UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE DIPARTIMENTO DI SCIENZE MEDICHE E BIOLOGICHE Corso di Studi in Infermieristica Tesi di Laurea IMPATTO PSICOLOGICO DELL’ABORTO: IMPORTANZA DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA NEL SOSTEGNO ALLE DONNE Relatore: Laureanda: Chiar.mo Prof. Diego Marchesoni Roberta Vogrig ___________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 2012/2013
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In realtà il risultato dell’aborto medico con mifepristone dipende ampiamente dall’epoca di
gravidanza ed è il migliore se l’aborto viene indotto entro la 7ma settimana di amenorrea.
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� Altre opzioni di aborto medico
Un’altra opzione medica è rappresentata dal metotrexate associato al misoprostolo. Questa
procedura implica dei tempi presumibilmente più lunghi rispetto all’associazione mifepristone –
misoprostolo, ed il follow up deve essere più preciso.
Riassumendo, i vantaggi e gli svantaggi dell’aborto medico rispetto a quello chirurgico
sono elencati in Tabella 2.
ABORTO MEDICO ABORTO CHIRURGICO
VANTAGGI SVANTAGGI VANTAGGI SVANTAGGI
Evita i rischi
dell’anestesia e della
chirurgia.
Procedura lunga (2 - 3
settimane).
Procedura breve. Possibili rischi da
anestesia e chirurgia.
Può essere fatto
precocemente in
gravidanza.
Richiede parecchie
visite.
Richiede poche visite. Possibili
complicazioni.
Può essere fatto
ambulatorialmente.
Non può (non
dovrebbe) essere
eseguito oltre la 7ma
SA.
Può essere eseguito
anche in gravidanza
avanzata.
Necessaria una
struttura sanitaria
attrezzata.
La donna può
controllare le procedure.
Ha percentuali di
successo leggermente
inferiori rispetto
all’aborto chirurgico.
Percentuali di successo
elevate.
La donna non può
controllare la
procedura.
Maggiore privacy. Permette un esame
istologico per
esclusione di una
malattia trofoblastica.
Tab. 2 – Aborto medico rispetto a quello chirurgico.
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Possibili complicazioni dell’interruzione volontaria di gravidanza saranno classificate
come:
� Precoci immediate: prime 4 – 24 ore
o lacerazione del collo;
o emorragia;
o perforazione uterina;
o danno intestinale;
o disturbi della coagulazione;
o ritenzione di materiale.
� Precoci ritardate: primo mese
o infezione di diversi gradi;
o proseguo della gravidanza (complicanza più grave, RR: 5 – 10%);
o tromboflebite.
� Tardive: dopo oltre 1 mese dall’IVG
o problemi riproduttivi futuri nella donna;
o problemi psicologici.
Le complicanze aumentano con l’età della donna e l’epoca gestazionale, ma si correlano in
modo diretto con la tecnica utilizzata e con l’esperienza degli operatori.
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3.3 Aborto oltre i 90 giorni
Si può abortire anche oltre i 90 giorni, ma è un’evenienza poco frequente, se non in centri
di secondo livello dove vengono convogliate donne con feti malformati. L’aborto nel II trimestre
presenta problemi clinici, psicologici ed organizzativi decisamente superiori a quelli che si
devono affrontare nei primi 90 giorni. In particolare vi sono aspetti legali e clinici che meritano
di essere attentamente considerati.
In questo è bene rivedere l’art. 6 e l’art. 7 della Legge 194/78, i quali sottolineano la
motivazione dell’aborto nel caso di grave pericolo per la vita della donna o quando siano
accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del
nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Situazioni queste che devono essere certificate da un medico del servizio ostetrico –
ginecologico, con la possibile collaborazione di specialisti. Bisognerà esaminare insieme alla
donna e al padre del concepito (ove la donna lo consenta) i motivi della richiesta, informare
riguardo ai loro diritti e sulle opzioni alternative.
La morfologia fetale viene valutata precocemente tra la 11esima e la 13esima settimana + 6
giorni di gestazione, con:
- l’esame ecografico della translucenza nucale ed il calcolo del rischio di malattie
cromosomiche attraverso un sistema informativo che tiene conto di alcune
caratteristiche materne, dell’ecografia e di test biochimici (dosaggio delle β hCG e
PAPP-A);
- attorno alla 20esima settimana di gestazione con l’ecografia morfologica, esame
ecografico che appunto valuta la morfologia del feto.
Questi sono gli esami ecografici attraverso cui è possibile far diagnosi di patologie mal
formative che possono poi portare alla scelta, da parte della coppia, di interrompere la
gravidanza.
Per ciò che riguarda l’induzione all’aborto, il metodo più utilizzato in Italia è quello di
inserire una candeletta intravaginale di Gemeprost ogni 3 ore per un complesso di 5 applicazioni
successive, ovvero fino all’espulsione completa del contenuto uterino. È consigliabile iniziare la
procedura di induzione di primo mattino, poiché nell’80% dei casi essa si conclude
positivamente entro 12 – 18 ore. È sempre utile un successivo scovolamento o un vero curettage
della cavità uterina, a seconda dell’epoca gestazionale.
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Raramente è necessaria una seconda/terza serie di Prostaglandine, ed è ancora più rara la
necessità di un intervento per via chirurgica primaria, come quella di procedere ad una
dilatazione fino a numeri elevati di Hegar con successiva embriotomia e curettage.
Sul feto e sulla placenta vanno eseguiti gli esami ritenuti utili a completare l’itinerario
diagnostico (total body ed autopsia del feto, colture tissutali, esame istologico della placenta…)
[23].
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ESPLORAZIONE DELL'IMPATTO PSICOLOGICO NELL’ABORTO
E DELLE DIMENSIONI PSICOLOGICHE PIÙ A RISCHIO.
4.1 Cosa comporta l’aborto a livello psicologico per una donna?
La scoperta di una gravidanza, può essere uno shock e rappresentare un momento critico
nella vita di una donna. Tali sensazioni possono risultare ancora più esasperate quando la
gravidanza non è cercata.
Aspettare un bambino comporta dei cambiamenti a livello fisico, ormonale ed a livello
psicologico e la sua perdita può essere un evento devastante per la coppia. Anche la scelta di
interrompere la gravidanza spesso causa uno stato di crisi profonda e di vulnerabilità [58].
Entrambi i tipi di aborto (spontaneo o indotto), sono eventi di vita simili che portano le
donne a perdere la loro gravidanza dopo un breve periodo. Tuttavia, i due eventi di vita
differiscono per aspetti importanti.
L’aborto spontaneo avviene involontariamente e improvvisamente, mentre l'interruzione
volontaria di gravidanza è un evento pianificato e conosciuto. Le donne con gravidanze
indesiderate sono quelle che sono stabili e contente della loro vita, che non hanno finito la loro
formazione o che hanno già il numero di figli che desiderano. Questa categoria comprende però
anche le donne che hanno aborti a causa di difficoltà finanziarie, relazioni instabili o malattie
mentali croniche [16].
L’aborto è un’esperienza spesso vissuta dalla donna in modo traumatico. Si stima che circa
tre quarti degli aborti si verificano nelle prime 12 settimane di gravidanza.
I risultati di molte ricerche suggeriscono che, durante il primo anno successivo ad un
aborto, il 20-30% delle donne sperimenta patologie psichiatriche significative, come disturbi
depressivi e ansia [64]. Le patologie in questione si presentano più facilmente nel caso delle
donne che affrontano una gravidanza per la prima volta: in questo caso una perdita inciderà
molto sui livelli di ansia riguardo alla fertilità futura [56].
Per quanto riguarda il rischio di depressione nelle donne che abortiscono una gravidanza
indesiderata, questa è superiore rispetto alle donne che portano a termine la gravidanza.
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Molti studi hanno trattato l’impatto psicologico dell’aborto, ma pochissimi hanno
confrontato le risposte psicologiche dopo un aborto spontaneo rispetto ad uno indotto.
Nello studio di Broen et al [17], ad esempio, venivano paragonati l’aborto spontaneo e
quello indotto con l'obiettivo di determinare se vi erano differenze a livello di sensazioni
percepite a livello mentale dopo questi due eventi di interruzione di gravidanza. Lo studio è stato
realizzato attraverso la somministrazione di questionari che hanno evidenziato come il corso di
risposte psicologiche nell’aborto spontaneo e in quello indotto differiva durante il periodo di
cinque anni dopo l'evento. Le donne che avevano subito un aborto indotto mostravano punteggi
più alti durante il periodo di follow-up per alcuni risultati, quali evitamento, senso di colpa,
vergogna e sollievo.
In generale si nota come il problema delle sequele psicologiche sia una difficoltà enorme
per le donne che perdono la loro gravidanza.
Le donne di entrambi i gruppi dovrebbero ricevere informazioni sulle principali
problematiche psicologiche post-aborto e di follow-up attraverso dei colloqui, con personale
sanitario preparato che dovrebbe essere offerto alle donne più colpite dall'evento.
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4.2 Chi viene interessato nell’aborto
Le donne colpite da un aborto appartengono a diverse età, religioni, razze, livelli di reddito
e possono essere colpite in qualsiasi fase della vita. Gli effetti psicologici di tale perdita sono a
volte non riconosciuti, a volte invisibili, a volte negati.
Mentre sotto il profilo ostetrico si sono ormai affermati validi protocolli che permettono
l’esecuzione dell’aborto sia spontaneo che indotto, altrettanto non si può dire dal punto di vista
psicologico riguardo alla gestione emotiva e comportamentale, in quanto la madre è
normalmente lasciata a se stessa e le eventuali sequele psichiche vengono trattate solo quando si
presentano, a distanza anche di anni [32].
La domanda che ci poniamo è: tra un evento scelto, come l'aborto volontario e, un evento
non scelto, ma subito, come un aborto spontaneo, c'è una differenza? O anche se scelto l'aborto
resta comunque una piaga nell'integrità psicofisica - spirituale della madre?
In questa sede non vogliamo fare discorsi moralistici, perché ognuno è libero di decidere se
portare avanti una gravidanza o meno, ma si vuole solo spiegare quali risvolti psicologici si
possono vivere dopo l’interruzione di gravidanza.
La scelta di voler esplorare l'impatto psicologico nell’aborto e le dimensioni psicologiche
più a rischio, è data dal fatto che negli ultimi anni la percentuale di aborti rimane sempre alta, sia
che essi fossero spontanei o volontari.
Infatti, dopo un periodo di sostanziale declino, il numero di aborti oggi nel mondo è
stabile. Questo quanto emerge dall’ultimo rapporto pubblicato su The Lancet
dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) e Guttmacher Institute (organizzazione no-
profit che si occupa di salute sessuale e riproduttiva). Sarebbero state circa 43,8 milioni le
interruzioni di gravidanza nel mondo nel 2008, una ogni tre in Europa e nella sua parte orientale
si registrano le percentuali più basse al mondo, del 12%. Di questi aborti circa il 49% non era
sicuro, dato peggiore rispetto al 1995, quando le interruzioni di gravidanza che non rispettavano
gli standard di sicurezza erano il 44% [54].
Quanto all’Italia, i dati dell’ultimo rapporto del Ministero della Salute, come noto,
confermano il trend di una progressiva ma sempre troppo lenta diminuzione delle interruzioni di
gravidanza (115.372 nel 2010, con un calo del 2,7% rispetto al 2009 e del 50,9% rispetto al
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1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’aborto, ma con una natalità molto più
elevata).
Il tasso di abortività nel 2010 è risultato pari a 8,2 per 1.000 nati, con un decremento del
2,5% rispetto al 2009 e del 52,3% rispetto al 1982. Il rapporto di abortività (numero delle
interruzioni per 1.000 nati vivi) è di 207,2 per mille, in linea con i dati mondiali.
Nel complesso, malgrado l’estensione dei Paesi dove l’aborto è lecito e dei casi in cui
interrompere una gravidanza non è più considerato un reato, e nonostante la massiccia
propaganda globale a favore di contraccettivi d’ogni tipo, gli aborti nel mondo vanno crescendo.
Il rapporto OMS-Guttmacher punta il dito contro le leggi restrittive che ancora vigono in molti
Paesi. Ciò che si legge nello studio preoccupa, se possibile, ancor più dei dati per l’assoluta
mancanza di consapevolezza del valore della vita nascente che continua a trasparire nelle grandi
e ricche istituzioni internazionali, mascherata sotto l’abituale linguaggio elusivo: «Le gravidanze
indesiderate avvengono ovunque. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi dell’Onu sul benessere
delle donne è necessario introdurre misure per migliorare i servizi di pianificazione familiare e
l’efficacia dell’uso dei contraccettivi, oltre ad assicurare l’accesso a un’interruzione di
gravidanza sicura per la salute» scrivono Gilda Sedgh e Iqbal Shah, i principali autori del
rapporto [54].
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4.3 Sintomi clinici prevalenti in caso di aborto
Sempre più preoccupazione per la salute pubblica si concentra sui risultati negativi
riguardo l’impatto emotivo nelle donne che subiscono un aborto.
I ricercatori concordano sul fatto che la salute mentale di alcune donne è influenzato
negativamente dall’esperienza dell’aborto e che sarebbe meglio eseguire ulteriori indagini per
meglio assistere le donne e per prevenire problemi futuri [51].
La donna che ha subito un aborto, quindi, esso sia spontaneo o indotto, può presentarsi con
i seguenti sintomi clinici [14]:
♦ bassa autostima;
♦ lutto, dal punto di vista del pianto che sembra non finire mai;
♦ episodi di pianto incontrollato o apparentemente immotivato;
♦ depressione - può manifestarsi con un’insensibilità emotiva, ossia l'incapacità di
sentire gioia e tristezza;
♦ pensieri di suicidio;
♦ senso di colpa;
♦ senso di alienazione da se stessi, dalla famiglia, dagli amici ed altri;
♦ vergogna;
♦ isolamento - ad esempio: fare delle cose, oppure evitare particolari persone e attività,
con lo scopo di evitare la condivisione dell'esperienza abortiva con gli altri
(nello studio di Rue et al., si evince come nelle donne americane che hanno abortito
il pensare o parlare dell'argomento aborto viene evitato dal 50% delle stesse);
♦ rabbia, spesso profondamente seppellita, ma a volte esplosiva;
♦ difficoltà nel concentrarsi;
♦ disordini del sonno uniti ad incubi/sogni che hanno a che fare con bambini;
♦ allucinazioni auditorie del pianto di un bambino;
♦ flashbacks dell'esperienza dell'aborto - episodi che possono scattare apparentemente
dal nulla, ma spesso ci sono delle "mine" nella memoria che li fanno scattare, ad
esempio, il rumore dell'aspirapolvere della casa, la quale ricorda gli attrezzi di
suzione della procedura; musica e suoni che si sentivano durante l'intervento o
durante il ricovero; la tessera sanitaria; le visite ginecologiche (spesso evitate dalle
donne dopo l'IVG);
♦ problemi di relazione;
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♦ difficoltà con l'intimità - le donne spesso si allontanano dai rapporti intimi con un
uomo per paura di dover rivelare vicende del proprio passato, incluso l'aborto o gli
aborti, o per paura di restare incinta di nuovo; inoltre l'aborto aumenta il rischio di
disfunzioni sessuali di circa 2 volte [37];
♦ disturbi alimentari;
♦ automutilazione;
♦ dolore fisico - le donne possono raccontare dolore all'addome, alla schiena oppure
dolori mestruali, questi possono essere dolori organici, a volte causati da
complicazioni dell'intervento abortivo, oppure potrebbero essere dolori
psicosomatici;
♦ insensibilità fisica;
♦ ipervigilanza, nervosismo e agitazione;
♦ difficoltà nelle gravidanze successive - ci può essere un alto livello di ansia durante
la gravidanze, oppure paura della possibilità di vivere un'altra perdita di gravidanza;
♦ difficoltà in successivi travagli e parti - ad esempio parti che iniziano e si fermano,
oppure che non progrediscono, provocando la necessità di un parto cesareo;
♦ incapacità di formare un forte legame con i figli nati dopo - può capitare che alcune
donne descrivano molta difficoltà nell'allattare, nel dar da mangiare con il biberon,
nel cambio dei pannolini, in qualsiasi attività che richiede contatto intimo con il
neonato. Il legame che si sviluppa si caratterizza da comportamenti troppo protettivi
contemporaneamente ad un certo distacco emotivo;
♦ fascino o attrazione-ossessione per la gravidanza - una reazione che nella sua
manifestazione più acuta può portare a comportamenti bizzarri;
♦ comportamenti che distanziano la donna dai bambini, dalle gravidanze e dall'aborto -
spegnere la TV oppure cambiare canale durante la pubblicità sui neonati o quando
arriva una notizia sull'IVG; evitare battesimi, compleanni ed altri eventi e luoghi
dove si troveranno dei bambini, etc;
♦ sovracompensazione nella carriera o vita professionale - succede soprattutto con la
donna che scelse l'aborto per finire l'università o per raggiungere certe mete
professionali;
♦ coinvolgimento con il movimento "a favore della vita" oppure il movimento "pro-
abortista";
♦ abuso di bambini - se non hanno elaborato un lutto per il bambino o i bambini
abortiti, alcune donne possono non avere i mezzi adeguati per affrontare
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l'ambivalenza e le difficoltà che possono arrivare con un futuro bambino. Ci può
essere un abuso emozionale, espresso per mezzo di un distanziarsi emotivamente, un
abuso verbale, oppure un vero e proprio abuso fisico che include un livello di
imposizione di disciplina più dura del normale, mediante l'uso di violenza fisica
talvolta con perdita del controllo. Alcune donne immaginano il bambino abortito
quasi come il bambino "perfetto" e sentono una grande disillusione con la realtà del
bambino vivo che è unico e può portare con sè i propri limiti e problemi;
♦ amarezza verso gli uomini e difficoltà di avere fiducia negli uomini in futuro, oppure
un' abitudine a scegliere gli uomini sbagliati - altra forma, questa, di autopunizione.
Le risposte psicologiche all'aborto delle donne sono probabilmente influenzate da fattori
socio-culturali complessi. In alcune nazioni l'ambiente sociale circostante l'aborto è definito da
forti sanzioni morali contro di esso, in altre parti del mondo, l'aborto è una pratica medica
accettata passivamente [35;51].
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4.4 Post-aborto in Letteratura
Numerosi sono comunque gli studi scientifici che si sono susseguiti nel corso degli anni e
che avvalorano in modo certo ed indiscutibile l’esistenza della sindrome post aborto. Ne
presentiamo alcuni.
• Nel luglio 2013 la rivista scientifica “Psychiatry and Clinical Neurosciences” ha
pubblicato una metanalisi sulle conseguenze psichiatriche e psicologiche dell’aborto sulle donne:
su 36 studi esaminati, 13 indicano che le donne che hanno abortito volontariamente hanno un più
alto rischio di depressione, ansia o abuso di sostanze [9].
• Nell’aprile 2012 un team di ricercatori cinesi dell’Anhui Medical Colledge nel loro
studio “The Impact of Prior Abortion on Anxiety and Depression Symptoms During a
Subsequent Pregnancy”, pubblicato dal Bulletin of Clinical Psychopharmacology, hanno
rilevato che le donne che hanno abortito, rispetto a quelle la cui gravidanza ha potuto proseguire,
si mostravano in media il 114% più portate a stati di ansia e depressione, a prescindere che
l’aborto fosse spontaneo o “scelto”. Su questo studio è interessante il commento della dottoressa
Priscilla Coleman, professoressa allo Human Development and Family Studies della Green State
University in Ohio: «Anche in una cultura in cui l’aborto è diffuso e viene ordinato dal governo
dopo che le donne partoriscono già una volta (nella Cina moderna è ancora vietato avere più di
un figlio a famiglia), l’entità dei rischi psicologici è paragonabile a quelli individuati in altre
parti del mondo»[66].
• Nel dicembre 2011, il British Journal of Psychiatry ha presentato un nuovo studio, ad
oggi la più grande stima quantitativa dei rischi per la salute mentale associati all’aborto
disponibili nella letteratura mondiale. Il campione della metanalisi ha compreso 22 studi e
877.181 partecipanti. In questo studio si è concluso che le donne che hanno subito un aborto
presentano un rischio maggiore dell’81% di avere problemi di salute mentale e quasi il 10% dei
incidenza di problemi di salute mentale si è dimostrato di essere direttamente attribuibile
all’aborto.
In particolare, le donne che avevano subito un aborto hanno registrato un aumento del 34% di
probabilità di disturbi d’ansia, del 37% di depressione, il 110% (più del doppio) in più del rischio
di abuso di alcool, il 220% (più del triplo) in più di consumare cannabis e il 155% in più del
rischio di suicidio.
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I ricercatori si augurano che queste informazioni vengano fornite alle donne in procinto di
abortire [21].
• Nel 2009 su Cuadernos de bioetica, la rivista ufficiale dell’Asociacion Espanola de
Bioetica y Etica Medica è stato pubblicato uno studio di due ricercatori del Dipartimento di
Psicologia e Psichiatria dell’Università di Granada (Spagna), i quali sostengono che nessuno
studio di ricerca ha mai scoperto che l’aborto indotto sia associato ad un esito di migliore salute
mentale, al contrario, molti studi sottolineano le significative associazioni tra l’aborto volontario
e l’abuso di alcool, disturbi dell’umore, tossicodipendenza, depressione e disturbi d’ansia.
Consigliano dunque di dedicare molti sforzi per la cura della salute mentale delle donne che
hanno avuto un aborto indotto [29].
• Nel 2009, sulla Revista da Associação Médica Brasileira (RAMB), uno studio
scientifico ha rilevato che le donne che hanno avuto un aborto indotto sono risultate più ansiose e
depresse, piene di sentimenti problematici e bisognose di un sostegno psicologico [10].
• Nel 2007 uno studio condotto da Sharain Suliman e pubblicato su BMC
Psychiatry, ha stabilito che il 18,2% delle donne nel post-aborto soddisfano i criteri per una
diagnosi di “Post-Traumatic Stress Disorder” entro i tre mesi dall’interruzione di gravidanza. La
ricerca è stata condotta da ambienti in cui vengono eseguiti aborti per trovare un migliore
anestetico a possibili problemi futuri [61].
• Nel 2006 su Obstetricia et Gynecologica Scandinavica (ACTA) sono apparsi
i risultati di uno studio incentrato a valutare l’ansia e la depressione nelle donne che hanno
sperimentato un aborto spontaneo o un aborto indotto. I ricercatori hanno rilevato che l’aborto
spontaneo porta ad un livello significativamente più alto di ansia e depressione nei primi dieci
giorni rispetto alla popolazione generale, mentre l’aborto indotto causa livelli significativamente
più alti di ansia e depressione fino a 6 mesi [16].
• Nel gennaio 2006 sul Journal of Child Psychology and Psychiatry è apparso
un importante studio epidemiologo -il più grande del suo genere a livello internazionale-
sponsorizzato dal Canterbury Health and Development Study e realizzato da D.M. Fergusson,
L.J. Horwood e E.M. Ridder. I ricercatori hanno rilevato, basandosi su un campione di ricerca di
un grande studio longitudinale, che in Nuova Zelanda le donne sotto i 25 anni, che avevano
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avuto un aborto indotto, presentavano un alto tasso di rischio di avere problemi di salute mentale
(42%) tra cui depressione, ansia, comportamenti suicidi e disturbi da abuso di alcool (50%)
e sostanze illecite (67%) rispetto a coloro che non erano mai state in gravidanza (21%) e di
coloro che avevano proseguito la gravidanza (35%). La conclusione dello studio è che i risultati
suggeriscono che l’aborto nelle donne giovani può essere associato ad un aumentato rischio di
problemi di salute mentale [27].
• Nel 2005, sul Medical Research Methodology (BMC) sono apparsi i risultati di uno
studio di 5 anni che ha analizzato le conseguenze psicologiche di aborti indotti e aborti spontane.
I ricercatori norvegesi hanno rilevato che le donne dopo un aborto spontaneo hanno maggior
disagio mentale nei primi 6 mesi rispetto a coloro che avevano subito un aborto volontario.
Tuttavia hanno mostrato un miglioramento significativamente più veloce da complicazioni come
dolore, senso di colpa e rabbia. Le donne che avevano subito un aborto indotto hanno invece
mostrato complicanze significativamente maggiori nei 2-5 anni successivi all’intervento, come
sentimenti di colpa e vergogna rispetto a chi ha subito un aborto spontaneo. Rispetto alla
popolazione generale, le donne che hanno subito l’aborto indotto mostrano punteggi
significativamente più elevati di ansia e depressione, mentre coloro che hanno avuto un aborto
spontaneo mostrano gli stessi valori solo nei primi 6 mesi. I ricercatori concludono dunque che le
donne sottoposte ad un aborto volontario mostrano valori di complicanze psicologiche più
elevati rispetto alla popolazione generale e a coloro che hanno avuto un aborto spontaneo [18].
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4.5 Impatto psicologico nell’aborto spontaneo
In uno studio svedese longitudinale è stato rilevato che l’aborto spontaneo costituiva il
12% di tutte le gravidanze e il 25% delle donne pluripare di 39 anni avevano sperimentato
almeno una volta un’esperienza abortiva.
Con “perdita di gravidanza” si intende quella condizione in cui vi è un’interruzione di
gravidanza con esito negativo fetale o neonatale. Essa conduce a disturbi psicologici ed emotivi
per la coppia e per le persone più vicine a loro. Infatti, oltre a rappresentare un trauma legato alla
perdita stessa, rappresenta un momento di particolare sofferenza psichica per la madre che deve
essere sottoposta a raschiamento post-abortivo.
La perdita non è fine a se stessa perché si ripresenterà continuamente nella memoria della
madre. L'attenzione della donna è ancora incentrata sul bambino perduto e anzi qualcosa di
semplice come lo shopping può diventare molto difficile. Ovunque ci si giri ci sono prodotti per
bambini, neonati nella pubblicità o altre mamme con i loro neonati e bambini. Una perdita di
gravidanza può avere un effetto profondo sulla propria immagine di genitore [24;28].
L’aborto spontaneo segna non solo la fine di una relazione tra lo sviluppo del bambino e
dei suoi genitori, ma anche la perdita dei sogni che sono stati elaborati attorno ad essa, le
speranze ed i desideri che sono parte integrante della gravidanza. Quando si intraprende una
gravidanza, i genitori sono totalmente impreparati per la morte. Uno studio ha dimostrato come
l'intensità del dolore a seguito di un aborto spontaneo sembra essere simile all'intensità del dolore
dopo altri tipi di perdite significative [45].
Diversamente da una perdita post-natale, la morte di un bambino per aborto non viene
riconosciuta con specifici rituali sociali e tali perdite possono essere considerate come “non-
morti”, “non eventi”.
La reazione al dolore varia da individuo a individuo e dipende da diversi fattori come, ad
esempio, la durata della gravidanza, il tipo di perdita, storie di episodi simili in passato, la
presenza di problemi all’interno della famiglia, la durata della vita di coppia, il legame tra i
coniugi e il sostegno di familiari, parenti e amici dopo la perdita di gravidanza [8]. La stessa
presenza di figli all’interno della famiglia può essere un indicatore di buona ripresa da una tale
situazione di lutto.
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In molti hanno dimostrato che il dolore associato con la perdita di un bambino può portare
con sé un profondo senso di fallimento personale e senso di colpa, tristezza, delusione,
incredulità, vuoto. Infatti, molte donne che hanno subito un aborto, si definiscono inadeguate
come “donne” e come “madri”, avendo dubbi sulla propria femminilità, non essendo riuscite a
portare a compimento una gravidanza. Non da meno è la rabbia provata verso se stessi, il
coniuge, gli amici e verso quelli che riducono al minimo la perdita o non riescono a riconoscere
il tipo di significato. Nelle donne, infatti, l’impatto è molto forte perché hanno fallito ed il loro
essere donne è rimasto indebolito [36].
Un ulteriore problema, come descritto da McGreal, Evans e Burrows [42], nell’affrontare i
genitori i cui figli sono morti per aborti, è l’incapacità di familiari, amici, dottori e, a volte, degli
stessi genitori, nel riconoscere che il loro dolore nasce dalla morte di una “persona”.
L’esperienza della perdita e la necessità di elaborare il lutto hanno infatti un impatto molto forte
sia sulla donna che sulla coppia, che sul personale che offre loro assistenza. All’interno della
coppia, uno dei principali rischi sarà l’ineguale processo di dolore, motivo per il quale viene
consigliata una psicoterapia, assicurando una continuità di dialogo all’interno della coppia [36].
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4.6 Impatto psicologico nell’I.V.G.
Un aborto indotto è il risultato di una decisione presa dopo giorni o settimane di
considerazioni e dove la donna è mentalmente preparata quando arriva in ospedale. Però, la
scelta di voler abortire non sempre è una decisione presa con facilità. Il periodo precedente
l'aborto può essere infatti doloroso.
Questo processo di decisione può essere difficile e la ragione della scelta di avere un aborto
può influenzare le risposte psicologiche dopo l'evento. Inoltre una donna di fronte al fatto di
portare a termine o meno la gravidanza vive sempre un momento di crisi.
Le persone che vivono un momento di crisi hanno meno fiducia in quello che pensano e
nella capacità di riuscire a prendere la decisione giusta.
Tale vulnerabilità psicologica può portare a situazioni in cui genitori, counselor, partner o altre
figure significative possono avere una grandissima influenza sulla decisione finale.
Molto spesso, una decisione non rispondente ad una scelta consapevole, successivamente,
può provocare gravi sentimenti di rimpianto.
Quando l’aborto non nasce da una scelta consapevole, rappresentante il reale desiderio della
donna, anche se deciso già in partenza, può essere infatti vissuto come una grave perdita o come
l’uccisione volontaria del proprio bambino [19].
Da uno studio [50] è stato riscontrato come le donne che durante la decisione sono
dubbiose, avranno più rischi di contrarre problemi a livello psicologico a differenza di quelle che
sono convinte delle loro scelte. Inoltre, sarà molto difficile il rapporto con le donne che nella loro
decisione sono state condizionate da altri o da condizioni finanziarie e dell’abitazione.
Con l’IVG è come si espellesse una malattia, ciò che provoca il disturbo, ma
contemporaneamente si viene a negare una realtà e assieme a questa si iniziano a negare altre
realtà vicine, con un modello a cerchi concentrici dove si va a negare tutto quello che può
ricordare l’IVG. Questo porta a staccarsi sempre più dalla realtà, con un rischio di psicosi post-
abortiva.
Concludendo, l’I.V.G. è correlata all’insorgenza di sintomi depressivi come umore triste,
insonnia, difficoltà di concentrazione, disturbi sessuali e problemi relazionali con il partner,
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ideazione suicidaria, episodi di pianto improvviso ed incontrollato, perdita della stima di sé,
perdita dell’appetito, perdita della motivazione [48].
Ansia e depressione sono stati a lungo associati con l'aborto indotto [34]. In una profonda
revisione della letteratura, sintomi di ansia sono stati identificati come la risposta post abortiva
avversa più comune [13].
Ad esempio, un disturbo d'ansia o un disturbo da stress post-traumatico può essere identificato
con un evento travolgente e pericoloso per la vita e che crea un’incapacità ad elaborare il trauma.
“(…) non è nel togliere la gravidanza che si cura la donna in difficoltà psicologica, bensì
nell’aiutarla a superare i suoi reali problemi di ristrutturazione della realtà” [33].
- 85 -
IMPORTANZA DELLA FIGURA DELL'INFERMIERE.
- Si faccia coraggio. E’ finita. -
- Non ho risposto nulla. Non ho fatto un gesto. Non ho battuto un ciglio. Sono rimasta lì
con un corpo che era pietra e silenzio. Non si annidava un pensiero, una parola.
L’unica sensazione era un peso insopportabile sopra lo stomaco, un piombo invisibile
che mi schiacciava come se il cielo mi fosse precipitato addosso: senza far rumore. -
Oriana Fallaci “Lettera ad un bambino mai nato.” [26]
5.1 Perdita per la donna ed all’interno della coppia
Il dolore di una donna che aspetta un figlio e lo perde in seguito ad un aborto, sia esso
spontaneo o indotto, è un dolore indicibile, profondo che ha spesso conseguenze sulla madre
andando a toccare il suo corpo e il suo essere. Un dolore che può rimanere latente per anni, può
essere negato e rimosso: una difesa per sopravvivere che trova voce inizialmente solo tramite
malesseri fisici.
Ansia, tristezza, rabbia, frustrazione, scarsa autostima, sensi di colpa sono un turbinio di
vissuti che accompagnano chi abortisce e che hanno bisogno di essere espressi, ascoltati, capiti
ed accolti. E’ importante essere sostenuti nel dolore di questa perdita per poter ritornare alla vita.
Il problema è che, ancora oggi, questo dolore viene taciuto a causa del giudizio degli altri,
della solitudine e della non accoglienza.
Come visto in letteratura, sono molte le sequele psicologiche a cui queste donne potrebbero
andare incontro se il processo di lutto e di dolore non si riuscisse a risolvere in modo “salutare”.
Queste sequele psicologiche rappresentano un costo sia economico che umano a cui si potrebbe
ovviare con un intervento psicologico preventivo effettuato durante la fase di ricovero o post-
intervento. Per poter attuare questo, però, c’è la necessità di far nascere e sviluppare negli
operatori sanitari la sensibilità verso una paziente che non sia vista unicamente come “fisico da
sanare” e, come riporta la definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) del 1948, di far emergere la consapevolezza che la “salute è un concetto multi-
dimensionale che ingloba diversi aspetti del benessere fisico, mentale e sociale”.
- 86 -
Sebbene stress e coping siano stati ampiamente indagati, sia teoricamente che in relazione
allo stress del lavoro e della vita quotidiana, pochi studi hanno esaminato lo stress e le strategie
di coping riguardanti l’aborto [42].
Non ci sono infatti studi in letteratura riguardanti il possibile intervento infermieristico in questi
casi.
Ogni donna che soffre per un aborto dovrebbe essere considerata come unità psico-fisica:
fisicità e psichicità dovrebbero essere considerate come due dimensioni inscindibili all’interno
dell’unità esistenziale dell’individuo.
Succede invece ancora oggi che il personale ospedaliero, essendo impegnato con il proprio
lavoro di routine, ha poco tempo per l’assistenza alla madre o alla coppia in generale, i quali si
trovano nel momento di maggiore difficoltà. Essi infatti si trovano in uno stato di empatia in cui
necessitano di spiegazioni, tempo e supporto.
Inoltre non bisogna dare per scontato che l’uomo non risenta di un simile evento.
Nonostante gli uomini siano stati educati per molto tempo a considerare una gravidanza persa o
indesiderata un problema esclusivamente femminile, molte cose sono cambiate in questi anni.
Questo è avvenuto in seguito all’educazione ad una maggiore consapevolezza del proprio ruolo
nella riproduzione. Non vanno quindi trascurate le ripercussioni psicologiche sul potenziale
padre del nascituro, soprattutto nel caso in cui la donna esprima la volontà di interrompere la
gravidanza, in particolar modo se ciò avviene contro il parere del partner.
C’è da dire, quindi, che l’aborto può avere importanti influenze sulla coppia e sulle
relazioni che i genitori avranno con i bambini nati successivamente alla perdita e colpire
precocemente lo sviluppo della salute psichica di questi bambini [65].
- 87 -
5.2 Esperienze dalla Letteratura
In Letteratura non esiste molto materiale riguardo all’assistenza infermieristica in questo
ambito. Tra i pochi studi presenti ricordiamo:
- Lo studio di Adolfsson del 2011 [2], in cui vengono investigate e ricercate una miglior
organizzazione ed un uso più efficiente delle risorse all'interno del sistema sanitario. Il fine
ultimo dello studio è stato quello di identificare tra donne con una gravidanza abortiva quelle che
a seguito dell’aborto soffrivano di una grave reazione di dolore
La soluzione proposta è stata quella di offrire un appuntamento con un ginecologo, previa
consultazione con l'infermiera del reparto che aveva seguito la donna, per coloro che avvertivano
maggiormente i sintomi di rischio a seguito della propria perdita. Questo percorso si rendeva
utile per monitorare la reazione emotiva della donna e per strutturare un corretto trattamento
medico.
Risulterebbe infatti inutile per la donna psicologicamente provata da un aborto confrontarsi
con il medico generico che, non avendo vissuto la sua storia “traumatica” della paziente non
potrebbe migliorare la sua situazione di partenza.
Inoltre, in questo studio viene data grande importanza alla figura dei caregivers. Citando
un altro studio, quello di Neugebauer et al [44], Adolfsson suggerisce che le figure di riferimento
si concentrino adeguatamente sui problemi del paziente. Il contatto con il personale sanitario
dovrebbe essere inferiore e la programmazione di appuntamenti dovrebbe essere più facile, con
appuntamenti più flessibili.
Durante il precoce trattamento di un aborto spontaneo è importante, per dare sicurezza,
soddisfare la paziente in modo adeguato a livello di cure mediche.
Il personale dovrebbe considerare l'aborto spontaneo come un evento importante e
rilevante nella vita di queste donne. È stato dimostrato, infatti, che chi subisce un aborto
spontaneo, senza essere a conoscenza del rischio in precedenza, soffre maggiormente e presenta
un punteggio più alto sulla versione corta svedese della Perinatal Grief Scale (PGS) rispetto alle
donne con altre diagnosi di aborto spontaneo.
- 88 -
Le conclusioni dello studio sono state quelle di dare alle donne che avevano subito un
aborto spontaneo un maggiore senso di benessere, applicando la teoria del Caring di Swanson
per il recupero, in aggiunta alla migliore organizzazione e un uso più efficiente delle risorse.
- Lo studio di Adolfsson del 2010 [1], invece, utilizza la fenomenologia interpretativa basata
sul lavoro di Heidegger del 1996, con l’obiettivo di identificare e descrivere le esperienze
dell’aborto spontaneo.
Questa esperienza umana viene valutata in tre differenti frazioni di tempo, ovvero nel
passato, nel presente e in previsione del futuro. Ascoltando le risposte alle domande
dell’intervista e poi interpretando i vissuti di più persone che hanno sperimentato la stessa
condizione, il ricercatore è stato in grado di meglio comprendere la condizione e il suo effetto
sulla donna.
Adolfsson cita l’opera di Heidegger del 1996 [31]. Viene definito l’"essere" che si riferisce
alla nostra esistenza come esseri umani e implica che noi siamo in esso, cioè, siamo uno stato
dell'essere. Egli afferma inoltre che gli esseri umani possono rappresentare al meglio il loro
mondo e la loro interpretazione della realtà attraverso le parole e il linguaggio. Ciò significa che
le parole di un testo scritto, che in questo caso sono una serie di interviste, possono essere
utilizzate per lo scopo di comprendere ed esaminare i vissuti.
In questo caso, le domande dell'intervista sono significativamente importanti per capire l’
"essere", per quanto riguarda l'esperienza delle donne che hanno avuto un aborto spontaneo.
Adolfsson ha quindi scoperto che il supporto fornito dal partner di una donna può
migliorare la possibilità e la probabilità che la donna risolva in modo più efficace la perdita
associata all'aborto spontaneo.
Inoltre, le donne che ricevono un supporto professionale in forma di visite di follow-up con
gli operatori sanitari saranno più in grado di affrontare maggiormente la depressione e il dolore
che derivano dall’aborto spontaneo, rispetto a quelle donne che non hanno ricevuto lo stesso
follow-up.
La mancanza di sostegno sociale, di cure appropriate e di vicinanza da parte del caregiver,
contribuiscono al permanere di una situazione di stress emotivo prolungato.
- 89 -
Infine, i risultati delle interviste rivelano che le donne credevano che solo chi avesse
sperimentato il proprio dolore, in veste di aborto, potesse essere in grado di comprendere
appieno questa complessa esperienza femminile, compresi i suoi effetti a livello emotivo.
- Nello studio di Swanson e Kristen del 1999 [62], è stata valutata l’efficacia del
counseling nelle donne che avevano subito un aborto.
Nel primo anno successivo alla perdita, è stato dimostrato che le donne percepivano un maggiore
benessere se veniva loro fornito un giusto supporto emotivo basato sul caring e costanti
misurazioni sull’andamento della salute psichica. Un miglioramento riguardava anche
l’integrazione da parte delle donne alla perdita stessa.
Il Progetto di Caring nell’aborto spontaneo è stato un tentativo di tradurre la cura in un
intervento terapeutico potenzialmente replicabile. Questo tipo di progetto è unico ed è derivato
da un programma di ricerca in cui la cura e la risposta umana all’aborto spontaneo sono stati
inizialmente interpretati dai racconti di donne che hanno abortito.
I risultati suggeriscono che ci possono essere diversi percorsi di guarigione a seconda della
diversità delle donne. Il completamento dell’indagine potrebbe essere di per sé un modello di
"auto-cura" che aiuta le donne ad identificare ciò che hanno perso e ad abbandonare la rabbia.
Tre ore di conversazione faccia a faccia di counseling basato sul caring da parte di un
infermiere è stato efficace nella diminuzione dei disturbi emotivi, rabbia e depressione nel primo
anno dopo l'aborto.
- 90 -
5.3 Sostegno infermieristico
Le donne che subiscono un aborto, sia esso spontaneo o indotto, di solito sono dimesse
rapidamente dall'ospedale (intervento in day hospital). In molte situazioni, queste donne e le
coppie stesse, tornando a casa, sono in uno stato di confusione e alla ricerca di risposte. L'ansia
può essere elevata, in particolare per le gravidanze future.
Molte, però, sono riluttanti a rivelare questi sentimenti, sentendosi “deboli” nel porsi domande al
riguardo.
Sarà importante al primo incontro con l’infermiere fare in modo che tutte le
preoccupazioni vengano affrontate, se non risolte. Risulta quindi indicato consigliare alle
pazienti di annotarsi qualsiasi domanda o dubbio prima di vedere un operatore sanitario.
Questi incontri potranno aiutare a normalizzare i sentimenti e le reazioni in merito a questa
perdita [56].
Il sostegno infermieristico/psicologico nel post aborto ovviamente non cancella ciò che è
stato, ma restituisce una continuità di crescita e ricostruisce l’identità, rendendola forte e non più
ferita dalla perdita.
Gli infermieri del reparto in cui avviene l’intervento devono essere in grado di individuare
le figure più a rischio ed indirizzare queste donne e i loro caregivers verso i consultori o verso le
figure degli psicologi.
Essi, infatti, offrono un’accoglienza discreta, non giudicante, accogliente e aperta all’ascolto con
il compito di:
• favorire il benessere psicofisico e sessuale;
• favorire il benessere relazionale con l’altro sesso e con la famiglia;
• prevenire ulteriori IVG.
Alcuni interventi aggiuntivi che l’infermiere può attuare per fornire un maggiore aiuto nel
momento della difficoltà, come elenca [43], sono:
riconoscere la perdita, educare la donna per ciò che riguarda la risposta al dolore;
• incoraggiare l’avvicinamento e l’accettazione dell’aiuto dei familiari, degli amici e di
possibili gruppi di sostegno;
• fornire materiali di lettura e favorire l'espressione di sentimenti, tra cui la rabbia, in
modo non distruttivo;
• aiutare ad affrontare il senso di colpa, rassicurare per un’eventuale fertilità futura;
• chiedere direttamente su pensieri suicidi;
- 91 -
• monitorare per eccessiva ansia e/o depressione;
• monitorare per la discordia coniugale che è comune dopo una perdita di gravidanza.
L’importanza di fornire un aiuto nell’immediato è quindi fondamentale. Non da meno, sarà
comunque il monitoraggio continuo per la depressione o possibili reazioni di ansia nell’anno
successivo alla perdita, per assicurarsi che il processo si stia risolvendo.
Tutti questi aspetti possono essere gestiti e forniti dall’infermiere. La sua, infatti, è una
figura importante per ciò che riguarda l’aborto e le possibili conseguenze che questo può portare.
Vi è, infatti, la necessità di una maggiore consapevolezza tra gli operatori sanitari circa le
reazioni emotive e psicologiche che possono accompagnare una simile perdita. Tutti gli
interessati a questo problema hanno bisogno di essere empatici, sensibili e di sostegno per i
genitori di fronte a questo tipo di perdita, fornendo loro informazioni e risorse per riuscire ad
affrontarla, piuttosto che lasciarli da soli con il loro dolore silenzioso [39].
- 92 -
STUDIO
6.1 Scopo dello studio
L’esperienza dell’aborto rappresenta per i genitori uno degli eventi più drammatici che
possono accadere in gravidanza. L’aborto ed il suo impatto sui genitori e sugli operatori sanitari
sono stati studiati ampiamente in ambiente nordico e anglosassone, ma non è noto nessuno studio
italiano su di essi. Per la rilevanza delle sequele psicologiche che tale perdita comporta abbiamo
voluto affrontare questo tema in vista di un possibile intervento preventivo nella realtà italiana.
Scopo del nostro studio è stato infatti quello di capire quali sono le donne più a rischio di
sviluppare un disturbo psicologico post aborto, prevenendolo.
Le donne che hanno subito un aborto spontaneo, vivono la perdita come un profondo senso
di fallimento personale e senso di colpa, tristezza, delusione, incredulità e vuoto. Inoltre, non
essendo riuscite a portare a compimento la gravidanza, si sentono inadeguate in una gravidanza
successiva a compiere tale compito, ovvero portare in grembo il proprio bambino fino al parto.
Mentre nelle donne che decidono volontariamente di abortire persiste uno stato di fragilità,
dovendo prendere piena coscienza della decisione e trovandosi molto spesso in una situazione di
vulnerabilità, senza contare che tale scelta può provocare gravi sentimenti di rimpianto.
Secondariamente abbiamo voluto investigare la percezione del personale del Reparto della
Clinica di Ginecologia in merito alla propria capacità di relazionarsi a queste donne.
- 93 -
6.2 Materiali e Metodi
Questo studio prospettico è stato eseguito presso la Clinica Ostetrico Ginecologica
dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine.
Sono state incluse nello studio tutte le pazienti gravide, italiane e straniere, che hanno
subito un aborto spontaneo o un’interruzione volontaria di gravidanza nel periodo che va da
giugno 2013 ad ottobre 2013.
Successivamente è stato coinvolto anche il personale sanitario del reparto per valutare il
livello di conoscenza e preparazione riguardo questo delicato argomento dell’impatto
psicologico dell’aborto.
È stato costruito un database Microsoft Office Excel 2010 (vedi Fig. 14) in cui sono stati
inseriti i seguenti dati:
� età materna;
� indicazione se aborto spontaneo (0) o IVG (1);
� cittadinanza;
� stato civile;
� titolo di studio;
� presenza di figli nati vivi;
� presenza di figli nati morti;
� precedenti aborti spontanei;
� precedenti interruzioni volontarie di gravidanza (IVG);
� settimane di gestazione.
- 94 -
Fig. 14 – Dati popolazione.
- 95 -
I dati sono stati raccolti attraverso il modello ISTAT D.11, documento compilato dal
medico, dopo ogni caso di aborto sia esso spontaneo che indotto (vedi Figura 15).
- 96 -
Fig. 15 – Modello ISTAT.
- 97 -
L’età gestazionale è stata calcolata a partire dall’ultima mestruazione. Nelle pazienti in cui
la data dell’ultima mestruazione non era certa o vi era una differenza tra l’età gestazionale sulla
base dell’amenorrea e l’età ecografica sulla base del Crown-Rump Lenght (CRL) superiore a 7
giorni, l’età gestazionale è stata corretta sulla base del CRL.
La parità è stata definita in base alla storia ostetrica della paziente, al numero di figli nati a
termine, ai nati morti, agli aborti ed ai nati vivi. È stata inoltre fatta una distinzione tra aborto
spontaneo ed interruzione volontaria di gravidanza.
Lo strumento somministrato per analizzare la nostra popolazione sul versante psicologico è
stato una batteria di tre questionari:
- Questionario sullo stato di salute SF-36_(36 item)
Un test multi-dimensionale articolato attraverso 36 domande che permettono di assemblare
8 differenti scale. Si riferiscono concettualmente a 8 domini di salute:
� AF-attività fisica (10 domande);
� RP-limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica (4 domande);
� RE-limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (3 domande);
� BP-dolore fisico (2 domande);
� GH-percezione dello stato di salute generale (5 domande);
� VT-vitalità (4 domande);
� SF-attività sociali (2 domande);
� MH- salute mentale (5 domande).
In considerazione a questo test, abbiamo dato importanza all’aspetto della salute
psicologica - emotiva (AS: limitazioni nella attività di tipo sociale, RE: limitazioni delle
attività specifiche del suo ruolo dovute a problemi Emotivi, SM: Salute Mentale).
Per l’interpretazione dei risultati del questionario dell’SF-36 si è andato a valutare
come la percezione che una persona ha della propria salute dipende non solo da una serie
di fattori specifici e relativi alla salute (come le malattie acute e croniche, le terapie
farmacologiche e non) ma anche da alcuni fattori legati all’età ed al genere sessuale
(maschi o femmine).
I risultati sono presentati avendo come riferimento non tutta la popolazione degli
italiani, ma solo quelli di età e sesso simili a quelli del campione preso in esame. I test
sono stati corretti seguendo il traduttore automatico presente nel lavoro di Apolone et al.
[5].
- 98 -
- Perinatal Grief Scale PSG_(33 item)
Scala utilizzata per indagare le varie dimensioni della perdita in gravidanza (Figura 2).
Suddividibile in tre sottoscale che individuano:
� dolore attivo;
� difficoltà di fronteggiamento;
� disperazione.
Riguardo al PSG, i punteggi più alti riflettono più intenso dolore ed una somma superiore
a 90 indica una possibile morbilità psichiatrica [70].
- Multidimensional Scale of Perceived Social Support - MSPSS_(12 item)
Scala utilizzata per valutare il supporto sociale percepito dai familiari e amici.
Riguardo al MSPSS, il range del punteggio va da 7 a 84 punti e l’algoritmo di valutazione
prevederà:
� totale = 69 – 84 alta acuità/intensità
� totale = 49 – 68 moderata acuità/intensità
� totale = 12 – 48 lieve acuità/intensità
In questo caso per l’algoritmo di calcolo sono state seguite le linee presenti nell’articolo di
Zimet et al. [67-68].
In Figura 16 il modello di questionari somministrato alle pazienti, in lingua italiana ed in
lingua inglese.
- 99 -
- 100 -
- 101 -
- 102 -
Fig. 16 – Batteria di questionari fornita alle pazienti, in italiano e in inglese.
- 103 -
Mentre lo strumento somministrato al personale infermieristico per valutare il livello di
conoscenza e preparazione riguardo l’assistenza alle donne è stato creato e validato in
collaborazione con la psicologa del dipartimento materno – infantile dell’Azienda Ospedaliero
Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine.
Il test è composto da 8 domande, ognuna con scelta dicotomica (vedi Fig. 17).
Fig. 17 – Questionario fornito al personale infermieristico.
- 104 -
Per stimare la distribuzione delle caratteristiche materne nel gruppo di donne gravide
analizzate è stata applicata un’analisi statistica descrittiva. Sono state quindi individuate le donne
che hanno subito un aborto spontaneo e quelle che si sono sottoposte ad interruzione volontaria
di gravidanza. La prevalenza delle diverse caratteristiche della nostra popolazione è stata
calcolata valutando il rapporto tra il numero di pazienti con una determinata caratteristica ed il
totale della popolazione.
- 105 -
6.3 Risultati
Caratteristiche della popolazione.
Tra giugno e ottobre 2013 sono state sottoposte allo studio 149 pazienti. Di queste, 90
pazienti (60.4%) erano italiane e 59 (39.6%) erano straniere. 77 pazienti (52%) hanno avuto un
ricovero per aborto spontaneo mentre 72 (48%) per un’interruzione volontaria di gravidanza.
Sul campione totale, 102 pazienti si sono rifiutate di partecipare allo studio, di queste 52
(50.9%) erano straniere. Le restanti pazienti sono state sottoposte al nostro studio previo
consenso informato.
La nostra popolazione è stata quindi formata dalle 47 pazienti (7 straniere) che hanno
compilato la batteria di questionari forniti.
Le caratteristiche della popolazione analizzata sono presentate nella tabella 3.
CARATTERISTICHE POPOLAZIONE (n = 47)
Età media, anni (± SD) 34.85 anni (± 7.48)
Nazionalità
- italiane
- straniere
80.11% (40)
14.89% (7)
Titolo di studio:
- nessuno o licenza di scuola elementare
- licenza di scuola media inferiore
- diploma e maturità di scuola media superiore
- laurea o altro titolo universitario
6.38% (3)
17.02% (8)
44.68% (21)
31.92% (15)
Stato civile:
- nubile
- coniugato
- separato/divorziato
- vedova
38.30% (18)
57.45% (27)
2.13% (1)
2.13% (1)
Parità:
- Nullipare
- Pluripare
44.68% (21)
55.32% (26)
Ricovero per:
- aborto spontaneo
- interruzione volontaria di gravidanza
57.45% (27)
42.55% (20)
Aborti precedenti 29.78% (14)
IVG precedenti 19.15% (9)
Età gestazionale 8 settimane + 5 giorni di gestazione
+ 12 giorni di gestazione
Tab. 3 – Caratteristiche della popolazione esaminata.
- 106 -
Le 47 pazienti sottoposte alla studio avevano un’età compresa tra 17 e 47 anni (media
34.85 anni ± 7.48).
Di queste, 27 (57.45%) avevano subito un aborto spontaneo, mentre 20 (42.55%) si sono
sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza.
Delle 47 pazienti del campione totale, 21 (44.68%) avevano un diploma di scuola media
superiore, mentre 15 (31.92%) avevano una laurea o altro diploma universitario.
La maggior parte della nostra popolazione era composta da italiane (80.1% - 40), coniugate
(57.45% - 27), pluripare (55.32% - 26). Circa metà delle nostre pazienti (51% - 24) aveva già
sperimentato l’esperienza di un pregresso aborto o di un’interruzione volontaria di gravidanza.
Gli aborti erano avvenuti nel periodo tra la 6^ e la 12^ settimana di gestazione (SG), in
media alla 8^ settimana + 5 giorni di gestazione ± 12 giorni.
- 107 -
Rappresentazioni grafiche delle caratteristiche della nostra
popolazione
0
5
10
15
20
25
30
17-25 26-35 36-47
Fasce di età della nostra popolazione
17-25 26-35 36-47
Motivo ricovero nella popolazione
aborto spontaneo interruzione volontaria di gravidanza
7 12
29
27 20
- 108 -
Nazionalità della nostra popolazione
Italiane Straniere
Titolo di studio della nostra popolazione
licenza di scuola elementare licenza di scuola media inferiore
diploma e maturità di scuola media superiore laurea o altro titolo universitario
21
8
15
3
7
40
- 109 -
Stato civile della nostra popolazione
Nubile Coniugata Separata Vedova
0
5
10
15
20
25
30
nati vivi nati morti abortispontaneiprecedenti
interruzionivolontarieprecedenti
Numero gravidanze precedenti nella popolazione
nati vivi nati morti aborti spontanei precedenti interruzioni volontarie precedenti
18 27
1 1
0 14
9
26
- 110 -
Caratteristiche delle pazienti che hanno subito un aborto spontaneo.
Le 27 (57.45%) pazienti sottoposte ad aborto spontaneo avevano un’età compresa tra 28 e
47 anni (media 38.19 anni ± 4.11).
Di queste 27 pazienti, 11 (40.74%) pazienti avevano un diploma di scuola media superiore,
mentre 10 (37.04%) avevano una laurea o altro diploma universitario.
La maggior parte della nostra popolazione era composta da italiane (92.59% - 25), coniugate
(66.67% - 18), pluripare (55.56% - 15). Poco più della metà delle nostre pazienti (51.85% - 14)
aveva già sperimentato l’esperienza di un pregresso aborto o di un’interruzione volontaria di
gravidanza.
Gli aborti spontanei erano avvenuti nel periodo tra la 7^ e la 12^ settimana di gestazione, in
media alla 9^ settimana + 3 giorni di gestazione ± 9 giorni.
0
5
10
15
20
17-25 26-35 36-47
Fasce di età delle pazienti che hanno subito un abo rto spontaneo
17-25 26-35 36-47
Rappresentazioni grafiche delle caratteristiche delle pazienti che
hanno subito aborto spontaneo
0 7
20
- 111 -
Nazionalità delle pazienti che hanno subito aborto spontaneo
Italiane Straniere
Titolo di studio delle pazienti che hanno subito ab orto spontaneo
licenza di scuola elementare licenza di scuola media inferiore
diploma e maturità di scuola media superiore laurea o altro titolo universitario
25
2
10
3
11
3
- 112 -
Stato civile nelle pazienti che hanno subito aborto spontaneo
Nubile Coniugata
0
5
10
15
nati vivi nati morti abortispontaneiprecedenti
interruzionivolontarieprecedenti
Numero gravidanze precedenti nelle pazienti che han no subito aborto spontaneo
nati vivi nati morti aborti spontanei precedenti interruzioni volontarie precedenti
9
15
18
0 10
4
- 113 -
Caratteristiche delle pazienti che si sono sottoposte ad un’interruzione volontaria di
gravidanza. Le 20 (42.55%) pazienti sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza avevano un’età
compresa tra 17 e 42 anni (media 30.35 anni ± 8.57).
Di queste 20 pazienti, 10 (50%) pazienti avevano un diploma di scuola media superiore,
mentre 5 (25%) avevano una laurea o altro diploma universitario.
La maggior parte della popolazione era composta da italiane (75% - 15), pluripare (55% - 11).
Mentre per ciò che riguarda lo stato civile, si aveva un’uguale percentuale per donne nubili (45%
- 9) o coniugate (45% - 9). Poco meno della metà delle nostre pazienti (45% - 9) aveva già
sperimentato l’esperienza di un pregresso aborto o di un’interruzione volontaria di gravidanza.
Le interruzioni volontarie di gravidanza erano avvenute tra la 6^ e la 10^ settimana di
gestazione, in media alla 8^ settimana + 1 giorni di gestazione ± 6 giorni.
0
2
4
6
8
17-25 26-35 36-47
Fasce di età delle pazienti che si sono sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza
17-25 26-35 36-47
Rappresentazioni grafiche delle caratteristiche delle pazienti che
si sono sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza
5
8 7
- 114 -
Nazionalità delle pazienti che si sono sottoposte a d interruzione volontaria di gravidanza
Italiane Straniere
Titolo di studio della popolazione delle pazienti c he si sono sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza
licenza di scuola elementare licenza di scuola media inferiore
diploma e maturità di scuola media superiore laurea o altro titolo universitario
10
15
5
5
5
0
- 115 -
Stato civile nelle pazienti che si sono sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza
Nubile Coniugata Separata Vedova
02468
1012
nati vivi nati morti abortispontaneiprecedenti
interruzionivolontarieprecedenti
Numero gravidanze precedenti nelle pazienti che si sono sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza
nati vivi nati morti aborti spontanei precedenti interruzioni volontarie precedenti
1 1
9 9
11
0 4 5
- 116 -
Dati dei questionari in rapporto alla popolazione a rischio. Nell’intera popolazione i risultati di rischio emersi dai questionari sono descritti in tabella 4.
Vengono prese in esame sole le donne che risultano avere un risultato inferiore a 49 per il
questionario SF-36, un risultato maggiore a 90 per il PSG ed un risultato tra 12 e 68 per le donne
che percepivano un lieve o moderato supporto sociale nel MSPSS.
QUESTIONARI POPOLAZIONE A RISCHIO (n = 47)
SF36
- limitazioni nella attività di tipo sociale
♦ aborto spontaneo
♦ IVG
- limitazioni delle attività specifiche del suo ruolo
dovute a problemi emotivi
♦ aborto spontaneo
♦ IVG
- salute mentale
♦ aborto spontaneo
♦ IVG
12.77% (6)
16.67% (1)
83.33% (5)
48.94% (23)
52.17% (12)
47.83% (11)
36.17% (17)
35.29% (6)
64.71% (11)
PSG
♦ aborto spontaneo
♦ IVG
89.36% (42)
54.76% (23)
45.24% (19)
MSPSS
♦ aborto spontaneo
♦ IVG
LIEVE INTENSITA’ MODERATA INTENSITA’
4.65% (2)
0% (0)
100% (2)
32.55% (14)
57.14% (8)
42.86% (6)
Tab. 4 – Risultati a rischio.
I risultati evidenziano che in una popolazione di 47 donne, per ciò che riguarda l’SF-36 c’è
una buona percentuale di esse che manifesta difficoltà riguardo alla salute psicologica – emotiva:
il 12.77% (6) di donne manifesta limitazioni nelle attività di tipo sociale; il 48.94% (23)
manifesta limitazioni delle attività specifiche del suo ruolo, dovute a problemi emotivi; e il
36.17% (17) manifesta sequele a livello della propria salute mentale. Nel totale, a manifestare
difficoltà in tutti e tre i campi, sono il 12.77% (6) della popolazione.
Secondo il Perinatal Grief Scale, si può evidenziare come la maggior parte del campione,
l’89.36% (42) manifesti grande dolore per la perdita appena avuta.
- 117 -
Mentre secondo la Multidimensional Scale of Perceived Social Support, si individua un
4.65% (2) di donne percepiscono un lieve supporto sociale ed il 32.55% (14) di donne percepisce
un moderato supporto sociale. Sul campione totale, 4 (8.51%) donne non hanno compilato il test.
Caratteristiche delle pazienti a rischio che hanno subito un aborto spontaneo. Delle 27 (57.45%) pazienti che subiscono un aborto spontaneo, nel questionario SF-36
risulta che 1 (16.67%) delle 6 donne della nostra popolazione manifesta limitazioni nelle attività
di tipo sociale; 12 (52.17%) delle 23 donne del nostro campione manifesta limitazioni delle
attività specifiche del suo ruolo, dovute a problemi emotivi; e 6 (35.29%) delle 17 donne sopra
descritte manifestano sequele a livello della propria salute mentale. Nel totale, a manifestare
difficoltà in tutti e tre i campi, c’è un’unica donna sui 6 casi totali (16.67%).
Secondo il Perinatal Grief Scale, si può evidenziare come la maggior parte (85.19% - 23)
delle donne che subiscono un aborto spontaneo, manifesti grande dolore per la perdita appena
avuta.
Mentre secondo la Multidimensional Scale of Perceived Social Support, si individua una
percentuale nulla 0% di donne che risentono di un lieve supporto sociale ed un 57.14% (8) di
donne che risentono di un moderato supporto sociale percepito.
Caratteristiche delle pazienti a rischio che si sono sottoposte ad un’interruzione volontaria
di gravidanza. Delle 20 (42.55%) pazienti sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza, nel
questionario SF-36 risulta che 5 (83.33%) delle donne della nostra popolazione manifesta
limitazioni nelle attività di tipo sociale; 11 (47.83%) delle 23 donne del nostro campione
manifesta limitazioni delle attività specifiche del suo ruolo, dovute a problemi emotivi; e 11
(64.71%) delle 17 donne sopra descritte manifesta sequele a livello della propria salute mentale.
Nel totale, a manifestare difficoltà in tutti e tre i campi, ci sono 5 donne su 6 casi totali (83.33%).
Secondo il Perinatal Grief Scale, si può evidenziare come meno della metà (45.24% - 19)
delle donne che subiscono un’interruzione volontaria di gravidanza, manifesti grande dolore per
la perdita appena avuta.
Mentre secondo la Multidimensional Scale of Perceived Social Support, si individua una
percentuale totale del 100% (2) di donne che risentono un lieve supporto sociale ed un 42.86%
(6) di donne che risentono di un moderato supporto sociale percepito.
- 118 -
Caratteristiche della popolazione positiva a tutti e tre i test.
Dei 47 casi analizzati, solamente 3 (6.38%) donne avevano una positività a tutti e tre i
questionari. Il range di età oscillava tra i 19 ed i 41 anni con un’età media di 30.33 anni e tutte
erano di nazionalità italiana. Il titolo di studio in queste pazienti era un diploma di scuola media
superiore o una laurea.
Le 3 donne si erano sottoposte all’interruzione volontaria di gravidanza alla 9^ SG.
2 donne avevano già figli a casa, non avendo subito mai precedenti aborti; mentre l’unica
nullipara, aveva già sperimentato in precedenza un’interruzione volontaria di gravidanza.
Caratteristiche della popolazione positiva al Questionario sulla salute fisica.
Dei 47 casi analizzati, a manifestare difficoltà in tutti e tre i campi, erano il 12.77% (6)
della popolazione. Il range di età oscillava tra i 19 ed i 44 anni con un’età media di 36.5 anni e
tutte erano di nazionalità italiana. Il titolo di studio in queste pazienti era un diploma di scuola
media superiore o una laurea.
Delle 6 donne, 5 si erano sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza e 1 ha subito
un aborto spontaneo.
5 donne avevano già figli a casa, non avendo subito mai precedenti aborti; mentre l’unica
nullipara, aveva già sperimentato in precedenza un’interruzione volontaria di gravidanza.
Caratteristiche della popolazione positiva al Perinatal Grief Scale.
Dei 47 casi analizzati, 42 (89.36%) donne avevano una positività al seguente questionario.
Il range di età oscillava tra i 17 ed i 47 anni con un’età media di 35 anni ± 7.54 ed erano
l’82.72% di nazionalità italiana e 6 (14.28%) straniere.
Delle 42 donne, 23 (54.76%) avevano subito un aborto spontaneo, mentre 19 (45.24%) si
erano sottoposte all’interruzione volontaria di gravidanza.
Nella popolazione positiva a questo test 25 (59.52%) donne avevano già figli a casa; e la metà
(21 – 50%) aveva già sperimentato l’esperienza di un pregresso aborto o di un’interruzione
volontaria di gravidanza.
- 119 -
Caratteristiche della popolazione positiva al Multidimensional Scale of Perceived Social
Support.
Dei 47 casi analizzati, 2 (4.26%) donne avevano percepito un lieve supporto sociale e 14
(29.79%) donne avevano avvertito un moderato supporto sociale.
Il range di età oscillava tra i 18 ed i 42 anni con un’età media di 33.13 anni ± 8.06 ed erano
tutte di nazionalità italiana, a parte 3.
Delle 16 donne, 8 (50%) avevano subito un aborto spontaneo e 8 (50%) si erano sottoposte
all’interruzione volontaria di gravidanza.
Nella popolazione positiva a questo test 9 (56.25%) donne avevano già figli a casa; e più della
metà (10 – 6.25%) avevano già sperimentato l’esperienza di un pregresso aborto o di
un’interruzione volontaria di gravidanza.
Risultati del questionario somministrato al personale sanitario.
Il questionario è stato somministrato a 18 infermiere del reparto della Clinica Ginecologica
dell’Azienda Ospedaliero Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine.
Tutte hanno ritenuto che l’aborto spontaneo comportasse delle sequele psicologiche per la
donna colpita. Mentre l’11.11% (2) ritiene che l’aborto volontario non comporti delle sequele
psicologiche per la donna colpita.
Nessuna delle infermiere ritiene che l’impatto psicologico dell’aborto spontaneo e
dell’aborto volontario sia uguale, di queste il 61.11% (11) ritiene che sia l’aborto spontaneo a
comportare maggiori problemi, contro il 38.89% (7) che lo ritiene invece per l’aborto volontario.
Invece, per ciò che riguarda il sapersi porre alle donne in difficoltà, abbiamo riscontrato
risposte contrastanti: 9 (50%) saprebbero come porsi alle donne a differenza delle altre 9 (50%)
che si dimostra incapace ad approcciarsi.
In base alla propria preparazione il 66.67% (12) delle infermiere ritiene di aver fornito un
valido supporto alle donne in difficoltà indipendentemente dal tipo di aborto considerato, contro
i 43.33% (6).
Riguardo al primo intervento fornito alle donne, il 61.11% (11) ritiene di avere già
un’adeguata preparazione, a differenza del 38.89% (7) che non si sente pronto.
Tutte le infermiere hanno risposto in modo positivo sulla necessità di lavorare in
collaborazione con una figura come quella dello psicologo o di un gruppo di mutuo-aiuto.
Infine, anche per l’ultima domanda tutte le infermiere sono state concordi per la necessità
di un corso di aggiornamento per apprendere tecniche o consigli per un miglior approccio alla
paziente.
- 120 -
6.4 Discussione
Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’impatto psicologico delle donne che
hanno subito un aborto spontaneo o che si sono sottoposte ad interruzione volontaria di
gravidanza, cercando di individuare le caratteristiche delle donne a rischio di evoluzione in
problematiche di tipo psicologico.
Questo è stato fatto per dare la possibilità al personale sanitario di fornire una migliore
assistenza primaria, in previsione di un eventuale indirizzamento delle pazienti che lo
necessitano, verso un secondo livello di assistenza (ad esempio, un colloquio con lo psicologo).
Il dato più evidente che emerge dal nostro studio, è la grande percentuale di donne che ha
rifiutato di parteciparvi (102 su 149).
Questo dato ci ha fatto ragionare sulle caratteristiche della popolazione che in primis si è rifiutata
di rispondere ai questionari. Delle 102 donne non si ha un dato significativo rispetto al tipo di
intervento, sia esso per aborto spontaneo (50 - 49.02%) o per interruzione di gravidanza (52 –
50.98%). Invece un dato importante risulta essere quello riguardante la nazionalità delle pazienti
che si sono rifiutate. Sul campione totale, 52 donne che non hanno voluto partecipare allo studio
erano straniere (su un totale di 59), a differenza del 55% delle italiane.
Un altro problema che ci siamo posti era il timing di somministrazione del test, problema di
egual misura sia nel caso di aborto spontaneo che nel caso di interruzione volontaria di
gravidanza. Per le donne che avevano subito un aborto spontaneo è risultato prematuro porre
domande al momento del raschiamento, trovandosi nell’istante decisivo di perdita del proprio
bambino. Molte delle donne a cui era stato offerto il questionario si trovavano già in uno stato di
crisi di pianto ed in quel momento non erano in grado di affrontare il fatto appena successo.
Mentre, per le donne che avevano affrontato l’interruzione volontaria di gravidanza il rifiuto,
verosimilmente, nasceva dal fatto che la decisione di interrompere la gravidanza viene
prevalentemente presa su un piano razionale che non lascia spazio nell’immediato dell’evento al
lato emotivo dell’atto.
- 121 -
Ora andando a valutare il nostro campione, per quanto riguarda l’età media delle donne che
hanno subito un aborto spontaneo, questa è di 38.19 anni ± 4.11 con un range compreso tra i 28
ed i 47 anni, nettamente superiore all’età media italiana della gravidanza in Italia che è di 32.5
anni per le italiane mentre scende a 29.1 anni per le straniere [12]. Questo dato semplicemente a
conferma della nota relazione tra aumento dell’età materna e aumento del rischio di aborto.
Mentre l’età media delle donne che avevano subito un’interruzione volontaria di gravidanza è di
30.35 ± 8.57 con un range compreso tra i 17 ed i 42 anni. In questo caso si nota come l’età media
sia inferiore a quella italiana e ciò può essere relato alla scelta di voler abortire, perché ancora
non pronte ad affrontare una gravidanza per possibili motivi quali difficoltà economiche,
lavorative, assenza di una vera e propria famiglia.
Il questionario sulla Salute Fisica evidenzia che chi ha difficoltà psicologiche - emotive
presenta difficoltà anche negli altri due aspetti.
Per quanto riguarda l’aborto spontaneo si evidenzia una maggiore difficoltà per le
limitazioni delle attività specifiche del suo ruolo, dovute a problemi emotivi (12 -52.17%- donne
su 23 della popolazione a rischio), questo è dato dal fatto che per queste donne la gravidanza era
desiderata e la perdita mette in dubbio il ruolo di donna come madre sulla propria capacità di
portare a termine la gravidanza [11].
Mentre per l’interruzione volontaria di gravidanza si presentano maggiori difficoltà per ciò
che riguarda le limitazioni nelle attività di tipo sociale (5 -83.33%- donne su 6 della popolazione
a rischio) e rispetto alla salute mentale (11 -64.71%- donne su 17 della popolazione a rischio).
Questo è dato dal fatto che le donne che decidono di abortire spesso si sentono sole a prendere
una decisione di questo tipo, chiudendosi in se stesse, incapaci di chiedere aiuto [58].
Per le 6 (12.77%) donne che hanno avuto difficoltà in tutte le sfere indagate dall’SF-36, 5
di esse si erano sottoposte ad interruzione di gravidanza e avevano già figli a casa.
Questo è un indicatore, seppur limitato, del fatto che avere figli a casa non sia un fattore
protettivo [40], anche se, in questo caso, l’aborto non era avvenuto per cause spontanee. Questo
si ricollega al fatto che le donne quando devono prendere questa decisione molto spesso sono
abbandonate a loro stesse e per preservarsi lasciano spazio solo alla razionalità della scelta fatta
[58].
Nel Perinatal Grief Scale la maggior parte (42 – 89.36%) delle donne risulta essere positiva
al test. Questo ci ha fatto ragionare sull’inefficacia del test per un campione così ridotto.
- 122 -
Siamo così andati ad analizzare i 5 (10.64%) casi che non presentano problemi, dove si
evidenzia che 4 donne erano di nazionalità italiana e avevano subito un aborto spontaneo, mentre
l’ultima donna era straniera e si era sottoposta ad interruzione volontaria di gravidanza.
Anche analizzando le altre caratteristiche di queste donne non si rilevano particolari fattori
protettivi che possano farci riflettere su come poter prevenire le varie dimensioni del dolore in
riferimento alla perdita [64].
Nel Multidimensional Scale of Perceived Social Support si nota come, chi si sottopone ad
interruzione volontaria di gravidanza presenti un minore livello di supporto sociale. Dei 16
(34.04%) casi a rischio, le 2 (4.26%) donne che presentano una sensazione di minor sostegno
percepito sono quelle che si sono sottoposte ad interruzione volontaria di gravidanza. Questo è
un dato che ci può far notare come le donne che subiscono un aborto spontaneo, solitamente
percepiscono un maggiore sostegno (16 – 34.04%) a differenza di chi si sottopone ad
interruzione volontaria di gravidanza [32]. Queste ultime donne si trovano sole a dover prendere
questa decisione perché, anche se è presente un compagno, questo lascia prendere la decisione
alla donna, abbandonandola a se stessa. Così facendo vengono messe le basi per una crisi che
può colpire la coppia dopo un simile intervento, il che succede, come sostiene anche Brier [14], a
causa dei diversi modi di reagire alla perdita da parte dell’uomo, dalla minor necessità di pianto e
di parlare della perdita.
In letteratura si attesta anche che la mancanza di supporto sociale è associata a reazioni di
dolore maggiormente intense [64], oltre al fatto che può provocare un senso di isolamento e di
“non merito” e un possibile insuccesso sia nella risoluzione di eventuali problemi psicologici
[30], sia nella “sana” risoluzione del processo di dolore [57].
Della nostra popolazione, solo 3 (6.38%) donne erano risultate positive a tutte e tre i
questionari e tutte si erano sottoposte ad un’interruzione volontaria di gravidanza. La percentuale
è bassissima per ricercarvi all’interno dei fattori di rischio, però dai pochi dati che abbiamo si
possono ricavare comunque informazioni preziose.
Ad esempio, avere figli a casa non aiuta le donne a reagire meglio alla perdita, anzi, questo
può provocare disagi al figlio a casa. Inoltre aver subito già un’interruzione volontaria di
gravidanza non ha aiutato; questo evidenzia la mancanza di un corretto counseling o supporto al
momento dell’intervento precedente. In questo caso, la donna in riferimento aveva 19 anni e si
- 123 -
era sottoposta ad interruzione di gravidanza la prima volta a fine maggio e successivamente a
metà luglio dello stesso anno.
Per ciò che riguarda il personale sanitario coinvolto in questo processo di dolore si
evidenzia come tutte le infermiere ritengano che l’aborto spontaneo comporti delle sequele
psicologiche, a differenza dell’interruzione volontaria di gravidanza che vede 2 (11.11%)
infermiere convinte del fatto che questo intervento non comporti problematiche.
Questo è dato dal fatto che la scelta di voler abortire viene ritenuta una scelta volontaria e
consapevole e quindi per questo motivo sembra non poter creare problemi psicologici. Correlato
a questo si nota come nessuna delle infermiere ritenga che l’impatto psicologico dell’aborto
spontaneo e dell’aborto volontario sia uguale, con una leggera maggioranza (61.11% - 11) nel
dire che sia l’aborto spontaneo a comportare maggiori problemi, contro il 38.89% (7) che ritiene
invece sia l’aborto volontario.
C’è ancora molta indecisione sul sapersi porre alle donne in difficoltà, infatti, 9 (50%)
infermiere hanno risposto che saprebbero come porsi alle donne, a differenza delle altre 9 (50%)
che si dimostra incapace ad approcciarsi. Problema quindi vivo all’interno del personale
sanitario.
In generale, le infermiere ritengono di sapersi approcciare alle donne in difficoltà e di
avere un’adeguata preparazione. Tutte hanno comunque risposto in senso positivo sulla necessità
di lavorare in collaborazione con una figura come quella dello psicologo o di un gruppo di
mutuo-aiuto. Infatti, il ruolo specifico dell’infermiere non è quello di assistere la donna a livello
psicologico, ma è quello di fornire l’assistenza infermieristica ed un primo livello di aiuto, in un
così delicato momento, facendo da tramite verso la figura dello psicologo. Il momento del
ricovero risulta essere una fase della catena di montaggio che vede entrare le donne la mattina
per l’intervento e uscire la sera con un peso in meno nel proprio corpo e molto grande nel cuore.
Infine, tutte le infermiere sono state concordi nella necessità di un corso di aggiornamento
per apprendere tecniche o consigli per un miglior approccio alla paziente. Bisogna trovare un
modo per investigare le problematiche psicologiche delle donne che abortiscono senza utilizzare
questionari. Oltre ad imparare quale sia, a seconda del tipo di paziente, il tipo di approccio da
poter fornire in un momento di difficoltà.
- 124 -
I limiti dello studio sono molti, a partire dal piccolo numero di casi presi in considerazione,
causa rifiuto delle pazienti. Questo ci ha fatto ragionare sulla difficoltà effettiva che nasce da
una simile perdita, sia essa per aborto spontaneo che per aborto volontario. Molto spesso queste
donne tendono a vivere male il proprio dolore, ritrovandosi in un luogo, quale quello della
camera dell’ospedale, lontano e diverso dal luogo ospitale che può essere quello della propria
casa.
Inoltre l’intervento infermieristico da poter mettere in atto non è semplice, perché esso
deve esser tempestivo e deve servire ad individuare subito le donne maggiormente a rischio.
Questo può essere attuato in due tempi:
1. durante il ricovero, sostenendo la paziente, lasciando spazio ai suoi sentimenti e
alle sue emozioni che scaturiscono da una simile perdita;
2. durante la consegna dell’esame istologico, affiancando il medico, in modo da
valutare dopo circa 4 settimane dall’aborto quali siano le emozioni e le
sensazioni percepite riguardo alla perdita. Questo momento può rivelarsi utile
anche a fornire altre informazioni riguardo ad aiuti o sostegni che possono
essergli forniti dalla figura dello psicologo o da un gruppo di donne nella sua
stessa situazione.
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6.5 Conclusioni
Concludendo, lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’impatto psicologico
delle donne che hanno subito un aborto spontaneo o che si sono sottoposte ad interruzione
volontaria di gravidanza, cercando di individuare le caratteristiche delle pazienti a rischio di
evoluzione in problematiche di tipo psicologico. Questo risulta necessario per indirizzare la
figura dell’infermiere verso possibili interventi tempestivi in un momento così delicato o per
divenire il tramite con lo psicologo.
Abbiamo individuato un percorso attuabile in due tempi, il primo con un intervento
immediato durante il ricovero ed uno dilazionato a distanza di quattro settimane dall’evento per
consentire all’infermiere di approcciarsi alle pazienti nel momento in cui esse sono in grado di
affrontare sul piano emotivo la perdita.
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BIBLIOGRAFIA:
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miscarriage experience.” Psychol Res Behav Manag 3: 75–79. (2010)
2. ADOLFSSON A. “Women’s well-being improves after missed miscarriage with more active
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(2011)
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diagnosis and management of recurrent miscarriage.” Obstet Gynecol Survey 68(8): 445-
466. (2013)
4. AMMANNITI M. La gravidanza tra fantasia e realtà. Il pensiero scientifico, Roma. (1995)
5. APOLONE G., MOSCONI P., WARE JE. “Questionario sullo stato di salute SF-36: manuale
d'uso e guida all'interpretazione dei risultati.” Guerini e associati, Milano. (1997)