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Periodico romano di approfondimento culturale: arti, lettere, spettacolo “...non più una cul- tura che consoli nel- le sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le eli- mini...” Elio Vittorini, 1945 “Scrivere non è descri- vere. Dipingere non è rappresentare.” George Braque VESPERTILLA - Anno XII - n°2 marzo-aprile 2015-prezzo 5 euro
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La comunità dei Decimiensi e la Catacomba ad Decimum

Apr 27, 2023

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Periodico romano di approfondimento culturale: arti, lettere, spettacolo

“...non più una cul-tura che consoli nel-le sofferenze, ma unacultura che proteggadalle sofferenze, chele combatta e le eli-mini...”Elio Vittorini, 1945

“Scrivere non è descri-vere. Dipingere non èrappresentare.”

George Braque

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VESPERTILLA

Direttore Responsabile: Serena Petrini

Direttore Editoriale: Luigi Silvi

Condirettore: Ilaria Lombardi

Vicedirettori: Serena Epifani, Francesca Martel-lini

Segretaria di Direzione: Maria Pia Monte-duro

Hanno collaborato a questo numero: Michela Barbieri, Luca Buongiorno, SilviaD’Addazio, Micaela De Filippo, Marina Humar,Francesca Martellini, Maria Pia Monteduro,Sofia Orsino, Sibilla Panerai, Laura Ruzickova,Luigi Silvi, Ofelia Sisca, Vito Tritto.

La collaborazione sotto ogni forma è gratuita

Impaginazione grafica: Maria Pia Monte-duro

Editing: Serena Epifani, Francesca Martellini

Editore:Associazione Culturale ANTICAMentevia Sannio 21, 00183 Roma

INFO [email protected]@tiscali.it

Pubblicazione registrata presso il TribunaleCivile di Roma n. 335-05.08.2004

Stampa:Copypoint - via de’ Funari 25 00186 Roma

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SEZIONE ARCHEOLOGIA

Sommario

MANIFESTAZIONE DI POTEREDELL’ ARISTOCRAZIA ANTICOVENETA

Storie di antichi veneti. La situla figurata di Montebelluna, Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna (Montebelluna), di LuigiSilvi PAG. 4

PROBLEMATICHE SULLA TERRA

Terrantica. Volti, miti e immagini della Terra nel mondo antico, Colosseo, di Luigi Silvi PAG. 6

CULTO DELLE ACQUE AL FORO

Lacus Iuturnae. La fontana sacra del Foro Romano, Tempio di Romolo, Foro Romano, di Luigi Silvi PAG. 26

DALL ’ ARTE PER I CITTADINI ALL ’ ARTE PER I MONARCHI

Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico, Palazzo Strozzi (Firenze), di Luigi Silvi PAG. 38

MAGNIFICENZA DELLA STATUARIA GRECA RIPRODOTTA IN PICCOLE DIMENSIONIPiccoli grandi bronzi. Capolavori greci, etruschi e romani delle collezioni mediceo-lorenesi, Museo Archeologico Nazionale (Firenze) , diLuigi Silvi PAG. 68

ANGOSCIA DEL REALEL’età dell’angoscia. Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.), Musei Capitolini, di Luigi Silvi PAG. 96

APERTURA DELL’A NTIQUARIUM DI VIA LUCREZIA ROMANA PRIMO MUSEOTERRITORIALE A ROMA, di Marina Humar PAG. 108

LA COMUNITÀ DEI DECIMIENSI E LA CATACOMBA AD DECIMUM, di Marina Humar PAG. 128

DAI MAGAZZINI ROMANI AL MERCATO DI TESTACCIO, di Marina Humar PAG. 144

COSIDDETTO TEMPIO DI ROMOLO, di Luigi Silvi PAG. 158

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Da una quindicina d’anni Montebelluna, grazie a numeroseindagini archeologiche sul territorio, ha visto il susseguirsidi scoperte, tra le quali l’individuazione a Posmon-viaCima Mandria di un’estesa necropoli pre-romana e ro-mana. La mostra fornisce un aggiornamento sugli scavi esulle successive campagne di restauro e schedatura dei re-perti. Il focus è sulla fase di massima espansione della ne-cropoli (VI-V sec. a.C.) con l’illustrazione dettagliata deltumulo con la tomba in cui è stata rinvenuta la situla. Lelamine in bronzo decorate, accessori dell’abbigliamento,armi e vasi in terracotta, perle in pasta vitrea costituisconoi corredi delle principali sepolture comprese nel tumulo.Protagonista è la situla (contenitore a forma di secchio) inbronzo figurata, la prima rinvenuta a Montebelluna. L’i-scrizione sul manufatto in alfabeto e lingua venetica è postasull’orlo con la parte iniziale perduta, il verso della scrit-tura è da destra a sinistra. La mancanza della parte inizialee l’incertezza su alcuni valori alfabetici permettono inter-pretazioni diverse: la più verosimile è quella che indicanella situla l’offerta a un uomo da parte di una donna.L’arte delle situle è manifestazione artistica dei Veneti an-tichi, Artigiani-artisti, grazie all’uso sapiente di tecniche dicesello e sbalzo, realizzarono decorazioni su diversi oggettiin lamina bronzea: recipienti (situle e ciste), coperchi, spec-chi, cinturoni, elmi, foderi di coltelli. Le situle erano conte-nitori per il vino che, dopo l’uso, spesso diventavano vasoossuario. Per la loro forma si prestarono in particolar modoquali supporti per decorazioni complesse, racconti per im-magini, il cui intento era l’esibizione del ruolo e dei poteridell’aristocrazia di 2500 anni fa in Veneto. Le situle raccon-tano con le loro immagini la vita dell’aristocrazia tra VII eV secolo a.C. Le scene riflettono una società stratificata,dove emergono individui contraddistinti da ricchezza e po-tere, come indicano i notevoli corredi funerari. Tali gruppipreminenti, sociali o familiari, sono definibili aristocratici,derivando tale categoria dal mondo greco. Lungo il fregiodella situla sfilano i personaggi di questo mondo: solennecorteo di cavalli, cavalieri e carri, segni distintivi tra i piùvistosi della “cultura dei principi” nell’Italia dell’Età delFerro. Il signore aristocratico era caratterizzato dall’asciaper la lavorazione del legno e dall’attività venatoria in sellaal cavallo, aveva ruolo centrale nelle scene di palazzo epubbliche, momenti di musica (suonatori di flauto), con-sumo del vino, giochi (combattimento di pugili), cortei dicarri trainati da cavalli, cui erano legati prigionieri. Nelladecorazione viene dato spazio importante anche alla donnaaristocratica, che esalta la ricchezza familiare con abbiglia-mento e gioielli, ha ruolo fondamentale nella produzionedei tessuti (scene di filatura). La scena di amplesso (sym-plegma) rappresenta l’unione coniugale che crea discen-denza, fondamento della società aristocratica basata suvincoli di sangue. La sacralità di questo atto è indicata dallapresenza sulla sinistra di una figura maschile con vaso acista e mestolo (sympulum), che asperge ritualmente la cop-pia. La scena di aratura, oltre ad alludere alla fertilità, ri-chiama la proprietà della terra come uno degli elementifondanti del potere aristocratico dei Veneti antichi.

Luigi Silvi

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Ar cheologia

MANIFESTAZIONI DI POTERE DELLSTORIE DI ANTICHI VENETI. LA SITULA FIGURATA DI MONTEBELLUNA, Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna (Montebelluna)

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Ar cheologia

LL’ARISTOCRAZIA ANTICOVENETA Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna (Montebelluna)

Situla bronzea figurata di Montebelluna, datumulo della Necropoli di Posmon-via Cima Man-dria, VI-V secolo a.C., Montebelluna, Museo diStoria naturale di Archeologia di Montebelluna.

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PROBLEMATICHE SULLA TERRATERRANTICA. VOLTI, MITI E IMMAGINI DELLA TERRA NEL MONDO ANTICO, Colosseo

Statuetta femminile, cd Venere del Trasimeno, dall'area del Lago Trasimeno, steatite; h cm 3,7, largh. cm1,5, prof. cm 1,2, Paleolitico superiore, Roma, Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”.

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La mostra intende affrontare per la primavolta il tema della Terra, che è stata unastraordinaria produttrice di immaginazioneculturale, di miti e di racconti, entrando pre-potentemente nel linguaggio; presenza fortis-sima, oggi sostanzialmente dimenticata.L’intento è quello di tracciare complessità emoltitudine di figure e di aspetti dalla prei-storia alla Roma tardoantica. Prima sezione:“Preistoria. Alla ricerca della dea Terra”.Aprono la rassegna figurine in terracotta,marmo bianco, calcare e serpentino, le cosid-dette Veneri dalle forme fortemente arroton-date e pronunciate (steatopigie) risalenti alpaleolitico superiore e al Neolitico antico. Lapresenza costante di statuette femminili prei-storiche ha fatto pensare (ma solo pensare,non ci sono ancora prove e dimostrazioni) auna dea madre, femmina e terra nello stessotempo. La cospicua produzione di Veneri dif-fusa in tutta Europa e nel Mediterraneo testi-monia l’esistenza di un codice simbolicostrettamente legato alla fertilità, alla capacitàcioè della donna di procreare e di garantire lacontinuità della specie, ma non vi è ancoraconnessione diretta con la terra, si evidenzasoltanto la capacità genitoriale della donna.Nel momento di passaggio dalla predazione(Paleolitico) alla produzione (Neolitico), laprospettiva simbolica della donna muta e siinserisce in un complesso composito e me-taforico comprendente svariati personaggi, ela dea madre diventa il tema iconograficomaggiormente rappresentato. Le prime pra-tiche agricole avrebbero dato centralità alruolo ideologico, e forse sociale, della donna,mettendo le basi di una società matriarcale,poi sconfitta dal progressivo affermarsi dellasupremazia maschile. Seconda sezione: “Gaiae la Teogonia di Esiodo”. La Terra è conside-rata l’origine del mondo; Esiodo canta Gaiache emerge dal Kaos e ordina quanto vienedopo generando varie stirpi divine: è unmodo di pensare e concepire l’ordine, l’ori-gine non solo materiale, ma anche formaledel mondo. Esiodo supera la difficoltà dellarappresentazione del Nulla che precede l’esi-stenza del Tutto, definendo tale stato “Kaos”,termine legato al verbo kasko, spalancare labocca. All’inizio vi era un immenso sbadiglio,una bocca spalancata, vuota, oscura: il Kaos.

Poi sorge Gaia, la Terra. Da Gaia hanno ori-gine Ouranos il cielo, i Monti che modulanola superficie, e Pontos il mare che la delimita.Da Gaia il Mondo prende la sua forma stabilee definita. Gaia, nelle leggende che la riguar-dano, assume il ruolo di madre feconda efunge da stratega di incontri e scontri cheporteranno al definitivo ordine olimpico.Terza sezione: “Nascere ‘di terra’, nascere‘dalla terra’”. I Romani probabilmente ave-vano dimenticato il significato del terminehomo, che definisce l’uomo appunto come “ilterrestre”. Homo e l’aggettivo humanus infattisono etimologicamente connessi con humus,terra: ciò spiega i numerosi miti diffusi nelVicino Oriente che vedono il primo uomocomposto di terra. Dalla Terra nascono l’A-damo delle Genesi, l’Enkidu dell’Epopea di Gil-gamesh e Pandora, simulacro di donnaplasmato da Ermes, su ordine di Zeus perportare rovina ai mortali. In Egitto il dioKhnum viene rappresentato come vasaio, chemodella al tornio gli uomini per dar vita allacreatura perfetta. Ad Atene invece l’uomonon nasce ‘di terra’ ma ‘dalla terra’ e gli Ate-niesi rivendicano l’autochtonia “proprio dellaterra”. Secondo il mito essi ebbero originedalla terra stessa dell’Attica; il mito raccontaancora che i primi sovrani di Atene, Cecropeed Erittonio, entrambi figli di Gaia, avevanometà corpo di serpente, partecipavano cioè diquell’animale che più di tutti gli altri è a con-tatto con la terra. Questo per sottolineare erafforzare l’eccezionalità dell’identità ate-niese. Il successo di questo mito deriva delgrande trauma subito dalla comunità ateniesequando fu privata della propria terra durantele invasioni persiane: solo chi rischia di per-dere la propria terra può avere con essa unattaccamento così forte. La Terra madre è daun lato genitrice generosa degli umani e ditutto ciò che esiste, dall’altro è la Terra patria,del padre, che identifica etnicamente ed è de-limitata da confini precisi. Atena riceve Eret-teo da Gaia, vaso attico a figure rosse, firmatodal pittore Hermonax nel 470 a.C. Quarta se-zione: “Roma, creare la terra, possedere ilmondo”. A Roma sono gli uomini che creanola terra. Quando Romolo fonda la Città, fascavare una fossa, detta mundus, e ogni uomoda lui accolto nell’asylum vi getta una zolla

HE SULLA TERRA

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della propria terra d’origine, le zolle ver-ranno mescolate. La terra di Roma è una me-scolanza di terre, come è mescolanza diuomini, liberi o schiavi. All’opposto dell’au-tochtonia di Atene, che prevede che sia la terraa dare origine ai cittadini, a Roma sono essi acreare la terra: apertura verso l’altro e in-sieme cosmogonia. Dal mito traspare la con-vinzione che Roma sia destinata a costruireun “mondo”, come il mundus, la fossa, in cuisono gettate le zolle. La fondazione stessadella Città assume valenza di atto cosmogo-nico. Il solco tracciato con l’aratro dal fonda-tore viene detto primigenius, perché è l’inizioassoluto che dà origine alla Città. L’aratura èeseguita con una tecnica particolare, urvare,termine che si connette con urvum o urbum, lastiva dell’aratro, ma anche con urbs, città, econ orbis, cerchio e anche mondo: la Cittàquindi coincide con il mondo intero. L’urbs èl’orbis. In mostra esposti rilievo in marmo cheraffigura l’atto di tracciare il solco della fon-dazione della Città. Quinta sezione: “Delimi-tare la Terra”. Presso i Romani sussisteva unasorta di ossessione per i confini; essi usavanoorganizzare lo spazio per mezzo della limita-tio, organizzata da agrimensori che, serven-dosi di uno strumento detto groma,tracciavano una serie di linee perpendicolaripartendo da un punto preciso, detto umbili-cus agri, termine di origine etrusca. Si pos-sono notare anche oggi nel paesaggio agrariotracce della centuriazione: il segno più evi-dente della romanizzazione di un territorio.La centuriatio discendeva dalla limitatio. L’a-grimensore individuava il punto da cui par-tire, l’umbilicus agri, e vi fissava la groma, dicui orientava uno dei bracci verso la linea d’o-rizzonte, tracciava quindi sul terreno laprima retta, il decumanus lungo la direttriceest-ovest; ne tracciava una seconda ortogo-nale alla prima, il cardo, nella direzione nord-sud. Di seguito venivano tracciati i cardini ei decumani secondari, parallelamente a quelliprincipali. Il territorio veniva così scompostoin tanti moduli quadrati, detti centurie, cosìchiamati perché contenevano ognuno centoappezzamenti di due iugeri (heredia) corri-spondenti a mezzo ettaro. Tale appezzamentoera considerato il lotto minimo necessario perla sussistenza di una famiglia. Di conse-guenza ogni centuria consisteva di circa cin-quanta ettari. La delimitazione dei campi erasegnata da termini, pietre o ciocchi di legno aiquali veniva immolata annualmente una vit-tima; se ne versava il sangue assieme a granid’incenso, messi, fave e vino nella fossa in cui

il terminus era conficcato. Chi avesse spostatoanche uno solo dei termini veniva consideratosacer, poteva cioè essere ucciso senza com-mettere colpa. Il reticolo dei termini facevacapo al Terminus che veniva onorato sul Cam-pidoglio e che garantiva la stabilità dei con-fini di tutto l’impero. Se i termini definisconolo spazio economico, i Lari tutelano quellosociale. Ai Lares compitales, così erano chia-mati i Lari degli incroci delle strade, era dedi-cata la festa celebrata tra fine dicembre einizio gennaio, detta Compitalia. In quest’oc-casione le famiglie vicine si incontravanoognuna assieme ai propri schiavi nel compi-tum di appartenenza, celebravano i Lares e,attraverso tale celebrazione comunitaria sirinsaldavano i vincoli di solidarietà. Sesta se-zione: “La Terra e il mondo sotterraneo”. Unadelle principali problematiche che l’uomo si èposto è quella inerente cosa si celi nelleprofondità della Terra. Elaborando per ana-logia a quanto vi è sopra, si è pensato chesotto esistessero spazi simili, ma rovesciati; lecase sono immense, ma vane e mute; sonoabitate dai defunti, simili ai viventi nell’a-spetto, in realtà privi di spessore e di memo-ria. Vi si incontrano alcune individualità,quali Tizio, Tantalo, Sisifo... che qui si tro-vano per subire castighi ciclici ed eterni. Ilregno dei morti quindi è luogo d’inversione,dove il basso sostituisce l’alto, l’oscurità laluce, la morte la vita, l’oblio la memoria. Sonoesposti un rilievo marmoreo con l’immaginedi Ade e un lekythos con quella Hermes. Al-cuni dei miti più celebri dell’antichità sono le-gati al mondo sotterraneo: il rapimento diKore-Persefone, figlia di Demetra e dea dellemessi da parte di Ade, signore del mondosotterraneo; Demetra da quel momento, irata,si dedicò alla ricerca della figlia, impedendoai raccolti di germogliare: dovette intervenireZeus, che decretò che Persefone trascorresse idue terzi dell’anno con gli dei olimpici e ilterzo con Ade; trattasi di allegoria del ciclodelle messi, i quattro mesi trascorsi da Korenell’Ade corrispondono infatti al periodo incui il seme giace sottoterra. In mostra è pre-sentata la statua in calcare di epoca gallo-ro-mana raffigurante la dea con il grembo pienodi frutti. Questo mito è anche all’origine deiMisteri di Eleusi. Secondo questo mito doponove giorni di incessante ricerca della figlia,Demetra si recò al palazzo reale di Eleusi,dove interruppe dolore e digiuno per i mot-teggi della serva Iande che provocarono ilsuo riso. Demetra diviene balia di De-mofonte, figlio del re di Eleusi, si affeziona al

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Statuetta femminile dal villaggio sommerso di La Marmotta (Lago di Bracciano), steatite verde, h cm 4,8, largh. cm2,1, prof. cm 2-2,4, Roma, Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini".

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Statuetta femminile del tipo "a traforo" da Alghero, Porto Ferro, marmo, h cm 30, largh. cm 11,5, fine Neolitico-Eneolitico, Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

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piccolo e medita di renderlo immortale, im-mergendolo nelle fiamme del focolare. Ma,mentre una notte la dea sta compiendo il rito,la regina Metanira assiste, non vista, allascena e urla perché teme per la vita del figlio.Delusa e arrabbiata, Demetra si rivela e or-dina agli abitanti di Eleusi di dedicarle untempio, in cui celebrare i riti che essa stessaavrebbe indicato: i Misteri di Eleusi appunto.Settima sezione: “Orfeo e il viaggio nell’al-dilà”. Euridice, ninfa sposa di Orfeo, mentresfuggiva alle avances dell’apicoltore Aristeo,calpestò un serpente che la morse mortal-mente. Orfeo decide di scendere negli Inferiper riprendere la moglie. Con la sua musica,che incanta uccelli e animali, Orfeo ammaliaCerbero e Caronte e, giunto al cospetto diAde e di Persefone, canta la propria dispera-zione: gli viene concesso di riportare alla luceEuridice. Però Persefone impone a Orfeo dinon voltarsi mai a guardare la moglie du-rante la risalita. Ma la mente di Orfeo è offu-scata dall’oblio che avvolge gli Inferi e,dimentico della promessa, si volta e l’amatamuore, svanendo al suo sguardo. Nelle tombedei mystai, iniziati, si incontrano le laminetteorfiche, che riportavano testi di rituali conte-nenti la descrizione dell’aldilà e istruzioni peril viaggio sotterraneo. Ottava sezione: “I sot-terranei della maledizione. Le tabellae defixio-nis”. Le defixiones, come le laminette orfiche,erano una forma di comunicazione con l’al-dilà, ma con scopi e contenuti diversi. Ave-vano infatti la funzione di nuocere a personeinvise rendendole immobili e inabili nelleazioni, nelle parole e nella mente. Spesso ibersagli erano avversari in processi, rivali inamore, concorrenti negli affari, antagonistisportivi, avversari politici, calunniatori, ladrie così via. Erano lamine tagliate a strisce, ri-piegate o arrotolate, trafitte da chiodi, e veni-vano deposte in tombe, santuari di divinitàinfere, sorgenti, pozzi, cisterne, fondamentadi case, tutte situazioni in contatto con l’al-dilà e con il mondo sotterraneo. La terraquindi viene utilizzata quale luogo di comu-nicazione con le divinità infere, che vengonoinvocate a sostegno del maleficio. Le lamineagivano per magia analogica. Il termine de-fixio (dal latino defigere, inchiodare, immobi-lizzare) richiama infatti l’atto rituale dellatrafittura della lamina con chiodi: per analo-gia appunto la vittima sarebbe stata trafitta ebloccata. Il termine greco per questa pratica,katádesmos (legatura al disotto), indicavacome l’immobilizzazione della vittima do-vesse avvenire tramite un rapporto diretto

con le divinità del mondo di sotto. Nona se-zione: “Consacrato alle potenze della Terra.La devotio”. Quando le sorti della battagliaerano contrarie, il comandante romano “vo-tava se stesso” alle divinità della città e aquelle infere, e si lanciava in mezzo ai nemiciper trovarvi la morte, trascinandoli con sé eraddrizzando così le sorti dello scontro. Lapratica della devotio è legata alla famigliaDecii Mures, di cui tre membri ne fecero uso:Publio Decio Mure al Veseri nel 340 a.C., suofiglio a Sentino nel 295 a.C. e suo nipote adAscoli Satriano nel 279 a.C. Devotio anomala èquella legata al Lacus Curtius: quando un’im-mensa voragine si aprì nel Foro e non erapossibile colmarla, gli indovini sostenneroche era necessario gettare nella fossa ciò chepiù rendeva potente il popolo romano. Di-verse furono le interpretazioni del responso:il giovane cavaliere Marco Curzio ritenne chela potenza di Roma era nelle armi e nel corag-gio e, montato a cavallo con le mani rivoltealternativamente al cielo e in basso verso glidei Mani, si gettò nella voragine che si riempìd’acqua. Decima sezione: “La terra dei sognie degli oracoli”. L’umanità rincorreva dasempre la risposta sull’origine dei sogni. Nel-l’Ifigenia in Tauride di Euripide il coro rac-conta di Chthon, la Terra, che, per sottrarre adApollo il monopolio della divinazione, ge-nerò i “fantasmi dei sogni”, che svelavano al-l’uomo eventi del passato, del presente, delfuturo. È dal mondo dei morti che proven-gono i sogni: quelli ingannatori passano at-traverso una porta d’avorio, quelli veritieri dauna porta di corno. Nei santuari di Asclepiosi praticava l’incubatio (da incumbere,sdraiarsi): ci si sdraiava cioè sulla terra per ri-cevere in sogno la visita del dio, che guarivao suggeriva il rimedio più adatto. Secondo iRomani c’erano cinque tipi di sogno: il“sogno” in generale, somnium; la visione,visio; l’oraculum quando appare nel sogno unapersona che comunica al sognatore senzasimboli o enigmi; insomnium, ciò che capitanel sogno; phantasma, apparizione vana. Inmostra: un cratere apulo a volute del pittoredi Baltimora raffigurante Anfiarao, indovinodella città di Argo, al cospetto di Ade. Undice-sima sezione: “Tages e la nascita terrestredella divinazione”. La mitologia etrusca rac-conta di Tages, bambino prodigioso uscito dauna zolla nel corso dell’aratura per rivelare alpopolo etrusco i segreti dell’haruspicina, laconsultazione delle viscere delle vittime deisacrifici per interpretarne i segni. Questomito si assimila ad altri, dove la Terra assume

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ruolo centrale quale tramite di una rivela-zione di tipo oracolare. Nel caso di Tages laTerra profetizza in prima persona, per mezzodi una metamorfosi che le consente di dotarsidi un os, bocca, da cui deriva anche il termineoraculum. L’os diventa condicio sine qua nonper entrare in comunicazione con i mortali.La natura di “giovane-vecchio” dà a Tages ca-rattere di eccezionalità: puer nell’aspetto, vec-chio nella sapienza. A Roma il bambino èdefinito infans, ossia che non parla, da fari,parlare. Fari indica anche il dire profetico chequesto infante possedeva; anche fatalis derivada fari. L’haruspicina fu la principale forma didivinazione pubblica a Roma e assumevaruolo fondamentale nei processi decisionaliin ogni campo. Dodicesima sezione: “Sotto lepareti rocciose. La caverna e il culto diMithra”. La caverna diviene fondamentale edè legata al dio Mithra e ai suoi luoghi diculto, i mitrei. Mithra è divinità del mondoindo-iranico, legata alla stipulazione dei con-tratti, all’amministrazione e al rispetto dellagiustizia. Il suo culto si diffonde nei territoridell’Impero con una concentrazione più in-tensa in Italia, in Germania e nei Balcani.Mithra è segnato da un legame stretto con laroccia, la terra e le sue grotte, ma anche con lavolta celeste. È raffigurato nell’atto di emer-gere dalla pietra, spaccando la roccia per ve-nire alla luce. Nel mitreo dei Castraperegrinorum sotto la chiesa di Santo StefanoRotondo a Roma il corpo nudo del dio è an-cora in parte intrappolato nella roccia, ma giàimpugna la torcia, che allude alla celebra-zione dei riti e alla luce di cui egli è portatore;dio nato dalla terra, i cui seguaci officiano iculti nelle caverne. La grotta è il luogo in cuiva in scena il momento culmine del rito: latauroctonia, uccisione del toro. Tredicesimasezione: “Cerere dea delle messi, e Tellus, laTerra”. Cerere è la divinità che fa germogliarele messi e le accompagna fino alla matura-zione; è strettamente legata a Tellus. Le duedivinità sono onorate contemporaneamentenella Feriae Sementivae, festa dei semi, che sisvolge a gennaio. Cerere è l’origine, Tellus illuogo dove crescono le messi. Cerere è laforza che fa germogliare i semi, Tellus li ac-coglie nel suo grembo. A Tellus e Cerereviene sacrificata una scrofa pregna; la vittimada uccidere ricorda la terra gravida di semiche si chiede alle dee di proteggere. La festapiù importante in onore di Tellus erano i For-dicidia, che si svolgevano il 15 aprile: nell’oc-casione venivano sacrificate vacche pregne(forda). Gli schiavi uccidevano le vacche, le

vestali bruciavano i feti e ne recuperavano lacenere, che veniva utilizzata la settimana suc-cessiva, il giorno 21, come strumento di puri-ficazione durante le Parilie, feste dedicate aParies, dio delle greggi, nonché anniversariodella fondazione di Roma. A Roma le vedovedovevano attendere almeno dieci mesi per ri-sposarsi, il periodo corrispondente a una ge-stazione, per evitare la cosiddetta turbatiosanguinis. Le donne che non avessero rispet-tato questo periodo, avrebbero dovuto immo-lare una vacca pregna, in sacrificio dedicatoalla Terra. Quattordicesima sezione: “Risorsenaturali, ambiente e paesaggio”. Nell’anti-chità si era convinti dell’inesauribilità dellerisorse. Enormi aree boschive furono di-strutte: il disboscamento infatti non era con-siderato attentato all’ecosistema, ma fattoredi progresso. La foresta era identificata conla ferinità, la terra coltivata era invece la civi-lizzazione. I dissesti provocati da questo di-sboscamento (frane, alluvioni...) eranoconsiderati calamità imprevedibili o puni-zioni divine. Quando si dichiarava guerra, lasi dichiarava anche alla terra: il diritto diguerra prevedeva la devastazione del territo-rio nemico per piegare l’avversario. Anche iminerali erano considerati figli della terra esi pensava che essa continuasse a generarneininterrottamente. Gli antichi ebbero timorereverenziale di alterare permanentemente laterra: aprire canali, tagliare istmi, deviarefiumi era ritenuto arrogante ed empio. Quin-dicesima sezione: “I terremoti e le ‘doglie’della Terra”. I Romani si interessavano all’a-spetto prodigioso del terremoto, che conside-ravano segno dell’ira divina. Quando unfenomeno sismico veniva interpretato comeprodigio, i sacerdoti locali inviavano un rap-porto a Roma. L’espiazione di un terremotoprevedeva il sacrifico di una scrofa pregna,perché si pensava che il terremoto corrispon-desse alle doglie della terra gravida di semi edi vita. La mostra, pur se non esaustiva, aprela strada a studi e approfondimenti a venire,tracciandone e suggerendone percorsi. Orga-nizzata in capitoli chiusi con chiara soluzionedi continuità, affronta la gran parte delle te-matiche relative alla Terra, ha il merito di ri-portare al centro degli studi e del dibattito,nonché all’interesse del grande pubblico,temi che, oltre all’importanza storica, archeo-logica e artistica, hanno soprattutto interesseantropologico, perché affrontano il modo diraffrontarsi dell’uomo a problematiche esi-stenziali sempre di attualità.

Luigi Silvi

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Statuetta femminile assisa, da Malta, santuario di Hagar Qim, pietra, h cm 19,4, largh. cm 24, prof. cm 17, 3100-2500a.C., La Valletta, Museo Nazionale di Archeologia.

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Statuetta femminile a forma di violino, marmo, h cm 21,3, Antico Cicladico I, 3200-2800 a.C., Atene, Museo dell'ArteCicladica, Nicholas and Dolly Goulandris Foundation, © N.P. Goulandris Foundation © Museum of Cycladic Art.

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Statuetta femminile tipo Spedos, da Koufonisia?, marmo, h cm 74,3, Antico Cicla-dico II, 2800-2300 a.C., Atene, Museo dell'Arte Cicladica, Nicholas and DollyGoulandris Foundation, © N.P. Goulandris Foundation Museum of Cycladic Art.

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Statuetta femminile, marmo, h cm 15,1, Antico Cicladico II, 2800-2300 a.C., Atene, Museo dell'Arte Cicladica,Nicholas and Dolly Goulandris Foundation, © N.P. Goulandris Foundation Museum of Cycladic Art.

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Pithos/anfora beotico con la "Signora delle fiere", da Tebe, ceramica, h cm 87, ø max cm 45, 680-670a.C., Atene, Museo Archeologico Nazionale, © Hellenic Ministry of Culture, Education and ReligiousAffairs / Archaeological Receipts Fund, ph. J. Patrikianos.

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Triade delle Dee madri dall'oppidum di Verault, calcare, h cm 40, largh. cm 43, prof. cm 17, I-III secolo d.C., Châtillon sur Seine, Musée du Pays Châtillonnais, T

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lon sur Seine, Musée du Pays Châtillonnais, Trésor de Vix, Musée du Pays Chatillonnais, Chatillonsur- Seine.

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Rilievo votivo a Zeus Meilichios, da Vatrachonisi, nei pressi del fiume Ilisso, Atene, marmo, h cm 40, largh. cm 23,seconda metà del IV secolo a.C., Atene, Museo Archeologico Nazionale, © Hellenic Ministry of Culture, Educationand Religious Affairs / Archaeological Receipts Fund (foto Klaus Valtin von Eickstedt).

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Statuetta di "dea" con il grembo pieno di frutti, dall'oppidum di Alesia, calcare, h cm 50, largh. cm 23, prof. cm 19,I-III secolo d.C., Alise-Sainte-Reine, MuséoParc Alésia, © Musee Alesia, fonds Societe des Sciences de Semur, Con-seil General de la Côte-d'Or.

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Scena di aratura, da Aquileia, marmo, h cm 44, lungh. cm 98, prof. cm 6-8, inizi del I secolo d.C., Aquileia, Museo Archeologico Nazionale, Soprintendenza Ar

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heologico Nazionale, Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia, Archivio fotografico

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Gruppo dell'ara-tore, da Arezzo, lo-calità Mulinodelle Gagliarde,bronzo, h cm 10,lungh. cm 19,430-400 a.C.,Roma, Museo Na-zionale Etrusco diVilla Giulia, So-printendenza per iBeni Archeologicidell'Etruria Meri-dionale, ArchivioFotografico.

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CULTO DELLE ACQUE AL FOROLACUS IUTURNAE. LA FONTANA SACRA DEL FORO ROMANO, Tempio di Romolo, Foro Romano

Dioscuri, torso A, II secolo a.C., marmo bianco, Roma, Antiquarium del Foro.

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Vengono riproposte al pubblico, dopo recentirestauri, sette sculture legate al contesto delLacus Iuturnae-Fonte di Giuturna nel Foro Ro-mano. Luogo dell’esposizione il riaperto Tem-pio di Romolo. Il gruppo in questione ènormalmente conservato nell’Antiquarium delForo, di cui, dopo lunghi lavori di restauro, èprevista la riapertura entro l’anno. Sono riu-nite opere emblematiche legate al mito deiDioscuri: il gruppo dei due Gemelli divini coni rispettivi cavalli, l’ara che sui quattro frontiriporta immagini legate alla loro leggenda,una statua ieratica di Apollo e il puteale mar-moreo bianco del pozzo della sorgente. Primadella censura di Appio Claudio (312 a.C.) i Ro-mani utilizzavano l’acqua del Tevere, deipozzi e delle scarse fonti presenti nell’area ur-bana. La più importante per l’abitato arcaicoera quella che sgorga ai piedi del Palatino, trail Tempio di Vesta e quello dei Castori o di Ca-store e Polluce o dei Dioscuri i Romani si rife-rivano ai Gemelli come Castori, privilegiandoil nome di uno dei due gemelli, Castore. Leacque di questa fonte dedicata a Giuturnaerano considerate medicamentose: Giuturnaera la ninfa con cui i Romani personificavanotale fonte sacra. Giuturna richiama il nomedella sorella di Turno re dei Rutuli. La sor-gente assunse aspetto monumentale già in etàrepubblicana. Il puteale, perfettamente conser-vato, riporta due iscrizioni del magistratoMarcus Barbatius Pollio (I sec. a.C.). I due mitirelativi al Lacus Iuturnae sono collegati, perchésecondo la leggenda i Dioscuri combatteronoal lago Regillo a fianco dei Romani incitandolialla vittoria contro i Latini e Tarquinio il Su-perbo, che tentava di rientrare in città (499a.C.); poi furono visti abbeverare i cavalli allaFonte di Giuturna e annunciare la vittoria alpopolo romano, per sparire subito dopo. Iltempio fu eretto nel 484 a.C. dal figlio del dit-tatore Aulo Postumio per sciogliere il votofatto dal padre ai Dioscuri durante la battagliadel lago Regillo. Tempio periptero, di otto perundici colonne corinzie scanalate di marmopario, con ampio pronao e scalinate d’accessoall’alto podio; rifatto almeno tre volte: daLucio Cecilio Metello Dalmatico nel 117 a.C.,poi nel 73 a.C. e ancora in età augustea da Ti-berio (6 d.C.). A questa ricostruzione risalgonole tre colonne corinzie scanalate di marmopario alte m 12,50, sormontate da tratto di tra-beazione, pertinenti il fianco Est della peristasidel tempio. Ai piedi del podio, su tre lati tra ibasamenti delle colonne, ambienti ancora par-

zialmente conservati in cui erano sistemati ne-gozi di banchieri, di cambiavalute e botteghedi barbieri. La parte antistante il pronao erautilizzata come tribuna oratoria. Vi si acce-deva tramite due piccole scale laterali; l’areaera probabilmente decorata con rostri ed era,assieme ai Rostri imperiali e a quelli sul Tem-pio del Divo Giulio, una delle tre tribune ora-torie di cui si ha notizia: Rostra Tria. Neltempio spesso si riuniva il Senato; il podio erautilizzato anche come tribuna presidenzialedei comizi legislativi, che si svolgevano nellapiazza antistante. Il mosaico pavimentale atessere bianche e nere a losanghe dell’internodella cella risale al restauro di Metello, le trecolonne a quello tiberiano. La facciata era ri-volta verso la piazza del Foro. Il tempio è de-dicato al culto greco dei due Gemelli; taleculto, passato a Roma probabilmente da Ta-ranto (dal V sec. a.C.), fu introdotto nel cuoredella città all’interno del pomerio per volontàdel patriziato, perché i Dioscuri erano, inMagna Grecia prima e a Roma poi, protettoridei cavalieri, cioè dell’aristocrazia, e da sem-pre numi tutelari della nobiltà; il Senato inten-deva così sottolineare il proprio potere e lapropria visibilità. Al tempio era annesso un uf-ficio di verifica dei pesi e delle misure. Lafonte fu individuata da Giacomo Boni negliscavi del 1900-1902, negli anni ‘80 dello stessosecolo è stata studiata dall’Istitutum RomanumFinlandiae. È costituita da un bacino quasi qua-drato con rivestimento marmoreo del II secolod.C., in mezzo al quale è un basamento su cuisi trovava il gruppo dei Dioscuri. Il livello delbacino è inferiore di circa 1 metro rispetto al-l’attuale piano di calpestio, corrispondente aquello della pavimentazione augustea. Trattasiquindi di sistemazione repubblicana e non d’i-nizio Impero, come spesso si sosteneva. Ciò èconfermato dalla struttura in opera quasi reti-colata, tipica di fine II-inizio I secolo a.C. D’i-nizio impero sono invece i restauri in opusreticulatum in tufo dell’Aniene. I restauri dellafonte sono sempre contemporanei a quelli delTempio dei Castori: la costruzione del bacinonella forma attuale risale probabilmente al re-stauro di Metello (117 a.C.). Studi e ricerchepiù recenti hanno consentito l’identificazionedi una fase più antica, in opus incertum, dellametà del II secolo a.C., attribuibile probabil-mente alla censura di Lucio Emilio Paolo (164a.C.), vincitore di Perseo di Macedonia. Al IIsecolo a.C. sono attribuibili anche le statue deiDioscuri in marmo greco, probabilmente rea-

ACQUE AL FOROano

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lizzate in una bottega di scultori greci attiva aRoma in quegli anni. Le opere presentanotracce di fuoco e di restauri in marmo di Car-rara, diverso da quello originale greco. Fu-rono danneggiate dall’incendio del 14 a.C.,che probabilmente danneggiò anche la Fonte,furono fatte restaurare da Tiberio. Il gruppodei Dioscuri fu rinvenuto a pezzi nella vascadella Fonte di Giuturna e in seguito ricompo-sto, probabilmente le statue furono distrutteintenzionalmente. II gruppo, in stile elleni-stico arcaistico, si data tra la fine del II secoloa.C. e l’inizio del I secolo a.C. Tempio dei Ca-stori e Fonte di Giuturna costituiscono uncomplesso unitario. Sul bordo del bacino ècollocato il calco, il cui originale è conservatoall’Antiquarium del Foro, di un corpo marmo-reo risalente all’età di Traiano Il puteale è dietà augustea, come si riscontra dall’iscrizionesu esso riportata; l’ara invece risalirebbe al IIsecolo d.C.: su un lato sono raffigurati Castoree Polluce, su un altro lato Giove, su un altro an-cora Leda, genitori dei Gemelli; sulla quartafaccia figura femminile con fiaccola, probabil-mente Giuturna, secondo altri Elena sorella deiDioscuri. La statua arcaizzante di Apollo (I-IIsec. d.C.), splendido esemplare in marmogreco, proviene probabilmente dal vicino edi-ficio dove aveva sede l’amministrazione delleacque e degli acquedotti, statio aquarum. L’a-rea da cui provengono le sculture è a poca di-stanza dal Tempio di Romolo, dove sonopresentate. Il luogo dove sorgeva la fonte èidentificabile: vi si osservano il bacino, con alcentro il calco dell’ara, il cui originale è in mo-stra; un’edicola sacra, probabilmente il tem-pietto dedicato a Giuturna ricostruito in etàtraianea, sormontato da iscrizione con dedicaa Giuturna, disposto obliquamente rispettoagli edifici circostanti, probabilmente secondol’orientamento della via Nova che doveva pas-sare qui prima dei lavori successivi all’incen-dio neroniano. Nei pressi l’edificio in mattonidella statio aquarum ufficio delle acque e degliacquedotti. L’edificio presenta varie fasi: dallatarda Repubblica alla piena età imperiale. Fucompletamente rifatto in mattoni e pavimen-tato con mosaico a tessere bianche e nere inetà imperiale avanzata. L’amministrazionedelle acque e degli acquedotti fu trasferita nel328 d.C. dalla primitiva sede probabilmenteall’area sacra di largo Argentina, come confer-mano un’iscrizione di Flavius Maesius EgnatiusLollianus curator aquarum et Minuciae appuntodel 328 d.C., e quella dedicata al genius dellastatio aquarum. Tra le statue che decoravanol’edificio una è dedicata a Esculapio, dio dellamedicina, ricordo della virtù medicamentosadi queste acque, e quella in mostra dedicataad Apollo.

Luigi Silvi

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Cavallo D (dal gruppo dei Dioscuri), marmo bianco. Roma, Antiquarium del For

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ma, Antiquarium del Foro.

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Dioscuri, torso B (recto), marmo bianco. Roma, Antiquarium del Foro.

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Dioscuri, torso B (verso), marmo bianco. Roma, Antiquarium del Foro.

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Cavallo C (dal gruppo dei Dioscuri), marmo bianco. Roma, Antiquarium del Foro.

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Ara, lato raffigurante i Dioscuri, II secolo d.C. (età antonina), marmo bianco lunense, Roma, Antiquarium delForo.

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Statua acefala di Apollo, I-II secolo d.C. (età adrianeo-antonina), marmo greco, Roma, Antiquarium del Foro.

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Pozzo, I secolo d.C. (età augustea), marmo bianco, Roma, Antiquarium del Foro.

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Lacus Iuturnae.

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La mostra intende cogliere la concezione eroicadell’immagine del potere del principe insiemealla capacità delle opere ellenistiche di susci-tare emozione, commozione, pathos, termineche indica la passionalità, la concitazione e lagrandezza, caratteristiche della tragedia. Il ter-mine ellenismo designa il periodo della culturagreca che si fa iniziare dalla morte di Alessan-dro Magno (323 a.C.) e chiudere con la batta-glia di Azio (31 a.C). Il centro della cultura sisposa da Atene ad Alessandria e Pergamo;l’uomo da cittadino della polis diventa cosmo-polita, di una koinè politica, linguistica e cultu-rale. La gran parte delle culture antiche poneal centro della ricerca artistica la rappresenta-zione della figura umana, ma è in Grecia cheessa assume maggior importanza e raggiungegli esiti più alti dal punto di vista tecnico for-male ed estetico. Che le raffigurazioni avesserocome soggetto dèi, eroi, guerrieri caduti, atletivittoriosi o altri personaggi celebri, l’interessegreco per la resa della forma, del carattere edello status dell’individuo effigiato, medianterappresentazione scultorea, fu la conquista ar-tistica più alta della storia dell’arte. Il fattorepiù importante per il successo della sculturagreca tra la fine del VII e il II secolo a.C. fu la ri-cerca di un naturalismo sempre maggiore. Suquesta ricerca si concentrarono gli sforzi e fumesso in atto uno studio attento dell’anatomiaper riuscire a rappresentare la figura come“realmente” era. Punto di partenza il kouros,giovane nudo a grandezza naturale o supe-riore, con una gamba avanzata, le braccia lungoi fianchi e lo sguardo fisso di fronte a sé. Dap-prima l’affrancamento da questa prima formarigida e statica si caratterizzò nella muscola-tura, che per gradi divenne sempre più ade-rente al naturale, e nel sempre maggiorerealismo delle acconciature e dei lineamenti delviso. Dal 484 a.C. si assiste alla rappresenta-zione di una quantità di posizioni e gesti nuovi,e alla fine dell’età classica (330 a.C.) gli scultorigreci avevano raggiunto un’abilità che nonaveva precedenti nell’arte mondiale per quantoconcerne la rappresentazione della disposi-zione e della forma del corpo. Tuttavia la figuraclassica, nonostante l’alta sofisticazione for-male, era fisicamente idealizzata, ma vuota psi-cologicamente, lasciando all’osservatore checonosceva mitologia, storia e letteratura, ilcompito di dare al soggetto raffigurato la suaconsona drammaticità e conseguentemente lacorretta emotività. Nell’età ellenistica gli artistigreci decisero di raffigurare anche quanto era“non ideale”: pelle raggrinzita, pancia promi-

nente, calvizie incipiente, volto sgradevole, en-fatizzano così la dimensione drammatica e psi-cologica. Gli scultori ellenistici spinsero perprimi al limite gli effetti drammatici dei pan-neggi ondeggianti, dei capelli disordinati edelle smorfie: la scultura con loro divieneespressione anche delle tragedie interiori. Nelcontesto, divenuto cosmopolita, dopo la con-quista da parte di Alessandro dell’impero, laGrecia resta nodo cruciale dell’innovazione,ma contemporaneamente sorsero scuole anchein altre regioni dell’impero, in particolare Tur-chia, Egitto e Medio Oriente. Sebbene la statua-ria pervenuta sia principalmente in marmo, erala statuaria bronzea quella che godeva di mag-gior prestigio. La superficie scintillante ripro-duceva meglio del marmo la pelle lucida dellanudità eroica; gli intarsi in rame, argento e oroponevano in risalto i dettagli di diademi, lab-bra, occhi, capezzoli e orli delle vesti. Rag-giunse esiti straordinari la resa dettagliata dirughe, vene, tendini e muscoli, e vastissima èla gamma di espressioni del volto. Il bronzo eraconsiderato superiore al marmo per resistenzaalla trazione e alla torsione, e per riflettività:consentiva di riprodurre i più piccoli dettagli,era quindi adatto a composizioni dinamiche,rappresentazioni di nudo, espressioni di età edi carattere. Le statue bronzee, ottenute daleghe di rame, stagno, bronzo e altri elementi,furono prodotte a migliaia, concentrate in spazipubblici e luoghi onorari: ritratti onorifici di re-gnanti e cittadini illustri e meritori popolavanole piazze delle città, immagini di dèi ed eroiaffollavano i santuari. Oggi le opere antiche inbronzo sono in gran parte perdute, perché neisecoli, in particolare durante il Medio Evo,sono state fuse e riutilizzate per realizzare mo-nete, fortificazioni, carri, armature, vasi, sup-pellettili, utensili, attrezzi e gioielli; per di piùesse furono anche “vittime di guerra”: in al-cune occasioni il proprietario o la figura rap-presentata (persona o divinità) erano talmentedetestati che si mutilava o distruggeva la sta-tua bronzea che li raffigurava per damnatio me-moriae e di conseguenza il bronzo veniva fuso eriutilizzato, come detto, per fortificazioni, carri,armature. armi, vasi, attrezzi, gioielli. Il livellocosì alto di perizia tecnica e di resa formale èstato difficilmente uguagliato: la stessa qualitàsi ritroverà solo nel XV secolo con l’opera diLorenzo Ghiberti. Il naturalismo in sculturaraggiunge un livello di perfezione di assai dif-ficile superamento: la scultura ellenistica al suoapice non ha nulla in più da desiderare e nullada migliorare. Gli sviluppi dell’arte nell’età el-

DALL’ARTE PER I CITTADINI ALLPOTERE E PATHOS. BRONZI DEL MONDO ELLENISTICO, Palazzo Strozzi (Firenze)

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NI ALL’ARTE PER I MONARCHI

Aule Meteli (L'Arringatore), fine II secolo a.C., bronzo, cm 179, Firenze,Museo Archeologico Nazionale.

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Testa di cavallo detta "Medici Riccardi", seconda metà del IV secolo a.C., bronzo, cm 81 x 95 x 40, Firenze, Museo Ar-cheologico Nazionale.

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lenistica (IV-I secolo a.C.), periodo in cui, intutto il bacino del Mediterraneo e oltre, si af-fermarono nuove forme espressive che, in-sieme al grande sviluppo delle tecniche,rappresentano la prima forma di globalizza-zione dei linguaggi artistici nel mondo alloraconosciuto, con l’espansione dell’impero mace-done le opere ebbero un bacino di diffusionefino ad allora impensabile. In un clima di co-smopolitismo, l’arte si internazionalizzava el’utilizzo del bronzo, per le sue qualità specifi-che, consente il raggiungimento di livelli finoallora inediti di dinamismo nelle statue a figuraintera, e di naturalismo nei ritratti, dei quali l’e-spressione psicologica diviene marchio stili-stico. La mostra propone statue monumentalidi divinità, atleti e condottieri, ritratti di perso-naggi storici e nel contempo analizza le tecni-che di produzione, diffusione, finitura delbronzo e affronta le storie dei ritrovamenti av-venuti per la maggior parte in mare (Mediter-raneo e Mar Nero) o in scavi archeologiciriferibili a contesti quali santuari, dove eranoutilizzate come ex-voto, case private dove fun-gevano da elementi decorativi, cimiteri dovediventavano simboli funerari, spazi pubblicidove commemoravano persone ed eventi. Ales-sandro mirava a fondere la cultura greca conquella orientale; ma il mondo ellenico era ba-sato sulle poleis (città-stato), per cui l’arte nonfu più rivolta alla città e ai cittadini, ma di-venne appannaggio esclusivo delle corti. Loscopo che gli artisti si proponevano era quellodi celebrare il monarca e le sue imprese attra-verso la ricerca del fasto e della grandiosità, acui l’arte greca, fino allora, aveva scientementerinunciato. Lo scultore ellenistico si propone diriprodurre tutta la vasta gamma di sentimentinon controllati: rabbia, passione, allegria, an-goscia, in contrasto con lo scultore classico checercava equilibrio e serenità. Gli scultori sosti-tuirono le forme idealizzate con rese realistichedi stati fisici ed emotivi, abbandonando il ca-none classico. Caratteristica dell’arte ellenisticaè l’enfatizzazione dell’espressività delle figurerappresentate: ritratti che intendevano legitti-mare il potere e i legami dinastici, con unacombinazione di tratti individuali, caratteriz-zati da lineamenti sia drammatici che idealiz-zati. I ritrovamenti casuali in mare e neinumerosi relitti tardo-ellenistici individuati nelsecolo scorso dimostrano che in quel torno dianni la diffusione del commercio e del saccheg-gio di opere d’arte era superiore a qualsiasialtro periodo dell’antichità. Opere ellenistichesono state rinvenute in Grecia, Italia, Algeria,Tunisia, Egitto, Turchia, Bulgaria, Yemen,Georgia. La mostra è divisa in sette sezioni eapre con la statua del cosiddetto Arringatore,già nella collezione di Cosimo I de’ Medici, aindicare come le opere ellenistiche fossero og-

getto di collezionismo dal Rinascimento: tantoche per la decorazione della reggia di Pitti edella Galleria degli Uffizi si organizzò unacampagna acquisti frenetica di statue antiche,condotta grazie all’intermediazione a Roma dicardinali vicini alla famiglia e degli stessi arti-sti toscani che lavoravano nella città dei papi.La figura dell’Arringatore è quella di Aule Me-teli, rinvenuta nel 1566 a Sanguineto sul LagoTrasimeno durante lavori agricoli: l’abbiglia-mento è romano, ma l’iscrizione sul bordodella toga è etrusca; raffigura Aule della gensdei Meteli, importante famiglia cortonese, è de-dicata al dio Tece Sans, la destra protesa inavanti con il palmo aperto nel gesto del silen-tium manu facere che precedeva un’orazionepubblica. Sezione: “I ritratti del potere”. Pro-pone effigi di personaggi influenti, nuovo ge-nere artistico che nasce con Alessandro. Moltidi questi ritratti si devono a Lisippo di Sicione,che lavorava esclusivamente con il bronzo,adattando tipi di atleti classici e trasformandoliin nuove immagini. La ritrattistica dei regnanti,uomini e donne, è genere distintivo dell’età el-lenistica. I diadochi commissionavano i propriritratti e le città facevano erigere statue ad essidedicate per ottenere o elargire favori. Esposte:Alessandro Magno a cavallo (I sec. a.C.), scopertaa Ercolano nel 1761, forse copia in miniaturadella figura centrale di un gruppo bronzeo diLisippo, che commemorava nel santuario diZeus a Dion in Macedonia, la battaglia vitto-riosa al fiume Granico (334 a.C.) contro i Per-siani, o adattamento romano di prototipoellenistico. Testa di cavallo detta “Medici Ric-cardi”, originale greco riferibile al periodotardo-classico, parte di statua equestre a gran-dezza naturale, appartenente alla collezione diLorenzo il Magnifico, e forse già a quella di Co-simo il Vecchio, perché risulta essere stata stu-diata da Donatello, cui i Medici affidarono ipropri reperti antichi. Testa-ritratto di diadoco(Demetrio Poliorcete) (310-290 a.C.): misure mo-numentali e caratteristiche fisiognomiche da ri-tratto, originale greco, Demetrio Poliorcete(336-283 a.C.) fu il primo dei generali del Mace-done a ricevere il titolo di diadoco, cioè succes-sore. Testa-ritratto di Arsinoe III Philopator (tardoIII - inizi II sec. a.C.), rinvenuto in Egitto nel1840, raffigura la regina d’Egitto Arsinoe IIIPhilopator (217-204 a.C.) moglie di Tolomeo IV;l’identificazione è confermata dal confrontocon l’effige della sovrana riprodotta su monete.Figura maschile (II sec. a.C.) scoperta nel 1992nel mare di Punta del Serrone (Brindisi). Com-binazione di tratti realistici e di elementi dipathos: cresta sopracciliare pronunciata, fronteaggrottata, lineamenti estremamente modellati,bocca aperta come nell’atto di inspirare. Risaleall’età medio ellenistica (I metà del II sec. a.C.);vi sono tre teste marmoree, copie di età impe-

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riale, di cui fisionomia e acconciatura ricor-dano da vicino l’uomo di Brindisi e sembranoquindi rappresentare lo stesso individuo: pro-babilmente importante condottiero romano delII secolo a.C.; il bronzo, in quanto originale delperiodo, è quindi il più antico ritratto romanoin stile eroico pervenuto. Testa-ritratto con lakausia (II sec. a.C.) ritrovata nel 1997 nel MarEgeo presso l’isola di Calimno. La testa ma-schile è pertinente a statua-ritratto in bronzo ri-feribile al periodo ellenistico. La scultura èinternamente cava, testa e collo sono stati fusiindipendentemente dal resto della statua, gliocchi incastonati sono in materiali diversi, ilbulbo in materiale bianco (faïnce o alabastro),un contorno metallico delimita la pupilla, perl’iride è utilizzata una lega di rame, originaria-mente le ciglia non conservate erano bronzo ederano state incastonate. La testa barbata in-dossa la kausia macedone, ampio copricapo inpelle o tessuto; questo copricapo, assieme allavariante macedone della clamide e ai calzari(krepides) nell’arte era segno distintivo dell’i-dentità macedone; sulle monete dei regni elle-nistici gli Epigoni indossano la kausia insiemeal diadema reale (kausia con diadema) segnodella derivazione del loro potere da Alessan-dro. Fronte pronunciata, zigomi accentuati,mento arrotondato, rughe sulla fronte, allabase del naso, sotto gli occhi e ai lati dellabocca, barba corta, costituiscono tratti caratte-ristici della raffigurazione di un uomo maturoo di un militare; naso aquilino, bocca soc-chiusa, labbra sottili sono caratteristiche tipi-che di rappresentazione fortementeindividualizzante. Questa statua ha in sé tuttele caratteristiche del nuovo ideale di rappre-sentazione artistica di epoca ellenistica, diffusodagli eserciti macedoni fino ai confini delmondo greco. La collocazione di statue inbronzo di personaggi illustri in luoghi pubblicie in santuari è una peculiarità della città-statodel tardo periodo classico e di quello elleni-stico, sia come tributo onorifico da parte dellacittadinanza a membri eminenti sia come stru-mento diplomatico per alleanze tra potenti. Se-zione “Corpi ideali, corpi estremi”. Il bronzo,come detto, consente di ottenere pose estremeper l’elevata resistenza alla torsione, ma ancheeffetti superficiali con l’aggiunta di leghe e in-tarsi per rappresentare il contrasto cromaticodi occhi, capezzoli, labbra, denti e di lividi,tagli e sangue. L’ampliamento del repertorioconsentiva di ritrarre tipi corporei in stati di-versi (giovane, vecchio, estatico, dormiente).Venivano rappresentate figure in libero movi-mento nello spazio con posizioni enfatiche etorsioni dinamiche di teste e corpi. Oltre alleinnovazioni stilistiche del linguaggio la pre-sente sezione affronta anche lo sviluppo dinuovi soggetti e generi tratti dalla vita quoti-

diana. Esposte: Statuetta di Ermes (150 a.C.) daSaponara in Lucania; il petasos (cappello a faldadi cuoio, feltro o paglia, usato nei paesi caldiper ripararsi dal sole da contadini, pastori, pe-scatori, guerrieri, viaggiatori; ornato di aletteera attributo di Ermes, messaggero divino),identifica appunto Ermes, la posa e il tratta-mento calligrafico dei capelli rinviano a Poli-cleto (V sec. a.C.), la muscolatura inveces’ispira a Lisippo (IV sec. a.C.): sincretismo checonsente la datazione tra II e I secolo a.C.quando l’arte ellenistica entrava nella sua fase“classicistica”. Statuetta di Eracle a riposo (III sec.a.C. o I sec. d.C.), copia di bronzo lisippeo delIV secolo a.C., rinvenuto nel 1959 a Sulmonanel Santuario di Ercole Curino, che qui era ve-nerato quale protettore delle sorgenti e patronodi soldati e mercanti; l’opera s’ispira a originalelisippeo di grande successo, oggi perduto. Sta-tuetta di Eracle Epitrapezios (I sec. a.C. - I sec.d.C.) rinvenuto in villa di periferia vicino aSarno nel 1902; costituiva l’elemento centrale diun programma scultoreo collocato nel giar-dino. Questo tipo, di cui sono pervenuti nume-rosi esempi, è associato a Lisippo sulla base diantiche descrizioni di un piccolo bronzo di pro-prietà del collezionista romano Novius Vindex;le numerose varianti ne attestano la popolaritàin età romana. Eros dormiente (III-II sec. a.C.)proveniente da Rodi, probabilmente l’esempiopiù antico oggi noto di questo tipo iconogra-fico; la tradizione di Eros, frutto dell’unione traAfrodite e Ares, è mito di età ellenistica, la fi-gura alata del dio diventò un tipo canonico,ispirando il cupido romano, gli eroti della clas-sicità, i cherubini cristiani e i putti o geni delRinascimento. Pugile seduto (Pugile delle terme)(III sec. a.C.) rinvenuto nel 1885 sul colle delQuirinale, tra i pochi bronzi greci conservati in-teramente; la statua proviene probabilmente daun luogo pubblico greco della città natale del-l’atleta; con realismo sono mostrati naso rotto,traumi, cicatrici, tagli e lividi; gli intarsi inrame, che bordano i tagli, rappresentano il san-gue che esce dalle ferite. Statuetta di artigiano.Sezione “Realismo ed espressività”. La sculturaellenistica è caratterizzata da tratti realistici eda resa degli stati emotivi: freschezza giovanileo invecchiamento, calma stoica o peso dellepreoccupazioni. I lineamenti individuali sosti-tuiscono i precedenti ritratti idealizzati, ricor-rendo a dettagli quali fronte aggrottata, rugheintorno agli occhi; le forme naturalistiche edespressive diventano canoni. In Italia gli scul-tori a servizio di mecenati dell’Etruria e dellaRoma repubblicana come quelli ellenistici bi-lanciarono pathos e ideale: l’attenta osserva-zione di dettagli naturalistici e di trattiindividualizzanti veniva applicata anche alleimmagini di stranieri e a figure a margine dellasocietà. Sono impiegati intarsi e colore per otte-

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Alessandro Magno a cavallo, I secolo a.C., bronzo con intarsi in argento, cm 49 x 47 x 29, Napoli, Museo Ar-cheologico Nazionale.

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Testa-ritratto di uomo con kausia, III secolo a.C., bronzo, faïence o alabastro, cm 32 x 27,9, Pothia, Museo Ar-cheologico di Calimno.

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nere un aspetto naturalistico. Sezione “Repli-che e mimesi”. Elemento distintivo della scul-tura in bronzo è la riproducibilità. L’uso delletecniche a fusione indiretta, che preservano ilprototipo dell’artista, indicano come fosse re-gola la creazione di più versioni della stessaopera. Questo ha permesso la riproduzionedelle opere ellenistiche. Le statue di atleti vitto-riosi erano commissionate in due copie: unaper il santuario, dove si era svolta la competi-zione, l’altra per la città natale del vincitore.L’esigenze decorative dei ricchi programmi edi-lizi, sia pubblici che privati, in particolare nellaRoma imperiale, favorirono la produzione diuna grande quantità di copie, spesso di altaqualità, di statue famose. È da ricordare che lasensibilità artistica antica non ravvisava in taliprodotti di falsi di scarso pregio: questo feno-meno ha permesso, moltiplicandoli, una rela-tiva conservazione, magari con modifiche einterpretazioni legate al gusto del momento odel singolo copista, di modelli che altrimentisarebbero perduti con l’originale. La sezione siinteressa anche all’imitazione del bronzo nellapietra scura e alla diversa conservazione tra ibronzi rinvenuti in mare e quelli ritrovati nelsuolo. In mostra: Atleta con strigile (Apoxyome-nos di Efeso) (1-50 d.C.) rinvenuta in 234 fram-menti nel 1896 nelle Terme-Ginnasio del portodi Efeso, costruite in età domizianea; era collo-cata davanti a un’edicola muraria di colonne io-niche interamente ricostruibile, per il restaurofu utilizzato anche un calco in gesso della sta-tua marmorea degli Uffizi riproducente lostesso tipo. Copia della prima età imperiale diopera greca del IV secolo a.C. attribuita alter-nativamente alla scuola di Policleto, a Dedaloo a Lisippo. Spinario (Spinario Castellani), sco-perto a Roma nel 1874 si differenzia dalle altresette repliche note per il volto realistico, chenon diviene però ritratto. Sezione “Divinità”.Le immagini divine, genere fondamentale dellascultura greca arcaica e classica, rimasero signi-ficative anche in età ellenistica, perché nellenuove città fondate venivano dedicati santuari.Gli stili dinamici della scultura ellenistica fu-rono adattati a rappresentazioni di esseri di-vini, comunque antropomorfi. Ci si attendevadi vedere raffigurazioni di dei nella manierapiù attuale e le loro immagini, come quelle deimortali, divenivano meno ideali e più “realisti-che”; erano considerati e raffigurati più simili aesseri viventi, con stati fisici ed emotivi mute-voli e le loro immagini apparvero meno gran-diose e meno distaccate dagli uomini rispettoa quelle classiche. In mostra: Atena (Minerva diArezzo) (300-270 a.C.) rinvenuta nel 1541 in unpozzo ad Arezzo, presso un’abitazione dellaprima età imperiale; nel 1551 entrò nelle colle-zioni di Cosimo I de’ Medici e dal 1559 decoròlo Scrittoio del duca: ***probabilmente copia

romana (I sec. d.C.) di variante ellenistica (280-270 a.C. ca) di statua di scuola prassitelica da-tabile 340-330 a.C., nota in 25 copie; l’elmocorinzio presenta civetta in rileivo, patina dirame riveste le labbra. L’assenza di esemplaridi livello tecnico comparabile in Etruria neglistessi anni suggerisce un’origine magnogreca.Testa di Apollo (I sec. a.C. - I sec. d.C.) rinvenutanel 1930 nel golfo di Salerno; apparteneva ascultura di dimensioni oltre il naturale. Lacomplessità ritmica delle torsioni, l’inclina-zione del capo e i movimenti della chioma sonoeredità del barocco ellenistico, che richiamanoanalogie con la produzione vesuviana. L’operaè rifinita al cesello e al bulino. Medaglione conbusto di Atena rinvenuto nel 1990 nei probabiliresti del palazzo dei re macedoni a Salonicco;accessorio decorativo di carro da parata o dacerimonia, appartenuto probabilmente a uffi-ciale reale o a membro della famiglia regnante,se si considera che Atena Promachos (che com-batte in prima linea) o Alkidemos (protettricedel popolo) era particolarmente cara ai re ma-cedoni; la dea è raffigurata secondo il tipo del-l’Atena Promachos, sul braccio destro porta unbracciale a forma di serpente (psellion), in-dossa l’egida, di piume e non di pelle squa-mosa di serpente come usualmente, vi èraffigurato un serpente attorcigliato, sull’elmoil gorgoneion a occhi chiusi, morto o dor-miente; il medaglione è stato rinvenuto as-sieme a quattro teste bronzee, due di pantere,due di cani, anch’esse appartenenti alla deco-razione del carro. Sezione “Stili del passato”.La citazione di forme e stili del passato perscopi programmatici risale al V secolo a.C.; gliautori del tardo ellenismo utilizzavano e adat-tavano tratti arcaici e classici in modo eclettico,per richiamare l’arte di periodi precedenti. NelII secolo a.C. i generali romani vittoriosi porta-rono in patria opere greche originali per esi-birle nei trionfi e per collocarle in spazi civici onelle proprie case, emulati da chi aspirava auno status superiore. Artisti greci si recarono aRoma per soddisfare la grande richiesta e crea-rono opere nuove nello stile del passato. Lostile classico era prediletto da Augusto per lapropria arte ufficiale, perché richiamava l’”etàdell’oro” dell’Atene periclea. In mostra: Idolinodi Pesaro, rinvenuto nel 1530 a Pesaro, identifi-cato dapprima come giovane Dioniso, si trattainvece di portalucerne per banchetti di famigliapatrizia, prodotto nella prima età augustea inuna bottega dell’Italia centro-meridionale.Opera eclettica, forse copia di perduto origi-nale tardo-policleteo. Apollo (Apollo di Piom-bino) presenta l’atteggiamento rigido dei kouroiarcaici, mentre il modellato della schiena e laresa elaborata, ma poco naturalistica, della ca-pigliatura testimoniano la combinazione distili, caratteristica della fine dell’epoca elleni-

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stica e del gusto arcaizzante, apprezzato dairomani nella prima epoca imperiale. Apollo(kouros) (I secolo a.C. - I secolo d.C.) rinvenutoa Pompei nell’oecus tricliniare (sala da pranzo)della casa di Caio Giulio Polibio nel 1977. Iltipo, quello utilizzato per rappresentareApollo, fu trasformato in occasione di un an-tico restauro in portalucerne. Erma di Dioniso(Erma Getty) (II secolo a.C.) attribuita alla bot-tega di Boeto di Calcedonia. Il turbante identi-fica Dioniso. Le erme erano pilastrini itifallicisormontati da busti di divinità protettrici, ave-vano funzione di cippi per segnare gli incrocie i confini delle proprietà a significare l’ordineimposto dal dio al regno della natura, il falloaveva valore apotropaico e di favorire la fecon-dità. Erma di Dioniso (Erma di Mahdia) (II secoloa.C.) opera firmata di Boeto di Calcedonia.Unica scultura antica di cui sono pervenute siala versione originale che le successive riprodu-zioni. Torso di giovane (Torso di Vani) (II sec.a.C.) scoperto nel 1988 nell’antica città di Vaninella Georgia occidentale; all’interno del torsoè stata rinvenuta un’armatura in ferro circon-data da una matrice di argilla, sabbia e mate-riale organico, parte dell’anima interna.Appartiene allo stile “severo”, comune allascultura greca nella I metà del V secolo a.C.;sembra impossibile che un originale di quelperiodo si sia conservato così a lungo nell’an-tica Colchide. Trattasi di opera ellenistica, inuno stile retrospettivo che imita o falsifica l’a-spetto di una statura del primo classicismo; lapresenza di una fossa di fusione presso Vani(III-II sec. a.C.) fa pensare che questo e altribronzi di grandi dimensioni non fossero statiimportati ma realizzati in loco: probabilmente,data la qualità della lavorazione, è opera di ar-tigiani itineranti greci. Anche se non furonoloro stessi a ideare la composizione della fi-gura senza’altro portarono modelli idonei nelluogo della commissione. In assenza di ele-menti indicativi, è incerta l’identità della sta-tua: nudità e fisico ben sviluppato fannopensare a un’atleta o a una divinità; la man-canza di peli pubici esclude la possibilità che sitratti di principe. La combinazione di corpopienamente formato e muscolatura matura consensualità adolescenziale fa propendere perApollo, dio eternamente giovane. La mostra èimportante perché propone tutti assieme cin-quanta bronzi che normalmente nei museisono esposti isolati tra altri manufatti, e in par-ticolare consente per la prima volta la frui-zione abbinata di opere quali le due erme diDioniso o i due tipi dell’Apoxyomenos. Inoltre isaggi in catalogo restituiscono la dovuta di-gnità all’ellenismo nella diversità dall’arte clas-sica.

Luigi Silvi Eros dormiente, III-II secolo a.C., bronzo, cm 41,9 x 85,2 x 35,6 cm 45,7, con base, New Y

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x 35,6 cm 45,7, con base, New York, The Metropolitan Museum of Art.

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Testa-ritratto di un diadoco (Demetrio Poliorcete?), 310-290 a.C., bronzo, cm 45 x 35 x 39, Madrid, Museo Na-cional del Prado.

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Testa-ritratto di Arsinoe III Philopator, tardo III-inizi del II secolo a.C., bronzo, cm 30 x 20 x 30, Mantova,Museo Civico di Palazzo Te.

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Figura maschile, II secolo a.C., bronzo, cm 127 x 75 x 49, Brindisi, Museo Archeologico Provinciale "F. Ribezzo".

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Statuetta di Ermes, 150 a.C. circa, bronzo, cm 49 x 20 x15, Londra, The British Museum.

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Statuetta di artigiano, metà del I secolo a.C., bronzo, argento, cm 40,3 x 13 x 10,8, New York, The MetropolitanMuseum of Art.

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Torso di atleta (tipo dell'Apoxyomenos di Efeso), I secolo d.C., basanite, cm 110, Castelgandolfo, Musei Vati-cani, Villa Pontificia, Antiquarium.

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Atleta con strigile (Apoxyomenos di Efeso), 1-50 d.C.,bronzo, cm 205,4 x 78,7 x 77,5, Vienna, KunsthistorischesMuseum.

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Atleta (tipo dell'Apoxyomenos di Efeso), II secolo d.C., marmo,cm 193, Firenze, Galleria degli Uffizi.

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Eracle in riposo, III secolo a.C. o I secolo d.C. (?), bronzo e ar-gento, cm 36 x 17,5 x 14 h. cm 39 con base, Chieti, Museo Archeo-logico Nazionale d'Abruzzo.

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Eracle Epitrapezios (Eracle seduto), I secolo a.C.-I secolo d.C., bronzo, calcare (base), h cm 75 con base cm 95 x67 x 54, Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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Boeto di Calcedonia, Erma di Dioniso (Erma di Mahdia), II secoloa.C.

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Erma di Dioniso (Erma Getty), Bot-tega di Boeto di Calcedonia (attribuito),II secolo a.C., bronzo, rame, calcite, cm103,5 x 23,5 x 19,5, Malibu, J. PaulGetty Museum.

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Atena (Minerva di Arezzo), 300-270 a.C., bronzo, rame,cm 155 x 50 x 50, Firenze, Museo Archeologico Nazio-nale.

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Medaglione con il busto di Atena, 1I metà II secolo a.C. ca, bronzo, pasta di vetro bianco, cm 27,2 x 27,1 x 19,1, Sa-lonicco, Museo Archeologico.

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Testa di Apollo, I secolo a.C.-I secolo d.C., bronzo, cm 51 x 40 x 38, Salerno, Museo ArcheologicoProvinciale.

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Apollo (Apollo di Piombino), 120-100 a.C. circa, bronzo, rame, ar-gento, cm 117 x 42 x 42, Parigi, Musée du Louvre.

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Torso di giovane (Torso di Vani), II sec a.C., bronzo, cm 105 x 45 x25, Tbilisi, Museo Nazionale Georgiano

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Apollonio (attivo nel tardo I secolo a.C.), Erma del Do-riforo, tardo I secolo a.C., bronzo, cm 58 x 66 x 27, Napoli,Museo Archeologico Nazionale.

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Spinario (Spinario Castellani), 25-50 d.C. circa, marmo, cm 69 x 40,5 x 35, Londra, The British Museum.

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Bottega dell’Italia centro-meridionale Idolino di Pesaro, I secolo a.C-Isecolo d.C., portalucerne per banchetti di famiglia patrizia, prima età au-gustea, forse copia di perduto originale tardo-policleteo.

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MAGNIFICENZA DELLA STATUARIA GRECA RIPRODOTTPICCOLI GRANDI BRONZI. CAPOLAVORI GRECI, ETRUSCHI E ROMANI DELLE COLLEZIONI MEDICEO

Giove in maestà (detto Zeus tipo Firenze), bronzo, h cm 29,3, Firenze,Museo Archeologico Nazionale.

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La mostra propone parte della collezionedi statuette bronzee raccolte lungo tre se-coli dalle dinastie medicea e lorenese, con-servate nei depositi del MuseoArcheologico Nazionale di Firenze. Attra-verso 170 reperti di dimensioni da 10 a 60cm, si costruisce un percorso artistico, mi-tologico e iconografico, mettendo in luceanche come i Medici raccolsero questeopere, consentendo così di ripercorrere lastoria del collezionismo e del gusto da XVal XVIII secolo. L’arco cronologico si ricol-lega a quello della mostra “Potere epathos. Bronzi del mondo ellenistico”, chesi tiene in contemporanea a PalazzoStrozzi. Le opere esposte appartengono aetà ellenistica e romana, incluse alcuneetrusche riferibili al periodo della roma-nizzazione dell’Etruria. Una parte delleopere esposte ripete tipi di età classica, te-stimoniando il proseguimento della tradi-zione più antica nell’Ellenismo, fenomenoquesto che investì sia il mondo etrusco eitalico che quello romano. I bronzetti sonoraggruppati secondo un preciso contestonarrativo. Sono sviluppati temi quali lafunzione dei bronzetti che potevano es-sere votivi, funerari, arredi di ambientiquali lupanari, larari, triclini e giardini;l’interpretazione che di queste figurinedavano i Medici e i Lorena; gli artisti chepresso la corte li restauravano; i criteri diselezione in base ai quali i Signori di Fi-renze collezionarono le statuette, che rac-colsero a centinaia e le particolari valenzesocio-culturali e soprattutto politiche eauto-rappresentative, di cui caricarono al-cune figure del mito. In divinità come Ve-nere ed Ercole alcuni membri dellefamiglie si identificarono e individuaronomodelli da imitare e da proporre ai sud-diti. Fatti questi che giustificano la pre-senza nelle collezioni di decine diraffigurazioni di queste due divinità. Lamostra si articola in sezioni scandite daidiversi temi iconografici: Prima sezione:“Zeus, ovvero il fulmine, lo scettro e l’a-quila”. Zeus viene rappresentato con ilfulmine, scettro simbolo di potere; si ri-scontrano anche rappresentazioni di Sera-pide e dell’aquila, altro simbolo di potereolimpico in special modo legata al mito diGanimede. Seconda sezione: “Afrodite edEros: Amor...ch’è palpito dell’universo in-tero”. Afrodite viene rappresentata con isuoi diversi appellativi: Venere pudica checon la mano sinistra copre il pube e alza la

destra davanti al seno, spesso diademata,a volte reggente mazzolino di fiori, nuda avolte stringente mela nella mano, al bagno(Anadiomene), accovacciata, semivestitacon manto drappeggiato attorno ai fianchisorretto da nodo all’altezza del pube, nel-l’atto di slacciarsi il sandalo; a volte è raf-figurata con lo strophion (fascia pectoralis,benda di cotone con cui le romane fascia-vano il seno per sostenerlo). Eros è rap-presentato dormiente, stante, gradiente,corrente, come auleta, a cavallo di leoni opantere. Accomunati al mito di Venere edEros: Marte e Priapo dal grande fallo.Terza sezione: “Mercurio, o l’astuto giocodell’inganno”. Mercurio è rappresentatostante, col petaso, a volte con le calzaturedotate di ali, con la clamide, reggente mar-supium; al dio del commercio e dell’in-ganno, messaggero degli dei, è legata lafigura dell’ermafrodito, raffigurato nudoe stante. Quarta sezione: “Bacco, un diovenuto dall’Oriente”. Bacco è rappresen-tato giovane imberbe, dai lunghi capelli,con la testa coronata di pampini e grap-poli d’uva nelle mani alzate; a volte ebbroe sorretto da satiri. Del suo corteggio sonorappresentati menadi, satiri, tra cui sati-relli seduti o suonanti aulos, sileni, genistagionali e gli animali a lui sacri: pantera,tigre, capro; riferite a lui anche le imma-gini degli attori, perché era la divinitàispiratrice e protettrice delle arti dramma-tiche; sempre inerenti al suo mito gli sche-letrini da tavola (larva convivialis) del tipodei memento mori descritti da Petronius Ar-biter nella cena di Trimalcione nel Satyri-con. Quinta sezione: “Nettuno, il dio deiflutti”. Nettuno è rappresentato normal-mente stante e con delfino, le Nereidi delsuo corteggio a cavallo di delfini o di pan-tere marine, tritonesse e altri ibridi mo-struosi marini. Sesta sezione: “Diana, lafatale magia dei boschi”. Diana è raffigu-rata stante con la faretra di traverso sullespalle e con l’arco nella sinistra, indos-sante chitone corto (apoptygma) senza ma-niche, con alti stivaletti. Sempre legato almondo dei boschi: Pan raffigurato antro-pomorfo o ibrido, Cronos con il pileo sulcapo impugnante falcetto nella sinistra.Settima sezione: “Apollo il dono luminosodella sapienza”. Apollo è rappresentatonell’atto di scoccare l’arco o come Sol, concorona a raggi sul capo; Minerva semprecon ampio mantello ed egida sul petto,oltre all’elmo. Ottava sezione: “L’Ercole

CA RIPRODOTTA IN PICCOLE DIMENSIONIDICEO-LORENESI, Museo Archeologico Nazionale (Firenze)

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mediceo: immagine del sovrano, simbolodella città”. Ercole diviene simbolo di Fi-renze e della Signoria, tanto da gareg-giare per il primato con il patronoGiovanni Battista, fino a entrare tra lerappresentazioni della Porta della Man-dorla del Duomo; è effigiato seduto,stante, a riposo, bibax, ebbro, con i pomidelle Esperidi, sempre con la clava e laleontea, a volte sul capo un serto di fogliedi vite è presente nella microplastica er-culea, allusivo alla commistione del suoculto con quello dionisiaco; o durante ilsuo scontro con il gigante Anteo; o dabambino che strozza i due serpenti o an-cora le vicende in cui incontra le Amaz-zoni, legate a Eracle anche lepersonificazioni di provincia o di popoloe Concordia. Nona sezione: “Il sonno e lamorte”. Raffigurazioni di Ecate, di Hy-pnos che abbassa la fiaccola, e trasporti didefunti. Decima sezione: “Nel segno dellasperanza: salute e medicina”. Asclepiostante, con il manto poggiante sulla spallasinistra, con il bastone su cui si avvolge ilserpente e l’omphalos; Arpocrate, l’Horusbambino figlio di Iside e Serapide raffigu-rato secondo il tipo egiziano, mentre siporta un dito alla bocca, gesto tipica-mente infantile, inteso come simbolo delsilenzio iniziatico, nudo, stante, con cor-nucopia attorno alla quale si avvolge unserpente, con faretra, alato. Undicesimasezione: “La Vittoria e il Destino di uo-mini e città”. Raffigurazioni di Fortuna,rappresentata stante, reggente barra deltimone e cornucopia, veste il chitone el’himation; Vittoria alata, vestita di peplocon lungo apoptygma. Destinati alla Vitto-ria l’atleta, il lottatore e il gladiatore. Do-dicesima sezione: “Cavalli e cavalieri, dalcampo di battaglia alla dignità regale”.Raffigurazioni di Alessandro Magno, diTolomeo III Euergetes, di Arsinoe III Phi-lopator, di guerrieri, monumenti equestricon cavalieri. Tredicesima sezione: “Imille volti dell’umanità”. Raffigurazionidi togati, genius capite velato, offerenti,acrobati, ginnasti, danzatori, una figurafemminile negra, nani, gobbi di cui unocon galletto, nani bevitori, nani danzantie figure grottesche. I bronzetti sono con-tributo prezioso per la ricostruzione dioriginali perduti per il loro rapporto conla grande statuaria, che riecheggiano, o dicui sono copia fedele, benché miniaturiz-zata; ebbero grande importanza nella dif-fusione dei culti religiosi, di iconografiespecifiche e di stili, assunsero valenzesocio-culturali e politiche.

Luigi SilviVenere al bagno (Afrodite Anadiomene), bronzo, h cm26,5.

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Erote in corsa, candelabrum, bronzo, h cm 22,5, largheza cm 13.

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Priapo, bronzo, cm 8,7 x 4,8, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Busto di Mercurio, bronzo, h cm 16,1, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Ermafrodito, bronzo, h cm 45, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Bacco, bronzo, cm 37,8 x 13,6, Firenze, Museo Archeo-logico Nazionale.

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Pantera, bronzo, h tot cm 17,4, h senza base cm 8,5, larghezza con base cm 10, lunghezza cm18,3, Firenze,Museo Archeologico Nazionale.

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Tigre, bronzo, cm 15 x 30 x 4,8, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Scheletrino da tavola (“larva convivialis”), bronzo, cm 3,5 x 8,8, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Nettuno con delfino (Poseidon delphinophoros), bronzo, cm 7,6 x 5,3, Firenze, Museo Archeologico Nazio-nale.

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Diana, bronzo, h cm 26, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Busto di Sol, bronzo, h cm 5,9, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Apollo, bronzo, h cm 13,8, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Minerva, bronzo, h cm 10,5, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Ercole seduto (Herakles epitrapezios), bronzo, h cm 41, Firenze, Museo Archeologico Nazio-nale.

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Ercole stante con clava e leonte, bronzo, h cm 23,5, Firenze, Museo Archeolo-gico Nazionale.

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Ercole seduto (Herakles epitrapezios), bronzo, h cm 41, Firenze, Museo ArcheologicoNazionale.

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Amazzone ferita, bronzo, h cm 28,5, Firenze,Museo Archeologico Nazionale.

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Hypnos (Sonno) versa il sonno sull’umanità, bronzo, h cm 44,5, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Arpocrate, bronzo, h cm 8,5, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Fortuna, bronzo, h cm 11,9, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Vittoria, bronzo, cm 22,2 x 7,6, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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Danzatore o ginnasta, bronzo, h cm 17,4, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

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cognita negra, testa bronzo, denti e cornee lami-nati in argento, pupille vetro blu, gambe bronzo,corpo marmo bianco e nero d’Aquitania, basebreccia policroma detta capitolina, h cm 6,9, Fi-renze, Museo Archeologico Nazionale.

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Vecchio nano gobbo con lagynos e galletto (lagynophoros), bronzo, cm 7,2 x 4,2, Firenze,Museo Archeologico Nazionale.

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La mostra incentra l’attenzione sui cambiamentiepocali che contrassegnano il III secolo d.C. Consi-derato secolo di crisi dell’impero, in realtà presentain nuce e pone le basi delle indicazioni di fondo chesegneranno le età successive e prepareranno lastrada alla società tardo-antica. La documentazionecomprende statue in marmo e in bronzo, sia a gran-dezza naturale che colossali, busti, ritratti, rilievi inmarmo, sarcofagi, urne, mosaici pavimentali, deco-razioni pittoriche parietali, argenti da mensa, ele-menti architettonici figurati, altari. La mostra èorganizzata in più sezioni. Prima sezione: “I prota-gonisti”. Presenta novantadue opere: ritratti, statue,busti di imperatori, delle loro mogli, degli eredi altrono e dei cittadini più in vista. Si assiste a un cam-biamento del paradigma del ritratto ideale: dall’ac-curata eleganza del II secolo alla semplicità e alrealismo del III; entrambe le caratteristiche sono cor-relate alla situazione sociale e politica dell’epoca. Iritratti degli imperatori riflettono anche i mutamentidei concetti di base, la loro ascesa e il loro declino.Statue ritratto e busti ritratto in età romana assolve-vano alla funzione di rappresentazione di status,onorificenze pubbliche per magistrati, militari e be-nefattori, nei monumenti funerari e nelle case. Lestatue degli imperatori avevano carattere pubblicoed erano loro dedicate come onori. I ritratti dell’im-peratore potevano sostituirlo in funzioni ufficiali oessere utilizzate come immagini per il culto impe-riale: gli imperatori erano raffigurati nel modo in cuiessi volevano apparire. Spesso per ragioni program-matiche e politiche molti imperatori nel corso delproprio regno cambiarono il proprio ritratto uffi-ciale. Seconda sezione: “L’esercito”. Propone conoltre venti opere l’esercito quale grande protagonistadella nuova epoca. Terza sezione: “La città diRoma”. Con quattordici opere indaga i grandi mu-tamenti che nel corso del III secolo segnarono Romanel profondo e nella sua identità. Quarta sezione:“La religione”. Cinquantadue opere descrivono l’in-sediamento nella città dei culti provenienti dall’O-riente. La mostra racconta la diffusa crisi spiritualee religiosa che, nel clima di ansia generalizzata,portò all’abbandono delle religioni tradizionali e al-l’adesione del culto di divinità di origine orientale:Iside, Cibele, Mithra, Sabazio e Cristo. La decadenzaeconomica e la perdita dei valori morali propri dellatradizione greco-romana provocò la fioritura di unsentimento religioso nuovo e profondo, che, assiemea una costruzione intellettuale non più rivolta ai va-lori materiali, provocò il favore generale verso reli-gioni monoteistiche e soteriologiche, che avevanoalla base salvezza e immortalità dell’anima. I cultiorientali che si fondavano sui “ misteri” e sul con-cetto di catarsi e di rigenerazione in una vita mi-gliore, favorirono un’azione di straniamento dallarealtà verso l’irrazionale, il mistico, il magico. Quinta

sezione: “Le ricche dimore private e i loro arredi”.Trenta opere per uno sguardo su spazi privati, gustie arredi domestici delle domus di quel tempo. Riccala decorazione pittorica parietale per gli ambienti dirappresentanza e per gli impianti termali delle di-more importanti che predilige schemi architettonicidell’età adrianea; a volte gli sfondi architettonicisono animati da figure umane sovradipinte a gran-dezza naturale, afferenti al mondo dionisiaco o in-tente ad attività quotidiane in relazione alladestinazione d’uso dell’ambiente. Sesta sezione: “Vi-vere (e morire) nell’impero”. Sette opere descrivonoi cittadini romani fuori dalla capitale. Settima se-zione: “I costumi funerari”. Ventiquattro opere, sar-cofagi, rilievi e pitture, che presentano temi esoggetti del repertorio dei miti tradizionali e diquelli innovati, con linguaggi e gusti ormai comple-tamente mutati. Già agli inizi del secolo nella deco-razione funeraria si riscontra una nuova sensibilitàverso il destino finale del defunto. I sepolcri diven-tano grandi mausolei, templi di natura dinastica,dove alla cripta per gli inumati si sovrappone unedificio di culto fortemente somigliante al Pantheon.Nell’arte si abbandona poco a poco l’organicità dellacultura classica per un accentuato espressionismo,in cui la forma plastica tradizionale subisce un’ero-sione con una maggiore accentuazione di ombre eluci. L’ansia quindi deriva da fatti concreti: guerrecivili, crisi finanziarie ed economiche, carestie, epi-demie, pressione dei barbari ai confini. La speranzain un futuro più sicuro era così diffusa da alimen-tare in tutti i cittadini un’aspettativa di salvezza le-gata alla figura dell’imperatore in teoria garantedella giustizia, della sicurezza militare dell’impero eanche suprema autorità religiosa. In ogni situazionedi crisi il collasso dei sistemi di riferimento sia so-ciali che economici hanno quale effetto primario lacompromissione della quotidianità della vita dellepersone, che rapidamente e progressivamente de-vono affrontare l’angoscia del reale. Questo periododi passaggio da Commodo a Diocleziano è stato de-finito “passaggio dall’impero d’oro (quello di MarcoAurelio) a uno di ferro arrugginito”. Nell’arco diquesto secolo l’impero cambia radicalmente la pro-pria fisionomia: instaurazione della tetrarchia e per-dita del ruolo di capitale per Roma. Finisce latrasmissione del potere su base dinastica e il poteredi nomina imperiale si concentra nelle mani dell’e-sercito, in grado di imporre imperatori per acclama-zione e di eliminarli. Quel mondo mutadefinitivamente anche nella struttura sociale con losfaldarsi delle istituzioni e con l’emergere di nuoveforze sociali. Le graduali tappe di queste trasforma-zioni si riflettono sui modelli figurativi e sul linguag-gio formale della scultura, che si carica di forteaccento patetico.

Luigi Silvi

ANGOSCIA DEL REALEL’ETÀ DELL’ANGOSCIA. DA COMMODO A DIOCLEZIANO (180-305 D.C.), Musei Capitolini

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A DEL REALE

Busto di Marco Aurelio giovane, 138-140 d.C., marmo lunense, h cm 76, Roma, Musei Capitolini, Pa-lazzo Nuovo.

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Busto di Commodo come Ercole, 192 d.C., marmo lunense e alabastro, h cm 133 cm, Roma, Musei Capitolini,Palazzo dei Conservatori.

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Statua-ritratto di Treboniano Gallo, 250 d.C. ca, bronzo, h cm 241, New York, The Metropolitan Museum of Art.

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Statua maschile in nudità con spada, 253-260 d.C., marmo lunense, cm 198, Roma, Villa Doria Pamphilj, Ca-sino del Bel Respiro.

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Statua di cacciatore con cane, 253-260 d.C., marmo lunense, h cm 203, Roma, Villa DoriaPamphilj, Casino del Bel Respiro.

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Ritratto colossale di Probo, 276-282 d.C., marmo bianco, h cm 46, Roma, Musei Capitolini, Palazzo Nuovo.

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Gruppo di Artemide e Ifigenia, 150 d.C. ca, marmo pario, cm 188, Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini.

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Rilievo di Giove e Giunone Dolicheni, Iside, Serapide, Dioscuri, Sole e Luna, 250 d.C. ca, marmo lunense, cm 56x 58, Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini.

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Statuetta di Attis, II-III secolo d.C., bronzo, h cm 35, Treviri, Rheinland-Pfalz Rheinisches Landesmuseum.

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Ar cheologia

Busto di Settimio Severo, 193-211 d.C., marmo bianco, cm 69 x 46, Astros, Museo Archeologico.

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Sarcofago a lenos con leone e antilope, 270-280 d.C., marmo bianco lunense, cm 101 x 96 x 10, Roma, Musei Capitolini,Palazzo Nuovo.

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APERTURA DELL’ANTIQUARIUM DI VIA LUCREZIA ROMANA PRIMO MUSEO TERRITORIALE A ROMA

Antiquarium di Lucrezia Romana (foto M. Humar).

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Negli ultimi decenni il suburbio sudorientale diRoma ha visto intensificarsi l’attività edilizia per larealizzazione di opere pubbliche e private. Ciò hacomportato indagini archeologiche preventivelungo la via Tuscolana, dal Quadraro a Torre Spac-cata e Osteria del Curato fino alla Romanina, chehanno rivelato l’occupazione stabile di questo terri-torio a partire dalle fasi più recenti del Neolitico edell’Eneolitico (V-III millennio a.C.) Notevoli sonostati i ritrovamenti durante gli scavi, tanto da far na-scere, alla fine degli anni ’90, il progetto di realiz-zare il primo Museo territoriale per documentarela storia del territorio Appio-Tuscolano. Nei pressidi via Lucrezia Romana è tornato alla luce unampio tratto di strada romana con basoli, lunga piùdi 100 metri, databile all’età augustea. Il tracciatoviario doveva unire i Castelli romani al mare e fuutilizzato fino al VII secolo d.C., come testimonianoi manufatti ritrovati. La via poteva essere alterna-tiva alla via Latina, che fu utilizzata solo dall’etàmedio-repubblicana e poi divenne strada di servi-zio per la manutenzione dell’acquedotto Anio Vetus,che corre sotterraneo parallelamente alla strada. Aconferma di ciò sono stati rinvenuti undici pozzi diispezione distanti venti metri uno dall’altro. Co-struiti in opus reticolatum, hanno forma quadrata,sono muniti, lungo le pareti, di pedarole che eranoutilizzate per le ispezioni e la pulitura dell’acque-dotto. Gli scavi hanno messo in luce anche un grannumero di sepolture, circa 450 con tipologie di-verse: a incinerazione risalenti all’età del bronzo(XI-X sec. a.C.), a inumazione databili al II-IIIsec.d.C., a fossa o con copertura fittile e altre coperteda un dado. Queste semplici sepolture appartene-vano forse a schiavi e a liberti che lavoravano nellavicina villa rustica. Villa questa già identificata daThomas Ashby e poi da Roberto Paribeni; durantei lavori per la costruzione di un collettore fognarionel 1999-2000, sono stati riportati alla luce altri am-bienti della villa che fu costruita alla fine del I se-colo a.C., ampliata in età Severiana e utilizzata finoal III-IV secolo d.C. Sono stati rinvenuti anche ancheun pozzo con pedarole scavato nel tufo e un proba-bile impianto di torcularium (torchio per la produ-zione del vino). Nei pressi della villa sorgeva unmausoleo con basamento in peperino a pianta qua-drata e corpo cilindrico, datato I sec. a.C, attribuibileai proprietari del fondo. Direttamente sulla stradasi apriva un’esedra a gradoni di peperino precedutada due statue marmoree rinvenute acefale, raffigu-ranti personaggio femminile seduto su sedia e per-sonaggio maschile su sella curulis (sedile pieghevolea forma di X, simbolo del potere giudiziario), oggiesposte nell’Antiquarium di via Lucrezia Romana.Questo occupa due edifici storici: un villino padro-nale del ‘900 e una grande cisterna restaurata e tra-sformata con copertura vetrata in sala espositiva.L’arco cronologico dei reperti esposti va dall’epocapreistorica e protostorica fino al Medioevo. La mag-gior parte degli oggetti di uso quotidiano proviene

dalle necropoli, in particolare da quelle dell’Oste-ria del Curato e di via Lucrezia Romana, dove sonostati rinvenuti e studiati più di 600 individui vissutiin età imperiale. Dalla necropoli di via Aldini (Gre-gna di Sant’Andrea) provengono molti corredi fu-nerari con balsamari, lucerne, oggetti personalifemminili, oggetti per il trucco, spatoline e pinzette,spilloni e ceramiche. I materiali sono divisi cronolo-gicamente nelle quattorcici vetrine della “sala deiCorredi”: Preistoria e Protostoria, fase Orientaliz-zante, età Repubblicana, età Imperiale, tardo antico,medioevale. Pannelli illustrativi sulle abitazioni esulle necropoli permettono di conoscere le varie fasie trasformazioni del territorio. La maggior partedelle tombe scavate negli strati vulcanici erano a“grotticella” con pozzo d’accesso a una camera fu-neraria, il cui ingresso era chiuso da lastra di pietralavica. Nelle necropoli di Ponte delle 7 Miglia edella Romanina risalenti all’Eneolitico, la posizionetopografica delle tombe sembra collegata a una dif-ferenziazione di tipo economico e sociale degli inu-mati. Le tombe più antiche di via Lucrezia Romanadi varia grandezza formavano raggruppamenti ederano sepolture gentilizie o appartenenti a ricchefamiglie plebee. Alcune hanno restituito corredi diun certo valore, che costituiscono una testimo-nianza della vita del suburbio romano e fornisconoinformazioni sui riti funerari e sulla società. Interes-sante a questo proposito è l’iscrizione in lingua la-tina in cui Marcus Nasidius Varellianus elenca tutti idefunti che potranno essere sepolti nel sepolcro dalui edificato: Vetilia Aster, figlia di Gaio, coniuge ca-rissima, i figli, Gavia Successa, la suocera di rarevirtù, la madre Azia, la nonna Varilla e il fratello Pio.Vi sono indicazioni precise affinchè non siano inse-rite né le ceneri, né i corpi di estranei alla famiglianel sepolcro e per i trasgressori viene stabilita unamulta di diecimila sesterzi da versare all’Erario delpopolo romano. Molte tombe, anche le più mode-ste, hanno restituito corredi interessanti: monili inoro, lucerne, vasi, piccoli oggetti per il lavoro, la to-letta e i giochi. Da ville, edifici e sepolcri del territo-rio provengono sculture in marmo esposte nella“Sala marmi”. Dalla mansio in località Vermicinoproviene una grande vasca in alabastro, datata IIsecolo d.C., il gruppo scultoreo raffigurante Nereidesu animale marino (metà I secolo a.C.) è forse perti-nente alla decorazione di un mausoleo della via La-tina al IV miglio. La statua di Ermafrodita (II secolod.C.) in marmo bianco, esposta per la prima volta,proviene dagli scavi della via Anagnina, le due sta-tue acefale a grandezza naturale in marmo di Car-rara, raffiguranti figure sedute, provengono dalmausoleo con esedra a gradoni di via Lucrezia ro-mana di Carrara. È prevista la creazione di un Parcoarcheologico attrezzato a opera del Centro direzio-nale delle Banche di Credito cooperativo, che siestenderà da via Casale Ferranti fino al DepositoMetro.

Marina Humar

A ROMANA PRIMO MUSEO TERRITORIALE A ROMA

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Corredo tomba 243 via Lucrezia Romana, II secolo d.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (fotoM.Humar).

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Corredo tomba 172 via Lucrezia Romana, II secolo a.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Corredo tomba 8 via Lucrezia Romana, fine IV-prima metà III secolo a.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana(foto M.Humar).

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Ar cheologia

Frammento di decorazione in stucco, da mausoleo ipogeo del Quadraro, metà I secolo a.C. Roma, Antiquariumdi via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Frammento di sarcofago con scene marine e pescatore, dal Quadraro, fine I-inizi II sec.d.C., Roma, Antiquariumdi via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Ar cheologia

Lastra campana con scena bacchica, da via Schiavonetti, fine I secolo a.C. - inizi I secolo d.C., Roma, Antiquariumdi via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Lastra campana con pantere ed eroti, da Osteria del Curato, II metà I secolo d.C. - inizi II secolo d.C., Roma, Antiquarium di via Lucr

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uarium di via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Lastra di marmo bianco con iscrizione funeraria, da via Lucrezia Romana, I-II secolo d.C., Roma, Antiquarium di viaLucrezia Romana (foto M.Humar).

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Edicola con il dio Silvano, Quadraro Roma vecchia, II secolo d.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (fotoM.Humar).

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Nereide su mostro marino, dal Quadraro, IV miglio via Latina, Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Statue acefale dal mausoleo con esedra di via Lucrezia romana, Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana(fotoM. Humar)

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Ermafrodita, via Anagnina, II secolo d.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (foto M.Humar).

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Anforetta in vetro con filamenti applicati, tomba 7 via di Passo Lombardo, V-VI secolod.C. Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (foto M. Humar).

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Anforette a spirali in impasto bruno sottile, da via Lucrezia Romana, fine VII secolo a.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (foto M. Humar).

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rezia Romana (foto M. Humar).

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Vasca in alabastro, da via del Casale Ferranti, II secolo d.C., Roma, Antiquarium di via Lucrezia Romana (foto M. Humar).

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r).

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Al X miglio dell’antica via Latina (ora via Ana-gnina), nel punto in cui si intersecava con la via Va-leria (attuale via della Cavona) sorgeva, sin dall’etàrepubblicana, un piccolo centro abitato, il Vicus An-gusculanus, che dipendeva dalla città di Tuscolo. Ilterritorio era fertile e ricco di vigneti e molti patriziromani vi avevano costruito ville rustiche. Dallefonti storiche è documentata nel territorio la pre-senza delle ville dei Murena, dei Caecilii, dei Viniciie probabilmente vi era anche la villa di Ulpia Mar-ciana, sorella di Traiano. Nelle vicinanze sorgevauna Mansio (stazione di posta) e l’abitato della co-munità di coloro che lavoravano la terra nelle villeadiacenti. I “Decimiensi” (abitanti del X miglio) sisvilupparono come comunità e alla fine del III se-colo d.C. diedero origine alla Catacomba Ad Deci-mum, che utilizzarono fino all’inizio del V secolo.La catacomba di piccole dimensioni è di notevoleimportanza per l’integrità del suo impianto e per lapresenza di bolli sulle tegole utilizzate come chiu-sura dei loculi, che ne permette la datazione pre-cisa agli anni settimo decennio del III secolo d.C.Fu scoperta casualmente all’inizio del ‘900 durantei lavori agricoli e dopo i primi tentativi di scavo daparte degli stessi proprietari alla ricerca di “tesori”;il terreno fu acquistato nel 1911 dai monaci di SanNilo che vi svolsero vere campagne di scavo ar-cheologico nel 1912-13 e poi nel 1916-19. L’anda-mento delle gallerie è irregolare e la tecnica discavo approssimativa e lontana da quella utilizzatanelle catacombe di Roma, ma sicuramente si trattadi cimitero cristiano, perché non sono stati rinve-nuti elementi pagani. La tipologia delle sepolture èmolto varia: loculi a parete, tombe ad arcosolio ealcuni monumenti più tardi attribuibili a personedi rango elevato. Nel IV-V secolo d.C. il cristiane-simo si diffuse infatti anche presso i ceti più elevatidella società e alcuni individui furono sepolti inquesta catacomba, come rivelano dei ricchi sepol-cri. Il numero elevato delle sepolture di bambini,che occupano anche spazi di risulta, testimonianol’alto tasso di mortalità infantile nella comunità deiDecimiensi. Nella tomba a “baldacchino” con co-lonnine e copertura, ai piedi del sepolcro dei geni-tori venne ricavato un piccolo sepolcro per ilfiglioletto, nell’iscrizione di Valeria Prima alla qualefu aggiunto un graffito: “anche il piccolo Quinti-liano qui riposa”. Grazie al grande numero di iscri-zioni (50) e di graffiti, visibili sia sulle lastre dimarmo o di materiale fittile che sulla malta di chiu-sura dei loculi, si ha testimonianza della vita so-ciale e religiosa della comunità e dell’evoluzionedella scrittura e della lingua. L’uso infatti del latinoe del greco, a volte impiegati contemporanea-mente, l’uso di termini del sermo cotidianus, la pre-senza di molti nomi “stranieri” e di errorigrammaticali permette di considerare la comunitàmultietnica e di natura servile. Grazie all’ottimostato di conservazione delle iscrizioni è ricostrui-bile la cronologia e di conseguenza l’evoluzione del

formulario. Nelle iscrizioni più antiche vi era soloil nome del defunto associato a formule di buonaugurio, come in un’epigrafe della galleria”C”-Se-cunde in pace- poi sono indicati durata della vita egiorno della deposizione, che per i cristiani è il diesnatalis, che nelle iscrizioni più tarde diviene ele-mento principale. Nella galleria “G” l’iscrizione deldiaconus Ianuarius testimonia un formulario arric-chito e completo Ianuarius diaconus se vivo fecit sibiet costae suae Lupercillae et Martyriae filiae suae dolcis-simae quae vixitann(os) III menses VI d(ies) V in pace.Alcune iscrizioni sono completate da immaginisimbolo di beatitudine dell’anima e di salvezza,come nell’epigrafe Marciano benemerenti Hilarus fraticarissimo in pace in cui sono incise tre immagini:Due colombe su vaso con rami di edera, e Colomba bec-cante grappolo d’uva e Buon pastore con agnello sullespalle. Si sono conservati affreschi, anche se dan-neggiati dall’umidità e dall’incuria. Le rappresen-tazioni più significative si trovano nella zona deicubiculi, che dovevano appartenere ai personaggipiù importanti della comunità. Nel cubicolo aipiedi della scala, Collegio Apostolico raffigurante ilCristo al centro affiancato da tre Apostoli per lato(sei e non dodici forse per mancanza di spazio),sulla stessa parete Orante con tunica e dalmatica,sul soffitto Daniele tra i leoni e Buon pastore affiancatoda due coppie di pecore. Le pitture sono databili allaseconda metà del IV secolo d.C. In una delle galle-rie più tarde della catacomba (fine IV-inizi Vsec.d.C.) si trova un arcosolio decorato riccamentecon due colonnine marmoree e capitelli compositisorreggenti architrave; nella nicchia al centro, entrocornice di palmette affresco raffigurante TraditioLegis, Cristo affiancato da San Pietro e San Paolo, idue santi sono distinti dai simboli dei loro rispet-tivi martiri, Pietro con la croce sulle spalle, Paolocon la spada in mano, essendo cittadino romanonon poteva essere crocifisso e fu decapitato. Il Cri-sto è raffigurato con nimbo e con la destra alzatanell’atto di benedire, mentre con la sinistra conse-gna il rotolo della legge a Pietro che lo riceve ingi-nocchiato con le mani avvolte nel pallio. Sul rotolovi è l’iscrizione DOMINUS LEG(em) DAT. Il temaraffigurato non è comune nelle catacombe, tantoche alcuni studiosi ritengono derivi dalla decora-zione dell’abside della primitiva basilica di San Pie-tro. Sul lato sinistro dell’arcosolio è raffigurato ildefunto titolare della tomba- BIATOR (per Viator),in atteggiamento di Orante, tra due personaggi,forse i due Apostoli. Nel pannello a destra. moltodeteriorato, si riconosce una sola figura in basso alcentro giardino con animale, forse un cavallino, chebruca l’erba, chiara allusione al Paradiso, in alto co-lombe e anfore. La catacomba Ad Decimum fu ab-bandonata verso la fine del V-inizi VI secolo, forseperché non vi era stato deposto alcun martire, e fupresto dimenticata: proprio per questo si è conser-vata quasi integra.

Marina Humar

LA COMUNITÀ DEI DECIMIENSI E LA CA

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I E LA CATACOMBA AD DECIMUM

Gallerie, Catacomba Ad Decimum, Roma (foto M. Humar).

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Tomba a baldacchino, Catacomba Ad Decimum, Roma, (foto M. Humar).

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Catacomba Ad Decimum, Roma, (foto M. Humar).

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Loculi a parete, Catacomba Ad Decimum, Roma (foto M. Humar).

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Orante, affresco, Catacomba Ad Decimum, Roma (foto M. Humar).

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Collegio Apostolico, affresco, Roma, Catacomba Ad Decimum, (foto M. Humar).

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Traditio Legis, affresco, Roma, Catacomba Ad Decimum, (foto M. Humar).

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Buon Pastore, iscrizione, Roma, Catacomba Ad Decimum, (foto M. Humar).

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DAI MAGAZZINI ROMANI AL NUOVO MERCA

Anfore, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testaccio, (foto M. Humar).

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Per realizzare il nuovo mercato del rione Te-staccio è stata scelta l’area compresa tra viaGalvani, via Franklin, via Manuzio e via Ghi-berti, dove sorgevano il campo sportivo del-l’A.S. Testaccio e il Teatro dei Cocci. Gli scavi,iniziati ad aprile 2005, hanno subito eviden-ziato una stratificazione complessa: l’area sitrova infatti ai piedi del Monte Testaccio dovesorgevano i magazzini di età imperiale delvecchio porto fluviale e successivamente orti,vigne e casali rinascimentali e barocchi. Lostrato più superficiale dell’area era costituitodalle fondamenta delle case popolari fatte co-struire dallo I.C.P. verso il 1920, poi demolitenegli anni ’60. Sono inoltre venuti alla luce iresti di un casale del ‘600, quando la zona eraancora rurale e, grazie ad alcuni documentidell’Archivio Camerale, si è risaliti al proprie-tario del fondo, Giovanni Andrea Bettini. Il ca-sale, che appare nella pianta del Nolli del1748, aveva inglobato le strutture precedentie, seppure trasformato, ebbe vita lunga. Tuttal’area circostante fu destinata all’attività agri-cola: nel casale, infatti, è stata identificata lapavimentazione per l’istallazione di un tor-chio vinario e nel cortile resti archeobotanici euna grande quantità di ossa di tacchino, il chefa pensare che vi fosse anche un allevamento.Ai piedi del monte Testaccio dal ‘600 furonoscavate grotte, adibite alla conservazione delvino, utilizzate ancora oggi come locali pub-blici. Nelle aree coltivate sono stati rinvenutinumerosi frammenti di anfore, usate probabil-mente per il drenaggio del terreno. Il livellopiù profondo nell’area nord dello scavo hamesso in luce strutture di età romana. In par-ticolare sono emersi due edifici: uno in cuisono stati identificati 12 ambienti disposti sudoppia fila, l’altro formato da una decina distanze. In uno di questi probabilmente vi eraun forno per la cottura delle ceramiche, è statorinvenuto un notevole numero di frammenti,forse scarti di lavorazione. Gli edifici, realiz-zati in opus reticolatum alternato a laterizi, ave-vano più piani e grazie alla presenza di bollidi età traiano-adrianea, possono essere datatial II secolo d.C. Nel nuovo mercato, inaugu-rato nel 2012, si può fruire dell’area archeolo-gica sotterranea. Al centro della struttura tra ibanchi di vendita un affaccio permette di sco-prire i resti in muratura del casale rinascimen-tale e lastre pavimentali del vicolo dellaSerpe, importante strada di Testaccio fin dal-l’età rinascimentale. Al di sotto del piano-ga-rage, a circa 10-12 metri di profondità, siaccede alla vasta area archeologica unica nelsuo genere. Lo scavo ha riportato alla luce in-fatti un grande magazzino (horreum) le cui

strutture possono essere datate alla metà delII secolo d.C., che sicuramente fu utilizzatofino alla fine del III secolo o agli inizi IV se-colo d.C. e vari allineamenti di anfore intereche delimitavano sette ambienti non coperticon divisori. Il magazzino, che occupa la parteoccidentale dello scavo, era diviso in vari am-bienti rettangolari che si aprivano su un cor-tile centrale con portici, oggi in parte distruttoper tracciare le attuali vie Franklin e Manuzio.L’aspetto originale può essere ricostruito oltreche dalle strutture riportate alla luce dagliscavi, anche grazie ad alcuni frammenti dellapianta marmorea Severiana, nei quali è raffi-gurato proprio un grande edificio a più pianicomposto da cortili porticati sui quali si affac-ciano vari ambienti, come gli Horrea Galbana,fatti costruire dal console Sulpicio Galba nel Isecolo a.C. dietro alla Porticus Aemilia a Te-staccio. Il vicolo della Serpe separava questomagazzino dall’area nord-orientale delloscavo, dove si trovano alcuni ambienti creaticon muri di anfore sovrapposte. In particolaresi possono ricostruire tre ambienti le cui pa-reti sono realizzate con filari di anfore intereconficcate verticalmente nel terreno, riempitecon argilla e frammenti di cocci per dare mag-giore tenuta, e sovrapposte a formare murettibassi o pareti continue. Tutta l’area, databilealla prima età imperiale, potrebbe essere statausata come area di stoccaggio per materialiedili di scarto o di riuso. In alcuni ambienti in-fatti sono stati ritrovati resti di intonaco, inaltri tessere e lacerti di mosaici. Le anfore in-tere, svuotate del contenuto, erano utilizzatecome materiale da costruzione, quelle fram-mentate erano poi smaltite come nel vicinoMonte dei cocci. I “cocci” che hanno formatola collina artificiale, alta circa 30 metri, sonoframmenti di anfore per il trasporto dell’olioproveniente dalla Spagna e dall’attuale Tuni-sia, mentre i materiali rinvenuti nello scavodel nuovo mercato riguardano anfore vinariedi provenienza Egea-orientale, in particolareCreta, Cilicia, Panfilia, Turchia meridionale eSiria e alcune anfore betiche (Dressel 20) eafricane utilizzate per il garum e altre salse dipesce prodotte in Lusitania (Portogallo). Unmuro in opus reticolatum crea una divisionedell’area: a nord è stato scavato un magazzinoper anfore tipo Dressel 20 che si apre su uncortile delimitato da anfore allineate e da unasse stradale. Sono identificabili cinque re-cinti, realizzati in modo più regolare di quellidel settore orientale, destinati ad aree sco-perte di stoccaggio e realizzate con struttureleggere.

Marina Humar

NUOVO MERCATO DI TESTACCIO

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Anfore riempite di cocci e argilla, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testaccio, (foto M. Humar).

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Ambiente con mura di anfore, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testaccio (foto M.Humar).

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Muro di anfore, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testac-

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Muro in opus reticolatum, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testaccio (foto M. Humar).

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Recinti di anfore, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testaccio, (foto M. Humar).

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Muro in opus reticolatum e allineamento di anfore, area archeologica sotto il nuovo mercato di Testaccio, (foto M. Humar).

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to M. Humar).

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Il tempio circolare del Foro Ro-mano, noto come Tempio di Ro-molo, riapre al pubblico ospitandoil gruppo scultoreo della Fonte diGiuturna. L’acqua, i cui riflessisono stati ricreati sulle pareti deltempio, illuminato da un impiantoche riproduce la luce naturale, è ilfil rouge che lega il monumento alLacus Iuturnae. Il tempio situato difronte alla Casa delle Vestali, con-serva un pozzo quadrato, privo diparapetto, situato nell’area a destradel pavimento, e nella cripta unasorgente d’acqua, utilizzata nellaliturgia medioevale dell’adiacentechiesa dei Santi Cosma e Damiano.Al Medio Evo risalgono gli affre-schi che decorano le pareti, su diessi sono stati operati interventiconservativi, in occasione della ria-pertura, che hanno consolidato lafragile pellicola pittorica. Il Tem-pio di Romolo oggi si presentacome edificio a mattoni, coperto acupola, con imponente portalebronzeo. Facciata concava conquattro nicchie (oggi murate) desti-nate ad accogliere statue. Il portaleè inquadrato da due colonne diporfido rosso su alto plinto di tra-vertino con capitelli corinzi dimarmo bianco, reggenti trabea-zione pure di marmo bianco, fine-mente intagliata, proveniente daun edificio più antico. La porta, in-quadrata da una cornice marmoreasimile alla trabeazione, è quellaoriginale. L’edifico è fiancheggiatoda due corpi laterali, uguali e sim-metrici, a pianta rettangolare al-lungata, terminanti con abside epreceduti da coppia di colonne dicipollino su alto plinto, conservatesolo quelle di destra. Nonostante ilrestauro integrale del XVII secolo,la decorazione costituita da ele-

COSIDDETTO TEMPIO DI ROMOLO

Restituzione del Tempio di Romolo.

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EMPIO DI ROMOLO

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Portale del Tempio di Romolo.

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menti di spoglio, come la porta stessa, nonha subito sostanziali modifiche. La stessaserratura è quella originale, ancora perfet-tamente funzionante, con la chiave diferro costituita da un cuneo e da un’impu-gnatura tubolare. Le caratteristiche di in-corniciatura in marmo bianco del portaleportano a datare l’insieme all’età seve-riana (II-III sec. d.C.). Delle numerose ipo-tesi avanzate sulla destinazione delmonumento in età imperiale, nessuna èsoddisfacente. La più nota che dà il nomeal monumento è quella secondo la qualel’imperatore Massenzio avrebbe riutiliz-zato l’edificio come tempio dedicato al fi-glio Valerio Romolo, morto in giovane etànel 309 e divinizzato. Secondo alcuni stu-diosi l’edificio sarebbe stato progettatocome vestibolo circolare di accesso al Forodella Pace, per fungere da raccordo tral’aula rettangolare, forse la biblioteca delTemplum Pacis, trasformata nel VI secolo inchiesa dei Santi Cosma e Damiano, e la ViaSacra. In quell’occasione comunque papaFelice IV (527-530) trasforma il Tempio diRomolo in vestibolo di detta chiesa. In ori-gine il tempio aveva quattro porte in asse,di cui due comunicavano con le due auleabsidate ai lati della rotonda. Secondo lefonti scritte potrebbe trattarsi della rico-struzione voluta da Massenzio del Tempiodi Giove Statore, il cui originale era statodistrutto per far posto alla Basilica diMassenzio, e sarebbe stato trasferito nelledue ali laterali; nella stessa occasioneanche il santuario dei Penati (fanum Urbis),demolito per gli stessi motiv, fu trasferitonelle due ali lateralii. Altre ipotesi vi rico-noscono la sala delle udienze del praefec-tus Urbi; altre ancora lo individuano comeTemplum Gentis Valeriae, sacrario della genscui apparteneva Massenzio. Probabil-mente la ricostruzione di Massenzio fu in-terrotta dopo la sua morte nella battagliadi Ponte Milvio (312); il tempio fu ulti-mato da Costantino e probabilmente dedi-cato alla Sacra Urbs Roma . L’attuale statodegli studi fa propendere per il Tempio diGiove Statore, considerato che le fonti loassegnano a questa precisa zona del Foro,e quello dedicato alla Sacra Urbs Romae èstato individuato nelle immediate circo-

stanze. Nel Medio Evo l’edificio circolareaveva la funzione di vestibolo della chiesadei Santi Cosma e Damiano, ed era deco-rato con pitture parietali. Gli affreschi piùantichi sono quelli della cripta sotterra-nea, oggi non accessibile. In una nicchia ditale cripta sono raffigurati Madonna conBambino tra due santi che tengono in manole cassette dei rimedi, forse i santi medicititolari della chiesa. L’affresco risale al Xsecolo. Nella rotonda si succedono diversicicli di decorazioni parietali. Assegnatealla metà del XIII secolo, pitture a imita-zione di tendaggi o velari, che in originedecoravano le pareti. La nicchia absidatasulla sinistra propone al centro Cristo introno tra Maria Maddalena e Maria Salomè ;sulla volta il Tetramorfo. Sulle paretine la-terali a destra Marie al sepolcro, a sinistraConvito in casa di Simone il fariseo. A sini-stra dell’ingresso, verso la parte sotterra-nea della chiesa dei Santi Cosma eDamiano, monumento funerario, costi-tuito da tabernacolo incorniciato da colon-nine, ornato in basso da riquadri in fintimarmi policromi con al centro Madonna introno con Bambino tra i santi Cosma e Da-miano, dipinto attribuito a Jacopo Torriti,datato alla fine del XIII secolo. La pre-senza reiterata di santi con poteri curativiva messa in relazione con le sorgenti d’ac-qua considerata curativa, tanto che nelMedio Evo il luogo divenne meta di pelle-grinaggio. Quando papa Urbano VIII Bar-berini (1623-1644) volle la trasformazionebarocca della chiesa, l’edifico del Tempiodi Romolo fu decorato sulla cupola con unlanternino, dove si legge un testo dedica-torio del 1638, eretto sull’oculo romano. Ilpavimento, assieme a quello della chiesaseicentesca, fu rialzato di circa 8 m, pri-vando così l’edifico di un terzo dell’al-tezza complessiva. Nel XIX secolo RodolfoLanciani lo riportò alla quota pavimentaleantica e riallestì la porta originale. Nei re-stauri compiuti dalla Soprintendenza inoccasione del Giubileo del 2000, la voltabarocca è stata demolita, ricostruendo lavolumetria antica. Sono stati lasciati, a te-stimonianza dell’intervento moderno, iquattro pilastri della volta seicentesca.

Luigi Silvi

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Tempio di Romolo.

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Tempio di Romolo, interno.

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Cristo in trono tra Maria Maddalena e Maria Salomè, in alto Tetramorfo, parete laterale destra Marie al sepolcro, metàXIII secolo, Roma, Foro Romano, Tempio di Romolo.

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Jacopo Torriti (notizie da metà del XIII a inizio XIV secolo), Madonna in trono con Bambino tra i santi Cosma e Da-miano, fine XIII secolo, Roma, Foro Romano, Tempio di Romolo.

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Ar cheologia“... La vera terra dei barbari non è quella che non ha maiconosciuto l’arte, ma quella che, disseminata di capolavori,non sa né apprezzarli né conservarli...” (Marcel Proust)

Velario, metà XIII secolo, Roma, Foro Romano, Tempio di Romolo.