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L’indagine di scavo che dal 2003 la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Etruria me- ridionale sta conducendo a Veio, in località Campetti, ai margini del pianoro della città antica, non lontano dalla Porta Nord-Ovest (fig. 1a), non manca di rivelare dati nuovi e significativi, via via che la ricerca stratigrafica, non ancora completata fino al terreno di base, interessa in profondità i livelli di vita più antichi, risalenti ad oggi alla prima fase dell’età del Ferro 1 . Perpendicolare al ciglio del pianoro, l’area indagata in profondità, di modesta estensione – m 18 (E-O) per 5 (N-S) –, si colloca a ridosso di un breve tratto del circuito murario già messo in luce nel 1957 dal Ward Perkins sullo stesso ciglio, non molto elevato in questo settore del piano- ro. A determinare la localizzazione dell’area è stata la particolare articolazione di una poderosa struttura muraria in opera quadrata di tufo che corre parallela al margine del pianoro per una lunghezza di m 29, ma in posizione arretrata di circa m 8. Presso l’estremità settentrionale della struttura muraria si collegano ad essa, perpendicolarmente, due setti paralleli che, realizzati nella stessa tecnica a grandi blocchi e distanti tra loro m 3, delimitano uno spazio aperto verso il piano- ro (un terzo setto appariva all’estremità opposta meridionale). È nello spazio compreso tra i due setti paralleli che è stata avviata l’indagine stratigrafica per chiarire la consistenza e la funzionalità della struttura in opera quadrata, estendendo l’area fino al margine del pianoro, in modo da in- globare il tratto di circuito murario messo in luce più a Nord dagli scavi inglesi (fig. 1b). Dei primi risultati emersi dalle indagini del 2003 è già stata data notizia 2 , ma è opportuno richiamare in breve almeno le evidenze individuate in sequenza stratigrafica al di sotto dei li- velli di vita di età arcaica, prima di soffermarsi sui nuovi dati emersi nella primavera del 2005, 1 L’indagine, avviata con un intervento di urgen- za a seguito di arature che, eseguite oltre i limiti con- sentiti, avevano rimosso grossi blocchi di tufo con- nessi presumibilmente al sistema difensivo della città, è stata inizialmente condotta in estensione mediante trincee perpendicolari al ciglio del pianoro e si è con- centrata poi in un’area ristretta per l’esplorazione in profondità. Si deve al Soprintendente, dott.ssa Anna Maria Moretti, la decisione di avviare le ricerche, che, dirette da chi scrive, sono proseguite per brevi periodi negli anni 2005-2006 nonostante la scarsità delle risor- se finanziarie, grazie all’impegno e all’entusiasmo dei giovani archeologi Sara Neri e Folco Biagi che hanno operato sul campo. 2 Cfr. BOITANI cds, con appendice sui materiali di S. Neri e F. Biagi, negli atti del XXV Convegno di Studi Etruschi e Italici «La città murata in Etruria», Chianciano Terme 2005. FRANCESCA BOITANI – SARA NERI – FOLCO BIAGI LA DONNA DELLE FORNACI DI VEIO-CAMPETTI
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La donna delle fornaci di Veio-Campetti

Mar 01, 2023

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L’indagine di scavo che dal 2003 la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Etruria me-ridionale sta conducendo a Veio, in località Campetti, ai margini del pianoro della città antica, non lontano dalla Porta Nord-Ovest (fig. 1a), non manca di rivelare dati nuovi e significativi, via via che la ricerca stratigrafica, non ancora completata fino al terreno di base, interessa in profondità i livelli di vita più antichi, risalenti ad oggi alla prima fase dell’età del Ferro1.

Perpendicolare al ciglio del pianoro, l’area indagata in profondità, di modesta estensione – m 18 (E-O) per 5 (N-S) –, si colloca a ridosso di un breve tratto del circuito murario già messo in luce nel 1957 dal Ward Perkins sullo stesso ciglio, non molto elevato in questo settore del piano-ro. A determinare la localizzazione dell’area è stata la particolare articolazione di una poderosa struttura muraria in opera quadrata di tufo che corre parallela al margine del pianoro per una lunghezza di m 29, ma in posizione arretrata di circa m 8. Presso l’estremità settentrionale della struttura muraria si collegano ad essa, perpendicolarmente, due setti paralleli che, realizzati nella stessa tecnica a grandi blocchi e distanti tra loro m 3, delimitano uno spazio aperto verso il piano-ro (un terzo setto appariva all’estremità opposta meridionale). È nello spazio compreso tra i due setti paralleli che è stata avviata l’indagine stratigrafica per chiarire la consistenza e la funzionalità della struttura in opera quadrata, estendendo l’area fino al margine del pianoro, in modo da in-globare il tratto di circuito murario messo in luce più a Nord dagli scavi inglesi (fig. 1b).

Dei primi risultati emersi dalle indagini del 2003 è già stata data notizia2, ma è opportuno richiamare in breve almeno le evidenze individuate in sequenza stratigrafica al di sotto dei li-velli di vita di età arcaica, prima di soffermarsi sui nuovi dati emersi nella primavera del 2005,

1 L’indagine, avviata con un intervento di urgen-za a seguito di arature che, eseguite oltre i limiti con-sentiti, avevano rimosso grossi blocchi di tufo con-nessi presumibilmente al sistema difensivo della città, è stata inizialmente condotta in estensione mediante trincee perpendicolari al ciglio del pianoro e si è con-centrata poi in un’area ristretta per l’esplorazione in profondità. Si deve al Soprintendente, dott.ssa Anna Maria Moretti, la decisione di avviare le ricerche, che,

dirette da chi scrive, sono proseguite per brevi periodi negli anni 2005-2006 nonostante la scarsità delle risor-se finanziarie, grazie all’impegno e all’entusiasmo dei giovani archeologi Sara Neri e Folco Biagi che hanno operato sul campo.

2 Cfr. Boitani cds, con appendice sui materiali di S. Neri e F. Biagi, negli atti del XXV Convegno di Studi Etruschi e Italici «La città murata in Etruria», Chianciano Terme 2005.

Francesca Boitani – sara neri – Folco Biagi

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che, riferibili alla prima fase dell’età del Ferro, vengono ad arricchire il quadro conoscitivo di uno dei nuclei abitativi sul pianoro di Veio all’inizio del processo di urbanizzazione3.

Soprintendenza Micaela Angle e Francesco Di Gen-naro per le cortesi informazioni.

3 Bartoloni et al. 1994, pp. 5 ss. ringrazio per gli utili suggerimenti le amiche Gilda Bartoloni e Fla-via Trucco, in visita agli scavi, ed anche i colleghi di

Fig. 1. – a) Localizzazione delle aree di indagine 2003-2005. b) Area indagata stratigraficamente.

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Quanto al circuito murario, va rilevato innanzitutto che l’articolazione del sistema, alme-no in questo tratto, appare più complessa di quella finora conosciuta, come indica la presenza di un bastione a pianta quadrangolare individuato in superficie nei pressi di Porta Caere, cui si aggiunge a valle un grande fossato scavato immediatamente a ridosso della scarpata. Significativi sono inoltre i dati che permettono di avanzare una datazione più antica di quanto finora ritenu-to, e cioè nel corso del VI secolo a.C., a giudicare dai pur scarsi materiali della fossa di fondazio-ne, tra i quali figura solo un frammento di bucchero quale termine cronologico più basso4.

Al di sotto dei livelli di vita arcaici, come già ho avuto modo di osservare, il deposito stratigrafico, ricco ed articolato, presenta una successione di fasi di occupazione che trova pa-rallelo stringente nella sequenza riscontrata dagli scavi inglesi presso Porta Nord-Ovest, ad est della porta stessa. Nell’arco della prima metà del VII secolo a.C. l’area indagata è interessata da un’abitazione a pianta rettangolare, di ampie proporzioni, ricostruibili in via ancora ipotetica in m 6 per 11 circa, della quale sono stati messi in luce parte della fronte e del lato occidentale e due grossi buchi per l’alloggiamento dei pali portanti interni (fig. 2a). Significativi i resti della fondazione del muro sulla fronte con tre grossi fori collegati da una canaletta meno profonda (fig. 2b), destinati ad accogliere nell’alzato pali con tamponature in argilla ed elementi lignei

4 Per la presentazione dei nuovi dati e la bi-bliografia di riferimento rimando a Boitani cds, così come per i confronti richiamati nella sequenza stra-tigrafica di seguito in breve riportata. Quanto alla struttura muraria a grandi blocchi in opera quadrata, il cui impianto è databile nella prima metà del VI se-colo a.C., resta ancora da accertare la sua relazione

funzionale (muro di contenimento ?) con la cinta muraria, realizzata nella stessa tecnica: al momento (indagini 2005, non proseguite in questo punto) la struttura sembra delimitare un’area all’aperto, indi-ziata dalla presenza di almeno cinque pozzi e defini-ta sul lato interno, verso il pianoro, da un possibile tracciato viario.

Fig. 2. – a) La capanna orientalizzante con ipotesi ricostruttiva. b) Canaletta e buchi di palo pertinenti al fronte della capanna.

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rafforzati alla base da un basso rincalzo di pietre, in analogia con quanto documentato anche nella non lontana «casa di legno» indagata dal Ward Perkins, o ancora nella capanna C di Lavi-nio. L’abitazione, completata da una zona porticata indiziata da due fori di palo coassiali posti in corrispondenza dell’ingresso, doveva svilupparsi in lunghezza, in analogia con le numerose attestazioni della tarda età del Ferro e dell’Orientalizzante antico di Lavinio e di Ficana, e in particolare di quest’ultimo centro, dove la struttura B raggiunge le stesse notevoli dimensio-ni5.

In sequenza stratigrafica si segnala la presenza di una fossa dalla planimetria articola-ta, solo in parte conservata, identificabile con una fornace da metallo per il rinvenimento di frustuli di bronzo nell’obliterazione, oltre che per l’arrossamento delle sue pareti dovuto all’esposizione al calore (figg. 3a-b). Ascrivibile ad un momento di poco antecedente la co-struzione della «casa di legno», e cioè nel corso della seconda metà dell’VIII secolo a.C., tale presenza appare significativa alla luce di quanto documentato, come vedremo, nella prima fase villanoviana, suggerendo il possibile protrarsi nel tempo della destinazione dell’area ad attività produttive.

Ad un arco di tempo che al momento si può circoscrivere alla prima metà dell’VIII se-colo, poco oltre, si assegna la realizzazione del sistema difensivo più antico, costituito da un muro a terrapieno visibile, allo stato attuale, per tutta la larghezza del saggio e compromesso solo in parte, sul fronte a valle, dalla costruzione della successiva cinta muraria. Esso risulta preservato comunque per uno spessore considerevole di m 3 ed un’altezza di circa un metro rispetto al piano di calpestio antico (figg. 4a-b). La struttura, realizzata da strati alternati di terra e pietrame, presenta sul fronte interno un’articolazione a gradoni con blocchetti di tufo parzialmente squadrati e allineati con funzione di controscarpa, mentre il nucleo è formato da

Kampen 2003, pp. 24-26. Per la capanna B di Ficana: Brandt 1996, pp. 41-45, in generale per le altre capan-ne, ibid., pp. 36-62.

5 Cfr. per la capanna C di Lavinio: guaitoli 1988, pp. 37-38; Fenelli 1984, pp. 330-331, fig. 5. Per la casa di legno: Ward-perKins 1959, pp. 47-73; van

Fig. 3. – a) Fornace da metallo. b) Frustuli di bronzo.

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Fig. 4. – a) Sezione dei sistemi difensivi. b) Terrapieno visto da N.

grosse pietre compattate da terra argillosa. I confronti più stringenti rimandano ai sistemi di difesa di epoca protostorica del Latium vetus, in particolare alle mura a terrapieno, in scheg-gioni di cappellaccio sbozzati, rinvenute sia a Decima, che documenta la più antica attesta-zione nota databile agli inizi dell’VIII secolo, sia a Lavinio, dove le prime mura risalgono alla

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fine del VII secolo. D’altro canto non sembrano sussistere analogie dal punto di vista tecnico-costruttivo con le mura palatine a roma della metà dell’VIII secolo6. In Etruria, com’è noto, la documentazione è ancora molto lacunosa, e le ultime ricerche a Tarquinia e Vulci, pur con qualche novità anche relativamente all’epoca protostorica, non permettono confronti sotto l’aspetto strutturale7.

La costruzione del muro a terrapieno insisteva direttamente sugli strati di crollo e di obli-terazione di una capanna della prima fase dell’età del Ferro. Di questa, al momento, sono stati messi in luce un lungo tratto della canaletta destinata ad alloggiare il muro perimetrale ad andamento leggermente curvilineo, e un tratto della partizione interna che sembra definire due ambienti coassiali, il più interno dei quali era posto ad una quota superiore rispetto a quello antistante, forse un portico (fig. 5). Orientata in senso SE-NW, la pianta, di forma ova-le, doveva raggiungere una lunghezza considerevole intorno ai 13 m. L’alzato doveva essere costituito da argilla mista a materiali vegetali, irrigidita da una struttura lignea interna, di cui sono stati rinvenuti piccoli fori di alloggiamento sul fondo del tratto orientale della canaletta. Tra i materiali rinvenuti negli strati di vita della capanna, che ne consentono la datazione, come si è accennato, nella prima fase dell’età del Ferro, si segnalano : parecchi frammenti di vasi

di M. Cataldi per Tarquinia negli atti del XXV Con-vegno di Studi Etruschi e Italici, «La città murata in Etruria», in corso di stampa. Non mancano tuttavia esempi di fortificazioni artificiali risalenti alla tarda età del Bronzo, di recente segnalate nel sito di Monte S. Angelo (cfr. di gennaro 1986, p. 141).

6 Cfr. Decima: guaitoli 1981B, pp. 118-126, figg. 8, 12; Lavinio: guaitoli 1988, pp. 370-371, figg. 4-5; roma: ricci et al. 1992, pp. 113-117; ricci et al. 1995, pp. 139-161; carandini 1997, pp. 578-580, tavv. XXV-XXXI.

7 Cfr. i contributi di A.M. Moretti per Vulci e

Fig. 5. – Pianta delle strutture dell’età del ferro: deposizione, capanna e impianti produttivi.

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biconici di impasto, la cui decorazione incisa a pettine reca il motivo del «seduto» con cuppelle alle estremità o quello della metopa con impressioni a «chicchi di riso» e «chiocciole»; alcuni frammenti di tazze con ansa a nastro bifora verticale con decorazione plastica o impressa a falsa cordicella; alcuni frammenti di olle cilindro ovoidi, oltre a frammenti di fornelli (cfr. materiali, nn. 2-20). Per dimensioni e tecnica la capanna si confronta con la capanna 13 del villaggio del Calvario a Tarquinia e, in ambito laziale, con la capanna 1 del Cermalo e con quella II di Colle della Noce, di dimensioni di poco inferiori (lungh. 11-12 m)8.

In corrispondenza dell’ambiente più interno della capanna, ove è stata riscontrata un’ac-curata rimozione degli strati di vita della struttura, è stata rinvenuta una sepoltura entro una fossa rettangolare scavata nel terreno vergine, che intersecava perpendicolarmente la canaletta di ripartizione interna della capanna e, nel contempo, appariva risparmiata dai blocchi di fon-dazione della grande struttura muraria arcaica. Va rilevato che i blocchi posti in corrisponden-za del tratto appena sovrastante uno dei lati corti della fossa, risultavano sbozzati in modo da creare una sorta di nicchia a copertura di parte della sepoltura (figg. 6a-c)9. La fossa, di m 1,60

mento dello scavo della capanna va rilevata l’appa-rente somiglianza degli strati relativi rispettivamente all’ultimo riempimento della canaletta e a quello della fossa di sepoltura, indizio possibile della contempora-neità delle due evidenze.

8 Cfr. linington 1982, pp. 118-119 (Tarquinia); Brocato 2000, pp. 241 ss. (Palatino, angolo sud-ovest); crescenzi -tortorici 1988, p. 30, fig. 1 (Colle del Noce).

9 In attesa di ulteriori conferme dal completa-

Fig. 6. – a) Deposizione. b) Fossa risparmiata dal muro arcaico. c) Nicchia.

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per 0,50, accoglieva in senso E-O la deposizione di una donna adulta morta tra i 34 e i 40 anni in base all’ analisi antropologica dei resti, piuttosto ben conservati10.

Il corredo era costituito soltanto da una fibula di bronzo ad arco semplice appena ingros-sato con decorazione incisa a spina di pesce ad intervalli regolari, trovata in corrispondenza della clavicola sinistra (cfr. n. 1) e da un anello a sezione triangolare rinvenuto presso i piedi. riferibile ad un tipo piuttosto diffuso nell’orizzonte antico della prima età del Ferro, la fibula si confronta puntualmente per morfologia e sintassi decorativa con esemplari veienti spora-dici dai Quattro Fontanili, provenienti, com’è noto, dal nucleo più antico della necropoli, andato distrutto dalle arature, e comunque non attestati nel IIA. La datazione della sepoltura si può fissare al più tardi entro la fine del IX secolo, tenuto conto anche dei materiali soprari-chiamati, rinvenuti negli strati di vita della struttura. È da rilevare peraltro che tale cronologia ben si accorda con i dati forniti dall’analisi dei resti ossei al C1411. rispetto al coevo costume funerario veiente la deposizione si colloca tra le prime attestazioni del rito inumatorio che, com’è noto, si afferma a Veio in percentuale molto bassa alla fine del IX secolo, precocemente in confronto con altri centri dell’Etruria meridionale, e coesiste poi con il rito incineratorio fino a poco dopo la metà dell’VIII secolo12. La fossa rettangolare appare di dimensioni più strette rispetto alle fosse semplici delle necropoli, condividendo tale caratteristica con altre se-polture in abitato, come ad esempio le coeve inumazioni ceretane nell’area sacra in località S. Antonio13. Quanto al corredo ne va rilevata la evidente «povertà». Pur nella generalizzata iso-nomia che prevale nel rituale funerario della più antica fase villanoviana a Veio, ma non solo, se teniamo conto dei dati ancora preliminari della necropoli di Grotta Gramiccia, e di quel poco che si sa dei Quattro Fontanili per questa fase, risulta che i corredi femminili ad incine-razione sono caratterizzati dalla presenza costante della fuseruola, associata generalmente ad una coppia di fibule e raramente ad un’armilla a fronte di un corredo fittile pressoché assente, mentre nelle rare sepolture ad inumazione accanto ad un limitato corredo fittile sono presenti più di una fibula con una e a volte più fuseruole accompagnate raramente dal fuso14. La re-lativa «povertà» della sepoltura di Campetti potrebbe essere indizio di una diversa ritualità, trovando riscontro peraltro sia nelle ora richiamate sepolture ceretane in località S. Antonio15, sia in quella maschile ad inumazione di recente rinvenuta a Piazza d’Armi entro una fossa con singolare apprestamento esterno posto a copertura, nella quale Gilda Bartoloni ha proposto

13 maggiani - rizzo 2001, p. 145, con notizie an-cora preliminari.

14 Cfr. Berardinetti insam 1990, pp. 5-28, in par-ticolare per la necropoli dei Quattro Fontanili e più diffusamente Bartoloni et al. 1994, pp. 8 ss.; Berar-dinetti - drago 1997, pp. 43 ss. per la necropoli di Grotta Gramiccia.

15 Delle sei inumazioni individuate, tutte femmi-nili, quattro erano prive di corredo, mentre le altre due hanno restituito soltanto una fibula ad arco ingrossato e, in un caso, anche una coppia di fermatrecce (Cfr. o. cerasuolo - F. trucco, in Repertorio 2007, pp. 25, 65-67, scheda «Caere, pianoro»).

10 Le analisi sono state eseguite da rita Vargiu e da Carla Signoretti, scomparsa prematuramente, che ri-cordiamo con affetto per la sua cortesia e disponibilità.

11 L’analisi è stata eseguita nell’ambito delle ricer-che dirette da Flavia Trucco in collaborazione con il Centro di datazione e diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università di Lecce. La data calibrata del campione analizzato è: 900-740 cal. B.C., con probabilità al 77% (690-660 cal. B.C., al 6,8%; 650-550 cal. B.C., all’11,6%).

12 Bartoloni et al. 1997, pp. 92-96 con ampia disamina delle tipologie tombali e diagrammi relativi alle necropoli veienti.

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di riconoscere l’heroon di un personaggio di rilievo nella formazione dell’insediamento sulla rocca veiente, forse il fondatore16.

Nel maggio del 2005, come si è accennato, nuovi ritrovamenti sono stati effettuati, rife-ribili sempre alla prima fase villanoviana. In posizione quasi frontale rispetto alla capanna è stato parzialmente messo in luce un impianto per la cottura di ceramiche con annessa vasca di decantazione dell’argilla, la cui connessione stratigrafica con la struttura abitativa appare indubbia, confermata del resto dal rinvenimento di frammenti di uno stesso vaso biconico (cfr. nn. 22-23) negli strati di obliterazione relativi rispettivamente alla capanna e all’im-pianto. Sottostante in parte al muro difensivo a terrapieno, l’impianto potrà essere indagato completamente solo continuando l’opera di smontaggio del muro stesso (figg. 7-8a). Esso risulta costituito da due fosse di forma rettangolare ad angoli arrotondati, allineate e con-tigue, ad una delle quali se ne addossa una terza, di forma simile, più arrotondata e appena più larga. Tutte e tre le fosse, alloggiate in una stessa ampia cavità ricavata con un sol taglio in un terreno non ancora di base, presentavano setti divisori nel senso della lunghezza rea-lizzati nella stessa tecnica: terra di riporto, in cui si distinguevano addirittura alcuni «pani» rettangolari di argilla cotta (cfr. nn. 49-51), con rivestimento ottenuto mediante frammenti ceramici, anche di contenitori di grandi dimensioni, accuratamente disposti a coprire pure il colmo dei diversi setti (figg. 10a-b). Il fondo delle tre fosse era anch’esso foderato da fram-menti ceramici a formare un piano (fig. 9a). In quella che si ritiene la vasca di decantazione (profonda cm 35 e lunga nella parte visibile m 160) si è rinvenuto un riempimento di argilla con grossi nuclei bianco-verdastri a contatto con un sottile strato di argilla ricco di carbone, disposto sul fondo, probabilmente con funzione isolante, al di sopra del piano di frammenti ceramici (fig. 9b). Nelle altre due fosse, adibite alla cottura, molto abbondanti erano i resti della copertura in concotto con probabile intelaiatura lignea (fig. 8b), su cui si inserivano altri frammenti di vasellame (cfr. nn. 21, 23-26). Entrambe presentavano il piano di fondo in pendenza verso sud-est, ma si diversificavano l’una dall’altra in alcuni elementi strutturali. Nella fossa messa in luce parzialmente (lungh. m 1,75, largh. m 0,50, prof. m 0,40) le pareti erano coperte da fodere di argilla concotta fortemente arrossata posta come isolante al di sopra dei rivestimenti in frammenti di ceramica; inoltre sul fondo, al centro, era inserito un palo ligneo fortemente annerito dal fuoco, posto forse a sostegno della copertura (fig. 9c), della quale restavano alcuni frammenti con fori di sfiatatura. Diversamente nell’altra fossa, indagata per tutta la sua lunghezza di m 3,15, le superfici interne mostravano tracce di almeno un rifacimento, indiziato da una seconda fodera di frammenti ceramici rivestiti di concotto posto in opera al di sopra di quella originaria, mentre sul fondo si conservava uno strato argilloso compatto ricchissimo di carboni, assente nella fossa adiacente; nei pressi dell’angolo nord-ovest si conservava parte della bocca per l’alimentazione del forno (fig. 9d), formata da due grandi pietre sbozzate, l’una perpendicolare all’altra, con un frammento di concotto pertinente all’imboccatura (cfr. n. 48).

dall’analisi al C14, eseguita presso lo stesso laborato-rio dell’Università di Lecce.

16 Bartoloni 2002-3, pp. 63 ss.; priva di corredo, la deposizione, pure del IX secolo, sembra più antica di quella di Campetti, se si tiene conto del dato fornito

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Fig. 7. – Pianta e sezione N-S delle strutture produttive.

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Un dato significativo, anche se preliminare, riguarda le classi ceramiche attestate nei rive-stimenti: in numero preponderante sono grandi contenitori di impasto, come doli con orlo a tesa piana e prese a decorazione plastica, olle cordonate e non, scodelloni, molti dei quali – va osservato – certamente cotti altrove date le grandi dimensioni; numerosi sono anche i vasi bico-nici decorati (fig. 10c), riferibili allo stesso orizzonte cronologico di prima fase cui si assegnano i materiali dagli strati di vita della capanna (cfr. nn. 29-47). Parecchi frammenti ceramici dei rivestimenti presentano evidenti tracce di esposizione al fuoco con forti crepature in superficie, mentre relativamente modesti sembrano gli «scarti di fornace», rinvenuti soltanto nella vasca di decantazione dell’argilla (cfr. nn. 27-28).

Nell’impianto ora descritto si riconosce una struttura per la cottura di ceramiche ad in-stallazione fissa con copertura in argilla a cupola mobile, riferibile tecnologicamente al tipo di fornaci a tiraggio orizzontale o verticale, in cui combustibile e manufatti sono separati, ma questi ultimi sono lambiti dal fuoco. Nella sequenza evolutiva dei principali impianti di for-naci per ceramiche il tipo rappresenta un livello meno primitivo rispetto alle semplici fornaci a catasta, impiegate tradizionalmente nella preistoria e rimaste in uso per la loro economicità fino ai giorni nostri, nelle quali il combustibile è a diretto contatto con i manufatti17. In attesa

clo produttivo della ceramica ibid., pp. 78-88. Per la classificazione di fornaci molto complesse cfr. cuo-mo di caprio 1971-72, pp. 371 ss.; cuomo di caprio 1985, pp. 75-80. Per la manifattura della ceramica

17 Cfr. mannoni - giannichedda 1996, pp. 171-175, figg. 33-34, per la distinzione dal punto di vista tecnologico delle fornaci per ceramiche in tre tipi principali con sottotipi; utili notizie sul ci-

Fig. 8. – a) Veduta generale del saggio con i forni. b) Forni e fossa di decantazione prima dello scavo.

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di conferme dalla completa messa in luce della struttura, sembra al momento che l’impianto si componga di due forni affiancati assimilabili alle »fornaci a tiraggio orizzontale», in cui lo spa-zio ove si poneva il combustibile per il tiraggio (cioè il «prefurnio» nella terminologia adottata

dottarelli 1990-91, pp. 375-398.con tecnologie tradizionali in contesti etnografici attuali (villaggio anatolico di Uslu Köy) cfr. angle -

Fig. 9. – a) Veduta generale delle strutture. b) Fossa di decantazione colma d’argilla. c) Forno 1. d) Forno 2.

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per le fornaci di età classica) e lo spazio che accoglieva il vasellame (cioè la «camera di cottu-ra»), sono disposti orizzontalmente, separati soltanto da un diaframma o da un gradino. In tal modo, con un procedimento, pur sempre abbastanza primitivo, si doveva evitare in parte l’ef-fetto diretto del fuoco sui manufatti ed era possibile il controllo del calore e dell’areazione18. È meno probabile invece che l’impianto si riferisse ad un’unica fornace, sempre del tipo «a tiraggio orizzontale», ma di livello più evoluto, in cui la fossa con l’imboccatura funzionava da vano di combustione e quella adiacente da vano di cottura, collegate tra loro nei pressi dell’imboccatura da una qualche apertura, che resta ancora da individuare.La fornace a tiraggio orizzontale, documentata in Italia fin dal Neolitico e, anche se in forma frammentaria, piuttosto frequente in epoca protostorica19, è ora attestata nella vicina Fidenae da due esempi attribuiti ad un orizzonte pieno della fase iniziale della prima età del Ferro, IX secolo a.C., (fase IIB iniziale della seriazione locale), coevi quindi con l’impianto di Campetti20.

20 Cfr. di gennaro - iaia 2004, pp. 110-112 con una prima classificazione del materiale ceramico resti-tuito dalle due fornaci che «copre quasi integralmente il repertorio di forme vascolari di uso domestico», con la significativa assenza di impasti con ornati geome-trici a incisione, e a impressione a cordicella e rotella,

18 A Campetti nel forno al momento messo in luce per intero non si è potuta riconoscere la separazione tra lo spazio per il combustibile e quello per la cottura.

19 Cfr. da ultimo nijBoer 1998, pp. 107 ss. per gli esemplari rinvenuti in Italia centrale, con riferimenti bibliografici.

Fig. 10. – a-b) Pani d’argilla cotta. c) Frammenti di biconico utilizzati nella struttura.

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102 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

Pur presentando alcuni elementi strutturali simili (copertura in argilla, rivestimenti in concotto e in frammenti ceramici per evitare la dispersione del calore), le fornaci fidenati sono diverse nella pianta che presenta due cavità di forma subellittica di dimensioni diverse l’una dall’altra, separate da una sorta di diaframma o gradino21. Analogie puntuali non sussistono neppure con il forno di recente messo in luce sulle pendici sud-occidentali del Palatino, datato nella prima metà dell’VIII secolo a.C., che nella ricostruzione proposta è a pianta circolare con canale di imbocco e copertura in concotto22, mentre con la più antica delle fornaci di Lavinio, datata all’VIII secolo, e con quella di Satricum, un po’ più recente, attribuite dal Nijboer allo stesso tipo a tiraggio orizzontale, è difficile il confronto a causa del precario stato di conservazione23. Con gli impianti ora richiamati, posizionati tutti ai margini degli abitati e lungo le principali vie di accesso per facilitare l’approvvigionamento della materia prima, le fornaci di Campetti condividono la medesima dislocazione presso il ciglio del pianoro urbano, vicino ad una delle grandi arterie in uso fin dall’epoca protostorica, non diversamente peraltro da quanto si riscontra in genere per le produzioni artigianali di epoche successive.

Si è appena accennato che, ad una analisi ancora preliminare delle ceramiche restituite dalle fornaci veienti, le classi di produzione rappresentate comprendono grandi contenitori per derrate e vasi biconici decorati, con una caratterizzazione che sembra escludere una pro-duzione domestica solo su base famigliare. Pur volendo evitare schematismi che non tengono conto di possibili livelli intermedi di articolazione delle attività manifatturiere, è verosimile riconoscere nel caso di Campetti, così come, a mio avviso, a Fidenae, l’inizio di una specializza-zione nella fabbricazione di alcune categorie di vasi, da collocarsi nell’ambito della household industry, nella quale si sono già presupposte forme di collaborazione a livello sia famigliare che comunitario24.

Nelle attività produttive di tipo domestico e manuale è riconosciuto, tradizionalmente, come si sa, il ruolo spettante alla donna e la fabbricazione del vasellame ceramico, in partico-lare, è stata considerata un compito prevalentemente femminile in epoca pre-protostorica, sia nella categoria della produzione domestica che in quella dell’industria domestica25. Al riguardo

23 Cfr. nijBoer 1998, pp. 115 ss. (Satricum); pp. 131 ss. (Lavinium).

24 Cfr. da ultimo nijBoer 1998, pp. 73 ss. sul-lo sviluppo dei modi di produzione della ceramica nell’Italia centrale con riferimenti alle classificazioni del Van der Leeuw e del Peacock. Cfr. inoltre Bietti sestieri 1992, p. 446, che riconosce nella produzione della ceramica di impasto di Osteria dell’Osa delle fasi più antiche della necropoli un inizio di specializzazio-ne nella fabbricazione di alcune categorie di vasi, an-che in questo caso di grandi contenitori per derrate, da collocarsi fra le categorie della produzione domesti-ca (household production) e dell’industria domestica (household industry).

25 Cfr. arnold 1985, pp. 101, 226 ss. con rife-rimenti a contesti etnografici attuali. Cfr. inoltre per l’Etruria di epoca arcaica colonna 1993, pp. 61-68.

dovuta, secondo gli autori, alla probabile esistenza di produzioni distinte per tipo di gusto e tecniche im-piegate.

21 Altrettanto poco puntuali, se riferiti alle for-naci di Veio, sono i confronti richiamati per Fidenae da Di Gennaro e Iaia, come l’impianto dall’insedia-mento terramaricolo di Basilicanova presso Parma del Bronzo recente (cattani 1997, pp. 507-511) e quello dal sito calabrese di Torre Galli, databile ad un oriz-zonte evoluto dell’età del Ferro (orsi 1926, coll. 85 ss.; pacciarelli 1999, p. 204, tav. 180).

22 Cfr. Brocato 1995, pp. 109-119, tavv. 12-14, ove si segnala l’importanza dell’argilla in zona, testi-moniata dal toponimo Argiletum, di localizzazione non lontana, e si menziona un altro forno dalla Regia «poco distante dall’unica capanna di cui ben si identi-fica il perimetro».

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 103

i ritrovamenti di Campetti sembrano fornire una prova a livello archeologico. Pur nella limitata estensione dell’area indagata, non credo che si possa dubitare della effettiva contemporaneità dell’impianto produttivo con la struttura a pianta ovale, sia essa a carattere abitativo o funzio-nale-accessorio all’impianto stesso: al di là della reciproca contiguità, si è detto che l’attività delle fornaci cessa con l’obliterazione della struttura, cui segue la subitanea apertura della fossa di deposizione in posizione centrale rispetto al perimetro di quella che, allo stato attuale delle ricerche, sembra possibile ricostruire come una grande capanna.

Di non facile soluzione è il problema di quale ruolo sociale l’anziana donna sepolta nell’abitato di Porta Nord-Ovest all’inizio del processo di urbanizzazione del pianoro di Veio rivestisse nell’ambito della comunità, stante la sua connessione con un’attività produttiva ce-ramica di entità piuttosto considerevole e provvista di un certo grado di specializzazione, che doveva coinvolgere verosimilmente anche qualcuno degli uomini della comunità.

Mario Torelli ha già espresso l’opinione che trattasi di una schiava, richiamando un’iscri-zione su una tegola del I secolo a.C. da Pietrabbondante che indica la condizione servile della donna addetta a quella attività di produzione26. L’ipotesi non sembra convincente, se si tiene conto da un lato della collocazione della sepoltura all’interno della grande struttura ovale, salvaguardata peraltro nel tempo almeno fino all’età arcaica, dall’altro della considerazione, per lo più condivisa, che in epoca pre - protostorica la sepoltura formale non è generalizzata in modo tale da coinvolgere tutti gli individui di una comunità. Nell’Etruria di età arcaica peraltro alcune testimonianze sembrano indicare che è la domina a soprintendere al complesso delle lavorazioni artigianali connesse con la vita dell’oikos, come di recente ha ben messo in evidenza Giovanni Colonna nel proporre una nuova lettura dell’iscrizione dipinta sull’opera eponima del «Pittore della Nascita di Menerva», l’eccezionale pisside-cratere con storie mito-logiche raffigurate nella tecnica «white on red» del Museo del Louvre: in kusnailise, secondo lo studioso, ricorrerebbe il nome del responsabile della bottega, che è una donna, dal gentilizio di formazione patronimica cusna, identificabile non tanto come colei che ha prodotto mate-rialmente il vaso, ma piuttosto come «patrona» della bottega «in quanto esponente dell’oikos aristocratico sotto la cui tutela e per la cui committenza operava l’anonimo maestro con i suoi collaboratori»27. Se in tale direzione sembra possibile approfondire la questione, al momento è arduo formulare più che un’ipotesi per questo caso di «sepoltura tra i vivi»28. Non resta che attendere nuovi dati dalla prosecuzione delle ricerche, che, al di là di auspicabili ampliamenti dell’area in estensione, si preannunciano interessanti anche nel completamento dell’indagine in profondità (cfr. nn. 52-56) con possibili indizi di una continuità di vita tra prima età del Ferro e Bronzo finale.

F. B.

tura dell’iscrizione.28 La mancata integrazione nell’ambito della

comunità potrebbe far ipotizzare l’origine straniera della defunta, od anche l’attribuzione di connotazio-ni magiche in rapporto allo svolgimento dell’attività artigianale.

26 Cfr. M. Torelli in questi Atti.27 Cfr. colonna 1993, pp. 61-68 con il signi-

ficativo riferimento al modello delineato dalla tra-dizione letteraria per Demarato; per il Pittore della Nascita di Menerva cfr. martelli 1987, pp. 20, 266 ss., n. 43 e martelli 1989, pp. 45-49 con diversa let-

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104 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

i materiali

Si presenta una selezione dei materiali rinvenuti nelle stratigrafie riferibili alla prima età del Ferro29. Allo stato attuale dello studio, ancora nelle sue fasi preliminari, gli esemplari appaiono realizzati con due principali tipi d’impasto. L’impasto bruno con superfici accura-tamente steccate e lucidate risulta impiegato nella realizzazione di biconici (nn. 2-7, 21-23, 27, 29-32, 52-55), di forme vascolari e non da mensa, quali tazze (nn. 8-14, 24, 33), scodelle (n. 17), sostegni (n. 18), e occasionalmente di olle. In impasto più grezzo sono modellati i vasi, soprattutto di grandi dimensioni, destinati alla preparazione, alla cottura e alla conser-vazione delle derrate e plausibilmente alle attività artigianali, quali anfore (n. 34), olle (nn. 15, 25-26, 35-36, 56), scodelle (nn. 16, 37-39), bacini (nn. 40-41), dolii (nn. 28, 42-46), nonché gli instrumenta domestica come vasi senza fondo (n. 47), fornelli (n. 20) e rocchetti (n. 19). Le superfici di colore variabile dal bruno al rosso appaiono costantemente lisciate e talvolta lucidate; in alcuni casi, come in quello del dolio n. 44, l’intero vaso è dotato di uno spesso rivestimento color crema.

Da un punto di vista morfologico, accanto alla costante presenza di olle, negli strati costituenti la struttura e i paramenti delle fornaci predominano i vasi di grande formato, ricostruibili quasi interamente (dolii, bacini, scodelloni), e occasionalmente frammenti di biconici. Di contro, nelle stratigrafie pertinenti la capanna è riscontrabile una più cospi-cua incidenza di ceramiche fini, prime fra tutte le tazze che, concordemente alla sepoltura, concorrono a circoscrivere la cronologia delle strutture ad un momento non iniziale del IX secolo a.C.

Accanto alle ceramiche vascolari si segnala la presenza di manufatti in argilla, rappresenta-ti da un frammento della bocca del forno (n. 48), dai pani (nn. 49-51) e da una rilevante quantità di concotto relativo al sistema di rivestimento e copertura dell’impianto.

S. N. - F. B.

deposizione

n. 1 Fibula di bronzo (figg. 11, 1; 17, a)(US 118). Lungh. mass. 6,1; alt. mass. 3,5.Tipo attestato nell’orizzonte antico dell’età del Ferro30, la datazione dell’esemplare è probabil-mente circoscrivibile alla I fase veiente in base ai confronti stringenti con esemplari sporadici da Quattro Fontanili, pertinenti al nucleo più antico di deposizioni31.Bibl.: F. Biagi - s. neri, in Boitani cds.

fig. 60 (quadrato X 9); Quattro Fontanili 1972, pp. 275, 278, fig. 57 (quadrato M 6); close BrooKs 1965, tipo 7, p. 57, fig. 5 (fase I); avvicinabile alle formulazioni più semplificate del tipo I 2 (toms 1986, p. 78, I 2).

29 Le misure sono espresse in centimetri.30 Bartoloni - delpino 1979, p. 86, nota 337.31 Quattro Fontanili 1965, pp. 168, 172, fig. 78.a

(quadrato Y 14); Quattro Fontanili 1967, pp. 184-185,

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 105

capanna

n. 2 Biconico (fig. 11, 2)(US 331). Lungh. 9,8; largh. 10.Fr. di collo; decorazione incisa a pettine a quattro e cinque denti con motivo di seduto.Bibl.: F. Biagi - s. neri, in Boitani cds.

Fig. 11. – Materiali dalla deposizione (n. 1) e dalle stratigrafie della capanna (nn. 2-20).

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106 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

n. 3 Biconico (fig. 11, 3)(US 282). Lungh. 3,6; largh. 3,4.Fr. di collo; decorazione incisa a pettine a quattro denti.

n. 4 Biconico (fig. 11, 4)(US 109). Lungh. 5,4; largh. 6,4.Fr. di collo; decorazione incisa a pettine a tre denti e impressa a chicchi di riso.

n. 5 Biconico (fig. 11, 5)(US 331). Lungh. 5,7; largh. 6,9.Fr. di spalla; decorazione incisa a pettine a due e tre denti e impressa a chicchi di riso e «a chiocciole».La decorazione «a chiocciola», ottenuta mediante l’impressione della parte sommitale di una conchiglia gasteropode, risulta piuttosto rara tra i motivi decorativi veienti, mentre appare ben documentata a Tarquinia32 e Vulci33.

n. 6 Forma chiusa (fig. 11, 6)(US 283). Diam. bocca 18,8; alt. mass. 1,2.Fr. di labbro svasato; motivo a triangoli impresso a falsa cordicella sul labbro.La decorazione interna sul labbro è presente in contesti del Bronzo finale e della prima età del Ferro su vasi di varia foggia34. In particolare, per il motivo a zigzag lineare impresso a falsa cordicella si richiama un frammento proveniente da Piazza d’Armi, molto probabilmente per-tinente ad un biconico35.

n. 7 Forma chiusa (fig. 11, 8)(US 282). Diam. 1,7; alt. mass. 1,4.Estremità a piattello di ansa. Anse affini, probabilmente connesse a pratiche rituali, ricorrono in associazione ad un ampia gamma di forme vascolari nel Lazio, a Sala Consilina, a Terni ed episodicamente a Tarquinia36. In ambito veiente la conformazione a piattello, probabilmente rielaborata da elementi laziali, risulta attestata in relazione alla forma del biconico da un frammento sporadico dal quadrato O 25/1 della necropoli di Quattro Fontanili e da un esemplare integro deposto nella t. 12 di Grotta Gramiccia, ascrivibile ad un momento antico del IX secolo a.C.37, rendendo plausibili anche per questo frammento destinazione e cronologia analoghe.

Burini 1995, fig. 34, n. 737), a Sorgenti della Nova su di un’anfora (cardosa - domanico 1995, p. 357, fig. 137.33).

35 steFani 1944-45, coll. 274, 285-286, fig. 86.36 Berardinetti insam 1990, p. 18, nota 91 con

distribuzione e relativa bibliografia.37 Berardinetti insam 1990, pp. 16-18, nota 90,

fig. 3e.

32 Tarquinia, La Civita-Cretoncini (UT 105 e 107): mandolesi 1999, p. 115, fig. 55.4 e p. 120, fig. 57.6.

33 Vulci, Pozzatella, area 32B: pacciarelli 2001, p. 151, fig. 89.5.

34 Alcuni esempi da Tarquinia, Le rose su bi-conico e piattello (Buranelli 1983, p. 79, fig. 80.1; p. 90, fig. 93.27), dal Gran Carro su di una brocca (tam-

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 107

n. 8 Tazza (fig. 11, 9)(USS 273, 310, 331). Diam. bocca 4; alt. 10,7.ricomposto da numerosi frammenti; lacune in corrispondenza del labbro e del corpo, mancan-te dell’ansa. Labbro svasato con orlo arrotondato, corpo ovoide con spalla leggermente sfug-gente, piede ad anello; decorazione incisa con cuppelle impresse: sul collo meandro interrotto; schema metopale sulla spalla.Difficile un confronto puntuale, si veda un esemplare tarquiniese databile nella locale fase IA38.

n. 9 Tazza (fig. 11, 7)(US 283). Lungh. 1,4; largh. 2.Fr. di labbro svasato con attacco d’ansa; triangoli impressi a falsa cordicella sul labbro.Cfr. n. 6.

n. 10 Tazza (fig. 11, 10).(US 294). Diam. bocca 8,7; diam. mass. 12; alt. mass. 6,8; alt. 3,9. Fr. di breve collo troncoconico con orlo assottigliato, spalla leggermente sfuggente, ansa a na-stro insellata bifora verticale internamente costolata.Tipo diffuso in ambiente etrusco-laziale, in contesti di IX secolo a.C.: cfr. esemplari a Cerveteri dalla t. 172 del Sorbo39, a Tarquinia, Civita dall’interro pavimenti 245 e 26140, a roma dalla t. U del Foro (II A)41 e a Osteria dell’Osa dalla t. 554 (II B1)42. Bibl.: F. Biagi - s. neri, in Boitani cds.

n. 11 Tazza (fig. 11, 11)(US 292). Diam. bocca 9,4; diam. mass. 13,2; alt. mass. 3,7.Fr. di breve collo troncoconico con orlo assottigliato, spalla leggermente sfuggente, ansa a na-stro bifora verticale; decorazione plastica: costolature sulla spalla.Accanto a episodiche attestazioni in area etrusco-meridionale43, il tipo appare ben rappresen-tato in contesti laziali della prima età del Ferro, inquadrabili in particolare nelle fasi centrali del II periodo44.

n. 12 Tazza (fig. 11, 12).(US 295). Diam. bocca 9; diam. mass. 13; alt. mass. 4,1.Fr. di breve labbro svasato con orlo assottigliato, collo troncoconico; ampia spalla distinta e arrotondata. Decorazione impressa a falsa cordicella: sulla spalla motivo a N.

42 Bietti sestieri 1992, p. 730, n. 4, fig. 3a.357.4 (tipo 21a).

43 Cerveteri, Sorbo, t. 146: pohl 1972, fig. 25.3.44 Bettelli 1997, tipo 7, p. 64, tav. 28.5 (II A2 -

II B1); Fidene, fornace 1: di gennaro - iaia 2004, p. 112, fig. 6.7; Osteria dell’Osa: Bietti sestieri 1992, tipo 20 a, p. 280, tav. 21 (II periodo).

38 Le rose, t. a pozzo XLII: Buranelli 1983, p. 46, fig. 47.3.

39 pohl 1972, p. 41, n. 1, fig. 35.40 Bonghi jovino - chiaramonte treré 1997,

tav. 103.1.1, assegnato però ad un orizzonte più an-tico.

41 gjerstad 1956, p. 71, n. 7, fig. 70.7.

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108 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

Vicino al tipo 21a di Osteria dell’Osa, datato nel II periodo locale45, in particolare cfr. esemplari dalle tt. 106, 350, 369 (II A2) e 79 (II B1)46.Bibl.: F. Biagi - s. neri, in Boitani cds.

n. 13 Tazza (fig. 11, 13)(US 107). Diam. mass. 8,7; alt. mass. 3.Fr. di spalla sfuggente con attacco del collo troncoconico; decorazione impressa a falsa cordi-cella alla base del collo, sulla spalla costolature oblique.

n. 14 Forma chiusa (fig. 11, 14)(US 283). Diam. mass. 10,1; alt. mass. 3.Fr. di spalla sfuggente; decorazione incisa con chicchi di riso impressi.Confrontabile con un esemplare sporadico da Quattro Fontanili47.

n. 15 Olletta (fig. 11, 15)(US 283). Diam. bocca 13,4; alt. mass. 4.Fr. di labbro svasato, corpo cilindro-ovoide.Tipo ampiamente attestato nel corso della prima età del Ferro in area etrusco-laziale48.

n. 16 Scodella (fig. 11, 16)(US 292, 394). Diam. bocca 14,4; alt. mass. 5,2.Fr. di vasca profonda arrotondata con labbro leggermente rientrante.Esemplari puntualmente confrontabili da San Giovenale49 e da Marangone50 della prima età del Ferro.

n. 17 Scodella (fig. 11, 17)(US 273). Largh 4; alt. mass. 2,3.Fr. di vasca con labbro rientrante e ansa orizzontale a profilo quadrangolare; decorazione im-pressa a motivi circolari.Ad un momento iniziale della prima età del Ferro rinviano le attestazioni dall’area laziale51.

n. 18 Sostegno (?) (fig. 11, 18)(US 109). Lungh. 3,9; largh. 2,7.Base con fenestratura; decorazione incisa a pettine.

Satricum, E 9, capanna V: maasKant KleiBrinK 1987, p. 201, n. 1003.

49 olinder - pohl 1981, p. 44, n. 453, tav. 21.453 (area B).

50 Belardelli - pascucci 2002, p. 253, fig. 2.9 (Scavi SAEM, US 18 e 20).

51 Esemplari da Osteria dell’Osa: Bietti sestieri 1992, tipo 26c, p. 302, tav. 24 (II periodo, soprattutto iniziale); Gabii: guaitoli 1981a, p. 35, nn. 58, 61, figg. 9.58, 9.61.

45 Bietti sestieri 1992, p. 290, tav. 23.46 Bietti sestieri 1992, p. 558, n. 8, fig. 3a.6.5;

ibid., p. 576, n. 2, fig. 3a.40.2; ibid., p. 606, n. 4, fig. 3a.110.4; ibid., p. 653, n. 4, fig. 3a.204.4.

47 Quattro Fontanili 1965, p. 87, b, fig. 16.b (qua-drato CC 12).

48 Marangone (scavi Barbaranelli): Belardelli - pascucci 2002, p. 252, fig. 1.7; Tarquinia, Civita (allet-tamento del pavimento 491): Bonghi jovino – chia-ramonte treré 1997, tav. 107.3.3; San Giovenale, area B: olinder - pohl 1981, p. 40, n. 373, tav. 16. 373;

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 109

n. 19 rocchetto con foro passante (fig. 11, 19)(US 107). Lungh. 2,7; diam. mass. 3,1.

n. 20 Fornello (fig. 11, 20)(US 282). Diam. mass. 27,6; alt. mass. 4,4.Fr. di tesa con cordone plastico e imposta della piastra rialzata.tipo Delpino 6 B52; tipo Scheffer Id53.

oBliterazione e riempimenti delle strutture produttive

n. 21 Biconico (fig. 12, 1)(US 373). Diam. mass. 22,2; alt. mass. 12,8.Fr. di collo con attacco del labbro. Decorazione incisa a pettine a cinque denti: sotto il labbro registro con meandro spezzato, sormontante triangoli pendenti internamente campiti e desi-nenti con cuppella impressa.

n. 22 Biconico (fig. 12, 2)(US 273). Lungh. 7,2; largh. 6,8.Fr. di collo con imposta del labbro; decorazione incisa a pettine a sei denti: fascia e tracce di elementi campiti con chicchi di riso impressi.

n. 23 Biconico (fig. 12, 3)(US 373). Lungh. 12,8; largh. 6,9.Fr. di collo; decorazione impressa e incisa a pettine a cinque denti: elemento angolare campito con chicchi di riso impressi, al di sotto fascia sormontante grappoli di sei cuppelle.Pertinente allo stesso vaso del n. 22.

n. 24 Tazza (fig. 12, 4)(US 302). Diam. bocca 11,6; diam. mass. 14; alt. mass. 3,2.Labbro a colletto, spalla sfuggente; decorazione plastica: sulla spalla costolature oblique.Come gli esemplari precedenti, la tazza trova confronti in ambito laziale in contesti in massima parte riferibili ad un momento evoluto del II periodo54.

n. 25 Olla (fig. 12, 5)(US 426). Diam. bocca 22,4; alt. mass. 9,2Fr. di labbro svasato, corpo cilindro-ovoide.

1992, tipi 20 d/21 d, pp. 281, 291, tavv. 21, 23; riserva del Truglio: gieroW 1964, p. 60, n. 7, fig. 25.7.

52 delpino 1969, p. 317, figg. 3-4.53 scheFFer 1981, pp. 35-36, figg. 2-3.54 Esemplari da Osteria dell’Osa: Bietti sestieri

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110 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

Tra le forme più diffuse nella prima età del Ferro, l’esemplare trova numerosi riscontri in am-bito etrusco-meridionale55 e laziale56.

112, fig. 9.4-5; Satricum, C 4 e D4: maasKant Klei-BrinK 1987, p. 140, n. 22, fig. 224.22; ibid., p. 150, n. 179, fig. 240.179.

55 Bonghi jovino - chiaramonte treré 1997, tav. 104.3.2: Tarquinia, Civita (interro del pavimento 251), assegnata all’orizzonte protovillanoviano.

56 Fidene, fornace 1: di gennaro - iaia 2004, p.

Fig. 12. – Materiali dagli strati di obliterazione dei forni (nn.1-6) e scarti di cottura dal riempimento della vasca (nn.7-8).

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 111

n. 26 Olla (fig. 12, 6)(US 342). Diam. bocca 22,6; alt. mass. 9,6Fr. di labbro svasato, con orlo dritto; corpo cilindro-ovoide con cordone plastico applicato.

n. 27 Biconico (figg. 12, 7; 17, c)(US 314). Fr. maggiore: lungh. 7,8; largh. 13,5.Sei frammenti pertinenti verosimilmente ad uno stesso biconico con evidenti tracce di cattiva cottura. Decorazione incisa a pettine a due, quattro e sette denti, si ricompone: sul collo un fascia sotto il labbro, presso la spalla una fascia con motivi a triangoli desinenti con cuppella impressa sormontanti un probabile motivo di seduto, sulla spalla decorazione metopale.La sintassi decorativa trova puntuali riscontri su biconici da Quattro Fontanili, pertinenti alla fase più antica di utilizzo della necropoli57.

n. 28 Dolio (fig. 12, 8)(US 314). Largh. 15,2; alt. mass. 10,6.Fr. di labbro svasato, corpo ovoide con cordone plastico.Cfr. esemplari da Osteria dell’Osa58.

S. N.

strutture produttive

n. 29 Biconico (fig. 13, 1)(USS 314, 324).Alt. mass. 30,4; diam. mass. 39,4.Parte superiore di biconico con collo troncoconico leggermente rigonfio e spalla distinta ar-rotondata con attacco d’ansa. Decorazione incisa a pettine a tre, quattro e cinque denti: sul collo registro decorato da meandri a scaletta, al di sotto fila di cuppelle, fascia e grappoli di tre cuppelle ciascuno, presso la base fascia da cui si sviluppano due motivi di seduto; sulla spalla metope campite da croci di S. Andrea con diramazioni, cuppelle agli angoli.L’esemplare veiente (in corso di restauro e per questo non ancora fotografato) è inseribile nel tipo II della classificazione adottata per l’abitato del Gran Carro59, da cui proviene, inoltre, un biconico che ben si confronta per la complessità decorativa60. La campitura della metopa trova puntuali riscontri in un esemplare sporadico da Quattro Fontanili61; mentre, il motivo del meandro a scaletta ravvicinato risulta piuttosto diffuso in ambito tarquiniese e vulcen-te62.

peri 1971).61 Quattro Fontanili 1972, p. 353, n. 1, fig. 352.1

(quadrato VWgd).62 A titolo di esempio si segnalano i biconici da

«Casal di Lanza», necropoli dell’Osteria: mandolesi 2005, pp. 89-173.

57 Quattro Fontanili 1967, p. 266, n. 2, fig. 108.2 (quadrato W 19); Quattro Fontanili 1972, p. 302, n. 1, fig. 65.1 (t. OP 6).

58 Bietti sestieri 1992, tipo 1a, p. 230, tav. 8 (II periodo).

59 tamBurini 1995, tipo 2, p. 253.60 tamBurini 1995, fig. 39, p. 126, n. 1397 (recu-

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112 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

n. 30 Biconico (fig. 13, 2)(USS 336, 338, 342, 412, 424). Diam. mass. 39,4. Malgrado l’assenza di attacchi, la porzione ricomposta è plausibilmente pertinente al biconico n. 29.

Fig. 13. – Materiali dalle strutture produttive.

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 113

n. 31 Biconico (fig. 13, 3)(US 382). Diam. bocca 19,6; alt. mass. 7,7.Fr. di collo con labbro svasato. Decorazione incisa con pettine a tre e cinque denti: al di sotto di una fascia, motivo a meandro spezzato con cuppelle impresse agli angoli e alle estremità.

n. 32 Biconico (fig. 13, 4)(US 332). Lungh. 6,4; largh. 7,8.Fr. di spalla, decorazione incisa a pettine a due, quattro e cinque denti: motivo metopale con campiture a chicchi di riso impressi.Simile partito decorativo ricorre su un biconico dalla t. a pozzo Z 16 A della necropoli veiente di Quattro Fontanili63.

n. 33 Ansa (fig. 13, 5)(US 382). Alt. mass. 2,8.Fr di ansa cornuta con apofisi; decorazione impressa a falsa cordicella.L’attestazione di anse simili nei principali centri dell’Etruria meridionale nel corso della prima età del Ferro64 rende probabile la pertinenza del frammento ad una tazza.

n. 34 Anfora (fig. 14, 2)(US 442, 444). Largh. 8,4; alt. mass. 10,4.Fr. di labbro indistinto, con ansa a bastoncello verticale sormontante.Confrontabile con un esemplare dall’abitato del Gran Carro, ricondotto ad un tipo documen-tato in ambito laziale tra la fine dell’età del Bronzo e gli inizi dell’età del Ferro65.

n. 35 Olla cilindro-ovoide (fig. 14, 1)(US 423). Diam. bocca 35,8; diam. mass. cons. 38; alt. mass. cons. 12.ricomposta da frammenti. Breve labbro svasato, corpo ovoide con cordone plastico applicato al di sopra della spalla.Olle cordonate sono ampiamente attestate in contesti del Bronzo finale e del primo Ferro; in particolare, il frammento è avvicinabile ad alcuni esemplari provenienti dai siti della Mattona-ra66 e di Malpasso67, entrambi databili nel primo Ferro.

n. 36 Bicchiere (fig. 14, 3)(USS 382, 444). Diam. bocca 6,4; alt. 8,7.ricomposto da numerosi frammenti. Breve labbro svasato, corpo troncoconico, fondo piano profilato.

63 Quattro Fontanili 1963 p. 123, a, fig. 29 a.64 Esemplari da Veio, Piazza d’Armi (US 646,

672): a. piergrossi, in Bartoloni 2001, p. 31, I.E.1; Tarquinia, le rose, t. XLVII: Buranelli 1983, pp. 52-56, n. 5, fig. 56.5 (fase IB), Impiccato, t. I: hencKen 1968, p. 115, fig. 108.b; Vulci, Mandrione del Cavalu-po: Falconi amorelli 1977, pp. 73-74, tav. XXVI.c.

65 tamBurini 1995, pp. 261-264, fig. 34.765 (re-cupero 1965).

66 Scavi Barbaranelli, frammento dal «cumulo al di sopra dei pozzetti»: pascucci 1998, p. 93, fig. 21.5.

67 pacciarelli 2001, p. 172, fig. 104.1; pp. 170-176 con distribuzione e analisi funzionale delle olle cor-donate d’impasto rossiccio.

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114 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

n. 37 Scodella (fig. 14, 4)(US 437). Diam. bocca 18,2; alt. 6.ricomposta da frammenti. Vasca troncoconica poco profonda con orlo dritto, piede ad anello.Difficile un confronto puntuale.

n. 38 Scodella (figg. 14, 5; 17, d)(US 437). Diam. bocca 28,4; alt. 9,4.ricomposta da frammenti. Vasca troncoconica poco profonda con orlo assottigliato, piede ad anello.Difficile anche per questo esemplare un confronto puntuale.

Fig. 14. – Materiali dalle strutture produttive.

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 115

n. 39 Scodella (fig. 14, 6)(USS 333, 437). Diam. bocca 34,4; alt. mass. 9,6.ricomposta da frammenti, mancante del fondo. Vasca a calotta profonda.Tipo piuttosto diffuso nella prima età del Ferro in ambito etrusco-laziale68.

n. 40 Bacino (fig. 14, 7)(US 332). Diam. bocca 35,2; alt. mass. 12,2.Fr. di vasca profonda con orlo obliquo.Il frammento, pur conservato per una porzione molto ridotta, è attribuibile ad un bacino in base ad analogie con materiali ceretani dallo scarico di Vigna Parrocchiale 69.

n. 41 Bacino (fig. 14, 8)(USS 337, 338). Diam. bocca 51,6; alt. mass. 18,8.ricomposto da frammenti; lacune sul labbro e sulla vasca, mancante del fondo. Breve labbro svasato con orlo arrotondato, profonda vasca ovoide con spalla arrotondata.

n. 42 Dolio (fig. 15, 1)(US 435). Alt. mass. 15,5; largh. 9,8.Fr. di labbro svasato, corpo cilindro-ovoide.Cfr. esemplari della prima età del Ferro da Osteria dell’Osa70.

n. 43 Dolio (fig. 15, 2)(US 438). Alt. mass. 11,9; largh. 15,2.Fr. di labbro molto svasato, corpo cilindro-ovoide.

n. 44 Dolio (fig. 15, 3)(USS 437, 438). Diam. bocca 48; alt. mass. 16,4.ricomposto al momento da frammenti per circa un quarto dell’imboccatura; manca del fondo. Orlo ingrossato obliquo con pronunciata risega interna, corpo ovoide con presa eretta scanalata.Tipo documentato non di frequente tra l’età del Bronzo finale e la prima età del Ferro in area etrusco laziale71.

n. 45 Dolio (fig. 15, 4)(US 438). Diam. bocca 48; alt. mass. 16,4.Fr. di orlo ingrossato obliquo con pronunciata risega interna, corpo ovoide.Cfr. n. 44.

68 Cfr. San Giovenale, area D: Berggren - Berg-gren 1980, p. 18, n. 160, tav. 14.160; area B: olinder - pohl 1981, p. 46, n. 533, tav. 21.533; Ficana: Brandt 1996, pp. 207-208, n. 71, fig. 133.e.

69 moscati 1993, p. 219, n. H.22, fig. 429.H.22.70 Bietti sestieri 1992, tipo 1c var I, pp. 231-232,

tav. 9 (II periodo).

71 Gran Carro: tamBurini 1995, tipo 1a, pp. 232-233, fig. 29.120 (sporadici 1959-1964); Sorgenti della Nova, settore IX: DolFini - cardosa 2000, p. 157, fig. 1.13; Castel di Decima, riempimento del fos-sato, guaitoli 1981B, p. 123, fig. 9.2, in particolare per il n. 44.

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116 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

n. 46 Dolio (fig. 15, 5)(US 360). Lungh. 24,8; largh. 28,1.Fr. di parete con presa eretta scanalata.Cfr. n. 44.

n. 47 Vaso senza fondo (fig. 15, 6)(US 423). Alt. mass. 23,5; largh. 14.Fr. di base troncoconica con orlo ingrossato, presa rivolta verso il basso; l’intera superficie mostra tracce di vetrificazione.

Fig. 15. – Materiali dalle strutture produttive.

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 117

I vasi senza fondo ricorrono in Etruria meridionale nel Bronzo finale e nella prima età del Ferro72. Se circoscritta appare la cronologia, di più incerta interpretazione risulta la funzio-ne. Generalmente la forma è ricondotta alla cottura dei cibi, come suggerirebbe la presenza

tav. 18.54 (test - pits L, building I, stratum 3); ibid., p. 38, nn. 85-87, tav. 26.85-87 (test - pits M-N, stratum 2); Gran Carro: tamBurini 1995, pp. 228-230, a titolo d’esempio figg. 33.712, 29.118-119.

72 Esemplari da Norchia: colonna di paolo - colonna 1978, pp. 316-317, nn. 41-42, tavv. CC-CLXXI-CCCXLII «dolii senza fondo»; San Giove-nale, area B: Berggren - Berggren 1981 p. 33, n. 54,

Fig. 16. – Pani d’argilla cotta (nn.1-2), frammento di bocca del forno (n. 3) e materiali dalle stratigrafie precedenti le strutture produttive (nn. 4-8).

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118 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

di zone di annerimento, di fori passanti nelle pareti e di incavi presso l’orlo identificati come alloggiamento di eventuali spiedi73. Differenziandosi dai fornelli in genere associati negli stessi contesti, si utilizzavano forse impiegando le braci al posto della fiamma diretta74. Per gli esem-plari attestati a Sorgenti della Nova è stata avanzata, invece, un’interpretazione come sostegni, predecessori dei calefattoi dell’età del Ferro75.L’esemplare n. 47 si differenzia per il profilo marcatamente troncoconico, con rastrematura verso l’alto76, laddove appare consueta una minore inclinazione delle pareti associata a base d’appoggio con diametro minore, spesso decorata da cordoni plastici; mentre ben attestate ri-sultano le prese per il sollevamento del vaso77. I vistosi difetti di cottura, che hanno reso l’intera superficie vetrificata con profonde crepature e vacuoli, identificano il frammento come scarto di produzione.

n. 48 Bocca di forno (figg. 16, 3; 17, b)(US 438). Lungh. 18,8; largh. 7,2; spess. mass. 4,5.Fr. di argilla concotta ad andamento curvilineo pertinente alla porzione terminale dell’imboc-catura del forno; si preserva l’originario fronte esterno.

n. 49 Pane di argilla cotta (figg. 16, 1; 17, f)(US 340). Lungh. mass. 27,3; largh. 12,3; alt. 6,9.Fr. parallelepipedo a sezione rettangolare con angoli smussati e con estremità lievemente arro-tondata.

nn. 50-51 Pane di argilla cotta (figg. 16, 2; 17, e)(US 340). Lungh. mass. 55,7; largh. 13,2; alt. 7.ricomposto da due frammenti combacianti; corpo parallelepipedo a sezione rettangolare con angoli smussati.I sei pani sono ricavati dalla frammentazione in segmenti di lunghezza variabile di elementi di dimensioni maggiori in argilla cotta78. L’impiego nella struttura potrebbe essere di carat-tere secondario: alcune disomogeneità nell’argilla sembrano, infatti, indicare un processo di cottura scarsamente controllato, se non di tipo accidentale, suggerendo un utilizzo originario sotto forma di materiale crudo. In base alla somiglianza nel grado di depurazione e nelle ca-ratteristiche generali con alcuni impasti, nonché con il concotto delle coperture delle fornaci, si potrebbe ipotizzare che sottoforma di grandi pani venisse conservata l’argilla semitrattata disponibile all’uso.

carne l’orientamento, al momento ancorato alla con-formazione della presa.

78 Poiché solo nell’esemplare n. 49 si conserva un’estremità originaria, non è possibile ricostruire la lunghezza complessiva degli elementi, che almeno nel caso dei frammenti combacianti 50-51 doveva supe-rare i 56 cm.

73 tamBurini 1995, p. 230 con riferimenti.74 colonna di paolo - colonna 1978, pp.

316-317. 75 domanico - cardosa 1995, p. 366, nota 16.76 Il dato è confortato da un altro esemplare,

quasi interamente ricostruibile, rinvenuto anch’esso nella fodera interna dell’impianto.

77 Il restauro dell’esemplare permetterà di verifi-

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14, 2007 La donna delle fornaci di Veio-Campetti 119

Fig. 17. – a) Fibula dalla sepoltura. b) Frammento della bocca del forno 2. c) Frammenti di biconico con difetti di cottura. d) Scodella dalla struttura del forno 1. e-f) Pani d’argilla cotta.

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120 F. Boitani - S. Neri - F. Biagi Sc. Ant.

stratigraFie precedenti l’impianto dei Forni

n. 52 Biconico (fig. 16, 4)(US 451). Diam. bocca 24,1; alt. mass. 3,2.Fr. di labbro svasato; decorazione lineare incisa a pettine.

n. 53 Biconico (fig. 16, 5)(US 394). Diam. bocca 21,2; alt. mass. 7.Fr. di labbro svasato con imposta del collo troncoconico.

n. 54 Biconico (fig. 16, 6)(US 390). Lungh. 7,3; largh. 6,4.Fr. di collo; decorazione incisa a pettine a tre denti con motivo di seduto.

n. 55 Biconico (fig. 16, 7)(US 394). Lungh. 2,6; largh. 3,5.Fr. di spalla; decorazione incisa a pettine a due e tre denti: metopa campita da una svastica (?).

n. 56 Olla (fig. 16, 8)(US 394). Diam. bocca 16,8; alt. mass. 4,9.Fr. di breve labbro poco svasato, corpo ovoide.Forma comune nel comparto medio-tirrenico nel corso della prima età del Ferro79.

F. B.

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1997, tav. 104.4.1; Marangone (scavi SAEM US 18): Belardelli - pascucci 2002, p. 254, fig. 3.2.

79 Esemplari da Tarquinia, Civita (interro del pavimento 251): Bonghi jovino - chiaramonte treré

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summary

The Soprintendenza for the Archaeological Goods of Southern Etruria in Veii started an excavation working in 2003, on Veii’s plateau, not far from Porta Nord Ovest and has brought to light, on a sample of 18 by 5 metres, a complex stratigraphic storing which shows the continuity of life from the Archaic Age to the beginning of the Iron Age. The newly acquired data allow us to trace back to the archaic phase, the building of the defensive walls in square opus, already known in some of its parts and of a new structure, in square opus too, which runs in parallel for more than 29 metres; a rectangular hut and a metal kiln date back to the Orientalizing Age; the setting up of both the most ancient defensive rampart and probably the connected ditch date back to the early Iron Age: the rampart marks the obliteration of a previous pottery-producing structure, made up of two horizontally draughted kiln and a nearby hollow to settle clay. Such a setting up was located in front of an oval hut subdivided into two coaxial rooms which were placed after a 13 m portico. The above mentioned setting up was dismantled about the end of the 9th century B.C. as well as the tomb of an adult woman, buried in a rectangular grave, which was dug below the partition inside the hut and that later on was respected by the archaic walls. A new case of «buried among the livings», whose meaning seems particularly interesting.