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1 LEX NATURAE NEL DIGESTO E NEL PENSIERO DI CICERONE Leonid KOFANOV Accademia delle scienze di Russia, Mosca Russia in Société et climats dans l’Empire Romain. Pour une perspective historique et systémique de la gestion des ressources en eau dans l’Empire romain. Dir. E.Hermon. Pr of. L.Labruna. Napoli, 2009. P. 129-149 Il diritto romano, come nessun altro sistema giuridico antico o moderno, era legato molto strettamente alla natura, con le sue leggi, con l e particolarità climatiche. In modo particolare, vorrei sottolineare il fatto che il cosiddetto diritto pandettistico recepito nell’Europa del XIX sec. ha perso in gran parte questo legame, rifiutando la teoria medievale giusnaturalistica e sostituendola con la teoria dei diritti umani. Solo negli ultimi decenni a questo sistema dei diritti umani è stato aggiunto il diritto ecologico. Il legame del diritto classico romano con la natura e le sue particolarità climatiche si manifesta in modo più evidente nel terzo titolo del libro 39 del Digesto di Giustiniano, che è dedicato all’actio aquae pluviae arcendae 1 , in particolare nella frase seguente del commento di Paolo Ad edictum (D. 39. 3. 2 pr.) : « In summa tria sunt, per quae inferior locus superiori seruit, lex, natura loci, uetustas : quae semper pro lege habetur, minuendarum scilicet litium causa ». Non c’è dubbio che l’espressione pro lege habetur si riferisca non solo alla vetustas, ma anche alla natura loci, che letteralmente significa “la natura del luogo”. Quindi, la stessa natura del luogo poteva essere la causa della nascità della servitus aquae pluviae arcendae. Per di più, Paolo, con rinvio a Labeone, scrive che se la natura del luogo cambia per conto suo, senza l’attività del proprietario del terreno vicino, e comincia a nuocere, allora, l’uomo deve sopportare aequo animo questo danno 2 . Ulpiano sottolinea anche che l’actio aquae pluviae arcendae non si applica nel caso in cui è la stessa natura del luogo che provoca il danno 3 e, al contrario, si applica nel caso in cui le condizioni della natura sono violate a causa dell’attività delle costruzioni dell’uomo 4 . Poi, Ulpiano cita le parole di Labeone, secondo le quali anche nel caso di assenza 1 Su legame di questa azione con ius naturale ved. : KACPRZAK, A., L’actio aquae pluviae arcendae ed il concetto labeoniano di natura, in Testi e problemi del giusnaturalismo romano, a cura di Mantovani, D., Schiavone, A., Pavia, 2007. 2 D. 39. 3. 2. 6 (Paul.) : Labeo contra Namusam probat : ait enim natura<m> agri ipsam a se mutari posse et ideo, cum per se natura agri fuerit mutata, aequo animo unumquemque ferre debere, siue melior siue deterior eius condicio facta sit. 3 D. 39. 3. 1. 14. (Ulp.) : Huic illud etiam applicandum numquam competere hanc actionem, cum ipsius loci natura nocet : nam (ut verius quis dixerit) non aqua, sed loci natura nocet. 4 D. 39. 3. 1. 1. (Ulp.) : Actio... totiensque locum habet, quotiens manu facto opere agro aqua nocitura est, id est cum quis manu fecerit, quo aliter flueret, quam natura soleret, si forte immittendo eam aut maiorem fecerit aut citatiorem aut vehementiorem aut si comprimendo redundare effecit.
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Kofanov Lex naturae 2009

Jan 18, 2023

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Page 1: Kofanov Lex naturae 2009

1

LEX NATURAE NEL DIGESTO E NEL PENSIERO DI CICERONE

Leonid KOFANOV

Accademia delle scienze di Russia, Mosca

Russia

in

Société et climats dans l’Empire Romain. Pour une perspective historique et systémique de la gestion des ressources

en eau dans l’Empire romain. Dir. E.Hermon. Prof. L.Labruna. Napoli, 2009. P. 129-149

Il diritto romano, come nessun altro sistema giuridico antico o moderno, era legato molto

strettamente alla natura, con le sue leggi, con le particolarità climatiche. In modo particolare,

vorrei sottolineare il fatto che il cosiddetto diritto pandettistico recepito nell’Europa del XIX sec.

ha perso in gran parte questo legame, rifiutando la teoria medievale giusnaturalistica e

sostituendola con la teoria dei diritti umani. Solo negli ultimi decenni a questo sistema dei diritti

umani è stato aggiunto il diritto ecologico.

Il legame del diritto classico romano con la natura e le sue particolarità climatiche si

manifesta in modo più evidente nel terzo titolo del libro 39 del Digesto di Giustiniano, che è

dedicato all’actio aquae pluviae arcendae1, in particolare nella frase seguente del commento di

Paolo Ad edictum (D. 39. 3. 2 pr.) :

« In summa tria sunt, per quae inferior locus superiori seruit, lex, natura loci,

uetustas : quae semper pro lege habetur, minuendarum scilicet litium causa ».

Non c’è dubbio che l’espressione pro lege habetur si riferisca non solo alla vetustas, ma

anche alla natura loci, che letteralmente significa “la natura del luogo”. Quindi, la stessa natura

del luogo poteva essere la causa della nascità della servitus aquae pluviae arcendae. Per di più,

Paolo, con rinvio a Labeone, scrive che se la natura del luogo cambia per conto suo, senza

l’attività del proprietario del terreno vicino, e comincia a nuocere, allora, l’uomo deve sopportare

aequo animo questo danno2. Ulpiano sottolinea anche che l’actio aquae pluviae arcendae non si

applica nel caso in cui è la stessa natura del luogo che provoca il danno3 e, al contrario, si applica

nel caso in cui le condizioni della natura sono violate a causa dell’attività delle costruzioni

dell’uomo4. Poi, Ulpiano cita le parole di Labeone, secondo le quali anche nel caso di assenza

1 Su legame di questa azione con ius naturale ved. : KACPRZAK, A., L’actio aquae pluviae arcendae ed il concetto

labeoniano di natura, in Testi e problemi del giusnaturalismo romano, a cura di Mantovani, D., Schiavone, A.,

Pavia, 2007. 2 D. 39. 3. 2. 6 (Paul.) : Labeo contra Namusam probat : ait enim natura<m> agri ipsam a se mutari posse et ideo,

cum per se natura agri fuerit mutata, aequo animo unumquemque ferre debere, siue melior siue deterior eius

condicio facta sit. 3 D. 39. 3. 1. 14. (Ulp.) : Huic illud etiam applicandum numquam competere hanc actionem, cum ipsius loci natura

nocet : nam (ut verius quis dixerit) non aqua, sed loci natura nocet. 4 D. 39. 3. 1. 1. (Ulp.) : Actio... totiensque locum habet, quotiens manu facto opere agro aqua nocitura est, id est

cum quis manu fecerit, quo aliter flueret, quam natura soleret, si forte immittendo eam aut maiorem fecerit aut

citatiorem aut vehementiorem aut si comprimendo redundare effecit.

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2

della lex dicta tra terreni di sopra e di sotto « bisogna salvare la natura della terra, e il terreno di

sotto deve essere sempre al servizio di quello di sopra, ovvero, secondo la natura, il campo

inferiore deve sopportare il danno di quello superiore »5. Tuttavia, Paolo mostra il diritto del

vicino del fondo inferiore di migliorare « la natura del luogo » con suoi mezzi senza causare

danni per il fondo superiore6.

M. Bartošek7 spiega l’introduzione di quest’azione con le particolarità del clima d’Italia con

le sue correnti tempestose di acqua piovana. Infatti, Labeone (Paul., D. 39. 3. 2. 6) nella sua

argomentazione del cambiamento autonomo della « natura del luogo » dice che « si terrae motu

aut tempestatis magnitudine soli causa mutata sit, neminem cogi posse, ut sinat in pristinam

locum condicionem redigi ». Oltre a terremoti e tempeste spesso i giuristi romani menzionano le

altre forze naturali, però, come la regola, legate coll’acqua. Così, Pomponio menziona la regola

comune per tutte le servitù prediali, secondo la quale queste possono nuocere, se il danno si fa

« naturaliter, non manu facto », per esempio per mezzo delle correnti d’acqua piovana, degli

scoli d’acqua dei campi o dell’apparizione di una fonte nuova8. E` molto importante sottolineare

il fatto che Pomponio dica che servitus aquae pluviae arcendae non è il diritto degli uomini, ma

della terra stessa9. Nota anche che il fiume, cambiando il suo alveo, fa come il personale addetto

alla riscossione fiscale, cambiando il terreno pubblico in privato e viceversa10

. Anche

Giustiniano, descrivendo i modi d’acquisizione della proprietà secondo il diritto naturale,

descrive la stessa particolarità della natura del fiume11

. E` molto vicina a questa particolarità

anche la descrizione gaiana del sedimento di terra creato dal fiume e diventato proprietà privata

secondo il diritto di natura12

.

5 D. 39. 3. 1. 23. (Ulp.) : Si tamen lex non sit agro dicta, agri naturam esse servandam et semper inferiorem

superiori servire atque hoc incommodum naturaliter pati inferiorem agrum a superiore compensareque debere cum

alio commodo. 6 D. 39. 3. 2. 5 (Paul.) : Quamquam tamen deficiat aquae pluviae arcendae actio, attamen opinor utilem actionem

vel interdictum mihi competere adversus vicinum, si velim aggerem restituere in agro eius, qui factus mihi quidem

prodesse potest, ipsi vero nihil nociturus est : haec aequitas suggerit, etsi iure deficiamur. 7 Бартошек, М. Римское право : Понятия, термины, определения. М., 1989, С. 35.

8 D. 8. 3. 20. 1-3 (Pomp.) : Seruitus naturaliter, non manu facto laedere potest fundum seruientem : quemadmodum

si imbri crescat aqua in riuo aut ex agris in eum confluat aut aquae fons secundum riuum uel in eo ipso inuentus

postea fuerit. 9 D. 8. 3. 20. 1-3 (Pomp.) : Hauriendi ius non <h>ominis, sed praedii est.

10 D. 41. 1. 30. 3 (Pomp.) : flumina enim censitorum uice funguntur, ut ex priuato in publicum addicant et ex publico

in priuatum : itaque sicuti hic fundus, cum alueus fluminis factus esset, fuisset publicus, ita nunc priuatus eius esse

debet, cuius antea fuit. 11

Iust., Inst., II. 1. 23. Quodsi naturali alueo in uniuersum derelicto alia parte fluere coeperit, prior quidem alueus

eorum est, qui prope ripam eius praedia possident, pro modo scilicet latitudinis cuiusque agri, quae latitudo prope

ripam sit, nouus autem alueus eius iuris esse incipit, cuius et ipsum flumen, id est publicus. quodsi post aliquod

tempus ad priorem alueum reuersum fuerit flumen, rursus nouus alueus eorum esse incipit, qui prope ripam eius

praedia possident. 12

Gai, Inst., II. 70. Sed et id quod per alluuionem nobis adicitur, eodem iure nostrum fit ; per alluuionem autem id

uidetur adici quod ita paulatim flumen agro nostro adicit, ut aestimare non possimus, quantum quoquo momento

temporis adiciatur ; (et) hoc est quod uulgo dicitur per alluuionem id adici uideri quod ita paulatim adicitur, ut

oculos nostros fallat. Cfr. D. 41. 1. 7. 1.

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3

Da questi due ultimi brani si può concludere che, dal punto di vista dei giuristi romani,

l’attività autonoma della natura inanimata (natura loci e natura fluminis) è regolata dal ius

naturale. Tuttavia, nella storiografia moderna sul diritto naturale, che è davvero sterminata13

,

questo diritto di solito viene interpretato in altro modo. Non di rado il diritto naturale si identifica

con il ius gentium14

, la sua nascita si lega con la necessità di creare la base filisofica e etologica

del il ius gentium, quindi si spiega solamente con l’influenza della filosofia greca antica,

13

Ved. per esempio : LEVY, E., Natural Law in Roman Thought, in SDHI 15, 1949, p. 1-23 ; BIONDI, B., La

concezione cristiana del diritto naturale nella codificazione giustinianea, in RIDA, 4, 1950, p. 129-158 ; WILCHES,

F.A., De iure naturae apud iurisconsultos Romanos, Seminar 8, 1950, p. 67-73 ; HUNADA, K., Scienza giuridica

romana e dottrina greca del diritto naturale, in Correnti del pensiero giuridico, 1951, p. 27-62 ; WENGER, L.I., Sulla

diversa fondazione del diritto naturale, in Jus 2, 1951, p. 1-11 ; GAUDEMET, J., Quelques remarques sur le droit

naturel à Rome, in RIDA 1, 1952, p. 445-467 ; LUTZ, O., Cicero zum Naturrecht, in Schweiz, Jur. Zeit. 48, 1952,

p. 279-280 ; VOGGENSPERGER, R., Der Begriff des « ius naturale » im römischen Recht [Basler Studien z.

Rechtswiss., H. 32], Basel, 1952 ; CARTAXO, E.G., Conceito clássico e post-clássico do jus naturale e do jus

gentium, in Revista da Faculdade de Direito Universidade do Paraná 1, 1953, p. 26-47 ; VILLEY, M., Deux

conceptions du droit naturel dans l’Antiquité, in RHD 31, 1953, p. 475-497 ; BURDESE, A., Il concetto di ius naturale

nel pensiero della giurisprudenza classica, in Rivista italiana per le scienze giuridiche 7, Milano, 1954, p. 407-421 ;

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Temis 23, 1968, p. 51-72 ; KNOCHE, U., Ciceros Verhindung der Lehre voll Naturrecht mit der römischen Recht und

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Cicero. Ein Mensch seiner Zeit, Berlin, 1968. p. 38-60 ; VILLEY, M., Dialectique et droit naturel, in Riv. Internaz.

Filos. d. Dir., 1973, p. 821-831 ; STEIN, P., The Development of the Notion of Naturalis Ratio, in Daube noster.

Essays in Legal History for D. Daube, ed. by Watson, A., Edinburgh-London, 1974, p. 305-316 ; THIEME, H.,

Naturrecht und Römisches Recht, in La formazione storica del diritto moderno in Europa, Firenze, 1977. p. 95-111 ;

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Prof. Ursicino Alvarez Suárez, Madrid, 1978, p. 45-56 ; WESENER, G., Römisches Recht und Naturrecht [Geschichte

der Rechtswiss. Fakultät der Univ. Graz, I], Graz, 1978 ; DIDIER, P., Les diverses conceptions du droit naturel à

l’oeuvre dans la jurisprudence romaine des IIe et IlIe siècles, in SDHI 47, 1981, p. 195-262 ; JOHANN, H.T.,

Gerechtigkeit und Nutzen. Studien zur ciceronischen und hellenistischen Naturrechts- und Staatslehre [Bibl. der

klass. Altertumswiss. R. 2 N. F., 67], Heidelberg, 1981 ; SANTINI, G., Ius commune - Ius generale. I tre sistemi

normativi generali : Diritto naturale, delle genti e romano (Età antica e alto medioevo. Canonisti e teologi del XII

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Sodalitas VII, Napoli, 1984, p. 3577-3591 ; JANSEN, C.J.H., Natuurrecht of Romeins recht [Rechtshistorische

Studies, n. 12], Leiden, 1987 ; TRIANTAPHYLLOPOULOS, J., Contra naturam, in Sodalitas III, Napoli, 1984, p. 1415-

1419 ; VAN ZYL, D.H., Cicero and the law of nature, in South African Law Journ. 103, 1986, p. 55-68 ; WALDSTEIN,

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Conoscenza e concezione del diritto in Cicerone, in RIDA 41, 1994, p. 139-178 ; TALAMANCA, M., L’aequitas

naturalis e Celso in Ulp. 26 ad. ed. D. 12, 4, 3, 7, in BIDR 96-97, 1993-1994, p. 1-81 ; D’ORS, A., Derecho y sentido

común. Siete lecciones de derecho natural como limite del derecho positivo, Madrid, 1995, p. 180 ; LAMBERTI, F.,

Studi sui ‘postumi’ nell’esperienza giuridica romana, I, Napoli, 1996, p. 17-44 ; QUERZOLI, S., Il sapere di

Fiorentino. Etica, natura e logica nelle Institutiones, Napoli, 1996, p. 265 ; WESENER, G., Aequitas naturalis,

‘natürliche Billigkeit’, in der privatrechtlichen Dogmen- und Kodifikationgeschichte, in Der Gerechtigkeitsanspruch

des Rechts. Festschrift für Theo Mayer-Maly zum 65, Wien, Springer, 1996 ; HAMZA, G., Bemerkungen über dem

Begriff des Naturrechts bei Cicero, in Nozione, formazione e interpretazione del diritto dall’età romana

all’esperienze moderne, I, Napoli, 1997, p. 349 s. ; ДОЖДЕВ, Д.В., Право и справедливость в понятийной

системе римской юриспруденции (« ius civile », « ius naturale », « bonum et aequum »), in ВДИ 3, 2003, С. 100-

116. 14

VOIGT, M., Das jus naturale, aequum et bonum und jus gentium der Römer, I : Die Lehre vom ius naturale,

aequum et bonum und ius gentium der Römer ; 2 : Das ius civile und ius gentium der Römer, Aalen, 1966 ;

WINKEL, L.C., Einige Bemerkungen über ius naturale und ius gentium, in Ars boni et aequi. Festschrift für W.

Waldstein zum 65, SCHERMAIER, M.J. – VÉGH, Z. (cur.), Stuttgart, 1993, p. 443-449 ; WEISS, E., Ius gentium, in RE

19, Stuttgart, 1918, p. 1218-1231 ; ГАРСИЯ ГАРРИДО, М.Х., Римское частное право : казусы, иски, институты,

Перевод с испанского. Отв. ред. Л.Л.Кофанов. М., 2005, p. 146 сл. ; BEHRENDS, O., Che cos’era « ius gentium »

antico?, in Tradizione romanistica e costituzione, diretto da LABRUNA, L., a cura di BACCARI, M.P., .CASCIONE, C,

Vol. I-II, Napoli, 2006, p. 481-514.

Page 4: Kofanov Lex naturae 2009

4

principalmente quella degli stoici15

. Spesso l’idea stessa del ius naturale romano viene chiamata

« abbastanza infelice »16

, « scipita »17

e anche « assurda »18

. Infine, si dice che il concetto di ius

naturale non abbia « un significato preciso e nelle fonti lo troviamo usato in affermazioni che

rispondono a speculazioni meramente filosofiche »19

. In generale, molti romanisti pensano che le

idee giusnaturalistiche romane « sono idee più di etologia e sociologia che non di diritto »20

. Ma

ci sono anche altri romanisti, che fissano il valore del sistema romano del ius naturale più

positivamente e con ponderazione. Io prenderò a testimone la loro opinione analizzando

direttamente le fonti che presentano le definizioni della sostanza e del carattere del « diritto di

natura ».

La definizione molto breve ma sostanziale che dà Isidoro21

sottolineando che il ius naturale

« è comune per tutte le nazioni dapertutto ispirato dalla natura e non da un’istituzione » e tocca

le questioni del matrimonio, dell’educazione dei bambini, del possesso, dell’acquisizione della

proprietà, di alcuni contratti e di riflessione della violenza a forza22

. Vi è quasi la stessa

definizione nelle Istituzioni di Giustiniano23

, ma con una differenza molto importante : al posto

di nationes si usa il termine animalia, cioè secondo Giustiniano il ius naturale è il diritto che la

natura ha insegnato non solo agli uomini, ma a tutti gli esseri animati. Questa definizione è

adottata quasi letteralmente da una fonte precedente – dalle Istituzioni del giurista classico

Ulpiano24

. Proprio questa definizione ulpinianea ha causato una forte irritazione dei romanisti

15

STIER, H.E., Nomos Basileus, in Philologus LXXXIII, 1928, p. 225 s. ; SCHMITT, C., Der Nomos der Erdeim

Volkerrecht des Jus Publicum Europeum, Berlin, 1974, p. 42 s. ; GIGANTE, M., Nomos basileus, Napoli, 1956 ;

HEINIMANN, F., Nomos und Physis, Herkunft und Bedeutung einer Antithese im griechischen Denken des 5.

Jahrhundert, Darmstadt, 1987, p. 170 s. ; SCHIAVONE, A., Ius. L’invenzione del diritto in Occidente, Torino, 2005,

p. 252-264. 16

BONFANTE, P., Istituzioni di diritto romano, Milano, 1919, p. 19. 17

ALBERTARIO, E., Sul concetto di ius naturale, in Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere 67,

1924, p. 168 s. 18

ARANGIO-RUIZ, V., Istituzioni di diritto romano, Napoli, 1974, p. 27 s. 19

VOLTERRA, E., Istituzioni di diritto privato romano, Roma, 1988, p. 38 s. 20

PUGLIESE, G., Istituzioni di diritto romano, Torino, 1990, p. 212 s. Cfr. TALAMANCA, M., « Status civitatis » ed

ordinamento giuridico, in Lineamenti di Storia del diritto romano (a cura di TALAMANCA, M.), Milano, 1989,

p. 512. 21

Isid., Orig., V. 4 : Quid sit ius naturale. Ius autem naturale est, aut civile, aut gentium. Ius naturale est commune

omnium nationum, et quod ubique instinctu naturae, non constitutione aliqua habetur ; ut viri et feminae coniunctio,

liberorum successio et educatio, comminis omnium possessio, et omnium una libertas, adquisitio eorum quae caelo,

terra marique capiuntur. Item depositae rei vel commendatae pecuniae restitutio, violentiae per vim repulsio. Nam

hoc, aut si quid huic simile est, numquam iniustum est, sed naturale aequumque habetur. 22

Per il commento di questo testo di Isidoro ved. : FLÜCKIGER, F., op. cit., p. 388 s. ; DE CHURRUCA, J., La

definicion Isidoriana de « ius naturale », in Estudios de Deusto 28, 1980, p. 9-41. 23

Iust., Inst., I. 2 pr. : Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit. nam ius istud non humani generis

proprium est, sed omnium animalium, quae in caelo, quae in terra, quae in mari nascuntur. hinc descendit maris

atque feminae coniugatio, quam nos matrimonium appellamus, hinc liberorum procreatio et educatio : uidemus

etenim cetera quoque animalia istius iuris peritia conseri... 2. iure enim naturali ab initio omnes homines liberi

nascebantur. ex hoc iure gentium et omnes paene contractus introducti sunt, ut emptio uenditio, locatio

conductio, societas, depositum, mutuum et alii innumerabiles . 24

D. 1. 1. 1. 3. Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit : nam ius istud non humani generis proprium,

sed omnium animalium, quae in terra, quae in mari nascuntur, auium quoque commune est. hinc descendit maris

atque feminae coniunctio, quam nos matrimonium appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc educatio : uidemus

etenim cetera quoque animalia, feras etiam istius iuris peritia censeri.

Page 5: Kofanov Lex naturae 2009

5

moderni, che trattano l’idea della comunanza del diritto tra uomini ed animali come

un’assurdità25

A mio avviso, però, il romanista italiano P. Onida ha provato in modo molto

convincente che i romani usavano l’idea della comunanza del diritto tra uomini ed animali, non

solo sul piano filosofico - speculativo, ma anche nella vita reale e nella pratica giuridica26

. Così,

lo studioso analizza i dati delle fonti sul divieto di sacrificare animali che era stato dichiarato per

la prima volta da Pitagora, menzionato da Cicerone (De leg., III. 19), Varrone e Seneca e

confermato per via legislativa dall’imperatore romano Constantino27

. Inoltre, è anche molto

importante la sua analisi dell’actio de pauperie che prevedeva la consegna noxale dell’animale

colpevole all’attore28

. Nella sua sostanza quest’azione è analoga all’actio noxalis relativa agli

schiavi (Iust., Inst., IV. 8).

Infatti, la natura animalium è molto simile alla natura hominum : non solo i biologi, ma

anche le persone che hanno animali domestici sanno molto bene che questi sono capaci di amare,

di essere fedeli, grati, educano e difendono i loro cuccioli, salvaguardano i confini dei luoghi in

cui vivono. In modo particolare i romani ammiravano il sistema del ius naturae delle api29

. Ma

per questo articolo è più importante un’altra parte del ius naturae – la natura agris e le sue

condizioni climatiche (natura caeli).

Perciò è necessario notare che i giuristi romani legavano molti istituti di diritto reale al ius

naturale. Così, la proprietà comune di tutti gli uomini per quel che concerne l’aria, i fiumi, il

mare e le rive è basata anche sul diritto naturale30

. Anche la legittimità della cattura di animali

selvatici è legata al ius naturale31

. Lo stesso diritto regola l’alienazione delle cose corporali,

compresa la terra32

. Ma la cosa più importante è il fatto che i giuristi romani interpretavano

anche le servitù come basate sul diritto naturale. Così, sul ius naturale è basata la regola ben

25

ARANGIO-RUIZ, V., op. cit., p. 27 s. 26

ONIDA, P.P., Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico romano, Torino, 2002, p. 95-158. 27

Ibid, p. 101 s. 28

Ibid, p. 127. См. также D. 9 .1. pr. 1-2 (Ulp.) : Si quadrupes pauperiem fecisse dicetur, actio ex lege duodecim

tabularum descendit : quae lex voluit aut dari id quod nocuit, id est id animal quod noxiam commisit, aut

aestimationem noxiae offerre. 1. Noxia autem est ipsum delictum. 2. Quae actio ad omnes quadrupedes pertinet. 29

Verg., Georg., IV. 153 s. Su questo testo di Virgilio ved : ONIDA, P.P., op. cit., p. 68. n. 156 ; p. 152 s. ;

MANTOVANI, D., I giuristi, il retore e le api. Ius controversum e natura nella Declamatio maior XIII, in Testi e

problemi del giusnaturalismo romano, a cura di MANTOVANI, D., SCHIAVONE, A., Pavia, 2007, 323-385.

Iust., Inst., II. 1. 1 : Et quidem naturali iure communia sunt omnium haec : aer et aqua profluens et mare et per

hoc litora maris ; Iust., Inst., II. 1. 18 : Item lapilli gemmae et cetera, quae in litore inueniuntur, iure naturali statim

inuentoris fiunt ; D. 1. 8. 2 (Marc.) : Quaedam naturali iure communia sunt omnium, quaedam uniuersitatis,

quaedam nullius, pleraque singulorum, quae uariis ex causis cuique adquiruntur. Et quidem naturali iure omnium

communia sunt illa : aer, aqua profluens, et mare, et per hoc litora maris ; D. 1. 8. 3 (Flor.) : Item lapilli, gemmae

ceteraque, quae in litore inuenimus, iure naturali nostra statim fiunt. 31

Iust., Inst., II. 1. 19. Item ea, quae ex animalibus dominio tuo subiectis nata sunt, eodem iure tibi adquiruntur. 32

Gai, Inst., II. 65. Ergo ex his quae diximus apparet quaedam naturali iure alienari, qualia sunt ea quae traditione

alienantur ; quaedam ciuili... ; Iust., Inst., II. 1. 40. Per traditionem quoque iure naturali res nobis adquiruntur :

nihil enim tam conueniens est naturali aequitati, quam uoluntatem domini, uolentis rem suam in alium transferre,

ratam haberi. et ideo cuiuscumque generis sit corporalis res, tradi potest et a domino tradita alienatur. itaque

stipendiaria quoque et tributaria praedia eodem modo alienantur. Cfr. D. 41. 1. 1 pr. ; Cic., De offic., I. 12.

Page 6: Kofanov Lex naturae 2009

6

conosciuta, secondo cui superficius solo cedit33

. Lo stesso possiamo dire sulla regola principale

dell’usufrutto, riguardo all’appropriazione della figliata del bestiame a favore

dell’usufruttuario34

. Ma il diritto naturale si manifesta in modo più evidente con l'istituto romano

delle servitù prediali, che, secondo la regola generale della loro esistenza, dovevano sempre

avere la causa perpetua e fondata sulla natura35

. Il nome stesso per il diritto delle servitù prediali

– iura praediorum – mostra che non si tratta del diritto degli uomini, ma dei terreni stessi

(D. 8. 3. 23). Infatti, i giuristi romani notano abbastanza spesso che il soggetto delle servitù

prediali è il terreno dominante, a favore del quale il terreno subordinato serve36

. I romani

interpretavano la servitù come una peculiarità del terreno, il suo clima salubre (D. 50. 16. 86)

come « il diritto del terreno »37

, come « condizione speciale del terreno »38

. Le condizioni di

funzionamento delle servitù prediali, in particolare delle servitù d’acqua39

, erano anche

determinate dalle condizioni naturali del luogo.

Allora, nel concetto delle servitù prediali dei giuristi romani risulta evidente l’idea che

questi diritti si legano non tanto ai proprietari dei terreni vicini quanto agli stessi terreni. Ciò si

spiega con l’idea romana che la terra è una sostanza animata, viva, perciò se con mancanza di

serietà la si divide tra i privati, le sue parti possono atrofizzarsi. La salubrità, cioè il clima sano

del luogo e quindi la sua utilità per l’uomo, è uno dei più importanti argomenti delle servitù

prediali. E` meraviglioso che i romanisti moderni, che criticano così categoricamente Ulpiano

per l’idea di comunanza del diritto tra uomini e animali, non abbiano notato affatto l’idea

dell’esistenza del diritto della natura inanimata (iura praediorum), che è ancora più sovversiva

per il sistema del giuspositivismo moderno.

33

Gai, Inst., II. 73 : Praeterea id quod in solo nostro ab aliquo aedificatum est, quamuis ille suo nomine

aedificauerit, iure naturali nostrum fit, quia superficies solo cedit ; D. 43. 18. 2 (Gai) : Superficiarias aedes

appellamus, quae in conducto solo positae sunt : quarum proprietas et ciuili et naturali iure eius est, cuius et solum.

Cfr. D. 41. 1. 7. 12 ; J., 2, 1. 30. 34

Iust., Inst., II. 1. 37. In pecudum fructu etiam fetus est, sicuti lac et pilus et lana : itaque agni et haedi et uituli et

equuli statim naturali iure dominii sunt fructuarii. Cfr. D. 22. 1. 28. 35

D. 8. 2. 28 pr. (Paul.) : at quod ex caelo cadit, etsi non adsidue fit, ex naturali tamen causa fit et ideo perpetuo

fieri existimatur. omnes autem seruitutes praediorum perpetuas causas habere debent, et ideo neque ex lacu neque

ex stagno concedi aquae ductus potest. stillicidii quoque immittendi naturalis et perpetua causa esse debet. 36

D. 8. 4. 12 : Cum fundus fundo servit... ; D. 8. 1. 12 : Fundo... recte servitus adquiratur ; D. 8. 3. 31 : Dominus...

fundo servitutem aquae quaesierat... ; D. 8. 3. 13 pr. : Certo generi agrorum adquiri servitus potest... ;

D. 3. 5. 30. 7 : sententia praedio datur... Cfr. D. 39. 3. 2 pr. Ved. il commento : ХВОСТОВ, В.М., Система

римского права. М., 1996, С. 302. 37

D. 8. 1. 20 (Iavol.) : Quotiens via aut aliquid ius fundi emeretur... 38

D. 8. 3. 23. 2 : condicio fundi... Ved. anche : ФРАНЧОЗИ, ДЖ., Институционный курс римского права. Отв.

ред. Л.Л.Кофанов. М., 2004, С. 328 сл. 39

D. 43. 20. 1. 3 (Ulp.) : ego puto probandum ex proposito utentis et ex natura locorum aquam aestiuam a

cottidiana discerni ; D. 43. 20. 6 (Nerat.) : hoc est aestiua aqua utrumne ex iure aestiuo dumtaxat tempore utendi

diceretur, an ex mente propositoque ducentis, quod aestate eam ducendi consilium haberet, an ex natura ipsius

aquae, quod aestate tantum duci potest, an ex utilitate locorum, in quae duceretur. placebat igitur aquam ob has

duas res, naturam suam utilitatemque locorum in quae deducitur, proprie appellari, ita ut, siue eius natura erit, ut

nisi aestate duci non possit, etiamsi hieme quoque desideraretur, siue omni tempore anni duci eam ipsius natura

permitteret, si utilitas personis, in quam ducitur, aestate dumtaxat usum eius exigeret, aestiua recte diceretur.

Page 7: Kofanov Lex naturae 2009

7

Bisogna notare che i romani non solo dichiaravano sempre, ma consecutivamente mettevano

in pratica l’idea di supremazia del ius naturae (sia degli animali che degli inanimati) in relazione

al ius civile40

, poiché per loro era evidente (come anche per noi oggi) che le leggi di natura non

possono essere abolite per volontà degli uomini. Infatti, con nessuna legge umana si può

cambiare la legge di natura sulla rotazione della Terra intorno al Sole. Inoltre, con la sola volontà

del legislatore le condizioni climatiche del polo nord non possono essere avvicinate al clima

subtropicale. Però, già nell’antichità, studiando e usando nella sua attività le leggi di natura,

l’uomo ha imparato a influenzare le condizioni climatiche sia positivamente che negativamente.

Allo stesso tempo, i filosofi greci antichi conoscevano molto bene il grado d’influenza contraria

– delle condizioni climatiche di natura (ius naturae) all’uomo, perciò per i romani era necessario

adattare queste condizioni climatiche per sistema giuridico romano.

Questa adozione si vede molto bene nel concetto di diritto romano espresso dal politico,

avvocato e filosofo M. Tullio Cicerone, il contenuto del quale io cercherò di esporre brevemente.

Cominciamo dalla definizione del ius naturae che dà Cicerone :

« naturae ius est, quod non opinio genuit, sed quaedam in natura vis insevit, ut

religionem, pietatem, gratiam, vindicationem, observantiam, veritatem. religio est, quae

superioris cuiusdam naturae, quam divinam vocant, curam caerimoniamque affert »41

.

Questa definizione respinge molto precisamente tutto il sistema giuridico-religioso romano

dell’età repubblicana42

, poiché concepisce la religione come « cura di una certa natura superiore,

che viene chiamata divina, e adorazione di questa ». In connessione con ciò è importante citare

una delle definizioni della legge presente nel trattato di Cicerone De legibus :

I. 18 : Igitur doctissimis uiris... definiunt, lex est ratio summa, insita in natura, quae

iubet ea quae facienda sunt, prohibetque contraria... 19. Ea est enim naturae uis, ea

mens ratioque prudentis, ea iuris atque iniuriae regula.

Seguendo questa definizione, Cicerone dichiara che « cercherà le radici del diritto nella

natura, sotto la guida della quale bisogna svillupare tutto il nostro raggionamento »43

. Prima di

tutto, studia la natura, costatando di nuovo che « noi siamo nati per la giustizia e il diritto è

fondato non sull’opinione degli uomini, ma della natura »44

. Poi, afferma che il senso di

40

D. 4. 5. 8 (Gai) : ciuilis ratio naturalia iura corrumpere non potest ; D. 7. 5. 2. 1 (Gai.) : nec enim naturalis ratio

auctoritate senatus commutari potuit. 41

Cic., De inv., II. 161. Cfr. : Cic., De inv., II. 65 : ac naturae quidem ius esse, quod nobis non opinio, sed quaedam

innata vis adferat, ut religionem, pietatem, gratiam, vindicationem, observantiam, veritatem. religionem eam, quae

in metu et caerimonia deorum sit, appellant. 42

Sul sistema giuridici-religioso romano dell’età repubblicana e selezione della storiografia ved. : SINI F., Uomini e

Dei nel sistema giuridico-religioso romano : pax deorum, tempo degli Dei, sacrificio, in Ius Antiquum. Древнее

право, 8. 2001, p. 8-30 (in russo). 43

Cic., De leg., I. 20 : repetam stirpem iuris a natura, qua duce nobis omnis <haec> est disputatio explicanda. 44

Cic., De leg., I. 28 : nos ad iustitiam esse natos, neque opinione sed natura constitutum esse ius. Сf. Cic., De leg.,

I. 34 : ex natura ortum esse ius.

Page 8: Kofanov Lex naturae 2009

8

benevolenza degli uomini l’un verso l’altro è dato dalla natura45

, e dalla natura è dato anche il

sentimento d’amore che è il fondamento del diritto umano46

, perciò tutto quello che è giusto,

legittimo, nello stesso tempo è utile per gli uomini47

. Infine, un’altra caratteristica

importantissima della natura degli uomini è la ratio – la qualità che avvicina gli uomini agli dèi e

che permette di comprendere il ius naturae. Secondo Cicerone, la legge di natura permette di

distinguere tra le leggi umane quelle giuste e quelle ingiuste48

. Grazie alla ratio, assoggettandosi

alle leggi di natura49

, l’uomo deve seguirlie e in questo caso non farà mai sbagli50

. Il diritto di

natura lega la natura dell’uomo a tutta la natura restante, che gli dà da mangiare i suoi frutti51

;

tuttavia, per dare una mano alla natura a produrre questi frutti è necessario conoscere le leggi dei

venti, dei cambiamenti climatici e le particolarità della fertilità della terra52

.

Finalmente siamo arrivati alla parte più importante del concetto di Cicerone sul ius naturae.

Parlando della natura deorum, egli nota che gli uomini ricevono grandi beni dal clima favorevole

e dalla fertilità della terra53

. Ma queste caratteristiche sono diverse nei diversi luoghi, perche la

natura loci in alcuni luoghi è salubre, in alcuni è disastrosa54

e le condizioni climatiche

influenzano in modo piuttosto forte gli uomini55

. Dalle particolarità della natura loci dipendono

anche i mores degli uomini56

.

45

Cic., De leg., I. 35 : loco unam esse hominum inter ipsos uiuendi parem communemque rationem, deinde omnes

inter se naturali quadam indulgentia et beniuolentia, tum etiam societate iuris contineri. 46

Cic., De leg., I. 43 : Atqui si natura confirmatura ius non erit, uirtutes omnes tollantur... Nam haec nascuntur ex

eo quod natura propensi sumus ad diligendos homines, quod fundamentum iuris est. 47

Cic., De offic., II. 10 : quicquid enim iustum sit, id etiam utile esse censent. 48

Cic., De leg., I. 42 : Iam uero illud stultissimum, existimare omnia iusta esse quae s<c>ita sint in populorum

institutis aut legibus. Etiamne si quae leges sint tyrannorum? ... Est enim unum ius quo deuincta est hominum

societas et quod lex constituit una, quae lex est recta ratio imperandi atque prohibendi. Quam qui ignorat, is est

iniustus, siue est illa scripta uspiam siue nusquam. 49

Cic., De offic., I. 102 : rationi ... sunt subiecti lege naturae. 50

Cic., De offic., I. 100 : ... naturae ; quam si sequemur ducem, nunquam aberrabimus... 51

Cic., De offic., I. 22 : atque, ut placet Stoicis, quae in terris gignantur, ad usum hominum omnia creari, homines

autem hominum causa esse generatos, ut ipsi inter se aliis alii prodesse possent, in hoc naturam debemus ducem

sequi... 52

Verg., Georg., I. 51-56 ; 60-63 : uentos et uarium caeli praediscere morem / cura sit ac patrios cultusque

habitusque locorum, / et quid quaeque ferat regio et quid quaeque recuset. / hic segetes, illic ueniunt felicius uuae, /

arborei fetus alibi atque iniussa uirescunt / gramina ... continuo has leges aeternaque foedera certis / imposuit

natura locis, quo tempore primum / Deucalion uacuum lapides iactauit in orbem, / unde homines nati, durum genus. 53

Cic., De nat. deor., II. 13 : quam ceperimus ex magnitudine commodorum, quae percipiuntur caeli temperatione

fecunditate terrarum aliarumque commoditatum complurium copia. 54

Cic., De divin., I. 79 : non videmus, quam sint varia terrarum genera? ex quibus et mortifera quaedam pars est, ...

et sunt partes agrorum aliae pestilentes, aliae salubres, aliae, quae acuta ingenia gignant, aliae, quae retunsa ;

quae omnia fiunt et ex caeli varietate et ex disparili adspiratione terrarum ; Cic., De fat., 7 : Inter locorum naturas

quantum intersit, videmus ; alios esse salubris, alios pestilentis, in aliis esse pituitosos et quasi redundantis, in aliis

exsiccatos atque aridos... Ut igitur ad quasdam res natura loci pertinet aliquid, ad quasdam autem nihil... 55

Cic., De divin., II. 93-94 : ...confitendum sit illis eos, qui nascuntur eodem tempore, posse in dissimilis incidere

naturas propter caeli dissimilitudinem ; quod minime illis placet... 94. Sed quae tanta dementia est, ut in maxumis

motibus mutationibusque caeli nihil intersit, qui ventus, qui imber, quae tempestas ubique sit? quarum rerum in

proxumis locis tantae dissimilitudines saepe sunt, ut alia Tusculi, alia Romae eveniat saepe tempestas ; II. 96-97 :

dissimilitudo locorum nonne dissimilis hominum procreationes habet? ... 97. Ex quo intellegitur plus terrarum situs

quam lunae tactus ad nascendum valere. 56

Cic., De leg. agr., II. 95 : non ingenerantur hominibus mores tam a stirpe generis ac seminis, quam ex eis rebus,

quae ab ipsa natura nobis ad vitae consuetudinem suppeditantur, quibus alimur et vivimus. Carthaginienses

Page 9: Kofanov Lex naturae 2009

9

L’idea di Cicerone sulla dipendenza degli usi umani dalle condizioni climatiche locali non

era nuova nel suo tempo e si incontra già a partire dal VI sec. a.C. nel pensiero dei filosofi greci

antichi, per esempio di Pitagora, Platone e Aristotele57

. Si può trovare quest’idea anche

nell’opera del famoso storico del III-II sec. a.C., Polibio58

, e nell’opera d’un altro greco,

contemporaneo di Cicerone - Strabone59

. E’ interessante fare il paragone tra due testi in lingua

diversa – quelli di Cicerone e Strabone, che sono molto vicini nel loro contenuto : là dove

Strabone usa il termine greco , Cicerone (De leg. agr., II 95) invece usa l’espressione

latina natura loci, già menzionata sopra. Da ciò si può concludere che l’espressione latina natura

loci, accanto al termine più stretto e più raro inclinatio caeli60

, era usato dai romani per indicare

le condizioni climatiche locali.

Dunque, le condizioni climatiche locali in una certa misura determinano il carattere, gli usi e

il diritto degli uomini di una determinata località. Però, secondo Cicerone61

, creando diverse arti

e imitado la natura, i romani hanno imparato a influenzare le condizioni climatiche locali, in

qualche modo migliorandole. Con che orgoglio Cicerone dice che gli uomini hanno imparato a

domare i mari, i venti, i campi e i fiumi, creando così quasi una seconda natura62

. Seguendo il

diritto di natura, imitando la natura, usando la sua ragione e il suo lavoro, l’uomo ha imparato a

costruire gli acquedotti, a cambiare le direzioni dei fiumi, a costruire gli argini dei fiumi e i porti

marittimi63

.

In connessione con ciò, è importante anche un’altra legge di natura che vieta « ullam rem

esse cuiusquam nisi eius, qui tractare et uti sciat »64

. Infatti, nel diritto romano è ben nota l’actio

de damno infecto, secondo cui un bene del proprietario incapace doveva essere dato in possesso

fraudulenti et mendaces non genere, sed natura loci... Ligures duri atque agrestes ; docuit ager ipse nihil ferendo

nisi multa cultura et magno labore quaesitum. Campani semper superbi bonitate agrorum et fructuum magnitudine,

urbis salubritate.... 57

Sul diritto naturale dei filosofi greci antichi ved. : МАКОВЕЛЬСКИЙ, А., Древнегреческие атомисты. Баку, 1946,

С. 267-275 ; ТОМСОН, ДЖ.О., История древней географии. М., 1953, С. 162 сл. ; FLÜCKIGER, F., op. cit., p. 86-

185. 58

Polyb., IV. 21 : qewroàntej d• t¾n tîn ºqîn aÙsthr…an, ¼tij aÙto‹j paršpetai di¦ t¾n toà perišcontoj yucrÒthta kaˆ

stugnÒthta t¾n kat¦ tÕ ple‹ston ™n to‹j tÒpoij Øp£rcousan, ú sunexomoioàsqai pefÚkamen p£ntej ¥nqrwpoi kat’ ¢n£gkhn. 59

Strab., II. 3. 7 : kaˆ tšcnai d• kaˆ dun£meij kaˆ ™pithdeÚseij ¢rx£ntwn tinîn kratoàsin aƒ ple…ouj ™n ÐpoiJoàn kl…mati. œsti dš ti kaˆ par¦ t¦ kl…mata, éste t¦ m•n fÚsei ™stˆn ™picèri£ tisi t¦ d’ œqei kaˆ ¢sk»sei. oÙ g¦r fÚsei ‘Aqhna‹oi m•n

filÒlogoi..., ¢ll¦ m©llon œqei· oÛtwj oÙd� Babulènioi filÒsofoi fÚsei kaˆ A„gÚptioi, ¢ll’ ¢sk»sei kaˆ œqei. 60

Vitruv., Archit., I. 1. 10 ; VI. 1. 1. 61

Cic., De leg., I. 26 : Artes uero innumerabiles repertae sunt, docente natura, quam imitata ratio res ad uitam

necessarias sollerter consecuta est. 62

Cic., De nat. deor., II. 152 : quasque res violentissimas natura genuit earum moderationem nos soli habemus,

maris atque ventorum, propter nauticarum rerum scientiam... nos campis nos montibus fruimur, nostri sunt amnes

nostri lacus, nos fruges serimus nos arbores ; nos aquarum inductionibus terris fecunditatem damus, nos flumina

arcemus derigimus avertimus ; nostris denique manibus in rerum natura quasi alteram naturam efficere conamur. 63

Cic., De offic., II. 13 : Adde ductus aquarum, derivationes fluminum, agrorum inrigationes, moles oppositas

fluctibus, portus manu factos, quae unde sine hominum opere habere possemus? 64

Cic., De rep., I. 27 : cui soli vere liceat omnia non Quiritium, sed sapientium iure pro suis vindicare, nec civili

nexo, sed communi lege naturae, quae vetat ullam rem esse cuiusquam nisi eius, qui tractare et uti sciat ; qui

inperia consulatusque nostros in necessariis, non in expetendis rebus, muneris fungendi gratia subeundos, non

praemiorum aut gloriae causa adpetendos putet.

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10

a colui che correva il pericolo di danno (D. 39. 2). In relazione a quest’azione bisogna ricordare

anche il concetto del « vizio del luogo »65

, che i giuristi romani prendevano in considerazione,

determinando il grado di colpa di colui che era accusato dell’azione de damno infecto. E` curioso

che, descrivendo proprio quest’azione, Ulpiano enumeri anche alcune manifestazioni della

natura come terremoti, alluvioni, uragani, suolo paludoso o sabbioso di un determinato luogo.

Infatti, dalle fonti di epoca romana è noto che molti edifici erano stati danneggiati dopo

l’alluvione del 15 a.C. e che il senato pensava seriamente di far divergere alcuni affluenti del

Tevere66

. In seguito, nel 27 a.C. a Fidene era crollato l’anfiteatro del liberto Atilio, seppellendo

decine di migliaia di romani, perciò il senato aveva emanato il senatusconsulto, che vietava di

costruire anfiteatri senza un’ispezione preliminare della qualità del suolo67

.

Allora, è evidente che nella descrizione di Cicerone e dei giuristi romani del diritto di natura

vi è un’attenzione particolare per le condizioni climatiche del luogo e, secondo gli esempi sopra

citati, è chiaro che il concetto di tale diritto non fosse una pura speculazione filosofica separata

dalla prassi della vita. Perciò si solleva un’altra domanda : quale è l’origine del ius naturae

romano? L’opinione dei romanisti moderni, secondo cui la nascita dell’idea del ius naturae è

legata solamente all’influenza delle scuole filosofiche di Platone, di Aristotele e particolarmente

degli stoici su Cicerone e sui giuristi romani68

, non corrisponde totalmente alla verità.

Cominciamo dal fatto che nei suoi trattati De divinatione, De finibus bonorum et malorum

Cicerone critica fortemente gli stoici, notando che essi hanno preso in prestito la teoria del diritto

di natura dai filosofi precedenti – da Platone e Aristotele69

. Siccome è ben noto che questi due

filosofi a loro volta hanno preso in prestito la teoria giusnaturalistica da Pitagora70

, e Cicerone

65

Vitium loci – Paul., D. 39. 2. 10 ; Ulp., D. 39. 2. 15. 3 ; D. 39. 2. 24.2 ; D. 39. 2. 24. 9 ; D. 39. 2. 24. 12. 66

Tac., Ann., I. 76 : Eodem anno continuis imbribus auctus Tiberis plana urbis stagnaverat ; relabentem secuta est

aedificiorum et hominum strages... sed remedium coercendi fluminis Ateio Capitoni et L. Arruntio mandatum... 79.

Actum deinde in senatu ab Arruntio et Ateio an ob moderandas Tiberis exundationes verterentur flumina et lacus,

per quos augescit ; auditaeque municipiorum et coloniarum legationes, orantibus Florentinis ne Clanis solito alveo

demotus in amnem Arnum transferretur idque ipsis perniciem adferret. congruentia his Interamnates disseruere :

pessum ituros fecundissimos Italiae campos, si amnis Nar (id enim parabatur) in rivos diductus superstagnavisset.

nec Reatini silebant, Velinum lacum, qua in Narem effunditur, obstrui recusantes, quippe in adiacentia erupturum ;

optume rebus mortalium consuluisse naturam, quae sua ora fluminibus, suos cursus utque originem, ita finis

dederit ; spectandas etiam religiones sociorum, qui sacra et lucos et aras patriis amnibus dicaverint... in sententiam

Pisonis concederetur, qui nil mutandum censuerat. Cfr. Tac., Ann., XV. 42. 67

Tac., Ann., IV. 63 : cautumque in posterum senatus consulto ... neve amphitheatrum imponeretur nisi solo

firmitatis spectatae. 68

MASCHI, C.A., La concezione naturalistica del diritto e degli istituti giuridici romani, Milano, 1937, p. 157 s. ;

BRETONE, M., Tecniche e ideologie dei giuristi romani, Napoli, 1982, p. 32-34 ; История политических и правовых

учений. Древний мир, Отв. ред. В.С. Нерсесянц. М., 1985, С. 279 ; VANDER WAERDT, P.A., Philosophical influence

on Roman Jurisprudence? The case of Stoicism an natural Law, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt,

Vol. II, 36. 7, Berlin - New York, 1994, p. 4851 s. 69

Cic., De fin., IV. 8 : Sequitur disserendi ratio cognitioque naturae... in his igitur partibus duabus nihil erat, quod

Zeno commutare gestiret. 70

BRETONE, M., op. cit., p. 34. Ved. anche Diog. Laert., III. 8 ; VIII. 84-95.

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stesso era sotenitore coerente prima di tutto di Pitagora71

, allora, bisogna inventariare l’opinione

d’Ovidio, secondo il quale i romani del I sec. a.C. ammiravano moltissimo il fondatore della

filosofia italiana del VI sec. a.C., Pitagora, per la sua profondissima conoscenza della natura

(Ovid., Metamorph., XV, 62-68), dei fenomeni del cielo, dei venti, dei terremoti (Ovid.,

Metamorph., XV, 69-71), del diritto degli animali (Ovid., Metamorph., XV, 75-142), della

dipendenza della qualità dell’acqua delle fonti, dei ruscelli, dei fiumi dalla natura del luogo

(Ovid., Metamorph., XV, 308-336), per la sua concezione della Terra come di un animale vivo

(Ovid., Metamorph., XV, 342-345). Lo stesso Cicerone diceva che Pitagora e il suo concetto

filosofico sin dall’antichità, cioè dalla fine del VI sec. a.C., influenzavano i romani (De orat.,

II. 154 ; Tuscul., IV. 1. 2 s.)72

, come ad esempio il pitagorico Appio Claudio Cieco (Tuscul.,

IV. 1. 3), che era famoso per la costruzione della prima via pubblica romana e del primo

acquedotto pubblico romano. Questo Appio Claudio Cieco era noto anche per aver aiutato il suo

liberto Flavio nella pubblicazione dei fasti e per la sua composizione di opere giuridiche, in

particolare, del libro sull’usurpatio (D. 1. 2. 2. 36), l’istituto strettamente legato al diritto delle

servitù.

Inoltre, è necessario sottolineare che i giuristi romani interpretavano il diritto naturale come

il più antico, nato nello stesso tempo della nascita del genere umano73

. Anche Cicerone nota che

il diritto di natura insieme al diritto del popolo romano sono « testati e dati »74

dagli avi.

L’influenza originale proprio del pitagorismo antico si collega più a queste parole di Cicerone

che all’idea dell’influenza piuttosto tarda degli stoici greci. E` necessario fare l’inventario di

fatto che secondo Cicerone (De inv., II. 65 ; 161) uno dei fondamenti del ius naturae era la

religione romana, « che è legata allo studio della natura » (De divin., II. 149).

Può sorgere la domanda, perche il diritto romano arcaico e repubblicano non ha salvato

qualche traccia più o meno sufficiente di questo ius naturae più antico? La risposta è univoca :

sicuramente le ha salvate. Per di più, il ius naturae è lo strato importantissimo del diritto romano

più antico e elaborato proprio durante il periodo arcaico. Si tratta di quella parte del diritto che i

romani designavano con il termine di grande efficacia - fas. Infatti, il significato lessicale

principale di questa parola è « diritto naturale »75

. Cicerone nota che fas è quello che è fatto per

71

In questo senso è molto caratteristica la scena dell’inizio del dialogo tra l’epicureo Pomponio, l’accademico e

peripatetico Pisone e Cicerone, secondo cui lui sicuramente era ammiratore di Pitagora (Cic., De fin., V. 2. 4). 72

Più dettagliatamente sull’influenza del pitagorismo ved. : TONDO, S., Profilo di storia costituzionale romana, I,

Milano, 1981, p. 48-55 ; КОФАНОВ, Л.Л., Lex и ius : Возникновение и развитие римского права в VIII-III вв. до

н.э. М., 2006, C. 289-293. 73

Iust., Inst., II. 1. 11. Singulorum autem hominum multis modis res fiunt : quarundam enim rerum dominium

nanciscimur iure naturali, quod, sicut diximus, appellatur ius gentium, quarundam iure ciuili. commodius est itaque

a uetustiore iure incipere. palam est autem uetustius esse naturale ius, quod cum ipso genere humano rerum natura

prodidit. Cfr. D. 41. 1. 1. 74

Cic., De leg., III. 49 : Nos a<u>t<em> de iure nat<ur>ae cogitare per nos atque dicere debemus, de iure populi

Romani, quae relicta sunt et tradita. 75

ДВОРЕЦКИЙ, И.Х., Латинско-русский словарь. М., 1976, С. 416.

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naturam e non per leges76

. Nel commento all’Eneide di Vergilio, Servio traduce fas come « i

diritti di natura »77

e i grammatici romani come « la legge di natura »78

. Oltre a ciò, nello stesso

tempo Servio lega fas con la religione romana79

. Non è casuale il fatto che il contemporaneo di

Cicerone, lo storico greco Castore di Rodi80

, avvicini la religione dei romani del tempo di Enea

al concetto pitagorico della natura81

. Nessuno può contestare la noevole antichità del fas romano.

Come è noto, fas era la parte più importante del diritto romano sacro82

e in particolare del diritto

romano augurale83

e proprio in questo diritto bisogna, insieme con Cicerone, cercare le radici del

ius naturae romano. Gli auguri, cominciando come minimo dall’epoca del re leggendario Numa

Pompilio, erano « esperti di tutta la divinazione, di tutto ciò che appartiene ai fenomeni del cielo,

dell’aria e della terra » (Dionys., II. 64. 4). Durante molti secoli di storia di Roma uno dei

compiti più importanti degli auguri era l’observatio, cioè l’osservazione dei fenomeni celesti e

terrestri per scoprire la volontà divina84

. E qui si tratta non solo dell’esperienza plurisecolare

degli auguri d’appoggiare le superstizioni infondate del popolo semplice, che nel I sec. a.C. molti

contemporanei di Cicerone (Cic. De divin., I. 105, De nat. deor., I. 118) e lo stesso Cicerone

deridevano85

.

Infatti, Cicerone scriveva che lui stesso è l’augure che ha imparato bene la scienza antica

degli auguri86

, ma quella parte che è basata non sulle superstizioni infondate, ma sulla scienza,

sull’esperienza e sulla ragione che divina il vento, la pioggia, il terremoto, l’eclissi, e altri

fenomeni di natura.

Gli auguri prestavano particolare attenzione ai diversi fenomeni poco naturali, e insieme ai

giuristi romani (per esempio, Ulpiano) li consideravano come fatti contra naturam87

. In generale

le espressioni contra naturam e secundum naturam molto spesso si usano come sinonimi delle

76

Cic., Pro Mil., 43 : ut Clodium nihil delectaret, quod aut per naturam fas esset aut per leges liceret. 77

Serv., Ad Aen., VI. 438 : Fas obstat iura naturae. 78

Frg. Bob. gramm., suppl. 542, 18 (Ad Aen. VI. 438) : Fas naturalis lex. Cfr. Pers., 5. 98 ; Manil., IV. 520. Più

dettagliatamente su questo significato di fas ved. : Tesaurus Linguae Latinae, Vol. VI. 1, p. 287-296. 79

Serv., Georg., I. 269 : ‘fas et iura sinunt’ : id est divina humanaque iura permittunt : nam ad religionem fas, ad

homines iura pertinent. 80

Ved. : KUBITSCHEK, Kastor, in RE X. 2, Stuttgart, 1919, Col. 2350. 81

Plut., R.Q., 10 E : æj K£stwr lšgei t¦ `Rwmaik¦ to‹j Puqagoriko‹j sunoikeiîn.... 82

Per il concetto di fas e nefas e la bibliografia ved. : SINI, F., Sua cuique civitati religio. Religione e diritto pubblico in

Roma antica, Torino, 2001, p. 268-272. 83

CATALANO, P., Contributi allo studio del diritto augurale, Torino, 1960, p. 23 s., 294, 325, 401. 84

REGELL, P., De augurum publicorum libris, Part. I, Vratislaviae, 1878, p. 3-7 ; LINDERSKI, J., The Augural Law, in

ANRW II. 16, f. III, Berlin – New-York, 1986, p. 2230 s. 85

Cic., De divin., II. 70 : Difficilis auguri locus ad contra dicendum. Marso fortasse, sed Romano facillumus. Non

enim sumus ii nos augures, qui avium reliquorumve signorum observatione futura dicamus. Et tamen credo

Romulum, qui urbem auspicato condidit, habuisse opinionem esse in providendis rebus augurandi scientiam

(errabat enim multis in rebus antiquitas), quam vel usu iam vel doctrina vel vetustate immutatam videmus. 86

Cic., De divin., I. 105 : Cui quidem auguri vehementer adsentior ; solus enim multorum annorum memoria non

decantandi augurii, sed divinandi tenuit disciplinam. 87

(Ulp.) D. 50. 16. 38 : ‘Ostentum’ Labeo definit omne contra naturam cuiusque rei genitum factumque. duo genera

autem sunt ostentorum : unum, quotiens quid contra naturam nascitur, tribus manibus forte aut pedibus aut qua alia

parte corporis, quae naturae contraria est : alterum, cum quid prodigiosum uidetur, quae <G>raeci fant£mata

uocant.

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determinazioni degli auguri fas est e nefas est88

. Il romanista italiano F. Sini giustamente lega

l’istituto fas con l’idea antichissima dei romani sulla necessità d’osservanza della pace con gli

dèi (pax deorum)89

. Lo sudioso presta particolare attenzione al calendario religioso romano, i

fasti, l’osservazione del quale era una delle più importanti condizioni dell’osservazione della pax

deorum90

. Accanto ai pontefici anche gli auguri avevano un ruolo importante nella formazione e

conservazione dei fasti91

. Studiando i dies nefasti, F. Sini molto felicemente paragona i rapporti

tra gli uomini e gli dèi con i rapporti tra il liberto e il suo patrono92

, perché, come il lavoro del

liberto è a favore del suo patrono, così anche il romano durante i dies feriae poteva lavorare solo

a favore degli dei93

. Secondo il fas, cioè secondo il diritto di natura, durante i dies feriae era

permesso, per esempio, costruire o riparare le vie, purificare le fosse, portare il bestiame

nell’abbeveratoio94

, cioè si tratta principalmente del rafforzamento delle servitù delle strade e

delle acque. Dunque, l’attività dei sacerdoti era indirizzata « al fine di evitare, prevenire o

rimuovere, ogni accadimento suscettibile di innescare il verificarsi del nefas (che l'opera della

natura o l'azione degli uomini tendevano sempre a provocare) »95

. Il mantenimento in buono

stato degli oggetti delle servitù pubbliche era una di queste attività.

Il posto speciale che nel diritto augurale aveva il concetto di vitium, però, come la regola

vitia, si studia solo in connessione ad eventi politici : elezioni dei magistrati, esecuzione della

legge ecc.96

Ma J. Linderski giustamente nota che « vitium could apply to anything and

everything »97

; allora, si può parlare anche dei vitia loci, cioè dei vizi dei luoghi nei trattati degli

auguri, in quanto uno degli obblighi degli auguri era di « liberare e benedire la città, i campi e i

templi »97

. Era necessario « liberare » la terra da vitia. I romani erano capaci di eliminare i vitia

locorum già al tempo della Roma antichissima, per esempio, Dionigi d’Alicarnasso racconta che

il primo re romano, Romolo, ha essicato la palude tra Palatino e Campidoglio, dove ha collocato

il Foro Romano (Dionys., II. 50. 2). In seguito, al’epoca dei re Tarquinii fu costruita la famosa

Cloaca Maxima (Dionys., III. 67. 5 ; Liv., I. 56. 2). La capacità di favorire il risanamento del

clima e della natura del luogo – era uno degli obblighi principali degli auguri, infatti, secondo

88

GUARINO, A., L’ordinamento giuridico romano, Napoli, 1990, p. 135. 89

SINI, F., Diritto e pax deorum in Roma antica, in Ius Antiquum, Древнее право, 19, 2007, p. 10 s. 90

Idem, p. 19 s. 91

Ved. : LINDERSKI, J., op. cit., p. 2245 (rinvio ai fasti augurali nel C.I.L. 6, 1976) ; HUELSON, CH., Neues Fragment

der Auguralfasten, in Jahreshefte d. Österr. Arch. Inst.13, 1910, p. 253-256 ; MÜNZER, F., Zu den Fasti Augurum, in

Hermes 52, 1917, p. 152-155. 92

SINI, F., Diritto e pax deorum.., p. 24. 93

Serv., in Verg. Georg., I. 268 : feriae enim operae deorum creditae sunt. sane feriis terram ferro tangi nefas est,

quia feriae deorum causa instituuntur, festi dies hominum quoque. 94

Serv. in Verg. Georg. I. 270 ; Cat. agr. 4 ; Verg. I. 268-272. 95

SINI, F., Diritto e pax deorum.., p. 26. 96

LINDERSKI, J., op. cit., p. 21-73-2177. 97

Idem, p. 2184. 97

Cic., De leg., II. 21 : Interpretes autem Iouis optumi maxumi, publici augures... urbemque et agros et templa

liberata et effata habento.

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Cicerone, essi avevano dovuto favorire la crescita dei vigneti, degli impianti e della salute del

popolo99

. Devo sottolineare che gli auguri romani usavano il concetto di « salute » non solo per

gli uomini, ma anche per la terra, trattandola come un organismo vivente. Connesso con ciò, mi

sembra non casuale il fatto che il giurista romano Celso definisca la salubritas della terra come

una delle caratteristiche più importanti dei iura praediorum100

. Inoltre, bisogna notare che

proprio gli auguri erano agrimensori antichissimi e proprio da loro era nato e si era sviluppato il

sistema romano della delimitazione dei terreni101

.

Nel notare l’antichità dell’origine del ius naturae romano, bisogna ricordare ancora un

argomento importante a favore di questa tesi : già menzionate sopra, l’actio de pauperie (Ulp.,

D. 9. 1. pr. 1-2)102

e l’actio aquae pluviae arcendae103

erano presenti già nelle leggi delle XII

Tavole e questo fatto in linea retta conferma l’arcaicità del diritto romano di natura. E` curioso il

commento di Cicerone alla norma decemvirale sull’aqua pluvia, che è costruita nello spirito

tipico della scienza degli auguri : divisione del complesso in componenti integranti e

accentuazione del componente principale104

. Secondo il testo di Cicerone in quest’azione vi era

non il iudex, ma l’arbiter, cioè l’intermediario, e tale intermediario in diverse controversie

dell’epoca delle XII Tavole poteva essere anche l’augure pubblico analogamente agli

agrimensori dell’epoca imperiale.

In che modo gli auguri pubblici potevano apportare « salute » al popolo romano, ai suoi

vigneti e impianti e al mantenimento dei diversi iura praediorum, in che modo liberavano la città

e i campi dai vitia è il tema per un’altra ricerca. Qui vorrei solo sottolineare che i loro consigli

(responsa)105

potevano essere veramente pratici, come erano lo i consigli che l’augure del II sec.

a.C., Marco Porzio Catone106

, rivolgeva agli agricoltori nel suo trattato De agri cultura. E`

possibile che anche il libro non conservato De auguriis dell’augure Cicerone fosse molto pratico.

Concludendo, vorrei sottolineare che i romani considerando la natura come una sostanza

viva, capendo la priorità delle leggi di natura in generale e le particolarità delle condizioni 99

Cic., De leg., II. 21 : publici augures... uineta uirgetaque salutem populi auguranto.... Su legame stretto del

significato del verbo augurare e del verbo augere (aumentare, fecondare, far crescere) ved. : CATALANO, P., op. cit.,

p. 27-31. Ved. anche il commento del brano citato da Cicerone : LINDERSKI, J., op. cit., p. 2177-2180 ; VAAHTERA,

J., Roman augural lore in greek historiography. A study of the theory and terminology, Stuttgart, 2001, p. 133-136. 100

(Cels.) D. 50. 16. 86 : Quid aliud sunt ‘iura praediorum’ quam praedia qualiter se habentia : ut bonitas,

salubritas, amplitudo? 101

BEHRENDS, O., Bodenhoheit und Bodeneigentum im Grenzwesen Roms, in Die römische Feldmesskunst, Göttingen,

1992, p. 213–243 ; GARGOLA, D.J., Lands, Laws and Gods. Magistrates and Ceremony in the Regulation of Public Lands

in Republican Rome, Chapel Hill & London, 1995, p. 35-50. 102

Текст см. выше, сн. 30. 103

Lex XII Tab., VII. 8a (= Pomp., D. 40. 7. 21 pr.) : ... uerba legis XII tab. ueteres interpretati sunt « si aqua

pluuia nocet », id est « si nocere poterit ; 8b. (= Paul., D. 43. 8. 5) : Si per publicum locum riuus aquae ductus

priuato nocebit, erit actio priuato ex lege XII tab., ut noxa domino ut noxa domino sarciatur. 104

Cic., Top., 9. 38-39 : ut aqua pluuia ultimo genere ea est quae de caelo ueniens crescit imbri ; sed propriore

loco, in quo quasi ius arcendi continetur, genus est aqua pluuia nocens, eius generis formae, loci ultio et manu

nocens ; quarum altera iubetur ab arbitro coerceri, altera non iubetur. 105

Sui responsa degli auguri ved. : LINDERSKI, J., op. cit., p. 2154 s. 106

Su Catone augure ved. : LINDERSKI, J., op. cit., p. 2154.

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climatiche delle diverse località che influenzavano gli usi e le leggi umani, solo grazie a questo

sono stati capaci di creare il sistema del diritto che è rimasto attuale per molti secoli. La stessa

idea dei iura praediorum è basata sul pensiero che dividendo la terra tra i privati, non è permesso

(nefas est) tagliare i vasi sanguigni che la legano (cioè le vie e i fiumi), non si possono

distruggere le servitù da un terreno a un’altro poiché esse sono condizionate dalla natura loci.