GIOVANNI CAVALLO AVVOCATO Via della Bufalotta 1281, 00138 Roma [email protected]cell. 3384823088 – fax 0687294842 IL TRIBUNALE DI TERAMO Memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. Procedimento penale n. 7833/12 R.G.N.R. n. 2066/2014 R.G.G.I.P. Udienza dibattimentale del: 3/06/2015 Nell’interesse di DI MARCO DAMIANO, nato il 18.5.1975 ad Atri e residente a Castellalto, loc. Castelnuovo Vomano, Via Molise n. 33, nel procedimento penale n. 7833/12 R.G.N.R., imputato per il reato p.e p. dall’art. 372 c.p. perché deponendo come teste nel procedimento R.G.N.R. 1311/09 Reg. Dib. 1184/11 all’udienza del 18.7.2012 davanti al Giudice Monocratico del Tribunale di Teramo, interrogato su cosa aveva visto in merito ai litigi tra T. P. e la di lui moglie taceva ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali era interrogato. In Teramo il 18.7.2012 -------- La difesa dell’imputato, in merito all’ipotesi di reato a questo ascritto, ritiene opportuno presentare una memoria sugli elementi soggettivi ed oggettivi del reato di reticenza mancanti nel fatto ascritto all’imputato, per i motivi in fatto e in diritto che di seguito si specificano. IN FATTO Il Di Marco, come più volte è stato ribadito dallo stesso in occasione della deposizione testimoniale per cui è imputato, è ministro di culto ai sensi dell’art. 6 dello Statuto della Congregazione Cristiana dei Testimoni Geova, da ora C.C.T.G., (cfr. all.ti . n.ri 1 e 2), Confessione religiosa riconosciuta con D.P.R. 31 ottobre 1986 n.783 (all. n. 3), e con la quale lo Stato italiano ha stipulato l’Intesa in data 4 aprile 2007 1 , da convertirsi in legge. Il sig. Di Marco all’epoca dei fatti per cui è imputato era assegnato a svolgere la sua funzione ministeriale e pastorale “con cura d’anime” presso la Congregazione dei testimoni di Geova di Castellalto Est, gruppo di lingua romena (all. n. 1). I coniugi T. sono entrambi fedeli e praticanti della medesima comunità, e, a motivo delle loro gravi difficoltà relazionali, si avvalevano regolarmente dell’assistenza spirituale dei loro ministri di culto, tra cui il Di Marco. 1 consultabile in: http://www.governo.it/Presidenza/USRI/confessioni/intese2007/Intesa_Congregazione_cristiana_testimoni_geova.pdf;
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IL TRIBUNALE DI TERAMO Memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. memoria ex... · della medesima comunità, e, a motivo delle loro gravi difficoltà relazionali, si avvalevano regolarmente
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forma di strutture organizzate e che quando l’organizzazione di una tale comunità è in
discussione, l’articolo 9 deve essere interpretato alla luce dell’articolo 11 della Convenzione, che
tutela la vita associativa contro l’ingerenza dello Stato ingiustificata. Infatti, l’autonomia,
indispensabile per il pluralismo in una società democratica, è al centro della tutela offerta dall’art
9. La Corte ricorda inoltre che, salvo in casi eccezionali, il diritto alla libertà di religione, come
garantito dalla Convenzione esclude qualsiasi discrezionalità da parte dello Stato sulla legittimità
delle credenze religiose o dei mezzi di espressione di questi …. Se l’organizzazione della vita della
comunità non è stata tutelata dall’articolo 9 della Convenzione, tutti gli altri aspetti della libertà
religiosa dell’individuo sarebbe diventato vulnerabile”4.
B. ESERCIZIO DELLE FUNZIONI DI MINISTRI DI CULTO DELLA C.C.T.G., SVOLTE
DAL SIG. DI MARCO NEL CASO IN OGGETTO (MESE DI LUGLIO 2008 A CASA DEI
CONIUGI T.)
In applicazione del principio di “ordine proprio”, nell’ambito dell’ordinamento confessionale della
C.C.T.G., come dichiara l’art. 6 dello Statuto riconosciuto con il D.P.R. n. 783/1986, sono ministri
di culto gli anziani (c.d. presbiteri) altrimenti detti pastori o sorveglianti (episkopos). Questi
nell’esercizio del loro ministero:
- non devono indossare o utilizzare paramenti o arredi sacri5;
- non svolgono funzione liturgica ma lo loro è attività di culto, di studio e di insegnamento della
Bibbia a livello individuale, e familiare, definita attività pastorale o visite pastorali che viene
svolta sia nel luogo di culto che presso le abitazioni private6. A tal proposito il Libro di testo
dei ministri di culto della C:C.T.G. “Pascete il gregge di Dio” alle pagg. 48-49, § 6 impartisce
4 OBST c. ALLEMAGNE, ricorso n. 425/03; CEDU 23 dicembre 2010; Hassan e Tchaouch c. Bulgaria [ GC ], no
30985/96 , § § 62 e 78 , CEDU 2000 – XI; 5 cfr. Statuto della C.C.T.G. art. 6 ultimo § “Dall’ordinamento della Confessione non è previsto per tutti i suindicati
ministri di culto alcun abito religioso particolare”; 6 art. 19 Cost. “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di
riti contrari al buon costume [Cost. 8, 18, 20]; art. 9 della “Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della
Libertà di pensiero, di coscienza e di religione. 1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e
di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la
propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto,
l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio
credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure
necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della
morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.”
istruzioni specifiche in relazione alle “Visite pastorali incoraggianti”, effettuate anche nelle
case dei fedeli7;
- “su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero” ex art. 200 c.p.p., quindi
anche ascoltato e visto nei rapporti con i fedeli esercitano la funzione fornendo l’aiuto e il
sostegno spirituale necessario;
- nell’oggetto della loro attività di culto come riporta lo Statuto stesso e il libro di testo dei
ministri di culto “Pascete il gregge di Dio”, vi è l’assistenza nell’applicare i consigli della
Bibbia in ambito familiare8;
- tra i doveri dell’ordinamento confessionale vi è per gli anziani di mantenere l’assoluto riserbo
sulle questioni confidenziali e sui provvedimenti spirituali adottati verso i fedele e di non
rivelarli a persone che non sono autorizzate a conoscerli (all.ti n.ri 8A, 8B, 8C e 8D)9.
Volendo fare un parallelo con il culto cattolico, al solo fine di chiarire ancor meglio il concetto, i
ministri di culto della C.C.T.G. assumono, nell’ambito del loro culto e in ordine al segreto
professionale, una posizione giuridicamente e legalmente coincidente a quella riconosciuta ai
sacerdoti della Chiesa cattolica. A tal riguardo la Corte Costituzionale ha affermato che il principio
di libertà di Confessione e quello di laicità dello Stato comportano “l’eguale libertà di tutte le
7 cfr. all. n. 4. libro di testo per i ministri di culto della C.C.T.G. “Pascete il gregge di Dio”, pagg. 48-49, § 6
““Visite pastorali incoraggianti 6. L’obiettivo principale di una visita pastorale è quello di impartire qualche dono
spirituale, rendere fermi e avere uno scambio d’incoraggiamento. (Rom. 1:11, 12) Gli anziani possono compiere
l’opera pastorale a casa dei proclamatori, nella Sala del Regno, durante il servizio di campo, per telefono o in altre
circostanze. Le seguenti indicazioni vi aiuteranno a fare visite incoraggianti a casa dei proclamatori.
● … Prendete un appuntamento: …
● Preparatevi: Pregate per avere la guida di Geova. Nel valutare la condizione spirituale della persona tenete conto
delle sue circostanze. Chiedetevi di che tipo di incoraggiamento, consigli o guida ha più bisogno. Se c’è un problema
serio fatevi accompagnare da un altro anziano, altrimenti potete anche portare con voi un servitore di ministero
qualificato.
● Mantenete un’atmosfera rilassata; siate amorevoli e positivi: Esprimete genuino interesse per il benessere della
persona. Lodatela calorosamente per ciò che di buono ha fatto e sta facendo. Ascoltatela attentamente. Se capite che
potrebbe avere un problema, incoraggiatela con tatto ad esprimersi. Adattate le vostre osservazioni in base al
bisogno.
● Usate la Bibbia: La principale fonte di informazioni dovrebbe essere la Parola di Dio, poiché “esercita potenza”.
(Ebr. 4:12) Usandola con abilità permettete a Geova di parlare al cuore del fratello o della sorella.
● Non trattenetevi troppo: …
● Concludete con una preghiera: È appropriato concludere con una preghiera. Sarà molto apprezzata. — Filip.
4:6, 7.
● …”; 8 cfr.: l’all. n. 2, Statuto della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, art. 6, commi 4 e 8; all.ti n.ri 4 5
“Pascete il gregge di Dio” pagg. 48-49, 52-53; 9cfr. all. n. 8, brani dei paragrafi della “La Torre di Guardia” periodico di istruzione biblica della Congregazione
Cristiana dei Testimoni di Geova del: A) 1/6 1997 p. 11 § 16 “Geova, un Dio che rivela i segreti”; 1/3 1997 p. 28
“Avete timore di fidarvi di altri?”; 15/3 1996 pagg. 18-19 § 12-13 “Affrontiamo la sfida della lealtà”; B) 15/11 2006
pagg. 26-30 “Accettate sempre la disciplina di Geova”; C) 15/3 1996 p.18 § 12; 15/11 1991 p. 23 § 19; D) 15/4 2013 p.
15 § 14.
9
confessioni religiose davanti alla legge” 10
, ed “equidistanza ed imparzialità verso tutte le
confessioni”11
e tali principi, oltre che sul piano punitivo delle condotte contro la religione, deve
necessariamente essere affermato anche sul piano processuale. Né può essere sottaciuto, anche per i
riflessi sulla gerarchia delle fonti normative, che l’art. 9 della “Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo”, non solo proclama il diritto di ogni persona alla libertà di religione, ma aggiunge che
essa comporta da un lato, quella di manifestare il proprio credo individualmente e
collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento e l’osservanza dei riti
e dall’altro, l’illegittimità di qualunque misura restrittiva diversa da quella necessaria in una società
democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale
pubblica o per la protezione del diritto e della libertà altrui12
.
Sotto il profilo giuridico, è pacifica:
1) la qualità di ministro di culto dei Testimoni di Geova del Di Marco;
2) che abbia svolto attività ministeriale o di culto con il Rocci presso l’abitazione del T. dove era
stato appositamente chiamato ad effettuare la visita pastorale e quindi il suo ministero;
3) che tutto ciò che è stato da egli appreso quella sera presso l’abitazione del T. è avvenuto in
ragione e in funzione della sua attività di ministro di culto.
C. SEGRETO PROFESSIONALE DI TIPO “CONFESSIONALE”: ARTT. 200 C.P.P. E 622
C.P.
Per sgombrare il campo da fraintendimenti è opportuno menzionare che con il termine “segreto
confessionale” non si intende solo ciò che si apprende nella “confessione”, come è stato supposto
durante la deposizione del teste (cfr. pag. 18 del verbale di deposizione) ma è ciò che “hanno
conosciuto per ragione del proprio ministero” … i “ministri di confessioni religiose, i cui statuti
non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”, ex art. 200 c.p.p (segreto professionale).
Chiarita la figura ed il ruolo del ministro di culto nell’ordinamento confessionale dei Testimoni di
Geova è agevole applicare la normativa di riferimento al caso di specie.
10
Corte Cost., sent. 9 luglio 2002 sent. n. 327; 11
Corte Cost., sent. 29 aprile 2005 n. 168; 12
Testimonianza e segreto professionale”, A. DIDDI, ED. CEDAM 2012 pagg. 36-37; D. Milani “Segreto, libertà
religiosa e autonomia” pag. 103;
10
Il Giudice durante la deposizione non ha mosso alcun rilievo sulla funzione ministeriale del sig. Di
Marco, dimostrata dall’attestato prodotto13
che dal verbale di deposizione stesso14
; in quest’ultimo il
ministro di culto afferma la sua funzione ministeriale nella congregazione di Castellalto Est e nello
specifico la sera del mese di luglio 2008 nello svolgere la visita pastorale nella casa dei coniugi T.
Di conseguenza, punto scriminante della vicenda è il nesso causale tra ciò che il Di Marco ha
“conosciuto” quella sera (fatti oggetto della deposizione) con l’esercizio dell’attività di ministro di
culto.
Il fondamento del segreto professionale per i ministri di culto sono gli artt. 8 e 19 della
Costituzione che giustificano, da un lato, l’equiparazione tra i ministri di diverse confessioni
religiose15
e, dall’altro, l’opposizione del segreto da parte di costoro16
.
È opportuno menzionare che le attività del ministro di culto nell’ambito dell’organizzazione
religiosa dei Testimoni di Geova, si articolano in diverse attività di sostegno e incoraggiamento
spirituale, nonché di insegnamento basato sulla Bibbia a favore dei singoli Testimoni e delle loro
famiglie17
. Il caso più tipico e ricorrente che vede impegnato il ministro di culto nominato, è l’opera
di cura pastorale svolta a domicilio presso le famiglie aderenti all’organizzazione religiosa, proprio
quello per il quale il Di Marco è stato chiamato a deporre come teste. In queste visite pastorali i
ministri di culto possono venire a conoscere (verbalmente, ma anche attraverso altre percezioni
13
cfr. all. n. 1, attestato di ministro di culto rilasciato dal rappresentante legale della C.C.T.G.; 14
cfr. verbale di deposizione teste del 18 luglio 2012, pag. 9-11; 15
la Corte costituzionale nella prospettiva di attuare il principio di uguaglianza ha affermato nella sentenza n.
195/1993 come qualsiasi discriminazione in danno dell’una o dell’altra fede religiosa, sarebbe costituzionalmente
illegittima. Inoltre ha completamente sovvertito il regime precedente dell’ammissione controllata delle confessioni
religiose, sicché “l’aver stipulato l’intesa prevista dall’art. 8, comma 3, della Costituzione per regolare in modo
speciale i rapporti con lo Stato non può … costituire l’elemento di discriminazione nell’applicazione di una disciplina,
posta da una legge comune volta ad agevolare l’esercizio di un diritto di libertà dei cittadini”. Sulla base di tali
principi, evidentemente, una volta che lo Stato ritenga di intervenire con una disciplina comune come è il segreto
confessionale, l’ esclusione di una confessione da un qualunque beneficio “in dipendenza dello status della medesima, e
cioè in relazione alla sussistenza o meno delle condizioni di cui al secondo e terzo comma dell’art. 8 della Costituzione,
viene a integrare una violazione del principio affermato nel primo comma del medesimo articolo”; 16
“Testimonianza e segreto professionale”, A. DIDDI, ED. CEDAM 2012 pag. 107; “Quel che la disposizione
intende tutelare è, certamente, anche l’affidamento che l’interessato – costretto a rappresentare (a cagione della
necessità della migliore tutela dei suoi affari o della cura del suo spirito) accadimenti illegali o immorali che, qualora
divulgati, potrebbero compromettere la sua reputazione, il suo decoro ed i suoi rapporti familiari o d’affari e perfino
dare luogo all’apertura di un procedimento penale a suo carico – ripone nel fatto che il soggetto che li conosce non li
debba fare oggetto di testimonianza”;
cfr. anche N. TRIGGIANI, in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda – G. Spangher,
Vicenza, 2001, pag. 1104 che nel commento dell’art. 200 c.p.p. afferma: “il legislatore ha voluto tutelare l’esercizio di
determinate professioni o attività - cui sono sottesi determinati valori costituzionalmente protetti - le quali non
potrebbero essere utilmente esercitate nell’interesse sociale se le persone che esercitano quella professione o quella
attività non fossero vincolate al segreto per le notizie ed i fatti di cui vengono a conoscenza a ragione del loro ufficio o
della loro attività”; 17
cfr.: art. 6 dello Statuto della Congregazione Cristina dei Testimoni di Geova, all. n. 2;
11
sensoriali come quella visiva) di alcuni problemi (fatti e circostanze personali) che i fedeli portano a
loro conoscenza al fine di ottenere aiuto spirituale per risolverli.
Nella fattispecie il Di Marco, unitamente ad un altro ministro di culto, si era recato presso
l’abitazione dei coniugi T., per fornire assistenza spirituale, consistente nella lettura di brani biblici
e spiegazione dei principi sottesi nonché pregare insieme a loro e per loro18
, esercitando così la
funzione di ministro di culto nella loro casa. Per rimarcare la funzione ministeriale del Di Marco
nella visita pastorale del luglio 2008 accenniamo anche che a seguito dei fatti ‘conosciuti’ quella
sera, sia uditivamente che visivamente, entrambi i fedeli (coniugi T.), ricevettero amorevoli aiuti e
provvedimenti specifici, basati sulla Bibbia19
.
Aggiungiamo che i sig.ri Emanuele Rocci e Damiano Di Marco erano gli unici ministri di culto
della comunità di lingua romena della congregazione dei testimoni di Geova di Castellalto Est. A tal
riguardo l’imputato nell’interrogatorio di garanzia del 31 marzo 2014 davanti ai Carabinieri di
Castelnuovo Vomano, su delega del P.M., a pag. 2 del verbale affermava “Tengo a precisare che
io sono intervenuto, unitamente ad un altro Ministro di Culto presso l'abitazione dei coniugi
T. in quanto il nostro intervento era stato espressamente richiesto dal P. T. Ribadisco inoltre che
io e l'altro Ministro di Culto a nome ROCCI Emanuele, siamo praticanti della Religione dei
Testimoni di Geova nonché Ministri di Culto e ci interessiamo, in particolare, della Comunità
Rumena appartenente alla suddetta religione ove per l'appunto fanno riferimento i coniugi T. Questo
spiega perché il Sig. T. P. abbia chiamato proprio me ed il ROCCI e non si sia invece rivolto ad
altri praticanti della Religione dei Testimoni di Geova che sono comunque presenti sul territorio” e
aggiungiamo noi che non si sono rivolti nemmeno a loro vicini di casa, che differentemente dai due
ministri di culto abitavano vicini a loro.
D. SUL NESSO CAUSALE DEI FATTI OGGETTO DELLA DEPOSIZIONE CON LA
FUNZIONE DI MINISTRO DI CULTO - CIÒ CHE IL DI MARCO HA VISTO E UDITO
Secondo quando chiesto dal Giudice al Di Marco alla pag. 16-17 del verbale di deposizione del 18
luglio 2012 il ministero del Di Marco sarebbe iniziato quando il T. cominciò a parlare:
18
cfr. l’all.ti n.ri 4 e 5 “Pascete il gregge di Dio” pagg. 48-49, 52-53; 19
cfr. verbale di interrogatorio di garanzia del 31.03.2014 dei Carabinieri di Castelnuovo Vomano su delega del
P.M., pag. 2 penultimo paragrafo risposta del Di Marco “… Tengo a precisare che a seguito del nostro intervento
effettuato presso l’abitazione dei coniugi T., sono stati emessi nei loro confronti e da parte delle Nostra Comunità, dei
provvedimenti finalizzati a risolvere col dialogo i dissidi tra i coniugi …”pro;
12
“Giudice: Si, ma in questo caso non attiene all'opera pastorale, attiene ad un momento precedente,
dal punto di vista storico; ovvero lei non ci deve riferire sui contenuti del colloquio legati
all'esercizio della sua funzione pastorale, semplicemente deve dire che cosa ha notato con i suoi
occhi quando è intervenuto ... lei, quando mette piede nell'ambito di un appartamento ... non sta
ancora esercitando quella che è la sua funzione”. Questa difesa sostiene che l’attività pastorale e
quindi il ministero del Di Marco, a favore del T., sia iniziato nel momento in cui lo stesso ha
ricevuto la telefonata dal Rocci, l’altro ministro di culto che lo accompagnò quella sera a casa del
T., quanto meno il ministero è iniziata nel momento in cui i due ministri di culto sono arrivati a casa
dei coniugi20
.
Il Di Marco ha operato la visita pastorale nella veste di ministro di culto compiendo un’attività che
per circostanze di tempo e di luogo non può affatto essere scissa in più fasi (ciò che ha visto e ciò
che ha udito), ma rientra nell’ambito di un unico ministero, a causa del quale è ovviamente venuto
a ‘conoscenza’ di informazioni e circostanze non solo udite per telefono e a voce, ma anche
apprese visivamente.
Un recente episodio di cronaca ben più grave di quello in oggetto ha visto la Commissione di
inchiesta Parlamentare sul caso dell’Onorevole Aldo Moro convocare il Nunzio vaticano in Gran
Bretagna, Antonello Mennini. All’inizio dell’audizione il Nunzio, in relazione ad un suo probabile
incontro con l’Onorevole Moro ha affermato: “Sono segrete le circostanze della confessione, le
modalità e anche il luogo, la logistica …”21
.
Per comprendere meglio il ruolo del Di Marco nella fattispecie facciamo un esempio. Un avvocato
riceve una telefonata da un cliente che richiede urgentemente assistenza tecnico-legale a casa sua in
quanto presume di essere stato visto compiere un furto. Una volta a casa del cliente l’avvocato nota
nel salotto dei bei quadri. Poi nel successivo colloquio il cliente gli racconta di averlo chiamato
perché ha rubato quei quadri e richiede la sua assistenza legale per la difesa nel procedimento
penale. L’avvocato può essere chiamato a deporre nel processo come teste nel procedimento penale
a carico del cliente su quello che lo stesso gli ha riferito nonché sulla circostanza dei quadri che ha
20 Alessandro Diddi, Ed. Cedam 2012, pag. 107 “Testimonianza e segreto professionale”: “In effetti il segreto
professionale, al quale si ispira oggi la disposizione processuale, ha per oggetto genericamente fatti che i soggetti
previsti dalla disposizione apprendono – a prescindere dal mezzo, se orale o per iscritto, dal modo in cui è avvenuta,
se nel corso di un colloquio vis à vis o a distanza – durante la loro attività ed è, dunque, interamente focalizzato
attorno alla relazione intersoggettiva che ha generato la conoscenza; 21
Redazione ANSA – ROMA 13 marzo 2015 ore 14,29;
13
visto nel salotto di casa del cliente e prima che quest’ultimo iniziasse a confidargli il furto? La
risposta è scontata come lo è per il Di Marco. I principi sottesi che impediscono la deposizione
testimoniale sono i medesimi: la difesa nel procedimento penale come diritto inviolabile per
l’avvocato22
e il 'diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto,”, ex art. 19 Cost., per il
ministro di culto23
.
Pertanto, appare riduttivo e semplicistico limitare la portata dell’art. 200 c.p.p. unicamente a ciò che
il Di Marco, nella fattispecie, ha udito, e non anche a ciò che ha appreso visivamente quando è
entrato nella casa del T.; una interpretazione del genere avrebbe il denegato effetto di
restringere enormemente le garanzie costituzionali del segreto “professionale” nel quale rientra
il segreto del ministro di culto. Non parliamo, ovviamente, di fatti percepiti o visti come la
commissione di un reato nel mentre è in corso la visita pastorale, in questa circostanza il ministro di
culto ha l’obbligo, come tutti i cittadini, di deporre nel processo.
Sulla scorta di tale tesi, violerebbe il segreto professionale ai sensi dell’art. 622 c.p., norma di
riferimento sostanziale per l’art. 200 c.p.p., soltanto chi “avendo udito per ragione del proprio stato
... di un segreto lo rivela ...”, e non chi, invece, “AVENDO NOTIZIA” come esprime la norma.
L’art. 622 c.p., 1° comma, usando l’espressione “AVENDO NOTIZIA” mette bene in evidenza che
l’acquisizione di un segreto professionale può coinvolgere tutte le attività cognitive, inclusa quella
visiva. Ciò è conforme appunto da quanto espresso dall’art. 200, comma 1, c.p.p.: “non possono
essere obbligati a deporre su quanto HANNO CONOSCIUTO per ragioni del proprio ministero”;
e dall’art. 271, comma 2, c.p.p. “Non possono essere utilizzate le intercettazioni relative a
conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell'articolo 200 comma 1, quando hanno a
oggetto FATTI CONOSCIUTI per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le
stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati”. Va da se che
la conoscenza può essere uditiva ma anche visiva. Analogamente alle precedenti disposizioni
normative, l’art. 103 c.p.p., comma 2, afferma che “presso i difensori … incaricati in relazione al
22
art. 24 Cost., 2° comma “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”; 23
cfr. F.M. Grifantini, Giappichelli Editore 2001, “Il segreto difensivo nel processo penale”, pag. 14: “Ciò che si
tutela è il rapporto di fiducia tra il professionista e il cliente cioè la cognizione ottenuta nell’esercizio di attività
professionali volte a soddisfare, talvolta, anche diritti costituzionalmente rilevanti: come il diritto alla salute, alla
libertà di culto o sotto il rapporto fiduciario tra professionista e cliente, anche il diritto alla difesa”; cfr. anche nota n.
16, “Testimonianza e segreto professionale”, A. DIDDI, ED. CEDAM 2012 pag. 107;
14
procedimento non si procede al sequestro di carte o documenti RELATIVI ALL’OGGETTO della
difesa, salvo che costituiscono corpo del reato”. Pertanto è bene evidente che tutto il sistema
normativo regolante l'istituto del segreto, include ogni fattore percettivo che il soggetto ha della
realtà e delle circostanze ad esso afferenti, senza porre alcuna distinzione tra le possibili e diverse
modalità mediante le quali tale percezione si realizza.
D-1 - IN GIURISPRUDENZA
Quanto sopra affermato è confermato in pronunce sia della Corte di legittimità che di Tribunali di
merito in virtù delle quali, ad esempio, è stata accertata la fattispecie di reato di cui all’art. 622 c.p.
nella divulgazione di dati informatici riservati acquisiti visivamente in ragione della propria
professione (Cass. pen. 26.10.2012, n. 44840; Trib. Como 3.12.2004 in redazione Giuffrè 2005) o
nella divulgazione di dati economici appresi visivamente dall’esame di scritture contabili (Cass.
pen. 6.3.2009, n. 17674). Tali fattispecie dimostrano chiaramente che nell’ambito del segreto
professionale o ministeriale, rientra tutto ciò che il soggetto, in ragione e in occasione del proprio
ruolo che ricopre, assume non solo a mezzo della cognizione uditiva, ma anche di quella visiva.
Ancora la più recente sentenza Cass. Pen., Sez. VI, n. 9866 del 2009 (all. 9-bis) in riferimento
all’esimente previsto dall’art. 384, comma 2, c.p. nel trattare un caso analogo al nostro ha
affermato “3.3. In coerenza con tale disciplina processuale, il codice penale prevede l'esclusione
della punibilità se il fatto è commesso da persona che non avrebbe potuto essere obbligata a
deporre o comunque rispondere (previsione introdotta dalla L. 1 marzo 2001, n. 63, art. 21),
ovviamente nel caso in cui sia stato dal giudice obbligata a deporre o a rispondere, … 5. La
sentenza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al tribunale di Milano per nuovo giudizio,
sulla base dei seguenti principi di diritto: a) L'obbligo di avvisare i testi della facoltà di astenersi,
previsto dall'art. 199 c.p.p., comma 2, non è applicabile ai soggetti elencati nell'art. 200 c.p.p.. b)
Questi non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragioni del loro
ministero, ufficio o professione, salvi in casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità
giudiziaria. Ne deriva la necessità di una puntuale verifica sul punto. c) L'eventuale segreto
professionale non può essere ritenuto a priori, ma va eccepito da chi, chiamato a deporre, rientra
nelle indicazioni e nelle condizioni di cui all'art. 200 c.p.p.. d) L'esimente di cui all'art. 384 c.p.,
comma, nella parte in cui prevede l'esclusione della punibilità se il fatto è commesso da chi