversi la barriera spazio temporale. Il lampo gamma non aspetta nessuno. E per organizzare la missione c’è poco tempo e soprattutto non c’è denaro, nemmeno di fronte alla fine del mondo. Sarà la Brain Projects, una società privata, a finanziare la costruzione della navetta e il suo propulsore antigravitazionale.
Questo sembra il tratto più fantascientifico di tutto il romanzo, ma, se diamo uno sguardo alla realtà, ci accorgiamo che la mia idea non è poi così distante. Esiste un laboratorio, denominato X, dove Google studia, in gran segreto, come migliorare il futuro dell’umanità. Un posto, cioè, dove si trovano soluzioni insolite a enormi problemi globali. Nelle stanze di Google X, una selezione dei migliori cervelli del mondo lavora nella ricerca per trovare la pillola che ti avvisa quando stai per avere un tumore, la lente a contatto che rivela la glicemia per combattere il diabete e il cucchiaio per i parkinsoniani che assorbe il tremore. Le riserve di liquidità che Google avrebbe accumulato vendendo pubblicità su internet superano i 62 miliardi di dollari. Per questo la compagnia sta virando i suoi interessi verso nuovi campi applicativi. Sapevate di Google X? Se la risposta è no, allora chi può dire che accanto a voi non vi sia un prototipo di gamma-genesi e che un lampo gamma non stia arrivando dallo spazio profondo? Intanto, vi consiglio di leggere il romanzo. In una notte lo finirete.
Associazione Amici dei Musei Pavesi
L’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Pavesi propone per il mese di aprile
le seguenti iniziative culturali:
SABATO 11 APRILE - Visita alla mostra “Arte lombarda, dai Visconti agli Sforza”
Palazzo Reale - Milano
SABATO 18 APRILE - Visita alla mostra “Boldini. Lo spettacolo della modernità”
Musei di San Domenico - Forlì
Informazioni presso la segreteria di Santa Maria Gualtieri il martedì e il giovedì
C’È UNA COSA CHE IL MIO LAVORO DI SCRITTRICE MI HA INSEGNATO:
LA REALTÀ A VOLTE SUPERA LA FANTASIA. A un concorso, non vinsi perché mi dissero che la mia storia era inverosimile. Peccato
che fosse vera, e io avessi addolcito la crudeltà degli eventi accaduti. Da allora,
ho imparato che tutto può succedere, anche le cose che ci sembrano impossibili.
Cristina Bellon
Pagina 8 Numero centotre - Marzo 2015
arà un gioioso “canto del cigno” questo 2015, terzo e ultimo anno di Fondart, in territorio pavese e
lomellino, grazie alle ultime azioni di messa in rete delle ormai collaudate relazioni tra Sartirana, Valle e Mede, cui si aggiungerà Pavia con il Broletto e forse - ancora attendiamo conferma - con l’Università. A maggio anche la Provincia chiuderà la sua partecipazione al progetto con una giornata di incontri in Sala Annunciata, utile per tirare le somme di tre anni di lavoro in cordata e per formulare un rapporto sui risultati da presentare a Fondazione Cariplo. Base per futuri sviluppi collaborativi, che hanno già in questo marzo il primo frutto con la mostra delle nostre “carte giapponesi” (1954) di Tomaso Buzzi, primo passo della nostra Fondazione in “Pavia in rete”. Ad essa seguiranno, come già accennato, altri interventi, in Castello ai Musei Civici e ancora poi in Broletto, sul tema del cibo, con il “carnevale in cucina” (le 56 opere di Buzzi, eseguite a Venezia tra il ‘51 e il ‘71 del secolo scorso, tra Torcello e Palazzo Labia) e con un allestimento (nelle sale del Romanico) con tavoli di design (Poggi /Cassina e Kartell, Zanotta...) apparecchiati con “stoviglie” in argento firmate dai nostri architetti più noti. Altro ponte lanciato a Milano Expo, sempre e comunque
“capitale del design”. E Bozzola, le cui opere sono state le “molliche”, segno/segnale guida/filo rosso di collegamento tra i siti e le diverse situazioni di cui sono state co/protagoniste? Che ne sarà del suo lavoro nei prossimi mesi? A Sartirana con altra scultura prima e poi con i più recenti oggetti di design dell’abitare. A Belgioioso con la moda e i tessuti vintage per l’arredamento. A Mede, a loro agio assoluto, con le opere della Collega Regina, poi con le nuove sperimentazioni fotografiche di Ugo Reitano. A Valle con gli affreschi romanici di Santa Maria e con i bronzi di Alberto Ghinzani, accanto a qualche ieratica seggiola curule di Mario
Ceroli e Marcello Pirro. A Pavia quest’anno il nostro Bozzola agirà in solitario, come già fece al Collegio Cairoli, magari riallacciando, anche in questa primavera che arriva, i rapporti consolidati con il lavoro di Benevelli e Staccioli. Occasione per rivedere il bel palazzo di Pollak (antico collegio germanico). Abbiamo mancato (e con grande rammarico) l’occupazione pacifica del castello di Vigevano. I suoi reggenti hanno preferito (alla nostra offerta, che era di cortesia e gratuita) una doppia e provincialissima importazione di foto di pregio, ma straviste dovunque . Al costo comunicato di forse 80.000 (dicansi ottantamila!) euros. Non centesimi! E poi
piangono! Peccato! Non hanno imparato a fare rete e sono stati sconfitti, come il gigante Golia, dal piccolo David dei Comuni lomellini, nella recente tenzone dei bandi regionali. Peccato due volte! Ma noi che invece siamo ormai vecchi del mestiere e delle pratiche di scambio collaborativo ..., che stiamo apparecchiando per la nuova stagione a Sartirana? Di nuovo in tandem di supporto con Pila Gallery, il Comune di Sartirana
e Pila Holding stiamo giocando altre carte design e moda, per tirare la volata a Bozzola, distratto dal progetto di tornare al rinnovato MAGA di Gallarate dal prossimo autunno. E allora a fine mese rimonteremo tutte le fonti luminose che abbiamo collezionato ed esposte in una dozzina di musei d’Africa ed Europa, Asia e Sud America. Arrivate a casa di recente dalla lunga tournée torneranno tra poco ad accendersi nei saloni ospitali dei vecchi magazzini da riso! Che già espongono lo strepitoso “food mood” di Ken Scott, imperdibile interpretazione artistico/decorativa del tema cibo, declinato con sfrenata ironia e fantasia. Da vedere assolutamente! Pila illuminata, dicevamo. Con le lampade storiche di Fontana Arte ed Artemide, seguite da quelle “vecchie” (di Stoppino e Colombo, per intenderci ) e nuove di Kartell. Poi Flos , La Murrina... Con quelle a metà strada tra produzione industriale e ricerca artistica (esempio Enzo Catellani) e quelle dichiaratamente opere “d’arte”, firmate anche se
magari in tiratura da Carmi, Lodola e Rinaldi... I semi lanciati stanno germogliando. Solo un deficit di braccia ed energia … impedisce a essi di impollinarsi in territori diversi e fecondare siti più lontani dal circuito attivato. Ci vorrà un nuovo bando Cariplo per allargare il cerchio. Come quello del
sasso lanciato nello stagno. Con ogni rispetto per gli
stagni... Ma cosa vi è di più eccitante della vista dell’acqua in movimento...? Come ambasciatori del “prodotto” made in Italia invece stiamo preparando spedizioni in Libano (una mostra, già annunciata ai lettori di Socrate al caffè, sulle sete per gli accessori di moda), e poi in Slovenia (un ritorno aggiornato della collezione di alta moda dopo la prima mostra/2002 al castello di Tivoli/Liublijana). A seguire, il trasferimento in Armenia della collezione di borse e calzature ancora a Bucarest, e una collezione delle nostre grafiche per il Verano Italiano a Buenos Aires, con un focus/omaggio a Carmi e Dova. Ma di questi viaggi parleremo sui prossimi numeri. Buona Pasqua ! Dalla … Fondazione Sartirana Arte Piazzale Ludovico da Breme 4, 27020 Sartirana Lomellina (PV)
FONDAZIONE
SARTIRANA
ARTE
NELLE FOTO
In alto, a sinistra Angelo Bozzola, Struttura architettonica