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La "Civita" di Grotte di Castro. Carta archeologica

Apr 23, 2023

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Michele Russo
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La Civita di Grotte di Castro

Carta Archeologica

Filippo Salamone

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«...Braving the sleet with bared breast,

Drinking rioting, thinking neither of wife nor kin,

Nor gold, nor love, nor heaven...»

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© 2011 Filippo Salamonevia dei Gandolfi, 4 - 00135 Roma06/35348072 - 339/[email protected]

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Indi e

I. Analisi del territorio 1

1. Geomorfologia del territorio e risorse naturali 2

2. Storia degli studi e delle ricerche 6

3. Cartografia storica 11

4. Viabilità storica 14

4.1. Il periodo etrusco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144.2. L’età romana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154.3. L’età medioevale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

5. Sintesi storico-topografica 20

5.1. Età pre-protostorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205.2. Periodo etrusco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

5.2.1. L’Orientalizzante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265.2.2. L’età arcaica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 275.2.3. Il IV secolo a.C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

5.3. La romanizzazione (III-I sec. a.C.) e l’età romana . . . . . . . . . . 335.3.1. Il III-I sec. a.C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 335.3.2. L’età imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

5.4. L’età medioevale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

II. Carta Archeologica 39

6. Carta archeologica 40

III. Bibliografia e indici 92

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Introduzione

Il seguente lavoro prende in esame una porzione di territorio della provincia diViterbo facente parte del complesso dei Monti Volsini, a circa 5 Km dal confine

con la Toscana e l’Umbria.

Figura 1.: Immagine satellitare del lago di Bolsena. In rosso, l’area indagata (daGoogle Earth)

L’area indagata rientra negli ambiti territoriali del comune di Grotte di Castro,borgo medievale risalente al IX-X sec. d.C., nel cui territorio sono state individuatenumerose necropoli etrusche, e del comune di San Lorenzo Nuovo, cittadina di im-pianto neoclassico costruita ex novo nella seconda metà del Settecento su iniziativadi papa Pio VI, dopo l’abbandono dell’omonimo centro medievale (sito a 2 km a Suddell’attuale paese) a causa delle ripetute epidemie di malaria. Entrambi i centrisono compresi entro i limiti cartografici delle tavolette IGM “Gradoli” (F. 136, I NE)e “Acquapendente” (F. 129, II SE).

Nel complesso il territorio risulta scarsamente popolato (fatta eccezione per i co-muni sopracitati, che contano nel complesso circa 5000 abitanti), con numeroseabitazioni sparse nelle campagne, molto frazionate e intensamente coltivate.

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Storicamente l’area presa in esame costituisce un settore cruciale nelle dinamicheterritoriali dell’Etruria meridionale interna: già nella seconda metà dell’Ottocento,infatti, gli studiosi1, colpiti dalle ricche e numerose testimonianze funerarie dissemi-nate nel territorio di Grotte di Castro e di San Lorenzo Nuovo, avevano ipotizzato lapresenza, sull’ampio pianoro tufaceo in località “Civita”, di un insediamento etrusco,da alcuni identificato con “Tiro”, da altri con Salpinum2.

Studi più recenti3 hanno ampiamente dimostrato che tale abitato costituisce l’a-vamposto più occidentale del sistema difensivo (comprendente, oltre Civita, gli in-sediamenti individuati a Monte Landro, Barano, Bolsena-Castello, Civita d’Arlenae Montefiascone) approntato da Volsinii per il controllo della Val di Lago in contrap-posizione agli interessi di Vulci. Tale insediamento andrebbe perciò a configurarsicome “abitato di frontiera” (politica e culturale) tra Vulcientes e Volsinienses almenoa partire dal VI sec. a.C. fino alla conquista romana.

Le finalità di questa ricerca sono duplici: in primo luogo, quella di georeferenziaresu una base cartografica adeguata le evidenze archeologiche in modo da realizzareuna carta archeologica dell’area in esame, utile sia ai fini della tutela del territoriosia ai fini della ricerca; in secondo luogo, quella di inquadrare le vicende storichedell’area esaminata, dalla protostoria al medioevo, all’interno delle dinamiche diun più ampio territorio (la Val di Lago orientale) che ha visto la formazione di una“provincia culturale volsiniese”, la conquista romana e la rapida romanizzazione, lacrisi dell’impero e le incursioni longobarde, l’incastellamento e la nascita del ducatodi Castro. Sotto questo profilo, pertanto, lo studio diretto del territorio di Grotte diCastro e di San Lorenzo Nuovo si configura come lo studio di un’area-campione.In entrambi i casi sono risultati insostituibili i contributi di Pietro Tamburini4,certamente il maggior conoscitore del territorio preso in esame.

La metodologia seguita nel lavoro è stata quella propria degli studi pubblicatinella collana Forma Italiae: l’esame dell’area indagata, corrispondente ad una su-perficie di circa 30 km2, è stato pertanto condotto attraverso la ricognizione direttadel territorio, effettuata in maniera sistematica nell’arco di circa un anno. L’indagi-ne, inoltre, è stata integrata dallo spoglio delle fonti bibliografiche e d’archivio, oltreche dall’esame della cartografia storica e delle foto aeree.

Lo strumento cartografico utilizzato in questo lavoro è la sezione 333110 dellaCarta Tecnica Regionale del Lazio, in scala 1:10.000, fornita dall’Ufficio Tecnico Re-gionale per il territorio e l’urbanistica. Tale scelta è stata condizionata dalla neces-

1Per la storia degli studi si veda il capitolo 2.

2La prima identificazione, caldeggiata soprattutto da eruditi locali (cfr. Peleggi 1971, pp. 25-33; Pan-nucci 1975, pp. 49-53; Ruspantini 1978, pp. 9-21), derivante da un errore contenuto del cosiddetto“Martirologio di Adone” dedicato alla passio di S. Cristina di Bolsena, risulta priva di qualsiasifondamento, come ampiamente dimostrato da G. Biamonte (cfr. Biamonte 2001). L’identificazionecon Salpinum, la cittadina etrusca che secondo Livio (Liv.,V, 31, 5) avrebbe prestato aiuto a Volsinii

in uno scontro bellico avvenuto nel 392 a.C con i romani, è stata sostenuta da G.F. Gamurrini (cfr.Carta Archeologica 1881-1897, p. 7, n. 2) e recentemente ripresa da G. Colonna, che tuttavia simostra estremamente cauto nel proporre questa identificazione (cfr. Colonna 1999, p. 21).

3Marabottini - Tamburini 2007, p. 154Si veda, in ultimo, Marabottini - Tamburini 2007, con bibliografia precedente

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sità di usufruire di una base cartografica redatta in una scala che permettesse unriposizionamento più preciso delle evidenze archeologiche del territorio rispetto alletavolette redatte dall’IGM in scala 1:25.000.

La ricerca sul terreno è stata spesso limitata dal tipo di uso del suolo e dallacattiva visibilità di superficie, dovuta alla parziale copertura boschiva del territorioche risulta piuttosto accidentanto. Notevole l’estensione delle aree coltivate a ulivetie vigneti, dove il terreno non viene lavorato e si provvede soltanto a mantenere bassal’erba spontanea. Poche le zone destinate a seminativo.

Nonostante tutti questi limiti, l’esplorazione sistematica del territorio si è dimo-strata una metodologia di indagine fondamentale per lo studio di comprensori terri-toriali: sono state individuate alcune presenze archeologiche inedite ed è stata rea-lizzata un’analisi nel dettaglio delle evidenze già note. Particolare attenzione è statadata nel localizzare con precisione scavi e rinvenimenti effettuati nel corso dell’Ot-tocento e del Novecento, per lo più rimasti inediti, confrontando la documentazioned’archivio con i dati catastali.

Sulla base dei rinvenimenti effettuati durante le indagini di terreno, è stato pos-sibile tracciare una sintesi dell’evoluzione del popolamento antico dalla protostoriafino all’età medievale.

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Parte I.

Analisi del territorio

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1. Geomorfologia del territorio e risorse naturali

L’area indagata fa parte del complesso dei Monti Volsini, catena collinare di ori-gine vulcanica che si estende a corona intorno al bacino del lago di Bolsena.

L’attuale configurazione geologica e litologica è il risultato dell’attività erutti-va, iniziata circa 600.000 anni fa, dei tre complessi vulcanici dell’apparato vulsino:Bolsena, Montefiascone e Latera.

Il vulcanesimo vulsino, come del resto quello degli altri apparati laziali, ha avutocarattere essenzialmente esplosivo, come testimonia la scarsa quantità di lave ri-spetto ai tufi. Questi ultimi infatti costituiscono la grande maggioranza delle roccevulcaniche della regione e solo sporadicamente, e per volumi modesti, si incontranocolate laviche.

A causa delle distanze a cui furono scagliati materiali eruttati, le alture che sisono formate hanno un’altezza media che oscilla fra i 500 ed i 600 metri sul livellodel mare1.

L’attività vulcanica è passata attraverso una lunga sequenza di fasi esplosive, co-me attestato dalla stratificazione di tufi di diversa composizione. Numerose sonostate le bocche di eruzione, ma i crateri ancor oggi riconoscibili sono evidentemen-te quelli più recenti, mentre gli altri sono stati demoliti dall’attività successiva oricoperti dai materiali eiettati.

Figura 1.1.: Sezione schematica del complesso vulcanico vulsino (da Nappi et al.

1995)

La storia del distretto vulcanico vulsino risulta piuttosto complessa. Le più an-tiche manifestazioni dell’attività eruttiva sono riferibili alle emissioni di prodotti

1Le cinte calderiche sono caratterizzate da quote non molto elevate, che raggiungono l’altitudinemassima di 631 m s.l.m. presso il Monte Panaro.

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piroclastici e lavici del piccolo centro di Torre Alfina, ad Est del distretto, che ri-salgono a circa 800.000 anni fa. L’attività vulcanica su grande scala ha inizio cir-ca 600.000 anni fa con emissioni di colate piroclastiche ed espandimenti lavici dafratture orientate in senso Nord-Sud ed Est-Ovest.

A circa 400.000-300.000 anni fa risale il primo apice eruttivo, che precede unalunga sequenza di fasi esplosive che hanno dato luogo al bacino che contiene il lagodi Bolsena. Seguono le eruzioni prevalentemente effusive del vulcano di Montefia-scone (300.000-150.000 anni fa) e delle bocche localizzate all’interno e sui bordi delladepressione calderica di Latera (160.000-145.000 anni fa). Sempre alla fase finaledell’attività vulsina sono riconducibili le edificazioni di due tuff cones, sorti diretta-mente all’interno della conca lacustre, che oggi vanno a costituire le isole Martanae Bisentina.

Nello specifico, il territorio preso in esame (compreso nei fogli 136 e 129 della Car-ta Geologica d’Italia in scala 1:100.000) è dominato a Nord dai crinali su cui oggisorgono gli abitati di Grotte di Castro e San Lorenzo Nuovo, mentre a Sud si con-clude sulle spiagge del lago di Bolsena. Le colline circostanti (fra cui l’altura della“Civita”) si sono formate in seguito all’accumulo di ceneri vulcaniche compresse dalpeso sovrastante e modellate successivamente dagli agenti atmosferici, dando luogoalla formazione di ammassi tufacei di diverso tipo, quali il nenfro, utilizzato daglietruschi per usi diversi (in special modo per la realizzazione di monumenti funerari)il tufo pomiceo e il tufo giallo chiaro, ancora oggi utilizzato per realizzare blocchet-ti da costruzione. Il profilo attuale delle colline, intervallate da zone pianeggiantiformatesi per accumulo di detriti di natura eluviale risalenti all’Olocene, è il fruttodell’erosione di numerosi corsi d’acqua, oggi ridotti a fossi di fondovalle. Avvici-nandosi alle sponde del lago, si delinea un ambiente di tipo lacustre determinatodall’accumulo di depositi alluvionali olocenici.

Per quanto concerne le risorse del territorio, la distribuzione delle risorse fauni-stiche risulta essere uno dei fattori di maggiore incidenza nella determinazione delpaesaggio insediativo. Nonostante manchino studi sistematici di dettaglio per l’a-rea esaminata, i dati acquisiti negli ultimi anni2 permettono di delineare un quadrogenerale per l’area vulsina.

La disponibilità di risorse ittiche, costituite in parte ancora da specie autoctone(anguille, tinche, carpe e lucci3) costituisce uno dei principali motivi di attrattivanell’area lacustre almeno a partire dall’Età del Bronzo. Tra la fauna selvatica, icervidi (soprattutto capreolus capreolus e cervus elaphus) occupano un posto di pri-maria importanza nell’alimentazione nella prima età del ferro4, mentre, a partiredall’VIII sec. a.C. si registra una progressiva riduzione delle percentuali di selvag-

2Cifani 2003 pp. 30-323Il coregone e il persico, le specie ittiche attualmente più frequenti, sono state introdotte solo di

recente (Marabottini - Tamburini 2007)4Si vedano, a titolo esemplificativo, le testimonianze dall’insediamento del Grancaro (De Grossi -

Mazzorin 1995)

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gina in favore di animali allevati (sus domesticus, ovis aries, capra), in linea con unatendenza percepibile in tutta l’Italia centrale5.

La conformazione del territorio, caratterizzato da estesi pianori tufacei parti-colarmente fertili, costituisce un terreno ideale per la coltivazione della vite, at-testata nell’insediamento del Gran Carro nella fase iniziale della Prima Età delFerro6, dell’ulivo, dei cereali e dei legumi, specie vegetali che ben si adattano allecaratteristiche morfologiche e pedologiche dei suoli vulcanici.

Figura 1.2.: Schema geologico del distretto vulcanico vulsino. 1: sedimenti quaternari; 2:travertini; 3: prodotti di Torre Alfina e del distretto vicano; Complesso di La-tera – 4: prodotti lavici e stromboliani dell’attività finale; 5: formazione di Pi-tigliano; 6: formazione di Onano; 7: formazione di Onano, di Grotte di Castroe di Sorano; 8: formazione di Sovana; 9: formazione di Canino e di Farnese;Complesso vulcanico di Bolsena e Orvieto – 10: ignimbrite di Orvieto e Bagno-regio; 12: successione piroclastica; Complesso di Montefiascone – 13: colatedi lava; 14: successione piroclastica; Complesso del Paleobolsena- 15: colatedi lava; 16: successione piroclastica; 17: colate di lava antiche; 18: ignimbri-ti basali; 19: successione piroclastica; 20: substrato sedimentario; 21: coni discorie; 22: crateri; 23 orli craterici; 24: faglie e fratture. (da Guide Geologiche

Regionali 1993, p. 59)

5Cifani 2003, p. 196De Grossi - Mazzorin 1995

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Per quanto riguarda le risorse e le riserve idriche, in questo settore del territoriola falda basale, il cui drenaggio sotterraneo è indirizzato verso il bacino lacustre,raggiunge la quota di 460 m s.l.m., nettamente superiore a quella del lago che si trovaa circa 305 m s.l.m.7. Il flusso ipogeo si manifesta pertanto con sorgenti superficiali8,molte delle quali erano certamente sfruttate in antico, e fossi di fondovalle quali ilfosso del Rigo e il fosso del Borghetto, entrambi indirizzati verso il bacino del lago.

7Nel corso del tempo il livello delle acque del lago ha subito vistose oscillazioni: circa 13.000 anni fail livello probabilmente si attestava intorno ai 310 m s.l.m.; tra i 10.000 e i 6.000 anni fa il livellodeve essersi abbassato fino a raggiungere la quota di 296 m. La quota più bassa è attestata circa3000 anni fa con 294 m s.l.m., abbassamento che ha trasformato l’isola Martana in una penisola. Inepoca etrusca è testimoniato che il livello delle acque raggiungeva quota 306 m, prossima all’attuale304 m s.l.m.

8Tra le più importanti le sorgenti “Le Pietrare”, “Le Fontane”, “Cavugliela”.

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2. Storia degli studi e delle ricerche

Una prima segnalazione del potenziale archeologico del territorio esaminato è con-tenuta nella guida Itinerario d’Italia1, pubblicata a Milano nella sua XXII edizionenel 1835 a cura di G. Vallardi. Nella descrizione del viaggio CIII, da Acquapendentea Roma, si legge:

«...Nelle colline di tufo presso S. Lorenzo alle Grotte si osservano ditratto in tratto alcune caverne naturali nei massi tufacei ed alcune grot-te artificiali, le quali servono di rifugio ai pastori ed ai contadini, e diripostigli a’ lor strumenti rusticali. Forse da principio si saranno forma-te queste grotte, a fine di scavarne la pozzolana. Ma ora in varie di essesi sono disseppelliti vasi ed utensili etruschi di bronzo e di terra...»

Dopo questa brevissima segnalazione, nel 1842 George Dennis2, erudito inglese ap-passionato di antichità etrusche in viaggio verso Bolsena, visita le campagne dellaVal di Lago. Anche in questo caso è il grande numero di sepolture a colpire l’interes-se dello studioso, che però identifica la sede dell’insediamento etrusco sullo stessosperone tufaceo dell’abitato medievale di Grotte anziché sullo sperone tufaceo diCivita.

Il vero scopritore dell’importanza a livello archeologico dell’area presa in esameè sicuramente D. Golini che, scrivendo nel settembre del 1856 a W. Henzen, allo-ra Primo Segretario dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica, descrive il suosoggiorno nella Val di Lago3. In questo caso lo studioso, oltre a fornire una prima,seppur parziale, lista delle necropoli presenti nel territorio, di cui lamenta il pessi-mo stato di conservazione a causa dei saccheggi dei clandestini, identifica per primola sede dell’abitato etrusco sul colle di Civita. Oltre a ciò, D. Golini descrive unatomba in località “Cepposecco”, già violata ma ancora dotata di parte del suo corre-do, contenente, tra le altre, cose il primo documento epigrafico di cui si abbia notizianel territorio circostante4.

L’interesse dell’archeologia ufficiale ha inizio con A. Cozza, che, in qualità di Ispet-tore di Musei e Scavi per conto del Ministero dell’Istruzione Pubblica, visita il Grot-tano nel periodo compreso tra il gennaio e il febbraio del 1883. Il suo soggiorno è fina-lizzato all’accertamento del numero e dell’entità delle necropoli circostanti nonché

1Itinerario d’Italia 1835, p. 2462Dennis 1907, p. 5113Il resoconto è stato pubblicato l’anno successivo in BullInst 1857 pp. 131-1404Il documento epigrafico, registrato e pubblicato da Golini nel 1857 (BullInst 1857 pp. 131-140),

era apposto su un’anfora o su un’olla biansata usata come cinerario. Donata all’Instituto di Cor-rispondenza Archeologica da un certo sig. Gonzales (Brunn 1862, p. 275), l’anfora non sembraattualmente più reperibile (Magini et al. 1987, p. 74)

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all’individuazione dei resti antichi a testimonianza dell’area abitata, alla luce delprogetto di redazione della Carta Archeologica d’Italia, di cui lo studioso orvietanopuò essere considerato uno degli iniziatori e promotori.

Partendo dalla Civita, A. Cozza si occupa sia delle difese naturali dell’altura siadi quelle artificiali realizzate spiombando alcuni tratti di rupe e costruendo operemurarie di cui però già allora non restava nulla oltre agli “stipiti di una porta chemette all’estremo O. del cardo”5, oggi non più identificabile. Sul pianoro che dominal’altura, inoltre, egli individua i resti di due tracciati stradali che interpreta come ilcardo e il decumano dell’abitato romano che, secondo la sua ipotesi, avrebbe preso ilposto dell’insediamento etrusco dopo la conquista e la conseguente romanizzazionedel territorio. Questa affermazione, da rettificare per quanto riguarda l’interpreta-zione dei dati, è tuttora suffragata dalla presenza di basoli lungo i sentieri che siincrociano ad angolo retto sul pianoro.

Lasciata l’area abitata, lo studioso perlustra le necropoli circostanti, sofferman-dosi soprattutto in località “Vigna La Piazza”, dove scava e rileva una tomba già inparte depredata, e in località “Le Sane”, dove attribuisce a una “invasione genera-le delle tumulazioni romane entro le etrusche”6 l’uso di deporre i defunti in fossescavate nelle banchine, richiuse con grandi lastre di tufo, all’interno delle tombea camera. In realtà questa ipotesi di un riuso tardo-romano dei sepolcri etruschinon corrisponde a verità in quanto l’abitudine di scavare fosse entro banchine in etàarcaica è tipica non solo del Grottano ma anche del territorio falisco e delle tombearcaiche di Poggio Buco7, Pitigliano8 e Sovana9.

A conclusione delle sue ricerche nelle campagne della Val di Lago, Adolfo Cozzaipotizza la presenza di pagi etruschi dipendenti dall’abitato di Civita su una collinain località Tujena e sugli speroni tufacei su cui nel Medioevo sorgono gli abitati diCastrum Cryptarum e San Lorenzo10. Nell’ultimo caso, lo studioso individua unfossato realizzato “per iscopo di difesa che non sembra doversi reputare di un tempoposteriore all’Etrusco, stanteché non taglia accidentalmente nessuna delle opered’arte che si riferiscono a codesta civiltà”11.

Nei decenni successivi non si registrano studi e ricerche di particolare importanzaad eccezione di una breve e marginale citazione bibliografica di R. Bianchi Bandi-nelli nella sua edizione della Carta Archeologica d’Italia al 100.000 24 e ad opere dicarattere erudito12.

La ripresa degli studi sul territorio si deve a G. Colonna che nel 1966, in quali-tà di ispettore della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale, effet-tua dei sopralluoghi, in seguito a segnalazioni di scavi clandestini, nelle località di

5Carta Archeologica 1881-1897, a nota 656Ibidem, p. 87Maggiani 2003, p. 838Pellegrini 2005, p. 1019Maggiani 2003, p. 82, fig. 5

10Carta Archeologica 1881-1897, pp. 7 e 2611Ibidem, p. 2612Pannucci 1964, pp. 49-53

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Vallerate-Civita, Vallemuglie, Vigna La Piazza e Pianezze, conducendo ricognizionidi superficie e rilievi di tombe già violate. I risultati di queste ricerche13 hanno ap-portato un contributo essenziale nella definizione dell’importanza di questo settoredella Val di Lago all’interno delle dinamiche territoriali dell’agro volsiniese.

Negli anni seguenti le ricerche vengono condotte da un lato dalla Soprintendenza,in collaborazione con il Gruppo Archeologico locale, dall’altro da specialisti inqua-drati all’interno di istituzioni universitarie.

Nel periodo compreso tra la primavera e l’estate del 1976 la Soprintendenza, in-sieme ai volontari della sezione “Tiro” del Gruppo Archeologico Romano, sgombranodal terreno di accumulo, ripristinandone l’accessibilità, alcune tombe della necropo-li di Pianezze da cui vengono recuperati numerosi reperti confluiti nell’Antiquariumcivico (oggi Museo Civico)14.

Contemporaneamente P. Tamburini, nell’ambito delle attività promosse dal “Cen-tro di Studi Etruschi” di Orvieto per la definizione e lo studio del territorio volsiniese,pubblica in più riprese una sintesi storico-topografica dell’area in esame insieme adun primo stralcio di cartografia archeologica15.

Negli anni Ottanta e Novanta vengono condotte due ricognizioni di superficie e loscavo sistematico di alcuni ambienti riferibili ad una villa rustica di età romana.

Nel 1983 K. Raddatz16 pubblica uno studio sui materiali provenienti dalla Civita(databili tra il VII e il VI sec. a.C.) e dal colle Maccarino, lungo le cui pendici occi-dentali individua una vasta area di frammenti fittili, databili tra la fine dell’VIII egli inizi del VII sec. a.C., che egli interpreta come prova dell’esistenza di un inse-diamento (forse un pagus dipendente dall’abitato impiantatosi sulla Civita, di benmaggiori dimensioni). Questa ipotesi è stata rigettata da gran parte della comunitàscientifica17, che sottolinea come in località Maccarino sia presente una vasta ne-cropoli di tombe a camera e come il materiale ceramico raccolto da Raddatz possaessere riconducibile a tipologie normalmente attestate in ambito funerario18.

Nel 1985 in località Piantata Buccelli, alle spalle del casale che domina la locali-tà Ponticello, un’aratura profonda ha messo in luce un consistente insediamento dietà romana, sviluppatosi tra l’età tardo-repubblicana e l’età imperiale19 . Gli scavicondotti dalla soprintendenza hanno rimesso in luce tre ambienti contigui, dei qualiil centrale presenta pavimento a mosaico bianco. Nelle immediate vicinanze sonostati individuati i resti di un focolare, databile in base al materiale ceramico rinve-

13Colonna 1967; Colonna 1973a; Colonna 1973b; Colonna 1974.14Comunicazione del dott. A. Marziantonio15Tamburini 1981; Tamburini 1985; Tamburini 1990; Tamburini - Quattranni 1997; Marabottini -

Tamburini 200716Raddatz 198317Si veda, a titolo esemplificativo, Marabottini Tamburini 200718Il problema non sembra tuttavia potersi risolvere così semplicisticamente, in quanto, se è pur vero

che i frammenti ceramici raccolti da Raddatz sono riconducibili a forme ceramiche normalmenteattestate in ambito funerario, è altrettanto vero che la maggior concentrazione di materiale fittilea Maccarino si ha sul versante nord-occidentale, mentre si ha notizia di deposizioni etrusche inquesta località solo sul versante orientale.

19Timperi 1994, p. 94

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nuto in situ tra la fine del V e il IV sec. a.C., e un bacino scavato nel banco di tufo,interpretato come vasca per la decantazione dell’argilla. In base a questa lettura deidati, ci si troverebbe di fronte ad una villa rustica che in età tardo-repubblicanaavrebbero obliterato l’officina di un vasaio.

Nel 1993 si occupa dell’area della Civita A. Mandolesi, il cui studio conferma lapresenza di “materiali di un momento di passaggio fra la fase recente del primoFerro e l’orientalizzante antico nelle vaste zone arate del pianoro, dove prevalgonomateriali del pieno VII e del VI sec. a.C.”20.

Negli stessi anni la Soprintendenza prosegue lo scavo e la ripulitura di alcune tom-be della necropoli di Pianezze (1983-1989), mentre a partire dal 1990 le operazionisi concentrano nella necropoli di Vigna La Piazza, dove viene recuperato il corredodelle tombe VPL7 (gennaio 1990) e VPL10-15 (giugno-settembre 1991).

Negli anni 1999-2000 Giuseppe Biamonte effettua una ricognizione di superficiein località Cepposecco al fine di individuare i resti di un edificio di culto medioeva-le conosciuto dalle fonti con il nome di ecclesia Sancti Ypoliti21. I risultati di taliindagini hanno ampiamente dimostrato l’esatta ubicazione dell’edificio all’internodel fondo Salotti22, oltre ad acclarare le circostanze a causa delle quali i ruderi del-la chiesa (insieme ai resti della villa romana su cui si era impiantata) sono statidistrutti.

Figura 2.1.: Cisterne romane scavate in località Civita (da Annual Report 2007, p.44)

20Iaia - Mandolesi 1993, a nota 3421Biamonte 200122Nella carta IGM f. 136 I NE (Gradoli) la designazione del fondo in questione è 32TQN378274

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F. Salamone - La Civita di Grotte di Castro

Le ultime ricerche condotte sul territorio preso in esame consistono nel lavorodi sintesi realizzato da P. Tamburini23 sulle testimonianze etrusche del Grottano,nelle operazioni di scavo di alcune tombe della necropoli di Vigna La Piazza da partedella Soprintendenza24 e nel ripristino dell’accessibilità delle tombe della necropolidi Casale Centocamere ad opera della sezione locale del Gruppo Archeologico25.

Un discorso a parte meritano le ricerche condotte dal Department of Archaeology

dell’Università di Cambridge e dal Dipartimento di Storia dell’Università di RomaTor Vergata, sotto la direzione di S. Stoddart e G. Cifani. Nell’agosto del 2007 sulpianoro della Civita sono state scavate due cisterne (fig. 2.0.4) che hanno restituitomateriale ceramico di età romana26. In aggiunta sono state condotte una ricogni-zione di superficie che ha acclarato la presenza di un deposito votivo e delle indaginigeoradar che hanno prodotto interessanti risultati riguardo la presenza di strutturemurarie sepolte nell’area dell’insediamento. Infine, sono stati perlustrati alcuni cu-nicoli scavati lungo le propaggini occidentali del plateau che costituiscono una fittamaglia di drenaggio e di raccolta delle acque, databile, con ogni probabilità, all’etàarcaica27.

23Marabottini - Tamburini 200724Comunicazione del dott. C. Riccini. Nel momento in cui si scrive, le operazioni di scavo sono ancora

in corso, per cui la necropoli di Vigna La Piazza risulta inaccessibile.25Comunicazione del dott. A. Marziantonio26I risultati delle indagini non sono stati ancora resi noti in quanto le ricerche sono ancora in corso.

Le informazioni riportate in questa sede sono tratte dal rapporto annuale pubblicato on-line dalMcDonald Institute, scaricabile dal link www.mcdonald.cam.ac.uk/reports/miar-report-2007.pdf

27Marabottini - Tamburini 2007, p. 27

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3. Cartografia storica

Non sono numerosi i documenti cartografici in cui è stata rappresentata l’areadel lago di Bolsena. Tra l’altro, le carte consultate non contengono dettagli

particolarmente significativi per la ricostruzione del paesaggio a causa della scalain cui sono state redatte.

Figura 3.1.: Leonardo da Vinci. Disegno a colori (da Frutaz 1972, tav. 21)

Una delle prime rappresentazioni del territorio preso in esame è contenuta in undisegno realizzato quasi certamente dopo il 1513 da Leonardo da Vinci1 (fig. 3.0.5):è molto probabile, infatti, che la suddetta carta contenga il ricordo dell’itinerario,segnato con tratti di penna, seguito dall’artista toscano attraverso il Lazio, da Ac-quapendente a Roma, dove soggiornò tra il 1513 e il 1516. L’orografia è tratteggiataschematicamente mentre l’idrografia è rappresentata con dovizia di particolari. Perquanto riguarda le indicazioni toponomastiche, nonostante recentemente sia statamessa in dubbio l’autenticità delle annotazioni contenute nel disegno (attribuite daalcuni studiosi ad un discepolo di Leonardo2) non ci sono motivi per dubitare della

1Frutaz 1972, tav. 21. L’originale è conservato presso la Biblioteca Ambrosiana (cod. atlantico, fol.336 R.b.)

2Ibidem, tav. 21, alla nota 3

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validità delle informazioni contenute nella carta dal momento che l’elenco delle lo-calità attraversate durante il viaggio (Acquapendente, San Lorenzo, Bolsena, Mon-tefiascone, per quanto riguarda il territorio preso in esame in questo lavoro) coincidepienamente con il tracciato della via Cassia quale doveva presentarsi ai tempi di Leo-nardo in seguito alle modifiche apportate durante il Medioevo al percorso originariodella via consolare.

Un’altra rapprensentazione del territorio preso in esame è contenuta nella Cho-

rographia Tusciae di Girolamo Bellarmati3, dipinta nel 1536, in cui è segnata lapresenza degli abitati di Grotte e di San Lorenzo oltre che della copertura boschiva,resa tuttavia alquanto schematicamente.

Seguono, meno dettagliate, la carta del Lazio di Gilles Boileau de Buillon4 del1555-6 e la carta del Patrimonio di San Pietro dipinta da Baldassarre Croce nel1592 nella sala regia del Palazzo Comunale di Viterbo.

Passando a considerare le rappresentazioni del territorio realizzate nel XVII se-colo, sono degne di nota:

1. la carta del “Patrimonio di San Pietro, Sabina, et Ducato di Castro” di G.A.Magini del 16045, in cui la resa del paesaggio in esame risulta ancora piuttostoschematica, con le vignette che riproducono i centri abitati ed una genericaindicazione dei boschi;

2. la carta del Patrimonio di San Pietro dipinta nel 1636 da Luca Holstenio6 nellaGalleria delle Carte Geografiche del Palazzo Apostolico Vaticano, in cui vienedato un risalto particolare alla copertura boschiva;

3. la pianta del Patrimonio di San Pietro disegnata da Jacomo Oddi nel 1636-77

(fig. 3.2). In particolare, molto suggestiva risulterebbe essere l’identificazionedel profilo collinare delineato immediatamente ad Est della vignetta relativaall’abitato di Grotte con l’altura della Civita;

4. la carta del Patrimonio di San Pietro di Giacomo Filippo Ameti del 16968, incui, oltre ad una maggiore attenzione per l’orografia e l’idrografia del territo-rio, viene delineata con maggior precisione anche la viabilità (in particolare,il nuovo percorso della via Cassia tra Acquapendente e Bolsena, passando perSan Lorenzo, e la viabilità perilacustre, che in buona parte è probabilmentericalcata da quella attuale).

5. Le carte redatte nel Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento non aggiun-gono informazioni significative ai fini della ricostruzione del paesaggio. Tra

3Ibidem, tav. 234Ibidem, tav. 385Ibidem, tav. 536Ibidem, tav. 647Ibidem, tav. 688Ibidem, tav. 178

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queste, si ricordano in particolare le carte realizzate da G. Morozzo (1791)9,dove, oltre all’ottima resa della viabilità, compare per la prima volta l’abitatodi San Lorenzo Nuovo, inaugurato alcuni decenni prima, da Bernardino Olivie-ri (1812)10 e da Giovanni Maria Cassini (1816-24)11 , in cui il territorio presoin esame è rappresentato in una scala fortemente ridotta.

Ben altra importanza, ai fini dello studio del territorio preso in esame, assume ilcatasto gregoriano12 che, grazie alla scala in cui è stato realizzato (1:2.000), consen-te di recuperare e di interpretare alcuni aspetti del paesaggio naturale (ad esempiola reale estensione della copertura boschiva) e antropico (la rete stradale e la si-tuazione della divisione dei campi prima dell’avvento delle macchine agricole) in unmomento in cui probabilmente il territorio doveva mantenere un assetto risalenteai secoli precedenti. La consultazione dei relativi brogliardi ha inoltre permesso lapuntuale localizzazione di vecchi scavi e rinvenimenti di cui si fa menzione nelladocumentazione conservata in archivio.

L’ultimo documento consultato è la Carta dello Stato Pontificio realizzata nel 1851dall’Istituto Geografico Militare di Vienna in scala 1:86.40013. La carta, che resti-tuisce un’immagine del territorio non dissimile da quella riprodotta dalla cartogra-fia IGM, è risultata utile sotto alcuni aspetti in quanto riporta toponimi non piùregistrati nella cartografia più recente.

Figura 3.2.: Jacomo Oddi. Carta del Patrimonio di S. Pietro (da Frutaz 1972, tav.68)

9Ibidem, tav. 21110Ibidem, tav. 22011Ibidem, tav. 23212In particolare, per l’area della Civita, si veda la mappa 297, con i relativi brogliardi13Frutaz 1972, tav. 284

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4. Viabilità storica

4.1. Il periodo etrusco

Allo stato attuale delle ricerche risulta difficile ricostruire il percorso degli assiviari che collegavano i centri etruschi del territorio preso in esame prima della

conquista romana. Recenti studi1 ipotizzano tuttavia l’esistenza di un antichissimoitinerario che collegava (probabilmente già dal periodo Orientalizzante) Orvieto (fig.4.1, n. 8) con Vulci (fig. 4.1, n. 1) e il mare, passando per gli insediamenti intermediindividuati a Castel Giorgio (fig. 4.1, n. 7), “Civita” di Grotte di Castro (fig. 4.1, n.6), Poggio Evangelista (fig. 4.1, n. 5), Monte Becco (fig. 4.1, n. 4), Rofalco (fig. 4.1,n. 3) e Castro (fig. 4.1, n. 2). In base a questa ricostruzione, la posizione dell’inse-diamento di Civita di Grotte di Castro risultava doppiamente strategica in quantoveniva a trovarsi all’incrocio con l’itinerario più diretto per chi si doveva recare daTarquinia o da Vulci verso Chiusi e l’Etruria settentrionale interna. Certamentequesto itinerario non fu estraneo alla costituzione dell’asse politico e commercialeVulci-Volsinii, mantenutosi particolarmente attivo almeno fino allo scorcio del VIsec. a.C.2.

Per quanto riguarda la ricostruzione del tracciato all’interno del territorio diret-tamente interessato dalla ricognizione, data la sua antichità e la precocità con cuiviene abbandonato (probabilmente già in età romana), si può solo congetturarne ilpercorso. Si può ipotizzare che si attestasse in uno dei fossi di fondovalle che sisviluppano in direzione Nord-Est/Sud-Ovest (“Valle Maria” o “Valle Preta”, dove lapresenza di alcune aree di frr. fittili - nn. 11, 18 e 73 - attesta la frequentazionedell’area a partire dal VI sec. a.C.), per poi accostarsi all’abitato da Nord (in unodei due punti da cui oggi, come probabilmente in antico, si può accedere all’altura),lasciandosi così a Nord anche lo sperone tufaceo sui cui nel Medioevo sarebbe sor-to il centro di Grotte di Castro. Oltrepassato l’abitato, proseguiva in direzione Est,probabilmente costeggiando le necropoli in località “Le Sane” e “Valle Muglie” e gua-dando il Fosso del Rigo in località “Madonna di Torano”, nell’unico punto in cui laconformazione del territorio, piuttosto accidentato, permette l’attraversamento e do-ve schegge di basalto lasciano supporre la persistenza in età romana di un percorsopiù antico (n. 51).

Sicuramente esisteva una viabilità di carattere locale, di raccordo tra l’insedia-mento e le sue necropoli e tra l’insediamento e la sponda del lago: si veda a titoloesemplificativo la tagliata tufacea (n. 14), immediatamente a Nord della necropoli

1Colonna 1999, pp. 16-18; Marabottini -Tamburini 2007, p. 162Torelli 1982, p. 58

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Figura 4.1.: Ricostruzione del percorso arcaico che collegava Vulci con Volsinii

(rielaborazione da Marabottini -Tamburini 2007)

di Vigna La Piazza, che potrebbe costituire un residuo dell’antico tessuto viario chegarantiva i collegamenti tra Civita, le sue necropoli e il territorio circostante.

4.2. L’età romana

Con la conquista romana il territorio preso in esame e, nello specifico, il territoriosottoposto all’influenza dell’insediamento di Civita rimasero in parte estranei allanuova viabilità, impostata sulle vie consolari Cassia e Clodia (fig. 4.2).

La prima, realizzata come percorso destinato a rapidi spostamenti di truppe versol’Italia settentrionale, presso il lago di Bolsena presentava un percorso differenteda quello della Cassia odierna: la strada, infatti, non scendeva immediatamenteal lago, come fa l’attuale strada statale, ma si manteneva per un tratto sull’orlodella caldera, per scendere più gradualmente verso Volsinii Novi. Da qui la stradasaliva immediatamente, e puntava ad fines Clusinorum, (presso l’attuale stazioneferroviaria di Ficulle-Fabro), proseguendo per Clusium, fino ad Arretium e Florentia.Il percorso della via consolare nel distretto lacustre non determinò il sorgere di nuovecittà, ma piuttosto il fiorire di centri preesistenti (come nel caso dell’abitato etruscosui cui si impiantò il centro romano di Volsinii Novi) e di conseguenza un aumentoconsiderevole della popolazione. Nel 108 d.C. L’imperatore Traiano fece realizzareun tracciato viario (la via Traiana nova) che aveva lo scopo di abbreviare il percorsodella Cassia da Volsinii a Clusium di circa 10 km e che si dirigeva immediatamentea nord di Bolsena per circa 27-30 km.

La via Clodia, realizzata nel III sec. a.C. e destinata ad uniformare in un unicotracciato stradale i brevi collegamenti che univano i centri etruschi posti sul versante

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tirrenico degli apparati vulcanici pleistocenici, passava molto lontano rispetto allaVal di Lago: le mansiones più vicine, citate nella Tabula Peutingeriana, sono infattiMaternum e Castro, rispettivamente a circa 15 e 25 km da Civita.

Figura 4.2.: La viabilità nel distretto lacustre durante l’età imperiale

In entrambi i casi, pertanto, l’abitato etrusco risultò tagliato fuori sia dal tracciatodella Cassia, dove il disinteresse per i preesistenti centri etruschi sembra essere pro-grammatico3, sia da quello della Clodia che invece nacque come elemento di raccordotra i centri etruschi preesistenti. Ciò può aver determinato, insieme alla crescita deimunicipia di Visentium e Volsinii Novii, il declino demografico del territorio grottanoin età romana.

3Partendo da Roma, il primo centro etrusco attraversato è infatti Sutrium che tuttavia era un centroin posizione fortemente strategica, al limite tra gli agri veientano e falisco. La strada oggi prosegueattraversando Capranica e Vetralla. Stando alle indicazioni deducibili dalla Tabula Peutingeriana,non è detto, peraltro, che la Cassia antica attraversasse questi due centri, come avviene oggi: incorrispondenza di Capranica, infatti, non si ha alcuna indicazione, mentre viene indicata Vicus

Matrinus alcuni chilometri più a nord: la località doveva trovarsi all’altezza dell’attuale Km 62, eil tracciato della Cassia in questo tratto doveva essere spostato a Ovest rispetto a quello attuale.In effetti è anche accertato che Capranica ha attraversato in età romana un periodo di forte deca-denza. Oltre Vicus Matrinus il percorso si manteneva a Est rispetto alla strada statale odierna, ela successiva statio indicata dalla Tabula Peutingeriana è Forum Cassii, posta probabilmente doveora si trovano i ruderi della chiesa di S. Maria di Forcassi. Secondo alcuni studiosi anche Vetral-la sarebbe stata quasi abbandonata in questo periodo, a favore di Forum Cassii, secondo altri lacittadina avrebbe continuato la sua vita normale e il suo nome latino sarebbe stato attribuito allachiesa posta a qualche distanza (Mosca 2002)

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Anche per l’età romana è possibile ricostruire parzialmente una viabilità di carat-tere locale. In particolare, sull’altura di Civita, il sentiero che attraversa il plateauda Nord-Ovest a Sud-Est e che conserva in situ alcuni basoli di lava (n. 27) potrebbecostituire un sistema viario connesso ad un impianto produttivo d’età imperiale (vil-

la rustica? n. 34) piuttosto che, come ipotizzato erroneamente dal Cozza, i resti delcardo e del decumano dell’abitato romano, la cui esistenza è stata più volte messa indiscussione. Non si esclude che tale percorso, che prosegue in direzione Sud versola località “Campolungo” (n. 47) e le sponde del lago, ricalchi un percorso già attivoalmeno a partire dall’età arcaica: le propaggini meridionali del colle costituisconoinfatti uno dei punti di accesso più agevoli al plateau per cui risulta molto probabileche anche durante la fase di vita del centro etrusco (n. 19) il percorso individuatocostuituisse il principale elemento di raccordo tra l’abitato e la sua chora, come giàipotizzato da G. Cifani4. Inoltre, il tratto di strada basolata che fino a qualche decen-nio fa si conservava a in località “Cepposecco”, i basoli riutilizzati in una sostruzionein località “Valle Muglie” (n. 48) e i resti di una probabile strada lastricata in locali-tà Casale Torano 2° (n. 51) nonché il percorso ricalcato oggi dalla Via del Mortaro,lungo la quale le evidenze archeologiche permettono l’individuazione di almeno treinsediamenti rurali (villae?) di età romana (nn. 2, 3, 6), dimostrano ampiamentel’esistenza in età romana di una viabilità secondaria diretta dalla sponde del lago edall’entroterra verso l’area di Civita, dove lo spopolamento con ogni probabilità nondeve essere stato totale.

4.3. L’età medioevale

Nel Medioevo il tracciato viario di maggiore importanza passante per la zona dellaVal di Lago era la Via Francigena5, lunga arteria di scorrimento che congiungevail Mare del Nord con Roma6 e che presto divenne una importantissima via di pel-legrinaggio verso l’Urbe. L’itinerario era a sua volta punteggiato di luoghi di cultoe centri religiosi e progressivamente venne attrezzato con luoghi di sosta per l’ac-coglienza dei pellegrini. La strada sfruttava per ampi tratti tronconi di viabilitàancorati al territorio (in questo settore del territorio la Cassia) ma non sempre ilsuo tracciato corrispondeva a quello delle strade romane.

4Cifani 2003, p. 495Tra VI e VII secolo era conosciuta come “strada di Monte Bardone”, traendo il nome dal mons Lan-

gobardorum, oggi passo della Cisa, punto di passaggio tra Emilia e Toscana. Dopo l’occupazionedei Franchi iniziò ad essere chiamata via publica o via francisca, mentre a partire dall’XI secolovia Romea e Francigena poiché costituiva la principale via di comunicazione tra Italia centrale ela Francia.

6In età longobarda, tuttavia, l’asse di comunicazione che raccordava il nord con il sud della penisoladoveva puntare verso Tuscania, quindi correre ad ovest del lago di Bolsena, e questo potrebbe essereconfermato dal fatto che fu presso Tuscania che Carlo Magno sostò durante il suo primo viaggio aRoma. Probabilmente il passaggio dalla dominazione longobarda a quella carolingia determinò ilriassetto della viabilità.

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Figura 4.3.: La viabilità nel distretto lacustre durante il Medioevo (in rosso iltracciato della via Francigena)

Entrando nei confini amministrativi della regione Lazio, la via Francigena in-fatti non ricalcava pedissequamente il tracciato della Cassia antica. Le variazionirispetto alla via di rapida comunicazione di età romana furono molte e soprattuttofunzionali a raccordare tra loro i centri assurti a punti di riferimento demograficoche non vantavano una tradizione classica.

Dopo aver lasciato Acquapendente, ricordata come punto di sosta in tutte le me-morie itinerarie a partire dal X secolo7, la strada entrava nel comprensorio del lagodi Bolsena, incontrava il castellum di San Lorenzo e sceglieva un percorso diver-so da quello dell’attuale via Cassia, più diretto e più vicino alle sponde del lago,lambendo la località di San Lazzaro, dove era un ospedale gestito dall’ordine dei Ca-valieri di San Lazzaro. Poi il percorso raggiungeva Bolsena. Solo fuori dall’abitato,la via Francigena riprendeva a sfruttare ampi tronconi della strada romana, il cuitracciato è ricalcato per ampi tratti dalla via Cassia attuale.

Anche nel Medioevo esisteva una viabilità di carattere locale: a questo periodo, in-fatti, dovrebbe risalire la mulattiera che, partendo dalle mura di cinta del CastrumCryptarum (dalla cosiddetta “Porta di Sotto”), attraversava le località “Vallerote”,“Campolungo” e “Vallemuglie” per giungere in località “Cepposecco”, dove uno stu-dio di Giuseppe Biamonte colloca un edificio di culto conosciuto dalle fonti medioevali

7A titolo esemplificativo, si veda il cosiddetto Itinerario di Sigerico, risalente al 990.

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come ecclesia sancti Ypoliti8, di cui oggi non rimane traccia. Tale percorso si dovevaraccordare al tracciato viario, riportato nelle carte di G.F. Ameti e di G. Morrozzoche collegava, probabilmente già dal Medioevo, Grotte di Castro con Latera e Gra-doli. Con ogni probabilità a questo periodo risale anche il percorso che metteva incollegamento il borgo di Grotte con la chiesa di S. Maria delle Colonne, assurta allostatus di chiesa parrocchiale nel 1779 ma risalente a un periodo compreso tra il XIIe il XIII secolo: in questo caso il percorso, oggi ricalcato dalla Via del Mortaro, do-veva raggiungere il paese da Nord nei pressi della “Porta di Sopra”, oggi scomparsa.Al medesimo orizzonte cronologico risale anche il tracciato viario, in minima parteancora conservato (n. 56) che metteva in comunicazione gli insediamenti medioevaliindividuati in base alle evidenze nn. 10, 54, 58 e 60.

Per quanto riguarda la viabilità perilacustre nel Medioevo, essa viene unanime-mente riportata dalla cartografia storica come passante a Sud della località “SanGiovanni” e pertanto non è identificabile con l’attuale Strada Statale Gradoli mapiuttosto con una traccia presente nelle immagini satellitari che si raccorda allaStrada Provinciale Lago di Bolsena (fig. 4.4). Negli altri casi, la sopravvivenza dipercorsi medievali nelle strade e nelle mulattiere che collegano tra di loro le contradesparse nelle campagne non può essere provata.

Figura 4.4.: Sopravvivenza della probabile viabilità perilacustre nel Medioevo (daGoogle Earth)

8Biamonte 2001, p. 375. L’identificazione del luogo in cui sorgeva l’edificio di culto è inoltre suffragatada una notizia riportata da Damiani (Damiani 1900, alla nota 32, 84) la quale dimostra che lalocalità Cepposecco almeno fino alla fine dell’Ottocento era conosciuta con la denominazione di“Sant’Ippolito”, toponimo oggi scomparso dalla memoria degli abitanti del luogo, così come ho avutomodo di appurare di persona.

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5. Sintesi storico-topografica

Premessa

Nel seguente capitolo si cercherà di tracciare non solo una sintesi storico topo-grafica del territorio direttamente interessato dalla ricognizione diretta ma si

cercherà di inquadrare le vicende storiche del Grottano, dalla protostoria al medioe-vo, all’interno delle dinamiche di un più ampio territorio (la Val di Lago orientale) edi ricucire sul piano della consapevolezza storica quella che era stata una millena-ria unità territoriale, creata dagli Etruschi e in vario modo confermata, anche sulpiano istituzionale, nel corso dell’età romana e medievale, attraverso il municipium

di Volsinii e la diocesi di Orvieto. Una situazione che è durata fino al 1860, quan-do Orvieto venne annessa all’Umbria, mentre Bolsena e la Val di Lago restarononello Stato Pontificio, ristretto ormai nei confini di quella che dopo il 1870 sarebbedivenuta la “provincia di Roma”.

5.1. Età pre-protostorica

La ricognizione diretta del Grottano non ha restituito indizi relativi ad una frequen-tazione più o meno stabile dell’area indagata in età pre-protostorica. La situazionenella Val di Lago risulta invece più complessa.

Le prime tracce di una frequentazione del territorio risalgono al Paleolitico medio(100.000-35.000 anni fa circa)1 e superiore (35.000-10.000 anni fa circa): le prime se-gnalazioni risalgono infatti al 1927, anno in cui il Moch2 pubblicò il rinvenimento diindustria litica musteriana tra Montefiascone e Marta. Si tratta di nuclei e distac-chi centripeti, schegge ottenute mediante lavorazione Levallois, raschiatoi, insiemea grattatoi circolari e su lama.

Del Mesolitico (10.000-5.000 anni fa circa) non sono state trovate tracce certe difrequentazione nel territorio del lago di Bolsena.

Di generici ritrovamenti neolitici (8.000-5.000 anni fa circa) nelle campagne diBolsena si ha notizia sin dal 1868, anno in cui viene pubblicato il rinvenimento dipunte di freccia, lame raschiatoi e asce in pietra3. A ciò si aggiungano i rinvenimen-ti effettuati nei dintorni di Marta e nella porzione settentrionale del lago (Poggio

1Ciò non significa che prima di questo momento non ci siano state frequentazioni più o meno con-tinuative dell’area, ma soltanto che i fenomeni vulcanico-tettonici hanno provocato variazioni nellivello del lago e contribuito ad occultare e a disperdere le testimonianze presenti sulle rive.

2Moch 19273Gualtiero 1868

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Evangelista e “Gran Carro”) mentre, per quanto riguarda la ceramica, i materialiprovenienti dal Ragnatoro4 possono essere senza dubbio attribuiti alla Cultura diDiana.

Le scarse testimonianze sopra descritte non permettono di delineare un quadroben definito dell’area ma contribuiscono ad ipotizzare una frequentazione stabileche, a partire dal Paleolitico medio, continua, pur se con alcune interruzioni, neiperiodi successivi.

Le testimonianze risalenti all’Eneolitico (III millennio a.C.), attribuibili alla fa-

cies di Rinaldone, denunciano una frequentazione capillare dell’area con dinamicheche, allo stato attuale delle ricerche, sfuggono nella loro complessità. Si segnala-no, in particolare, l’abitato di “La Capriola”, che, pur essendo stato oggetto di scavisistematici, non ha restituito una stratigrafia affidabile per questa fase, e le fre-quentazioni di natura non determinabile presso il sito del “Gran Carro”5 e pressoMarta6.

Figura 5.1.: Carta di distribuzione dei siti del BA, BM e BR. La numerazione dei sitisi riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999)

L’età del Bronzo antico (XX-XVI secc. a.C.) risulta attestata sia nella fascia co-stiera grazie ai ritrovamenti effettuati al Ragnatoro7 e a Monte Senano “sub”8 siain quella sub-montana, come dimostrato da Monte Senano9 e dalla Capriola10. Par-rebbe quindi di cogliere, pur con tutte le precauzioni del caso, una evoluzione nella

4Si tratta di un’olla globulare con breve collo cilindrico ed una tazza, anch’essa globulare, sulle qualiè impostata un’ansa a rocchetto (Tamburini 1998, p. 49, fig. 68)

5Tamburini 19956Casi - Tamburini 1999, p. 265 (con bibliografia precedente)7Fioravanti 1988, pp. 595-6008Ibidem9Ibidem

10Cazzella - Moscoloni 1992, a nota 20

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scelta insediamentale che porta da un lato ad occupare più insistentemente i primidossi collinari prossimi allo specchio d’acqua e dall’altro a mantenere un rapportodiretto con il lago11.

Nel Bronzo medio (XVI-XIII secc. a.C.) l’area circumlacuale presenta un quadrosimile a quello del Bronzo antico: restano confermati i due siti costieri del Ragna-toro e di Monte Senano Sub e quello sub-montano della Capriola, mentre sembrasparire Monte Senano; a questi vanno ad aggiungersi i ritrovamenti del Promonto-rio del Grancaro12 di Monte Segnale-pendici13 e del Fondaccio, i primi due di fasciasub-montana e il terzo costiero. L’aspetto culturare “Appenninico” è pienamenteattestato a Mezzano e presso il Fondaccio.

Sulla fase del Bronzo recente (XIII-XII sec. a.C.) non è ancora possibile avviareun tentativo di analisi, considerando la scarsezza delle tracce disponibili.

Durante il Bronzo finale (XII-IX sec. a.C.) anche nell’area perilacustre sembranotarsi lo stesso trend tipico di tutta l’Etruria che vede privilegiare nella scelta in-sediamentale posizioni più dominanti e difese. È questo il caso di Bisenzio14, forsedi Monte Segnale-sommità, della Capriola, forse della Montagna, di Montefiasco-ne15, di Fondaccio, mentre per il Ragnatoro, che è localizzato presso l’antica lineadi costa, si può ora ipotizzare la pertinenza a un complesso funerario piuttosto cheabitativo, in quanto risulta alquanto singolare che il rinvenimento consti solamentedi due forme biconiche, peraltro attestate in contesti funerari del periodo16.

Figura 5.2.: Carta di distribuzione dei siti del Bronzo finale. La numerazione deisiti si riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999)

11Casi - Tamburini 1999, p. 26712Ibidem13Ibidem14Delpino 1977, pp. 453-49315Tamburini 1990, p. 2416Casi - Tamburini 1999, con bibliografia precedente

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Nella fase iniziale della prima età del Ferro (IX sec. a.C.), periodo in cui comin-cia a delinearsi il profilo dell’antico territorio volsiniese, sembrerebbe cogliersi unaconferma nella scelta insediamentale già effettuata nel periodo precedente, con lenovità del “Gran Carro” e del Tempietto17, due siti posti in prossimità della linea dicosta, che potrebbero indicare un ritorno ad uno sfruttamento diretto delle risorse la-custri, soprattutto della pesca, ma anche un possibile utilizzo dello specchio d’acquacome via di comunicazione. In quest’ottica il Tempietto può aver svolto la funzionedi approdo, piuttosto che essere considerato un vero e proprio abitato, forse riferibi-le alla fase protostorica del vicino insediamento di Barano18, fase già segnalata dalritrovamento di alcuni reperti d’impasto non tornito. Nel territorio volsiniese, as-sai povero di insediamenti protovillanoviani rispetto ai distretti circostanti, sembravalere pertanto quella “continuità verticale” proposta da G. Colonna nei confrontidell’insediamento di Orvieto, in opposizione alla “coagulazione orizzontale, nel sen-so del movimento sinecistico probabile per i centri dell’Etruria costiera”19.

Figura 5.3.: Carta di distribuzione dei siti della prima Età del Ferro. La numera-zione dei siti si riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini

1999)

17Tamburini 1990, a nota 1218Tamburini - Quattranni 199719Colonna 1978, p. 45

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Figura 5.4.: Elenco dei siti considerati e relative fasi cronologiche

5.2. Periodo etrusco

Durante il periodo etrusco nella Val di Lago torna prepotentemente la scelta dell’ar-roccamento, come testimoniato dall’esclusiva occupazione delle classi insediamen-tali sub- montana e montana. Della fascia sub-montana fanno parte Bisenzio (fig.5.5, n. 19), Fondaccio (fig. 5.5, n. 10), Civita d’Arlena (fig. 5.5, n. 23), Montienzo (fig.5.5, n. 26), Monte Segnale- pendici (fig. 5.5, n. 11), Bolsena-castello (fig. 5.5, n. 27)e Barano (fig. 5.5, n. 21). Alla fascia montana appartengono, invece, Montefiascone(fig. 5.5, n. 18), Monte Landro (fig. 5.5, n. 28), Civita di Grotte di Castro (fig. 5.5,n. 29) e (probabilmente sul versante vulcente) La Montagna (fig. 5.5, n. 14).

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Sulla base dell’integrazione tra la distribuzione degli insediamenti e le caratte-ristiche geomorfologiche dell’area è possibile ricostruire il tracciato di tre itinerariche collegavano i distretti geografici in cui si articolava il territorio volsiniese.

L’itinerario più settentrionale doveva mettere in rapporto diretto Orvieto (fig. 5.5,n. 15) con il castellum etrusco che precedette la fondazione della seconda Volsinii

(fig. 5.5, n. 27), seguendo la direttrice del Fosso Laguscello, che costituiva il percorsopiù breve e più agevole tra il lago e l’antica capitale del distretto. Nel II sec. a.C.proprio questo percorso venne scelto dagli ingegneri romani per il passaggio dellaVia Cassia.

Un secondo percorso è indiziato dalla presenza di una serie di insediamenti che,tra l’età del Bronzo medio e l’epoca etrusca arcaica, si dispongono lungo un allinea-mento che collegava il sistema insediamentale perilacustre con la Valtiberina, piùprecisamente con la confluenza tra Tevere e Paglia, dominata dal grande abitato diCastellonchio (fig. 5.5, n. 16).

Infine è ipotizzabile un percorso più meridionale, indiziato, da Ovest verso Est,dai siti di Fondaccio (fig. 5.5, n. 10), di Montefiascone (fig. 5.5, n. 18), di Celleno(fig. 5.5, n. 30) e di Poggio della Penna (fig. 5.5, n. 24).

A questi percorsi si aggiunga un itinerario costiero che doveva probabilmente pas-sare al margine della pianura, immediatamente al di sotto delle prime alture su cuierano posizionati i centri abitati. Indizi di questo percorso interno potrebbero esserericonoscibili nelle tracce di ruote di carro segnalate al “Gran Carro”, nell’insenaturadella Cava e nella zona di S. Magno20.

Figura 5.5.: Carta di distribuzione dei siti del periodo etrusco con l’indicazione de-gli itinerari che collegavano i vari centri. La numerazione dei siti siriferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999)

20Casi - Tamburini 1999, p. 269

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Passiamo ora a considerare nello specifico il territorio dell’abitato di Civita, og-getto del presente studio.

5.2.1. L’Orientalizzante

La nascita e lo sviluppo dell’insediamento che interessa l’area della Civita di Grottedi Castro (n. 19) – in un momento di passaggio tra prima Età del Ferro e Orienta-lizzante, come confermato da precedenti studi21 e dal materiale ceramico rinvenutonella presente ricognizione (nn. 20, 46) - è probabilmente legata allo sviluppo didinamiche di frontiera con l’area bisentina, ma al tempo stesso “è indice delle forzecentripete presenti nella comunità volsiniese”22.

Tale insediamento, posto a circa 1 km a Sud-Est dell’abitato medioevale di Grot-te di Castro e a circa 19 km a Sud-Ovest di Orvieto, interessa un pianoro tufaceo,naturalmente fortificato, esteso circa 20 ettari con altezza massima di m 447 sullivello del mare. Due accessi al sito sono ancora apprezzabili (a Nord-Ovest e a Sud-Est), entrambi collegati da un sentiero che attraversa longitudinalmente il pianoro.L’importanza dell’abitato appare evidente dalla facile difendibilità del luogo, da cuiè possibile un controllo visivo del Lago di Bolsena, dalla vicinanza al confine occi-dentale di quello che, a partire dal VI sec. a.C., sarà il territorio di Volsinii e dallaprobabile relazione con il passaggio di un itinerario che univa Vulci e Orvieto23.

Allo stato attuale degli studi, la denominazione del centro, di cui non è possibi-le ricostruire l’estensione effettiva nel periodo Orientalizzante, rimane una vexata

quaestio. L’identificazione con Tiro, caldeggiata soprattutto da eruditi locali24 e de-rivante da un errore contenuto del cosiddetto “Martirologio di Adone” dedicato allapassio di S. Cristina di Bolsena, risulta priva di qualsiasi fondamento, come ampia-mente dimostrato da G. Biamonte25. L’identificazione con Salpinum, la cittadinaetrusca che secondo Livio (Liv.,V, 31, 5) avrebbe prestato aiuto a Volsinii in unoscontro bellico avvenuto nel 392 a.C con i romani, è stata sostenuta da G.F. Gamur-rini26 e recentemente ripresa da G. Colonna27, che tuttavia si mostra estremamentecauto nel proporre questa identificazione.

La fase Orientalizzante della Civita di Grotte di Castro (n. 19) è documentatadal materiale fittile raccolto sul pianoro (nn. 20, 24, 29, 36) e da alcuni materialiprovenienti dalle necropoli. L’orizzonte più antico è rappresentato da un corredodi una tomba a cassone da Vigna la Piazza (n. 15) comprendente un vaso biconicosu piede e due kantharoi a corpo baccellato, databile nella prima metà del VII sec.a.C.; seguono alcuni reperti conservati presso l’Antiquarium di Grotte di Castro sen-za provenienza precisa, tra cui un attingitoio di impasto con con decorazione graffita

21Iaia - Mandolesi 200322Cifani 2003, p. 18023Cifani 2003, p. 4824Peleggi 1971, pp. 25-33; Ruspantini 1978, pp. 9-2125Biamonte 200126Carta Archeologica 1881-1897, p. 7, n. 227Colonna 1999, p. 21

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e sommità dell’ansa desinente in una protome tauriforme, assegnabile alla primametà del VII sec. a.C., ed una lèkythos-oinochòe a fondo piatto in bucchero sottileriferibile all’Orientalizzante medio. La presenza di tombe a cassone, riferibili al-lo stesso orizzonte cronologico, è registrata anche in località “Vallerate” (n. 69) e“Campolungo” (n. 45). In mancanza di dati certi, tuttavia, non si esclude che l’u-so di questo tipo di deposizioni nell’area di Civita sia perdurato anche nelle epochesuccessive.

5.2.2. L’età arcaica

Il VI secolo a.C.

Lo sviluppo dell’abitato di Civita di Grotte di Castro durante l’età arcaica, ampia-mente testimoniato dalla presenza di materiale fittile genericamente ascrivibile alVI sec. a.C. (nn. 20, 22, 24, 25, 26, 28, 29, 36, 39) e dalle necropoli circostanti (nn.15, 45, 49, 66, 67, 69, 70), si inserisce all’interno del riassetto del territorio com-preso tra i fiumi Paglia e Vezza e dello strutturarsi di una vera e propria “provinciaculturale volsiniese”28.

L’importanza assunta in questa fase da tale insediamento fu duplice: oltre a tro-varsi, infatti, lungo un antichissimo itinerario che collegava la costa tirrenica vul-cente all’orvietano e al chiusino29, l’abitato di Civita costituì, in base alla ricostruzio-ne di P. Tamburini30, l’estremo più settentrionale del sistema difensivo che Volsinii

organizzò e mantenne attivo tra VI e III sec. a.C., fin dove si spingevano gli interessidi Vulci, rappresentati sia dagli insediamenti minori di Poggio Evangelista e de LaMontagna sia dal grande abitato di Bisenzio. Tale sistema difensivo era fondato suun fronte continuo di insediamenti, posti ad intervalli più o meno regolari a control-lo delle sponde settentrionali, orientali e meridionali del lago di Bolsena, costituitodagli insediamenti intermedi di Monte Landro, Barano, Bolsena-castello e Civitad’Arlena e definito ai due estremi da Civita di Grotte di Castro e Montefiascone,collocati in reciproco diretto collegamento visivo.

Come si evince dalla fig. 5.6, l’abitato di Civita di Grotte di Castro costituiscel’avamposto volsiniese più sbilanciato verso il territorio vulcente: difatti, in base al-l’integrazione della documentazione archeologica con l’idrografia del territorio, studipiuttosto recenti31 attribuiscono alla caldera di Latera e a un fascio di corsi d’acquaminori che si gettano nel fiume Paglia in prossimità della confluenza di quest’ultimocon lo Stridone la funzione di confine occidentale del territorio volsiniese in contrap-posizione a quello vulcente. In base alla stessa ricostruzione, inoltre, il sistemaPaglia-Stridone costituirebbe il limite meridionale del territorio di Chiusi, mentre,

28Colonna 1999, p. 1029Marabottini - Tamburini 2007 (con bibliografia)30Ibidem31Casi - Tamburini 1999. Tale ricostruzione è da considerarsi valida, in base alla documentazione

archeologica disponibile, per il solo periodo tardo-etrusco, ma è forse retrodatabile in età arcaica,considerando le concordanze con importanti elementi geomorfologici.

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come ci informa una testimonianza letteraria antica, che tuttavia non appare suffra-gata da dati archeologici, sembra che sul bacino del lago convergesse anche la sferadi influenza di Tarquinia32.

La presente ricognizione ha permesso ha permesso di confermare ipotesi prece-dentemente proposte e di aggiungere ulteriori dati, utili ai fini della conoscenza delterritorio.

Figura 5.6.: La situazione nella Val di Lago nel VI sec. a.C.; la numerazione dei sitisi riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999)

In base alla distribuzione delle aree di frammenti fittili sul pianoro di Civita, è orapossibile confermare che almeno nel VI sec. a.C. l’insediamento occupava non solola sommità del plateau ma anche i gradoni collocati presso le quote più elevate (nn.20, 36) per una superficie complessiva di circa 24 ettari, dato che colloca l’abitato inuna posizione preminente nel versante volsiniese della Val di Lago, come si evincedalla fig. 5.7.

L’edilizia funeraria (nn. 15, 49, 66, 67, 70) vede in questa fase il netto prevale-re, a livello tipologico, delle tombe a camera di ispirazione vulcente (“interferenza”culturale facilmente giustificabile considerando lo status di Civita di Grotte di Ca-stro come abitato di frontiera), anche se la presenza, nei corredi funerari, di prodotticeramici prettamente “volsiniesi” e l’assenza delle tombe a cassone di tipo vulcentetradiscono una netta distinzione rispetto al versante occidentale della Val di La-go. In particolare le necropoli di Pianezze (n. 67) e di Maccarino (n. 66) offronola testimonianza più settentrionale del tipo di tomba, di origine cerite, a tre celle

32Questa teoria si fonda sulla definizione di Tarquiniensis che una sola volta Plinio il Vecchio attri-buisce al lago di Bolsena, definendolo poi in altri passi Volsiniensis (Marabottini - Tamburini 2007,p. 60, n. 30). Sembrerebbe confortare questa ipotesi il fatto che la vallata del Marta ha da semprecostituito una via di collegamento tra il lago e la città di Tarquinia, toccando anche l’importanteinsediamento di Tuscania (nell’orbita tarquiniese in epoca etrusca). Tuttavia, tra i reperti per-tinenti a un contesto funerario tardo-arcaico rinvenuto nel 1955 presso Marta (Barbieri 1991, p.208) si possono contare numerosi manufatti di ispirazione volsiniese e, in misura minore, vulcente,mentre sono del tutto assenti riferimenti all’ambito tarquiniese.

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affacciate su un vestibolo trasversale, così come quello di tomba ad architettura di-pinta e di quello con loculi parietali, di ispirazione falisca 33 . Particolarità del tuttolocale, invece, sono le fosse scavate non solo nel banchine, quando ci sono, ma anchenel pavimento delle camere34, elemento erroneamente interpretato in passato comeindizio di un riutilizzo tardo delle sepolture arcaiche35.

Figura 5.7.: Istogramma comparativo delle superfici degli insediamenti arcaici delterritorio volsiniese a diretto contatto con il lago di Bolsena paragonatiall’estensione di Orvieto (rielaborazione da Cifani 2003)

La complessità delle planimetrie dei sepolcreti, nonché la ricchezza dei corredi edelle notazioni di alcuni particolari architettonici, evidentemente desunti dall’archi-tettura domestica coeva e realizzati sia a rilievo sia con l’ausilio del colore, sembra-no essere il riflesso di una committenza di un buon livello culturale e dotata di unconsiderevole potere d’acquisto.

Particolarmente suggestiva risulta l’ipotesi, sostenuta già da Adolfo Cozza, dellapresenza di un pagus arcaico in località “Paese Vecchio” (n. 57) presso l’altura su cuinel Medioevo sorgerà il borgo di San Lorenzo alle Grotte. Tale supposizione è suf-fragata sia dalle caratteristiche morfologiche del colle, dove tuttavia non è possibilecogliere nessun indizio di una frequentazione arcaica a causa della fase medioeva-le dell’abitato, sia dalla presenza, presso le pendici dell’altura, di alcuni ambientiscavati nel tufo attualmente utilizzati come ricovero per gli attrezzi agricoli, la cuifunzione originaria potrebbe essere stata sepolcrale, sia dalla vicinanza della necro-poli arcaica di C. Cepposecco (n. 62), piuttosto lontana dal sito di Civita e quindiprobabilmente afferente a un pagus.33Presente anche ad Acquapendente (Tamburini 1985, p. 203)34Si veda, a titolo esemplificativo, la necropoli di “Casale Centocamere” (n. 70)35Biamonte 2001, pp. 227-345

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La presenza di aree di frammenti fittili estese meno di un ettaro (nn. 11, 18, 46,50, 53, 61, 68, 73, 77) caratterizzate dalla presenza di tegole di impasto, di ceramicad’uso comune e contenitori per derrate, attesta l’esistenza una rete di insediamentiaperti nel territorio, nonostante la pessima visibilità del suolo infici notevolmen-te i dati a livello quantitativo. Si tratta probabilmente del riflesso di nuove for-me di sfruttamento agricolo del territorio mediante un popolamento maggiormentecapillare e un sistema ramificato di afflusso dei prodotti dalla campagna alla città.

Ulteriore elemento di innovazione della cultura urbana di età arcaica è la presen-za di cunicoli per la captazione delle acque percolanti e il drenaggio del territorio.Apprestamenti idraulici del genere si segnalano in località “Civita” (nn. 33, 37),dove la presenza di vasche esterne lascerebbe supporre che tali condotti fossero fi-nalizzati alla raccolta dell’acqua piovana per uso domestico, in località “Cepposecco”(nn. 65, 76) e “Sorgente la Vena” (n. 54).

Il V secolo a.C.

Il notevole calo della documentazione archeologica assegnabile con certezza al Vsecolo a.C. si inserisce all’interno di un quadro di ridefinizione del territorio cheinteressa l’intero agro volsiniese: molti centri della Val di Lago sembrano infat-ti mostrare una soluzione di continuità, ben visibile non solo per Civita di Grottedi Castro, ma anche per Castellonchio, Sermugnano, Civita di Bagnoregio, Civitad’Arlena e Monterado.

Questo fenomeno, che forse investe Civita di Grotte di Castro in maniera parzialee graduale, è associato da P. Tamburini36 alla generale crisi economica che si pro-fila soprattutto nell’Etruria tirrenica (in misura minore nell’Etruria Meridionaleinterna), in seguito alla sconfitta subita dagli Etruschi nel 474 a.C. ad opera dei Si-racusani che determinò la fine della talassocrazia etrusca e la conseguente perditadel controllo delle rotte tirreniche. Tale lettura, tuttavia, assocerebbe il centro diCivita a Vulci, che nel V secolo mostra evidenti segni di crisi economica, piuttostoche a Volsinii, che in questo periodo mostra chiari segni di uno sviluppo economicoe sociale senza precedenti.

L’ipotesi interpretativa proposta da G. Colonna37 e ribadita da G. Cifani38, ponein relazione la lacuna archeologica (causata da un declassamento a centro minore?)registrabile a Civita di Grotte di Castro con lo sviluppo economico di Volsinii e Chiusiin seguito all’alleanza orvietano-chiusina, adombrata dalla tradizione pliniana diPorsenna “re dei Volsiniesi”, e ad una possibile espansione verso la Valle Tiberina diChiusi con la conseguente creazione di una “compagine statale pluriurbana, estesatra la Val di Chiana e la Valle del Vezza”39.

36Marabottini - Tamburini 2007, p. 2537Colonna 1999, p. 2238Cifani 2003, p. 4839Ibidem

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Figura 5.8.: Carta di distribuzione dei siti del versante volsiniese della Val di La-go nel V sec. a.C.; la numerazione dei siti si riferisce alla fig. 5.4(rielaborazione da Casi - Tamburini 1999)

La seconda lettura sembra più convincente: per quanto, infatti, la soluzione dicontinuità a Civita sembra circoscrivibile cronologicamente ai decenni centrali del Vsec. a.C. (per cui negli anni immediatamente successivi alla battaglia del 474 a.C.),è azzardato sostenere che l’insediamento in quegli anni sia passato sotto la sferadi influenza di Vulci. Risulta più probabile, invece che la “dialettica antagonistatra lo sviluppo di Volsinii e i centri gentilizi”40 abbia portato a un calo demograficonell’agro a favore della capitale del distretto, con un controllo del territorio affidatoad avamposti strategici. Un riflesso di tale lettura è riscontrabile nelle evidenze ar-cheologiche riconducibili a due santuari di confine: Poggio Evangelista (sul versantevulcente) ben fornito di annessi per la conservazione di derrate alimentari e forti-ficato, e Monte Landro, immediatamente a Nord-Ovest del sito di Civita di Grottedi Castro e in posizione strategica, da dove proviene una tegola di gronda del V sec.a.C., di un tipo noto soltanto a Orvieto41.

5.2.3. Il IV secolo a.C.

Nel IV secolo nel territorio volsiniese si assiste alla rinascita, attestata da nuove de-posizioni funerarie e dalla ripresa dell’attività edilizia, di siti tra cui la stessa Civitadi Grotte di Castro, Bagnoregio, Sermugnano, Barano e Civita d’Arlena. Questo fe-

40Ibidem, p. 24341Colonna 1999, p. 20

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nomeno è stato connesso da G. Cifani42 al ritorno al potere di una classe gentiliziadistintasi all’interno del corpo civico volsiniese che ripropone in una nuova cornicestorica assetti territoriali già presenti nell’VIII-VI secolo a.C., basati sulla contrap-posizione domini-servi e quindi fra la città egemone, dove prevale il démos, e i centriminori del territorio, residenza delle famiglie aristocratiche.

I dati aggiuntisi con la presente ricognizione confermano tale lettura. Il materia-le ceramico raccolto in località Civita (nn. 22, 24, 25, 26, 28, 29, 36, 39) comprovala sopravvivenza del centro forse fino alla prima metà del III sec. a.C., ipotesi giàproposta da P. Tamburini43. L’affiorare, inoltre, di aree di frammenti fittili estesemeno di un ettaro nelle campagne circostanti (nn. 1, 11, 61, 73, 74, 77), indice del-l’esistenza di insediamenti di modeste dimensioni a vocazione agricola, attestano unripopolamento dell’agro e la presenza di una rete di insediamenti aperti nel territo-rio, di cui non è possibile quantificare la portata a causa della scarsa visibilità delterreno, per la maggior parte a copertura boschiva.

La ripresa economica e sociale del centro è testimoniata anche dalla ricomparsadei grandi sepolcri gentilizi a pianta articolata, di nuovo accuratamente trattatinelle architetture interne, con esempi rimarchevoli nelle necropoli di Le Sane (n.16), Pian dell’Aia (n. 75), Madonna di Torano (n. 8), Vallemuglie (n. 49) e Pianezze(n. 67).

Figura 5.9.: Carta di distribuzione dei siti del versante volsiniese della Val di La-go nel IV sec. a.C.; la numerazione dei siti si riferisce alla fig. 5.4(rielaborazione da Casi - Tamburini 1999)

42Cifani 2003, p. 19443Marabottini - Tamburini 2007, p. 15

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In località “San Donato” (n. 74), indizi relativi alla presenza di un’area santua-riale presso il terrazzamento (forse artificiale) su cui oggi sorge il casale San Donatosi evincono dalle testimonianze storiche44, secondo le quali l’attuale abitazione sa-rebbe stata costruita “dove sorgeva un tempietto di fattura etrusco-romana” e dallapresenza, ancora in situ, di blocchi squadrati di tufo, riutilizzati nella costruzionedel casale, e di un tratto murario, interpretato da P. Tamburini come un “modestolacerto di una struttura in opera poligonale di IV maniera (pseudoisodoma)”45 chetrova confronti puntuali nell’ampliamento delle mura di Volterra della metà del IVsec. a.C.46.

5.3. La romanizzazione (III-I sec. a.C.) e l’età romana

5.3.1. Il III-I sec. a.C.

Nell’Etruria volsiniese l’avvio della romanizzazione ha inizio con la spedizione di P.Decio Mure del 308 a.C., che assale e distrugge numerosi castella (Liv. IX, 41, 6).Segue quindi l’attacco di C. Postumio del 294 a.C. che devasta il territorio della Valdi Lago con la conseguente richiesta di pace da parte di Volsinii (Liv. X, 37, 1-2,5),e l’ulteriore sconfitta dei Volsiniesi, alleati dei Vulcenti, nel 280 a.C. ad opera diTiberio Coruncanio.

La distruzione della capitale del distretto avviene tuttavia solo nel 264 a.C. adopera del console M. Fulvio Flacco, in seguito alla richiesta di intervento rivolta aRoma dalle oligarchie locali, in crisi per la salita al potere di un ceto servile. L’azionemilitare romana, a cui parteciparono anche contingenti perugini e falisci, si concludecon il trasferimento coatto della popolazione nel sito di Bolsena, dove almeno il 13%dei gentilizi attestati nelle iscrizioni ellenistiche trova un precedente nella tardaOrvieto47.

Allo stato attuale delle conoscenze risulta piuttosto difficile stabilire la natura ele dimensioni a cui si ridusse l’abitato di Civita in seguito al contatto con i Romani:non sappiamo, infatti, se fra gli insediamenti fortificati a presidio del territorio vol-siniese, distrutti, secondo Livio, nel 308 a.C. ne receptaculo hostibus essent (Liv. IX,41, 6) fosse compreso anche l’abitato etrusco di Civita. Con ogni probabilità il centrosubì un notevolissimo ridimensionamento senza tuttavia, almeno in una prima fase,sparire del tutto, dal momento che sepolture tardo-etrusche sono attestate anche inlocalità “Centocamere”, da dove proviene un ricco corredo funerario recuperato inmodo fortunoso e parziale, databile nel corso del III sec. a.C. (n. 70), nonché inlocalità “Casale Torano 2°” (n. 52).

44In questo caso ci si riferisce alla lapide apposta presso il portone d’ingresso del casale nel 1893 dalcostruttore dello stesso, Bernardino Damiani.

45Marabottini - Tamburini 2007, p. 3846Timperi 1994, p. 9147Cifani 2003, p. 198 (con bibliografia precedente)

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Allo stesso orizzonte cronologico sono riferibili tre cippi funerari, di cui non è co-nosciuta la provenienza, recanti sulle rispettive testate elementi onomastici graffitiin etrusco riferibili ad individui di sesso femminile, databili genericamente tra il IIIe il II sec. a.C.48

La presenza, in località “Madonna di Torano” (n. 9) di un altare “forato” di tipovolsiniese (a quanto pare inedito) e di alcuni blocchi squadrati di tufo di opera qua-drata, in un punto particolarmente “sensibile” a livello archeologico in quanto sitonelle immediate vicinanze di un tracciato viario antico e di due necropoli databiliin un periodo non anteriore alla seconda metà del IV sec. a.C. (nn. 8, 52), lasce-rebbero supporre l’esistenza di un edificio templare, per il quale probabilmente ètroppo semplicistico indicare Turan come divinità venerata solo sulla scorta delleindicazioni toponomastiche49.

5.3.2. L’età imperiale

La parziale lacuna archeologica rilevabile per l’età romana viene confermata dallapresente ricognizione: la quasi totale assenza di attestazioni funerarie romane nelterritorio esaminato – se si eccettuano il coperchio di un sarcofago individuato inlocalità “S. Maria delle Colonne” (n. 3, a), l’iscrizione funeraria conservata pressola chiesa della Madonna di Torano, che costituisce tra l’altro l’unico documento epi-grafico redatto in lingua latina presente nel Grottano (n. 9, b), e l’unico caso certo diriutilizzo in età romana di una sepoltura etrusca nella necropoli di Pianezze (n. 67,x) – indicano palesemente una situazione di depauperamento demografico dell’areain questione. Gli unici resti individuabili in località Civita (n. 34), per la loro ti-pologia potrebbero anche documentare, come già ipotizzato da P. Tamburini50, unafrequentazione del sito del tutto diversa da quella precedente, magari limitata a unagrande struttura di produzione, per cui è plausibile (a livello di pura congettura) cheil centro etrusco sia scomparso lentamente entro la fine del I sec. a.C.

Tale situazione fu probabilmente causata dalla posizione del sito, estraneo allanuova viabilità, fondata sulle vie consolari Cassia e Clodia, e sacrificato dalla con-tiguità dei due grandi insediamenti che in epoca romana si divisero la Val di Lago:Volsinii Novi, la cui importanza crebbe a partire dalla seconda metà del II sec. a.C.e si mantenne tale almeno fino al III sec. d.C., grazie anche al passaggio della viaCassia, il cui percorso nel distretto lacustre non determinò il sorgere di nuove cit-tà, ma piuttosto il fiorire di centri preesistenti, e Visentium, che forse sfruttando ilpassaggio della via Clodia era tornata ad assumere un certo peso nel distretto del

48Le iscrizioni, che recitano rispettivamente fasti murcnas (Carta Archeologica 1881-1897, p. 7, fig.9), ramθa rafneci (Tamburini 1985 , p. 206, fig. 15) e θania vuvsia (Tamburini 1985, p. 206, fig.16), non sono databili dopo la fine del II sec. a.C. in quanto nel corso del I secolo l’uso della linguaetrusca si perse per gli effetti della Lex Iulia de civitate, promulgata nel 90 a.C., con la quale siavvio il processo di romanizzazione della penisola.

49Per i problemi relativi all’interpretazione delle evidenze, si veda la scheda n. 950Marabottini - Tamburini 2007, p. 26

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F. Salamone - La Civita di Grotte di Castro

lago a partire dalla metà del I sec. a.C., quando diventò municipium, arrivando aincludere in età imperiale anche Monte Leano51.

Figura 5.10.: La situazione nella Val di Lago nell’età imperiale

Incrociando i dati relativi alla presenza di aree di frammenti fittili nel territorioesaminato (nn. 1, 11, 34, 61, 73) con le testimonianze locali relative all’esistenza di“ruderi” disseminati nelle campagne (nn. 3, 6, 63) e con i dati di scavo disponibili(n. 77), è possibile ipotizzare la presenza di una modesta rete di insediamenti apertia vocazione agricola (villae rusticae) soprattutto per il periodo compreso tra la finedel II sec. a.C. e il II sec. d.C.; tale ricostruzione lascerebbe ipotizzare che il de-pauperamento demografico dell’area, per quanto drastico, non sia stato totale. Conogni probabilità, ad una scelta insediamentale che aveva privilegiato, nel periodoetrusco, un unico sito di importanza cruciale nelle dinamiche territoriali del distret-to lacustre, segue una scelta insediamentale “aperta” e maggiormente capillare, inlinea con il declassamento dell’area da frontiera - politica e culturale - tra Vulcien-

tes e Volsinienses a territorio marginale sotto l’influenza di Volsinii Novi52. Rimane,comunque, come dato di fatto che, in epoca romana, la frequentazione del settoreNord-Occidentale della Val di Lago continuò a privilegiare l’altura di Civita, cometestimonia la presenza di strade basolate (nn. 27, 47, 51) apparentemente direttedal pianoro alle sponde del lago.

51Ibidem, p. 1852Il fatto che il territorio del grottano in età romana ricada sotto la diretta giurisdizione di Volsinii

Novi è confermato dall’iscrizione di cui al n. 9,b in cui si dichiara l’appartenenza del defunto allatribù Pomptina, la stessa di Volsinii Novi.

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5.4. L’età medioevale

In base alla ricostruzione degli eruditi locali, la Val di Lago fu saccheggiata in piùriprese dai Longobardi. In particolare Ruspantini53 sostiene che il Grottano sia sta-to devastato dall’incursione di re Clefi nel 572. Un lontano ricordo della distruzionedel territorio e della strage dei suoi abitanti, secondo una tradizione locale, sarebberimasta nel nome della località “Vallemuglie” deformazione di un presunto toponi-mo originario “Valle dei urli”. Da quel momento l’altura di Civita rimase pressocchédeserta e la popolazione superstite si trasferì su due vicine rupi tufacee, più angu-ste ma meglio difendibili della precedente, da cui avrebbero avuto origine i borghimedioevali di Grotte di Castro e San Lorenzo alle Grotte, centri che godettero delpassaggio, nelle immediate vicinanze, del percorso della via Francigena54.

Figura 5.11.: La situazione nella Val di Lago durante il Medioevo (in rosso il tracciatodella via Francigena)

Le prime notizie storiche certe riguardo il di Grotte di Castro (n. 12), che facevaparte del territorio donato nel 1077 da Matilde di Canossa alla Patrimonio di San

53Ruspantini 1988, p. 9254Per quanto riguarda la storia della Via Francigena e il suo percorso nel distretto lacustre, si veda il

cap. 4 del presente studio

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Pietro, risalgono all’XI secolo, quando il Castrum Cryptarum55, come tutti i castellidella Val di Lago, si sottomise ad Orvieto, entrando a far parte del suo contado nel111956. Il Castello passò per un breve periodo sotto la giurisdizione di Viterbo, madopo il saccheggio operato da Arrigo VI in tutta la zona della Val di Lago, nel 1186tornò di nuovo sotto il dominio di Orvieto. In quest’occasione gli Orvietani cinserodi mura il paese.

Secondo le fonti, l’abitato era “munito di fosso e alto muro, nel resto difeso dadirupate e profondissime valli”57. Vi si accedeva tramite una porta posta a Nord(la cd. “Porta di Sopra”), che dalle fonti sappiamo essere fornita di ponte levatoio ecoperta da una tettoia58, e una seconda porta (la cd. “Porta di Sotto”) che si aprivaa Sud nella cinta delle mura di fortificazione, realizzate secondo filari isometrici inconci di tufo solo parzialmente conservati.

L’originario nucleo abitativo è collocabile sulle pendici orientali del crinale, doveerano situate le chiese di San Giovanni Evangelista, edificata nel X secolo e demolitanel 1625 per la costruzione dell’attuale basilica di S. Maria del Suffragio, e di SanPietro Apostolo ultimata nel 111859. Attualmente il tessuto urbano medioevale nonrisulta più visibile.

Per quanto riguarda San Lorenzo alle Grotte (n. 57), esso era un piccolo abitato(m 250x70 ca.) che sorgeva su uno sperone di roccia tufacea isolato entro una piccolavalle infossata. Il borgo aveva una cerchia muraria (oggi solo parzialmente conser-vata) con torrioni circolari e tre porte che si aprivano ad Est, a Sud e a Nord. Alcentro dell’altura si ergeva la chiesa parrocchiale, dedicata a San Lorenzo, intornoalla quale erano distribuite anularmente le abitazioni, alcune delle quali scavatedirettamente nella roccia. L’erudizione storica locale sostiene che il borgo sia statofondato da papa Adriano IV nel 1157. Dalla fine del XIII secolo e per quasi tuttoil successivo fu ininterrottamente in possesso degli Orvietani. Il definitivo abban-dono del centro, avvenuto intorno all’ultimo quarto del XVIII secolo, fu dipeso daiprogetti economico-politici della Camera Apostolica e dell’allora pontefice ClementeXIV, che nella costruzione del nuovo centro intravide maggiori possibilità di sviluppoeconomico. La distribuzione nel territorio oggetto del presente studio delle evidenzeriferibili al periodo medioevale denota la prevalenza di due elementi, caratteristicitra l’altro della Tuscia viterbese. Il primo elemento è costituito dagli insediamentirupestri, fenomeno che caratterizza il Lazio settentrionale in particolare nel periodocompreso tra IX e XIV secolo, presenti non solo nell’area di Civita (n. 30) - indiziodella frequentazione, seppur molto limitata, del sito anche durante il Medioevo –ma soprattutto nei dintorni del sito di San Lorenzo Vecchio (nn. 54, 57, 58, 60) edell’attuale nucleo abitativo di Grotte di Castro (n. 4, 12). La fortuna di questascelta insediamentale nel Grottano è dovuta non solo alla geomorfologia del territo-

55L’origine del nome è dovuta alla consuetudine degli abitanti del luogo, testimoniata dalle fontiscritte, di “abitare in spelonche scavate nella roccia” (Ruspantini 1978, pp. 100-101)

56Marabottini - Tamburini 2007, p. 1957Ibidem58Ibidem59Ruspantini 1988, p. 55

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rio, ricco di grotte naturali, ma anche alla presenza delle sepolture etrusche, moltospesso riutilizzate a scopi abitativi (nn. 57, 67, 75).

Il secondo elemento è costituito dalle piccionaie (nn. 7, 42, 57, 71), evidenze daescludere dal novero delle testimonianze archeologiche di natura funeraria in quan-to si tratta di strutture produttive rurali, frequenti nel Grottano e in generale nelViterbese60, databili nel corso del Medioevo, ma già note in epoca romana, desti-nate esclusivamente all’allevamento dei volatili. Un’ulteriore conferma di questadestinazione si ricava proprio dalla zona di Civita (n. 42), dove è riscontrabile lamaggiore concentrazione di queste piccionaie rupestri - appositamente realizzateallo scopo, senza sfruttare, come spesso invece avviene, una cavità precedente - enon nell’ambito delle necropoli etrusche, dove sono noti soli casi isolati di colombari(n. 71).

Per concludere, l’esistenza di edifici di culto rurali nel territorio esaminato puòessere confermata non solo in località “Santa Maria delle Colonne” (n. 3), dove l’at-tuale edificio di culto, sul quale le più antiche notizie risalgono al 162961, sorge pro-babilmente sui resti, oggi non più visibili, di un edificio di culto risalente, secondol’ipotesi di M.F. Marabottini, a un periodo compreso tra il XII e il XIII secolo62, maanche in località “Cepposecco” (n. 63), dove uno studio di G. Biamonte63 identifica iresti individuati da T. Ruspantini nel 1902 con i ruderi della chiesa di S. Ippolito64.A conferma di tale ipotesi vi è anche il fatto che il ricordo della presenza dell’edifi-cio di culto si è conservato nel toponimo che appare nella riproduzione cartograficadel territorio del comune di Grotte di Castro pubblicata da Angelo Ruspantini sullabase delle carte catastali pontificie del XIX secolo65.

60La problematica con particolare riferimento agli esempi del Grottano, è riassunta in Biamonte 2001,p. 329, n. 30

61Archivio Vescovile di Montefiascone, Visita Pastorale, 162962Marabottini - Tamburini 2007, p. 7963Biamonte 200164La chiesa di Sant’Ippolito, le cui origini risalgono all’età longobarda, probabilmente si trovava sotto

la giurisdizione della diocesi di Sovana fino alla seconda metà del XII secolo, per l’esattezza finoall’epoca del vescovo Milone di Orvieto (1159-1162) quando la chiesa divenne possedimento orvie-tano in base alle testimonianze letterarie (“et vidit eundem episcopum [Ildinzone di Sovana] habere

et tenere ecclesiam sancti Ypoliti pacifice et quiete donec episcopus Milus abstulit eam”) (Biamonte2001, p. 375, n. 171)

65L’indicazione topografica riportata sulla suddetta carta fa iniziare la contrada “Sant’Ippolito” subitoad Est della necropoli di Pianezze, nel lembo di terra a cavallo tra i comuni di Grotte di Castro e S.Lorenzo Nuovo.

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Parte II.

Carta Archeologica

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6. Carta archeologica

1. Area di frammenti fittili

In toponimo “C. Montone”, in un terre-no arato immediatamente a Sud-Est delnucleo abitativo attuale, presso la quotam 499,8 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) si osser-va una discreta concentrazione di mate-riale fittile (m 50x40 ca.) interrotta adOvest dalle propaggini del greppo tufa-ceo su cui sorge il casale che dà il nomealla località. Si raccolgono: numerosi frr.di tegole e di mattoni di laterizio; diversinuclei di conglomerato cementizio; spo-radici frr. di cer. a vernice nera (pareti);diversi frr. di cer. sigillata italica (pa-reti); sporadici frr. di cer. a pareti sot-tili (pareti e un orlo riferibile alla formaMarabini LXVIII) numerosi frr. di sigil-lata africana «A» (pareti e due orli riferi-bili alle forme Hayes 8B/Lamboglia 1c1 eHayes 6B/Lamboglia 232); alcuni frr. dicer. da cucina africana (pareti e un or-lo della forma Lamboglia 10a3) numerosifrr. di anfore da trasporto (pareti, alcu-ne delle quali riferibili ad anfore di prod.africana e di prod. italica); rari frr. dimortai in opus doliare.

I materiali attestano l’esistenza di uninsediamento di età imperiale, di entità etipologia non definibile, appena raggiun-to dall’aratro. Gli scarsi frammenti ce-

ramici riferibili a fasi cronologiche prece-denti sembrerebbero suggerire un’occu-pazione dell’area già a partire dal III-IIsec. a.C.

Il materiale rinvenuto conferma letestimonianze locali, riportate da P.Giannini4, secondo le quali nell’area di“C. Montone” sarebbero stati rinvenuti“frammenti di colonne” che attesterebbe-ro l’esistenza di una villa romana.

2. Cunicolo

In toponimo “Santa Maria delle Colon-ne”, lungo il sentiero che mette in comu-nicazione la chiesa omonima con la lo-calità “C. Ottaviani”, è visibile l’accessoparzialmente interrato di un cunicolo asezione ogivale (dimensioni: cm 80x120)probabilmente scavato allo scopo di rac-cogliere l’acqua di origine piovana inter-cettata dal terreno e resa potabile dallaazione filtrante dello stesso. La presen-za di cunicoli, già segnalata da A. Tim-peri5, nell’area in questione è probabil-mente da porsi in relazione con le neces-sità di approvvigionamento idrico dell’in-sediamento, di tipologia non precisabi-le, a cui sembrano riferirsi gli elementidescritti al n. 3.

1Hayes 1971, f. 8B2Hayes 1971, f. 233Atlante I, f. Lamboglia 10a4Semplice citazione in Giannini 1970, p. 1405Timperi 1994, p. 91

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F. Salamone - La Civita di Grotte di Castro

Figura 6.1.: S. Maria delle Colonne. Cu-nicolo (n. 3)

3. Materiale sporadico

In toponimo “Santa Maria delle Colon-ne”, nella piazzola antistante la chiesaomonima, si osservano:

1. un coperchio displuviato di un sar-cofago in tufo con acroteri abboz-zati (dimensioni: cm 210x80x16)attualmente riutilizzato come pan-china;

2. una soglia di tufo ricostruita dadue frammenti (dimensioni: cm168x58x19);

In base a testimonianze raccolte local-mente da A. Timperi, inoltre, fino a qual-

che decennio addietro erano visibili pres-so il sagrato della chiesa “resti di colonnee cassoni in pietra lavica”6 oggi non piùvisibili.

Gli elementi acquisiti nel loro comples-so sembrano suggerire la presenza di uninsediamento di età romana (una villa

rustica?) nelle immediate vicinanze del-la chiesa unita alla presenza di sepoltu-re a inumazione. La rilevanza dell’area alivello archeologico è inoltre sottolineatadalla presenza, poco più a Nord, di cuni-coli per la captazione delle acque (n. 2),evidentemente utilizzate a scopo dome-stico. Infine, l’attuale edificio di culto, sulquale le più antiche notizie risalgono al16297, sorge probabilmente sui resti, og-gi non più visibili, di un edificio di cultorisalente, secondo l’ipotesi di M.F. Mara-bottini, a un periodo compreso tra il XIIe il XIII secolo8.

Figura 6.2.: S. Maria delle Colonne. So-glia in tufo (n. 3, b)

6Timperi 1994, p. 91. Non si esclude che il toponimo “Santa Maria delle Colonne” tragga origineproprio dalla presenza in loco di resti di colonne di un edificio romano.

7Archivio Vescovile di Montefiascone, Visita Pastorale, 16298Marabottini - Tamburini 2007, p. 79

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Figura 6.3.: S. Maria delle Colonne. Co-perchio di sarcofago (n. 3,a)

4. Ambiente scavato nel tufo

In località “C. Ottaviani”, lungo il costo-ne tufaceo che si affaccia sulla carrarec-cia che conduce dal casale omonimo inlocalità “Il Poderone”, presso la quota m473,2 (C.T.R. 1:10.000), si segnala la pre-senza di un ambiente scavato nel tufo concopertura a doppio spiovente, precedutoda un breve corridoio ipogeo della lun-ghezza di m 2,30, inaccessibile in quan-to utilizzato come ricovero per gli stru-menti agricoli. Data l’inaccessibilità del-l’ambiente non è possibile ricostruire lasua articolazione interna e la sua funzio-ne originaria. Si notano, tuttavia, traccedi lavorazione antica realizzate con unalama piatta orizzontale sul soffitto delcorridoio di accesso.

5. Ambiente scavato nel tufo

In località “Poderone”, lungo la carrarec-cia che da “C. Palombaro” conduce alla“Strada traversa Onanese-Cassia”, pres-so il costone tufaceo sito alla quota m

482,0 (C.T.R. 1:10.000) è visibile un am-biente scavato nel tufo di forma vaga-mente rettangolare (m 2.00x3.00 ca.) conspiovente, attualmente soffitto a utilizza-to doppio come ricovero per gli strumentiagricoli. La presenza di segni di lavora-zione ascrivibili a due fasi cronologichedistinte lascia supporre che l’articolazio-ne interna dell’ambiente in origine potes-se essere più complessa: in particolare sisegnala la presenza di una risega parti-colarmente visibile sulla parete di fondo,a circa 40 cm dal pavimento, interpreta-bile come quanto rimane dell’obliterazio-ne di una banchina. In mancanza di al-tri dati, l’interpretazione della destina-zione originaria dell’ambiente come tom-ba a camera - per altro isolata e piuttostodistante dal centro etrusco di “Civita” (n.19) - resta una pura ipotesi. Non si esclu-de che possa trattarsi di un insediamentoruprestre.

Figura 6.4.: Il Poderone. Ambiente sca-vato nel tufo

6. Ambienti scavati nel tufo

In toponimo “C. Mortaro”, lungo il co-stone settentrionale dello sperone tufa-ceo che si affaccia sulla strada che con-

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duce dalla località “S. Maria delle Colon-ne” al comune di Grotte di Castro, pressola quota m 483,2 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000),si apre l’accesso a sei ambienti scavatinel tufo a pianta rettangolare, inacces-sibili in quanto utilizzati come ricoveroper gli strumenti agricoli. Sulla super-ficie del soffitto, a volta, e delle paretinon sono state osservate tracce di allar-gamenti moderni dei vani. Sul posto nonè stato possibile rintracciare indicazioniutili per stabilirne la funzione origina-ria e circoscriverne la datazione. Non siesclude, tuttavia, che possa trattarsi distrutture di servizio (magazzini?) riferi-bili ad un impianto rustico, non inqua-drabile cronologicamente, stando alle te-stimonianze locali, riportate da Ruspan-tini, secondo le quali nelle immediate vi-cinanze sarebbero state rinvenute “fram-menti di colonne e capitelli”9. La scar-sa visibilità del terreno non permette diapprofondire la ricerca in questo punto.

7. Piccionaia

In località Contrada Pianinciano10, aquota 450 m s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) lun-go un costone sito a circa m 70 a Ovestdel Fosso del Rigo, si apre un ambientescavato nel tufo, inaccessibile in quantol’ingresso si attesta a circa m 2.5 più inalto rispetto all’attuale piano di campa-gna. Dal momento che l’ambiente, di for-ma vagamente quadrangolare, presentaancora in situ tre nicchie scavate sullaparete di fondo e quattro nicchie sulla pa-

rete di destra, non si esclude possa trat-tarsi di una piccionaia, da porre in rela-zione con un insediamento rustico di etàmedioevale non più individuabile a cau-sa dello sbancamento che hanno subito iterreni circostanti negli ultimi decenni,come testimoniato dai contadini locali.

8. Tomba

In località “Madonna di Torano”, lungouno sperone di roccia situato a circa m150 a Sud-Ovest della chiesa omonima,si apre una tomba scavata nel tufo chepresenta breve dromos (conservato peruna lunghezza di circa m 2), camera ret-tangolare (m 5.40x4.40) disposta trasver-salmente rispetto all’ingresso e dotata diuna banchina continua sulle pareti late-rali e sulla parete di fondo, con soffitto adoppio spiovente e columen in rilievo so-stenuto al centro da una colonna di or-dine tuscanico, risparmiata nel tufo. Lacolonna è impostata su una base rigonfiaed è priva di capitello, sostituito da unadoppia mensola di raccordo al columen.La struttura della tomba, frequente nel-l’architettura funeraria della media val-le del Tevere11, e i frustuli del corredorecuperati nel 197612, permettono di cir-coscrivere la cronologia almeno dell’im-pianto primitivo tra la fine del V e la pri-ma metà del IV sec. a.C. All’interno del-la camera sepolcrale sono visibili, inoltre,tre spezzoni di blocchi di opera quadratae tre frammenti di lastre di tufo, proba-bilmente recuperati dai contadini duran-

9Ruspantini 1970, p. 10010Il toponimo riportato sulla Carta Tecnica Regionale (“Madonna di Torano”) è errato.11Si vedano, a titolo esemplificativo, la “Grotta della Colonna” Di Piammiano (Baglione 1976, p. 22,

tav. VII) e altri esempi dell’architettura funeraria falisca (Colonna 1999, p. 20) d’età ellenistica.12La maggior parte dei frustuli superstiti del corredo è costituito da ceramica etrusca a figure rosse

(Marabottini - Tamburini 2007, p. 36)

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te un’aratura profonda dal campo anti-stante e depositati all’interno della tom-ba, oggi riutilizzata come ricovero per gliattrezzi agricoli.

Figura 6.5.: Madonna di Torano. Plani-metria della tomba a camera(da Marabottini - Tamburini

2007)

9. Materiale sporadico

In località “Madonna di Torano”, pressola chiesa rurale omonima, si segnalano:

1. nella piazzola antistante la chiesa,sette blocchi squadrati di tufo, dicui sei sono giunti frammentari eduno integro. Inoltre, inglobato nelparapetto che delimita la piazzola,è visibile un grosso cippo di tufo(cm 120x59x59) presentante profi-lo “chiastico”, e, sulla faccia supe-riore, un foro verticale (diametro:15 cm). La morfologia caratteristi-che e le dell’ultima evidenza trova-no un confronto stringente in un al-tare sagomato rinvenuto nel 1882in località “Poggetto”13 e oggi con-servato presso il Museo Territoria-le del Lago di Bolsena, riferibile conogni probabilità ad un edificio tem-plare etrusco, il cui impianto, nonanteriore al III sec. a.C., è da porsiin relazione con la prima fase del-l’urbanizzazione di Volsinii14. Inentrambi i casi la presenza del fo-ro verticale fa assumere a questatipologia di monumenti la funzionee l’aspetto (in miniatura) dei poz-zi sacri scavati nei luoghi di cultodegli dèi inferi: attraverso il foro,collegamento ideale tra la mensadell’altare ed il mondo sotterraneo,venivano probabilmente sacrificate

13L’odierna località del “Poggetto” si trova nei pressi della Rocca Monaldeschi a Bolsena. È costituitada una piccola collina con la sommità pianeggiante la cui estensione è stata sensibilmente ridot-ta nella seconda metà dell’Ottocento a causa dello sbancamento effettuato per l’apertura di viaFrancesco Cozza e per il conseguente impianto di alcune abitazioni.

14Nel 1882 venne condotto uno scavo sistematico della sommità del colle. La tipologia della documen-tazione archeologica acquisita in quell’occasione ha permesso di ipotizzare la presenza nel sito diun edificio templare di età ellenistica: si giunse infatti all’individuazione di un pavimento a lastredi tufo, di un consistente nucleo di frammenti fittili (tegole, terracotte architettoniche, terracottevotive) e di 17 pietre sagomate interpretabili come piccoli altari, andati tutti persi tranne due. Unodi questi, parzialmente danneggiato, fu portato "fuori Porta Romana" ed utilizzato come base peruna croce, ma già nel 1903 era andato perso. L’altro è fortunatamente conservato al Museo Terri-toriale di Bolsena e reca la scritta tinia : tinscvil/s . asil .sacni che "appare comunque come unadedica a Tinia (l’equivalente etrusco del Giove romano) nella sua veste volsiniese non di massimadivinità dell’Olimpo, bensì in quella di custode dell’Oltretomba, noto dalla tradizione letteraria edalle epigrafi con l’epiteto di Voltumna. (Morandi 1991, p. 669-671)

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offerte a base di liquidi che doveva-no essere raccolti in una cavità delterreno;

2. all’interno della chiesa, è conser-vato “un grande cippo di nenfro,con grandi e belle lettere del secoloVIII di Roma”15. L’iscrizione (CIL11, 2776) recita A(ulo) Olsadi A(uli)

f(ilio) / Pom(ptina) Firmo. Si trattapertanto di una iscrizione funera-ria dedicata a Aulo Olsadio Fermo,figlio di Aulo, della tribù Pomptina,la stessa di Volsinii. La provenien-za precisa dell’iscrizione è ignota.Al di là delle difficoltà che susci-ta la presenza del gentilizio Olsa-

di16, che rappresenta un unicum

nell’epigrafia latina, la quasi totaleassenza dal territorio direttamen-te collegato all’abitato di Civita didocumenti epigrafici redatti in lin-gua latina insieme alla lacuna ar-cheologica rilevabile per l’epoca ro-mana nelle aree funerarie, indicanoche la situazione di depauperamen-to demografico dell’area non inver-tì la tendenza che aveva mostratonel periodo tardo-etrusco neanchedurante l’Impero;

3. nel terreno alle spalle della chiesa,coltivato a vigna fino agli anni Ot-tanta del secolo scorso17, si raccol-gono sporadici frr. di tegole di imp.

chiaro insieme a rarissimi frr. diceramica a vernice nera e di cera-mica argentata volsiniese, riferibi-li genericamente a forme aperte dipiccole dimensioni.

Figura 6.6.: Madonna di Torano. Altareforato

Gli elementi acquisiti nel loro comples-so suggeriscono, a livello di pura ipote-si, la presenza di un edificio templareextra-urbano presumibilmente di età el-lenistica in un’area particolarmente im-portante dal punto di vista archeologicoper la presenza, nelle immediate vicinan-ze, di un asse viario antico diretto versole sponde del lago18 e di numerose sepol-ture databili tra il IV sec. a.C. e l’età elle-nistica19. Nel caso in cui l’ipotesi propo-sta corrisponda a verità, attualmente ri-sulta impossibile risalire alla divinità ve-nerata. Probabilmente è troppo sempli-

15NSc 1884, p. 21316A riguardo Fiorelli scrive: “[...] che razza di nome familiare è questo Olsadi, posto così indeclinabile

a far le veci di dativo? [...] La radice è nuova, anche nell’etrusco e nelle lingue italiche. Pure costuinon è barbaro, chè non è figlio di servo, ed è ascritto alla tribù Pomptina, la stessa di Volsinii, equindi ai diritti municipali. Laonde quel nome non possiamo considerarlo che come encorio, rima-sto invariabile, ed è una vera eccezione dell’epigrafia latina, perché mi pare non credibile un grossoerrore del lapicida in lettere così bene scolpite [...]” (NSc 1884, p. 213)

17Comunicazione del proprietario del terreno18Asse viario già individuato da Fiorelli (cfr. n. 51; Fiorelli 1884)19Si confrontino le evidenze ai nn. 8 e 52

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cistica la derivazione del toponimo “To-rano” da Turan (tra l’altro la patrona diVulci) poiché il radicale Tyr- è particolar-mente profilico nella toponomastica loca-le e, più in generale, del bacino imbrife-ro volsiniese20. Non si conoscono, inoltre,connotazioni ctonie di questa divinità aldi là dell’associazione con le “Lase”, divi-nità femminili che avevano il compito discrivere su pergamena le opere compiutein vita dal defunto21.

10. Materiale sporadico

In località “C. Fosso di Bufa”, in un ter-reno recintato adibito a pascolo che si af-faccia lungo la strada erroneamente in-dicata sulla cartografia tecnica regionalecome “Cassia antica”, presso la quota m450 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000), si segnala lapresenza di due blocchi squadrati di tufolocale (cm 70x70x40), di cui uno presen-tante, sulla superficie a vista, una mo-danatura liscia a tondino. Nelle imme-diate vicinanze si segnala una modestaconcentrazione di frammenti fittili costi-tuita per lo più da frustuli di tegole, cop-pi e laterizi, attribuibili alla distruzionedi un edificio rustico, probabilmente unastruttura produttiva. Il materiale esa-minato e raccolto, per quanto indatabile,

è tuttavia circoscrivibile ad un orizzontecronologico post- classico.

Figura 6.7.: C.da Fosso di Bufa. Materia-le sporadico

11. Frammenti fittili sporadici

In toponimo “La Fontanella”, lungo ilsentiero che conduce dal borgo di Grot-te di Castro in località “Valle Maria”, inun terreno coltivato a vigna sito pressoquota m 426 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000), siraccolgono sporadici frr. di tegole di imp.rosso e di tegole e mattoni di laterizio,alcuni frr. di cer. di imp. grezzo, (inprevalenza riferibili a grandi contenitoridi forma chiusa), nonché sporadici fram-menti di cer. d’uso comune (pareti) e duefrr. di terra sig. italica (pareti). Le con-

20Si pensi, a titolo esemplificativo, ai toponimi “Turrena-Tujena” (immediatamente a Sud dell’abitatodi Grotte di Castro) e “Turona” (al confine fra il territorio dei comuni di Bolsena e Montefiascone).

21“[...] A Gravisca non si può chiaramente documentare un presunto carattere ctonio di Turan, dalmomento che caretteri ctonii in quel culto possono essere legati a Demetra. Caratteri ctonii, epiù precisamente un rapporto con il regno dei morti, sono da attribuirsi invece con sicurezza alladivinità che si venerava in un piccolo santuario della necropoli della Cannicella a Orvieto, dal mo-mento che come Turan è stata interpretata la statua nuda muliebre colà rinvenuta. Una figura incui si mescolano tratti di Turan e di demoni infernali nella tarda ceramica a figure rosse e in urnecinerarie ellenistiche non può essere certo definita una “ Turan dell’Oltretomba”, corrispondenteall’Afrodite Epitymbia. Culti di Turan non sono documentati per il periodo post-arcaico, se si ec-cettua Gravisca: ciò tuttavia potrebbe fondarsi sul fatto che non si possiedono reperti che possanoattestarne l’esistenza. Probabilmente il suo ambito, rispetto ad un più ampio spettro di funzioniche nel periodo arcaico veniva ad attingere alla sfera di Uni, era ora più ristretto al ruolo di deadell’amore, della bellezza, della fecondità [...]” (Cristofani 1985, s.v. Turan)

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dizioni del terreno, con banco geologicoprofondamente intaccato dagli scassi perla vigna, autorizzano ad ipotizzare l’esi-stenza di un modesto insediamento, di ti-pologia e dimensioni non definibili, atti-vo a partire sin dall’età arcaica fino adalmeno la prima età imperiale.

12. Grotte di Castro

Figura 6.8.: Il Borgo di Grotte di Ca-stro in una ripresa aerea del1952 (volo ETA 1952-1959,str. 129, f. 56)

Secondo la tradizione locale, riportata daG. Moroni22, il borgo medioevale sarebbesorto nell’VIII secolo in seguito al mas-sacro operato dai Longobardi in località“Vallemuglie”23 ai danni della popolazio-ne del centro romano che, stando alla ri-

costruzione – priva di fondamento stori-co – degli eruditi locali24, avrebbe presoil posto dell’abitato etrusco con la conqui-sta e la conseguente romanizzazione delterritorio.

Le prime notizie storiche certe riguar-do il borgo medioevale, che faceva partedel territorio donato nel 1077 da Matildedi Canossa alla Patrimonio di San Pie-tro, risalgono all’XI secolo, quando il Ca-

strum Cryptarum25, come tutti i castellidella Val di Lago, si sottomise ad Orvieto,entrando a far parte del suo contado nel111926. Il Castello passò per un breve pe-riodo sotto la giurisdizione di Viterbo, madopo il saccheggio operato da Arrigo VI intutta la zona della Val di Lago, nel 1186tornò di nuovo sotto il dominio di Orvieto.In quest’occasione gli Orvietani cinserodi mura il paese. Secondo le fonti, l’abi-tato era “munito di fosso e alto muro, nelresto difeso da dirupate e profondissimevalli”27. Vi si accedeva tramite una por-ta posta a Nord (la cd. “Porta di Sopra”),che dalle fonti sappiamo essere fornitadi ponte levatoio e coperta da una tetto-ia28, e una seconda porta (la cd. “Portadi Sotto”) che si apriva a Sud nella cin-ta delle mura di fortificazione, realizza-te secondo filari isometrici in conci di tu-fo solo parzialmente conservati. L’origi-nario nucleo abitativo è collocabile sullependici orientali del crinale, dove eranosituate le chiese di San Giovanni Evange-

22Moroni 1860, p. 4423Secondo la tradizione locale il nome della località (Vallemuglie < Vallemurle < Valle degli Urli) de-

riva da una strage operata dai Longobardi in quella contrada ai danni della popolazione locale(Marabottini - Tamburini 2007, p. 33)

24Si veda, in ultimo, Ruspantini 1988. Per il problema relativo alla persistenza dell’abitato etrusco inetà romana, si vedano l’introduzione e il cap. 6 di questo lavoro.

25L’origine del nome è dovuta alla consuetudine degli abitanti del luogo, testimoniata dalle fontiscritte, di “abitare in spelonche scavate nella roccia” (Ruspantini 1978, pp. 100-101)

26Marabottini - Tamburini 2007, p. 927Ibidem28Ibidem

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lista, edificata nel X secolo e demolita nel1625 per la costruzione dell’attuale basi-lica di S. Maria del Suffragio, e di SanPietro Apostolo ultimata nel 111829. At-tualmente il tessuto urbano medioevalenon risulta più visibile.

13. Ambienti scavati nel tufo

In toponimo “C. Moncello”, lungo il costo-ne meridionale dello sperone tufaceo chesi affaccia sulla carrareccia immediata-mente alle spalle della necropoli etruscain localita “Vigna La Piazza” (n. 15), siapre l’accesso a quattro ambienti scavatinel tufo a pianta rettangolare, inaccessi-bili in quanto utilizzati come ricovero pergli strumenti agricoli. Sulla superficiedelle pareti sono visibili tracce di lavora-zione antica ascrivibili a uno strumentoa lama piatta orizzontale. Pur mancan-do elementi per stabilire la destinazioneoriginaria degli ambienti, non si esclu-de che possano trattarsi di tombe a uni-co ambiente, particolarmente frequentinel grottano in età arcaica, data la vici-nanza dell’evidenza alla necropoli di “Vi-gna la Piazza” e alla tagliata tufacea aln. 14 che potrebbe costituire un residuodell’antico tessuto viario che garantiva icollegamenti tra l’insediamento etruscodi Civita (n. 19), le sue necropoli e ilterritorio circostante.

14. Tagliata tufacea

In località “Vigna La Piazza”, a circam 30 a Ovest della necropoli omonima,

presso la quota m 438 s.l.m. (C.T.R.)è visibile un tratto di sentiero largo m2.20 che scorre fortemente incassato nel-la roccia tufacea con orientamento Sud-Est/Nord-Ovest, apparentemente diret-to verso la sponda settentrionale del la-go di Bolsena. Sulle pareti sono visibi-li tracce di lavorazione antica ascrivibi-li a uno strumento a lama piatta. Sitratta con ogni probabilità di una “taglia-ta” tufacea, intervento particolarmentedocumentato in numerosi siti dell’Etru-ria meridionale e dell’agro falisco, chepotrebbe costituire un residuo dell’anti-co tessuto viario che garantiva i collega-menti tra l’insediamento etrusco di Civi-ta (n. 19), le sue necropoli30 e il territoriocircostante.

Figura 6.9.: Vigna La Piazza. Tagliatatufacea (n. 14)

15. Necropoli

In località “Vigna la Piazza” (C.T.R.1:10.000), lungo la Strada Provinciale“Grotte di Castro”, presso la quota m427,2 s.l.m., G. Colonna segnala la pre-

29Ruspantini 1988, p. 5530Nel caso specifico, le necropoli di Vigna la Piazza (n. 15), Le Sane (n. 16) e la probabile necropoli di

C. Moncello (n. 13)31Colonna 1974, p. 29

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senza di “almeno tredici tombe a came-ra, di cui due a quattro e due a tre came-re”31. Nel momento in cui si scrive l’a-rea è oggetto di scavo da parte della So-printendenza competente, per cui non èstato possibile effettuare un sopralluogodiretto.

In base alle notizie raccolte32, nell’areasono attestate sepolture ascrivibili ai tipi“a cassone costruito” e “a cassone monoli-tico” databili nel corso del periodo Orien-talizzante (VII sec. a.C.), e un contestoparticolarmente significativo in quanto,allo stato attuale delle ricerche, risulta ilpiù antico recuperato in tutto il circon-dario di Civita. Si tratta di un corre-do funerario costituito da un vaso biconi-co d’impasto rosso lucidato, da due tazzebaccellate d’impasto bruno lucidato, daun orciolo d’impasto grezzo modellato amano, da una fuseruola d’impasto e dauna fibula frammentaria in bronzo33. Ilmateriale è assegnabile ai primi decen-ni del VII sec. a.C., trovando specificiconfronti nelle tombe dell’Orientalizzan-te antico del vicino insediamento di Ci-vita d’Arlena34. Gli altri reperti sporadi-ci provenienti dalla stessa necropoli e at-tualmente conservati presso il Museo Ar-cheologico locale si riferiscono allo stesso

orizzonte cronologico35.Per quanto riguarda il numero e l’ar-

ticolazione interna delle tombe a came-ra presenti nell’area, non è stato possi-bile effettuare un esame autoptico a cau-sa delle operazioni di scavo che rendonoinaccessibile il sito. Sono tuttavia visibi-li, immediatamente al di fuori dell’areacantierata:

1. tomba a camera (probabilmentecorrispondente al sepolcro scava-to e rilevato da Adolfo Cozza nel188336) preceduta da dromos e cor-ridoio ipogeo strombato. Dall’atriosi dipanano, sulla parete di fondo,il tablinum e, sulle pareti laterali,due coppie di cubicula (su ciascunlato, un cubiculum di forma rettan-golare e un cubiculum scavato “agrotticella”);

2. tomba a camera preceduta da dro-

mos e corridoio ipogeo strombato.Sulle pareti laterali dell’atrio, incui si segnala la presenza di due se-polture entro fosse e di una sepol-tura in loculo, si aprono due cubico-li di forma vagamente rettangolare.Sulla parete di fondo sono visibilii segni dello scavo di un ambientenon ultimato;

32Si coglie l’occasione per ringraziare la dott.ssa M. Marabottini, direttrice del Museo Archeologico diGrotte di Castro, per le informazioni concesse.

33Il materiale, recuperato dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale, era conser-vato un tempo presso l’Antiquarium di Grotte di Castro. Venne trafugato nel 1986 insieme ad altrireperti durante alcuni lavori di ristrutturazione del palazzo comunale.

34Marabottini - Tamburini 2007, p. 2935Si segnalano, in particolare: 1) un attingitoio di impasto rosso-bruno con superficie steccata con co-

stolature verticali sul ventre e un’ansa a nastro terminante con protome bovina (inv. Museo 0234);2) un kantharos e un’olla a ventre globulare d’impasto bruno (inv. Museo 0232-3); 3) un’ollettaglobulare biansata d’impasto bruno lucidato (inv. Museo 0239); 4) un’olla a ventre globulare, condue anse orizzontali sulla massima espansione del ventre e orlo svasato, caratterizzata da unadecorazione geometrica a vernice bianca applicata direttamente sulla superficie del vaso, preven-tivamente lucidata (inv. Museo 0235); 5) un piatto d’argilla figulina d’imitazione etrusco-corinziaa decorazione lineare (inv. Museo 0238)

36Carta Archeologica 1881-1897, p. 8

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3. tomba a camera, parzialmente in-terrata e attualmente in fase di sca-vo, preceduta da dromos. Dal soffit-to dell’atrio, crollato probabilmentea causa di scavi clandestini, è pos-sibile osservare la presenza di unasepoltura entro loculo e dell’acces-so a un cubiculum sulla parete si-nistra, a due cubicula sulla paretedestra e a un ambiente (tablinum?)sulla parete di fondo;

4. tomba a camera preceduta da dro-

mos monumentale, inaccessibile acausa delle operazioni di scavo;

5. l’ingresso di almeno altre sette tom-be a camera, inaccessibili a causadelle operazioni di scavo.

In base alle caratteristiche morfologichedel materiale ceramico sopra descrittoe alla tipologia delle sepolture attestatenell’area (a cassone e a camera), si puòasserire che la necropoli di Vigna la Piaz-za, che si riferisce con certezza all’abita-to di Civita (n. 19), sia rimasta in usoper un arco cronologico piuttosto lungo,comprendente per lo meno il VII e il VIsec. a.C.; nuovi dati si aggiungeranno inseguito alla pubblicazione del materialerinvenuto grazie alle operazioni di scavoattuali.

16. Necropoli

In località “Le Sane”, lungo il costone tu-faceo che si affaccia a Sud presso la quotam 401.8 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) si apro-no quattro tombe a camera attualmenteutilizzate come ricovero per gli attrezziagricoli:

Figura 6.10.: Le Sane. Planimetria delletombe 1, 3, 4 (n. 16)

1. camera rettangolare (m 2.00x3.00ca.) con soffitto a doppio spioven-te decorato con columen longitudi-nale e nove cantherii a rilievo. Sul-la parete di fondo si aprono due cu-bicoli mentre sulla parete di destrasi apre un ulteriore ambiente nonaccessibile;

2. ambiente parzialmente crollato einterrato. Si conservano parte delsoffitto, a doppio spiovente, e l’in-gresso di due cubicoli (sulla pare-te di fondo e sulla parete sinistra),inaccessibili a causa dell’interro;

3. camera rettangolare (m 3.00x3.00ca.) presentante soffitto a dop-pio spiovente decorato con columen

longitudinale a rilievo. Sulla pare-te di destra sono stati scavati uncubicolo e due nicchie di forma ret-tangolare; sulla parete di fondo siaprono due cubicoli di forma vaga-mente rettangolare; sulla parete disinistra si accede ad una ulteriorecamera sepolcrale;

4. camera rettangolare (m 3.00x3.00ca.) con soffitto a doppio spioventedecorato con columen longitudinalee due coppie di cantherii a rilievo.

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Sulla parete di fondo e sulla pare-te di destra si aprono due coppie dicubicoli.

Figura 6.11.: Le Sane. Tomba (n. 16, 1)

La datazione di questa necropoli, rife-ribile con certezza all’abitato di “Civita”(n. 19), è probabilmente inquadrabile in-torno alla seconda metà del IV secolo a.C.sulla base del confronto della decorazio-ne del soffitto con travi rilevati con analo-ghe decorazioni attestate in ambito volsi-niese (tombe “Golini” e degli Hescanas diPorano37) e vulcente (necropoli di PonteRotto38).

Figura 6.12.: Le Sane. Tomba (n. 16, 4)

17. Ambienti scavati nel tufo

Lungo le propaggini nord-occidentali del-lo sperone tufaceo che delimita il pianoroin località “Civita”, alla confluenza dellaSS 145 e della strada che conduce in lo-calità “Vallemuglie” attraverso la locali-tà “Le Sane”, all’interno di un’area recin-tata utilizzata come ricovero per gli ani-mali, sono visibili quattro ambienti sca-vati nella parete tufacea. A causa dell’i-naccessibilità del luogo (recintato), non èpossibile stabilirne la destinazione origi-naria. Non si esclude, tuttavia, che possatrattarsi di tombe a camera, data la vici-nanza con le necropoli site nelle località“Vigna La Piazza” (n. 15) e “Le Sane” (n.16).

Figura 6.13.: Pendici di Civita. Ambientiscavati nel tufo (n. 17)

18. Area di frammenti fittili

In toponimo “Tujena”, lungo il sentieroche conduce dalla strada “Pian del Gra-no” in direzione di Grotte di Castro, pres-so la quota m 444 s.l.m. (C.T.R. 1:5.000)è visibile una discreta dispersione di ma-teriale fittile (m 40x45 ca.) trasportato,

37Feruglio 198238Pellegrini - Rafanelli 2005, pp. 34-36

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per effetto del dilavamento, sino al fon-dovalle. Si osservano: numerosi frr. ditegole d’imp. rosso, sporadici frr. di te-gole d’imp. chiaro, numerosi frr. di cer.di imp. grezzo (tra cui un fr. riferibile aun’olla cilindrico-ovoide ad orlo estrofles-so e leggermente ingrossato39), sporadicifrr. di pithoi di impasto grezzo.

I materiali d’impasto grezzo raccoltisuggeriscono l’esistenza di un insedia-mento, con possibile funzione agricola,attivo in età arcaica. Ciò conferma l’i-potesi proposta da A. Cozza, secondo cuila collina sarebbe stata sede di un in-sediamento sino a partire dal VI sec.a.C.40.

19. Abitato

In località “Civita” (IGM 1:25.000), su unvasto pianoro tufaceo con altezza massi-ma di m 447 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) ubi-cato a km 1 a Sud-Est dell’abitato me-dioevale di Grotte di Castro, la lettera-tura archeologica permette l’individua-zione di un insediamento etrusco la cuidenominazione in antico risulta ancorauna vexata quaestio41. Il sito, individua-to per la prima volta da Domenico Golini,

presenta una forma allungata con l’assemaggiore orientato in direzione NW-SE,una lunghezza massima di circa m 825 euna larghezza massima di circa m 450,per una superficie complessiva di circa24 ettari. L’altura non è delimitata dauno strapiombo unitario ma da una se-rie di gradoni separati da modesti saltidi pendenza. Le difese naturali, che ri-sultano pertanto insufficienti, sono staterealizzate tramite un sistema di tagli ar-tificiali delle pareti tufacee e la costruzio-ne di opere murarie di cui oggi tuttavianon rimane traccia42. Gli unici accessi alpianoro, in antico come oggi, sono situa-ti alle estremità nord-occidentale e sud-orientale e sono collegati da un sentieroche attraversa longitudinalmente il pla-teau e che conserva in alcuni punti traccedi un basolato stradale (n. 27).

La documentazione archeologica su-perstite risulta piuttosto esigua in quan-to i lavori agricoli e i mutamenti geomor-fologici indotti da opere di sbancamen-to recenti non hanno consentito la con-servazione in superficie di tracce eviden-ti del tessuto urbanistico etrusco43. Ilmateriale ceramico raccolto in superficie(nn. 20, 22, 24, 25, 26, 28, 29, 36, 39)attesta tuttavia una occupazione del sito

39Pian Roseto, fig. 27. n. 640Carta Archeologica 1881-1897, p. 741L’identificazione del centro con Tiro, caldeggiata soprattutto da eruditi locali (cfr. Peleggi 1971, pp.

25-33; Pannucci 1975, pp. 49-53; Ruspantini 1978, pp. 9-21), derivante da un errore contenutodel cosiddetto “Martirologio di Adone” dedicato alla passio di S. Cristina di Bolsena, risulta privadi qualsiasi fondamento, come ampiamente dimostrato da G. Biamonte (cfr. Biamonte 2001). L’i-dentificazione con Salpinum, la cittadina etrusca che secondo Livio (Liv.,V, 31, 5) avrebbe prestatoaiuto a Volsinii in uno scontro bellico avvenuto nel 392 a.C con i romani, è stata sostenuta da G.F.Gamurrini (cfr. Carta Archeologica 1881-1897, p. 7, n. 2) e recentemente ripresa da G. Colonna,che tuttavia si mostra estremamente cauto nel proporre questa identificazione (cfr. Colonna 1999,p. 21).

42Tamburini cita un modesto tratto murario in conci squadrati di tufo, oggi non più visibile(Marabottini - Tamburini 2007, p. 20)

43L’unico intervento superstite sicuramente riferibile alla fase etrusca dell’abitato consiste in un si-stema di cunicoli che attraversano il pianoro (nn. 33 e 37), realizzati per la captazione e la raccoltadelle acque di infiltrazione.

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almeno a partire dal VII secolo a.C. conuna fioritura nel VI secolo, ipotesi avva-lorata dalla datazione di alcune delle ne-cropoli circostanti (nn. 15, 45, 49, 66, 67,69, 70, 75), certamente afferenti a questosito.

La quasi totale assenza di materialeceramico riferibile al V secolo a.C. la-scia ipotizzare una decadenza dell’inse-diamento per tale fase, in parallelo ad unfenomeno ben documentato nel territoriovolsiniese, mentre una ripresa insediati-va nella metà del IV secolo a.C. è attesta-ta dal materiale ceramico rinvenuto nelsito (nn. 22, 26, 29, 36) e dalla tipologiadi alcune tombe a camera in località “Ma-donna di Torano” (n. 8), “Le Sane” (n. 16)e “Casale Torano 2°” (n. 52).

Figura 6.14.: Il pianoro tufaceo su cuisorgeva l’abitato etrusco vi-sto da satellite (da GoogleEarth)

La fine della fase etrusca dell’abitatoè da porsi nella prima metà del III seco-lo a.C., in concomitanza con la conquistaromana del territorio volsiniese. Le evi-denze archeologiche riferibili a questa fa-se, consistenti in una struttura realizza-ta in opera cementizia, in due cisterne (n.

34), in un tratto di strada basolata in pes-simo stato di conservazione (n. 27) e inscarsissimi frammenti ceramici (n. 34),lascerebbero supporre una qualche fre-quentazione del sito in età romana, forselimitata alla presenza di un solo comples-so edilizio identificabile, in via del tuttoipotetica, con una villa rustica. In basea questa lettura l’abitato etrusco, situa-to in una posizione doppiamente strate-gica (alla confluenza tra gli itinerari checollegavano, da un lato, Vulci con Volsi-

nii e, dall’altro, Vulci con Chiusi e l’E-truria settentrionale interna) in età ro-mana risulta fortemente ridimensionatoad un semplice insediamento produttivo.La presenza, infine, di piccionaie (n. 42),forse riferibili ad una fattoria, e di alcu-ni ambienti scavati nei greppi tufacei (n.21, 30, 32), quasi certamente utilizzaticome abitazioni, dimostrano ampiamen-te la frequentazione del sito in età me-dioevale da parte degli abitanti del vicinoborgo di Grotte di Castro.

20. Area di frammenti fittili

In località “Civita” presso il terrazza-mento naturale sito nella porzione set-tentrionale del pianoro, alla quota m 427s.l.m. (C.T.R. 1:5.000) è visibile una di-screta dispersione di materiale fittile (m30x30 ca.) costituita da numerosi frr. ditegole d’imp. sporadici frr. rosso, di te-gole d’imp. chiaro, sporadici frr. di imp.bruno lucidato (tra cui un fr. di un’ollaglobulare con orlo indistinto e bordo sa-gomato, lisciato sia sulla superficie inter-na che su quella esterna, riferibile crono-logicamente a un momento di passaggiotra periodo Orientalizzante ed età arcai-

44Carafa 1995, p. 25, n. 22

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ca44), numerosi frr. di imp. grezzo (tracui un fr. pertinente a un’olla ovoide conlabbro estroflesso e orlo ingrossato, pre-sentante una ingobbiatura esterna45) esporadici frr. di pithoi d’impasto (paretie un orlo)46.

Il materiale esaminato sembra sugge-rire che anche i gradoni esterni del pia-noro siano stati sfruttati ad uso abitati-vo forse già a partire dall’OrientalizzanteRecente.

Figura 6.15.: Civita. Area di frr. fittili n.20: n. 1 cer. di imp. bruno;n. 2 cer. di imp. grezzo; n.3 pithos

21. Ambiente scavato nel tufo

Lungo il costone tufaceo che si affacciasul sentiero che conduce dalla località“Le Sane” alla sommità del pianoro in lo-calità “Civita”, a circa 50 m a Nord diuna edicola votiva, tra la fitta vegetazio-ne spontanea, si apre l’ingresso di un am-biente scavato nel tufo a pianta approssi-mativamente quadrangolare attualmen-

te utilizzato come ripostiglio per gli at-trezzi agricoli. Sulla parete di fondo (3m) e sulle pareti laterali (2.5 m) sono net-tamente visibili tracce di lavorazione an-tiche. Non sono stati notati elementi ingrado di stabilirne la destinazione origi-naria. Si esclude tuttavia a priori chesi possa trattare di una tomba a camerain quanto l’ambiente è ubicato all’internodell’area dell’abitato etrusco.

22. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzione set-tentrionale del pianoro, in terreno col-tivato a vigna, presso la quota m 451s.l.m. (C.T.R. 1:10.000), si segnala unadiscreta concentrazione di materiale fit-tile (m 30x30 ca) costituita da: numero-si frr. di tegole d’imp. rosso; sporadicifrr. di tegole d’imp. chiaro; numerosifrr. di imp. grezzo (tra cui un fr. per-tinente a un’olla ovoide con orlo ingros-sato47 e un fr. di un’ansa a bastoncel-lo impostata orizzontalmente), sporadicifrr. di cer. a vernice nera (pareti), spo-radici frr. di cer. argentata volsiniese(pareti) sporadici frr. di pithoi di impa-sto (pareti e un orlo ingrossato con pianosuperiore piatto, esternamente piatto esottolineato da una gola48). Si raccolgo-no, inoltre: un frammento fittile (parete)riferibile ad una forma chiusa di notevo-li dimensioni (pithos?) presentante deco-razione dipinta (campitura in rosso e so-

45Gravisca 2001, tav. 38, t. B, variante B2, n. 36646Gravisca 2001, tav. 48, t. A, n. 52847Gravisca 2001 tav. 39, t. C/C1, fig. 39648Questo tipo di pithoi è attestato frequentemente a Pyrgi e a Roma tra VII e V sec. a.C.; molto

frequente sembrebbe essere il loro utilizzo come vere di pozzo (Gravisca 2001, p. 235)49Nel primo caso (fig. 79, b) si tratta di un frammento di impasto di discrete dimensioni (cm 10x6)

probabilmente pertinente al panneggio della veste di una figura stante (Vagnetti 1971, tav. XXVI,fig. F XII), databile genericamente in età arcaica. Nel secondo caso (fig. 79, c) il frammento (cm6x4) sembrerebbe riferibile ad una testa virile barbata che trova confronti in un esemplare prove-

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F. Salamone - La Civita di Grotte di Castro

vradipintura in bianco); due frr. ceramiciprobabilmente riferibili a votivi49. La cir-costanza del ritrovamento dei frammentidi votivi potrebbe costituire una sia purdebole argomentazione a favore dell’ipo-tesi della presenza di un luogo di cultonella porzione settentrionale del pianorodi Civita. Ciò, tra l’altro, confermereb-be la congettura di P. Tamburini, il qualecolloca nell’area presa in esame l’acropolidell’abitato etrusco50.

Figura 6.16.: Civita. Area di frr. fittili n.22: a) fr. di pithos; b-c) frr.di votivi

23. Basolo

In località “Civita”, nel settore setten-trionale del pianoro, inglobato in un mu-retto a secco, è visibile un basolo di la-va del diametro di circa 50 cm. Taleevidenza è probabilmente riferibile alladistruzione dell’asse stradale n. 27.

24. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzionecentro-settentrionale del pianoro, lun-go la carrareccia che attraversa il pla-

teau da Nord-Ovest a Sud-Est, si segnalauna maggiore concentrazione di mate-riale fittile costituita da numerosi frr. ditegole d’imp. rosso, sporadici frr. di te-gole d’imp. chiaro, sporadici frr. di imp.bruno (pareti) numerosi frr. di imp. grez-zo (tra cui due frr. pertinenti a due ollecilindrico-ovoidi con con orlo estroflessoe leggermente ingrossato51, e due frr. dianse a bastoncello impostata orizzontal-mente), sporadici frr. di cer. a vernicenera (pareti e un profilo di una coppaMorel 296052), un orlo di un pithos diimpasto grezzo53.

Figura 6.17.: Civita. Area di frr. fittili n.24: nn. 1-2 imp. grezzo; n.3 pithos di imp. grezzo; n. 4cer. a vernice nera

La maggiore concentrazione di mate-riale fittile in questo determinato punto èprobabilmente dovuta all’effetto delle ac-que piovane che hanno prodotto il dila-vamento del suddetto materiale verso ilsentiero succitato. Il complesso dei ma-

niente da Veio (Vagnetti 1971, tav. XXIII, fig. D III) datato nel corso del IV sec. a.C.; in questocaso i dettagli degli barba sono realizzati con fitte incisioni oblique.

50Marabottini -Tamburini 2007, p. 2551Gravisca 2001, tav. 34, t. D, fig. 327; Marabottini - Tamburini 2007, p. 33, fig. 43, d52Morel 1981, tav. 84, t. 296053Gravisca 2001, tav. 48, t. A, n. 52854Marabottini - Tamburini 2007, p. 26

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teriali raccolti, databili tra la fine del VIIe gli inizi del III sec. a.C., confermano l’i-potesi avanzata da P. Tamburini54 dellapersistenza dell’abitato etrusco almenofino alla conquista romana del territoriovolsiniese.

25. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzione cen-trale del pianoro, a circa 35 m a Sud-Estdel casale di proprietà del sig. AlfonsoRusso, in terreno coltivato a vigna, si se-gnala una discreta concentrazione di ma-teriale fittile (m 50x30 ca) costituita da:numerosi frr. di tegole d’imp. rosso; spo-radici frr. di tegole di imp. chiaro; nu-merosi frr. di imp. grezzo (pareti, unfondo frammentario di una forma chiusanon identificabile e un’ansa a bastoncel-lo impostata orizzontalmente); sporadicifrr. di cer. a vernice nera (pareti). Il ter-reno è stato sottoposto a scassi e livella-menti per l’impianto di vigneti a pergo-la55, che hanno verosimilmente provoca-to la dispersione di materiali pertinentiall’area di affioramento descritta.

26. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzione cen-trale del pianoro, a circa 35 m a Nord del-l’asse stradale n. 8, in terreno arato, sisegnala una consistente concentrazionedi materiale fittile (m 50x30 ca.) costitui-ta da: numerosi frr. di tegole d’imp. ros-so; sporadici frr. di tegole di imp. chiaro;numerosi frr. di imp. grezzo (pareti); unfr. di bucchero nero; sporadici frr. di cer.a vernice nera (pareti). Non è stato pos-sibile individuare parti significative che

permettano l’identificazione di forme da-tanti. I materiali raccolti, si riferiscono afasi di occupazione del pianoro di Civitaa partire dall’età arcaica fino ad almenoil III sec. a.C.

27. Basolato

In località “Civita”, lungo il sentiero cheattraversa il pianoro da nord-ovest a sud-est, si conservano tracce, piuttosto dete-riorate, di un basolato stradale costituitoda blocchi di lava di modeste dimensio-ni (diametro medio: 30 cm). Tale trac-ciato stradale, conservato per una lun-ghezza di circa 14 m, è stato interpreta-to da Adolfo Cozza come ciò che resta delCardo Maximus dell’abitato romano che,secondo la ricostruzione dello studioso,avrebbe preso il posto dell’insediamen-to etrusco in seguito alla romanizzazionedel territorio volsiniese.

Figura 6.18.: Civita. Basolato stradale(n. 27)

55Comunicazione del sig. Alfonso Russo

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In assenza di una documentazione ar-cheologica sufficiente per dimostrare l’e-sistenza di una fase romana dell’abitato,è possibile ipotizzare che il tracciato inquestione costituisca una strada di ser-vizio afferente ad una struttura di pro-duzione (una villa rustica) situata conogni probabilità nella parte meridionaledel pianoro (n. 34). Non è improbabi-le, tuttavia, che il basolato stradale co-stituisca una sopravvivenza in età roma-na del principale asse viario del tessutourbanistico dell’abitato etrusco.

28. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzione cen-trale del pianoro, a circa 40 m a Sud del-l’asse stradale n. 27, in terreno arato si-to presso il greppo tufaceo che delimita aSud il plateau, si osserva una vasta con-centrazione di rari frammenti fittili (m100x60). Sul terreno fresato sono visi-bili: frr. di tegole di imp. rosso; frr. ditegole di imp. chiaro; due frr. di bucche-ro nero; alcuni frr. di cer. a vernice nera(pareti); diversi frr. di imp. grezzo (pare-ti di contenitori chiusi di dimensioni dif-ferenti); rari frr. di pithoi di imp. grezzo.I materiali individuati, per quanto scar-si e minutamenti frammentati dalle lavo-razioni agricole, documentano le fasi divita dell’insediamento etrusco di Civitadall’età arcaica alla conquista romana.

29. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzione cen-trale del pianoro, a circa m 40 a Sud-Ovest delle evidenze di cui al n. 28, è vi-sibile una consistente dispersione di ma-teriale fittile (m 70x70 ca.) costituitada numerosi frr. di tegole d’imp. ros-so, sporadici frr. di tegole d’imp. chia-ro, sporadici frr. di cer. di imp. rosso(tra cui un fondo integro probabilmentepertinente a un’olla globulare del grup-po “Bolsena”56), numerosi frr. di cer. diimp. grezzo (tra cui un fondo pertinen-te a una ciotola - coperchio con piede “aduncino”57, un piede ad anello di una for-ma chiusa non identificabile, un profilodi un’olla ovoide con orlo a cordone ri-gonfio, labbro estroflesso e scanalaturesul corpo58, due anse a bastoncello im-postate orizzontalmente), un frammentopertinente a una forma aperta con orloa fascia esternamente modanato, riferi-bile con ogni probabilità a un piatto diimitazione etrusco-corinzia a decorazio-ne lineare59, sporadici frr. di cer. a ver-nice nera (pareti) e un fr. di un pithos

d’impasto con orlo ripiegato verso l’ester-no e labbro verticale60. Il materiale esa-minato e raccolto, che presenta un’escur-sione cronologica piuttosto ampia (tra lafine del VII sec. a.C. e la prima metàdel III sec. a.C.), conferma pienamentel’ipotesi, sostenuta in ultimo da P. Tam-burini, dell’occupazione stabile dell’altu-ra di Civita a partire dalla fine del pe-riodo Orientalizzante fino alla conquista

56Marabottini - Tamburini 2007, p. 97, fig. 26 (si veda l’esemplare conservato presso il MuseoArcheologico di Grotte di Castro: inv. 0219)

57Gravisca 2001, tav. 26, t. A1, n. 23358Gravisca 2001, tav. 40, t. C/C1, n. 39959Marabottini - Tamburini 2007, p. 94, fig. 14 (si veda l’esemplare ricostruito conservato presso il

Museo Archeologico di Grotte di Castro: inv. 0238)60Carafa 1995, p. 230, t. 638

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romana.

Figura 6.19.: Civita. Area di frr. fittilin. 29: n.1 cer. del grup-po "Bolsena"; nn. 2-4 imp.grezzo; n. 5 cer. d’imita-zione etrusco-corinzia; n. 6pithos d’impasto

30. Ambienti scavati nel tufo.

Struttura muraria

In località “Civita”, nella porzionecentro-orientale del pianoro, lungo la pa-rete tufacea che si sviluppa con orien-tamento Sud-Est/Nord-Ovest, alla quota430.2 m (C.T.R. 1:10000), sono visibilicinque ambienti scavati nel tufo che sisviluppano su un fronte di circa 20 m.I quattro ambienti laterali, parzialmen-te interrati e di forma vagamente qua-drangolare, sono di modeste dimensio-ni (la larghezza media è di 2 m) e nonpresentano tracce di lavorazione antica.

L’ambiente centrale, anch’esso di for-ma vagamente quadrangolare (la paretedi fondo misura m. 4.50, le pareti late-rali m. 4.50 circa) e con soffitto a dop-pio spiovente, presenta l’apertura par-zialmente tamponata con una muraturadi pietrame di diversa natura (scaglie eblocchetti di tufo, scaglie di pietra lavi-ca), laterizi e malta nella quale si aprel’ingresso. All’interno, sulla parete di de-stra si apre una nicchia ad arcosolio, con

annesso sfiatatoio ricoperto di fuliggine,interpretabile come camino; sulla paretedi fondo sono ricavate due banchine del-la lunghezza di 1.80, interpretabili comegiacigli. Si rinvengono frammenti di ma-iolica medievale. In base a questi ele-menti e al fatto che sulle pareti si rin-vengono tracce di lavorazione riferibili adalmeno due fasi cronologiche distinte, èpossibile ipotizzare che la destinazione diquesto ambiente in età medioevale fos-se abitativa (in linea, per altro, con unatendenza particolarmente diffusa nell’a-rea del borgo di Grotte di Castro), mentrerisulta impossibile stabilirne la funzioneoriginaria. Si esclude tuttavia a prioriche si possa trattare di una tomba a ca-mera (nonostante la presenza delle ban-chine e del soffitto a doppio spiovente pos-sa far ipotizzare il contrario) in quantol’ambiente è ubicato all’interno dell’areadell’abitato etrusco.

Figura 6.20.: Civita. Ambiente scava-to nel tufo utilizzato comeabitazione nel Medioevo (n.30)

Sullo stesso costone tufaceo, immedia-tamente al di sopra dell’ambiente piùmeridionale, è visibile una struttura mu-raria in opera quadrata realizzata conblocchi di tufo locale disposti per taglio

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che misurano mediamente cm 70x40 (lalarghezza dei blocchi non è apprezza-bile). Si conservano in situ due fila-ri di blocchi (quattro blocchi per il fila-re inferiore, tre per il filare superiore).In via del tutto ipotetica tale struttu-ra può essere interpretata come quantorimane di un sistema di regolarizzazio-ne del costone tufaceo, intervento moltoprobabilmente riferibile alla fase etruscadell’abitato.

Figura 6.21.: Civita. Struttura murariain opera quadrata (n. 30)

31. Basoli

In toponimo “Civita”, lungo la carrarec-cia che attraversa il plateau da Nord-Ovest a Sud-Est, si osservano numerosibasoli di lava di medie e grandi dimensio-ni riutilizzati in un terrazzamento artifi-ciale realizzato a scopi agricoli, probabil-mente riferibili alla distruzione dell’assestradale n. 27.

32. Ambienti scavati nel tufo

Nella parete tufacea del costone occiden-tale che delimita il pianoro in località

“Civita”, non distanti dal sentiero chesi diparte dal tracciato che attraversa ilplateau (n. 27), sono visibili tre ambien-ti di piccole dimensioni scavati nel tufoa circa 10 m di distanza l’uno dall’altro.Tali ambienti, di forma vagamente qua-drangolare (1,5 m di presentano evidentitracce lato), di lavorazione antica esegui-ta con uno strumento a punta. Non sonostati notati elementi in grado di stabilir-ne la destinazione originaria. Si esclu-de tuttavia a priori che si possa trattaredi tombe a camera in quanto gli ambien-ti sono ubicati all’interno dell’area dell’a-bitato etrusco, che con ogni probabilitàsi estendeva anche ai gradoni esterni ri-spetto al pianoro, come testimoniato dairinvenimenti ai nn. 17 e 51.

33. Cunicolo

In località “Civita”, lungo il versante oc-cidentale, in corrispondenza dei modestigreppi tufacei collocati alle quote più ele-vate, è visibile un cunicolo con volta ogi-vale scavato nel tufo in leggero pendio,a salire, che presenta orientamento Sud-Ovest/Nord-Est. Il condotto (mis. max.m. 1.50 x 0.80 circa) termina con una va-sca rettangolare (m 1.10x2.20 circa), pri-va della parete esterna originaria ma an-cora oggi in uso grazie a una tamponatu-ra moderna in blocchetti di tufo e mal-ta. Tale condotto, come quello al n. 37, èstato probabilmente scavato allo scopo dicaptare le acque di infiltrazione e di con-vogliarle verso l’esterno a scopi alimen-tari. Per quanto riguarda probabilmentela datazione, riferibile alla il cunicolo fa-se è etrusca dell’insediamento, in quan-to trova confronti significativi nel vicino

61Marabottini - Tamburini 2007, p. 22

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abitato di Civita d’Arlena, dove non so-no attestate fasi successive al III secoloa. C.61.

Figura 6.22.: Civita, versante occidenta-le. Cunicolo con vasca (n.33)

34. Struttura muraria. Cisterne.

Sporadici frammenti fittili

In località Civita, nella porzione meri-dionale del pianoro, presso q. 428 m(C.T.R. 1:10.000) a circa 20 m a Sud delsentiero che attraversa il plateau, è visi-bile una struttura muraria in opera ce-mentizia di scaglie di tufo addossata aduna parete tufacea alta circa 2.50 m. Lastruttura, che appare priva di paramen-to, è conservata per una lunghezza m10.30 e per un’altezza di m 2.20 e si svi-luppa con orientamento Nord-Est/Sud-Ovest. Il rudere è sicuramente identifi-cabile con quello osservato alla fine del-l’Ottocento dall’ing. Bernardino Damia-ni, il quale annota la presenza, sul pia-

noro di Civita, di “resti di un’opera pub-blica in pietrame e cemento” da lui inter-pretata come “un acquedotto in muratu-ra”62. In realtà tale struttura, che per l’u-tilizzo del cementizio rimanda all’età ro-mana, sembrerebbe costituire una sortadi sperone di contenimento della pareteesposta a cui è addossata per prevenireeventuali smottamenti.

Figura 6.23.: Civita. Struttura murariain opera cementizia (n.34)

Nel terreno prospiciente il rudere siraccolgono sporadici frammenti di tego-le di impasto rosso, due frammenti disigillata italica63. Nel terreno coltivatoa vigna immediatamente ad Ovest del-la struttura muraria, nel 2007 il De-

partment of Archaeology dell’Universitàdi Cambridge e il Dipartimento di Sto-ria dell’Università di Roma “Tor Verga-ta” hanno scavato due cisterne a sezio-ne vagamente circolare rivestite di maltaidraulica. Allo stato attuale non è pos-sibile stabilire l’esatta ubicazione dellestrutture in quanto immediatamente in-terrate dopo le operazioni di scavo. La re-lativa documentazione non è stata anco-ra pubblicata nel momento in cui si scri-

62Ruspantini 1988, p. 2763Atlante II, tav. CXXIII, f. XIV

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ve. In base a quanto appreso dal dott. A.Marziantonio, lo scavo ha restituito ma-teriale ceramico riferibile genericamenteall’età romana. Nel complesso le struttu-re descritte e il materiale ceramico rac-colto sembrano suggerire la presenza diuna struttura di produzione (villa rusti-

ca?) di età romana, come già ipotizza-to da P. Tamburini64, piuttosto che lasopravvivenza dell’abitato etrusco in etàromana.

35. Materiale sporadico

In località “Civita”, lungo il sentiero cheattraversa il pianoro da nord-ovest a sud-est, a circa 30 m a Est della struttura mu-raria di cui al n. 34, si conserva un bloccodi opera quadrata di tufo (cm. 70 x 45 x26), di cui non è stato possibile ricostrui-re la provenienza. Nelle immediate vici-nanze si raccolgono numerosi frammentidi tegole di impasto rosso/bruno.

36. Area di frammenti fittili

In località “Civita” presso il terrazza-mento naturale sito nella porzione me-ridionale del pianoro, alla quota m 400s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) è visibile unavasta dispersione di materiale fittile (m50x30 ca.) costituita da numerosi frr. ditegole d’imp. rosso, sporadici frr. di te-gole d’imp. chiaro, sporadici frr. di imp.bruno lucidato (tra cui un’ansa a baston-cello impostata orizzontalmente), nume-rosi frr. di imp. grezzo (tra cui due orlipertinenti a due olle ovoidi con orlo a cor-done ingrossato e arrotondato e quattroanse a bastoncello impostate orizzontal-mente), sporadici frr. di cer. argentata

volsiniese (pareti), sporadici frr. di cer. avernice nera (tra cui un fr. pertinente auna coppa a Morel 2960 e un fondo Morel151 a1). Il materiale esaminato, che pre-senta una notevole escursione cronologi-ca (dalla fine del VII sec. a.C. al periodotardo-etrusco) sembra suggerire che an-che i gradoni esterni del pianoro sianostati sfruttati ad uso abitativo forse giàa partire dall’Orientalizzante Recente.

37. Cunicolo

Figura 6.24.: Civita. Cunicolo (n.37)

Lungo le pendici sud-occidentali del pia-noro in località “Civita”, presso uno deigreppi tufacei collocati alle quote più ele-vate, è visibile un cunicolo con volta ogi-vale scavato nel tufo che presenta orien-tamento Sud-Ovest/Nord-Est. Il condot-to (altezza visibile: m 0.90; larghezza:m 0.70), terminava con un ampia vascaesterna, parzialmente distrutta in tempirecenti, che aveva probabilmente la fun-zione di raccogliere le acque piovane che

64Marabottini - Tamburini 2007, p. 28

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percolavano dal banco di tufo, per poi es-sere utilizzate a scopi alimentari. Il con-dotto è cronologicamente riferibile allafase etrusca dell’insediamento, in quan-to trova confronti significativi nel vicinoabitato di Civita d’Arlena, dove non sonoattestate fasi successive al III secolo a.C.

38. Basoli

Sul ciglio del sentiero che attraversada Nord-Ovest a Sud-Est il pianoro inlocalità “Civita”, nella porzione centro-meridionale del plateau, all’interno di unterreno coltivato a vigna, si osservanodue basoli stradali di lava, divelti, riferi-bili alla distruzione dell’asse stradale n.27.

39. Area di frammenti fittili

In località “Civita”, nella porzione meri-dionale del pianoro, a circa 30 m a Sud-Ovest della carrareccia che attraversa ilplateau, si segnala una maggiore con-centrazione di materiale fittile (m 30x30ca) costituita da numerosi frr. di tego-le d’imp. rosso, sporadici frr. di tegoled’imp. chiaro, sporadici frr. di imp. bru-no (pareti) numerosi frr. di imp. grez-zo (tra cui un fr. pertinente a un’ollaovoide ad orlo ingrossato esternamentecon dorso obliquo convesso e un fr. diun’ansa a bastoncello impostata orizzon-talmente), sporadici frr. di cer. a vernicenera (pareti), sporadici frr. di pithoi diimpasto.

Il complesso dei materiali raccolti, da-tabili tra la fine del VII e gli inizi del IIIsec. a.C., confermano l’ipotesi avanzatada P. Tamburini della persistenza dell’a-

bitato etrusco almeno fino alla conquistaromana del territorio volsiniese.

40. Basolo

Sul ciglio del sentiero che attraversa daNord-Ovest a Sud-Est il pianoro in locali-tà Civita, nella porzione meridionale delplateau, all’interno di un muretto a seccodelimitante una proprietà, si osserva unbasolo stradale di lava, divelto, riferibilealla distruzione dell’asse stradale n. 27.

41. Materiale sporadico

In località “Civita”, lungo le pendici meri-dionali dell’altura su cui sorgeva l’abitatoetrusco (n. 19), nel punto in cui il sentie-ro mette in comunicazione il pianoro conla località “Campolungo”, sono visibili:

1. un blocco di opera quadrata di tufo,solo parzialmente conservato (cm70x25x?);

2. una lastra di tufo frammentariadello spessore di 15 cm.

In entrambi i casi risulta impossibile sta-bilire la provenienza del materiale. Nelcaso del blocco di tufo, è probabile cheesso facesse parte della cinta murariadell’abitato: testimonianze locali, infat-ti, asseriscono che, non distante dal luo-go di rinvenimento del suddetto materia-le, a causa di uno smottamento nel 1992era venuto in luce “un poderoso trattomurario realizzato in grossi conci di tu-fo”65 , oggi non più visibile a causa dellavegetazione spontanea.

65Marabottini - Tamburini 2007, p. 22

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42. Piccionaia

In toponimo “Vallerate” lungo la campe-stre che conduce dalla sorgente “Le Fon-tane” in località “Maccarino”, si segna-la la presenza di una piccionaia di cuisi conserva in situ solo la parete di fon-do dell’ambiente, presentante tre file dinicchie di modeste dimensioni (cm 25x25ca.). Nella medesima località G. Colon-na66 segnala la presenza di almeno altrenove piccionaie, attualmente non ispe-zionabili in quanto ubicate all’interno diuna proprietà privata non accessibile. Inbase a testimonianze raccolte localmen-te, gli ambienti sono oggi utilizzati comericoveri per gli ovini e gli attrezzi agricoli.

Figura 6.25.: Vallerate. Piccionaia (n.42)

Tali evidenze sono da escludere dalnovero delle testimonianze archeologichedi natura funeraria in quanto si trattadi strutture produttive rurali, frequen-ti nel Grottano e in generale nel Viter-bese67, databili nel corso del Medioevo,ma già note in epoca romana, destina-te esclusivamente all’allevamento dei vo-

latili. Un’ulteriore conferma di questadestinazione si ricava proprio dalla zo-na di Civita, dove è riscontrabile la mag-giore concentrazione di queste piccionaierupestri (appositamente realizzate alloscopo, senza sfruttare, come spesso inve-ce avviene, una cavità precedente) e nonnell’ambito delle necropoli etrusche, dovesono noti soli casi isolati di colombari68.

43. Ambiente scavato nel tufo

Figura 6.26.: Civita, versante meridio-nale. Ambiente scavato neltufo

Lungo le propaggini meridionali dell’al-tura su cui estende il pianoro in locali-tà “Civita”, su un costone tufaceo avvoltodalla vegetazione a circa 30 m a nord delsentiero che conduce in località “Campo-lungo”, si apre un ambiente scavato neltufo interrato fino all’imposta della vol-ta a botte, la cui larghezza è di circa 3m. Attualmente, non si riconoscono ele-menti utili ad indicarne cronologia e fun-zione originaria. Tuttavia la presenza

66Colonna 1974, p. 2967La problematica con particolare riferimento agli esempi del Grottano, è riassunta in Biamonte 2001,

p. 329, n. 3068Si veda, a titolo esemplificativo, la scheda n. 71

63

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di sporadico materiale ceramico (per lopiù frammenti di tegole di impasto ros-so), nonché l’estrema vicinanza dell’evi-denza al tracciato che conduceva dal pia-noro in cui sorgeva l’abitato etrusco ver-so le località “Vallemuglie” e “Maccari-no”, sedi di importanti necropoli, lascia-no supporre che l’ambiente, sicuramenteartificiale, sia coevo all’abitato etrusco dicui al n. 19.

44. Ambiente scavato nel tufo

Figura 6.27.: Campolungo. Ambientescavato nel tufo (n. 44)

In località “Campolungo”, lungo il costo-ne tufaceo che delimita a Sud-Est il pia-noro di “Civita”, a circa m 40 a Nord del-l’asse stradale n. 47, tra la fitta vegeta-zione spontanea, si segnala la presenzadi un ambiente scavato nel tufo parzial-mente interrato di modeste dimensioni(m 1.80x1.90) a pianta approssimativa-mente quadrangolare, attualmente uti-lizzato come ricovero per gli attrezzi agri-coli. Sulla parete di fondo e sulle pare-

ti laterali sono nettamente visibili trac-ce di lavorazione riferibili a uno stru-mento a lama piatta. Non sono statinotati elementi in grado di stabilirne ladestinazione originaria.

45. Necropoli

In toponimo “Campolungo”, immedia-tamente a Est delle propaggini Sud-Occidentali dell’altura di “Civita” e a 200m a Sud di Monte Granoso, è segna-lata la presenza di tombe etrusche nondefinibili dal punto di vista tipologico69:nel Maggio del 1964 lo Stato ha acqui-sito una oinochoe etrusco-corinzia70 confascia ondulata sulla spalla provenienteda un vecchio ritrovamento clandestino,mentre altri vasi arcaici (in bucchero ed’impasto) sono conservati nella collezio-ne privata del sig. Carlo Palombini71. Inbase a quanto riferito da testimoni a G.Colonna, i vasi sarebbero stati rinvenutiin seguito a lavori agricoli nell’area suc-citata nel 1910. La ricognizione diret-ta dell’area non ha permesso di aggiun-gere ulteriori dati a causa della scarsavisibilità del terreno, adibito a pascolo.

46. Area di frammenti fittili

In località “Maccarino”, lungo il sentie-ro che mette in comunicazione l’altura diCivita con le sponde del lago e nei terre-ni circostanti, K. Raddatz in una prece-dente ricognizione72 aveva segnalato lapresenza di materiale fittile databile ge-nericamente tra la seconda metà del VII

69Tamburini 1985, p. 20170Gabinetto fotografico della SBAEM, neg. 1487171Colonna 1974, p. 2972Raddatz 1983

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e la prima metà del VI sec. a.C., che lostudioso aveva interpretato come indiziodell’esistenza di un pagus etrusco nell’a-rea indagata. L’attuale ricognizione hapermesso di confermare la segnalazionein base ai frr. affioranti: numerosissi-mi frr. di tegole di imp. rosso, spora-dici frr. d’imp. bruno (pareti), nume-rosi frr. di imp. grezzo, tra i quali unframmento di un’olla cilindrico - ovoidea orlo estroflesso decorato con solcatureconcentriche73, l’orlo ingrossato di un’ol-la cilindrico-ovoide74, un frammento diun’olla con orlo a cordone ingrossato75,numerosi fondi pertinenti a forme chiu-se di piccole e medie dimensioni, quattroanse a bastoncello impostate orizzontal-mente pertinenti a forme chiuse di pic-cole dimensioni (olle cilindrico-ovoidi ar-caiche?). L’ipotesi proposta da Radda-tz dell’esistenza di un consistente pagus

nell’area risulta poco convincente: i re-perti rinvenuti dallo studioso e in que-sta ricognizione, riconducibili a tipologienormalmente attestate in ambito fune-rario, potrebbero confermare la presen-za nell’area di tombe a cassone (come peraltro già congetturato in base alle testi-monianze di cui al n. 45), piuttosto cheindiziare un ulteriore punto di insedia-mento, la cui esistenza, per la contiguitàcon l’insediamento principale, distantesolo 200 m, e per la cronologia dei mate-riali, analoghi a quelli documentati sul-l’altura di Civita, appare assolutamenteimprobabile.

47. Basolato

In toponimo “Campolungo”, lungo il sen-tiero che dall’altura di Civita conduce inlocalità Maccarino, si segnala la presen-za di basoli di pietra lavica di piccole di-mensioni ancora in situ. Quanto osser-vato probabilmente costituisce ciò che ri-mane di un asse stradale antico che met-teva in comunicazione la struttura pro-duttiva romana (n. 34), la cui esistenzasull’altura di Civita è stata più volte ipo-tizzata76, con le sponde del lago. Il baso-lato stradale doveva inoltre ricalcare unpercorso già attivo almeno a partire dal-l’età arcaica: le propaggini meridionalidel colle costituiscono infatti uno dei pun-ti di accesso più agevoli al plateau per cuirisulta molto probabile che anche duran-te la fase di vita del centro etrusco (n.19) il percorso individuato costuituisse ilprincipale elemento di raccordo tra l’abi-tato e la sua χω̺α, come già ipotizzato daG. Cifani77.

Figura 6.28.: Campolungo. Traccia delpercorso n. 47 in unaripresa aerea RAF del 1943

73Raddatz 1983, tav. 193, n. 274Gravisca 2001, tav. 36, t. B175Gravisca 2001, tav. 39, t. C76In ultimo Marabottini - Tamburini 2007, p. 2877Cifani 2003, p. 49

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48. Basoli

In toponimo “Vallemuglie”, lungo la stra-da che collega le località “Le Sane” e “C.Torano 2°”, si osservano numerosi basolidi lava di medie e grandi dimensioni riu-tilizzati in un terrazzamento artificialerealizzato a scopi agricoli. Probabilmen-te sono il risultato della distruzione diun asse stradale di età romana che met-teva in comunicazione la sponda setten-trionale del lago di Bolsena con l’imme-diato entroterra. A conferma di ciò, te-stimonianze locali asseriscono che, finoagli anni Novanta del secolo scorso, in lo-calità “Cepposecco” era visibile un trat-to di strada basolata, poi andato distrut-to, orientato dalle sponde del lago versola località “Vallemuglie”. Non si esclu-de, pertanto, che i basoli individuati fa-cessero parte della pavimentazione dellostesso asse viario.

49. Necropoli

In località “Vallemuglie”, su un ampiotratto del costone tufaceo che fronteggiaMonte Granoso (C.T.R. 1:10.000) si se-gnala la presenza di almeno 19 tombe acamera, per lo più ad unico ambiente da-tabili in età arcaica (inizi VI sec. a.C.),stando alla cronologia dei reperti raccol-ti da G. Colonna nel 196678. Attualmentesono accessibili:

a) due piccole tombe a camera unica(rispettivamente m 2x3 e 3x3 ca.) semi-franate verso valle e depredate dai clan-destini, con soffitto a doppio spiovente,ma privo di columen. Al loro internoG. Colonna ha recuperato alcuni frustu-

li del corredo (due frammenti di un’olladel gruppo “Bolsena” e due frammenti diun’olla d’impasto con cordone a rilievo)che farebbero propendere per una lorodatazione nell’ambito dell’età arcaica;

b) tomba a camera preceduta da cor-ridoio di m 2,10. Atrio vagamente ret-tangolare (m 2,30x4,50 ca.) con soffittodispluviato, dotato di columen longitudi-nale a rilievo e di una coppia di cantheriiperpendicolari al columen. Sulla paretedi fondo si apre il tablinum, mentre sullaparete sinistra si osservano l’accesso adun cubiculum e lo scavo non ultimato diun ulteriore ambiente. In base alla de-corazione del soffitto, che trova confrontinella vicina necropoli di Le Sane (n. 16)e, più in generale, in ambito volsiniese(tombe Golini e degli Hescanas di Pora-no79) e vulcente (necropoli di Ponte Rot-to80), il sepolcro è cronologicamente in-quadrabile intorno alla seconda metà delIV secolo a.C.;

c) tomba a camera, parzialmente crol-lata a causa di opere di sbancamento ef-fettuate a scopi agricoli preceduta da dro-mos monumentale (singolarmente origi-nato da una piazzola poligonale) e bre-ve corridoio ipogeo. Atrio quadrangola-re con soffitto a doppio spiovente e colu-

men longitudinale a rilievo. Sulla paretedi fondo si apriva l’accesso ad un cubicu-

lum a grotticella di modeste dimensionie si notava lo scavo di un ulteriore am-biente non ultimato, mentre dalla pare-te sinistra si accedeva ad altri due cubi-

cula (uno scavato a grotticella, di note-voli dimensioni, e un secondo ambientedi forma vagamente rettangolare e di di-mensioni più modeste). All’interno del-

78Colonna 197479Feruglio 198280Pellegrini - Rafanelli 2005, pp. 34-36

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la tomba, fino al 1994 (anno del crollo)era visibile un’iscrizione sulla parete si-nistra dell’atrio, tra gli accessi ai due cu-

bicula, che attestava l’appartenenza delsepolcro alla gens Herina81. Gli scarsiresti del corredo recuperati dal persona-le della Soprintendenza competente nel198382, permettono di datare la tombanel corso del VI sec. a.C.;

d) tomba a camera, attualmente utiliz-zata come ricovero per gli attrezzi agri-coli, costituita da atrio rettangolare (m4,00x4,40) con soffitto displuviato e colu-men longitudinale a rilievo. Sulla pare-te di fondo e sulla parete destra si apro-no due coppie di cubicula, mentre sul-la parete sinistra è visibile una nicchiarettangolare di notevoli dimensioni (m3,00x0,90x0,90) probabilmente realizza-ta successivamente alla fase di utilizzodel sepolcro, stando ai segni di lavorazio-ne visibilmente differenti. Si recupera-no alcuni frustuli del corredo: un profi-lo riferibile ad un’olla stamnoide d’impa-sto del gruppo “Bolsena”83 con decorazio-ne dipinta white on red; un profilo di unaciotola ad orlo introflesso d’impasto grez-zo; un orlo trilobo di una oinochoe d’im-pasto; un fr. di ceramica d’imp. rosso concordone plastico; un profilo di una ciotolain argilla figulina84;

Figura 6.29.: Vallemuglie. Tomba a ca-mera (n. 49, d)

Figura 6.30.: Vallemuglie. Planimetriadelle tombe n. 49 b (da Co-

lonna 1974), c (da Timperi1994), d (rilievo dell’autore)

81Si tratta di un’iscrizione parietale sinistrorsa, forse tardo-arcaica, non più leggibile a causa del crollodella tomba. Nell’epigrafe, costituita dal solo elemento nominale Herina, è riconoscibile un genti-lizio in caso zero, attestato in questa forma due sole volte nel territorio volsiniese (CII, app. 638;NRIE 518) in epoca tardo-etrusca, quando tale gentilizio acquista notevole diffusione nei territoridi Chiusi e Perugia. Tale iscrizione, precedendo cronologicamente tutte le attestazioni finora notedel gentilizio Herina, ne dichiara l’origine volsiniese e permette di ricostruire la direzione delladiaspora della popolazione di Volsinii (rivolta verso l’Etruria centrale interna, con particolare rife-rimento al chiusino e al perugino) a seguito dell’intervento bellico romano che portò alla distruzionedella capitale del distretto nel 265 a.C. (Marabottini - Tamburini 2007 p. 41)

82Si tratta di frammenti di bucchero, di ceramica attica a figure nere e di ceramica d’impasto,comprendente anche prodotti del Gruppo Bolsena (Marabottini - Tamburini 2007, p. 64, n. 135)

83Marabottini - Tamburini 2007, p. 107, fig. 5784Tamburini 1985, p. 204 n. 2

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50. Area di frammenti fittili

In Toponimo “Vallemuglie”, subito aNord-Est della campestre che collega l’al-tura di “Civita” con la località “Cepposec-co”, in terreno arato, è visibile una vastadispersione di materiale fittile (m 50x80ca.) costituita da numerosi frr. di tego-le d’imp. rosso, sporadici frr. di tego-le d’imp. chiaro, numerosi frr. di imp.grezzo (tra cui due frr. pertinenti a dueolle cilindrico-ovoidi con con orlo estro-flesso e leggermente ingrossato85, e unfr. di ansa a bastoncello impostata oriz-zontalmente), sporadici frr. di bucche-ro nero (pareti), un profilo riferibile a unbacile d’imp. chiaro-sabbioso86, un orlodi un anforone d’impasto chiaro-sabbiosocon orlo a fascia e decorazione plastica acordone ottenuta con impressioni digita-li immediatamente sotto l’orlo87. Il com-plesso dei materiali suggerisce l’esisten-za nell’area di un modesto insediamen-to, verosimilmente di tipo agricolo, or-mai completamente distrutto, attivo du-rante l’età arcaica; l’esiguità dei fram-menti ceramici sicuramente databili im-pedisce ulteriori precisazioni di caratterecronologico.

51. Strada

In località “Casale Torano 2°”, lungo ilsentiero che costeggia il fosso del Rigo eche conduce da Località “Casale Scalette”alla chiesa della Madonna di Torano, so-no visibili, per un tratto della carrarecciadi circa 15 m, numerose schegge di basal-

to di piccole e medie dimensioni che sem-brano riferibili ad una preparazione stra-dale. Tale evidenza probabilmente cor-risponde alla “via antica” individuata daFiorelli nel 1884 “lungo lo stradello cheva alla vigna in vocabolo Torano”88 e chedoveva mettere in comunicazione le spon-de del lago con l’immediato entroterra,in un punto cruciale per le comunicazio-ni locali per la presenza di sepolture da-tabili tra IV secolo e periodo tardo- etru-sco (nn. 8 e 52) e, probabilmente, di unedificio templare extra-urbano (n. 9).

Figura 6.31.: Casale Torano 2°. Resti ditracciato stradale (n. 51)

52. Necropoli

In località “Casale Torano 2°” (C.T.R.1:10.000), lungo il costone tufaceo chesi affaccia sul Fosso del Rigo e sul sen-tiero che collega la chiesa della Madon-na di Torano con la località “C. Scalet-

85Gravisca 2001, tav. 34, t. D, fig. 327; Gravisca 2001 tav. 39, t. B/B3, fig. 38786Gravisca , tav. 2, t. A/A1, fig. 3687Si veda l’esemplare integro, conservato presso il Museo Archeologico di Grotte di Castro, datato

genericamente al VI sec. a.C. (Marabottini - Tamburini 2007, p. 96, fig. 24a; inv. Museo: 0220)88Fiorelli 1884

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te” (C.T.R. 1:10.000) si aprono numero-se tombe a camera, di cui alcune attual-mente utilizzate come ricovero per glianimali:

a) camera rettangolare (m 4.20x2.20ca.) con volta a botte e piano di calpe-stio interrato. Pur non essendo presen-ti elementi che permettano di stabilirela destinazione originaria dell’ambientesulle pareti sono visibili segni di lavora-zione antica ascrivibili ad uno strumentoa lama piatta;

b) camera rettangolare (m 2.20x4.50ca) con volta a botte e piano di cal-pestio interrato. Sulla parete di fon-do si apre una nicchia ad arcosolio (m1.70x0.50x0.50 ca). Anche in questocaso, sulle pareti sono visibili segni dilavorazione antica;

c) camera rettangolare (m 3.70x1.70ca) con soffitto a doppio spiovente e pia-no di calpestio interrato. Si raccolgonoframmenti di ceramica di impasto;

d) ampio ambiente rettangolare (m5.00x5.00 ca89) oggi riutilizzato come ri-covero per suini, presentante soffitto di-spluviato e sei grandi nicchie anch’es-se displuviate aperte a coppie lungo lepareti laterali e sulla parete di fondo.

Nelle immediate vicinanze si apronoaltri ambienti. Risulta tuttavia impossi-bile acclarare la loro destinazione origi-naria in quanto oggi essi sono utilizzaticome ricovero per gli attrezzi agricoli erisultano pertanto inaccessibili.

Per quanto riguarda la datazione delsepolcreto, afferente all’abitato al n. 19,la tipologia della tomba n. 52,d rimanda

ad esempi di architettura funeraria di etàellenistica90 per cui non si esclude unadatazione simile per la necropoli nel suocomplesso. Non si esclude, tuttavia, cheil sepolcreto sia rimasto in uso per un pe-riodo piuttosto lungo, data la presenza diceramica di impasto presso l’ambiente n.52, c.

Figura 6.32.: Casale Torano 2°. Tomba acamera (n. 59, d)

53. Frammenti fittili sporadici

In toponimo “C. Scalette”, lungo il sen-tiero che costeggia il Fosso del Rigo e checonduce in località “C. Torano 2°”, pressola quota m 343,5 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000),sul terreno arato ad uso seminativo, siosserva una ristretta concentrazione (m20x25 ca.) di rari frr. di tegole di imp.rosso e diversi frr. di imp. grezzo (pareti),finemente triturati dall’aratro.

I materiali identificati sembrano rife-rirsi ad un modesto insediamento agri-

89Data l’inaccessibilità della tomba, oggi utilizzata come ricovero per animali, le misure sonoapprossimative

90La tomba presenta caratteristiche non dissimili da esempi di architettura funeraria in ambito vul-cente databili tra il IV e il III sec. a.C. (cfr. Tamburini 1985 p. 203, n. 56) anche se in questo casomancano gli elementi di sostegno dell’atrio e i loculi sulle pareti sono sostituiti da grandi nicchiedispluviate.

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colo, in uso in un periodo non precisabiledell’età arcaica.

54. Ambienti scavati nel tufo.

Cunicolo

In toponimo “C. Renaccio”, lungo il costo-ne tufaceo che si affaccia sulla carrarec-cia che mette in comunicazione la stradaerroneamente indicata sulla cartografiatecnica regionale come “Cassia Antica”con la sorgente “La Vena”, si osservano:

a) ambiente scavato nel tufo di for-ma vagamente rettangolare (m 7,00x4,50ca) con soffitto displuviato, attualmenteutilizzato come ricovero per gli animali.Sulla parete di fondo si nota la presenzadi due nicchie quadrangolari di modestedimensioni (cm 30x40 ca), prrobabilmen-te funzionali all’alloggiamento di conte-nitori d’acqua o di derrate alimentari, edi quattro fori (diametro: 6 cm ca.) po-sti alla distanza regolare di 40 cm l’unodall’altro e di 1.30 m dall’attuale pianodi calpestio. Sulla superficie del soffit-to e delle pareti non sono state osservatetracce di allargamenti moderni del vano.Sul posto non è stato possibile rintraccia-re indicazioni utili a stabilirne la funzio-ne originaria, anche se la presenza dellenicchie e dei fori (funzionali con ogni pro-babilità all’alloggiamento di una menso-la) lascerebbero propendere per l’ipotesidi una funzione abitativa del vano;

b) ambiente di forma vagamente ret-tangolare (m 20x10 ca.) attualmente uti-lizzato come ricovero per i mezzi agricoli.Sulla superficie delle pareti si notano se-gni di lavorazione riferibili ad un inter-vento unitario, realizzati con uno stru-

mento a punta. Lo scavo dell’ambien-te ha “tagliato” il condotto di un cunico-lo preesistente, con copertura ad ogiva(altezza visibile: m 1.30; larghezza: m0.60), apparentemente orientato in dire-zione Sud-Ovest. Il cunicolo non è ispe-zionabile in quanto attualmente si trovaa circa 2 m al di sopra del piano di cal-pestio del vano. Pur mancando elementiper circoscrivere la datazione dell’inter-vento, si può ipotizzare che esso sia rife-ribile al periodo etrusco91 e che sia sta-to finalizzato al drenaggio del pianoro so-prastante (attualmente non ispezionabi-le in quanto proprietà privata) e al convo-glio delle acque piovane in direzione del“Fosso Grande”;

Figura 6.33.: C. Renaccio. Cunicolo (54,b)

c) ambiente scavato nel tufo di formavagamente rettangolare (m 15x9 ca) uti-lizzato come ricovero per i mezzi agri-

91Non mancano nel grottano esempi di ingegneria idraulica del genere riferibili allo stesso orizzontecronologico: si vedano, a titolo esemplificativo, le evidenze ai nn. 32, 37, 65 e 76

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coli. A causa delle pessime condizionidi conservazione del vano, semicrollatoverso valle, sulle pareti non sono attual-mente visibili tracce di lavorazione anti-ca. Anche in questo caso mancano ele-menti per stabilire la funzione originariadell’ambiente.

55. Materiale sporadico

In toponimo “Sorg.te La Vena”, all’inter-no della recinzione della centrale elettri-ca locale, si osservano numerosi basoli dilava e di nenfro scalzati di piccole e me-die dimensioni. È molto probabile che l’e-videnza individuata sia riferibile alla di-struzione del lastricato dell’asse n. 56.La presenza del materiale all’interno del-la recinzione, in un’area interessata dainterventi edilizi solo negli ultimi decen-ni, lascia supporre che la strada, di cui siapprezzano scarsi resti, sia stata oggettodi spolio in epoca relativamente recente.

Figura 6.34.: Sorg.te La Vena. Basoli (n.55)

56. Strada

In toponimo “Sorgente La Vena” lungola carrareccia che dalla località “C. Re-

naccio” conduce a San Lorenzo Nuovo, siosserva un brevissimo tratto (m 12 ca.)di strada basolata profondamente dete-riorata, realizzata con basoli di lava eblocchi di nenfro di medie dimensioni.Il percorso, apparentemente diretto ver-so Nord, collegava con ogni probabilitàil borgo medioevale di San Lorenzo alleGrotte (n. 57) con l’attuale sito di San Lo-renzo Nuovo, mettendo in comunicazio-ne insediamenti attivi a partire dall’etàmedioevale (nn. 10, 54).

Figura 6.35.: Sorgente La Vena. Trac-ce di basolato fortementedeteriorato (n. 56)

57. Abitato. Piccionaie.

Ambienti scavati nel tufo

In località “Paese Vecchio”, lungo la stra-da erroneamente denominata “CassiaAntica” (C.T.R. 1:10.000) a circa 2 Kma Sud-Ovest dal comune di San Loren-zo Nuovo, si ergono i resti dell’abitatomedioevale di San Lorenzo alle Grotte.

Si tratta di un piccolo abitato (m250x70 ca.) che sorgeva su uno spero-

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ne di roccia tufacea isolato entro unapiccola valle infossata. Il borgo avevauna cerchia muraria (oggi solo parzial-mente conservata) con torrioni circola-ri e tre porte che si aprivano ad Est, aSud e a Nord. Al centro dell’altura siergeva la chiesa parrocchiale, dedicataa San Lorenzo, intorno alla quale era-no distribuite anularmente le abitazioni,alcune delle quali scavate direttamentenella roccia.

Figura 6.36.: Paese Vecchio. Tratto dellemura di cinta medioevali e,in basso, dromos (n. 57, b)

L’erudizione storica locale sostiene cheil borgo sia stato fondato da papa Adria-no IV nel 1157. Dalla fine del XIII secoloe per quasi tutto il successivo fu ininter-rottamente in possesso degli Orvietani.Il definitivo abbandono del centro, avve-nuto intorno all’ultimo quarto del XVIIIsecolo, fu dipeso economico-politici daiprogetti della Camera Apostolica e del-l’allora pontefice Clemente XIV, che nel-la costruzione del nuovo centro intravi-de maggiori possibilità di sviluppo econo-mico. Il sito venne visitato nel 1883 daAdolfo Cozza92, il quale, in base alla na-

tura delle evidenze allora visibili, soste-neva che l’altura potesse essere occupatain antico da un pagus etrusco.

Attualmente, lungo le pendici dellosperone tufaceo, oltre a brevi tratti dellemura di cinta medioevali (filari isometri-ci in conci di tufo), sono visibili (partendoda Nord e in senso orario):

a) tagliata tufacea realizzata “per isco-po di difesa [...] di tempo non posterioreall’Etrusco, stantechè non taglia acciden-talmente nessuna delle opere d’arte chesi riferiscono a codesta civiltà”93;

b) ambiente interrato, presentantedromos d’accesso con soffitto a doppiospiovente. Sulla parete di fondo è visibileuna nicchia di piccole dimensioni;

c) Tre ambienti comunicanti (m 5x5;3x5; 4.5x5) risalenti probabilmente al pe-riodo etrusco e rimaneggiati con ogni pro-babilità in età medioevale: si notano, in-fatti, tracce di lavorazione riferibili a dueinterventi cronologici distinti che oblite-rano l’originario soffitto a doppio spio-vente (di cui rimangono labili tracce incorrispondenza dell’accesso) in favore diuna copertura a volta. In base a questielementi, non si esclude che la funzio-ne originaria degli ambienti fosse quelladi tombe a camera, mentre per l’età me-dioevale si ipotizza una loro destinazionecome ricovero per gli animali;

d) Ambiente vagamente quadrangola-re (m 4x7) presentante piano di calpe-stio interrato e soffitto a volta. Attual-mente risulta impossibile stabilire la suadestinazione originaria;

e) Ambiente rettangolare (m 5x7 ca.)presentante piano di calpestio interratoe soffitto a doppio spiovente. Sulla paretedi fondo, una nicchia di piccole dimensio-

92Carta Archeologica 1881-1897, p. 2093Ibidem

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ni. Non si esclude possa trattarsi di unatomba a camera ad unico ambiente;

f) Ambiente quadrangolare (m 5x5ca.), rimaneggiato, la cui funzione origi-naria era quella di piccionaia: in prossi-mità del soffitto sono, infatti, ancora vi-sibili 5 file di nicchie di piccole dimen-sioni deteriorate. fortemente L’interven-to è con molta probabilità databile all’etàmedioevale, in linea con numerose testi-monianze le di colombari-piccionaie dellaTuscia viterbese;

g) Piccionaia (m 6x5 ca.) presentante10 file di nicchie quadrangolari sulla pa-rete di fondo e 4 file sulle pareti latera-li. Anche in questo caso, l’intervento puòessere datato all’età medioevale;

h) Piccionaia parzialmente franata, (m4x5 ca.) presentante 70 nicchie quadran-golari disposte su 10 file sulla parete difondo e 67 nicchie disposte su 11 file sullaparete di destra.

Figura 6.37.: Paese Vecchio. Piccionaia(n. 57, h)

In base agli elementi acquisiti, l’ipotesiavanzata dal Cozza riguardo l’esistenzadi un pagus etrusco stanziato sullo spe-rone tufaceo su cui nel Medioevo sorgeràl’abitato di San Lorenzo risulta non pri-

va di fondamento: pur mancando, infatti,prove incontrovertibili di una occupazio-ne del sito nel periodo etrusco, la confor-mazione dell’altura, unita alla presenzadi opere difensive (la tagliata tufacea) edi ambienti scavati nel tufo interpretabilicome tombe a camera, nonché la vicinan-za della necropoli di “C. Cepposecco” (n.62), avvalorano tuttavia tale ipotesi. Perquanto riguarda la datazione della pro-babile occupazione del sito, non si esclu-de che l’altura possa essere stata sede diun pagus sin dall’età arcaica.

58. Ambienti scavati nel tufo

Lungo la carrareccia che dalla località“C. Paese Vecchio” conduce in toponimo“Sorgente La Vena”, presso il costoneoccidentale dello sperone tufaceo sito aquota m 375 s.l.m. (C.T.R. 1:5.000), sisegnala la presenza di quattro ambientiscavati nel tufo di forma vagamente qua-drangolare con soffitto displuviato, nonispezionabili in quanto utilizzati come ri-covero per gli animali. In una prece-dente ricognizione94, sulle pareti dei va-ni erano state osservate tracce di lavo-razione riferibili a due fasi cronologichedistinte che testimonierebbero una mo-difica almeno parziale dell’articolazioneplanimetria degli ambienti nonché del-la loro destinazione funzionale. In man-canza della possibilità di accedere ai va-ni, si può solo ipotizzare che la desti-nazione originaria degli ambienti potes-se essere sepolcrale, pur mancando daticerti per avvalorare questa ipotesi, men-tre, in un momento successivo, la lo-ro funzione poteva essere abitativa, inlinea con una tendenza particolarmen-

94Raddatz 1983

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te diffusa nel grottano sin dall’Alto Me-dioevo95. In tal caso, l’evidenza indivi-duata andrebbe a configurarsi come uninsediamento rupestre.

59. Area di frammenti fittili

In località “Sorgente La Vena”, a circa100 m ad Est dell’altura di San Loren-zo Vecchio, lungo il sentiero che dalla SSCassia conduce alla sorgente omonima,si segnala la presenza di un’area di fram-menti fittili di forma irregolare (ca. m15x20) costituita per lo più da frustuli ditegole, coppi e laterizi, insieme a diversinuclei di conglomerato cementizio, attri-buibili alla distruzione di un edificio ru-stico, probabilmente una struttura pro-duttiva. Il materiale raccolto, per quan-to indatabile, è tuttavia circoscrivibile adun orizzonte cronologico post-classico.

Figura 6.38.: C. Scalette. Spezzoni dinenfro (n. 61)

60. Ambienti scavati nel tufo

In toponimo “Sorg.te La Vena”, lungo ilcostone tufaceo che si affaccia sulla car-rareccia che mette in comunicazione lalocalità “C. Paese Vecchio” con la località“Selva Sterta”, si segnala la presenza diquattro ambienti scavati nel tufo comu-nicanti tra loro, attualmente utilizzaticome ricovero per gli animali:

a) ambiente non ispezionabile in quan-to interrato fino all’imposta della volta;

b) vano vagamente quadrangolare (mi-sure stimate: m 5x6 ca.) non accessibilein quanto parzialmente crollato;

c) ambiente di forma vagamente ret-tangolare (m 7x6 ca.) con soffitto displu-viato. La presenza di segni di lavora-zione ascrivibili a due fasi cronologichedistinte lascia supporre che l’articolazio-ne interna dell’ambiente in origine po-tesse essere più complessa. Sulla pare-te sinistra si nota la presenza di due nic-chie che, date le modeste dimensioni (cm30x45), probabilmente erano funzionaliall’alloggiamento di lucerne;

d) ambiente di forma irregolare (lung.massima: m 10; largh. massima: m 8)con soffitto a doppio spiovente. L’am-biente a sua volta è suddiviso in due va-ni di dimensioni minori dalla presenzadi un setto divisorio interno risparmiatonel tufo. Anche in questo caso si notanosegni di lavorazione riferibili a due fasicronologiche distinte.

Testimonianze locali asseriscono che ivani sono stati utilizzati come abitazionialmeno fino alle fine della Seconda Guer-ra Mondiale. Pertanto, pur mancandoelementi certi per stabilire la funzione

95In merito si vedano anche le evidenze ai nn. 30, 54, 60, nonché la testimonianza diretta di papaPio II Piccolomini che, in viaggio verso Siena, visitò la Val di Lago nel 1462, ricordando come “icastellani avessero delle spelonche scavate, nelle quali abitavano in gran parte” (Marabottini -Tamburini 2007, p. 9)

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originaria degli ambienti, non si esclu-de che essa possa essere stata abitativaanche in tempi anteriori (probabilmentegià dal Medioevo, dal momento l’artico-lazione interna e lo sfruttamento deglispazi dell’ambiente n. 60, d trova con-fronti puntuali in numerosi insediamentirupestri della Tuscia96).

61. Area di frammenti fittili

In località “C. Scalette”, nella porzioneoccidentale del pianoro, sul terreno aratoad uso seminativo, si osserva una discre-ta concentrazione (m 60x30 ca.) di nume-rosi frr. di tegole di imp. rosso, rari frr.di tegole di imp. chiaro, e diversi frr. diimp. grezzo (pareti), finemente trituratidall’aratro. Si rinvengono, inoltre, diver-si frr. di laterizi, rari frammenti di ter-ra sigillata italica (pareti) e africana “A”(tra cui l’orlo di una coppa tipo Lamboglia2A ) e numerosi frr. di ceramica d’uso co-mune (pareti e un orlo di una pentola ti-po Olcese 5 a). Ai margini dell’area sonoinoltre visibili alcuni spezzoni di nenfrodistrutti dall’aratro e un basolo di selce.

I frammenti di imp. grezzo, non identi-ficabili, indicano una prima fase di occu-pazione del rilievo genericamente ascri-vibile all’età arcaica, senza che siano pos-sibili ulteriori specificazioni. Si esclude,tuttavia, possa trattarsi di un pagus, ipo-tesi proposta da A. Fioravanti97, a cau-sa della scarsità dei resti individuati. Imateriali più recenti, triturati dai lavoriagricoli e dispersi per una vasta esten-sione di terreno, si riferiscono, invece, ad

un insediamento (villa rustica?) attivodurante la prima e media età imperiale.

62. Necropoli. Ambienti scavati

nel tufo

In località “Cepposecco”, lungo il costo-ne tufaceo che delimita a Ovest la loca-lità “C. Scalette” presso la quota m 350s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) si aprono duetombe a camera e tre ambienti scavatinel tufo aventi probabilmente la stessadestinazione:

a) tomba a camera parzialmente inter-rata costituita da atrio, con copertura adoppio spiovente, che si sviluppa in modotrasversale rispetto all’ingresso (m 4,5x5ca.) e cinque cubicula (uno sulla paretedi fondo e due sulle pareti laterali). Al-l’interno dei cubicula si notano sepolturericavate in fosse e banchine. Nell’atrio,le pareti laterali presentano rilievi ar-chitettonici ad imitazione della travaturadelle abitazioni;

b) tomba a camera, già individuata daD. Golini98, preceduta da dromos di m2,50 e da corridoio di m 1,8. L’atrio (m8x6) presenta copertura a doppio spio-vente e un “bell’ordine di trabeazione nellacunare della soffitta, alta m 5, somi-gliante a costruzione di legno”99. Dall’a-trio è possibile accedere a sette cubicoli(tre dalla parete di fondo e due da ciascu-na delle pareti laterali). All’interno deicubicula si notano sepolture ricavate infosse e banchine. Al momento della sco-perta, Golini riporta di aver visto “undi-ci grandissimi vasi della forma delle no-

96Si veda, a titolo esemplificativo, l’insediamento rupestre di Norchia, databile al XII-XIII secolo d.C.( De Minicis 2003, p. 88)

97Fioravanti 200798Golini 1857, p. 138-999Ibidem

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stre grandi vettine da olio con manubri,alcuni di essi avevano una greca di colorerosso, ed uno portava la iscrizione MIPU-

TERESIASKASIES100. [...] Dentro que-sti vasi erano riposte le ossa e le ceneridei morti”101. La presenza dei cinerari ri-portata dallo studioso costituiscono l’uni-ca testimonianza certa dell’adozione delrito crematorio in una zona in cui l’inu-mazione sembra prevalere lungo l’interoarco del periodo etrusco;

c) ambiente artificiale scavato nel tufo,attualmente utilizzato come ricovero pergli attrezzi agricoli. Si tratta di un am-biente dalla forma vagamente rettango-lare (m 12x15 ca.) presentante una gros-sa nicchia quadrangolare (m 2x2) sullaparete di destra. La presenza sulle pare-ti di segni di lavorazione riferibili a duefasi cronologiche distinte lascia ipotiz-zare una modificazione almeno parzialedell’articolazione interna dell’ambiente;

d) ambiente artificiale scavato nel tu-fo, parzialmente interrato e di piccole di-mensioni (m 1,20x1,80). La esigue di-mensioni dell’ambiente, nonché la pre-senza di concrezioni calcaree sulla pa-rete lasciano supporre che possa trat-tarsi di un apprestamento idraulico nonultimato;

e) ambiente artificiale inaccessibile inquanto attualmente utilizzato come ma-gazzino per il ricovero di attrezzi mecca-nici. Dal lucernaio che si apre al di so-pra del portone d’ingresso è possibile in-tuire che l’articolazione interna dell’am-biente si sviluppi in due camere distintedi modeste dimensioni. La presenza di

banchine sulla parete sinistra permettedi ipotizzare che si tratti di una tomba acamera fortemente rimaneggiata.

La datazione di questa necropoli è in-quadrabile nell’ambito dell’età arcaica,con particolare riferimento alla metà delVI sec. a.C. in quanto la struttura del-le tombe ai punti a) e b) trova confron-ti stringenti con le strutture funerarie diPianezze (n. 67). La necropoli esamina-ta, distante circa 2 km dall’insediamen-to stanziatosi sul colle di Cività (n. 19),serviva probabilmente il pagus etrusco lacui esistenza è stata più volte ipotizzatapresso il colle su cui nel Medioevo sorge-rà il borgo di San Lorenzo alle Grotte (n.57).

63. Materiale sporadico

Testimonianze locali raccolte da Giusep-pe Biamonte102 nel 2001 asseriscono che,in località Casale Cepposecco, all’inter-no del podere Salotti, fino a qualche de-cennio fa erano visibili cospicui resti ar-cheologici, distrutti a seguito dello sban-camento del terreno a scopi agricoli. Inbase a tali testimonianze, erano presen-ti i ruderi di un edificio, racchiuso entroun muro di cinta che si estendeva fino alpodere di Cepposecco. L’intervento dellaruspa, oltre alla scomparsa delle strut-ture ancora emergenti, ha causato il rin-venimento di altri resti edilizi pavimen-tati con mosaici a disegno geometrico inbianco e nero, probabilmente appartenu-ti ad una villa rustica di età romana, sul-

100L’iscrizione vascolare, arcaica, sinistrorsa, era apposta su un’anfora che allo stato attuale non sem-bra più reperibile (Magini et alii 1987, p. 74, ad tit. 10887). Il testo, redatto in scriptio continuae suddivisibile in mi puteresias kaisies, dichiara l’appartenenza del vaso o forse del corpo crematocontenuto al suo interno a un individuo di sesso maschile. (CIE 10887)

101Golini 1857, p. 138-9102Biamonte 2001

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la quale si era presumibilmente impian-tata la costruzione successiva insieme a“colonnine marmoree scanalate” e a unsarcofago in terracotta. Attualmente, co-me già notato da Biamonte, nessuno deiresti è riconoscibile sul terreno. Tuttaviala presenza in superficie di frammenti dimattoni e tegole, nonché la conformazio-ne ondulata del campo confermano am-piamente la rilevanza dell’area a livelloarcheologico.

Figura 6.39.: I ruderi della chiesa di San-t’Ippolito in una ripresaaerea RAF del 1943

Per quanto riguarda l’interpretazionedelle testimonianze, i ruderi dell’edificiocoincidono con ogni probabilità con quan-to osservato nel 1902 da Teodorico Ru-spantini, il quale, visitando la località“Cepposecco”, trovò “i ruderi di mura diuna chiesa larga metri 4 e 1⁄2 e lunga me-

tri 11 da una parte e soltanto 3 dall’al-tra”103. Biamonte identifica tali resti conla chiesa di S. Ippolito104. A conferma diquesta ipotesi vi è anche il fatto che il ri-cordo della presenza dell’edificio di cultosi è conservato nel toponimo che apparenella riproduzione cartografica del terri-torio del comune di Grotte di Castro pub-blicata da Angelo Ruspantini sulla ba-se delle carte catastali pontificie del XIXsecolo105.

I resti edilizi con pavimento a mosaicoe i numerosi frammenti di laterizi e te-gole inducono a pensare alla presenza diuna villa rustica di età imperiale, in lineacon una tendenza particolarmente diffu-sa in quest’area della Val di Lago che ve-de una occupazione del territorio in etàromana basata sulla presenza di impian-ti di produzione sparsi per le campagnepiuttosto che sulla presenza di un vero eproprio centro abitato.

64. Ambienti scavati nel tufo

In toponimo “Casale Cepposecco”, sullosperone tufaceo su cui sorge l’edificio ru-stico che dà il nome alla località, alla quo-ta m 350 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) si apro-no due ambienti scavati nel tufo attual-mente inaccessibili in quanto utilizzaticome ricovero per gli attrezzi agricoli:

a) ambiente vagamente quadrangola-re (misure: m 5.00x5.00 ca) presentante

103Bullettino della società storica vulsiniese , 30-31, 1902, p. 277104La chiesa di Sant’Ippolito, le cui origini risalgono all’età longobarda, probabilmente si trovava sotto

la giurisdizione della diocesi di Sovana fino alla seconda metà del XII secolo, per l’esattezza finoall’epoca del vescovo Milone di Orvieto (1159-1162) quando la chiesa divenne possedimento orvie-tano in base alle testimonianze letterarie (“et vidit eundem episcopum [Ildinzone di Sovana] habere

et tenere ecclesiam sancti Ypoliti pacifice et quiete donec episcopus Milus abstulit eam”) (Biamonte2001, p. 375, n. 171)

105L’indicazione topografica riportata sulla suddetta carta fa iniziare la contrada “Sant’Ippolito” subitoad Est della necropoli di Pianezze, nel lembo di terra a cavallo tra i comuni di Grotte di Castro e S.Lorenzo Nuovo.

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pilastro centrale;

b) ambiente con articolazione internacomplessa. Dal lucernaio del portone diingresso sembrano intravedersi un corri-doio centrale e almeno quattro ambien-ti (due per ciascun lato) interpretrabi-li in via del tutto ipotetica come cubi-cula. Sono nettamente visibili segni dilavorazione antica;

Figura 6.40.: C. Cepposecco. Ambientescavato nel tufo (n. 64, b)

Se tali ambienti corrispondono alle“grotte scavate nel tufo”106 individuateda Teodorico Ruspantini nel 1902 in lo-calità Cepposecco, la loro interpretazionecome tombe a camera risulterebbe suf-fragata dalla testimonianza diretta del-lo stesso Ruspantini, che asserisce diaver visto una “tomba scavata nel tufoche dovea essere coperta da lastra spez-zata di marmo asportata e non scritta,contenente ossa e calce”107. Tuttavia,nell’impossibilità di accedere agli am-bienti, l’identificazione non può esserecomprovata.

65. Cunicolo

In località “Cepposecco”, lungo il sentieroche conduce dal casale omonimo in locali-tà “Vallemuglie” e che costeggia il Fossodel Rigo, è visibile l’accesso di un cuni-colo con volta ogivale scavato nel tufo chepresenta orientamento Est/Ovest. Il con-dotto (mis. max. m. 1.50 x 0.80 circa)si addentra nel costone tufaceo per circa12 m per poi proseguire sia in direzioneNord che in direzione Sud.

Figura 6.41.: Cepposecco. Cunicolo (n.65)

Il cunicolo è stato probabilmente sca-vato allo scopo di captare le acque di infil-trazione per favorire il drenaggio del pia-noro soprastante, evidentemente utiliz-zato per scopi agricoli. Le acque poi dove-vano essere convogliate verso il Fosso delRigo. A causa della pessima visibilità delterreno non è stato possibile ricostrui-re con certezza il tracciato del condotto.Non si esclude tuttavia che esso prose-gua in direzione Sud per almeno 800 m,dal momento che lungo i limiti confinaridel podere “Salotti” è visibile un ulteriore

106Bullettino della società storica vulsiniese , 30-31, 1902, p. 277107Ibidem

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accesso che presenta caratteristiche mol-to simili (n. 76). L’assenza di pozzi diareazione è giustificabile con il fatto che,in base a testimonianze locali, il terrenoattraversato dal cunicolo è stato comple-tamente sbancato rendendo impossibilel’individuazione degli sfiatatoi del cuni-colo. Mancano elementi per circoscriverela datazione dell’intervento.

66. Necropoli

In località 108“Maccarino”, presso le pen-dici orientali del colle omonimo, lungola carrareccia che separa il territorio co-munale di Grotte di Castro da quellodi San Lorenzo Nuovo, Alessandro Na-so109 segnala la presenza di due tombea camera:

a) tomba a camera, parzialmente in-terrata, preceduta da corridoio strom-bato di m 2,90. Atrio rettangolare (m4,90x3,20) in cui si aprono cinque cubicu-la interrati (due su ciascuna parete late-rale e uno sulla parete di fondo). Il soffit-to dell’atrio, displuviato, presenta un co-

lumen longitudinale e due columina tra-sversali, equidistanti tra loro. Il columen

longitudinale conserva labili tracce di tresottili strisce di color rosso, tracciate conregolarità; una striscia dello stesso colorecompare sullo spiovente destro, mentrenon si rinvengono tracce di colore sullospiovente sinistro a causa del crollo par-ziale della copertura. Nei riquadri com-presi tra i columina trasversali sono di-pinte sedici linee parallele distanti fra lo-ro 18-21 cm, tra le quali si notano disegninon più riconoscibili, anch’essi tracciaticon il colore rosso. L’inquadramento cro-

nologico proposto da A. Naso è compre-so tra la seconda metà del VI secolo e gliinizi del V secolo a.C.;

b) tomba a camera (circa 12 m a Suddella precedente), non accessibile a cau-sa dei crolli. In base alla descrizione diA. Naso, essa è costituita da un atrio ret-tangolare in cui si aprono cinque cubicu-

la (due su ciascuna parete laterale e unosulla parete di fondo). La crosta superfi-ciale del soffitto è crollata, ma si può ri-costruire la presenza di un columen lon-gitudinale grazie alla rappresentazione,al centro delle pareti laterali, della “gab-bia frontonale” (due sostegni laterali eduno centrale, compresi tra due fasce adoppio spiovente superiori e ad una fa-scia orizzontale inferiore) tramite fascedebolmente rilevate (per 2-3 cm) sullaparete tufacea. Testimonianze locali as-seriscono che fino a qualche decennio fa ilsoffitto conservava tracce di decorazionedipinta a riquadri rossi.

Figura 6.42.: Maccarino. Rappresenta-zione della gabbia fronto-nale (n. 66, b)

La raffigurazione della gabbia fronto-nale, che compare nella prima metà delVI sec. a.C.110, lascia propendere peruna datazione del sepolcro nella pienaetà arcaica.

108Contrada!Maccarino109Naso 1996, pp. 285-6110Si veda, a titolo esemplificativo, la tomba “della Peschiera” a Tuscania

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67. Necropoli

Figura 6.43.: La necropoli di Pianezze inun rilievo della SBAEM (n.67)

In località “Pianezze”, lungo la SP Gra-doli - Grotte di Castro, a circa 200 m aNord dell’incrocio con la SS 489, si apro-no 33 tombe a camera, di cui 24 attual-mente accessibili. Procedendo da Sud, siosservano:

a) tomba a camera (P26111) precedu-ta da breve dromos. La camera sepol-

crale, di forma irregolare, presenta unabanchina sulla parete sinistra e due fos-se scavate nel pavimento sulla paretedestra;

b) Tomba a camera (P25) preceduta dadromos (presentante una nicchia scavatasul fianco destro), costituita da due am-bienti (atrio e tablino) solo parzialmenteultimati. All’interno si distinguono novesepolture, otto delle quali in fosse e unain loculo ricavata sulla parete di destradell’atrio;

c) Tomba a camera (P24) costituita datablino e due cubicoli a croce scavati allafine del dromos secondo un modello simi-le a quello adottato nelle cosiddette “tom-be a vestibolo scoperto con accesso a gra-dini e a pianta cruciforme”112 documen-tate a Pitigliano tra la fine del VII e gliinizi del VI sec. a.C., di cui questa tomba,presentando un vero e proprio dromos alposto della gradinata, potrebbe costituireuno sviluppo113;

d) Tomba a camera (P29) con am-pio dromos, costituita da unico ambien-te a grotticella, di modeste dimensioni,a protezione di una piccola fossa scava-ta in asse con il dromos, evidentementedestinata ad una sepoltura infantile;

e) Tomba a camera (P22) precedu-ta da dromos monumentale (presentanteun loculo ricavato sulla parete di destrapresso la porta) e da un lungo corridoioipogeo perfettamente rifinito. La camerasepolcrale, a grotticella, presenta tre de-posizioni in fosse sulla sinistra e una inloculo sulla destra. Dalla tomba, proba-bilmente violata già in antico, provengo-

111La numerazione progressiva riportata tra parentesi si riferisce alla sigla identificativa attribuita aciascuna tomba dalla SBAEM.

112Pellegrini 2003, p. 306113Marabottini - Tamburini 2007, p. 46114Si segnalano, in particolare, i reperti conservati presso il Museo Archeologico di Grotte di Castro:

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no alcuni reperti databili tra il primo e ilterzo venticinquennio del VI sec. a.C.114;

f) Tomba a camera (P19bis) parzial-mente franata e ormai priva dell’ingres-so originario. L’ingresso è a grotticel-la, con banchina su tre lati e sepoltu-re ricavate in fosse e loculi, da cui sonostati recuperati un puntale di lancia inferro115 e un’olletta cilindrico-ovoide116,generalmente databile in età arcaica;

g) Tomba a camera (P19) preceduta daampio dromos con loculo sulla parete de-stra e da un corridoio ipogeo. L’interno ècostituito da una camera funeraria di for-ma rettangolare, con banchina su tre lati,soffitto a doppio spiovente e columen tra-sversale rispetto all’ingresso; le sepoltu-re sono costituite da tre grandi fosse conincassi, di cui due allineate lungo la pare-te sinistra e una trasversale sulla destradell’ingresso, e da una quarta di picco-le dimensioni (evidentemente destinataalla sepoltura di un infante);

h) Tomba a camera (P18) presentan-te ampio dromos e breve corridoio ipo-geo che immettono in una camera sepol-crale quadrangolare con ampia banchi-na su tre lati, occupata quasi per interoda tredici fosse (sette a sinistra e sei adestra). Il soffitto è a doppio spiovente,con columen rilevato trasversale rispettoall’ingresso. Gli scarsissimi resti di cor-redo rinvenuti sono costituiti da una oi-

nochoe in bucchero nero databile a par-

tire dal secondo quarto del VI sec. a.C.e dai frammenti di una kylix attica a fi-gure rosse databile alla metà del V sec.a.C.117;

i) Tomba a camera (P1) preceduta dadromos e corridoio ipogeo. Ampio atriorettangolare, privo di banchina, con l’as-se maggiore trasversale rispetto all’in-gresso, con soffitto displuviato e dotato dicolumen in rilievo che, alle due estremi-tà, poggia su due pilastri in forte agget-to. Sul pavimento, nove fosse per adul-ti e una per infante, a cui si aggiungonodue loculi per adulti sulla parete sinistrae un loculo per infante sulla parete de-stra. Sulla parete di fondo dell’atrio siaprono un tablino, con porta dotata di in-casso perimetrale e banchina su tre lati edue cubicoli. La tomba sembra rifarsi aun tipo architettonico che a Cerveteri118

e a Poggio Buco119 risulta attestato tra il600 e il 575 a.C.;

j) Tomba a camera (P2) preceduta dadromos e corridoio ipogeo. L’atrio, ret-tangolare, presenta una banchina estesaquasi all’intero pavimento e un cubicoloche si apre sulla parete di fondo. Il soffit-to dell’atrio, a doppio spiovente, presentaun columen in rilievo dipinto per intero dicolore rosso, virtualmente sostenuto daun pilastro in ordine tuscanico, anch’essodipinto di rosso. Con l’ausilio dello stes-so colore sono indicate due travi paralle-le al columen e ventisei cantherii. I nu-

una coppa di impasto (inv. Museo 0003), un kantharos di bucchero nero (inv. Museo 0002), tre vasiminiaturistici (inv. Museo 0008-10) e una cuspide di giavellotto in ferro (inv. Museo 0024)

115Inv. Museo 0267116Inv. Museo 0266117Inv. Museo 0246-7118Naso 1996, pp. 320-330119Pellegrini 2003, p. 210120Accanto a una coppa di tipo Grotte (Inv. Museo 0165) e a una serie di vasi in bucchero grigio di

produzione orvietana databili tra il VI e il V secc. a.C. (Inv. Museo 0167, 00176-7), si segnalanouna fuseruola di bucchero con corpo globulare baccellato (Inv. Museo 0168), un frammento di coppalaconica con decorazione stilizzata (Inv. Museo 0172), databile intorno alla metà del VI sec. a.C.,

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merosi elementi di corredo recuperati120,che consentono di inquadrare il periodod’uso della tomba tra la metà del VI e ilV sec. a.C., riconducono verso l’ambitovolsiniese, mentre l’adozione della deco-razione pittorica per riprodurre le archi-tetture interne sembra piuttosto riferirsiall’ambito vulcente121;

Figura 6.44.: Pianezze. Interno dellatomba n. 67, j

k) Tomba a camera (P7) preceduta dadromos e breve corridoio ipogeo. L’atrio,quadrangolare, presenta un’ampia ban-china su tre lati e quattro deposizioni infosse, con soffitto a doppio spiovente e co-

lumen trasversale a rilievo. Sulla paretedi sinistra due cubicoli rimasti allo statodi lavorazione iniziale e sulla parete difondo il tablino (con banchina su tre latie due fosse lungo le pareti laterali);

l) Tomba a camera (P8) preceduta dadromos e breve corridoio ipogeo. La ca-mera sepolcrale è costituita da un unico

ambiente a grotticella, con banchina sutre lati e due deposizioni in fosse;

m) Tomba a camera (P13) precedutada dromos e monumentale corridoio ipo-geo. Ampio atrio vagamente quadrango-lare con due ampie banchine laterali econ un soffitto a doppio spiovente soste-nuto da un columen longitudinale in ri-lievo. Sulla parete di fondo si apre uncubicolo;

n) Tomba a camera (P9) presentantedromos e breve corridoio ipogeo, costitui-ta da unico ambiente a grotticella, conbanchina su tre lati e sei deposizioni infosse. La tomba è genericamente data-bile in epoca arcaica sulla base dell’uni-co elemento di corredo pubblicato, costi-tuito dal fondo di una forma aperta inbucchero nero con iscrizione graffita122;

o) Tomba a camera (P19) presentan-te dromos monumentale e breve corri-doio ipogeo, costituita da unico ambien-te a grotticella, con banchina su tre latiuna fossa longitudinale sul lato destro ecinque trasversali sul lato sinistro, a cuisi aggiunge una ulteriore deposizione inun loculo ricavato sulla parete a sinistradell’ingresso;

p) Tomba non ultimata (P30) presen-tante dromos e breve corridoio ipogeo;

q) Tomba non ultimata (P16) presen-tante dromos e porta di accesso;

r) Tomba a camera (P14) preceduta dadromos e breve corridoio ipogeo. Ambien-te vagamente quadrangolare a grotticel-la presentante due cassoni trasversali ai

e una coppa attica verniciata per intero di nero (Inv. Museo 0171), collocabile verso la fine del VIsec. a.C.

121Naso 1996, p. 430122L’iscrizione (fastia) sembra restituire il prenome femminile Fasti flesso al genitivo prendendo il suf-

fisso arcaico -a e quindi esprimente un titolo di possesso: “io sono di Fasti”. Il testo restituisce latestimonianza più antica di un prenome che, in età ellenistica troviamo attestato in altre quat-tro occorrenze in ambito volsiniese, ma che avrà larghissima diffusione soprattutto nei territori diChiusi e di Perugia (Marabottini - Tamburini 2007, p. 42, s. 5)

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lati dell’ingresso, oltre a cinque fosse sca-vate nella banchina. Sulla parete di fon-do, in posizione centrale, si nota l’iniziodello scavo del tablino;

s) Tomba a camera (P17) preceduta dadromos monumentale e da un lungo cor-ridoio ipogeo strombato (con due loculisulle pareti). Sul fondo, unico ambien-te di piccole dimensioni, a grotticella,contenente una fossa;

t) Tomba a camera (P31) preceduta dadromos e breve corridoio strombato. L’in-terno, a pianta rettangolare con banchi-na su tre lati, presenta copertura concolumen e due coppie di cantherii del-la stessa larghezza, secondo un modellopresente anche in località “Vallemuglie”(n. 49), “Maccarino” (n. 66) e “Le Sane”(n. 16);

u) Tomba a camera (P32) preceduta dadromos e breve corridoio. Ambiente ret-tangolare, fuori asse, con soffitto displu-viato dotato di columen trasversale a ri-lievo. All’interno si notano un loculo asinistra dell’ingresso e quattro fosse pe-rimetrali, tra cui quella sulla parete difondo trasformata in mangiatoia; sullaparete sinistra si aprono due larghi fo-ri praticati dai tombaroli, che colleganoquesta tomba ai due cubicoli della tomba

contigua;v) Tomba a camera fortemente rima-

neggiata (P33) preceduta da dromos ebreve corridoio. Atrio rettangolare consoffitto a doppio spiovente e columen lon-gitudinale a rilievo. Sulla parete di de-stra si aprono due cubicoli a grotticella,mentre sulla parete di fondo si notanodue cubicoli non ultimati. Sulla paretesinistra dell’atrio si osserva una nicchiaad arcosolio interpretabile come un ap-prestamento idrico, evidentemente suc-cessivo alla fase di utilizzo del sepolcro,come sembrerebbero suggerire i segni dilavorazione lasciati sulla volta (realizza-ti con uno strumento a punta anziché conla dolabra) e la presenza di una piccolavasca sul bordo esterno della nicchia e diconcrezioni calcaree sulle pareti;

w) Tomba a camera (nota nella let-teratura archeologica come “tomba del-le iscrizioni”123) costituita da atrio ret-tangolare su cui si aprono cinque cubi-coli (uno sulla parete di fondo, due sul-la parete di sinistra e due sulla parete didestra). La tomba è assegnabile all’etàarcaica, come provano i pochi frammen-ti superstiti del suo corredo124, ed un do-cumento epigrafico graffito sulla paretedestra dell’atrio125;

123Tamburini 1985, p. 201124Si tratta di quattro frammenti di bucchero nero, uno dei quali appartiene ad una coppa a vasca

emisferica di un tipo attestato in ambito orvietano tra il secondo e il terzo venticinquennio del VIsec. a.C. (cfr. Bizzarri , 1966, p. 80, fig. 37 C)

125Si tratta di una iscrizione parietale sinistrorsa, redatta in scriptio continua, oggi gravemente dan-neggiata a causa di un tentativo di asportazione mal riuscito. L’iscrizione (che recita spurepu /

eknatevipupiesθui, da dividersi in spurepu / eknate vipupies θui) è stata redatta in due momentidiversi, come testimoniato dalle differenze di grafia riscontrabili tra la prima e la seconda partedel testo: l’iscrizione più antica, inquadrabile nell’ambito del VI sec. a.C. per affinità grafiche coni titoli funerari presenti nella necropoli anulare di Orvieto (Marabottini - Tamburini 2007, p. 41),è composta dal prenome eknate, dal gentilizio vipupies e dall’avverbio locativo θui e può essere tra-dotta come “Eknate Vipupies qui (è sepolto)”; l’iscrizione più recente (spurepu), forse databile nellaprima metà del V sec. a.C., potrebbe contenere un ulteriore elemento onomastico (in rapporto conil prenome spurie?) relativo ad un defunto sepolto nel cubicolo dopo Eknate, oppure (se posto inrapporto etimologico con il termine spur, “città”) potrebbe esprimere un concetto del tutto diverso,eventualmente da ricercarsi nella sfera del diritto pubblico (Tamburini 1985, p. 206)

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x) Tomba a grotticella (nota nella let-teratura archeologica come “tomba del-le lucerne”126) non accessibile, precedu-ta da breve dromos. Rappresenta l’unicocaso conosciuto fino ad ora di riutilizzo inetà romana di una sepoltura etrusca127:all’interno della tomba, infatti, accantoad alcuni vasi arcaici in ceramica d’im-pasto128, sono state rinvenute otto lucer-ne a canale aperto del tipo Loeschke Xdatabili nel corso del II sec. d.C.129;

In conclusione, la necropoli, riferibilecon certezza all’abitato etrusco di Civi-ta (n. 19), risulta pienamente databilein età arcaica (in particolare ai decennicentrali del VI secolo e al primo venticin-quennio del V secolo a.C.) con un esem-pio di riutilizzo in età romana (cfr. tom-ba n. 67, x). Se da un lato i frustuli dicorredo superstiti riconducono all’ambi-to volsiniese, l’adozione di alcuni tipi ar-chitettonici sembra piuttosto riferirsi al-l’ambito vulcente. Questa particolarità èprobabilmente dovuta alla posizione del-l’abitato di Civita, proprio al confine trai “territori” di Volsinii e di Vulci. Infine,il contrasto spesso evidente tra la monu-mentalità e l’alto grado di finitura deglielementi esterni (dromos, facciata, por-ta) e la trascuratezza degli interni (atrio,cubicula), potrebbe costituire il riflesso diuna fase storica piuttosto critica, coinci-

dente con la fine del VI sec. a.C., che pro-babilmente costrinse la comunità localead un uso più intensivo e più affrettatodelle necropoli e, di conseguenza, menorispettoso di regole architettoniche130.

68. Frammenti fittili sporadici

Sul terreno con fitta vegetazione del pen-dìo orientale del colle a Ovest della locali-tà “Maccarino” ho notato rari frr. di tego-le di imp. rosso e di imp. chiaro, verosi-milmente di dilavamento dalla quota piùalta del rilievo. Le pessime condizioni diosservabilità del terreno ne precludonol’interpretazione.

69. Necropoli

In toponimo “Vallerate”, immediatamen-te a Sud dell’altura di Civita, è segnala-ta la presenza di alcune tombe a cassonevenute alla luce negli anni Ottanta delsecolo scorso in seguito a lavori agricolie scavi clandestini131. Non si posseggo-no ulteriori dati relativi a questo ritrova-mento anche a causa della scarsa visibi-lità del terreno, adibito a pascolo. Que-ste sepolture, riferibili con certezza all’a-bitato di Civita (n. 19), riconducono aduna datazione nell’ambito del VII a.C.,

126Questa tomba fu distinta al momento dello scavo con la sigla P7; la stessa sigla è stata poi assegnataad un’altra tomba (cfr. infra)

127L’affermazione del Cozza (Carta Archeologica 1881-1897 , p. 8) secondo cui lo sviluppo planime-trico di molti sepolcri era imputabile a un loro utilizzo in età imperiale, è da considerarsi una puraillazione formulata sulla base del supposto confronto tra il sistema di sepoltura in fosse e locu-li attestato in molte tombe del Grottano con quello che è normalmente attestato nelle catacombepaleocristiane.

128Si tratta di una coppetta in bucchero grigio (inv. Museo 0188), una coppa di tipo Grotte (inv. Museo0193) e un’olletta miniaturistica d’impasto (inv. Museo 0195)

129Sei delle otto lucerne, conservate presso il Museo archeologico di Grotte di Castro, sono statetrafugate nel 1986 (Marabottini - Tamburini 2007, p. 65, n. 179)

130Marabottini - Tamburini 2007, p. 40131Semplice citazione in Tamburini 1985, p. 188

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anche se non si può escludere che l’usodelle tombe a cassone nella zona di Civitasia perdurato anche nelle età successive.

70. Necropoli

In località “Centocamere”, sul versantesettentrionale dell’altura che si affacciasulla S.P. “Grotte di Castro”, si aprononumerose tombe a camera scavate nel tu-fo, di cui alcune parzialmente interrate.Otto di esse sono accessibili:

a) Camera rettangolare di m. 2.50 dilungh. x 3.35 di largh. Lungo la paretedi destra, un cubicolo (m 2.00x1.90) confossa scavata nel banchina; sulla pare-te di fondo, due cubicoli (m 2.50x2.00),ciascuno presentante tre banchine. Sul-la parete di fondo del secondo cubicolosi apre una ulteriore camera sepolcra-le di dimensioni minori (m 2.00x2.00),anch’essa presentante tre banchine;

b) Camera rettangolare di m. 2.32di lungh. x 3.21 di largh. presentan-te due banchine scavate sul lato sini-stro e una banchina scavata sul lato de-stro. Sulla parete di fondo, si apronouna nicchia quadrangolare e un cubico-lo (m 2.48x2.00) presentante due banchi-ne sui lati lunghi. Nella camera prin-cipale sono visibili le aperture pratica-te dai tombaroli per accedere alle tombecontigue;

c) Camera rettangolare di m. 3.00di lungh. x 3.00 di largh. Lungo cia-scuna delle pareti della camera i apronodue cubicoli. Si raccolgono frammenti diceramica di impasto;

d) Camera rettangolare di m. 5.00 dilungh. x 1.81 di largh. Presentante sof-fitto a doppio spiovente e due coppie dibanchine scavate sui lati lunghi. Nellaparete di destra si aprono due cubicoli:

il primo (m 2.50x2.00) presenta tre nic-chie scavate nelle pareti; il secondo (m2.00x3.00) presenta quattro fosse scava-te nel piano di calpestio e una nicchiarettangolare scavata nella parete di de-stra. Sulla parete di fondo della camerasepolcrale si sviluppano in sequenza trecubicoli, di cui il terzo non ultimato;

e) Camera rettangolare di m. 2.80 dilungh. x 2.40 di largh. Presentante sof-fitto a doppio spiovente e una banchinascavata su ciascuno dei lati lunghi. Nel-la parete di destra si apre un cubicolo (m2.50x2.00) , mentre sulla parete di fon-do della camera sepolcrale si aprono (sul-la sx) un ambiente di piccole dimensio-ni (m 2.00x3.00) e (sulla dx) tre cubicoliin sequenza, di cui il terzo (m 3.90x5.00)presentante cinque loculi scavati nel pia-no di calpestio. Sulla parete sinistra delsecondo cubicolo si apre a sua volta unulteriore ambiente non ultimato;

f) Camera rettangolare di m. 2.33 dilungh. x 3.90 di largh. Su entrambi i latilunghi della camera è visibile una ban-china scavata nel tufo. Sul lato di fondosi aprono due cubicoli, ciascuno presen-tante tre loculi scavati all’interno dellebanchine;

g) Camera rettangolare di m. 2.05 dilungh. x 2.03 di largh. Presentante sof-fitto a doppio spiovente e tre loculi sca-vati sul piano di calpestio e un loculo ri-cavato sulla parete di destra. Sul lato difondo si apre un cubicolo (m 2.45x3.55)presentante tre fosse scavate sul piano dicalpestio;

h) Camera rettangolare di m. 4.30 dilungh. x 2.67 di largh. Presentante duecubicoli sulla parete di destra, un cubico-lo e una nicchia quadrangolare sulla pa-rete di sinistra e un cubicolo sulla paretedi fondo.

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Figura 6.45.: Casale Centocamere.Schizzo misurato delletombe a camera accessibili(n.70). Rilievo dell’autore

Questa necropoli, nota dalla lettera-tura archeologica sin dall’Ottocento132,era stata erroneamente interpretata co-

me un complesso catacombale paleocri-stiano133 sia per la presenza di numerosecroci graffite (interpretabili come corsivisegnali dei tombaroli) sia per la presen-za dei loculi e delle fosse scavate all’in-terno delle tombe. In realtà questo com-plesso, riferibile con certezza all’abitatodi “Civita” (n. 19) risulta in uso dall’e-tà arcaica - come dimostrato dal mate-riale ceramico raccolto in questa ricogni-zione134 e dalla tipologia delle tombe - fi-no all’età ellenistica, dal momento che,nella seconda metà dell’Ottocento è sta-to recuperato un corredo funerario data-bile tra la fine del IV e gli inizi del IIIsec. a.C., comprendente, tra le altre coseun balsamario di bronzo, uno specchio dibronzo con iscrizione śuθina135, un ma-nico di bronzo a figura di genio alato, uncoppa in bronzo anch’essa con iscrizioneśuθina, un piccolo balsamario di vetro,due situle di ceramica argentata e duealari in ferro136. Inoltre, il materiale so-pra descritto attesta lo stretto legame didipendenza dell’abitato di Civita rispettoalla capitale del distretto volsiniese, dalmomento che i reperti recuperati sono

132Carta Archeologica 1881-1897, p. 8133Damiani 1900, p. 221342 orli riferibili ad un’olla ovoide d’impasto ad orlo ingrossato esternamente con dorso obliquo con-

vesso (Tamburini 1981, tav. II, c-d); 1 fr. di ceramica d’impasto rosso con cordone a rilievo; 1 fr. diceramica d’impasto bruno lucidato riferibile ad un’olla ovoide costolata (Marabottini - Tamburini2007, p. 106, fig. 54)

135Il termine, che troviamo frequentemente inciso sul vasellame e sugli oggetti di instrumentum bron-zeo prodotti tra la metà del IV e il III secolo a.C. dalle botteghe di Volsinii, è formato dal sostantivośuθi (“tomba”) unito all’enclitica aggettivale -na che attribuisce al sostantivo un valore di pertinen-za (“della tomba”) col significato compiuto di “tombale”. Costituisce, quindi, una sorta di formulariorituale con cui si priva l’oggetto di qualunque funzione domestica, limitandone l’uso alla sola sferasepolcrale, suonando anche come avvertimento minaccioso nei confronti dei violatori di tombe.

136Il corredo, di matrice volsiniese, venne scavato clandestinamente nel 1862 da Luigi Biagiotti e Ales-sandro Ranieri in questa necropoli; i due tombaroli, processati e condannati, vennero poi graziatievitando così la galera ed entrando anche in possesso dei reperti loro sequestrati, tranne i più signi-ficativi, che vennero inclusi nel patrimonio del Museo Gregoriano Etrusco del Vaticano. Il corredovenne così smembrato: dei reperti rimasti di proprietà del Biagiotti e del Ranieri si è persa ognitraccia, mentre i materiali rimasti in Vaticano sono tuttora identificabili e sono stati pubblicati eriuniti in Buranelli 1991. (Tamburini 2007, p. 61, n. 46)

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caratteristici delle botteghe orvietane.

71. Piccionaie. Tombe a camera

Figura 6.46.: Casale Centocamere. Pic-cionaia (n. 71, b)

In località “Casale Centocamere”, sulversante settentrionale dell’altura che siaffaccia sulla S.P. Grotte di Castro, a cir-ca m 100 a Est della strada “Pian delGrano” si aprono tre piccionaie nascostedalla vegetazione:

a) ambiente rettangolare (m4.20x7.10) presentante quattro file di nic-chie (cm 25x25 ca.) per ciascuno lato esoffitto a volta. Attualmente l’ambien-te, particolarmente deteriorato, risultaparzialmente interrato;

b) ambiente rettangolare (m3.10x5.20) con soffitto a volta e quattrofile di nicchie quadrangolari per ciascunlato. Il crollo del pavimento dell’ambien-te lascia intuire la presenza di un ulte-riore ambiente sottostante, identificabilein via del tutto ipotetica con una tombaa camera etrusca;

c) ambiente rettangolare (m 3.00x5.00ca.) con soffitto a volta e cinque file dinicchie quadrangolari per ciascun lato.L’ambiente è parzialmente ingombro daterra e da massi di crollo della volta. Aldi sopra della piccionaia si apre l’ingres-so di due tombe a camera etrusche, en-trambe costituite da un solo ambiente,non visitabili a causa del crollo del pa-vimento che rende impossibile l’accesso.La parete tufacea in cui sono stati scavatile camere sepolcrali sopra descritte pre-senta una croce graffita, realizzata pro-babilmente dai tombaroli per marcare letombe già saccheggiate indicandole cosìai loro successori137.

Figura 6.47.: Casale Centocamere. Pic-cionaia, tombe a camera (n.71, c)

Le piccionaie individuate non costitui-scono una testimonianza archeologica dinatura funeraria: si tratta, infatti, distrutture produttive rurali, frequentissi-me nel viterbese e databili soprattuttonel corso del Medioevo ma già note inepoca romana, destinate esclusivamenteall’allevamento di volatili, come ribadito,

137Testimonianze locali riportate in Marabottini - Tamburini 2007, p. 22138Ibidem, p. 27

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in ultimo, da P. Tamburini138. In basea questa lettura tali strutture potrebbe-ro essere ascrivibili ad un insediamentorurale medioevale che probabilmente eraubicato presso Casale Centocamere.

Per quanto riguarda la presenza del-le tombe a camera etrusche, riferibili concertezza all’abitato di “Civita” (n. 19),non ci sono elementi in grado di circo-scriverne la datazione. Si può imma-ginare, tuttavia, che esse risalgano al-l’età arcaica, come congetturato da P.Tamburini139.

72. Ambiente scavato nel tufo

In toponimo “Casale Centocamere”, lun-go la strada che dalla SP 145 conducein località “Tujena”, si segnala la pre-senza di un ambiente scavato nel tufo diforma rettangolare (m 3x3,5) con soffittodispluviato, attualmente utilizzato comericovero per gli strumenti agricoli.

Data la vicinanza dell’evidenza allanecropoli di Centocamere (n. 70) e lanetta presenza di segni di lavorazione ri-feribili a due fasi cronologiche distinte,non si esclude possa trattarsi di una tom-ba a camera etrusca fortemente rimaneg-giata. Si segnala, inoltre, la presenza,lungo lo stesso percorso, di altri quattroambienti scavati nel tufo inaccessibili inquanto interrati.

73. Frammenti fittili sporadici

Sul pendìo del rilievo (sfruttato come bo-sco ceduo) immediatamente a Sud della

strada “Pian del Grano”, presso la quotam 470,1 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000) si racco-glie scarso materiale fittile dilavato dallavetta del colle: tegole di imp. chiaro, te-gole di laterizio; due frr. di argilla depu-rata acroma; 4 frr. di cer. a vernice nera(pareti); 3 frr. di terra sig. italica (pareti)rari frr. di cer. di imp. grezzo; numero-si frr. riferibili a contenitori da trasporto(pareti).

Si tratta probabilmente dei residui diun insediamento, di tipologia e dimensio-ni non più precisabili a causa della pes-sima visibilità del terreno. Il materialeraccolto attesta una frequentazione del-l’area a partire dall’età arcaica fino adalmeno la prima età imperiale.

74. Materiale sporadico

In località “San Donato”, lungo la strada“Pian del Grano”, presso un casale sito acirca 2 km a Ovest di Civita, si segnalano:

a) una lapide marmorea che informache nel 1893 l’ing. Bernardino Damianifece costruire la sua dimora su una pro-prietà prima occupata da un “tempiettodi costruzione etrusco-romana”. Il ter-reno su cui sorge l’edificio, attualmenteinaccessibile, ha restituito, durante le ri-cognizioni di superficie condotte negli an-ni Ottanta del secolo scorso da P. Tambu-rini e A. Timperi140, una discreta quanti-tà di frammenti ceramici purtroppo nondatabili insieme ad un peso da telaio rac-colto “in uno scarico di sassi presso il ca-sale”141, mentre, incassati nelle muratu-re dell’edificio, fino a qualche decennio fa

139Ibidem, p. 32140Tamburini 1985, p. 204, n. 62141Ibidem142Marabottini - Tamburini 2007, p. 38

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erano visibili “alcuni conci sporadici confori e incassi”142;

b) lungo un diverticolo della strada“Pian del Grano”, a circa 40 m a Sud-Ovest del materiale sporadico di cui so-pra, è visibile quanto interpetrato da P.Tamburini come un “modesto lacerto diuna struttura muraria in opera poligona-le di IV maniera (pseudoisodoma)”143. Siconservano in situ sei blocchi squadratidi tufo locale di diverse dimensioni chevariano da cm 20x40x30 a cm 60x60x70.La struttura faceva probabilmente par-te di una sostruzione che definiva un ter-razzamento artificiale di circa 1.3 ha, tut-tora visibile e corrispondente alla pro-prietà su cui oggi insiste il casale “SanDonato”;

c) sul terreno, coltivato a vigna, sitoimmediatamente ad Ovest, si raccolgonosporadici frr. fittili: rari frr. di tegoled’imp. chiaro, rari frr. di ceramica a ver-nice nera (pareti), rari frr. di ceramicaargentata volsiniese (pareti).

Figura 6.48.: San Donato. Strutturamuraria (n. 74, b)

In base all’ipotesi di P. Tamburini ealla natura delle evidenze descritte, sipuò ipotizzare che il terrazzamento in-dividuato possa essere stato funzionaleall’edificazione di un edificio di culto, lacui esistenza è ipotizzabile in base allalapide presente sulla facciata del casale.

In base alla tessitura del tratto mura-rio superstite, che trova confronti pun-tuali nell’ampliamento delle mura di Vol-terra della metà del IV sec. a.C.144,l’intervento edilizio può essere generi-camente datato nell’ambito dello stessoorizzonte cronologico.

Mancando altri elementi per stabilirela natura e circoscrivere la datazione del-le evidenze descritte, si ipotizza che essesi riferiscano ad un edificio di culto extra-urbano probabilmente risalente a un pe-riodo compreso tra la seconda metà delIV sec. a.C. e il III-II sec. a.C.

75. Necropoli

In toponimo “Pian dell’Aia”, lungo il sen-tiero che dalla strada provinciale “Grottedi Castro” conduce in località “C. QuattroQuerce”, su uno sperone tufaceo situatoalla quota m 350 s.l.m. (C.T.R. 1:10.000)si apre una tomba a camera ad unico am-biente (m 5.70x5.30x3.30) parzialmen-te modificata durante la seconda guerramondiale, quando fu temporaneamenteutilizzata come abitazione145. L’ambien-te presenta soffitto a doppio spiovente,dotato di un columen monumentale (lar-go 70 cm e rilevato per 30 cm) e di dodi-ci cantherii (sei per lato) alternati a la-cunari intagliati. In base alla planime-tria e alle caratteristiche del soffitto, fre-

143Ibidem144Timperi 1994, p. 91145Marabottini- Tamburini 2007, p. 37

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quenti nell’architettura funeraria in am-bito volsiniese146 e vulcente147 a partiredal IV secolo a.C., è molto probabile chela tomba risalga all’età ellenistica.

Figura 6.49.: Pian dell’Aia. Tomba a ca-mera (n. 75): a) pianta e se-zione (da Ruspantini 1988);b) assonometria (da Roma-

nelli 1986); c) particola-re del soffitto (da Timperi

1994)

Nelle immediate vicinanze, sullo stes-so sperone tufaceo in cui è stata indivi-duata la tomba appena descritta, si os-servano quattro ambienti scavati nel tu-fo che tuttavia risultano inaccessibili inquanto riutilizzati come ricovero per gliattrezzi agricoli. Pur mancando provecerte della loro destinazione originaria,non si esclude che possa trattarsi di tom-be ad unico ambiente riferibili allo stessoorizzonte cronologico.

76. Cunicolo

In località “Piantata Ruspantini”, lungola SS 489, a circa 50 m a Nord/Est dell’in-crocio tra la “Via Gradolana” e il sentie-ro che mette in comunicazione le locali-tà “Cepposecco” e “Vallemuglie”, si aprel’accesso di un cunicolo con volta ogiva-le scavato nel tufo che presenta orien-tamento Sud-Est/Nord-Ovest. Il condot-to, quasi certamente realizzato allo sco-po di captare le acque di infiltrazioneper favorire il drenaggio del pianoro so-prastante, prosegue con ogni probabili-tà in direzione Nord-Ovest, attraversan-do il podere “Salotti” (I.G.M. f. 136, I NE,32TQN378274) e proseguendo parallela-mente al corso del Fosso del Borghetto al-meno fino all’imbocco della località “Val-lemuglie”, dove è visibile un ulteriore ac-cesso che presenta caratteristiche mol-to simili (n. 65). L’assenza di pozzi diareazione è giustificabile con il fatto che,in base a testimonianze locali, il terrenoattraversato dal cunicolo è stato comple-tamente sbancato rendendo impossibilel’individuazione degli sfiatatoi del cuni-colo. Mancano elementi per circoscriverela datazione dell’intervento.

77. Materiale sporadico

In toponimo “Ponticello”, alle spalle delcasale “Buccelli”, in un terreno coltivatoa vigna sito a circa 100 m ad Est del Fos-so del Ponticello, si osservano rari fram-menti di tegole di impasto chiaro e piùfrequenti frammenti di laterizi.

In base alle informazioni raccolte inSoprintendenza, nel 1985 un’araturaprofonda del terreno succitato ha mes-

146Si vedano, a titolo esemplificativo, le tombe “Golini” e degli “Hescanas” di Porano (Feruglio 1982)147Si vedano le tombe della necropoli di Ponte Rotto (Pellegrini - Rafanelli 2005, pp. 34-36)

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so in luce un consistente insediamento dietà romana, sviluppatosi tra l’età tardo -repubblicana e l’età imperiale. Gli sca-vi condotti hanno messo in luce tre am-bienti contigui, dei quali il centrale pre-sentava pavimentazione musiva a tesse-re bianche e nere, e a poca distanza daquesti un calidarium.

Le operazioni di scavo condotte neglianni Ottanta del secolo scorso nel terre-no circostante avevano messo in luce l’in-terno di un’abitazione che la ceramica haconsentito di datare tra la fine del V e ilIV sec. a.C. Nel banco di tufo era ricava-to un focolare individuato da uno spessostrato di bruciatura e resti di ceneri; nel-la parte Nord del saggio è stato rinvenutoil muro di fondazione costituito da scagliedi tufo e ciottoli.

Inoltre la ricerca nella parte Est del-la villa si rivelò di notevole interesse:

ciò che in un primo momento sembra-va un crollo, con l’ampliamento delloscavo, è risultato essere il riempimentodi una struttura precedente, effettuato“mediante lo scarico di una casa con tego-le, coppi, ceramica a vernice nera di III-Ia.C., pesi da telaio, blocchi squadrati einformi, numerose ossa”148.

Tale scarico venne a colmare, proba-bilmente quando in età romana nella lo-calità si impiantò una villa rustica, ungrosso bacino circolare scavato nel tufo.Il rinvenimento di una vaschetta trape-zoidale ad esso collegata, farebbe pensa-re, con una certa verosimiglianza, che sitratti di un bacino per la decantazionedell’argilla. Nel caso in cui tale ipote-si, proposta da Timperi149, corrispondaa verità, ci si troverebbe in presenza diun’officina di un vasaio.

148Timperi 1994, pp. 93-4149Ibidem

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Parte III.

Bibliografia e indici

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Bibliografia

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Atlante I Aa.Vv., Atlante delle forme ceramiche I. Ceramica fine romana nel bacino

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Atlante II Aa.Vv., Atlante delle forme ceramiche II. Ceramica fine romana nel ba-

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Elen o delle �gure

1. Immagine satellitare del lago di Bolsena. In rosso, l’area indagata (daGoogle Earth) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ii

1.1. Sezione schematica del complesso vulcanico vulsino (da Nappi et al.

1995) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2. Schema geologico del distretto vulcanico vulsino. 1: sedimenti quaternari;

2: travertini; 3: prodotti di Torre Alfina e del distretto vicano; Complesso diLatera – 4: prodotti lavici e stromboliani dell’attività finale; 5: formazionedi Pitigliano; 6: formazione di Onano; 7: formazione di Onano, di Grotte diCastro e di Sorano; 8: formazione di Sovana; 9: formazione di Canino e diFarnese; Complesso vulcanico di Bolsena e Orvieto – 10: ignimbrite di Orvie-to e Bagnoregio; 12: successione piroclastica; Complesso di Montefiascone –13: colate di lava; 14: successione piroclastica; Complesso del Paleobolsena-15: colate di lava; 16: successione piroclastica; 17: colate di lava antiche; 18:ignimbriti basali; 19: successione piroclastica; 20: substrato sedimentario;21: coni di scorie; 22: crateri; 23 orli craterici; 24: faglie e fratture. (da Guide

Geologiche Regionali 1993, p. 59) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

2.1. Cisterne romane scavate in località Civita (da Annual Report 2007,p. 44) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

3.1. Leonardo da Vinci. Disegno a colori (da Frutaz 1972, tav. 21) . . . . . 113.2. Jacomo Oddi. Carta del Patrimonio di S. Pietro (da Frutaz 1972, tav.

68) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

4.1. Ricostruzione del percorso arcaico che collegava Vulci con Volsinii (rie-laborazione da Marabottini -Tamburini 2007) . . . . . . . . . . . . . . . 15

4.2. La viabilità nel distretto lacustre durante l’età imperiale . . . . . . . . 164.3. La viabilità nel distretto lacustre durante il Medioevo (in rosso il trac-

ciato della via Francigena) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184.4. Sopravvivenza della probabile viabilità perilacustre nel Medioevo (da

Google Earth) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

5.1. Carta di distribuzione dei siti del BA, BM e BR. La numerazione deisiti si riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999) . 21

5.2. Carta di distribuzione dei siti del Bronzo finale. La numerazione deisiti si riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999) . 22

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Page 108: La "Civita" di Grotte di Castro. Carta archeologica

F. Salamone - La Civita di Grotte di Castro

5.3. Carta di distribuzione dei siti della prima Età del Ferro. La numera-zione dei siti si riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tambu-

rini 1999) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235.4. Elenco dei siti considerati e relative fasi cronologiche . . . . . . . . . . 245.5. Carta di distribuzione dei siti del periodo etrusco con l’indicazione de-

gli itinerari che collegavano i vari centri. La numerazione dei siti siriferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999) . . . . . 25

5.6. La situazione nella Val di Lago nel VI sec. a.C.; la numerazione deisiti si riferisce alla fig. 5.4 (rielaborazione da Casi - Tamburini 1999) . 28

5.7. Istogramma comparativo delle superfici degli insediamenti arcaici delterritorio volsiniese a diretto contatto con il lago di Bolsena paragonatiall’estensione di Orvieto (rielaborazione da Cifani 2003) . . . . . . . . 29

5.8. Carta di distribuzione dei siti del versante volsiniese della Val di La-go nel V sec. a.C.; la numerazione dei siti si riferisce alla fig. 5.4(rielaborazione da Casi - Tamburini 1999) . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

5.9. Carta di distribuzione dei siti del versante volsiniese della Val di La-go nel IV sec. a.C.; la numerazione dei siti si riferisce alla fig. 5.4(rielaborazione da Casi - Tamburini 1999) . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

5.10.La situazione nella Val di Lago nell’età imperiale . . . . . . . . . . . . . 355.11. La situazione nella Val di Lago durante il Medioevo (in rosso il trac-

ciato della via Francigena) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

6.1. S. Maria delle Colonne. Cunicolo (n. 3) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 416.2. S. Maria delle Colonne. Soglia in tufo (n. 3, b) . . . . . . . . . . . . . . 416.3. S. Maria delle Colonne. Coperchio di sarcofago (n. 3, a) . . . . . . . . . 426.4. Il Poderone. Ambiente scavato nel tufo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 426.5. Madonna di Torano. Planimetria della tomba a camera (da Marabot-

tini - Tamburini 2007) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 446.6. Madonna di Torano. Altare forato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 456.7. C.da Fosso di Bufa. Materiale sporadico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 466.8. Il Borgo di Grotte di Castro in una ripresa aerea del 1952 (volo ETA

1952-1959, str. 129, f. 56) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 476.9. Vigna La Piazza. Tagliata tufacea (n. 14) . . . . . . . . . . . . . . . . . 486.10.Le Sane. Planimetria delle tombe 1, 3, 4 (n. 16) . . . . . . . . . . . . . 506.11. Le Sane. Tomba (n. 16, 1) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 516.12.Le Sane. Tomba (n. 16, 4) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 516.13.Pendici di Civita. Ambienti scavati nel tufo (n. 17) . . . . . . . . . . . . 516.14.Il pianoro tufaceo su cui sorgeva l’abitato etrusco visto da satellite (da

Google Earth) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 536.15.Civita. Area di frr. fittili n. 20: n. 1 cer. di imp. bruno; n. 2 cer. di

imp. grezzo; n. 3 pithos . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 546.16.Civita. Area di frr. fittili n. 22: a) fr. di pithos; b-c) frr. di votivi . . . . 55

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Page 109: La "Civita" di Grotte di Castro. Carta archeologica

F. Salamone - La Civita di Grotte di Castro

6.17. Civita. Area di frr. fittili n. 24: nn. 1-2 imp. grezzo; n. 3 pithos diimp. grezzo; n. 4 cer. a vernice nera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

6.18.Civita. Basolato stradale (n. 27) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 566.19.Civita. Area di frr. fittili n. 29: n.1 cer. del gruppo "Bolsena"; nn.

2-4 imp. grezzo; n. 5 cer. d’imitazione etrusco-corinzia; n. 6 pithos

d’impasto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 586.20.Civita. Ambiente scavato nel tufo utilizzato come abitazione nel Me-

dioevo (n. 30) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 586.21.Civita. Struttura muraria in opera quadrata (n. 30) . . . . . . . . . . . 596.22.Civita, versante occidentale. Cunicolo con vasca (n. 33) . . . . . . . . . 606.23.Civita. Struttura muraria in opera cementizia (n.34) . . . . . . . . . . 606.24.Civita. Cunicolo (n.37) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 616.25.Vallerate. Piccionaia (n. 42) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 636.26.Civita, versante meridionale. Ambiente scavato nel tufo . . . . . . . . 636.27. Campolungo. Ambiente scavato nel tufo (n. 44) . . . . . . . . . . . . . . 646.28.Campolungo. Traccia del percorso n. 47 in una ripresa aerea RAF del

1943 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 656.29.Vallemuglie. Tomba a camera (n. 49, d) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 676.30.Vallemuglie. Planimetria delle tombe n. 49 b (da Colonna 1974), c

(da Timperi 1994), d (rilievo dell’autore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 676.31.Casale Torano 2°. Resti di tracciato stradale (n. 51) . . . . . . . . . . . 686.32.Casale Torano 2°. Tomba a camera (n. 59, d) . . . . . . . . . . . . . . . 696.33.C. Renaccio. Cunicolo (54, b) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 706.34.Sorg.te La Vena. Basoli (n. 55) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 716.35.Sorgente La Vena. Tracce di basolato fortemente deteriorato (n. 56) . 716.36.Paese Vecchio. Tratto delle mura di cinta medioevali e, in basso, dro-

mos (n. 57, b) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 726.37. Paese Vecchio. Piccionaia (n. 57, h) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 736.38.C. Scalette. Spezzoni di nenfro (n. 61) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 746.39.I ruderi della chiesa di Sant’Ippolito in una ripresa aerea RAF del 1943 776.40.C. Cepposecco. Ambiente scavato nel tufo (n. 64, b) . . . . . . . . . . . 786.41.Cepposecco. Cunicolo (n. 65) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 786.42.Maccarino. Rappresentazione della gabbia frontonale (n. 66, b) . . . . 796.43.La necropoli di Pianezze in un rilievo della SBAEM (n. 67) . . . . . . . 806.44.Pianezze. Interno della tomba n. 67, j . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 826.45.Casale Centocamere. Schizzo misurato delle tombe a camera accessi-

bili (n.70). Rilievo dell’autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 866.46.Casale Centocamere. Piccionaia (n. 71, b) . . . . . . . . . . . . . . . . . 876.47. Casale Centocamere. Piccionaia, tombe a camera (n. 71, c) . . . . . . . 876.48.San Donato. Struttura muraria (n. 74, b) . . . . . . . . . . . . . . . . . 896.49.Pian dell’Aia. Tomba a camera (n. 75): a) pianta e sezione (da Ru-

spantini 1988); b) assonometria (da Romanelli 1986); c) particolaredel soffitto (da Timperi 1994) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

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Indi e analiti o

AbitatoCivita, 52Grotte di Castro, 47S. Lorenzo Vecchio, 71

ChiesaMadonna di Torano, 43, 44Sant’Ippolito, 76Santa Maria delle Colonne, 40

ContradaC. Fosso di Bufa, 46C. Mortaro, 42C. Ottaviani, 42C. Paese Vecchio, 73C. Renaccio, 70C. Scalette, 69, 75C.Moncello, 48C.Montone, 40C.Pianinciano, 43Campolungo, 64, 65Casale Cepposecco, 76–78Casale Torano II, 68Centocamere, 85, 87, 88Civita, 51–63La Fontanella, 46Le Sane, 50Maccarino, 64, 84Madonna di Torano, 43Pian del Grano, 88Pian dell’Aia, 89Pianezze, 80Piantata Ruspantini, 90Poderone, 42Ponticello, 90San Donato, 88

Santa Maria delle Colonne, 40, 41Sorg.te La Vena, 71, 74Tujena, 51Vallemuglie, 66, 68Vallerate, 63, 84Vigna La Piazza, 48

CunicoloC. Renaccio, 70Cepposecco, 78Civita, 59, 61Piantata Ruspantini, 90

NecropoliCasale Torano II, 68Centocamere, 85Cepposecco, 75Le Sane, 50Maccarino, 79Pianezze, 80Vallemuglie, 66Vallerate, 84Vigna La Piazza, 48

PiccionaiaCentocamere, 87S. Lorenzo Vecchio, 71Vallerate, 63

Tombadella colonna, 43di Pian dell’Aia, 89

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