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L’ IMMIGRAZIONE
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Immigrazione iannone angela 3a

Mar 28, 2016

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prof. de Palma

iannone angela
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L’ IMMIGRAZIONE

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Quando uno lascia un paese, tutte le cose acquistano prima della partenza un valore straordinario di ricordo, e ci fanno pregustare la lontananza e la nostalgia.

Corrado Alvaro, Gente in Aspromonte, 1930

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L’INCONTRO e lo SCONTRO di CULTURE DIVERSE

I processi migratori comportano sia il cambiamento territo­riale

(passaggio da un luogo a un altro), sia il cambiamento sociale

(passaggio da un ambiente sociale a un altro). Possiamo dire

che gli elementi caratteristici del fenomeno mi­gratorio sono: il movimento fisico di singoli individui o di gruppi di persone verso undiverso spazio geografico, una diver­sa cultura, rispetto a quellad’origine. Lo spostamento è considerato permanente quando dura più diun anno; nel ca­so di spostamenti occasionali o temporanei, come quellidi pendolari, turisti o nomadi non si parla di migrazioni; il cambiamento nel sistema delle interazioni. Chi im­migra si trova adover fare i conti con una società nuova nel­la quale il modo direlazionarsi, i bisogni, i valori sono spes­so radicalmente diversi. Questoprocesso di cambiamento può concludersi con l’assimilazione-integrazione o il rifiuto della nuova cultura.

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È proprio il cambiamento sociale, e dunque il fatto che cul­ture diverse

entrino in contatto, e magari debbano condividere o contendersi privilegi e

diritti come la casa e il lavoro, a costituire uno dei maggiori proble­mi

dell’immigrazione.

Le situazioni conflittuali sono pressoché inevitabili tra gli abitanti originari,

ben inseriti e fieri delle loro tradizioni cul­turali, e gli immigrati di prima

generazione, poveri di cono­scenze linguistiche, legislative e culturali e

dotati di generi­che competenze professionali. Ma spesso il conflitto rimane

anche a livello delle generazioni successive, cioè dei figli di immigrati che,

anche se nati nella nuova patria, non si adat­tano ai nuovi modelli imposti

dalle società occidentali, sen­za peraltro conoscere o rispettare neanche le

proprie radici culturali (ad eccezione del caso in cui i valori tradizionali

diventano un mezzo per ribellarsi al disagio sociale).

Va infine osservato che le situazioni conflittuali possono es­sere

accresciute dall’incontro fra i valori etico-religiosi degli immigrati e quelli

degli abitanti locali.

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PROBLEMI ETICI

Gli Stati esercitano un potere di vita

o di morte sugli immigrati. Il potere di morte si esercitastabilendo confini esterni (confinigeografici) e interni (Centri diPermanenza Temporanea) che neganol’accesso al suolo nazionale. In questomodo si respingono gli immigrati nellamorte, e non solo nel senso che per lasocietà occidentale, una volta respinti, gliimmigrati non esistono più (e chi se neimporta di quel­lo che gli succederàaltrove), ma anche nel senso che lepolitiche restrittive incrementanol’immigrazione clandestina con i risultatiche tutti conosciamo perché occupanoquoti­dianamente le pagine dei giornali:carrette del mare che colano a picco,uomini che muoio­no su imbarcazionistracariche, cadaveri gettati in mare.

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Il potere di vita si esercita invece conle politiche di integrazione degliimmigrati “rego­lari”, a cui sono cioèstati concessi i permessi di soggiorno.Far vivere significa però as­soggettaregli immigrati ai valori condivisi dallamaggioranza della popolazione delloStato: gli immigrati devono esserecontemporaneamente assimilati(plasmati ai va­lori della culturadominante) e esclusi (rimaneredifferenti rispetto all’accesso allacitta­dinanza). Le pratiche diaddomesticamento e normalizzazionemirano a rendere gli immigrati il piùconformi possibile ai modelli dellacultura dominante, senza alcunaconsiderazione e ri­spetto per la loroidentità culturale.

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Da un punto di vista etico possiamo osservare che:

non rispettare l’identità di una persona significa calpestare un

diritto umano fondamen­tale;pretendere che qualcuno rinneghi la propria cultura a favore della

nostra, sottintende la presunta superiorità della culturaoccidentale e rivela quindi un atteggiamento raz­zista;

non comprendere che il contatto con una cultura diversa significa

arricchimento e non pericolo, e che le società diventerannoinevitabilmente multirazziali e multiculturali, è se­gno disuperficialità e poca lungimiranza.

Se l’identità degli immigrati (considerati per lo più forza lavo­ro) non ha valore, l’identitàdei cittadini dello Stato va invece salvaguardata e difesa. Ecco perché agli immigrati vienenegata la cittadinanza: con lo status di cittadini, infatti, potrebbero par­tecipareattivamente alla vita dello Stato, diventando “troppo uguali”.È amaro constatare che finora gli immigrati sono stati e rimangono cittadini di serie B(come in passato lo sono sta­ti donne, omosessuali, ecc.) a cui si chiede di conformarsi auna società che nega loro la parola e la libertà di scelta.

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Nell’induismo il senso nell’appartenenza etnica è molto forte, fatto

che comporta una certa diffidenza nei confronti di chi non è indù.

Vi è un acceso dibattito sulle conver­sioni: si nasce induisti e non si

può diventarlo.

La Terra appartiene a tutti gli uomini e non dovrebbero esserci

confini.

Inoltre l’immigra­zione è una opportunità di incontro e conoscenza.

Nonostante una certa diffidenza nei confronti degli stranieri, dovuta

al fatto che il confu­cianesimo è diffuso soprattutto nelle campagne,

vi è un forte senso di accoglienza nei con­fronti di chi appartiene a

culture diverse.

Posizione delle DIVERSE religioni

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Al di là dei comportamenti politici che spesso contraddicono le

convinzioni religiose, va osservato che le tre grandi religioni

abramitiche, ebraismo, cristianesimo e islam, discen­dono da un

emigrante, Abramo. In generale i Paesi islamici mostrano diffidenza nei

con­fronti di culture diverse. Ma poiché nella società contemporanea

molti dei protagonisti del­le migrazioni sono di origine islamica, il

problema dell’accoglienza sorge soprattutto presso i paesi che accolgono,

con altrettanta diffidenza, gli immigrati provenienti da Paesi

musulmani.

Il popolo ebraico è fin dalle origini un popolo in cammino. Nel corso dei

secoli gli ebrei sono emigrati in molti Paesi del mondo, combinando la

capacità di conservare le proprie tradizioni e la propria identità con la

ca­pacità di integrarsi con la cultura dei luoghi in cui si trasferivano.

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La fede cristiana è da sempre aperta al dialogo con ogni cultura. Il cristianesimo non

coincide affatto con una cul­tura, né tanto meno con la cultura egemone. Il cristianesimo

mo­derno, cerca il confronto e il dialogo esattamente come faceva il cristianesimo delle

origini, dopo la morte e la risurrezione di Gesù. Le culture, con la loro ricchezza e

profondità di valori, diventano percorsi provvidenziali per riscoprire l’autentico

messaggio evan­gelico. L’immigrato diventa così una ricchezza per il cristianesimo, non

una minaccia: è un fratello da riconoscere nella comunità dei cre­denti e con cui costruire

la felicità.

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Il papa Benedetto XVI nella giornata mondiale che la Chiesa dedica al migrante

e al rifugiato, così esprimeva il suo appello:”Le mi­grazioni sono un fenomeno

assai diffuso: sono un segno dei tempi e possono essere volonta­rie o forzate, legali

o clandestine, per motivi di lavoro o di studio {...] la Chiesa invita a co­gliere

l’aspetto positivo di questo segno dei tempi, vincendo ogni forma di

discriminazione, di ingiustizia e di disprezzo della persona umana [...] perché tutti

gli uomini sono immagini di Dio ...”.

Il cristiano è invitato a cogliere nell’altro, la presenza di Dio, soprattutto

nei debo­li, nei poveri, nelle persone senza fissa dimora, nelle popolazioni in fuga

dalle guerre. Il cardi­nale Tettamanzi, vescovo di Milano, in occasione della festa

di sant’Ambrogio, pronunciò un forte discorso in favore degli stranieri

immigrati e in difesa dei musulmani etichettati da mol­ti come terroristi: “Che

cosa è la cittadinanza? Cittadinanza è prima di tutto il riconoscimento della piena

dignità di tutti gli uomini all’interno della comunità civile. Il riconoscimento

dell’in­tegrità dei loro diritti. È giusto chiedere l’adempimento dei doveri, ma è

conforme a giustizia ri­conoscere i diritti [...]. La città è fatta di tutti i suoi cittadini.

Senza esclusione alcuna, qualun­que sia la razza, la religione, la cultura”

.

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PAROLE CHIAVECentri di Permanenza Temporanea (C.P.T.)

Sono strutture (ex caserme militari, capannoni industrialidismessi), in cui vengono ospitati, per trenta giorni (sessantasecondo la nuova pro­posta!), i clandestini in attesa diespulsione; quindi, come recita la legge, sono “centri di raccoltae di smistamento” di stranieri. Agli “ospiti” è offerta assistenzasanitaria e giuridica (attraverso un legale d’ufficio), nonché la,pre­senza di ministri di culto e mediatori culturali, ma sottostretta sorveglianza delle forze dell’or­dine. In realtà questestrutture sono dei lager, in cui gli immigrati sono privati di ognistatus giuri­dico e detenuti in condizioni di sovraffollamen­to,dopo esservi stati rinchiusi con un semplice attoamministrativo, mentre la libertà personale può essere limitatasoltanto in caso di reato penale e in seguito a un processo (art.

24 della Costituzione).

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CittadinanzaÈ l’insieme dei diritti civili, politici e sociali che sono alla base della democrazia moderna; rimane oggi l’ultimo privilegio di status che limi­ta l’uguaglianza delle persone ed è fonte di discriminazione in merito ai diritti fondamentali: i diritti della personalità spettano a tutti gli esse­ri umani in quanto persone, i diritti di cittadi­nanza (quelli sanciti dalle leggi di uno Stato in merito al lavoro, al matrimonio, all’abitazione, ecc.) sono riservati ai soli cittadini.