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PREISTORIA E PROTOSTORIA IN ETRURIA ATTI DEL DECIMO INCONTRO DI STUDI L’Etruria dal Paleolitico al Primo Ferro Lo stato delle ricerche volume I Centro Studi di Preistoria e Archeologia Milano
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Il Paleolitico nei Monti della Tolfa: nuove ricerche e prospettive future

Nov 20, 2022

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Daniele Aureli
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Page 1: Il Paleolitico nei Monti della Tolfa: nuove ricerche e prospettive future

PREISTORIA E PROTOSTORIA IN ETRURIA

ATTI DEL DECIMO INCONTRO DI STUDI

L’Etruria dal Paleolitico al Primo FerroLo stato delle ricerche

volume I

Centro Studi di Preistoria e ArcheologiaMilano

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In copertina disegno di Ercole Negroni

Questo volume è stato stampato con il contributo dell’Università degli Studi di Milano

È vietata la riproduzione anche parziale a uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia non autorizzata.

ISBN 978-88-639-9083-6

© 2012 by Centro Studi di Preistoria e Archeologia – Onlus via Fiori Chiari 8, 20121 Milano

www.preistoria.it

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** Museo Civico “A. Klitsche De La Grange”, Allumiere, Roma.*** Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Scien ze della Terra, Roma.**** Soprintendenza per i Beni Arche-ologici dell’Etruria Meridionale, Roma.

Il Paleolitico nei monti della Tolfa: nuove ricerche e prospettive future

* Università degli Studi di Siena, Dipar-timento di Scienze Ambientali, U.R. Ecologia Preistorica; Université Paris Ouest Nanterre La Défense, UMR 7041 - ArScAn - équipe AnTET (Anthropo-logie des techniques des espaces et des territoires aux Pliocène et Pléistocène).

IntroduzioneLe ricerche preistoriche nel territorio dei Monti della Tolfa sono, allo stato attuale, in una fase del tutto embrionale sebbene, come si vedrà più avanti nel paragrafo sulla storia delle ricerche, si pos-sano evidenziare alcune tappe importanti che hanno messo in luce la potenzialità archeologica di questo territorio. Solo recentemen-te, nel 2008, ha preso avvio un progetto di ricerca promosso dal Museo archeologico e naturalistico “A. Klitsche De La Grange” di Allumiere in collaborazione con l’Università “La Sapienza” di Roma e la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria Me-ridionale, che ha come obbiettivo di ricostruire la storia e le dina-miche del popolamento umano nella regione dei Monti della Tolfa durante il Pleistocene e il primo Olocene.

Rispetto al territorio preso in esame si focalizza l’attenzione su tre aree di riferimento: Area Ficoncella, Area Ripa Maiale e Area Poggio alla Capanna (fig. 1.1). Questa specifica attenzione viene effettuata, convenzionalmente, sulla base dell’importanza e della concentrazione delle evidenze restituite da ogni singola unità ter-ritoriale. Le aree sono dislocate attualmente nei territori ammini-strati dei comuni di Tarquinia (VT), Allumiere (RM) e Tolfa (RM).

Nei prossimi anni verrà posta una specifica attenzione all’Area Ficoncella e all’Area Poggio della Capanna. Nel primo caso, le evidenze presenti lungo la valle del Mignone di depositi fossiliferi plio-pleistocenici marini e continentali associate al nuovo sito di Ficoncella offrono un potenziale informativo utile a una ricostru-zione paleo-ambientale e tecno-culturale del primo popolamento umano nel territorio in esame durante le principali fasi del Pleisto-cene inferiore e medio. Nel secondo caso la particolare funziona-lità del sito di Poggio della Capanna potrebbe di fatto evidenziare una precoce vocazione mineraria che, in epoca storica, rappresen-terà il principale traino per lo sviluppo di questo territorio.

Storia delle ricercheL’interesse per la preistoria dell’area dei Monti della Tolfa prende avvio all’inizio degli anni settanta (Brunori 1972), a questi anni

Daniele Aureli*Antonio Contardi**Valerio Modesti**Maria Rita Palombo*** Flavia Trucco****

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infatti risalgono le prime segnalazioni di materiale litico prove-niente dalla zona di Ripa Maiale, un’imponente falesia trachitica localizzata a circa 5 km in linea d’aria dal comune di Allumiere. Il materiale raccolto nel corso di queste indagini fu analizzato nel tentativo di poter creare una sequenza cronologica di riferimento (Brunori 1972; Brunori-Capuani 1973; Tozzi et alii 1995). In base a tali studi fu possibile rilevare la presenza di manufatti sicura-mente attribuibili al Paleolitico medio con qualche dubbio riguar-do a eventuali rimandi al Paleolitico inferiore. È stata inoltre rico-nosciuta una presenza umana risalente a momenti più recenti, presumibilmente olocenici (dal Neolitico all’età del bronzo).

Una successiva tappa nella storia delle ricerche è rappresentata dalle attività di Enrico Seri condotte a partire dalla fine degli anni ottanta. In questi anni l’autore recupera le prime evidenze paleon-tologiche di Palaeloxodon antiquus dal sito di Ficoncella (Seri 1994).

Di più recente acquisizione sono invece i manufatti provenien-ti dall’apparato boschivo noto con il nome di Deserto (Seri 2003) (Area Ripa Maiale) e localizzato su un terreno situato a 230 metri s.l.m. nella campagna di Allumiere. La segnalazione, datata 1995, si deve ancora una volta a Enrico Seri che, a seguito di interventi effettuati in zona da privati con mezzi meccanici, mobilitò il grup-po di ricerca del museo di Allumiere. L’analisi effettuata sui mate-riali raccolti (220 tra nuclei, schegge e manufatti ritoccati) portò l’autore a proporre un modello interpretativo basato su quattro serie tipologiche inseribili all’interno di un arco cronologico che, partendo dal Paleolitico inferiore, viene fatto terminare a un mo-mento tardo del Pleistocene, culturalmente riconducibile all’Epi-paleolitico (Seri 2003).

Per quanto riguarda Poggio della Capanna esistono delle se-gnalazioni (Fugazzola Delpino 1992; Tozzi et alii 1995) riguardan-ti materiale litico attribuito al Paleolitico inferiore e medio.

Area FiconcellaL’Area Ficoncella risulta molto importante poiché, allo stato attua-le delle ricerche, presenta l’unico sito della zona in possesso di evi-denze antropiche inseribili all’interno di un chiaro contesto strati-grafico e associate a resti faunistici riferibili al Pleistocene medio. Nella stessa area è stata rinvenuta, in giacitura secondaria, una in-dustria litica da riferire in linea generale al Paleolitico medio.

Il sito di Ficoncella Il sito è stato oggetto nel maggio 2009 di indagini preliminari ef-

1. 1. Localizzazione delle tre aree di riferimento: Area Ficoncella (AREA 1); Area Ripa Maiale (AREA 2); Area Poggio della Capanna (AREA 3); 2. Ficoncella: foto di scavo 2010; 3. Foto e disegno della prima scheggia rinvenuta nella concrezione della scapola di Elephas proveniente dal sito di Ficoncella (disegni Daniele Aureli).

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fettuate al fine di verificare il contesto stratigrafico dei resti fauni-stici ed archeologici messi in luce da smottamenti del terreno e recuperati durante gli anni novanta e i primi anni duemila. La successione stratigrafica, di cui gli orizzonti fossiliferi fanno parte, è infatti localizzata sul versante di una collina soggetta a erosione e interessata dall’attività di istrici che, bisognose di costruirsi un tetto dove vivere, hanno messo a dura prova l’integrità stessa degli strati paleontologici e archeologici del sito.

Nel maggio 2010 è stata eseguita una campagna di scavo (fig. 1.2) che ha permesso di recuperare, ancora in strato, resti di Palae-loxodon antiquus, Equs sp e Bos Primigenius associati a pochi ma-nufatti litici (Aureli et alii c.s.). Ne consegue che la componente archeologica proveniente dal sito è rappresentata, allo stato attuale delle ricerche, da evidenze molto esigue. Alle tre schegge recupera-te con lo scavo del 2010 se ne aggiunge una già nota e acquisita durante il restauro di una scapola di P. Antiquus proveniente dallo stesso sito e conservata nel Museo Civico di Allumiere. Al momen-to del rinvenimento la scheggia era ancora immersa nel sedimento concrezionato che avvolgeva il resto paleontologico (fig. 1.3).

Si tratta di una scheggia in calcare di grandi dimensioni (70 mm, 65 mm, 35 mm). Lo stato fisico di questo supporto risulta essere relativamente alterato e danneggiato a causa degli agenti fisici e chimici che si sono prodotti durante il tempo. Le superfici del pezzo sono caratterizzate da una patina bianco-grigiastra e da porzioni di deposito concrezionate in particolar modo sulla super-ficie dorsale; i bordi sembrano abbastanza vivi. Da un punto di vista morfo-tecnico questa scheggia è definita da una superficie dorsale costituita da quattro negativi a direzioni centripete, da una superficie ventrale con un bulbo poco prominente e da un dorso laterale formato da negativi precedenti su cui si registrano i con-trobulbi delle loro partenze. Da un punto di vista tecno-funziona-le si osserva la presenza di due bordi taglienti convergenti opposti a un dorso. Da un punto di vista produttivo tale supporto si po-trebbe inserire all’interno dei metodi di dèbitage caratterizzati dall’alternanza delle superfici del nucleo e dall’assenza di gerar-chizzazione tra piano di percussione e superfici di estrazione (SSDA), tipici ma non esclusivi del Paleolitico inferiore, anche se si è pienamente coscienti della difficoltà di interpretare un metodo di dèbitage a partire da un solo elemento.

Gli altri tre manufatti litici, in corso di studio, presentano anch’essi quei caratteri morfo-tecnici diagnostici delle industrie litiche di natura antropica. La materia prima utilizzata in questo

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caso per la produzione di questi tre supporti è selce di buona qua-lità che al momento non si riscontra in nessuna delle industrie liti-che riferibili al Paleolitico medio rinvenute nei Monti della Tolfa. Questo dato aprirebbe una problematica molto interessante sugli aspetti tecno-economici e di sfruttamento del territorio da parte dei gruppi umani paleolitici. Le informazioni tecniche ricavabili da questi tre elementi sono ancora molto esigue per poter definire con precisione il loro contesto industriale. Per il momento possia-mo solo avanzare alcune domande: come si può considerare que-sto materiale all’interno della problematica relativa alla diffusione delle culture acheuleane in Europa e in particolare nel contesto dei siti laziali relativi al Pleistocene medio? Si tratta di sequenze operative legate alla produzione di schegge, débitage, o alla produ-zione di strumenti bifacciali, façonnage? Che tipo di rapporto in-tercorre tra questi manufatti e i resti faunistici?

Attraverso le ricerche future si cercherà di trovare delle rispo-ste alle precedenti domande.

La raccolta di superficie di FiconcellaIn questa area, come precedentemente ricordato, è stato rinvenu-to materiale litico di superficie localizzato in un pianoro al tetto della serie stratigrafica del sito. I materiali recuperati ammontano a un totale di circa 150 pezzi, un lotto molto esiguo che verrà in-crementato nel corso delle future indagini.

Da un punto di vista generale la quasi totalità dei manufatti analizzati mostra elementi riconducibili alla variabilità tecnologica e tipologica tipica del Paleolitico medio.

Le materie prime: sono riscontrate tipologie di selci, calcari, diaspri e quarzite. Tali materie prime sono diffuse su tutto il terri-torio e costituiscono la componente base del materiale locale uti-lizzato durante la Preistoria. Le morfologie di partenza principali sono sia blocchi o frammenti di blocco che ciottoli di medie e piccole dimensioni.

Il materiale litico: a partire da un’analisi d’insieme dei caratteri morfo-tecnici si riscontrano elementi ascrivibili alla variabilità dei metodi di débitage definita come Levallois.

Alcuni supporti scheggiati caratterizzati dalla presenza di cor-tice sulla superficie dorsale informano sulle prime tappe delle se-quenze operative volte alla produzione di schegge a bordi taglien-ti. Per quanto riguarda le fasi di piena produzione, rappresentate da supporti non corticati o con una bassa percentuale di cortice, si distinguono schegge a direzione centripeta (fig. 2.4-5) e schegge

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2. Ficoncella raccolta di superficie: 1. Nucleo Levallois ricorrente centripeto; 2, 3 Nucleo Levallois a scheggia preferenziale; 4, 5. Schegge a direzione centripeta; 6, 7. Schegge a direzione cordale; 8,9. Raschiatoi; 10. Denticolato; Ripa Maiale: 11, 13. Nucleo Levallois ricorrente centripeto; 12. Nucleo discoide; 14, 15. Schegge Levallois; 16, 17. Schegge discoidi; 18. Raschiatoio; 19, 20. Punte; 21. Becco (disegni Daniele Aureli).

a direzione cordale (fig. 2.6-7). Passando alla categoria dei nuclei, anche in questo caso, sono diffusi elementi propri del “mondo” tecnologico finora citato: è infatti riscontrabile la presenza di nu-clei Levallois di tipo ricorrente centripeto (fig. 2.1) e nuclei di tipo preferenziale a scheggia (fig. 2.2-3). Risulta importante sottolinea-re un carattere peculiare dell’industria che, già evidente attraverso l’analisi dei supporti scheggiati, si palesa con ancora maggiore im-portanza grazie allo studio dei nuclei: si tratta cioè di una precisa ricerca di moduli dimensionali piccoli e molto piccoli riscontrabi-le sui supporti ricercati; questo aspetto è documentato in partico-lare dagli ultimi negativi presenti sulle superfici di estrazione dei nuclei.

In ultima analisi la componente dei supporti ritoccati risulta ben in accordo con l’attribuzione crono-culturale proposta per l’insieme in esame. Nella maggior parte dei casi sono presenti ra-schiatoi e denticolati (fig. 2.8-10), caratterizzati, in particolar modo i primi, da ritocchi di tipo scalariforme tipici del Paleolitico medio (fig. 2.8).

Area Ripa MaialeAll’interno di quest’area sono presenti tre punti di raccolta non distanti tra loro (denominati Ripa Maiale, Deserto e Palano) che hanno restituito un’ingente quantità di manufatti riferibili, in linea generale, a una frequentazione della zona durante il Paleolitico medio.

A partire da parametri, quali stato fisico e materie prime, asso-ciati a una prima visione degli aspetti tecno-tipologici delle indu-strie, è possibile giungere a una suddivisione in due gruppi: un primo gruppo (Gruppo 1) riferibile al Paleolitico medio-inferiore caratterizzato da materie prime di origine locale (rocce di origine vulcanica, diaspri e selce di colore giallo-bruno) di media bassa qualità e a stato fisico alterato. Un secondo gruppo (Gruppo 2) ascrivibile a un contesto più recente, Paleolitico superiore-Oloce-ne, ottenuto tramite lo sfruttamento di materie prime probabil-mente di origine alloctona (tipologie diverse di selce di colore gri-gio e alcuni elementi di ossidiana), di migliore qualità e a stato fi-sico fresco.

Il sito di Ripa MaialeQuantità del materiale: l’intera collezione archeologica, composta sia dal materiale recuperato durante le vecchie raccolte sia dalle re-centi prospezioni, è composta da un totale di circa mille manufatti.

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Materiale litico: per quanto riguarda il Gruppo 1 si riscontrano elementi riconducibili alla variabilità dei metodi di scheggiatura tipica del Paleolitico medio tra cui i metodi Levallois (fig. 2.11,13-15) e Discoide (fig. 2.12,16-17). Sono presenti, se pur in misura li-mitata, schegge che asportano porzioni corticali del blocco di par-tenza, documentando le prime fasi di scheggiatura quali le aperture dei blocchi (con la presenza di schegge calotta) e i successivi mo-menti di messa in forma del nucleo (schegge a cortice parziale). Per quanto riguarda la fase di piena produzione si rilevano sia schegge di gestione delle convessità del nucleo (famiglia delle schegge de-bordanti) sia schegge con caratteri morfo-tecnici ricercati (schegge preferenziali, convergenti, ricorrenti centripete, punte pseudo-le-vallois, schegge discoidi). Sembra percepibile in quest’ultima cate-goria anche una certa ricerca verso moduli dimensionali medio e medio-piccoli, rare risultano le schegge di grandi dimensioni. La fase di abbandono della produzione di supporti scheggiati, testi-moniata dai nuclei, è ben rappresentata e offre un ottimo strumen-to di diagnosi: sono presenti in modo prevalente nuclei Levallois ricorrenti centripeti, seguono quelli che ricercano schegge conver-genti, quali le punte, e rari risultano quelli che mostrano negativi di schegge preferenziali; poco documentati appaiono anche i nuclei a concezione discoide. Tra questi, e in particolar misura nei Levallois ricorrenti centripeti, è importante evidenziare un carattere di ten-denza verso l’estremo sfruttamento del volume del nucleo fino a ricercare schegge inferiori ai 20 mm. Passando alla categoria tecno-logica dei supporti ritoccati si nota una forte omogeneità nei mor-fo-tipi ricorrenti, raschiatoi e punte (fig. 2.18-20), caratterizzati da un ritocco scalariforme su supporti spessi. In particolare le secon-de sono le più frequenti sia con la convergenza creata da ritocco in asse rispetto all’asse di scheggiatura del supporto sia fuori asse (su scheggia debordante parziale); rari risultano i denticolati e i becchi (fig. 2.21), presente una limaces. Anche gli strumenti sono ottenuti da schegge tipometricamente omogene e inseribili all’interno di moduli dimensionali medio e medio-piccoli.

Il Gruppo 2 è rappresentato da pochi elementi diagnostici che rimandano a un contesto olocenico fatta eccezione per un unico elemento che per caratteristiche tecno-tipologiche (bulino su lama a cresta, fig. 4.6) potrebbe risalire al Paleolitico superiore. Sono riferibili ai contesti più recenti un nucleo a lamelle (fig. 4.5) che documenta l’utilizzo della tecnica a pressione, un frammento di lama a nervature regolari e parallele (fig. 4.9), elementi foliati (fig. 4.7-8), sbozzi e punte di freccia, tecnica di ritocco a pressione.

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Il sito del Deserto Quantità del materiale: l’intera collezione archeologica è compo-sta da un totale di circa settecento elementi scheggiati.Materiale litico: partendo con l’analisi del Gruppo 1 si riscontrano anche in questo caso elementi riconducibili alla variabilità dei me-todi di scheggiatura tipica del Paleolitico medio tra cui il metodo Levallois e discoide. Analizzando le prime fasi della produzione di supporti scheggiati, cioè quella di apertura del blocco di partenza e, successivamente, quella di prima gestione del nucleo, si osserva in questo caso la totale assenza di schegge calotta e la modesta presenza di schegge di decorticamento rappresentate in particola-re da supporti a cortice sia laterale sia distale. In generale, a parti-re dai dati a disposizione, risulta di difficile interpretazione questa prima fase del débitage. La fase di piena produzione viene docu-mentata dalla presenza di supporti ricercati e di elementi di ge-stione delle convessità dei nuclei. Quest’ultimi, percentualmente poco attestati, sono da riferire in particolar modo a elementi che debordano la periferia del nucleo asportando parte del piano di percussione con la funzione di abbassare le convessità latero-di-stali della superficie di estrazione. Prendendo in esame i prodotti ricercati si distinguono schegge con caratteristiche morfo-tecniche tipiche delle produzioni Levallois, come ad esempio i supporti al-lungati, piatti e con talloni faccettati (fig. 3.4-5), e schegge riferibi-li diversamente a produzioni più di tipo discoide (fig. 3.6-7) carat-terizzate da morfologie tendenzialmente quadrangolari, spesse e con talloni poco preparati. Si osserva in quest’ultima categoria di schegge una tendenza verso la ricerca di moduli dimensionali me-dio e medio-piccoli. Passando alle fasi finali della produzione, si prende in esame la categoria tecnologica dei nuclei che ci docu-mentano le ultime operazioni di scheggiatura prima dell’abbando-no. Da un punto di vista quantitativo sono ben rappresentati mo-strando una variabilità di metodi relativamente elevata. La com-ponente Levallois è attestata in modo predominante dai nuclei ricorrenti centripeti, seguiti da quelli preferenziali sia a punta (fig. 3.1) che a scheggia, con l’asportazione, in quest’ultimo caso, di tutta la superficie di débitage (fig. 3.2). La componente discoide (fig. 3.3), rappresentata da una buona variabilità interna, è definita sia da tipi che riducono entrambe le convessità del nucleo sia da tipi unifacciali. Come è stato già notato nel sito di Ripa Maiale, si pone l’attenzione sulla tendenza verso la ricerca di schegge a mo-duli dimensionali anche inferiori ai 20 mm, documentata da uno sfruttamento delle superfici di débitage molto accentuato. I pro-

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3. Deserto: 1. Nucleo Levallois a punta; 2. Nucleo Levallois a scheggia preferenziale; 3. Nucleo discoide; 4-5. Schegge Levallois; 6-7. Schegge discoidi; 8. Raschiatoio; 9. Punta; 10. Becco; Palano: 11. Nucleo Levallois a scheggia preferenziale; 12. Nucleo Levallois ricorrente centripeto; 13. Nucleo su scheggia; 14-17. Schegge Levallois; 18-20. Raschiatoi; 19. Punta (disegni Daniele Aureli).

dotti trasformati attraverso l’utilizzo del ritocco risultano poco informativi soprattutto per il loro valore numerico rispetto all’in-sieme dei materiali. Da segnalare, come per il sito precedente, la presenza predominante di morfo-tipi quali Raschiatoi e Punte (fig. 3.8-9) (alcune anche confezionate su supporto spesso), associati a rari denticolati e becchi (fig. 3.10); il ritocco scalariforme in que-sto insieme è meno documentato.

Il Gruppo 2 è composto da pochi e generici elementi che, no-nostante permettano di documentare una fase più recente rispetto a quella definita dal gruppo precedente, risultano di difficile carat-terizzazione. Sono presenti schegge poco indicative e altrettanto generici nuclei a lamelle.

Il sito di PalanoQuantità del materiale: l’insieme è composto da più di 300 elementi.Materiale litico: il lotto di materiali riferibili al Gruppo 1, come nei precedenti casi, risulta omogeneo tra loro e permette di descrivere la stessa variabilità dei metodi di scheggiatura Levallois e discoide. A partire dalla prima fase di decorticamento del blocco di parten-za non sono state notate le schegge calotta; presenti anche se in bassa percentuale i supporti parzialmente corticati che non per-mettono nel dettaglio di giungere a una interpretazione delle mo-dalità operative legate a questa fase. Passando al momento di pie-na produzione del débitage si distinguono, attraverso parametri morfo-tecnici, i supporti ricercati dalle schegge di gestione. Per quanto riguarda le prime sono rilevabili pochi esempi di schegge convergenti e centripete, mentre in alcuni casi è testimoniata la ricerca di produzioni più allungate (fig. 3.14-17); le seconde sono rappresentate da debordamenti che asportano una porzione corti-cata del nucleo (schegge a dorso naturale) e schegge che deborda-no una porzione del piano di percussione preparato (schegge a dorso lavorato). In generale dall’analisi dei supporti scheggiati sia il metodo Levallois sia quello discoide, dato che si confermerà anche a seguito con l’osservazione dei nuclei, risultano documen-tati in maniera più sporadica rispetto alle altre raccolte. I nuclei sono poco rappresentati sia numericamente sia qualitativamente: il metodo Levallois è documentato da un nucleo ricorrente centri-peto (fig. 3.12) e da uno a scheggia preferenziale (fig. 3.11). Poco rappresentati risultano i nuclei discoidi, in un caso è presente uno sfruttamento a partire dalla faccia ventrale di una scheggia-nucleo (fig. 3.13). I prodotti ritoccati sono principalmente raschiatoi con ritocco scalariforme e in un caso su scheggia convergente.

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Al Gruppo 2 appartengono invece pochi generici manufatti tra cui si segnala un grattatoio che per i suoi caratteri morfo-tipologi-ci ben si sposa con i contesti più recenti indicati da questo gruppo.

Sintesi dell’area Ripa MaialeLe evidenze archeologiche provenienti da quest’area ci forniscono i presupposti per poter ricavare una preliminare sintesi sulle pos-sibili frequentazioni da parte dei gruppi umani durante un lungo periodo cronologico.

Molto sporadica, ma soprattutto di difficile riconoscimento, ap-pare la componente litica riferibile a un probabile Paleolitico infe-riore. Tale difficoltà è anche da mettere in relazione al carattere di genericità che queste industrie manifestano in assenza di elementi più diagnostici quali, ad esempio, il bifacciale. In altri termini la presenza di questo “fossile guida” permetterebbe di riconoscere una frequentazione durante il Paleolitico inferiore nella zona stu-diata, al contrario però la sua assenza non necessariamente indi-cherebbe un’esclusione di tale occupazione. Unitamente a queste riflessioni è necessario anche ricordare che alcuni prodotti, in par-ticolar modo riferiti alle sequenze operative di débitage, possono essere considerati trasversali e presenti in contesti crono-culturali anche molto diversi tra loro. Per queste ragioni le evidenze riferibi-li alle fasi più antiche vengono prese in esame soprattutto come problematica da approfondire con il proseguimento della ricerca anzi che come dato su cui basare un modello interpretativo.

Presenze più marcate sul territorio sembrano attestate a partire dal Paleolitico medio. I materiali litici provenienti dai siti esamina-ti mostrerebbero da un punto di vista tecnologico l’utilizzo di me-todi di scheggiatura direttamente associabili alla variabilità tecni-ca documentata in questo periodo. L’impiego dei metodi di débi-tage come il Levallois e il discoide, rimandano a un arco cronolo-gico compreso tra i 300.000 anni fa e l’avvento delle culture dell’uomo anatomicamente moderno in Europa datato intorno ai 40.000 anni fa. Per quanto riguarda l’aspetto più prettamente ti-pologico delle collezioni esaminate risulta importante sottolineare la peculiarità di alcuni morfotipi (raschiatoi e in particolar modo punte) e alcune modalità di trasformazione del bordo-tranciante degli strumenti (ritocchi Quina) riconducibili entrambi a contesti più specifici di un Musteriano di tipo Quina. Risulta evidente che, allo stato attuale delle ricerche, non è possibile individuare, cosa che si rimanda in sede di prospettive future, la presenza di diffe-renti fasi di occupazione relative a distinti episodi di frequentazio-

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ne dell’area dei gruppi umani paleolitici. Un ulteriore aspetto da ricordare è la forte tendenza microlitica che si riscontra sia in al-cuni prodotti ricercati che in alcuni nuclei testimonianti un avan-zato sfruttamento della superficie di débitage, tendenza che ci ri-manda a un fenomeno di microlitismo già documentato durante tutto il Paleolitico medio sia in Italia (Bietti et alii 1996) che in Europa (M-H. Moncel 2003).

Evidenze molto sporadiche sembrano attestare la presenza di gruppi umani in momenti più recenti di contesto Paleolitico supe-riore-Olocene. Questa ipotesi trova generico conforto in dati mor-fo-tipologici quali la presenza di strumenti tipici (le punte di frec-cia) e in aspetti tecnologici (la produzione di supporti laminari molto standardizzati).

Area Poggio della CapannaL’area di Poggio alla Capanna si presenta di notevole interesse ri-spetto a un’eventuale e specifica funzionalità del sito: la presenza di un affioramento di selce e la grande diffusione di pre-forme e nuclei potrebbe documentare infatti un’attività mineraria al mo-mento riferibile, con molte riserve, al Neo- Eneolitico (attraverso una preliminare campagna di sondaggi stratigrafici, avvenuta nell’estate del 2010, si sono inaugurate le ricerche sul campo an-che in questa area).

Il materiale litico proviene esclusivamente da nuove raccolte ed è localizzato in due principali punti all’interno di un’area collina-re. La prima raccolta (denominata sito 1) è stata effettuata lungo il fronte della collina e nelle vicinanze di un affioramento selcifero. Il secondo punto di raccolta (denominato sito 2) è stato identifica-to ai piedi della collina in un zona circoscritta distante qualche centinaia di metri dalla strada statale.

Data la sporadica e bassa frequenza di materiali, rappresentata da poche schegge generiche, non è stato possibile effettuare un’at-tribuzione attendibile dei manufatti del sito 1.

Il sito 2 ha restituito una collezione di manufatti più consisten-te con una concentrazione areale tale da poter permettere un’ana-lisi preliminare. L’insieme archeologico è costituito da alcuni frammenti ceramici molto fluitati di impasto grossolano associati a materiali litici sia in selce sia in ossidiana (frammento di lamella).

Il sito 2 di Poggio della CapannaQuantità del materiale: l’industria litica è costituita da più di due-cento elementi.

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4. Poggio alla Capanna: 1. Nucleo laminare; 2. Tablette parziale; 3-4. Lame a cresta; Ripa Maiale: 5. Nucleo lamellare; 6. Bulino su cresta; 7-8. Foliati; 9. Frammento di lama (disegni Daniele Aureli).

Stato fisico: il materiale del sito 2 di Poggio della Capanna mo-stra, in modo generale, uno stato fisico molto omogeneo. Sono pre-senti leggere patine di alterazione delle superfici di colore grigio-nerastro, mentre risultano molto freschi i bordi dei manufatti. Pre-senti in quantità modesta pseudoritocchi e alterazioni da fuoco.

Materia prima: le materie prime documentate nell’insieme esa-minato possono essere ricondotte, attraverso una preliminare ana-lisi di tipo macroscopico, a tre tipi differenti. Un primo gruppo, più consistente, è caratterizzato da selce di colore grigio scuro a granulometria molto fine con presenza di linee di fratturazione interne; un secondo gruppo, meno rappresentato, è costituito da selce di colore grigio chiaro anch’essa a granulometria fine e non molto omogenea. Il terzo tipo di materia prima è l’ossidiana pre-sente in un solo caso.

Il materiale litico: a differenza dell’area di Ripa Maiale, in cui si è potuto giungere a una sintesi di carattere generale, per questo sito si approfondisce l’indagine partendo da singoli elementi dia-gnostici al fine di ottenere un’attribuzione crono-culturale dell’in-sieme. Si individuano nuclei laminari (fig. 4.1), elementi apparte-nenti alla fase di gestione del débitage laminare e manufatti ritoc-cati. I nuclei sono caratterizzati da una produzione di lame a modulo dimensionale genericamente maggiore di 40 mm. In al-cuni casi è documentata una fase di inizializzazione ben articolata attraverso la messa in forma del blocco di partenza. I piani di percussione risultano sempre molto inclinati (con un angolo an-che inferiore ai 60 gradi) rispetto alla tavola laminare. Sono docu-mentate aperture di piani di percussione opposti a quello princi-pale di produzione che attestano la volontà di recuperare inci-denti di riflessione o di mantenere la convessità trasversale sulla tavola laminare (piani di percussione ausiliari). Alcuni manufatti informano sulla presenza di fasi di gestione durante il débitage. Questa attività viene documentata in dettaglio sia dalle lame a cresta (fig. 4.3,4), elementi che preparano la convessità trasversa-le della tavola laminare, sia da schegge tablettes (fig. 4.2), manu-fatti che servono a ripreparare il piano di percussione. Passando agli elementi ritoccati, numericamente molto poco rilevanti ri-spetto alla totalità dei pezzi, si evidenzia la presenza di una punta foliata a faccia piana.

Sintesi dell’area Poggio della CapannaL’analisi dei manufatti litici provenienti da queste nuove raccolte di superficie permette verosimilmente di collocarli, con la dovu-

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ta cautela, in un ambito crono-culturale riferibile al Neo- Eneo-litico. Questa interpretazione deriverebbe dall’interazione dei seguenti parametri: la presenza di elementi ceramici di generica attribuzione pre- protostorica, lo sfruttamento dell’ossidiana come materia prima utilizzata nella produzione di strumenti, la presenza di ritoccati specifici quali la punta di freccia, la produ-zione laminare documentata dagli aspetti tecnologici dell’insie-me esaminato.

Contestualizzando questi dati all’interno di un panorama più ampio di evidenze già note e supportate anche da dati stratigrafici relativi alla frequentazione del territorio in epoca Neo- Enolitica (Fugazzola Delpino et alii 2000; Persiani 1992; Coccia et alii 1985), è possibile confermare l’attribuzione sopra indicata di que-sto insieme.

Giova ricordare che queste nuove osservazioni vanno ad arric-chire la conoscenza del sito nei suoi vari momenti di frequentazio-ne che sembra, con la prudenza dovuta a causa della minima quantità di materiale disponibile per una diagnosi, essere iniziata durante il Paleolitico inferiore-medio, periodo a cui sono stati at-tribuiti alcuni raschiatoi confezionati su materia prima locale (Fu-gazzola Delpino 1992; Tozzi et alii 1995). È invece testimoniato dalla presenza di numerosi oggetti di corredo risalenti all’età del bronzo finale l’utilizzo del colle a scopi funerari (Fugazzola Delpi-no 1992).

In chiusura solo un accenno all’eventualità che il sito di Poggio della Capanna possa essere stato sfruttato durante la preistoria anche con funzioni “minerarie”, sebbene lo stato attuale delle co-noscenze richiederebbe un particolare approfondimento riguardo alla natura delle materie prime presenti in situ e alla possibilità di rinvenire in contesto stratigrafico strumenti specifici che possano corroborare questa interpretazione.

Conclusioni A seguito dell’analisi eseguita sui diversi insiemi litici presi in esa-me è possibile effettuare una breve ricostruzione storica che per-mette in linea generale di far luce sulle varie fasi di frequentazione del territorio dei monti della Tolfa in epoca preistorica.

Paleolitico inferiore-medioIn generale lo studio sulle dinamiche insediative finora note e rife-ribili a questi periodi più antichi informa sull’esistenza di un forte vincolo adattativo tra l’uomo e l’ambiente. Le relazioni che inter-

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corrono tra le attività economiche perseguite dai gruppi umani e la disponibilità di risorse presenti in diversi habitat assumono, in questo momento cronologico, un ruolo fondante che influenza in maniera assoluta le scelte e la mobilità dei gruppi stessi. In questo senso il territorio rappresenterebbe, grazie alla disponibilità e alla varietà di materie prime litiche, un areale strategicamente favore-vole all’insediamento.

A partire da queste riflessioni e in riferimento al dato archeolo-gico disponibile grazie ai primi interventi effettuati sul sito di Fi-concella, si può fissare con precisione una prima fase di occupa-zione del territorio relativa al Paleolitico inferiore, anche se ancora da esplorare, e una consistente presenza relativa alle successive fasi del Paleolitico medio (Ficoncella raccolta, Ripa Maiale, De-serto e Palano). Tali fasi non risultano però al momento scansiona-bili dal punto di vista cronologico.

Paleolitico superiore-MesoliticoCon l’avvento delle culture riferibili a comunità umane anatomi-camente moderne il rapporto tra uomo e ambiente, pur rimanen-do vincolante, diviene sempre più regolato da aspetti culturali che determinano una maggiore mobilità dei gruppi e una più ampia circolazione delle materie prime. Nonostante questo nuovo dina-mismo, che troverà una compiuta realizzazione in epoca neolitica, le evidenze a nostra disposizione e provenienti dai monti della Tolfa per questo periodo sono estremamente esigue. Al momento è difficile comprendere se questa mancanza sia dovuta a una sem-plice lacuna nella documentazione o a un’effettiva assenza di inte-resse da parte dei gruppi umani vissuti durante il Paleolitico supe-riore e il Mesolitico a occupare la zona.

Neo- Eneolitico A partire da questo momento è l’uomo, attraverso una serie di innovazioni tecno-economiche, a definire il proprio rapporto con l’ambiente determinando notevoli cambiamenti sulle dinamiche di sfruttamento e di scambio delle materie prime. Questo tipo di cambiamento è rilevabile anche all’interno del territorio tolfetano: infatti, dai dati a nostra disposizione, possiamo attestare la proba-bile introduzione di materie prime esogene associate a una spora-dica ma significativa presenza di ossidiana. Queste evidenze po-trebbero testimoniare come in epoca neo- eneolitica il territorio in esame potesse rientrare all’interno di circuiti di circolazione piut-tosto ampi.

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Limiti della ricerca e nuove prospettive I dati riportati potrebbero testimoniare il ruolo importante che l’area analizzata ha rivestito sin da epoche molto arcaiche, quando il territorio fu occupato in successione da diversi gruppi umani preistorici. Lo studio delle dinamiche di condivisione e di sfrutta-mento dei territori e delle risorse a disposizione in ogni habitat rimane uno dei principali aspetti su cui la ricerca preistorica foca-lizza la propria attenzione e, in questo senso, il complesso tolfeta-no sembra rappresentare un ottimo bacino di informazioni a cui attingere, non soltanto per quanto concerne la possibilità di ag-giungere tasselli alla storia dell’uomo, ma anche in funzione di una pratica di valorizzazione dell’area che ha dimostrato di possedere una specificità rilevante. Partendo da una base conoscitiva ancora lacunosa, dovuta al limitato potenziale informativo delle industrie litiche, quasi sempre fuori contesto stratigrafico, sarà possibile nel corso dei prossimi anni, seguendo l’esempio dell’Area Ficoncella, fornire resoconti che apporteranno dati cronologici più precisi ri-spetto alle prime fasi di occupazione del territorio.

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Riassunto / Abstract Nel presente contributo viene proposto un quadro di sintesi sulla preistoria dei monti della Tolfa, teso ad ampliare le conoscenze sulla preistoria locale attra-verso nuovi dati acquisiti sia tramite lo studio di materiali provenienti da recen-ti raccolte di superficie, sia a seguito di un intervento di scavo effettuato nel sito fossilifero di Ficoncella. Lo studio integrale delle nuove raccolte di materiale litico consente di porre le basi per una sequenza relativa delle diverse frequen-tazioni antropiche riconoscibili sul territorio dal Paleolitico al primo Olocene, con la consapevolezza che le informazioni presentate hanno una valenza cono-scitiva tutt’altro che definitiva.

A synthesis of the prehistory of the Monti della Tolfa area is here presented merg-ing the knowledge on local prehistory coming from previous research with a number of new data obtained by analysing material from recent surface surveys and by a preliminary excavation carried at the fossiliferous site of Ficoncella. The study of the new collections enable us to outline the cultural sequence in the Monti della Tolfa area from the different Palaeolithic stages to, albeit with doubt, first Holocene.

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