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Italo Russo IL VALLONE AMARA NORD A MONTE TAURO. ARCHEOLOGIA: CENNI SU CONTESTO, STRUTTURE, MATERIALI. Infaticabile, paziente, scientifico nel senso che la scienza è il fanatismo per la verità. (E: Wallace: Stories) Il Vallone Il Vallone Amara nord (carta IGM 25.000- F° 274, I NO, WB 198259), che separa l’omonima contrada da quella di Campolato (1), è uno dei numerosi e più estesi valloncelli fossili costieri, con sviluppo O-E, che, incidendo i calcari miocenici, sboccano sulla fronte di est del Tauro, da Punta Izzo a Punta Tonnara, e spezzano la monotonia di una costa, lunga più di otto chilometri, alta ed esposta alle traversie del I e II Quadrante. Nel suo inizio, dove le pareti sono relativamente verticali e ravvicinate, l’acqua piovana, scorrendo impetuosa perché favorita dalla pendenza del tavolato -10° circa verso est- ha scavato, alla base di un breve salto, un pozzetto. Infiltrazioni d’acqua nel calcare tenero si raccoglievano in quel piccolo invaso fino a una ventina di anni addietro e venivano mantenute fresche dall’ombra di un fittissimo intreccio di rovi e fichi selvatici. Oggi il Vallone raccoglie, a cielo aperto, scarichi di fogna ed altre immondizie. Le fiancate del Vallone si presentano per buona parte frastagliate e impervie, per la presenza di massi che si sono staccati dalle pareti; nel suo sbocco a mare si aprono, sulla sua sinistra, alcune grotte di origine marina, la cui scultura (e quella delle molte altre esistenti sulla scogliera orientale del Tauro) è stata così sintetizzata (Bordonaro ed Altri, 1984): “…Le grotte si aprono sempre sulla parete della falesia. Le più tipiche presentano imboccatura ad arco (come nel caso di quella di cui ci occupiamo), altre rotondeggiante. In genere sono poco profonde (nel nostro caso poco più di 34 metri; ma quella detta del
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Il Vallone Amara a Monte Tauro. Contesto, strutture, materiali.

Apr 20, 2023

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Marco Camera
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Page 1: Il Vallone Amara a Monte Tauro. Contesto, strutture, materiali.

Italo Russo

IL VALLONE AMARA NORD A MONTE TAURO. ARCHEOLOGIA: CENNI SU CONTESTO, STRUTTURE, MATERIALI.

…Infaticabile, paziente, scientifico

nel senso che la scienza è il fanatismo per la verità. (E: Wallace: Stories)

Il Vallone

Il Vallone Amara nord (carta IGM 25.000- F° 274, I NO, WB 198259), che separa l’omonima contrada da quella di Campolato (1), è uno dei numerosi e più estesi valloncelli fossili costieri, con sviluppo O-E, che, incidendo i calcari miocenici, sboccano sulla fronte di est del Tauro, da Punta Izzo a Punta Tonnara, e spezzano la monotonia di una costa, lunga più di otto chilometri, alta ed esposta alle traversie del I e II Quadrante.

Nel suo inizio, dove le pareti sono relativamente verticali e ravvicinate, l’acqua piovana, scorrendo impetuosa perché favorita dalla pendenza del tavolato -10° circa verso est- ha scavato, alla base di un breve salto, un pozzetto. Infiltrazioni d’acqua nel calcare tenero si raccoglievano in quel piccolo invaso fino a una ventina di anni addietro e venivano mantenute fresche dall’ombra di un fittissimo intreccio di rovi e fichi selvatici. Oggi il Vallone raccoglie, a cielo aperto, scarichi di fogna ed altre immondizie.

Le fiancate del Vallone si presentano per buona parte frastagliate e impervie, per la presenza di massi che si sono staccati dalle pareti; nel suo sbocco a mare si aprono, sulla sua sinistra, alcune grotte di origine marina, la cui scultura (e quella delle molte altre esistenti sulla scogliera orientale del Tauro) è stata così sintetizzata (Bordonaro ed Altri, 1984): “…Le grotte si aprono sempre sulla parete della falesia. Le più tipiche presentano imboccatura ad arco (come nel caso di quella di cui ci occupiamo), altre rotondeggiante. In genere sono poco profonde (nel nostro caso poco più di 34 metri; ma quella detta del

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Monaco, a Punta Izzo, supera abbondantemente tale misura), con volta che si abbassa rapidamente, ed hanno generalmente fondo piatto colmo di detrito; talvolta, quasi a livello del pavimento, si nota un solco. All’interno, inoltre, la grotta può presentare altre cavità minori (una nel nostro caso, ed altre cavità di modestissimo sviluppo, più nicchie che ingrottamenti), e fori rotondeggianti poco profondi. In qualche caso le grotte sono strette e a pareti sub verticali probabilmente perché impostate su fratture…”.

In una delle grotte di Vallone Amara, precisamente in quella più grande, nel neolitico antico si è installato l’uomo, il quale, come gli uomini dei numerosi insediamenti preistorici del nostro territorio, ha lasciato ampia testimonianza della sua presenza e del suo modo di vita.

I saggi di scavo.

Nel settembre del ’66 un saggio di scavo, eseguito all’interno della principale grotta del Vallone (ved. fig.1) mise in luce un deposito antropico caratterizzato da ceramiche neolitiche decorate con motivi incisi, impressi ed excisi, tipiche della c.d. Cultura di Stentinello. Il materiale recuperato, di particolare interesse archeologico e culturale, fu depositato presso la Soprintendenza ai Beni Archeologici della provincia di Siracusa, che programmò sistematiche e più estese ricerche all’interno della grotta; tuttavia le ricerche, coordinate dal dr. Giuseppe Voza, non aggiunsero elementi nuovi a quanto da noi già segnalato, in quanto, come era stato supposto, la presenza di materiali (ceramiche, selci, ossidiana, strumenti di osso ed altro) solo in una sacca di limitata estensione e potenza, fece ritenere trattarsi di elementi residui sfuggiti a precedenti sbancamenti del deposito originario.

Inoltre, in una grotticella adiacente a quella principale (n. 2 di fig. 1) alla quale era collegata a mezzo di un corto e basso cunicolo, e che presenta due piccole aperture verso il mare, fu recuperato materiale fittile e litico attribuibile alla fase culturale “castellucciana” del Bonzo antico isolana. Anche tali materiali, dopo i necessari rilievi, furono depositati presso la Soprintendenza di Siracusa, accompagnati da debita relazione.

Le relazioni sui ritrovamenti (parte delle quali abbiamo pubblicato su Notiziario Storico di Augusta n. 20/98 . nota n. 21 di pag. 72) evidenziano che:

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- il deposito antropico residuo all’interno della grotta si era ridotto a pochi centimetri di spessore;

- al di sotto del deposito antropico esisteva uno strato, da noi non verificato nella sua potenza, contenente ossa di animali, fossilizzati;

- i materiali attribuibili al Bronzo antico si trovavano solo nella grotta piccola, in caotica mistione, e non in quella grande, almeno allo stato attuale delle nostre ricerche (peraltro limitate ad un’area di circa cinque metri quadrati), e per quanto a nostra conoscenza.

Le successive ricerche, condotte sempre nel ’66 ed allargate all’esterno del sistema di grotte su una ristretta area della fronte di levante, permisero di individuare un altro deposito, caratterizzato anch’esso da ceramiche “stentinelliane”, ed altri materiali di sicura attribuzione neolitica, sovrapposto ad uno strato, non verificato nella sua potenza, interessato da industria litica del Paleolitico superiore.

Nel 1992 la Soprintendenza Archeologica della provincia di Siracusa riprese gli scavi all’interno ed all’esterno (questa volta davanti all’ingresso) della grotta principale, intaccando anche i livelli inferiori, che hanno restituito ossa di Elephas mnaidriensis.

La grotta principale, che indicheremo con il n. 1 in fig. 1, era interessata, per un buon terzo del suo sviluppo a cominciare dall’ ingresso, da uno strato discontinuo di escrementi di ovini misti a terra, il cui spessore variava da 1 a 3 cm. Immediatamente sotto, uno strato di humus misto a guano e ad apporti eolici, raggiungeva lo spessore medio di ca. 20 cm. Tale strato era misto a ciottoli calcarei a spigoli vivi, di varia grandezza, provenienti da crolli della volta della grotta. Immediatamente sotto lo strato di humus, si notava un deposito a sabbie e ghiaie calcaree, poco concrezionato, al di sotto del quale, in un contesto argilloso, si notavano ossa di animali, fossilizzati.

Il materiale antropico recuperato nella grotta n. 1 si trovava immediatamente sotto lo strato di escrementi di ovini e per circa 15 cm di potenza. I frammenti ceramici, di certa attribuzione “stentinelliana”, interessavano uniformemente i riquadri A e B del saggio n. 1 (ved. fig. 2), mentre nel riquadro C dello stesso saggio, e sempre al di sotto dello strato di escrementi, era presente una ceramica di colore grigio-chiaro, levigata e lustrata, molo depurata, appartenente per la maggior parte a un solo vaso a pareti spesse, di notevoli dimensioni, decorato con un unico motivo a rocker paralleli, organizzato in linee orizzontali e

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coprente quasi tutta la superficie del vaso. Dello stesso impasto, di color grigio-chiaro, era un frammento di “armilla” a sezione trapezoidale, con base minore interna.

Nella grotticella adiacente, che indicheremo col n. 2, esisteva uno strato di humus spesso da 30 a 40 cm, sottoposto ad un velo di polvere calcarea proveniente dal disfacimento delle pareti della grotta (soggetta ai venti di levante), e sovrapposto ad uno strato di ghiaie e sabbie calcaree, e a depositi argillosi. Un piccolo saggio evidenziò la presenza di ossa di animali in tale strato, che non fu da noi esplorato. Il saggio restituì, nei livelli superiori, frammenti di ceramica e alcune schegge di selce, ma non di ossidiana. La ceramica, molto frammentaria (solo una piccola olla a base piana si presentava quasi intera), è da ritenersi “castellucciana” (2), nei tipi e con decorazione dipinta nello stile orientale isolano di tale fase culturale.

Le ricerche condotte all’esterno della grotta, a ridosso della falesia calcarea, portarono ad accertare l’esistenza di alcune buche per pali, realizzate nella roccia nuda, nei pressi degli ingressi di est della grotta n. 2. Il sistema, composto da cinque buche, ha impianto irregolare (ved. fig. 1/A), nel modo usuale visto nei sistemi dei villaggi neolitici dell’area brucolana.

Vennero aperte due trincee rispettivamente di mt 2 x 1,5 e di mt 1 x 1 sulla fascia di terra umica esistente tra la falesia e la linea di costa, e risparmiata dalle mareggiate; altro saggio di mt 1,50 x 1 fu fatto in un secondo tempo sul margine sud della fascia di terra interessata, anche in superficie, dalla presenza di materiale antropico. Alcune grosse pietre, trovate non in perfetta connessione, ma disposte secondo un ordine logico lungo un tratto di circa 30 metri (ved. fig. 1/B), fecero ritenere possibile l’esistenza di un “recinto”, che con larga approssimazione abbiamo ricostruito in figura, il quale probabilmente delimitata un “insediamento” sotto roccia. Tale manufatto era compreso tra il doppio ingresso di levante della grotta n. 2 ed altra grotta, presente poco più a nord, che in figura abbiamo indicato col n. 6.

I saggi di scavo evidenziarono almeno tre livelli culturali di massima. Il primo livello, a partire dall’alto, conteneva in scarsa quantità ceramica neolitica a motivi incisi e impressi, qualche punzone per la decorazione della ceramica, pochi strumenti litici, ma anche

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ceramica tardo-antica, medievale e moderna, il che ha fatto ritenere trattarsi di materiali provenienti dallo sbancamento della grotta principale la quale, in tempi imprecisati, sarebbe stata svuotata parzialmente del deposito per ospitare animali.

Al di sotto di tale strato, che si presentava caotico, esisteva un livello più omogeneo contenente ceramica incisa e impressa, diversi punzoni per la decorazione a crudo della ceramica, alcuni punteruoli d’osso e scarso materiale litico, il tutto associato ad ossa residue dei pasti, anche bruciate, e ad elementi marini. Il terzo livello, di potenza non verificata, conteneva selci e quarziti che abbiamo attribuito, senza alcun dubbio, al Paleolitico superiore.

Le massime traversie di levante, che avevano denudato la fronte del deposito, avevano messo a vista materiale antropico, che si presentava molto deteriorato.

******* I MATERIALI: L’INDUSTRIA LITICA NEOLITICA.

L’industria litica neolitica di Vallone Amara nord, proveniente sia dalla grotta che dal giacimento esterno, è essenzialmente laminare, su selce e ossidiana. Trattandosi di un numero ridotto di elementi, abbiamo soprasseduto alla elaborazione di tabelle riassuntive delle classi tipometriche e del loro indice di carenaggio, ma già uno sguardo d’insieme ci permette di inserire il materiale litico tra le industrie c.d. “molto piatte”, in ogni caso “piatte”, industrie usuali negli insediamenti di facies stentinelliana del nostro territorio – Mègara Hyblæa, Petraro, livelli recenti di Gisira di Brucoli – (3).

Proviene dall’interno della grotta n. 1, riquadro A (ved. fig. 1), anche una lama di selce chiara lunga 92 mm e larga 25. Tale lama (ved. fig. 3/1) è ritoccata su entrambi i bordi, ma presenta anche il dorso levigato. Questa tecnica (4), seppure infrequente, si nota nelle industrie a ceramiche incise e impresse del nostro territorio, ma non solo in esso, e si mantiene per tutto il Bronzo antico; talvolta la levigatura serviva a far rifiorire la parte tagliente della lama, che l’uso aveva alterato.

Lo stesso riquadro A ha restituito anche alcune lamelle (ved. fig. 3/2,3,4) di selce e ossidiana, e una decina di schegge a scarti.

Il materiale litico proveniente dai livelli neolitici del deposito esterno è anch’esso laminare, ma più eterogeneo nei tipi; vi si notano

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in particolare un “trapezio” ed una cuspide sub triangolare molto piatta, ritoccata leggermente su un bordo. Pochi gli elementi con uno o due bordi ritoccati più o meno profondamente. Si tratta in tutto di: (5)

- 4 lame, di cui una, di basalto, è molto appuntita; - 7 lamelle; - 8 microlamelle, di cui 3 di ossidiana; - 2 ipermicrolamelle, di cui 1 di ossidiana; - 4 schegge, di cui 3 laminari; - 13 piccole schegge, di cui 12 di selce, laminari, ed una

scheggia informe di ossidiana, che presenta un bordo ritoccato; - 1 microscheggia laminare; - circa 50 schegge e scarti informi provenienti dalla lavorazione

della pietra. ALTRI MATERIALI DAGLI STRATI NEOLITICI.

Il riquadro A del saggio eseguito all’interno della grotta n. 1 ha restituito anche un punzone, di argilla cotta molto depurata, costruito per decorare la ceramica ancora cruda, che riproduce una V (ved. tav. XII/41 del vol. cit. in nota bibliografica n. 6). Da notare che alcuni dei frammenti fittili rinvenuti dentro e fuori della grotta evidenziano impressioni eseguite proprio con quel punzone.

I saggi esterni hanno restituito tra l’altro: - un punzone che riproduce un quadrilatero con punto al centro ed i

lati concavi; - un punzone riproducente un cerchio che circoscrive un

quadrilatero con punto al centro. La parte opposta è sagomata per riprodurre altri motivi, ora illeggibili;

- 5 altri punzoni più o meno frammentari, che riproducono con lievi varianti nel disegno e nell’ampiezza altri motivi geometrici;

- due punteruoli realizzati su diafisi di ossa lunghe di caprovini; - molluschi marini quali: Patella, Cerithium, Trochus, Murex,

Dentalium, Cardium, e terrestri: Helix.

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I MATERIALI NEOLITICI: LA CERAMICA (6). Nel Notiziario Storico di Augusta n. 15/87 e nel Supplemento n. 5 all’Archivio Storico Siracusano s. III IX,(1995), abbiamo già proposto alcune forme e motivi decorativi rilevabili dai frammenti di ceramica recuperati nell’insediamento preistorico di Vallone Amara nord.

I frammenti, relativi a più di cento vasi, evidenziano una sintassi decorativa molto complessa, che non trova esaustivi confronti nel territorio provinciale, pur essendo ascrivibile, per la ricorrenza di determinati motivi e tecniche di esecuzione, al complesso delle ceramiche di facies stentinelliana note dai giacimenti dei grandi villaggi neolitici trincerati del siracusano.

Le tavole che proponiamo suggeriscono temi generati da stili che abbiamo visto al Petraro di Villasmundo, in Gisira e, nel più vasto ambito provinciale, negli insediamenti costieri di Stentinello (villaggio eponimo della cultura), Mégara, Ognina, Matrensa. Fuori provincia, analoghe ceramiche sono presenti a Perriere Sottano in provincia di Catania e, fuori Sicilia, nella piana di Curinga in provincia di Catanzaro, per citare i più noti. La tecnica di esecuzione e lo stile essendo simili, la diversità nella organizzazione dei segni, nei vari giacimenti, è da attribuire evidentemente all’estro e all’inventiva di chi quelle ceramiche ha decorato, naturalmente in presenza di una medesima base culturale.

I motivi decorativi sulla ceramica dell’insediamento neolitico di Vallone Amara nord sono vari, di norma razionalmente e quasi sempre geometricamente organizzati; una decorazione asintattica finalizzata alla mera copertura più o meno di spazi vuoti, sembra assente, anche quando l’utilizzo di strumenti occasionali, quali il bordo di una conchiglia o uno stecco appuntito, poteva non lasciare soddisfacenti margini alla fantasia.

Citiamo alcuni motivi i più ricorrenti, realizzati anche con la tecnica della excisione:

- nastri spezzati riempiti a tratteggio (figg. 6: A, C; 7: F,I,L.); - fasci di linee spezzate semplici realizzate con punzoni a V (fig.

6: A,D,I); - triangoli adiacenti (denti di lupo) tratteggiati a reticolo (fig. 6:

M);

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- impressioni con punzone a diamante disposte su più file parallele (fig. 6: E, F, G);

- impressioni a C; - impressioni eseguite con punzone a “rotella” (fig. 4: D, i), - impressioni a triangolo:; - losanghe, anche in serie concentriche, dirette anche a stilizzare

l’occhio umano, che spesso viene rappresentato con le ciglia (figg. 7: Q, T; 8: I; 9: I);

- fasci di linee ondulate parallele (fig. 7: B, O); - impressioni quadrangolari in serie ortogonali (fig. 6; G, L), - nastri tratteggiati non marginati (fig. 7: M), - reticolo di fogliette a losanga con punto al centro. Il punto può

essere romboidale o circolare (fig. 5: A, B); - impressioni cardiali eseguite con conchiglia a bordo dentellato

(fig. 5: I); - impressioni a pizzicato (fig. 5: H); - motivi risultanti dalla congiunzione ad angolo acuto di due

brevi linee curve (fig. 5: E), - brevi incisioni, dritte o leggermente curve (fig. 5: D, F, G); - unghiate semplici (fig. 5: H); - chevrons (fig. 4: A, D), - quadrilateri tratteggiati a reticolo; - motivi a scaletta; - bugne di norma impostate sugli orli. Mancano nel Vallone, come in Gisira, motivi eseguiti con la

“cordicella”. Le variazioni su questi temi sono molte, ma tutte confluiscono in

quella straordinaria koiné culturale definita “geometrico”, che dal Neolitico antico ha interessato tutto il bacino mediterraneo (figg. 4 – 12).

Il “geometrico” si manterrà ancora per lungo tempo nella decorazione della ceramica, anche quando alle incisioni ed alle impressioni sull’argilla cruda si sostituirà la decorazione dipinta.

Le forme dei vasi rilevate a Monte Amara comprendono anche: - ciotole più o meno profonde, a calotta sferica; - olle globulari; - fiaschi a collo indistinto.

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Mancherebbero le forme “carenate”, mentre sono presenti elementi con piede a tacco. Le anse sono del tipo a nastro corto, con foro circolare; altre raffigurano protomi di animali (ved. fig. 12/5); altri tipi sono rappresentati da bugne semplici o doppie, o ancora a cresta tri – quadrimammellonare. Significativa è la presenza tra gli elementi fittili recuperati nella grotta n. 2 e nel livello superiore del deposito esterno di levante, di alcuni frammenti di ceramica tipo maltese, decorati con motivi incisi e impressi nello stile c.d. della necropoli maltese di Tarxien. La ceramica, di ottimo impasto e di colore grigio o avana in varie tonalità, si presenta ben lustrata e ben conservata. Il numero dei frammenti non è consistente, né è possibile ricostruire forme, ma la loro presenza ci permette di ipotizzare contatti tra il Vallone Amara nord e l’insediamento preistorico dell’isolotto di Ognina, a sud di Siracusa, dove il Bernabò Brea ha individuato una colonia “maltese” dell’età del Bronzo (7).

Frammenti di ceramica maltese sono stati recuperati davanti alla grotta n. 1, in un contesto non stratigrafico, durante gli scavi eseguiti dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa (8).

L’INDUSTRIA LITICA PALEOLITICA.

L’industria litica paleolitica recuperata nel Vallone Amara nord è rappresentata da pochi tipi raccolti parte in una limitata area di dispersione davanti alla grotta n. 6, in corrispondenza di un canalone raggiungibile, durante le forti mareggiate, dalle onde del mare, e parte nel deposito esterno, al di sotto dei livelli neolitici.

Nessuno di tali strumenti proviene dai saggi effettuati nelle grotte 1 e 2; la grotta n. 6 non fu sottoposta da noi ad indagine, ma gli scavi della Soprintendenza hanno accertato l’esistenza di “reperti faunistici del Pleistocene superiore associati in giacitura secondaria con reperti di età preistorica e romana (9). Da notare che il materiale litico recuperato davanti a tale grotta, in quanto raggiungibile dal mare durante le massime traversie, si presenta molto deteriorato.

Come si è detto, i tipi rappresentati sono pochi. Si tratta di tre grattatoi corti su estremità di lama, di due bulini semplici e di un bulino su ritocco, di un frammento distale di punta a dorso abbattuto del tipo dritto, di alcune punte, di cui una, lunga 102 mm, incurvata, fortemente ritoccata, manca dell’apice; e ancora di un paio di

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perforatori su scheggia e su lama, e di alcune schegge ritoccate. In tutto 21 strumenti, di cui cinque di quarzite, ed una cinquantina di schegge e scarti della lavorazione (ved. tav. IX del Volume citato in nota n. 10).

Come abbiamo avuto modo di scrivere su AUGUSTA E TERRITORI LIMITROFI – I- PREISTORIA, la tipologia leggibile nell’industria litica paleolitica di Vallone Amara nord, non sembra “…trovare riscontri nei tipi provenienti da Campolato e dall’Acquasanta (Vallone Amara sud) (10), per l’assenza proprio nel Vallone Amara nord, di tipi laminari ad incavo e denticolati, e per la presenza minima di elementi a dorso abbattuto, mentre un punto di contatto sarebbe da ricercarsi nella totale assenza, in tutte e tre le stazioni, di microliti geometrici”, che sono presenti nei complessi epigravettiano siciliani.

CONCLUSIONI.

Ritiene il Bernabò Brea, nella sua Presentazione del Supplemento n. 5 all’Arch. Stor. Sirac., cit., che “…il territorio augustanese sia uno dei meglio conosciuti dal punto di vista dell’ archeologia preistorica dell’intera Isola. Di ben pochi, forse di nessun altro territorio, si può tracciare oggi con altrettanta chiarezza e completezza l’evoluzione culturale attraverso un così lungo numero di anni, dalle fasi iniziali del Paleolitico superiore alla vigilia dell’età storica. E la pubblicazione dei risultati di queste ricerche, di cui avevamo avuto finora solo qualche primizia, porta un contributo di fondamentale importanza alla conoscenza della preistoria siciliana, soprattutto per le fasi più antiche, per il Paleolitico superiore, il Mesolitico, il Neolitico antico e medio, i periodi cioè ancora meno conosciuti di essa…”.

Noi non vogliamo (né potremmo) aggiungere altro a quanto già detto dall’insigne Studioso; possiamo solo prendere atto del suo pensiero, e insistere nella nostra convinzione, che vede il nostro territorio, già dalla preistoria, al centro di correnti culturali, e vicissitudini, che in tempi storici si sono concretizzati nella fondazione di una delle più originali pòleis greche di occidente che la storia abbia registrato. In quest’ottica, una nostra ricerca (11) sui tempi e sui modi della “neolitizzazione” del nostro territorio (e naturalmente di quello

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provinciale, che, con il nostro, ha registrato in ogni tempo chiari processi di interazione) fino al consolidarsi della organizzazione paganica –così ben testimoniata nell’ambito provinciale da Ognina a sud a Punta Bonìco a nord- non può prescindere dai dati, in verità consistenti ed illuminanti, che ci fornisce il Vallone Amara. Il quale va inserito, a nostro giudizio, in posizione di rilievo, nel vasto mosaico che registra innumerevoli e tutte importanti tessere (12), le quali dimostrano, senza alcun dubbio, come l’uomo preistorico abbia visto nella nostra Isola, in ogni tempo, condizioni ambientali positive, e determinanti per la sua evoluzione.

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Note 1- CAMPOLATO. Da Campus latus , nella accezione di vasto

appezzamento di terreno agricolo. Variante erudita di Luogo Grande, Pezza Grande, Tenuta Grande, che sono toponimi ricorrenti nel sudest dell’Isola.

2- Pur riconoscendosi nel Bronzo antico unità culturale fra le varie correnti ed i diversi stili presenti nell’Isola, si avvertono tuttavia caratteri differenziati nella decorazione dipinta della ceramica prodotta nella Sicilia orientale ed in quella occidentale.

3- Per Mégara Iblea, cfr. I. RUSSO, L’industria litica del villaggio neolitico di Mégara Hyblæa (scavi Orsi 1917 – 1920). Alcuni dati tipologici e tipometrici, in Arch. Stor. Sirac. S. III, X (1996).

4- Il Neolitico (o età della pietra nuova) è l’età in cui l’uomo si procaccia il cibo per mezzo della coltivazione dei cereali e l’addomesticamento degli animali, ma continua ad usare la pietra come materiale per i suoi strumenti e le sue armi. È anche il periodo in cui la pietra non viene solo scheggiata (come avveniva da lunghissimo tempo), ma anche levigata.

5- Sono in uso parametri o moduli per classificare tipometricamente i supporti litici a seconda del rapporto lunghezza/larghezza. Comunemente si definiscono:

- lame, tutti i pezzi che hanno lunghezza uguale o superiore al doppio della larghezza,

- schegge, tutti i pezzi che hanno lunghezza inferiore al doppio della larghezza.

A loro volta i limiti metrici, puramente empirici, permettono di definire le forme in.

- Grandi lame: lunghezza oltre 10-12 cm; - Lame: lunghezza da 6 a 10 cm; - Lamelle: lunghezza da 3 a 6 cm; - Microlamelle: lunghezza da 1,5 a 3 cm; - Ipermicrolamelle: lunghezza inferiore a 1,5 cm; - Grandi schegge: lunghezza oltre 6 cm;

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- Schegge: lunghezza da 3 a 6 cm; - Piccole schegge: lunghezza da 1,5 a 3 cm; - Microschegge: lunghezza inferiore a 1, 5 cm. 6- È opportuna ed improrogabile una precisazione, perché non si

perpetui un errore che riteniamo lesivo della corretta informazione e quindi della verità, che l’ archeologia considera imprescindibili. I materiali ceramici pubblicati sul Notiziario Storico di Augusta n. 1/67, tavv. VIII e IX, non provengono dalla Gisira, come il contributo, mancando una diversa annotazione, sembrerebbe far credere, ma dal Vallone Amara nord, dagli stessi saggi di scavo aperti da chi scrive. La ceramica neolitica di Gisira, che si ritiene più antica di quella del Vallone di almeno mezzo millennio, ha diversa organizzazione sintattica nella decorazione, e denuncia influssi culturali non riscontrabili in larga misura nei giacimenti c.d. stentinelliani mediterranei. Per il Neolitico di Gisira cfr. I: RUSSO, Archeologia del basso corso del Porcaria. Preistoria di Gisira di Brucoli, in Arch. Stor. Sirac. S. III, IX (1995).

7- L. BERNABÒ BREA, Abitato neolitico e insediamento maltese dell’età del Bronzo nell’isola di Ognina (Siracusa) e i rapporti fra la Sicilia e Malta dal XVI al XIII sec. a.C., in Kokalos, XII, 1966.

8- Cfr. L. GUZZARDI, Ricerche archeologiche nel siracusano, in Kokalos XXXIX, XL, 1993-94.

9- Cfr. L. GUZZARDI, cit. 10- Per Campolato e Acquasanta, Cfr. I. RUSSO, P. GIANINO,

R: LANTERI in Augusta e territori limitrofi -I- Preistoria, supplemento. n. 5 all’Arch. Stor. Sirac., s. III, IX (1995).

11- Ci piace qui segnalare il valido contributo dato da Palmino Gianino il quale ha seguito attivamente, senza sosta, l’evolversi della ricerca archeologica sul nostro territorio dai primi anni ’60 ad oggi. Un vivo ringraziamento rivolgiamo anche al dr. Giuseppe Voza, Sovrintendente ai Beni Archeologici della provincia di Siracusa, che ha messo a nostra disposizione i materiali litici dei villaggi neolitici di Mègara e di Ognina (SR), scavati rispettivamente dall’Orsi negli anni 1917 – 1920, e dal Bernabò Brea negli anni 1963 – 1964, ed ancora inediti. Alcuni dati tipologici e tipometrici relativi ai materiali di Mégara H. sono stati già pubblicati su Arch. Stor. Sirac. S. III, X (1996), cit. in nota 3. Si ritiene decisamente positivo il contributo

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fornito dal dr. Giuseppe Cacciaguerra, al quale è stata sempre sottoposta la ceramica proveniente dai livelli storici.

12- Si segnalano in particolare: i quattro insediamenti neolitici di Stentinello, Mègara H., Matrensa ed Ognina, tutti e quattro interessati da “fossati” di recinzione; i tre insediamenti neolitici in grotta di Campolato, Acquasanta o Vallone Amara sud, e Vallone Amara nord; i tre grandi villaggi neolitici costieri della mezzaluna brucolana: Punta Tonnara, Brucoli, Gisira, che evidenziano un sostrato epipaleolitico; il villaggio di Frandanisi, recentemente localizzato da Giuseppe Cacciaguerra; gli insediamenti pre-neolitici del Maccaudo e di Punta Izzo; il villaggio neolitico del Petraro di Villasmundo e quello di Piana della Catena in territorio di Lentini.

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Bibliografia essenziale. S. BORDONARO, A. DI GRANDE, W. RAIMONDO: Lineamenti

geomorfostratigrafici pleistocenici tra Melilli, Augusta e Lentini (Siracusa), in Boll. Acc. Gioenia di Sci. Nat. vol. 17, n. 323, Catania 1984.

I. RUSSO: Insediamenti umani pleistocenici sul territorio augustano e la viabilità preistorica di caccia sul Tauro e nel suo hinterland, in Not. Stor. di Augusta, 20/1998.

I. RUSSO :L’età della pietra nel territorio di Augusta, in Not. Stor. di Augusta, 15/1987.

H. WENDT: Cercai Adamo, 1954.

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Fig. 1. Vallone Amara nord: grotte e deposito

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Fig. 2. Vallone Amara nord. Grotte 1 e 2: pianta e sezione.

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Fig. 3. Vallone Amara nord: industria litica, dalla grotta 1.

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Fig. 4. Vallone Amara: fittili.

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Fig. 5. Vallone Amara: fittili.

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Fig. 6. Vallone Amara: fittili.

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Fig. 7. Vallone Amara: fittili.

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Fig. 8. Vallone Amara: fittili.

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Fig. 9. Vallone Amara: fittili.

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Fig. 10. Vallone Amara: fittili. Forme.

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Fig. 11. Vallone Amara: fittili. Forme.

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Fig. 12. Vallone Amara. Anse: n. 1 a bugna semplice, n. 2 a bugna doppia,

n. 3 e 4 a cresta tri e quadri mammellonare, n. 5, ansa teriomorfa rappresentante la testa di un cane. Le anse 1 e 5 provengono dalla grotta 1, le altre dal deposito esterno.

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Fig. 13. Vallone Amara:forma.

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Fig. 14. Vallone Amara.

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Fig. 15. Vallone Amara: dal deposito esterno.

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Fig. 16. Vallone Amara. Ceramica levigata e lustrata. Dal saggio 1 della grotta 1.

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Fig. 17. Vallone Amara: 1 e 2 punteruoli d’osso; 3, 4, e 5: Punzoni di argilla.