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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.132 Marzo 2014 Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa Per sostenere le vocazioni sacerdotali Pasqua, il nuovo alfabeto dell’umano
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Il serrano n 132

Mar 08, 2016

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Mauro Tangerini

IL SERRANO. Organo dell’Associazione Serra International Italia.
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Page 1: Il serrano n 132

Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.132

Marzo 2014

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Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Pasqua,il nuovoalfabetodell’umano

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PERIODICO TRIMESTRALE N. 132ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

I trimestre - marzo 2014 (XXXVIII)sommario

In copertina: Lavanda dei piedi (Foto di Romano Siciliani)

Registrato presso il Tribunale di Palermon. 1/2005 del 14 gennaio 2005

Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV

Pubblicità inferiore 50%

Direttore responsabileMimmo Muolo

RedazioneRenato VadalàVia Principe di Belmonte, 78 - 90139 PalermoE-mail: [email protected]

Comitato di DirezioneAntonio Ciacci, Presidente del CNISGiampiero Camurati, V. Presidente del C.N.I.S.Giuliano Faralli, V. Presidente del C.N.I.S.Gino Cappellozza, V. Presidente del C.N.I.S.Renato Vadalà, V. Presidente del C.N.I.S.Trustee italiani di Serra International

Redattori distrettuali(si veda il «Bellringers»)

Hanno inoltre collaborato a questo numero:

Cosimo Lasorsa Renato RubinoMaria Silvestrini Laura BaldiniAntonio Serpico Mariaester SempriniStella Laudadio Giancarlo Callegaro

Norme essenzialiper redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro enon oltre il 31 Maggio 2014.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inqua-

drati da vicino.I redattori distrettuali, i collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunica-zioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro dibrevi cronache relative alle attività svolte daiClub e dai Distretti alla Segreteria di redazione

E-mail: [email protected]

StampaLuxograph s.r.l. - Palermotel. fax 091 546543(e-mail: [email protected])

Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.132Marzo 2014

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

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Gli articoli pubblicati esprimono il pensierodei rispettivi autori e non rispecchiano neces-sariamente la linea editoriale della testata.La Direzione si riserva di pubblicare in tutto oin parte le foto, gli articoli e i servizi pervenu-ti, secondo le esigenze di spazio. Il materiale,anche se non pubblicato, non sarà restituito.

® 3 La Pasqua riscrive l’alfabeto dell’umanodi Francesco Ognibene

editoriale

® 14 Anche in tivù il Papa parla un “linguaggio pasquale”di Mimmo Muolo

le interviste

® 29 Notizie ed iniziativedai club e distretti

® 35 Lettere al Direttorein dialogo

® 4 La primavera di Francescodi Giuseppe Gabriele

® 6 Rileggiamo insieme la Evangelii Gaudiumdi Stefania Careddu

® 8 Nuovi Cardinali, come cambia la geografia di Francescodi Stefano Nassisi

® 10 Vita della Cei al tempo di Papa Francescodi Massimo Lanzidei

® 12 Quale predica vorreste?di Gabriella Ressa

vita della chiesa

® 24 Pastori che profumano di popolodi Maria Silvestrini

® 26 Servire i malati anche a costo della vita: la vocazione camillianadi Graziella Nicolosi

® 28 Intervista a Don Claudio Rosidi Enzo Martinelli

vocazioni

® 16 Un Serra capace di leggere i segni dei tempidi Beartice Sentinelli

® 18 Famiglia aperta alle vocazionidi Maria Luisa Coppola

® 20 Ripresa delle vocazioni e contributo del Serradi Mons. Nico Dal Molin

vita del serra

® 22 Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II Santi del nostro tempodi Augusto Intermine

cultura

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editoriale

riscrive l’alfabeto dell’umanodi Francesco Ognibene

Ci hanno abituati ormai a osservare i segnali della possibile e sospirata finedella recessione compulsando cifre e grafici dettati dal flusso imperscrutabile dell’eco-nomia, sottilmente instillando nella nostra coscienza – dati alla mano – che quanto conta

davvero nel definire la vita debba essere quantificato, misurabile sulla bilancia del dare e avere.Si capisce che dopo cinque anni di crisi passati a sospirare davanti a spread e percentuali siaancora più difficile per la gente comune – per noi che ci muoviamo in questo scenario esisten-ziale ridotto alla sua definizione numerica – cogliere un orizzonte oltre quello delle spietate cifre.L’alfabeto dell’umano è dunque ridotto a una successione di numeri, come il codice digitale nelquale è compressa oggi ogni forma di comunicazione tra individui? Lo schiacciamento della pro-spettiva rende insieme più necessario e più difficile veder germogliare la speranza, semplice-mente perché finiamo per non cercarla nel posto giusto. E invece, eccola: esile, forse fugace,magari pure illusoria, ma c’è. Ed è per esempio non tanto nell’indice della fiducia degli impren-ditori che risale, o nel Pil che mette uno stentato più al posto del disperante meno, ma nello spun-tare – una qui, tre là, cinque laggiù – di nuove vocazioni al sacerdozio dove non se ne scor-gevano da tempo. Intendiamoci: gli stessi addetti ai lavori – come ben sanno i lettori di questabella rivista – avvertono che sono segnali da prendere con estrema prudenza, proprio per laloro episodicità. In gergo economico, la definiremmo una “ripresina”. Ma resta il fatto – ed èquello che oggi conta – che ci sono numeri sulla mappa della nostra umanità che danno moti-vo di respirare sentendosi non tanto fuori da un deficit vocazionale di lungo periodo quanto alcospetto di una certezza, bene raro in questi tempi nebbiosi: ed è la coscienza lieta che nonsiamo abbandonati, alla deriva in attesa che la tempesta passi, ma dentro un cammino sicuro,certamente difficile ma dove la tenacia del passo è confortata da incoraggiamenti che ci par-lano, di quando in quando. Dentro il sepolcro vuoto del mattino di Pasqua, e di ogni nostra gior-nata nella quale sembra che Dio ci abbia lasciati alla mercé dei fatti, la fede nel Risorto ci spin-ge con dolce fermezza a non darci per vinti, a non restare disarmati e avviliti: perché è lì, inquel buio persino spaventoso, che arriva la Sua voce, è lì che il Signore ci chiama fuori, a “usci-re”, come dice Papa Francesco, a riprendere di corsa la strada per raggiungerlo dove già ciprecede. Siamo attesi, pensati, cercati, accolti, chiamati: è indispensabile scrollarsi di dossopaure e incertezze quando risuona una volta ancora nella nostra vita l’inaudito annuncio dellarisurrezione (e sempre imprevedibili angeli ce lo portano, come a Natale l’altrettanto impensatanotizia del Dio fattosi uno di noi). La domanda che forse abbiamo smesso di ascoltare, dentroun cuore assordato da troppe ansie, è quella che Gesù rivolge al cieco di Gerico: “Cosa vuoiche ti faccia?”. Pare così facile, ma prima della preghiera urlata col cuore (“Che io veda!”) c’èil riconoscersi incapaci di tutto se non c’è Cristo che ci strappa alla nostra cecità. Senza la pre-ghiera del mendicante, del lebbroso, del centurione, della vedova, del paralitico, senza questaumiltà bisognosa di una grazia priva di misura, che supera la nostra natura tutta piegata a fardi conto, ecco, non resta che aprire la pagina della Borsa e sospirare davanti alle obbligazio-ni che rendono troppo poco. L’eterno investe sulla materia creata, la trasforma in felicità vera,risurrezione dal pantano che pareva avvinghiarci, coraggio nel dire un sì finalmente convinto auna vocazione umana e divina – quale che sia, ma sempre a servire – cucita sulla nostra misu-ra. Un affare da centuplo subito, e il resto per sempre.

La Pasqua

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Lagenda di Papa Francesco è sempre piena diappuntamenti. Il Pontefice del resto (e lo hadetto lui stesso) ama stare tra la gente, al punto

che ha scelto di risiedere a Casa Santa Marta, piut-tosto che nel Palazzo Apostolico. Ma in questa primavera del 2014, tra i tanti impe-

gni, ce ne sono alcuni che spiccano per la loroimportanza non è esagerato dire “storica”.

In ordine cronologico ricordiamo gli esercizi spi-rituali della Curia (dal 9 al 14 marzo) per la primavolta predicati da un parroco (don Angelo DeDonatis) non nel Palazzo Apostolico, ma in un Istitutoreligioso, la Casa del Divin Maestro ad Albano, unastruttura con 124 camere e cinque cappelle nelladiocesi di monsignor Marcello Semeraro; la visitadel presidente americano Barack Obama il 27marzo; la beatificazione di Giovanni XXIII eGiovanni Paolo II il 27 aprile; e il viaggio in TerraSanta dal 24 al 26 maggio, nel corso del qualeFrancesco incontrerà il Patriarca ecumenico diCostantinopoli, Bartolomeo I.Come si vede un programma intensissimo (al

quale vanno aggiunte ovviamente le Celebrazionidella Settimana Santa e il Messaggio Urbi et Orbidel giorno di Pasqua) nel quale è possibile vederel’impronta personale del Papa e la sua grande atten-zione ai problemi del mondo.L’impronta personale, innanzitutto. La scelta di

tenere gli esercizi spirituali fuori dal Vaticano diceinsieme radicalità e profondità di questo momento.Non dimentichiamo che Papa Bergoglio è un gesui-ta e dunque uno che di esercizi spirituali se ne inten-de, dal momento che fu proprio il fondatore dei

gesuiti, Sant’Ignazio di Loyola, inventare questa pra-tica oggi seguita da tutti i consacrati e anche da unnumero crescente di laici. Con la sua decisioneFrancesco ha voluto sottrarre gli esercizi spiritualidella Curia romana al rischio di un certo ritualismo,

vita della chiesa

La primaveradi PapaFrancesco

di Giuseppe Gabriele

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tare santi, im-maginando (il più delle volte a sproposito) che l’e-sercizio del potere possa in qualche modo esseredi ostacolo alla santità. Invece l’esempio diRoncalli e di Wojtyla ci dice non solo che i santisono tra noi (data la contemporaneità di questedue figure), ma che non c’è ruolo o ministero o“mestiere” che possa impedire a un uomo o a unadonna di accogliere la grazia di Dio e di eserci-tarla in massimo grado.Infine il viaggio in Terra Santa a maggio. Qui dav-

vero l’aggettivo storico non è sprecato. Il Papa incon-trerà il Patriarca di Costantinopoli a cinquant’anni dalfamoso abbraccio tra Paolo VI e Atenagora, che ful’avvio del disgelo tra Cattolici e Ortodossi. In mezzosecolo tante cose sono cambiate, l’ecumenismo hafatto passi da gigante, ma molta strada resta ancorada fare. Il Papa e il Patriarca incontrandosi presso latomba di Gesù vogliono dire che l’unità è possibile,anche se resta lontana. E soprattutto intendono riba-dire che essa non sarà l’annessione di una Chiesanei confronti dell’altra, ma il frutto dell’itinerario chetutte le Chiese debbono necessariamente fare peravvicinarsi sempre di più a Cristo, vera fonte dell’u-nità. Insomma la primavera di Papa Francesco saràlunga e impegnativa. Ma siamo certi che non resteràsenza frutti.

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vita della chiesa

per farne invece un momento di approfondimento e dicomunione davvero straordinario.L’incontro con Obama si inserisce invece nel filo-

ne di quella che potremmo definire la “politica este-ra” del Pontefice. Incontro ancor più significativoperché per la prima volta davanti al presidenteUsa si troverà un Papa latino-americano contutti i significati che questo fatto può avere. Gliechi che arrivano da Washington riferisconodi un inquilino della Casa Bianca semprepiù ammirato della figura del Papa. E non sipuò certo sottacere che nello scorso mese disettembre, quando gli Stati Uniti si prepara-vano a un attacco alla Siria fu proprio l’of-fensiva di preghiera del Papa a far desistereda tale proposito. Nel faccia a faccia perciòtroveranno sicuramente posto temi come lapace e l’economia, oltre ai rapporti bilaterali ealle questioni relative alla Chiesa cattolica statu-nitense, ferita negli anni scorsi dallo scandalo deipreti pedofili, ma molto attiva sul fronte sociale edei diritti civili.La canonizzazione di due tra i Papi più amati del-

l’ultimo secolo e mezzo è un messaggio alla Chiesa e almondo. Si dice spesso che per i Pontefici è più difficile diven-

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sono ospitati rifugiati e immigrati. Come era già suc-cesso a Lampedusa – meta del suo primo viaggioapostolico – ha ricordato il dovere dell’accoglienzae la necessità di aprire le porte a coloro che rap-presentano “la carne di Cristo”. Non è un caso chePapa Francesco si sia recato alla parrocchia roma-na del Sacro Cuore, a pochi passi dalla StazioneTermini, dove si è intrattenuto lungamente con unnutrito gruppo di rifugiati, e neppure che il giornodel suo 77esimo compleanno tre clochard abbianofatto colazione con lui nel refettorio della DomusSanta Marta. Sempre nella linea dell’opzione prefe-

Non è semplicemente il primo documen-to di Papa Francesco, né un testo scrittosolo per raccogliere quanto emerso dal

Sinodo sulla nuova evangelizzazione. L’esortazioneapostolica Evangelii Gaudium – 288 paragrafi in 5capitoli - è in sostanza un’agenda di priorità, unamappa che indica la rotta. E questo primo anno diPontificato, con i suoi strappi al protocollo e l’insi-stenza su alcune tematiche forti, è la dimostrazioneche in quel documento ci sono i cardini del pensie-ro di Bergoglio e della sua visione di Chiesa. UnaChiesa che deve essere “in stato permanente di mis-sione”, meglio “incidentata” che “autoreferenziale”,gioiosa nell’annunciare Cristo e vicina agli ultimi.L’aveva confessato nella prima udienza pubblica,quella concessa agli operatori dei media appena tregiorni dopo l’elezione: “Vorrei una Chiesa poveraper i poveri”. Lo ha ripetuto nel Messaggio per laGiornata Mondiale della Gioventù che si celebra alivello diocesano il 13 aprile, in diverse omelie e inaltri interventi. I poveri che nell’Evangelii Gaudiumdefinisce “i destinatari privilegiati del Vangelo” sonoil vero “chiodo fisso” di Papa Francesco. “Occorreaffermare senza giri di parole – scrivenell’Esortazione apostolica - che esiste un vincoloinseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lascia-moli mai soli”. Ecco perché, durante la Gmg delloscorso luglio, ha voluto recarsi tra gli abitanti dellafavela di Varginha, a Rio de Janeiro, in segno di vici-nanza e di affetto. Parole e gesti che ha ripetuto inoccasione della visita al Centro Astalli di Roma dove

vita della chiesa

di Stefania Careddu

Rileggiamoinsieme la

Evangelii Gaudium

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dere di adottare modelli economici rispettosi delladignità umana e stili di vita più solidali: nel messaggioper la Campagna contro la fame nel mondo, lanciatadalla Caritas Internationalis, ad esempio, ha esortatoa “diventare più consapevoli delle nostre scelte ali-mentari, che comportano lo spreco di cibo e un catti-vo uso delle risorse a nostra disposizione” e a “smet-tere di pensare che le nostre azioni quotidiane nonabbiano un impatto sulle vite di chi, vicino o lontanoche sia, la fame la soffre sulla propria pelle”. “È indi-spensabile prestare attenzione per essere vicini anuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chia-mati a riconoscere Cristo sofferente, anche se questoapparentemente non ci porta vantaggi tangibili eimmediati”, si legge nell’Evangelii Gaudium. In questimesi, Bergoglio – con le parole e soprattutto con igesti – si è fatto prossimo agli emarginati e a quantivivono una condizione di fragilità, dando lui stesso l’e-sempio. L’attenzione alle persone, la misericordia e ilcoraggio “di non girarsi dall’altra parte” danno dun-que la dimensione di una visione di Chiesa senza con-fini, capace di abbracciare il mondo e di sporcarsi lemani. Attenta ai problemi reali e aperta agli ultimi.Come testimoniano la decisione inedita di proporre38 domande alla vigilia del Sinodo sulla famiglia allequali parrocchie, diocesi e singoli fedeli possonorispondere e la rosa dei cardinali nominati nell’ultimoConcistoro, espressione di comunità ecclesiali geo-graficamente lontane, spesso dimenticate ma ricche dientusiasmo e di fede. Del resto, il sogno di Francescoè quello di una Chiesa che sappia “uscire dalla pro-pria comodità e avere il coraggio di raggiungere leperiferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.Che riesca cioè a dialogare con tutti, credenti e non.L’intervista concessa a Eugenio Scalfari, fondatore diRepubblica e ateo dichiarato, ne è uno degli esempipiù eclatanti.

renziale per i poveri va letta la scelta di imprimereuna svolta all’incarico di elemosiniere pontificio: amonsignor Konrad Krajewski ha chiesto di occuparsiconcretamente delle persone in difficoltà e dei biso-gnosi, stando loro vicino spiritualmente ma soprattut-to economicamente, “andando a cercarli senzaaspettare che siano loro a venire a bussare”. PerPapa Francesco, inoltre, la vicinanza agli ultimi nonsi esaurisce con la solidarietà, ma si traduce inappelli e richieste alle istituzioni. “Finché non si risol-veranno radicalmente i problemi dei poveri, rinun-ciando all’autonomia assoluta dei mercati e dellaspeculazione finanziaria e aggredendo le causestrutturali della inequità, non si risolveranno i proble-mi del mondo e in definitiva nessun problema”, hasottolineato nel documento il Pontefice per il quale“l’iniquità è la radice dei mali sociali”.La voce di Papa Francesco si alza spesso per chie-

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nali il Segretario di Stato Pietro Parolin; il Prefettodella Congregazione per la dottrina della Fede, iltedesco Gherard Müller; il Prefetto dellaCongregazione del Clero Beniamino Stella; ilSegretario generale del Sinodo dei vescovi LorenzoBaldisseri (che da segretario del conclave il giornodell’elezione di Papa Francesco aveva ricevuto dallostesso Bergoglio lo zucchetto cardinalizio che l’arci-vescovo di Buenos Aires non avrebbe più usato); l’ar-

Con la creazione dei nuovi cardinali, cele-brata nel concistoro del 22 febbraio – il primodi Papa Francesco –, la geografia della Chiesa

subisce un’autentica rivoluzione. Le scelte delPontefice argentino – annunciate al terminedell’Angelus del 12 gennaio – premiano infatti ilcosiddetto “sud del mondo”, ponendo al centro dellascena quelle zone del nostro pianeta più lontane edimenticate, considerate fino a oggi “periferia”. Deinuovi porporati al di sotto degli ottanta anni (quindicon diritto di voto in un eventuale conclave) la mag-gioranza assoluta (9 su 16) proviene dall’AmericaLatina, dall’Asia e dall’Africa.Per le Chiese latino americane sono diventati car-

dinali Mario Poli, successore di Bergoglio alla guidadella diocesi di Buenos Aires; l’arcivescovo diSantiago del Cile Riccardo Ezzati; l’arcivescovo di Riode Janeiro Joao Orani Tempesta; l’arcivescovo diManagua (Nicaragua), Leopoldo José BrenesSolórzano. Insieme a loro, a sorpresa, Francesco havoluto creare anche il primo cardinale di Haiti, il pre-sidente della Conferenza episcopale, Chibly Langlois,dimostrando grande attenzione per questo Paesemesso in ginocchio dal terremoto e dalla povertà.Nel continente asiatico indosseranno la porpora

l’arcivescovo di Seoul (Corea), Andrew Yeom Soo-jung e il filippino di Mindanao Orlando BeltranQevedo della diocesi di Cotabato.Per l’Africa entrano a far parte del collegio cardi-

nalizio l’arcivescovo di Ouagadougu (Burkina Fasu),Philippe Ouèdraogo e l’arcivescovo di Abidjan (Costad’Avorio), Jean Pierre Kutwa. Nel Nord Americaindosserà la berretta il canadese Gèrald CyprienLacroix, arcivescovo di Quebec.Infine nel vecchio continente diventeranno cardi-

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Nuovi Cardinali,come cambia la geografiadi Francesco

di Stefano Nassisi

S. Em. Card. Beniamino StellaPrefetto Congregazione Clero

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civescovo di Westminster, l’inglese Vincent Nichols el’arcivescovo di Perugia, Gualtiero Bassetti.Quest’ultima nomina, oltre a essere del tutto inaspet-tata (Perugia non aveva cardinali dai tempi delloStato Pontificio), è particolarmente significativa.Rappresenta, infatti, un vero e proprio attestato distima verso Bassetti, che Francesco aveva già valo-rizzato a fine 2013 nominandolo membro dellaCongregazione dei vescovi. Ma rappresenta ancheun riconoscimento alla stessa Cei, poiché non biso-gna dimenticare che i vicepresidenti vengono elettidall’assemblea. Francesco, ha dunque valorizzato unarcivescovo scelto dalla base.Inoltre Papa Francesco, che ha superato di una

unità il tetto di 120 cardinali elettori fissato da PaoloVI (ma presto uno degli attuali elettori varcherà la fati-dica soglia), ha deciso di non interrompere la tradi-zione avviata dai suoi predecessori di creare dei por-porati ultraottantenni. La scelta è ricaduta su tre arci-vescovi emeriti: l’ex segretario di Giovanni XXIII, l’ar-civescovo Loris Capovilla, già molte volte in passatosul punto di indossare la berretta; Fernando SebastiànAguilar, arcivescovo emerito di Pamplona e KelvinEdward Felix, arcivescovo emerito di Castries nelleAntille.Le scelte operate da Papa Bergoglio, dunque, sot-

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vita della chiesa

S. Em. Card. Pietro Parolin

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tolineano la sua priorità: mettere sotto gli occhi dellacomunità internazionale, affinché se ne occupi, lesituazioni più difficili e disperate.Per Francesco occorre favorire oggi più che mai

una vera e propria cultura dell’incontro, con coloroche sentiamo lontani e per questo diversi. E tanto piùli avvertiamo distanti , tanto più grande deve essere lanostra voglia di incamminarci. E per questo è neces-sario in primo luogo conoscere senza distrazioni.Soltanto vestendoci della vita dell’”altro” saremo ingrado di abbattere le disuguaglianze e di creare,invece, quell’osmosi che è premessa per una autenti-ca fratellanza tra gli uomini e tra i popoli.

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Comincia a delinearsi il volto della Cei, inseguito ai cambiamenti avviati perrispondere alle richieste di Papa

Francesco. Come si ricorderà, il Pontefice avevasollecitato i vescovi italiani a riflettere sulle modalitàdi scelta della presidenza della Conferenza episco-pale italiana, sul ruolo delle Conferenze episcopaliregionali e sul numero delle diocesi. Nel Consigliopermanente di gennaio è stata presa in esame laprima delle tre richieste e nel comunicato finale deilavori si dà un ampio resoconto di quello che emer-so dopo il giro di consultazione nelle singole con-ferenze episcopali regionali e dopo l’ulterioreapprofondimento da parte del Consiglio. Ne èemerso che l’attuale statuto della Cei tutto sommatotiene. Dunque, i cambiamenti saranno tutto somma-to contenuti e riguarderanno le procedure di sceltadel presidente.Ecco che cosa dice al riguardo il Comunicato fina-

le dei lavori del Consiglio permanente di Gennaio.Le Conferenze Regionali ribadiscono l’importanza

che sia salvaguardato il peculiare rapporto tra laChiesa che è in Italia e il Santo Padre. In questa luce,si ritiene che la nomina del Presidente della CEIdebba continuare ad essere riservata al Papa, sullabase di un elenco di nomi, frutto di una consultazionedi tutto l’episcopato.Sulla modalità concreta attraverso la quale salva-

il serrano n. 132

vita della chiesa

Vitadella Ceial tempodi PapaFrancesco

di Massimo Lanzidei

S. Em. Card. Gualtiero BassettiVice Presidente CEI

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La scelta della modalità concreta attraverso laquale giungere alla formulazione dell’elenco di nomida presentare al Santo Padre verrà sottoposta alladeliberazione dell’Assemblea Generale.In sostanza, ciò che cambierà sarà il fatto che il

Papa nominerà come presidente un cardinale (o unarcivescovo) che possa contare non solo sulla sua fidu-cia, ma anche sull’appoggio e la stima dei confratel-li. E questa era appunto la richiesta principale diFrancesco. Fare in modo che la guida della Cei espri-ma la comunione dei vescovi italiani con il Papa, maanche quella piena collegialità che è una delle priori-tà di questo Pontificato. Il Pontefice ha dato in questosenso un segnale proprio elevando l’attuale vicepresi-dente della Cei, Gualtiero Bassetti, arcivescovo diPerugia-Città della Pieve, alla dignità cardinalizia.Questa decisione del Papa, vista da alcuni come unsegnale di sfiducia verso l’attuale vertice dellaConferenza episcopale italiana, è invece un’indica-zione metodologica molto importante. Poiché i vice-presidenti della Cei vengono eletti dall’assemblea deivescovi, Francesco, creando cardinale un vicepresi-dente, ha detto in pratica: “Io riconosco grande digni-tà alle vostre scelte e le terrò sempre in grande consi-derazione”. Su questa strada dunque si sta incamminando la

nuova Cei di Papa Bergoglio. E la stagione appenainaugurata promette di dare molti futti.

guardare il coinvolgimento di tutti i Vescovi e nel con-tempo conservare al Santo Padre la libertà di nomina,il Consiglio Permanente indica due possibili percorsi.Il primo prevedrebbe una consultazione riservata di

tutti i singoli Vescovi.Il secondo aggiungerebbe a tale procedura un ulte-

riore passaggio – altrettanto riservato nelle proceduree nei risultati – nel quale l’Assemblea Generale ver-rebbe chiamata a esprimere la propria preferenza suuna quindicina di nomi, corrispondenti ai candidatimaggiormente segnalati.Circa la nomina dei tre Vice Presidenti, le

Conferenze Regionali concordano sul fatto di noncambiare l’attuale procedura, che ne prevede l’ele-zione da parte dell’Assemblea Generale fra i Vescovidiocesani (cfr. Statuto, art. 15, par.f).Infine, per quanto riguarda la figura del Segretario

Generale, la maggioranza chiede che sia un Vescovoe che – come avviene per il Presidente – sia nomina-to dal Papa su una rosa di nomi, “proposta dallaPresidenza, sentito il Consiglio EpiscopalePermanente” (Statuto, art. 30, par.1). I Pastori hannosottolineato che tale forma, prevista dallo Statuto,appare come un buon punto di equilibrio che tutelarispettivamente la libertà del Santo Padre, il rapportoparticolare del Presidente con il Segretario Generalee le istanze di partecipazione del ConsiglioPermanente.

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vita della chiesa

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Cinque Diocesi italiane stanno sperimen-tando il ProgettOmelia, nato dalla colla-borazione tra gli Uffici

Liturgico, Catechistico e delleComunicazioni Sociali Nazionali.Avviato a Cagliari, Siracusa,Taranto, Torino, Vicenza, e conun primo incontro di forma-zione generale, il progettovuole verificare e migliora-re il servizio omiletico,intervenendo non sul fon-damento teologico dell’ome-lia, o sulla profondità dei con-tenuti, o della spiritualità del-l’omileta, ma sui livelli dellamotivazione – attraverso l’ana-lisi dei punti di forza e deipunti deboli dell’omelia, edelle competenze – analizzan-do la struttura ed il linguaggiocomunicativi. Ad esso hannoaderito in primis i vescovi, con-sapevoli dell’importanza chequesto progetto potrebbeavere in un’ottica di comunica-zioni uniformate.Si tratta di una esperienza a

cui i cinque gruppi stanno par-tecipando con profondo inte-resse, mettendo le proprie com-petenze a disposizione del pro-getto. In ogni Diocesi 10 per-sone (5 presbiteri o diaconipermanenti e 4 osservatori edun responsabile) si sono incon-trate ogni quindici giorni perquattro volte. Un quinto incon-tro si è svolto dopo un mese.Persone con profili ed espe-rienze diversi, in grado di

vita della chiesa

offrire contributi specifici e arricchenti. Una personache guarda ai contenuti, un’altra che è attenta alla

dimensione relazionale della comunicazione,un’altra che guarda ladimensione ecclesiale el’ultima esperta nel publicspeaking intervengono,

nel corso dei cinque incon-tri, secondo l’analisi SWOT,acronimo di: strenghts =punti di forza, weaknesses =punti di debolezza, oppurtu-nities = opportunità, threats =rischi. Al termine degli incon-tri, che si basano sulla tratta-zione di cinque diversi argo-menti: la presentazione delmetodo – l’omelia e la suastruttura, l’organizzazione deltempo e l’obiettivo comunica-tivo, l’organizzazione deicontenuti – inizio, corpo efine, i tre linguaggi – parole,voce, comunicazione non ver-bale, verifica del percorso –che cosa ho scoperto (puntiforti, punti deboli) e che cosaè cambiato? le cinque Diocesianalizzeranno e racconteran-no il percorso svolto, eviden-ziando gli aspetti positivi esuggerendo modifiche al pro-getto. L’ultimo momento diquesto iter sperimentale è pre-visto a Roma, nel mese dimaggio.Il clima che caratterizza il

ProgettOmelia è fortementepositivo, e mira a realizzareun processo di crescita, siadel singolo che del gruppo,

di Gabriella Ressa

il serrano n. 13212

Quale predica vorreste?

ProgettOmelia

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vita della chiesa

basato sull’incremento dellastima di sé, in vista del rag-giungimento di risultati sempremigliori rispetto alle proprieattese circa l’omelia dal puntodi vista comunicativo. Fautoredi questa sinergia tra i diversicomponenti del gruppo è ilcoordinatore, che, grazie allasua esperienza di formazionee di coordinamento, creasinergie, alleggerisce tensioni,sviluppa relazioni amicali. Lanecessità di guardare allaforma dell’omelia viene dall’in-tenzione della Chiesa di ade-guare il linguaggio ai tempiche cambiano, per essere incompleta sintonia con l’assem-blea liturgica. “Con la velocitàdelle comunicazioni e la sele-zione dei contenuti operatadai media, il messaggio cheannunciamo – afferma l’esor-tazione apostolica di papaFrancesco Evangelii Gaudium– corre più che mai il rischio diapparire mutilato….. l’annun-cio si concentra sull’essenzia-le, su ciò che è più bello, piùgrande, più attraente e allostesso tempo più necessario.La proposta si semplifica,senza perdere per questo pro-fondità e verità, e così diventapiù convincente e radiosa”.Insomma un modo nuovo di

comunicare il Vangelo, chetiene conto dei linguaggicomunicativi: il presbiterooggi guarda con attenzionenon solo a quello che vuoledire, ma anche a come lodice, ed è pronto ad affronta-re quei fattori esogeni chepotrebbero distrarlo dal suodiscorso.Non solo la grazia del

Signore, ma anche la forma-zione, per poter adeguare l’o-melia al contesto, rendendolasempre attuale e radicata nelquotidiano del cristiano.

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le interviste

Parla Mons. Dario Viganò direttore del Centro Tele visivo Vaticano

Anche in tivùil Papa parla

un “linguaggio pasquale”

Vocazione significa farposto a Dio perchépossa parlare attraver-

so di noi. Persino nonostante inostri limiti. Questo sono chiamatia fare i sacerdoti. E questo è ciòche insegna ogni giorno PapaFrancesco con le sue parole e isuoi gesti. Parola di monsignorDario Edoardo Viganò, 52 anni ilprossimo 27 giugno, esperto dicinema e di tivù e dall’anno scor-so Direttore del Centro TelevisivoVaticano (Ctv). In questa veste, tral’altro, ha documentato in manierainnovativa la fine del Pontificato diBenedetto XVI, il conclave e l’ele-zione di Bergoglio. Restano, adesempio, negli occhi di tutti leimmagini del trasferimento in eli-cottero di Papa Ratzinger dalVaticano a Castel Gandolfo ilpomeriggio del 28 febbraio2013. E la ripresa in campo econtrocampo del primo contattotra Francesco e i fedeli, il 13marzo. In questa intervista a “ilserrano”, monsignor Viganò rac-conta la sua esperienza allaguida della tivù del Papa.

Come si racconta Francesco intelevisione?

Direi che si racconta quasi dasolo. Anche perché abbiamo

fatto tesoro dell’insegnamento diBenedetto XVI secondo cui laChiesa non si racconta in base acriteri storici o sociologici, ma apartire dalla spiritualità. Lo abbia-mo fatto sia al momento dellarinuncia di Benedetto, sia all’a-pertura del conclave, con inqua-drature particolari e uso di mezzitecnologici, per far capire chenella Chiesa il protagonista è loSpirito Santo. E anche al momen-to del primo affaccio dopo l’ele-zione, l’uso del grandangolo edel controcampo voleva esprime-re l’abbraccio tra il Pastore e ifedeli, quindi vicinanza, condivi-sione e partecipazione. PapaFrancesco poi si è presentato conil suo stile che potremmo definire“conversazionale”, per cui, perraccontarlo in tv, bisogna sotto-porre lo strumento a questo suoparticolare stile, cogliendo i gestitipici del Papa come baci,abbracci, carezze. E dunquenella regia alterniamo sempre icampi totali a inquadrature ravvi-cinate dove inseriamo spesso deipiccoli dettagli: il modo in cui ilPapa tiene la mano di un disabi-le oppure lo slancio con cui unbambino gli salta al collo. Gestidi una normalità che diventaassolutamente straordinaria.

È più facile o più difficile raccon-tare televisivamente Francescorispetto ai suoi predecessori?

Ha ragione il cardinale Jean-Luois Tauran quando dice che lagente <veniva a Roma per vedereGiovanni Paolo II, per ascoltareBenedetto XVI e adesso viene perincontrare Papa Francesco>.Papa Wojtyla era certamente unfrontman che conosceva moltobene la necessità di essere argutirispetto all’uso dei mezzi ancheperché veniva da un’esperienza(quella polacca sottoposta alcomunismo) in cui ci voleva moltacaparbietà per annunciare ilVangelo. Inoltre, quando fu elettoera nel pieno vigore della sua fisi-cità e divenne ben presto protago-nista e padrone degli schermi.Benedetto XVI al contrario è uomomolto schivo, dedito per molti anni

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le interviste

direttore del Centro Tele visivo Vaticano di Mimmo Muolo

allo studio e per tutta la vita abi-tuato al silenzio e alla riflessione.Eppure egli si è dimostrato cosìforte nella gestione di uno dei pro-blemi più gravi degli ultimi tempi:lo scandalo dei preti pedofili. E havoluto incontrare le vittime e com-piuto gesti memorabili che forse imedia non hanno colto pienamen-te. Alla fine, però, paradossal-mente ha riconquistato il cuore dimolti con il gesto coraggioso delledimissioni. Un gesto che nasce daun grande amore per la Chiesa eda un grande coraggio possibile,solo a una persona che vive congrande umiltà il rapporto con Dioe che è capace di farsi da parteperché Dio possa dire qualcosaalla Chiesa. Da quel momentoanche l’atteggiamento dei mediaè cambiato e c’è stata una letturaex post di tutto il suo magistero.Ricordo che all’arrivo a CastelGandolfo, la sera del 28 febbraio2013, abbiamo inquadrato tantepersone che piangevano. Ed eracome se dicessero: “Piangiamoper non averti capito subito”.

E Francesco?

Papa Francesco è profonda-mente diverso. La sua grandelevatura intellettuale gli consentedi usare un linguaggio molto

semplice. Ma il Papa lo fa per-ché ha la chiara percezione cheper un credente anche il lin-guaggio non può che esserepasquale. Cioè è un linguaggioche non può mai dimenticare l’e-sperienza della morte e dellarisurrezione e dunque va all’es-senziale dell’esperienza del cre-dere. Questo stile indica ancheuna prospettiva antropologica.In pratica non possiamo pensarel’uomo senza pensare che lacarne dell’uomo è stata assuntada Dio. In altri termini non si puòpensare a un uomo che nonabbia nella sua carne il segnodi Dio. A volte l’avrà obnubilatoo ostacolato con il peccato maquel segno è irrevocabile. E que-sto il Papa ce lo ricorda anchecon gesti controcorrente. Manon è una strategia di marketingper il rilancio della Chiesa. Egliusa un linguaggio semplice,cioè pasquale, è dunque essen-ziale e gioioso.

E dal punto di vista delle vocazio-ni che cosa ci insegna il Papa?

Papa Francesco ci ricorda checiascuno di noi è un chiamato.Per esempio, quando dice:

“Andate a cercare il giorno delvostro battesimo”. Certo, poi lavocazione ha tante strade.Matrimonio, vita consacrata,sacerdozio. Parlando in partico-lare del sacerdozio, il Papa sot-tolinea che il prete è colui chevive una confidenza con ilSignore non perché già santo,anzi proprio perché non lo è.Egli è consapevole della sualimitatezza, dei suoi peccati mainsieme è consapevole che per-mette a Dio di agire attraverso isuoi limiti. Dunque in PapaFrancesco c’è l’invito a tutti isacerdoti a farsi compagni diviaggio perché Dio possa essereanche il Dio della storia. Daquesto punto di vista è anchechiaro che tutto ciò è possibilequando i preti vivono una rela-zione personale, prolungata,intima con il Signore Gesù nellapreghiera. Non è possibile chequesto avvenga per qualchesorta di miracolo. E non è possi-bile che ciò avvenga per unasorta di progetto o di convegno.Lo stile di Papa Francesco ci facapire che se i nostri progettinon sono trapassati dallo Spiritodi Dio possono persino rivelarsicontro Dio.

Cosa possono fare i Serrani?

C’è bisogno di grande soste-gno. Sostegno di vicinanza, per-ché le situazioni dei preti sonomolto diverse. Stare vicino conl’amicizia, con gli affetti buoni econ la preghiera. E impegnarsia diffondere questa mentalità equesta sensibilità in tutta laChiesa.

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La fede come nuovo modello per un’economiapiù giusta, un’economia che valorizzi l’uomonella sua totalità. Una sfida per fare in modo

che la ricchezza e lo sviluppo siano il mezzo e non ilfine ultimo della società è oggi più che mai attuale. Celo ricorda Papa Francesco, quando sostiene che ildenaro «è un bene solo se è utile agli altri». Ecco checosì il legame tra uomo, economia e fede diventa ilcuore pulsante del dibattito del XIV° congresso nazio-nale del Serra Club Italia, previsto a Bologna dal 30maggio al 1 giugno. Una tre giorni sul tema “La bel-lezza della fede nel mondo governato dall’economia:una vocazione per la vera crescita”, che servirà a fareil punto sullo stato del Serra e sulle nuove esigenze chela modernità chiede di affrontare.Quel che tenteremo di fare, spiega il presidente

nazionale Antonio Ciacci, è «mettere in evidenzache la dittatura dell’economia ha un grande limiteperché non comprende l’animo umano, l’uomonella sua totalità, ma è una parte dell’attivitàumana». Per questo il compito del Serra è anche«incentivare in maniera laica le vocazioni e farcapire che occorre la fede per far superare ledifficoltà che ogni giorno affrontiamo. Le nostreriflessioni – aggiunge l’avvocato Ciacci –sono il modo per avere una visione diversa,dare un segnale di speranza e di prospettivache manca». Nei tre giorni di congresso all’-hotel Savoia Regency, perciò, si sussegui-

Un Serra capacedi leggere i segni dei tempi

vita del serra

di Beatrice Sentinelli

Verso il Congresso di Bologna

Il presidente Ciacci:

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ranno momenti di riflessione a tutto tondo, che spazieranno dalla prolusione del cardinale Josè Saraiva Martins,prefetto emerito della Congregazione per le cause dei Santi e consulente episcopale di Serra Italia, alla rela-zione dell’economista Stefano Zamagni, consultore della commissione vaticana Giustizia e Pace. Ma a Bolognasi ascolterà anche il pensiero di altri illustri ospiti come monsignor Domenico Dal Molin, direttore dell’ufficionazionale Cei per la Pastorale vocazionale, il sociologo Enrico Cheli, docente dell’università di Siena, e padreGiuseppe Barzagli, professore nella facoltà di Teologia dell’Emilia Romagna.Quale è l’opportunità futura per il Serra? È la domanda che si pone il presidente Ciacci alla vigilia del congres-

so. Innanzitutto «riscoprire la finalità del Serra, che è quella d’incentivare in maniera laica la cultura delle vocazioniesterna alle strutture ecclesiastiche, ma in armonia con loro, sostenendo chi sceglie questa strada». Ma un cambiodi passo è necessario, dice, «visto che la società sulla quale è prosperato è fortemente cambiata. Prima di tutto pernoi stessi, perché dobbiamo estenderci e ringiovanirci, non tanto e non solo in età quanto in modalità operative eprospettive. Dobbiamo essere in grado d’incidere meglio nel mondo, essere in grado di utilizzare gli strumenti tec-nologici, come la rete». Dall’altro lato comunque oggi, in un momento in cui specialmente in Europa le vocazionisacerdotali sono in diminuzione numerica, aggiunge, «la sfida è doppia, perché la nostra finalità diventa ancora piùurgente e necessaria rispetto a questa carenza».Nella società, invece, la crisi economica sta facendo riscoprire le radici proprie dell’essere cristiano e la bel-

lezza della fede. Un ritorno al senso profondo della vita «certamente dovuto alla figura carismatica e fortemen-te comunicativa di Papa Francesco – dice ancora Antonio Ciacci – Il presentare la fede come qualcosa di bello,di positivo, di conforme alla ragionevolezza, come aveva detto anche Benedetto XVI, evidentemente ha ripro-posto il messaggio cristiano all’attenzione di tutti, in un momento in cui si è provati dalla precarietà del gover-no, dalle fibrillazioni dell’economia, dall’impostazione sociale basata sull’imperante consumismo». Ma accantoal tornare a ciò che conta di più, la società ha bisogno anche di vocazioni. Il sacerdote, ricorda il presidentenazionale, «deve essere, soprattutto adesso, in grado di ascoltare i giovani e le persone in difficoltà per poipoterli aiutare. Il sacerdote è una risorsa che ripropone un circuito virtuoso ed è ricchezza per tutti».Come applicare però tutto questo in un mondo governato dall’economia? Il dibattito di Bologna, infatti,

partirà proprio dal pensiero cristiano e dal magistero della Chiesa sui temi economici per scendere in pro-fondità. L’economia è straordinariamente importante, conclude Ciacci,«il fatto che si sviluppi il benessere fa parte della natura umana, biso-gna però trovare gli strumenti perché si comprenda che l’economia nonè il valore ultimo, ma è un mezzo per arrivare al valore ultimo. In più,perché non sia come una logica che prevede la vita di alcuni e lamorte di altri, ma un meccanismo per crescere tutti insieme». Che nonsignifica tutti uguali, precisa alla fine, «perché ovviamente capacità emerito sono importanti, ma è bene che tutti abbiamo le stesse possibi-lità, possibilità che vengono oggi mantenute nelle mani pochi». È lariscoperta dell’etica economica, cioè, che è funzionale al correttoandamento dell’economia.Il congresso di fine maggio comunque, che segnerà la conclusione del

mandato del presidente Ciacci, sarà anche un momento per l’avvocatotoscano per fare il punto del lavoro svolto in questi anni. «Mi sono sfor-zato di restituire al Serra i caratteri originari che ne hanno determinato lanascita – ammette facendo un bilancio - cioè essere un movimento laicoche propone un sistema che sostenga le vocazioni con approccionuovo». Inoltre, si è tentato di «incidere su tematiche rispetto alle quali inostri soci hanno particolare sensibilità, come l’economia, l’etica econo-mica e il corretto sviluppo», Con la speranza, conclude, di «poter affron-tare sempre più spesso queste tematiche anche in futuro>.

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Avv. Antonio Ciacci, Presidente CNIS

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vita del serra

Controcorrente nella giungla dei senti-

menti e dei luoghi comuni, nell’affermare

i valori non negoziabili della vita. Noi cat-tolici sembriamo smarriti di fronte al nuovo umanesimoche ingloba ed acquisisce ogni stile di vita, cancel-lando dal vocabolario (e non solo!) la parola pudore: se un tempo si diceva che in pubblico alcune frasinon andavano pronunciate, alcuni gesti trattenuti,oggi invece si mette in bella mostra ogni sconvenien-za. Allo stesso modo non ci lasciamo sconvolgere più

di Maria Luisa Coppola

Caro Direttore, mi consenta di condi-

videre il mio sconcerto nel leggere

affermazioni deleterie e scarsamente

argomentate sulla dequalificazione del

valore della famiglia. La prima cellula

vivente della società, in ogni angolazione

la si voglia decifrare, è attaccata da falsi

modernisti che credono superata “la

famiglia di Nazareth”, e si ergono a maestri

di tolleranti scelte di condivisioni affettive.

Mi riferisco all’iniziativa del comune di

Venezia che fa circolare nelle scuole

fumetti sull’omosessualità e alle farneti-

canti espressioni dell’ex ministro Carrozza

che ha definito la famiglia obsoleta ridico-

lizzando i ruoli genitoriali. Un attacco

senza precedenti alla famiglia cristiana,

all’amore coniugale generativo, all’indisso-

lubilità del matrimonio religioso. Il tutto nel

silenzio dei parlamentari cattolici.

Non sarebbe il caso che i cattolici prati-

canti facessero seriamente argine a questa

deriva?

Lucia Demattè

Le sue notazioni, cara Lettrice, contengono

già una risposta. Certo, tutti dobbiamo

essere impegnati a fare argine a queste

pericolosissime derive. Ma ancor di più dob-

biamo sforzarci di rendere le nostre famiglie

luoghi di amore e di santità. I giovani saran-

no invogliati a metter su famiglia se avran-

no respirato nella loro famiglia la felicità di

amare ed essere amati. Per questo ritengo

che l’articolo di Maria Luisa Coppola, che

pubblichiamo in questa stessa pagina, com-

pleti bene il discorso

Famigliaapertaallevocazioni

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bini per malattie tumorali. Nelle chiese gremite dimadri dolenti, i parroci sono diventati “spalla su cuipiangere”, le parrocchie presidio di generosità, illuogo della condivisione e della fraternità. Pertanto, aigiovani in cammino vocazionale non manchino l’affet-to e la premura, che non si sentano don Chisciotte névelleitari tedofori, ma unicamente prescelti dal Signorein un’avventura speciale. Nella settimana di formazio-ne tenutasi presso l’Università di Santa Croce a Romarivolta ai Rettori dei Seminari di tutto il mondo, l’arcive-scovo Jorge Carlos Patrón Wong, segretario per iSeminari della Congregazione per il Clero, nel corsodel suo intervento ha evidenziato l’interesse che dasempre il magistero ecclesiale riserva alla formazionesacerdotale. Si è tracciato l’identikit del sacerdotenovello, cui non devono mancare l’istruzione, lo stile,la capacità relazionale e multiformi interessi culturali.Nella sua relazione S.E. il Vescovo di Ferrara, mons.Negri ha affermato che: “formazione umana significariabituare l’uomo a un incontro obiettivo e spassionatocon la propria umanità”, tanto che “uomo è desideriodi verità di bene, di bellezza e di giustizia”.Un’autentica formazione implica, quindi, “il riaprirsi delfascino dell‘uso adeguato della ragione come tensionedella conoscenza della verità in tutti i suoi aspetti” e “lariscoperta della dimensione etica fondamentale comedimensione di autentica responsabilità”. In questo con-testo, a partire dal 20 febbraio 2014 e fino al 15 gen-naio 2015, il Centro di Formazione sacerdotale avvie-rà anche un apposito master, che prevede due ore set-timanali di lezioni per un totale di 44 ore articolate indue semestri, rivolto a sacerdoti, prevalentemente stu-denti a Roma, che sono inviati dai rispettivi Vescovi perprepararsi al compito di formatori nei seminari. La deli-catezza dell’azione serrana non può tralasciare laconoscenza di quanta attenzione vi sia da parte diPapa Francesco sulla formazione dei futuri presbiteri esul ruolo cruciale del Rettore del Seminario al quale inprimis vengono chieste le virtù sacerdotali e la capaci-tà di adeguare il dialogo educativo alle nuove esigen-ze della società. Il grande lavoro, le preoccupazionieducative della pastorale vocazionale generativa sonoscarsamente conosciuti nei vari ambienti sociali: diquesto tramite si fanno carico gli amici dei Serra clubs,nel raccontare e testimoniare la Bellezza della voca-zione e nello sperimentare che la grazia di Dio inter-viene inaspettatamente a squarciare il velo delle tene-bre. Ci conforta Caravaggio che, nella meravigliosatela custodita nella chiesa di S.Luigi dei Francesi inpiazza Navona a Roma , ha figurato con grande inten-sità la Bellezza della chiamata di Matteo che è diven-tata arte sublime!

di tanto dalle situazioni familiari irregolari, dalle con-vivenze, dai tradimenti di coppia o dalle truffe nelmondo del lavoro, una morale doppia in cui il credoreligioso è un fatto privato, un dialogo esclusivo conDio ma non una pratica sociale. Il dio danaro amma-lia- pecunia non olet- ed in tutti gli ambienti si cercaaffannosamente il potere, l’affermazione personalecon tutti i privilegi derivati. Si grida allo scandalo solose un prete o una suora deviano ed abbandonano illoro status. Perciò noi “cattolici all’acqua di rose”,come sostiene Papa Francesco, abbiamo reso il nostrocuore “un mercato rionale”, c’è di tutto ed il contrariodi tutto e quel che va bene per me non si tocca! Nelgrande mercato della quotidianità, in cui c’è tempoper tutto tranne che per far festa la Domenica nellacasa di Dio, accadono sovente le meraviglie delSignore, nel deserto dei cuori qualcuno si dispone alservizio del giardino di Dio scegliendo controcorrentedi risalire alla fonte. Cari ragazzi e ragazze, diploma-ti e laureati, spesso in contrasto familiare, gettano alleortiche gli orpelli della vita effimera e spogli delle vestima ricchi nel cuore compiono il cammino vocazionale,diventando faro nel buio, sale della vita. Fa rumore unalbero che cade, il colpo di vento sulla casa, il lamen-to di chi si piange addosso e non ha la sensibilità divedere indietro chi affanna veramente; non fa notizia ilbene, la generosità di tanti ministri di Dio che in silen-zio assolvono il ministero ed anche a rischio della vita,annunciano il Vangelo in terre difficili. Dalle mie parti,è terra di missione la difesa dell’ambiente e della lega-lità, in cui sono impegnati tanti giovani sacerdoti quo-tidianamente, spesso alla ribalta della cronaca, peraver smosso l’azione del Parlamento sull’emergenzasanitaria ed aver chiesto l’attenzione del Presidentedella Repubblica al riguardo delle morti di tanti bam-

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Famigliaapertaallevocazioni

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za e, aggiungerei anche, con dolcezza. Ha un prez-zo alto da pagare: è la fatica dell’interiorità, del tor-nare nell’intimo di noi stessi. È essenziale ridare alle nostre vite spazi di ascolto,

di silenzio, di calma, di elaborazione interiore, pernon cadere in un efficientismo nevrotico e parossistico,per non divenire anche noi schiavi del mondo delleapparenze.Il grande scrittore russo F. Dostoevskij aveva intuito

profondamente tutto ciò, quando affermava: “Ama lavita più della sua logica e della ricerca delle certez-ze; solo allora ne capirai il senso e vedrai oltre leapparenze, seminando occhi nuovi sulla terra”.

Raccontare la Verità

C’è un testo biblico che ben si presta come quadrodi riferimento per questo primo aspetto del nostro cer-

Il tema vocazionale proposto alla riflessionedi tutta la Chiesa, in occasione della 51°Giornata mondiale di preghiera per le voca-

zioni, prende lo spunto dalla enciclica di BenedettoXVI “Caritas in Veritate” n. 9: Vocazioni testimonianzadella Verità. Esso è stato ritradotto in uno slogan chesegna il cammino della Chiesa Italiana:

Apriti alla Verità, porterai la Vita

Proprio questo slogan è stato il “fil rouge” di rifles-sione e di approfondimento del ConvegnoVocazionale Nazionale, che si è svolto a Roma dal 3al 5 gennaio 2014, e che ha visto presente unanumerosa rappresentanza degli amici serrani. Che cosa significa oggi “essere persone vere”?

Che cosa ci richiede l’apertura e la testimonianzadella Verità in un mondo dove, talvolta, l’ipocrisia, il“double face” e la mistificazione della realtà divengo-no stili di vita diffusi e contagiosi?

Cercare la Verità

Ciò significa, innanzitutto, la ricerca della Verità dise stessi, della vita, del senso e del perché noi fac-ciamo qualcosa piuttosto che qualcos’altro. È la ricer-ca di una verità profonda e limpida nelle relazioni,che ci porta alla bellezza della intimità dello stareinsieme.È il gusto di sentirci in contatto profondo con il

nucleo profondo della natura e del creato, degli altri,di noi stessi. È la straordinaria esperienza di sentireche possiamo toccare con mano la verità dellaTenerezza di Dio per ciascuno di noi.

La verità non si compera in nessun negozio, in nes-sun centro commerciale; essa va cercata con pazien-

Ripresa delle vocazionie contributo del Serra

di Nico Dal Molin

vita del serra

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di. Giocate la vita per grandi ideali”.È questa una ventata di incoraggiamento e spe-

ranza che Papa Francesco scrive nel Messaggio perla 51° Giornata mondiale di preghiera per le voca-zioni, del prossimo 11 maggio 2014.La pastorale vocazionale, nella Chiesa e per la

Chiesa, è oggi una sfida a tutto campo. Se poi que-sta sfida viene affrontata con la logica umana dell’ef-ficientismo, sperando che il nostro sforzo producanumeri vocazionali significativi e importanti, andremoincontro sicuramente a delusioni profonde.

“Accanto a situazioni difficili, che pur è necessarioguardare con coraggio e verità, vanno registrati alcu-ni segnali di ripresa, soprattutto dove si formulano pro-poste chiare e forti di vita cristiana” (Orientamentipastorali per la promozione delle vocazioni al mini-stero sacerdotale, n.2). Una prospettiva di positività e speranza è certa-

mente il “cantus firmus” che colloca la pastorale voca-zionale in un orizzonte di rinnovato coraggio e fidu-cia.

Commentando la frase del Vangelo: “La messe èabbondante ma pochi sono gli operai”, PapaFrancesco non esita a sottolineare come queste paro-le ci sorprendono non poco: “Chi ha lavorato perchéil risultato fosse tale? La risposta è una sola: Dio.L’azione efficace che è causa del «molto frutto» è lagrazia di Dio, la comunione con Lui (cfr Gv 15,5)”.Sempre nel Messaggio per la 51° GMPV, Papa

Francesco afferma: “Nel racconto della vocazione delprofeta Geremia, Dio ricorda che Egli veglia conti-nuamente su ciascuno affinché si realizzi la sua Parolain noi. L’immagine adottata è quella del ramo di man-dorlo che primo fra tutti fiorisce, annunziando la rina-scita della vita in primavera (cfr Ger 1,11-12).”

Amare la Verità significa diventare “uomini edonne di luce e di speranza”, in attesa dell’aurorache dipinge di luce, in maniera sempre più luminosa,l’orizzonte.Essere veri significa divenire uomini e donne che,

prendendo su di sé le vite degli altri, vivono l’amoresenza contare fatiche e paure; uomini e donne che,senza proclami e senza ricompense, nel silenzio,fanno ciò che devono fare, consapevoli che «il nostrocompito supremo nel mondo è custodire delle vite conla propria vita» (E. Canetti ).Concreti e insieme sognatori, consapevoli che ogni

momento della nostra vita è guidato da un filo rosso,il cui capo è ben saldo nella mano di Dio.

care di essere persone vere; è un testo del profetaGeremia (2,13):

“Il mio popolo ha commesso due iniquità:essi hanno abbandonato me, sorgente d’acqua viva,

per scavarsi cisterne, cisterne screpolateche non tengono l’acqua”.

Come potremmo noi ritradurre, oggi, la grandecarica espressiva di questa immagine del profeta: lacorsa banale e masochista verso le cisterne screpola-te? Quali sono le screpolature aride del nostro cuoree della nostra vita?Ci aiuta un testo urticante e dolente del libro di

Qohélet: “Tutte le parole sono logore” (Qo 1,6).La parola è malata, e questa malattia si chiama

banalità e menzogna. È la crisi del linguaggio, l’in-flazione della parola; le parole superficiali e vuote, ilbla bla bla ininterrotto, come certi discorsi a voce alta,fatti al cellulare nei viaggi in treno; è la ragnatela dellechiacchiere e dei luoghi comuni, su cui con tanta insi-stenza ritorna Papa Francesco.

“Tutte le parole sono già state dette”, afferma loscrittore Joseph Roth, nel suo romanzo “Il mercante dicoralli”; eppure noi ci ostiniamo a parlare tanto, adascoltare poco; e a snobbare il silenzio come fonte disobrietà, di essenzialità e di feconda narrazione dellaVerità.

Per amare la Verità … viviamo la Speranza

“Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosi-ne piccole; andate sempre al di là, verso le cose gran-

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vita del serra

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accorgersi che ognuna ha segnato la sua epocalasciando un solco anche e soprattutto sotto il profilodella cultura. Pensiamo a don Bosco e all’educazionedei giovani, oppure a San Francesco e all’elogiodella povertà. Senza dimenticare San Benedetto,creatore della nuova civiltà nata dalle ceneri delmondo antico.Gli esempi potrebbero naturalmente moltiplicarsi. E

gli ultimi due in ordine di tempo – Giovanni XXIII eGiovanni Paolo II, appunto – si inseriscono a pienotitolo in questo alveo. Il primo con l’invenzione delConcilio Vaticano II ha aperto la strada ad un diversorapporto Chiesa-mondo. Il secondo abbattendo ilmuro di Berlino ha permesso all’Europa e all’interopianeta di respirare finalmente a due polmoni e disuperare la logica bipolare della Guerra fred-da. Ma questi sono solo gli aspetti più ecla-tanti dell’opera anche culturale dei duePontefici che Francesco eleverà al più altogrado dell’onore degli altari il prossimo 27aprile. Altri ve ne sono e anche in una lineadi continuità che sorprende e illumina il cam-mino stesso della Chiesa del nostro tempo.Si pensi, ad esempio, quanto ha inciso

una enciclica come la Pacem in terris sugliassetti politico-economici degli ultimi cin-quant’anni. In pieno clima di confronto trale superpotenze, Angelo Roncalli ebbe ilcoraggio – oggi possiamo dire senzatema di smentite profetico – di frantumarela logica delle contrapposizioni granitiche,dell’equilibrio fondato sul terrore di un olo-causto nucleare, per proclamare che solo

il serrano n. 132

cultura

Giovanni XXIIIe Giovanni Paolo IISanti del nostro tempodi Augusto Intermine

Siamo abituati a vedere i santi raffigurati sui“santini”. Spesso finiamo per considerarli quasidelle figure mitologiche, comunque lontane e

inarrivabili. Ebbene l’ormai imminente canonizzazionedi Gio-vanni XXIII e Giovanni Paolo II ribalta comple-tamente questa prospettiva, per la “semplice” ragioneche Angelo Roncalli e Karol Wojtyla, oltre che grandiPapi e grandi santi, sono stati uomini che hanno inci-so profondamente nella cultura del nostro tempo. Inquesto senso essi davvero incarnano il vero prototipo

del santo. Se infatti pensiamoalle grandi figure della

storia cristiana, nonsarà difficile

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la pace e la fratellanza tra gli uomini e tra i popoli erano imattoni con cui costruire il futuro. La Pacem in terris è unodi quei documenti del magistero della Chiesa cattolica chedavvero ha spostato equilibri e smosso coscienze, favorendol’insorgere di una mentalità di netto rifiuto della guerra (edella violenza in genere) come mezzo di risoluzione dellecontroversie. Un clima e una mentalità che da allora in poi sisarebbero sempre più diffusi (soprattutto fra i giovani) e che 23anni dopo, nel 1986, avrebbero portato Karol Wojtyla a riuni-re per la prima volta nella storia i capi religiosi nella città diAssisi, per pregare afavore della pace.Uno straordinarioasse, dunque,quello tra i duePapi ora santi, chediventerà una sortadi ariete puntato contoil Muro di Berlino, non a casocaduto nel 1989.Giovanni XXIII, poi, è

stato l’iniziatore di una nuova stagione di dialogo con il mondo che oggi è patrimonio acquisito e irreversibile.Si pensi solo al suo “Discorso della luna”, la sera dell’apertura del Concilio Vaticano II. In quel discorso sono isentimenti umani – tutti, dalla gioia al dolore, alla sofferenza, alla contemplazione del creato – a fare da pro-tagonisti. Ed è come se il Papa abbia scritto proprio lì, affacciandosi alla finestra, il proemio della Gaudium etspes, la grande Costituzione conciliare che ancora adesso fa da bussola al nuovo rapporto della Chiesa conil mondo. <Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutticoloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nullavi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore>.Quanto queste parole abbiano inciso sulla cultura contemporanea è sotto gli occhi di tutti. Se oggi la Chiesa

cattolica viene considerata un punto di riferimento nella lotta alle povertà, se le è palesemente riconosciuto unruolo guida nella promozione della pace e dello sviluppo, se anche nella crisi attuale le strutture della Caritase del volontariato di matrice ecclesiale hanno aiutato decine di migliaia di famiglie è anche per effetto di que-sta trasformazione indotta con la convocazione del Concilio da parte di Giovanni XXIII.Giovanni Paolo II anche in questo caso ha continuato nella via aperta da Papa Roncalli. Il Concilio è stato

la stella polare del suo Pontificato, il rapporto con il mondo la coordinata fondamentale lungo la quale si èmosso, la frontiera che ha continuamente esplorato, il filo rosso che ha legato i tanti aspetti di un quarto di seco-lo assolutamente straordinario. Papa Wojtyla ha fatto cultura non solo mettendo fine alla guerra fredda, maanche innovando il modo di approcciare i giovani, rivoluzionando le relazioni tra comunità ecclesiale e mondodel lavoro (non una condanna e una rivendicazione di classe come voleva la filosofia marxista, ma l’espres-sione della dignità dell’uomo e la sua partecipazione alla creazione), abbracciando la sofferenza e mostran-done il senso in un disegno di amore che oltrepassa i confini della vita terrena, aprendosi alla trascendenza.La cultura del nostro tempo deve molto a questi due uomini. Non è un caso che proprio Giovanni Paolo II

abbia coniato l’espressione “civiltà dell’amore”, che in un certo senso riassume l’esperienza e la profezia deidue nuovi santi. Lo stesso Giovanni Paolo II si è battuto contro la cultura della morte, rappresentata dai molte-plici attacchi alla vita nascente e declinante. Per questo la loro canonizzazione è un dono non solo per laChiesa, ma per l’umanità intera.

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do a fare Papa Francesco è vivere il nostro presbite-rato in una Chiesa che ‘è in uscita’, quindi una Chiesache prende l’iniziativa per andare verso gli altri comeha fatto Cristo e come ha insegnato a fare agliApostoli.

Papa Francesco sta concretizzando il ConcilioVaticano II non più soltanto nella teoria, nei documen-ti ma nell’essere la Chiesa aperta al mondo. Le voca-zioni a 50 anni dal Vaticano II come stanno cam-biando? Quali ragazzi si avvicinano al sacerdozionel III Millennio?

I giovani sono figli del nostro tempo ed hanno lecaratteristiche tipiche dei loro coetanei. Si parla dicoloro che sono nati dal ’91 in poi come dei natividigitali, perché avendo avuto un immediato contattocon il mondo di internet hanno modalità di comunica-re un po’ diverse dalle precedenti generazioni.Sappiamo come la comunicazione sia parte integran-te della relazione: quindi i giovani sono così, ma nonper questo non sono chiamati a fare un esodo, uncammino di conversione che sappia adeguare le spe-cificità e le sensibilità del nostro tempo al Vangelo e alSuo annuncio. Le vocazioni forse numericamente sonodi meno. Nella nostra Puglia le aree geografiche dalpunto di vista vocazionale sono molto variegate:abbiamo il nord che ha meno vocazioni, il centro unpo’ di più, il sud in maniera molto adeguata, il nostro

Domenica mattina, in piccoli gruppi iseminaristi vanno a prendere il caffè nelbar sullo stradone, catturano la mia atten-

zione mentre cerco con lo sguardo la vasta mole delSeminario Regionale “Pio XI”. Siamo a Molfetta sededal 1926 del Seminario maggiore dove si formano isacerdoti di Puglia. Uno dei più grandi e popolatid’Italia, culla di innumerevoli vescovi. Alla guida dal2009 c’è mons. Luigi Renna, affabile, cordiale, deci-so. Mentre con la memoria vado ad immagini remotein cui il seminario era un luogo chiuso da cui si usci-va con un lungo vestito nero dai mille bottoni, ricono-sco proprio don Luigi insieme ai suoi ragazzi. Unincontro ed un’ amabile conversazione su come stiacambiando la formazione dei presbiteri.

Mons. Luigi Renna, la testimonianza rivoluzionaria diPapa Francesco come influenza il modo di vivere ilsacerdozio?

Papa Francesco ha il merito di fare discorsi moltoconcreti e soprattutto di dare una testimonianza diquella che lui chiama ‘la Chiesa in uscita’, una Chiesamissionaria che si preoccupi non solo di coloro chesono praticanti ma anche di quelli che sono sullasoglia della realtà ecclesiale e dei lontani. È con que-sto stile di tutta la Chiesa, soprattutto con la missionepastorale dei presbiteri , che lui vuole imprimere unagrande rivoluzione. Trascina con le sue parole, ma tra-scina soprattutto con il suo esempio e ci invita ad unavita presbiterale autentica. Espressioni da lui utilizzate,come quella di una mondanità spirituale che rischia diessere soprattutto presente nel clero, ci mette in guar-dia dal vivere il nostro sacerdozio come autoreferen-ziale, ripiegato su noi stessi , con tante soddisfazioniquasi narcisistiche che non si chiedono e non verifi-cano quanta incidenza si abbia poi nei confronti delpopolo di Dio. Io penso che quello che ci sta invitan-

Pastoriche profumano di popolo

A colloquio con Mons. Luigi Renna, rettore del Seminario Maggiore di Molfetta

di Maria Silvestrini

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Seminario Maggiore conta 192 presenze ed è il piùpopolato d’Italia. Il numero tiene ma non ci devepreoccupare soltanto questo, ci deve preoccupare laqualità di una testimonianza. Una testimonianzanasce da un cambiamento interiore di chi sceglie dimettersi alla sequela di Cristo ed investe tutta la suavita in questa direzione mettendo da parte modalità,abitudini, che non possono essere coerenti né con lostile di vita cristiano né con lo stile di chi ha unaresponsabilità nella vita della Chiesa. Come i genito-ri sono chiamati ad avere uno stile di vita particolarese vogliono essere i genitori in una chiesa domestica,così i presbiteri se vogliono essere gli annunciatori delVangelo sono chiamati a fare anche essi un esodo. Iocredo che il Concilio Vaticano II ci insegni che la pro-fezia deve essere reale. Papa Francesco ai SuperioriMaggiori ha detto: “svegliate il mondo siate profeti”,e nell’omelia della sua prima messa crismale: “siatepastori che odorano di pecore”, vorrei che in questoluogo si formassero pastori che profumano di popolo.

Infine don Luigi è più difficile oggi fare il prete? Ilmondo è più difficile da affrontare?

Io credo che ogni tempo abbia le sue difficoltà.Oggi è un periodo particolarmente bello, per essereprete perché del prete emerge soprattutto la dimensio-ne missionaria, la dimensione di uno sguardo che vaverso i lontani. Emerge il valore grande, in una socie-tà che è fortemente erotizzata, della verginità per ilRegno e del valore della donazione di sé stessi. Pensoche sia difficile come è stato difficile in ogni epocama è forse più bello.

Pastoriche profumano di popolo

S. Ecc. Ricchiutiriceve il Club di AltamuraA gennaio scorso ha preso possesso della diocesi Altamura-Acquaviva delle Fonti - Gravinail nuovo Vescovo S. Ecc. Arc. Mons. Giovanni Ricchiuti; avevamo chiesto per tempo unaudienza per il club Serra di Altamura. L’inconro è avvenuto presso la Curia Vescovile diAltamura. Il nostro club non era affatto sconosciuto all’alto prelato che essendo statoRettore del Seminario maggiore di Molfetta aveva avuto modo di frequentare il nostroMovimento. Dall’incontro è emersa la figura di un uomo dall’apertura festosa e dall’inte-riorità agostiniana pronto a vivificare il corpo mistico della Chiesa Murgiana. Abbiamo espo-sto l’esigenza da parte del Serra di un rinnovato fervore e di uno slancio pastorale checoinvolga anche e maggiormente le realtà parrocchiali della Diocesi ed abbiamo ottenutodal’Arcivescovo impegno in tal senso. Ci ha raccomandato di frequentare maggiormente ilseminario, anche quello minore della nostra Diocesi e principalmente di pregare, pregare epregare.Il fascino dell’Arcivescovo Giovanni Ricchiuti non poteva non essere paragonabile a PapaFrancesco, per la semplicità, spontaneità ed affabilità nei rapporti con chiunque incontri. Lanostra Diocesi quindi è guidata anch’essa dall’Arcivescovo Francesco.

Emanuele Pirato

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Si distinguono per l’abito dalla grande

croce rossa sul petto; sempre in prima

fila a fianco di sofferenti, deboli ed emar-

ginati. Sono i Ministri degli Infermi, meglio noti comereligiosi Camilliani, dal nome del fondatore sanCamillo de Lellis. Patrono dei malati, degli operatorisanitari e della sanità militare, san Camillo - di cui que-st’anno si celebrano i 400 anni dalla morte - è consi-derato il precursore della moderna assistenza infer-mieristica. A fratel Carlo Mangione, referente dellaConsulta generale camilliana per il IV centenario,chiediamo qual è l’attualità del suo messaggio e acosa si ispirano i giovani che rispondono alla voca-zione entrando in questo Ordine religioso.

Fratel Carlo, che significa oggi essere Camilliani?

Direi che significa andare controcorrente, conside-rando che ci si consacra al Signore attraverso i voti dipovertà, castità e obbedienza, più il quarto voto – tipi-co dei Camilliani – di assistenza ai malati anche arischio della vita. Se guardiamo il mondo che ci cir-conda, è evidente che nessuno vuole rincorrere lapovertà, c’è una ricerca sfrenata dell’appagamento deisensi e si fa fatica ad accettare gli ordini. Chi rischie-rebbe, poi, la vita per gli altri? Questi voti sono dunqueuna scelta radicale di sequela a Cristo. Per noiCamilliani, in particolare, il carisma a cui uniformarsi èl’attenzione alle fragilità dell’uomo e alle sue sofferenze.Ciò richiede una formazione specifica, che permetta diassistere al meglio il malato, interpretando e anticipan-do i suoi bisogni. La dimensione ministeriale attiva è

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vocazioni

Servire i malati

anche a costo

della vita:

ecco

la vocazione

camillianadi Graziella Nicolosi

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vedi”, cioè un luogo in cui il giovane possa fare delleesperienze a forte impatto ministeriale. Questo perio-do può durare da alcuni mesi ad alcuni anni. Dopoquesta fase c’è il Postulandato, con il giovane giàimpegnato nella conoscenza del carisma di sanCamillo e della sua spiritualità, oltre al servizio aimalati. Il Noviziato è un periodo di un anno perapprofondire lo studio della vita di san Camillo,dell’Ordine e dei documenti della Chiesa, sperimen-tando un’intensa vita di preghiera e di servizio. Al ter-mine del Noviziato il candidato si consacra a Dio,sancendo una temporanea appartenenza all’Ordine,che si rinnova di anno in anno. Il post-Noviziato,infine, è il periodo in cui si vive in comunità, prose-guendo negli studi teologici e nel servizio ai malati.Con la professione solenne, si entra definitivamente afar parte dell’Ordine camilliano. È utile sottolineareche i Camilliani si dividono in “padri” (sacerdoti) e“fratelli” (laici). La formazione iniziale è comune:dopo, chi sceglie di diventare sacerdote proseguecon la preparazione all’ordinazione presbiterale, men-tre i “fratelli” continuano con gli studi professionali(infermieristici o medici). In generale, come volevaSan Camillo, “padri” e “fratelli” servono il malato inmaniera globale: nel corpo e nello spirito.

L’Ordine dei Camilliani sta vivendo un momento difficiledopo l’arresto del suo Superiore generale padre RenatoSalvatore. Come hanno reagito i giovani in formazione?

Nonostante lo sgomento iniziale, non abbiamoregistrato neanche una defezione all’internodell’Ordine, a maggior ragione da parte dei più gio-vani. La vocazione camilliana è forte e radicata,come dimostra una lettera aperta, scritta dai ragazzidelle nostre case di formazione dopo l’arresto delSuperiore generale. “Siamo orgogliosi di dedicare lavita ai sofferenti, sull’esempio di Cristo e di sanCamillo”, hanno ribadito con gioia.

Quest’anno i Camilliani ricordano i 400 anni dallamorte del loro fondatore. C’è un programma moltointenso di celebrazioni iniziate la scorsa estate e chesi concluderanno a luglio 2014. Qual è il senso diquest’anno giubilare?

Per noi religiosi e appartenenti alla grande famigliadi san Camillo, vivere l’anno giubilare significa risco-prire e rinvigorire il messaggio che il nostro fondatoreci ha lasciato. È anche l’occasione per far conosceredi più questo Santo, senza limitarsi all’aspetto devo-zionale e religioso. San Camillo ha molto da direanche al mondo laico, per il suo invito a curare le per-sone fragili nell’interezza dei loro bisogni.

essenziale nel nostro cammino di formazione, sin dall’i-nizio. Per questo non ci si limita agli studi teologici, uma-nistici e sanitari, ma si effettua anche un servizio nellecorsie ospedaliere, nelle case di riposo per anziani,nelle mense per i poveri e nelle strutture per disabili.L’età media dei giovani che decidono di diventareCamilliani differisce molto in base all’area geografica.In alcune zone dell’Africa o delle Filippine esistonoancora i seminari minori; in Europa invece l’età mediaè più alta. Ci sono anche casi di vocazioni tardive, chepotremmo definire “gli operai dell’ultima ora”: personeche a 50 anni decidono di abbandonare la propriavita precedente e abbracciare il carisma camilliano.

Concretamente, come si formano i giovani Camillianinei vostri seminari?

Il regolamento di formazione prevede che ogniProvincia abbia una comunità di accoglienza “vieni e

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vocazioni

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IntervistaaDonClaudio RosiRettoredel SeminarioRegionale diSiena “Pio XII”

Vocazioni

di Enzo Martinelli

Quale identikit del seminaristaNel rispondere non posso

non fare riferimento alla miapersonale esperienza, il semi-narista è un ragazzo, un gio-vane, un uomo che è consa-pevole di essere stato chiama-to, scelto da Gesù per esseretotalmente Suo, a completoservizio della Salvezza degliuomini, nella Chiesa; uno chein forza di tale consapevolez-za si lascia formare, lavoratenacemente su se stesso perconoscere Cristo e a Lui con-formarsi, mediante i Sacra-menti, la preghiera personale,lo studio appassionato, l’eser-cizio della carità. Una perso-na felice.

Il DNA della vocazioneal sacerdozioPenso sia la certezza di sentir-

si chiamato al ministero sacerdo-tale proprio da Gesù nonostantei propri limiti e i propri peccati,proprio come è avvenuto agliApostoli. Questa consapevolez-za cresce negli anni con l’espe-rienza e porta a capire che lanostra capacità ed efficaciaviene da Dio, dall’unione con Lui,dal lasciare agire Lui in noi.

Segni e scopertenel percorso vocazionaleIl Signore non fa mancare i

segni che confermano il chia-mato nel suo cammino: dareila preminenza ai “segni interio-ri” , sono quelle luci cherischiarano la mente e scalda-no il cuore nella meditazione,nella preghiera, magari duran-te gli esercizi spirituali e i ritiri.Ma anche molti segni negliavvenimenti della vita, il costa-tare come il Signore si serve dite per aiutare i fratelli, l’accor-gersi come gli altri già ti vedo-no appartenente a Lui e nesono grati con te, e tanti doniche uno scopre leggendo nellafede la propria storia.

Come cresceil germe della vocazioneCi può essere un momento

preciso in cui una personaprende coscienza della chia-mata di Dio, ma poi tale chia-mata ti segna ogni giorno, sirinnova continuamente, cresceper coinvolgere completamentetutti gli aspetti della persona: lamente, l’affettività, persino ilproprio corpo. In realtà la rela-zione con Cristo vuole essere“totalizzante” per ogni cristianoma tale “totalità” è vissuta intonalità diverse secondo i varistati di vita (coniugati, consa-crati, ministri sacri).

Diversi tipi di “chiamata”La chiamata è sempre la

stessa e al medesimo tempodiversa quanto sono diverse lepersone che il Signore chiama.Ognuno ha le sue qualità etalenti. Proprio qui sta unagrande sfida della formazionenel seminario: pur aiutando acrescere nelle dimensioni spiri-tuali, teologiche e pastoralicomuni a tutti i presbiteri, valo-rizzare la vasta gamma deidoni e delle capacità partico-lari di ciascuno.

Il “punto forza”su cui fa leva il chiamatoIl punto forza è quello di

ogni cristiano: è la relazionepersonale con Gesù Cristo, chespinge ad accostare, amare,anzi “onorare” il prossimo,come faceva e fa Gesù.

L’augurio ai giovani in ricerca“Non abbiate paura di Cristo

e di seguirlo dovunque Lui vichiamerà, perché Lui sarà sem-pre con voi; troverete in Lui tuttala vostra gioia. Gustate la suaMisericordia, piano piano virenderà capaci di amare e diessere suoi collaboratori per lasalvezza del mondo.”

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Roma 304Numerosa partecipazione dei serrani romani alla conviviale che ha avuto come ospite d’onore la prof.ssa Simonetta Prosperi Valenti

Rodinò con una dotta conferenza sul tema “La Bellezza nella Fede e nell’Arte: il messaggio universale del Barocco romano”.Professore ordinario di Storia dell’Arte Moderna dal 2006 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma 2 “Tor Vergata”,

la prof.ssa Prosperi Valenti è autrice di numerose pubblicazioni e ha fatto parte della giuria per la discussione di tesi di dottorato pressol’Università della Sorbona di Parigi. Storico dell’arte di fama internazionale quale massima studiosa del disegno italiano dei secoli XVI, XVIIe XVII, è insignita del titolo di Accademica all’Accademia del Disegno di Firenze.Per ritrovare le radici dell’arte barocca, l’illustre oratore è risalito alla filosofia classica greca, in particolare a Platone e al neoplatoni-

smo, che hanno influenzato tutto il Rinascimento italiano, ed hanno espresso per primi il concetto di valore etico dell’arte. Questa bellezzaestetica ed etica insieme sarà avvertita soprattutto nel Seicento, durante la Controriforma, quando la Chiesa utilizzò l’arte figurativa comemezzo di comunicazione per diffondere un messaggio sacro con un linguaggio forte, diretto, facilmente comprensibile e come strumento perla divulgazione della parola evangelica contro la propaganda dei protestanti.Sarà, infatti, il barocco a proclamare attraverso l’arte figurativa muovi messaggi e tematiche antiprotestanti utilizzando iconografie nuove, quali

soprattutto la Gloria di Dio, soggetto assai ricorrente nelle numerose decorazioni barocche. Nessun artista meglio del Bernini ha proclamato ilmessaggio della Gloria di Dio con le sue statue parlanti, animate, e con la sua capacità veramente unica di tradurre in spettacolo l’evento mira-coloso. Messaggi che sono trasmessi attraverso opere di grande valenza mediatica, quali la “Cattedra di San Pietro” dello stesso Bernini cui èaffidato il significato politico della Chiesa trionfante per esaltare il regno di Dio in terra e il potere temporale del papato, il “Trionfo della DivinaProvvidenza” di Pietro da Cortona sul soffitto di Palazzo Barberini con effetti di straordinario illusionismo ottico, il “Trionfo dell’Eucarestia” di GiovanniBattista Gaulli, detto Baciccio, sulla volta della Chiesa del Gesù a Roma con un incredibile effetto di prospettive e il “Trionfo di Sant’Ignazio” diAndrea Pozzo dove si assiste a una dilatazione dello spazio per elevare l’uomo a Dio e trasportarlo alla contemplazione del soprannaturale.Un intervento di alto livello culturale che ha incontrato il favore dell’uditorio per la profondità dell’argomento e l’interesse suscitato.Alla conviviale hanno partecipato anche l’Avv. Emilio Artiglieri, Presidente della Fondazione Beato Junipero Serra, e Mons. Concetto

Occhipinti, Rettore del Seminario Romano Maggiore, presso il quale ci recheremo nel prossimo mese di aprile per un incontro con i semi-naristi per la preparazione alla Pasqua.

Cosimo Lasorsa

Il barocco romano

Nella bellissima Chiesa del Salvatore, autentico gioiello dell’architettura settecentesca, ricco tra l’altro di pregevoli opere d’arte (tra cuiuna deliziosa Madonna di Antonello Gagini) e sede del sacello che custodisce le spoglie dell’indimenticabile don Luigi Sturzo, ha visto la luceil Serra Club di Caltagirone, un nuovo rampollo che viene ad aggiungersi alla collana di sodalizi di cui si fregia il 77° Distretto serrano.Come da tradizione ormai sempre rispettata, l’incontro ha avuto inizio con la Santa Messa, celebrata dal Vescovo Mons. Calogero Peri,

un pastore che ha dimostrato (anche, ci piace pensarlo, in ossequio al suo saio francescano, lo stesso che fu del nostro carissimo Junipero)di guardare con grande fiducia e simpatia al nostro Serra, che ha fermamente voluto sorgesse nella sua diocesi.E che il Serra italiano guardi con grande ottimismo e benevolenza a questa nuova creature che nasce, può esser testimoniato dalla solen-

nità che si è voluto dare all’incontro e dalla presenza delle maggiori autorità serrane, accorse da ogni parte d’Italia: dal Vice Presidente delBoard internazionale Dante Vannini (il quale ha portato dalla sede centrale di Chicago e consegnato nelle mani del presidente la charter diincorporazione ufficiale del Club), dal presidente nazionale Antonio Ciacci, dal Past Presidente Internazionale Gambardella, dai Governatoridistrettuali ai presidenti dei Clubs di Palermo, Catania, Acireale, Caltanissetta, Piazza Armerina, Rossano, Reggio Calabria oltre a nume-rosi soci provenienti da tutti i Clubs del Distretto.Con legittimo orgoglio, l’uscente governatore distrettuale Salvatore La Spina – che con intelligenza e pervicacia ha giocato nei mesi scor-

si le giuste carte perché la formazione del Club giungesse a buon fine ed ha ripercorso, nel suo intervento introduttivo, tutte le fasi preli-minari di una non breve gestazione finalmente coronata da successo, fin dal momento in cui, in un incontro con mons. Peri in occasione diuna riunione della Conferenza episcopale siciliana, aveva ritenuto di poter lanciare l’idea della costituzione del Club: idea che era stata entu-siasticamente accolta dall’illustre interlocutore.Dal canto suo, il governatore Fiorini ha presentato l’attuale situazione del sodalizio, dicendosi certo, a nome del Distretto e del Serra tutto,

di poter contare su una formazione giovane e ricca di vitalità, che potrà costituire una nuova validissima risorsa per il movimento serrano.Il presidente designato del nuovo Club, notaio Gaetano Cammarata, in un commosso indirizzo di saluto e di benvenuto, si è detto lietis-

simo dell’avvenimento, ma al tempo stesso conscio del note-vole e responsabile impegno di cui viene a caricarsi assumendo, in un momen-to storico non facile, la guida del sodalizio e dando ad esso l’indirizzo iniziale.A conclusione del suo convinto e applaudito intervento, il presidente ha presentato il suo braccio destro Bruno Palazzo e la nuova fami-

glia dei ventidue soci, i quali, uno per uno, hanno ricevuto il distintivo dalle mani del presidente centrale.E, a riprova della simpatia con cui la nascita del nuovo Club è stata considerata e seguita nella comunità di Caltagirone, va ricordato un

breve ma cordiale e benevolo cenno di saluto rivolto ai presenti, a conclusione della serata, dal sindaco della città Nicolò Bonanno.

Casimiro Nicolosi

La Charter a Caltagirone

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Brindisi 1041“Punti di convergenza e ponti di dialogo tra Islam e

Cristianesimo”. Questo il tema di notevole suggestione einteresse del convegno organizzato presso il Salone delMuseo provinciale “Ribezzo” di Brindisi dal Serra ClubBrindisi, dall’Associazione “Maria Cristina di Savoia”,dall’Ordine del Santo Sepolcro e dall’Istituto superiore diScienze Religiose di Brindisi. A relazionare, il prof.Bartolomeo Pirone, docente dell’Università PontificiaLateranense di Roma e “L’Orientale” di Napoli. Il prof. Pironeha colto l’attenzione dei numerosi partecipanti parlando,con dovizia di particolari e con una palese conoscenza delmondo arabo e islamico, delle divergenze e delle conver-genze delle religioni cristiana e musulmana. E l’interessedell’argomento e la bontà dell’esposizione sono stati con-fermati dal fuoco di fila di domande e spunti che tutti i pre-senti hanno voluto rivolgere al relatore: il perché delle guer-re religiose promosse dal mondo islamico, come l’Islamconsidera Dio e come lo considera il Cristianesimo, la figu-ra di Maria Vergine e con essa il mistero del Concepimentodi Gesù, e così via, passando anche per la salvezza eterna

vista dalle due religioni, l’iconografia e l’arte islamica. Ha chiuso i lavori del convegno S.E. Mons. Domenico Caliandro, Arcivescovo della Diocesidi Brindisi e Ostuni, il quale ha sottolineato soprattutto la differenza tra Cristianesimo e Islam. Il primo contempla in primis la SantissimaTrinità, con Dio, Gesù e lo Spirito Santo, in un’unione che è alla base del credo cristiano, della nostra famiglia. La religione musulmana vedeDio al di sopra di ogni cosa, colui che comanda, riflettendo questa situazione nella loro società, a partire dalla famiglia. In sostanza, massi-mo rispetto per l’Islam, per la sua storia, per il suo popolo e la sua religione. Ma, i Cristiani restano Cristiani, senza contaminazioni di sorta.Così come i Musulmani restano tali. “E per loro – ha aggiunto il prof. Pirone – resta impossibile la conversione al Cristianesimo, poiché con-siderano la loro religione la perfezione assoluta. Da qui il loro fondamentalismo, che va compreso, ma non giustificato in alcuna maniera”.Con questo incontro, il Serra Club Brindisi ha inteso cementare ancor di più la collaborazione fattiva con le altre due associazioni vicine

all’Arcidiocesi, la “Maria Cristina di Savoia” e “L’Ordine del Santo Sepolcro”. Una sinergia auspicata dal neo governatore del Serra por Pugliae Basilicata, Angelo Pomes, presente al convegno, e che si intende replicare in altre realtà del Distretto.

Renato Rubino

Islam e cristianesimo

Distretto 73

Il governatore Angelo Pomes ha voluto aprire il nuovo anno con un momento importante di riflessione e di amicizia nel SeminarioMaggiore di Molfetta, il più frequentato d’Italia. Giornata particolarmente propizia, come ha sottolineato il Rettore mons. Luigi Renna, per-ché dedicato alla vocazione del Cristo alla missione indicata dal Padre. Il tema della vocazione come modo di orientare l’intera personalitàalla Parola del Vangelo è ritornato più volte nel corso dei lavori, particolarmente con il presidente del Serra Taranto. Marino Liuzzi, che hasottolineato come la difesa di alcuni principi irrinunciabili dovrebbe considerarsi parte integrante degli scopi del Serra Italia, e con il pastgovernor Teodato Pepe che ha parlato della creazione di una cultura vocazionale in senso lato per evitare di confinare l’impegno solo alle atti-vità legate al sostegno delle vocazioni già avvenute. I lavori hanno avuto un ritmo serrato. Dopo l’elezione della sig.a Maria Cristina Prampolinialla guida della Commissione Progetto Distrettuale, si è proceduto alla nomina del past governor Giulio Cocca alla presidenza dellaCommissione nomine per la individuazione, a tempo debito, del nuovo Governatore del Distretto. Quindi l’appassionata discussione sullemodifiche allo Statuto, dopo un intervento quadro del governatore Pomes che si è detto favorevole all’impianto complessivo sono intervenu-ti Marino Liuzzi, per Taranto, Teodato Pepe per Cerignola, Alessandro Palumbo per Foggia, Renato Rubino per Brindisi, Lucrezia Carlucciper Matera, Cosimo Buchicchio per Potenza. Fra le questioni poste la particolare sottolineatura che sia il Presidente del Club ad avere larappresentanza dello stesso nell’Assemblea dei Clubs e la questione dell’autonomia finanziaria. Quest’ultima esigenza insieme alla conse-guente richiesta di un Codice fiscale è apparsa molto sentita in relazione ad eventi in cui hanno peso le sponsorizzazioni. La risposta è venu-ta dalle parole autorevoli e chiarificatrici del past governor Savino Murro, che ha chiarito la differenza fra un contesto occasionale ed unostrutturato, ma il problema resta sospeso. Un’agape gioiosa insieme ai seminaristi ha concluso l’incontro.

Maria Silvestrini

Incontro distrettuale

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Un incontro interessante, piacevole, all’insegna di una vera accoglienza e di un ascolto attento quello del Serra Club di San Miniato colTeatro dello Spirito, rappresentato dal Presidente, Marzio Gabbanini e dal Direttore Artistico, Don Piero Ciardella. Nel corso dell’incontro laPresidente, Silvia Campani, ha espresso il suo compiacimento per l’iniziativa che ha permesso al Serra di testimoniare soddisfazione versoil rinnovato entusiasmo,la qualità delle proposte e delle attività portate avanti dal Dramma Popolare in quella che appare già una nuova sta-gione di successi e di più ampia visibilità dell’Istituto Dramma Popolare nel panorama della cultura locale e nazionale. È stato per questo invi-tato il Direttore artistico, Don Piero Ciardella, a raccontare la sua esperienza intorno all’impegnativo ruolo che è stato chiamato a ricoprire,collocando le proprie riflessioni sui compiti del teatro nel più ampio contesto del tema della «Bellezza» su cui il Serra ha dibattuto nel corsodell’anno con l’intervento di varie personalità. Ampia, puntuale, sincera la relazione del Direttore artistico, sacerdote di vasta preparazioneteologica, filosofica, letteraria con responsabilità di vario genere nella Diocesi di Lucca, docente universitario e dall’anno scorso chiamato aguidare le scelte drammaturgiche del Teatro del Cielo. Muovendo dalla ventata di profondo rinnovamento operata da Papa Francesco all’in-segna dell’umiltà e della carità, nello spirito di una nuova evangelizzazione, citando alcuni passi di un documento papale, Don Ciardella ha col-locato la sua decisione di accettare la nomina di San Miniato entro una naturale continuità con il suo ruolo di sacerdote impegnato a porta-re la parola di Cristo a tutti avvalendosi anche del Teatro, lo spazio in cui un messaggio può giungere a tanti, soprattutto se capace di susci-tare interrogativi, di scuotere le coscienze. Un Teatro impegnato sui grandi problemi dell’esistenza può, attraverso la parola e i gesti, tra-sformare semplici fatti in eventi, in qualcosa di bello e quindi di buono,perché destinato a generare un significativo miglioramento. Su questabase, il Direttore artistico ha affrontato con entusiasmo il suo compito, senza tuttavia nascondersi le tante difficoltà, a partire dal rispettodi una tradizione che vuole, per lo spettacolo centrale del Mese di Luglio, la scelta di testi inediti, non facili da reperire in un panorama assaipovero della drammaturgia italiana contemporanea. Non a caso, per il 2014, in collaborazione col Teatro Rossetti di Trieste e col suoDirettore artistico e regista, è stata decisa la stesura di un testo su temi di larga attualità, anche in relazione ai drammatici eventi deglisbarchi a Lampedusa.Dopo il largo consenso con cui sono state accolte le riflessioni di Don Ciardella, il Presidente, Marzio Gabbanini, ha sottolineato la forte

coesione, lo spirito di squadra, l’entusiasmo con cui, insieme a Don Ciardella e al Consiglio di Amministrazione, viene realizzato un Programmache recuperi i valori portati avanti dai fondatori, quelli di un Teatro dello Spirito veramente popolare perché capace di coinvolgere, motivare,interessare un pubblico sempre più vasto su temi di forte impatto e attualità: un Teatro di qualità aperto a tutti. Da qui i Venerdì del Dramma,appuntamenti interessanti e di buon successo, una partecipazione più attiva del corpo sociale, la collaborazione con critici teatrali comeMasolino D’Amico, con registi di fama come Roberto Guicciardini e Antonio Calenda.Importanti i futuri appuntamenti: un ricordo di Mario Luzi con l’intervento di un’icona del teatro italiano; una Conferenza-Spettacolo con

attori monologhisti e il coordinamento di Masolino D’Amico, un Festival con ottimi spettacoli, la creazione di un Comitato organizzativo per ifesteggiamenti del Settantesimo dalla nascita del Dramma Popolare nel 2016, di cui è invitata a far parte la Presidente del Serra Club, SilviaCampani, che Marzio Gabbanini ringrazia per la calorosa accoglienza.

Laura Baldini

San Miniato 978 Il Teatro dello Spirito

A Palazzo Grifoni si è parlato di “Globalizzazione, bisogni dell'uomo e libero mercato nell'ottica dell'Amore, della Verità, della Vita”. IlConvegno ha visto come qualificati relatori S.E.R. Mons. Tardelli, Vescovo di San Miniato, attento e sensibile interprete e diffusore dei temidella Dottrina Sociale della Chiesa nella società civile, e il Prof. Paolo Garonna, economista con un trascorso di 10 anni all'ONU.Il Prof. Garonna ha subito messo in guardia su come il fenomeno della globalizzazione, di grandissima attualità soprattutto per la crisi

economica, finanziaria e sociale che stiamo vivendo e che colpisce tutti, sia soggetto a visioni distorte e falsi miti.I pro della globalizzazione si delineano in tre punti: il progresso tecnologico, che ha avuto una fortissima accelerazione e che favorisce le

relazioni interpersonali; la mobilità delle persone, che riguarda principalmente le classi medie; la crisi degli stati sovrani, che genera una esi-genza di strutture sovranazionali in grado di risolvere determinati problemi a cui lo stato non riesce a far fronte da solo, ad esempio il ter-rorismo o il costo del welfare. Secondo il Prof. Garonna, non è stata la globalizzazione in se stessa a portare alla crisi, bensì il non governodell'innovazione. L'anello debole della globalizzazione, secondo il prof. Garonna, è l'etica; si può purtroppo sostenere che in questo processo c'è una caren-

za di “capitale etico”. Da questo punto prende le mosse la relazione del Vescovo di San Miniato Mons. Fausto Tardelli, che spiega due docu-menti fondamentali sul tema: l'enciclica “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI e l'Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” di PapaFrancesco, che si occupa anche della dimensione sociale del kèrigma.Il rischio più grande della globalizzazione, secondo Mons. Tardelli, è quello che l'interazione etica delle coscienze non vada di pari passo

all'interdipendenza economica; inoltre si corre fortissimo il rischio del “fascino della tecnica”, il fascino del “come” anziché del “perché”, il peri-colo della “globalizzazione dell'indifferenza” (n. 53 Evangelii Gaudium), in una “economia dell'esclusione e dell'inequità”, la negazione del pri-mato dell'essere umano a favore della “dittatura delle cose”; il denaro che governa invece di servire; (n. 59) l'esasperazione del consumismo;l'individualismo post-moderno e post-ideologico. La globalizzazione va dunque governata attraverso la carità nella verità, con riforme politico-finanziarie che restituiscano al povero ciò di cui ha diritto. Per questo si mostra necessario risolvere le cause strutturali della povertà, nelrispetto della dignità della persona e del bene comune. C'è urgenza di una revisione del mercato, della creazione di opportunità di lavoro, diuna vera economia (intesa come “arte di raggiungere una adeguata amministrazione della cosa comune”) a livello globale.

Laura Baldini

Globalizzazione e libero mercato

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Latina 420Con il nuovo anno riprendono le attività del Serra Club di Latina, movimento da sempre impegnato nel sostegno spirituale e materiale

delle vocazioni di speciale consacrazione. In realtà la pausa è durata solo alcune settimane. Infatti il Natale con le sue attese trepidanti, lesue promesse di gioia, i suoi annunci di pace, ha visto I Serrani pontini si sono riuniti presso la Chiesa Maria Immacolata di Borgo Carso.Ha presenziato il Governatore del Distretto 72, dott. Giovanni Sapia, la presidente eletta dott.ssa Stella Laudadio, delegata dal dott. LidanoSerra, assente per motivi di salute. con Mons. Mario Sbarigia, Vicario Generale della diocesi pontina,che ha celebrato l’Eucarestia in unclima di coinvolgente spiritualità. Durante l’omelia don Mario ha sottolineato che credere in Cristo significa aver trovato il senso della vita apartire dal quale immergersi completamente nel flusso della storia. Il Serrano – ha proseguito Sbarigia - deve essere un missionario pron-to a servire e a ri-scoprire la propria identità cattolica. Egli deve progettare con Dio, abitare il futuro per una Chiesa tutta vocazionale.Ricordiamo la frase di Hans Urs von Balthasar, il grande teologo svizzero che affermava: i giovani cristiani che hanno a che fare con inter-rogativi vocazionali hanno bisogno di essere guidati da personalità aperte e oranti, oggi in maniera più urgente che nel passato. PapaFrancesco, con le Sue esortazioni, ci invita ad essere Cristiani aperti, vivi, capaci di grandi desideri e di uscire dal nido per essere inviatinelle periferie più lontane. E il Serrano, sulla scia del Beato Junipero Serra, missionario sempre in marcia verso lidi lontani da evangelizza-re, deve essere il nostro esempio. Con un cuore sempre in tensione il Serrano dunque, ha affermato ancora Sbarigia, è chiamato a cerca-re Dio per trovarlo e trovarlo per cercarlo ancora e sempre. E dove? Proprio in quelle acque profonde dove più volte Papa Bergoglio ha invi-tato a spingersi. Il Vicario ha concluso l’omelia con l’esortazione: “Nulla si perde nel Regno di Dio, soprattutto il dolore, che diventa l’an-nuncio di Cristo risorto”. In seguito il Governatore ha illustrato il programma di massima per l’A.S. in corso. “Prioritario sarà lo spirito diservizio e di comunione e, poiché il Club di Latina attraversa un periodo di crisi a motivo della diminuzione degli aderenti, la nostra azionesarà diretta alla promozione della famiglia, cellula base della società, e grembo delle vocazioni”.. Mons. Nico Dal Molin, direttore del CentroNazionale Vocazioni, ha recentemente affermato che c’è stata una ripresa significativa delle vocazioni alla vita consacrata e il Santo Padrecon la Sua forza e tenerezza l’ha confermata e irrobustita. La presenza del Vicario Generale e del Governatore hanno testimoniato la dimen-sione di apertura e di accoglienza tesa alla riaffermazione della fraternità e dell’amore..

Stella Laudadio

Guardare il futuro

Marco Zanirato, seminarista della diocesi di Acqui, il 7 gennaio, nell’alessandrino è stato coinvolto inun incidente mortale. Si stava recando con la sua Fiat Punto al seminario Interdiocesano di Valmadonna(AL), quando per cause imprecisate, ha perso il controllo del mezzo, che invadendo la corsia opposta, siè schiantato contro una Bmw. Il giovane è morto sul colpo. Marco stava affrontando gli studi in prepara-zione al sacerdozio presso il Seminario Interdiocesano di Valmadonna (AL). Nato nel 1990 a CairoMontenotte (SV), era appassionato di musica e di internet: recentemente aveva completato il rinnova-mento del sito del Seminario. Al terzo anno di teologia, sempre sorridente e gioviale, prestava la sua col-laborazione pastorale presso l’Oftal, ed anche presso le parrocchie di Orsara e Rivalta Bormida. I funera-li svolti a Cairo Montenotte sabato 11 gennaio, sono stati concelebrati da Mons. Micchiardi Vescovo diAcqui e da Mons. Ravinale Vescovo di Asti, da oltre 50 sacerdoti ed una decina di diaconi. La Chiesa disan Lorenzo era stracolma di giovani provenienti da tutta la diocesi, dai cittadini, dai compagni di semi-nario, da molti serrani e dai cittadini arrivati da tutta la diocesi. In questa tristissima occasione ilGovernatore del Distretto 69 Giancarlo Callegaro ha così rivolto l’estremo saluto serrano a Marco: CiaoMarco, i Distretti Serra del Piemonte e Liguria assieme a tutti i soci dei Serra Club di Acqui, Alessandria,Casale e Tortona, partecipano al grande dolore della tua Famiglia, della Diocesi, del Seminario, della Città,per la prematura “chiamata” al cielo. Desideriamo farti sentire la nostra vicinanza, la nostra amicizia, ilnostro affetto; proprio come abbiamo manifestato un mesetto fa nel Seminario di Valmadonna, accolti daituoi Superiori, dai tuoi compagni studenti-seminaristi e da te. Ci addolora molto che un ragazzo, verointerprete di una autentica “chiamata”, che nella sua vita avrebbe potuto dare tanto alla Chiesa, ci abbialasciato così presto. Il ricordo del tuo sorriso spontaneo e contagioso ci rincuora; pensiamo che tu abbiasparso tantissimi semi tra i tuoi amici e le persone che hai avuto modo di conoscere. Siamo fiduciosi che,con l’intercessione del Beato Junipero Serra, altri giovani raccoglieranno il tuo testimone, sfruttando isemi che hai diffuso e porteranno a compimento la missione da te scelta. Anche il Presidente Nazionaledel Serra International avv. Antonio Ciacci mi scrive: “Sono molto dispiaciuto e mi associo alle condo-glianze. Pregherò per l’anima Santa di un giovane che ha raggiunto la Gloria celeste, vicino a quel Cristocui voleva dedicare tutta la propria vita. Un abbraccio forte. Antonio “ Ciao, Ciao Marco.

Giancarlo Callegaro

Acqui 690 Ricordo di un seminarista

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Viterbo 433“Viaggio nell’imbarazzante mondo del rispetto”: è questo il sottotitolo di un libro di Francesco Mattioli, professore ordinario di sociolo-

gia presso l’Università di Roma La Sapienza, che l’Autore ha presentato in Viterbo presso la sala della Delegazione del Sovrano Ordine diMalta, grazie alla sponsorizzazione del Serra Club e della Diocesi di Viterbo.Si è svolta una tavola rotonda che ha accompagnato la presentazione del libro, edito dalle edizioni Paoline, dal titolo ironico “A che punto

siamo arrivati” del prof.Mattioli con la partecipazione, oltre che dell’Autore, di mons.Dante Bernini, Vescovo emerito di Albano, deldott.Francesco Giorgino, giornalista RAI e conduttore del TG1 e della prof.ssa Maria Teresa Ubertini, già docente e Preside del LiceoClassico della città di Viterbo.Nella sala affollata da oltre 150 persone tra cui moltissimi Soci del Serra Club erano presenti il Presidente del Rotary Club dott. Mario

Moscatelli, il Presidente del Panathlon Club avv.Stefano Marini Balestra, il sen.Giulio Marini e molte altre personalità. Dopo il saluto diS.Ecc.mons Lino Fumagalli e del Delegato dello SMOM avv.Roberto Saccarello, la Presidente del Serra Club di Viterbo prof.ssa MariaesterSemprini ha rivolto il suo benvenuto ai presenti e, riferendosi al titolo del libro, ha accennato all’importanza, anche in ambito sociologico, diproclamare non solo i diritti, ma anche i doveri, affermando come il rispetto debba essere considerato oltre che un diritto anche un dovere.Il prof.Mattioli inizia il suo intervento, affrontando il punto centrale della sua argomentazione, e cioè la considerazione che l’etica della

nostra società è fondata sul principio,”non fare agli altri ciò che non vorresti che fosse fatto a te” che esprime una logica strumentale, unpatto tra individui potenzialmente aggressivi che solo per tornaconto personale giungono al rispetto reciproco. Mattioli ritiene invece che ilrispetto tra gli uomini debba nascere da due princìpi, uno cristiano, l’altro laico: nei Vangeli si legge il comandamento “Ama il prossimo tuocome te stesso” e Kant “Considera l’Uomo come un Fine, non come un Mezzo”. Il rispetto quindi si deve a chiunque, amico e nemico, pro-prio perché è un essere umano, la massima espressione dell’esistente, e senza seconde intenzioni. Un proposito difficile da perseguire, avolte “imbarazzante”, che non sempre si riesce ad onorare, ma al quale non si deve rinunciare.Alla presentazione del libro ha fatto seguito il dibattito, moderato da don Emanuele Germani,Direttore dell’Ufficio Stampa della Diocesi.

È intervenuto il dott.Francesco Giorgino, giornalista RAI e conduttore del TG1 e anche docente alla facoltà di Scienza della Comunicazionedell’Università di Roma, con un’analisi sociologica del libro e con la citazione puntuale delle Encicliche che si sono succedute a partire dallaRerum Novarum di Leone XIII, aventi contenuto sociologico, accennando anche alle rivoluzioni culturali del ’68 e della teoria della liberazio-ne. Il dott.Giorgino ha duramente criticato il fenomeno della de-socializzazione e dell’egoismo risultante da un deleterio ripiegamento dell’in-dividuo su se stesso.Mons. Dante Bernini, Vescovo Emerito di Albano e residente presso il Santuario della Quercia, frazione nella quale è nato, è intervenuto accen-

nando al dilemma fede-ragione e proponendo un superamento dello stesso, sollecitando la mente alla valutazione del “bene “ e della “bellezza”.Infine la prof. Maria Teresa Ubertini, già docente di letteratura italiana e latina e poi preside del Liceo Classico della città di Viterbo, ha

condiviso pienamente le argomentazioni del prof.Mattioli, confrontandole anche con riferimenti a passi della Divina Commedia e delle Letterea Lucilio di Seneca, ponendosi infine il problema di quanto il rispetto per l’”altro”, inteso come valore assoluto, possa impegnare l’individuonella vita quotidiana.Termino questo mio reportage citando le conclusioni finali dell’Autore: Rispettare gli essere umani come tali, trattarli come fini e non

come mezzi non è solo un comandamento religioso o un imperativo etico, ma è la precondizione per poter capire quali sono le strade da per-correre,quali quelle da abbandonare, per rispettare se stessi, la propria dignità di uomini che hanno fatto una scelta morale.

Mariaester Semprini

Nel mondo del rispetto

Livorno 486Il Vicario generale della diocesi di Livorno Mons. Ivano Costa, appassionato studioso di Patristica, su invito del Serra Club di Livorno, in

un incontro aperto alla cittadinanza, ha trattato il tema “Aspetti della carità nei Sermoni di S. Agostino”, di cui vengono qui sinteticamenteriportati alcuni passaggi.S. Agostino: il teorico di fede e ragione, il dottore della carità che è amore in Dio, amore tra Dio e il prossimo. “Se vedi la carità, vedi

la Trinità” scrive S. Agostino (De Trinitate VIII, 8,12: CCL 50 287). S. Agostino imbocca il cammino della Verità, trova Dio, trova la Trinitàgrazie alla corrente filosofica del neo-platonismo che vuole Dio, Uno e Trino.“Tardi ti ho amato, Bellezza, così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché Tu eri dentro di me e io fuori lì ti cercavo” (Confessioni

X, 27,28).“La storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di

sentimento e così il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più e la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, chei comandamenti mi impongono dall’esterno, ma è la mia stessa volontà, in base alla esperienza che, di fatto, Dio è più intimo a me di quan-to lo sia io stesso” (S. Agostino Confessioni III,11: CCL 27,32).L’Oratore cita la Prima Lettera di Giovanni che tratta dell’Amore di Dio e dell’Amore del prossimo.Ci dice Mons.Costa: Il dottore della carità ci ricorda che il mistero della Trinità è tutto incentrato sull’amore: un Padre che genera per

amore, un Figlio che si incarna per amore, lo Spirito che anima, soffia sull’amore in una comunione consustanziale.S. Agostino celebra il trio dell’amore e con esso la creazione e la Redenzione opere di amore.Lungo ed affettuoso l’applauso del numeroso pubblico presente.

p. m.

La carità in S. Agostino

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Aversa 1002

Il Liceo Classico Paritario Vescovile di Aversa “Card. Innico Caracciolo”, tramite il prof. Antonio Serpico, con il patrocinio morale delSerra Club e l’approvazione del Vescovo, S. Ecc. Mons. Angelo Spinillo, ha promosso un progetto di attività didattica originale, che attual-mente è in svolgimento: uno studio in collaborazione tra quattro classi di quinto liceo appartenenti ad Istituti diversi del Comune di Aversa,incentrato sul seguente tema:

Il rapporto tra ragione e fede in uno dei massimi filosofi dell’Illuminismo tedesco:Immanuel Kant.

Partecipano alla sua attuazione, con regolare autorizzazione dei rispettivi Collegi dei docenti e Dirigenti Scolastici, gli alunni e i docentiappartenenti ai – Liceo Vescovile Paritario “I. Caracciolo” (V sez A, guidata dallo scrivente);– Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” (V sez O, guidata dal prof Tommaso Granata);– Liceo Statale “N. Jommelli” (V sez. Pedagogico, guidata dalla professoressa Lucia Mariniello);– lo stesso Liceo Statale “N. Jommelli” (V sez Linguistica, guidata dalla professoressa Carmen Stabile).

Le ragioni che sono alla radice di questa esperienza sono varie.

La prima è che l’argomento negli ultimi tempi è divenuto particolarmente attuale al punto che:– finanche Papa Francesco, in collaborazione con il Papa emerito Benedetto XVI, ne ha trattato ampiamente nell’enciclica Lumen fidei,

la quale ha riscosso molti apprezzamenti e notevole successo editoriale tra credenti e non;– lo stesso Papa Francesco il 4 settembre del 2013 ha polemizzato per iscritto con il giornalista E. Scalfari per le critiche negative da

quest’ultimo rivolte alla stessa enciclica,– ed, infine, il Papa emerito il 24 settembre dello stesso anno ha fatto altrettanto con il matematico prof. P. Odifreddi, che in un suo

lavoro aveva esposto dubbi sulla credibilità della figura di Gesù quale emerge da scritti di Benedetto XVI risalenti ad anni precedenti, soste-nendo in definitiva che la teologia è fantascienza.

Questa iniziativa ha avuto come conseguenza che, nei mesi scorsi, a volte per la strada, altre volte nei circoli o salotti frequentati, dis-cutendo dello stesso tema, si ripetesse acriticamente quanto spesso viene affermato negli ambienti dei credenti o in quelli dei non credenti.Nei primi si sostiene quanto la Chiesa ha sempre affermato e, cioè, che per conoscere la realtà e se stesso l’uomo ha bisogno del saperescientifico-filosofico e della fede. Magistrale, a tal proposito, è la lezione che ci hanno lasciato Autori come Sant’Agostino, San Tommaso e,in ogni epoca, i documenti ufficiali della Chiesa, non ultimi l’enciclica Fides et ratio e l’enciclica Lumen fidei. Negli ambienti dei non creden-ti, invece, la tesi ultima ribadita più o meno da tutti e spesso in maniera acritica è che l’uomo di scienze e il filosofo non possano dare valo-re alla religione se non vogliono rinnegare se stessi e la loro cultura.Il secondo motivo è che i docenti, al fine di sottrarre gli alunni e se stessi all’influenza di posizioni precostituite, hanno pensato di stu-

diare il problema di cui al progetto, affidandosi ad una delle pietre miliari della storia del pensiero filosofico, Immanuel Kant, che lo affron-tò in un itinerario di ricerca trentennale (dal 1763 al 1793), svolto alla fine del Settecento, attraverso una meditazione profonda e appas-sionata per effetto della quale, dopo essere stato a lungo sostenitore della tesi che negava ogni valore al pensiero religioso, giunse alla finead affermare la naturalità e razionalità della fede cristiana. Essi hanno ritenuto che l’impegno nel progetto può consentire un approccio favo-revole all’esame razionale delle diverse posizioni prima indicate non soltanto per l’autorevolezza del filosofo tedesco, ma anche perché lasua ricerca si sviluppò in luoghi e tempi diversi dai nostri, e, quindi, può ben essere utilizzata al fine di aiutare gli studenti a percorrerne letappe in maniera serena e spassionata, senza subire i condizionamenti che possono venire dall’attualità, e ricorrendo, ovviamente, ai testidell’Autore tedesco reperibili nel nostro Paese in buona traduzione in italiano.Altre ragioni della promozione del progetto si possono ritrovare nel fatto che, studiando le varie tappe della ricerca kantiana, è possi-

bile perseguire anche il conseguimento dei seguenti “obiettivi finali”, che sono propri dell’insegnamento della filosofia dei Licei.Infine ,ma non ultimo, il desiderio di impegnarli in un tipo di studio non consueto, capace di indurli a esaminare a fondo e a sforzarsi di

ben capire ragionamenti non semplici, realizzati in uno stile espositivo in cui il periodare è quasi sempre assai complesso e le idee vengo-no veicolate da termini spesso nuovi, nonché a discutere all’interno di un pubblico numeroso, composto oltre che da quasi cento studenti,anche dai docenti delle classi partecipanti, dalla professoressa Maria Luisa Coppola e, spesso, da S. Ecc. Rev.ma il Vescovo e da qualcheautorità scolastica.A conclusione del lavoro a tutti gli alunni che avranno partecipato con impegno alle attività previste dal progetto il Serra Club di Aversa

rilascerà un attestato di frequenza, e nel caso fossero state prodotte da loro pagine pregevoli sui vari momenti del studio di Kant, lo stes-so Serra Club potrebbe, con l’aiuto dei docenti impegnati nel corso ed indicando il nome degli studenti che le avranno scritte, pubblicarequeste pagine formandone un piccolo libro.

Antonio Serpico

Scuola di filosofia tra classi liceali

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in dialogo

Perché l’ “estensione”?Una tendenza diffusa tra i Cattolici è il contarsi. C’è chi tra noi è soddisfatto o deluso a secondo che le

statistiche denuncino un aumento oppure una diminuzione di Cattolici nel mondo od in una zona di esso.Eppure non ci si accorge che si tratta di un pregiudizio in quanto contrario all’insegnamento di Gesù ilCristo, il Quale già scegliendo il modesto numero di dodici Apostoli ha evidenziato come rilevante non ilnumero, ma la fede di chi è disponibile ad evangelizzare. La tendenza di contarsi è un pregiudizio ancheper il motivo che “la fede è garanzia delle cose sperate, prova per le realtà che non si vedono” (Eb 11, 1)e, quindi, essa non dipende dal numero di coloro che affermano di praticarla.Già da queste considerazioni emerge che l’esito dell’evangelizzazione non dipende dal numero degli

operatori, né da quello degli evangelizzati, ma dipende dallo “scopo” attribuito all’evangelizzazione e, per-ciò, dal conseguimento dello “scopo”. È innegabile che per chi si propone l’evangelizzazione, il successoumanamente è un conforto ed un rafforzamento del suo impegno, ma sarebbe erroneo confondere questo“effetto” con lo “scopo”. Tutto ciò evidenzia al tempo stesso il significato e lo scopo dell’attività di “esten-sione” nell’ambito dei Serra Clubs, sia perché tale attività è una specifica manifestazione della generaleevangelizzazione doverosa per ogni cattolico, sia perché lo “scopo” della “estensione serrana” non è l’au-mento del numero dei Serra Clubs o dei Serrani, ma è il potenziamento delle probabilità di realizzare lo“scopo” del Movimento serrano consistente nel favorire la risposta alla chiamata di Dio al sacerdozio non-ché nel sostegno a favore dei Sacerdoti. Per i Serrani, in particolare, vale la recente esortazione di PapaFrancesco ad uscire per “offrire la vita di Gesù Cristo” (Esortazione Apostolica 24.11.2013, n. 49) a bene-ficio dello “scopo” essenziale del nostro Movimento in realizzazione dell’esortazione specifica del Cristo apregare “il padrone della messe che mandi operai alla sua messe” (Mt 9, 37). La specifica evangelizzazione serrana dunque comporta la consapevolezza che l’efficienza dell’organiz-

zazione e degli strumenti della nostra azione sono esclusivamente segmenti per realizzare lo “scopo” delMovimento Serrano, mentre la preghiera incessante e convinta è la linfa vitale dell’evangelizzazione serrana.Il Serrano realmente consapevole della Sua missione nell’ambito della Chiesa come popolo di Dio non puòdolersi per la riduzione dei Serra Clubs e/o dei Serrani, perché in tale contingenza Suo dovere è meditaresulle eventuali carenze della Sua azione di evangelizzazione e dell’azione comunitaria del Movimento Serrano,ripetendo a Se stesso l’ammonizione paolina “Guai a me se non annuncio il Vangelo! “ (1 Cor 9, 16).

Aurelio Verger

VISITATE IL PORTALE: www.serraclubitalia.it ovvero com

Sono d'accordo su tutto, caro Verger, tranne che sulla notazione finale. Nella sua frase "il Serrano (...) nonpuò dolersi per la riduzione dei Serra Clubs e/o dei Serrani", io inserirei infatti un "solo". In altri termini nonpuò solo dolersi. E non può neanche solo dolersi e meditare sulle eventuali carenze della sua azione. A mequesti paiono due momenti necessari ma propedeutici a un terzo e più importante snodo: l'azione. In sostan-za è necessario trasformare la preoccupazione (a volte la lamentela) e la riflessione in nuovo slancio. Non èquesto il luogo per dire come. Se ne parlerà certamente in seno agli organi nazionali, distrettuali e dei variclub. Ma intanto grazie per aver posto il problema.

Lettere al Direttore • Lettere al Direttore

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XIV Congresso Nazionale30-31 Maggio - 1 Giugno 2014

BOLOGNAHotel Savoia Regency

*«La bellezza

della Fede nel mondogovernato

dall’economia:una vocazione

per la vera crescita»

*

SERRAINTERNATIONAL ITALIA