34. ILTEMPO giovedì 7 novembre 2019 Altro Tempo DI GABRIELE SIMONGINI * mor», palindromo yy Z\ di Roma, è stato ^^./Ti-per molto tempo ritenuto il nome segreto del- la città, noto solo al Pontifex maximus e alle supreme au- torità dello Stato. Roma/a- moR ci è sembrato il titolo adatto per un libro che rac- conta il rapporto di un archi- tetto con la sua città, rappor- to di stupore, di studio, di elaborazione progettuale: rapporto critico (e autocriti- co) inseparabile però dall'amore. Nell'appassio- nante introduzione al suo nuovo libro, "Roma/amoR. Memoria, racconto, speran- za" (Marsilio), un insigne ar- chitetto e storico dell'archi- tettura come Paolo Porto- ghesi riesce ad unire in un solo connubio il proprio per- corso esistenziale e profes- sionale con la storia passata e recente della Città Eterna, avendo come meta principa- le la sua riscossa rispetto all'attuale degrado che la sta travolgendo. Ed emerge con forza la speranza di una rina- scita che deve iniziare, se- condo l'autore, nel "fermare il degrado ambientale e nel trovare nuove forme di auto- governo del territorio attra- verso il risveglio dal basso di forze di cui erroneamente non si tiene conto". La città raccontata con pas- sione da Portoghesi in que- sto volume si configura co- me un palinsesto memoria- le, storico ed architettonico in cui convivono passato e presente, strettamente in- trecciati. "Nei frammenti di un'autobiografia" c'è la Ro- ma più intima e personale, che va dal dopoguerra a og- gi, dalla casa dei nonni die- tro Largo Argentina, in via Monterone, agli incontri con le personalità che han- no elaborato l'immagine del- la capitale nel secolo scorso, come Bruno Zevi, Giulio Car- lo Argan, Renato Nicolini e Ludovico Quaroni. Poi emer- IL NUOVO SAGGIO DI PAOLO PORTOGHESI Un racconto appassionato «Roma/amoR» La città rinasce dal basso Il celebre architetto unisce riflessioni e proposte sulla Città Eterna ge il racconto della Roma im- maginata e solo progettata (i quartieri della Valchetta e di Casal di Gregna), affiancata senza soluzione di continui- tà alle opere felicemente por- tate a termine come la Gran- de Moschea, il più esteso luo- go di culto islamico in Euro- pa o come il Rione Rinasci- mento nel Parco Talenti. Ap- passionante è anche il capi- tolo dedicato all' "Identità ro- mana", fra cibo, dialetto e quell'elettrizzante rapporto di amore e odio che per seco- lo hanno provato verso Ro- ma infiniti scrittori, artisti, intellettuali, da Rilke a Paso- lini. E, infine, la straordina- ria conoscenza dello storico dell'architettura e l'immagi- nazione del progettista si uniscono per reinventare la Roma del futuro, nella consa- pevolezza della sua inesauri- bile capacità di rinascere dal- le proprie rovine. Fra l'altro, si è completamente perdu- ta, nel corso dei secoli, fra abusivismo e degrado, una dimensione simbolica e ras- sicurante della visione urba- nistica che ha avuto il suo culmine al tempo di Ottavia- no Augusto: "La Roma stori- ca - scrive Portoghesi - era costruita intorno alla raggie- ra delle vie consolari e da alcuni tridenti, punti di con- vergenza di tre strade che mettono a fuoco un obelisco o un traguardo monumenta- le. La raggiera era qualcosa di più di un insieme di stra- de, era diventata un simbolo di unità e di relazioni aperte verso il mondo, e Augusto la interpretò come una specie di grande stella, il Sidus Au- gusti, forma suggerita dalla cometa, osservata nella sua giovinezza, che doveva servi- re per riordinare l'organi- smo urbano disordinato e complesso seguendo nelle trasformazioni un semplice tracciato geometrico". Per avviare una rinascita di que- sta città dalla "inesauribile Passato e presente L'architetto Paolo Portoghesi alla Moschea di Roma, inaugurata nel 1994. In alto la copertina del suo saggio: «Roma/amoR» innocente bellezza", occor- re partire dal "Grido dei po- veri e dal grido della terra", per citare il titolo di un para- grafo del libro, innescando uno stop deciso al degrado ambientale, superando la di- cotomia attuale fra centro e periferia, ascoltando voci e presenze "dal basso" a cui erroneamente non si tende mai a dar voce. A questo pro- posito Portoghesi ha chiesto ad alcuni suoi studenti di fa- re una sorta di inchiesta nel- la borgata del Trullo da cui è emersa la sorprendente ri- sposta di molti abitanti che non cambierebbero mai la propria residenza. Così, al Trullo, scrive l'autore, "la tendenza a essere amici, ad associarsi, a discutere, a sta- re insieme, ad aiutarsi quan- do serve, per un incidente o una malattia, è diventata una vocazione diffusa e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti sotto forma di manifesta solidarietà, di eventi partecipati, di pitture sui muri discusse con gli au- tori, di componimenti poeti- ci esibiti sulle pareti delle ca- se per condividere con gli altri un'emozione o un desi- derio". Per Portoghesi si può riparti- re anche da qui, da borgate come il Trullo, per cambiare il destino di Roma. E para- dossalmente proprio con la sua pretesa arretratezza, no- ta l'autore, "la nostra città - rimasta provvidenzialmente indietro rispetto alla città verticale e alla sua anima fat- ta di competizione e conflit- to - la cui sola vera ricchezza sono la cultura e la storia, potrebbe forse conquistarsi un ruolo importante nel ca- povolgimento di una situa- zione troppo pericolosa per- ché possa durare. Dovrebbe però scegliere di porsi alla testa di un movi- mento che metta al primo posto la salvezza dell'ambiente e dell'abitabi- lità della terra". ©RIPRODU2IONE RISERVATA IL RICORDO Brunello Rondi, un uomo del Rinascimento A trenta anni dalla scomparsa il racconto appassionato del figlio Storico sceneggiatore di Fellini, ricevette due nomination all'Oscar DI UMBERTO RONDI T rent'anni, oggi,dalla morte di Brunello Rondi, mio padre. So- no felice che in questi ultimi anni ci sia stata una riscoperta della grandezza del suo lascito culturale e artistico. Spaziò come un vero uomo del Rinascimento in tantissimi cam- pi artistici, intellettuali, espressivi. Nel cinema, ricevette due volte la Nomination all'Oscar come miglior sceneggiatore per la sua co-autoriali- tà di copioni di capolavori leggenda- ri come "La dolce vita" e" 8 ¥" di Federico Fellini. Roberto Rossellini, che gli fu presentato dal fratello di mio padre, Gian Luigi Rondi gli dis- se: "Ti ringrazio molto, mi hai pre- sentato un genio". Purtroppo, negli ultimi anni della vita di mio padre, il suo rapporto con Fellini si guastò per via della rapacità vampiresca, sleale, furba e scorretta che lo possedette in più oc- casioni (depositò alla Siae a solo suo nome il copione del "Viaggio di Ma- storna", per esempio, che venne scrit- to invece anche da mio padre oltre- chè da Dino Buzzati e Bernardino Zapponi). E' stato in buona compa- gnia: "Fellini era un genio, ma tende- va a comportarsi come se tutto fosse suo, non il frutto di un lavoro co- mune" (TullioPinelli in "Fellini rac- contando di me", di C. Costantini, Editori Riuniti); Suso CecchiD'Ami- co: "Fellini mise a dura prova ilfega- to di Flaiano dichiarando sempre di non avere sceneggiatura e di andare sul set con in tasca un fogliettino grande quanto il biglietto dell'auto- bus sul quale nottetempo aveva se- gnato qualche appunto. Sfacciato. Le sceneggiature le aveva eccome..." ("Il Fatto Quotidiano" articolo di M. Pagani, 20/7/2016);"Mi ha trat- tato come fossi una bottiglia di Co- ca-Cola, lui tira dalla cannuccia e aspira"Ennio Flaiano; "'Federico si è servito di sceneggiatori (...) non di rado sopraffatti" (Tullio Kezich "Fellini- Amarcord", 2007). Anche io ho qualcosa di grave da raccontare. Parto dalla fine di un percorso costellato sia di cose belle sia di scorrettezze, e si tratta dell'epi- sodio più doloroso. Fellini chiese a mio padre dei testi per "Ginger e Fred" , una piccola collaborazione rispetto ai fasti del passato comunque io stesso portai a Fellini decine di cartelle dattiloscrit- te che lui usò ma alla fine non citò né tantomeno ringraziò mio padre nei titoli di testa. Mio padre ci rimase malissimo. Come scrisse mio zio Gian Luigi Rondi, parlando di mio padre: "E l'hanno tradito tutti a co- minciare da Fellini. Le idee che gli ha portato, e lui quasi a trattarlo da "negro", tenendolo tanto spesso nell'anonimato, egoista geloso". (Gian Luigi Rondi "Le mie vite allo specchio. Diari 1947-97. Edizione Sa- binae, 2016). Sempre zio Gian Luigi riporta che dopo questo misfatto Fellini telefonò a Gian Luigi, dicendogli "Se sei cri- stiano, non dovresti portarmi ran- core" (stessa fonte) riferendosi a mio padre e alla citazione mancata, ap- punto, per "Ginger e Fred," con mio zio che annota: "A Federico non l'ho mai perdonata''. -Nella foto Brunello Rondi con Felli- ni (la versione integrale nel nostro sito) ©RIPRODU2IONE RISERVATA