Top Banner
Annali Fondazione Ugo Spirito XXII-XXIII 2010-2011 Le origini dello Stato italiano tra centralismo e municipalismo ANNALI
45

Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

Jan 29, 2023

Download

Documents

Giuliano Bobba
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

I

Annali Fondazione Ugo Spirito XXII-XXIII 2010-2011

Le origini dello Stato italiano tra centralismo e municipalismo

ANNALI

Page 2: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

III

FONDAZIONE UGO SPIRITO Commissione Scientifica Giuseppe BEDESCHI, Gaetano CALABRÒ, Gaetano CARCATERRA, Sabino CASSESE, Hervé A. CAVALLERA, Roberto CHIARINI, Domenico DA EMPOLI, Massimo DE FELICE, Vittorio MATHIEU, Guido MELIS, Franco MODUGNO, Giuseppe PARLATO, Francesco PERFETTI, Gaetano RASI, Armando RIGOBELLO (presidente), Antonio RUSSO, Giulio SAPELLI, Salvatore SECHI, Vittorio STELLA, Franco TAMASSIA Segreteria scientifica Danilo BRESCHI, Giovanni DESSÌ (coordinatore) Stefano DE LUCA, Simone MISIANI, Pietro NEGLIE, Isabella VALENTINI Consiglio d’Amministrazione Giuseppe PARLATO (presidente) Gaetano RASI (presidente emerito), Aldo G. RICCI Gianni Scipione ROSSI (vicepresidente), Franco TAMASSIA Collegio dei Revisori Stefania LICOCCIA, Antonio RACIOPPI (presidente) Stefano VINCENZI

Fondazione Ugo Spirito, Via Genova n. 24 – 00184 Roma telefono: 064743779 - fax: 064820200 e-mail: [email protected] [email protected] sito web: www.fondazionespirito.it

Page 3: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IV

Direttore: Gaetano Rasi

Direttore responsabile: Giuseppe Parlato

In redazione: Danilo Breschi, Giovanni Dessì, Gisella Longo, Pietro Neglie, Marco Zaganella

Pubblicazione annuale. Prezzo € 20

Per ordini: [email protected] scritto al n. 557 del Registro della Stampa del Tribunale di Roma il 10 dicembre 1989

Copyright © 2011 Fondazione Ugo Spirito

È vietata la riproduzione non autorizzata, anche parziale, realizzata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Page 4: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

V

Giuseppe Parlato, Presentazione VII

SEZIONE MONOGRAFICA LA COSTITUZIONE DELLO STATO ITALIANO TRA MODELLO CENTRALISTICO E TRADIZIONE MUNICIPALISTA

Vittorio Mathieu, Risorgimento italiano e rivoluzione francese 3

Federico Trocini, Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo: Treitschke, Rochau e la pubblicistica tedesca dopo il 1859 57

Paolo Pasqualucci, L’istanza etica alle origini del Risorgimento e dell’Unità d’Italia 96

Mario Ascheri, Dalle città-Stato alla nazione: un’eredità grandiosa e pesante 155

Francesco Bonini, Centralismo e autonomie nella storia costituzionale dell’Italia liberale 164

SAGGI E STUDI

David Rettura, Parate di carta. Momenti e protagonisti della Grande Guerra nella stampa militare italiana tra le due guerre 179

Giovanni Tassani, Memoria e fonti delle “destre” 207

Indice Annali 2010-2011

Page 5: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

VI

Franco M. Di Sciullo, Libertà individuale come fondamento dell’autorità politica 232 Simone Andreoni, «Guerra rivoluzionaria» nel suo settantennale. Un’indagine 248

INEDITI

Edmondo Cione, La nostra ideologia e la Chiesa cattolica, con saggio introduttivo di Giuseppe Brienza 273 Guido de Giorgio, Sul sufismo e sulla metafisica orientale, con saggio introduttivo di Angelo Iacovella 298 Giovanni Gentile, Lettera a Elisa Tacchi del 7 settembre 1897, con nota introduttiva di Gaetano Rasi e presentazione di Carlo Vivaldi Forti 321 Gli autori 328

Page 6: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

RISORGIMENTO ITALIANO E RIVOLUZIONE FRANCESE 1

SEZIONE MONOGRAFICA

LA COSTITUZIONE DELLO STATO ITALIANO TRA MODELLO CENTRALISTICO E TRADIZIONE MUNICIPALISTA

Page 7: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 57

Alla vigilia della Grande Guerra, pur riconoscendo i grandi meriti acquisiti per oltre un secolo dai numerosi studiosi tedeschi che, «con fine arguzia», avevano «indagato e glorificato la storia dell’arte, della letteratura e delle condizioni economiche dell’Italia», Robert Michels non esitò a denunciare «la distanza psicologica», che, a suo parere, ancora separava «il tedesco mo-derno dalla vita italiana vissuta»:

il viaggiatore tedesco in Italia ama e conosce la storia dell’arte del paese ove si è recato; della storia moderna invece, del Risorgimento italico, dei problemi e delle lotte d’ordine sociale, morale, economico, politico che agitano il popolo italiano del giorno d’oggi, egli non sa nulla né si cura di sapere. […]. La storia del Risorgimento italiano ha dimostrato che i tedeschi, anche quelli del Nord, amavano più l’Italia che gl’italiani, più le cose astratte che le cose concrete, o, nelle migliori del-le ipotesi, più il popolo esteta che il popolo politico2.

Ricadendo in un momento particolarmente delicato nella storia delle re-

lazioni tra Italia e mondo tedesco nel suo complesso, le considerazioni criti-

1 Questo testo è la rielaborazione di un intervento discusso in occasione del seminario

Das Risorgimento im europäischen Kontext: Politik-Kultur-Transfer svoltosi presso il Centro italo-tedesco di Villa Vigoni (14-17 giugno 2011).

2 R. Michels, Germania ed Italia. Sguardo storico, in «Rassegna Contemporanea», a. VII, fasc. VII, 10 aprile 1914, pp. 17-20.

Federico Trocini

Il “modello Cavour” tra realpolitik e liberalismo: Treitschke, Rochau e la pubblicistica tedesca dopo il 18591

Page 8: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 58

che di Michels traevano spunto dalla constatazione che, anche all’indomani della stipula della Triplice (1882) e nonostante il progressivo intensificarsi dei rapporti politici, militari, economici e culturali con la Germania, per la stragrande maggioranza dei tedeschi la Penisola continuava a rivestire i pan-ni della Cenerentola d’Europa. Più precisamente, secondo Michels, tale «di-stanza psicologica» era da rimandare all’immagine idealizzata dell’Italia che, lungo gran parte dell’Ottocento, era stata tradizionalmente coltivata in Germania. Basti pensare alla prolungata influenza esercitata dai due volumi del Viaggio in Italia di Goethe, la cui pubblicazione segnò una vera e propria svolta nella storia del rapporto tra il viaggiatore boreale e l’Italia: da allora, nel quadro di un’esperienza essenzialmente sentimentale, il «Paese dei limo-ni» divenne infatti il luogo per eccellenza in cui scoprire la bellezza della na-tura, dell’arte e, non da ultimo, la sensualità del vivere3.

Sotto l’influsso della letteratura romantica, l’immagine dell’Italia finì così per assumere soprattutto una valenza utopica, in virtù della quale i suoi pae-saggi e le sue principali città – in particolare Roma – smarrirono i loro con-torni reali per farsi luoghi onirici, in cui andare alla ricerca di un paradiso ormai irrimediabilmente perduto e, al tempo stesso, in cui discendere ad in-feros4. Emblematiche sono, in proposito, le numerose rappresentazioni lette-rarie e figurative, tramite cui fu perpetuata – si pensi al caso dell’Agro ro-mano – lo stereotipo di un milieu paesaggistico connotato da una miscela di ingredienti ricorrenti, tra cui la natura selvaggia, i ruderi monumentali, il brigantaggio e la miseria secolare5.

Contro questo genere di immagini stereotipate furono gli stessi italiani a reagire con crescente insofferenza: già intorno al 1841, Mazzini osservò po-

3 A. Brilli, Il viaggio in Italia: storia di una grande tradizione culturale, il Mulino, Bologna

2006; F. Venturi, L’Italia fuori dall’Italia, in Storia d’Italia, Einaudi, Torino 1973, vol. III, pp. 985-1481; W. Altgeld, Das politische Italienbild der Deutschen zwischen Aufklärung und euro-päischer Revolution von 1848, Niemeyer, Tübingen 1984; A. Esch, J. Petersen (Hg.), Deu-tsches Ottocento. Die deutsche Wahrnehmung Italiens im Risorgimento, Niemeyer, Tübingen 2000 e infine S. OSWALD, Italienbilder: Beiträge zur Wandlung der deutschen Italienauffassung 1770-1840, Winter, Heidelberg 1985.

4 E. Schröter, Italien – ein Sehnsuchtsland? Zum entmythologisierten Italienerlebnis in der Goethezeit, in H. Wiegel (hrsg. von), Italiensehnsucht. Kunsthistorische Aspekte eines Topos, Deutscher Kunstverlag, München-Berlin 2004, pp. 187-202.

5 D. Felisini, «Viaggio in Italia». L’economia di Roma e del suo territorio nelle descrizioni dei viaggiatori stranieri dell’Ottocento, in M. Formica (a cura di), Roma e la Campagna roma-na nel Grand Tour, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 295-312.

Page 9: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 59

lemicamente come, tra coloro che oltrepassavano le Alpi, non pochi fossero gli «eroi del dilettantismo» che avevano

acquistato le loro ammirazioni già belle preparate nelle Guide del viag-giatore o nei libri di coloro che li hanno preceduti […]. Questi, poeti voluttuosamente malinconici, eleganti tragici da sofà, hanno bisogno di una nazione morta; ieri la Grecia, oggi l’Italia; è così bella una nazione morta! A ogni modo, meno molesta di una nazione che soffre, e la seppellirebbero con le loro mani profumate di muschio, non foss’altro per il piacere di comporne l’epitaffio6.

Solo intorno alla fine degli anni Cinquanta, in coincidenza con la cosid-

detta «guerra degli opuscoli» (Streitschriftenkampf) e con il provvisorio con-seguimento dell’unificazione nazionale italiana, iniziò a maturare anche tra i tedeschi la consapevolezza dei limiti propri di quel topos di matrice preva-lentemente letteraria, in base al quale il giudizio complessivo del visitatore nord-europeo sull’Italia era sino ad allora quasi sempre oscillato tra gli e-stremi opposti della stigmatizzazione pregiudiziale e dell’ammirazione in-cantata. Nel 1869 toccò ad esempio allo storico nazional-liberale Heinrich von Treitschke entrare in polemica con i propri connazionali, constatando che:

Questa nazione di alto ingegno passava nel mondo per un popolo di servi, ricco di spirito e di perfidia, inetto alla libera vita civile […]. O-gni anno migliaia di forestieri percorrevano la penisola e si formavano un giudizio dalla marmaglia premurosa di facchini e ciceroni, che li as-sediava mercanteggiando. Essi venivano nella terra del mirto e dell’arancio per riposare dai loro gravi pensieri nordici, per ammirare lo splendore della natura e dell’arte antica. Nessuno aveva occhi per la prosa terribile del presente italiano; tutt’al più il mendicante, coi suoi stracci pittoreschi, risaltava come un felice ornamento delle grigie ro-vine7.

Quanto sin qui sinteticamente richiamato costituisce lo sfondo generale

6 G. Mazzini, La pittura moderna in Italia (1841), a cura di A. Tugnoli, Clueb, Bologna

1993, p. 23. 7 H. von Treitschke, Cavour (1869), trad. it. di G. Cecchini, Società Anonima Editrice La

Voce, Firenze 1921, pp. 12-13.

Page 10: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 60

a partire dal quale, concentrandomi sulla percezione del “modello Cavour” in Germania attraverso gli scritti di August L. von Rochau (1810-73) e di Heinrich von Treitschke (1834-96), intendo ricostruire una porzione cru-ciale della complessa relazione tra le due cosiddette “nazioni in ritardo” (verspätete Nationen) nella seconda metà del XIX secolo e, al tempo stesso, indagare alcune delle ragioni di fondo che, dopo il 1859, contribuirono a proiettare in Germania e in Europa un’immagine diversa dell’Italia, soprat-tutto sotto il profilo politico.

In vista di tale proposito, le figure di Rochau e Treitschke assumono par-ticolare rilevanza per molteplici ragioni. In primo luogo perché, nei loro ri-spettivi itinerari biografici e intellettuali, è possibile riscontrare un interesse non puramente occasionale verso la Penisola. A prescindere dal viaggio compiuto in Italia da Rochau tra 1850 e 1851 – e le cui esperienze furono di lì a poco raccolte nello Italienisches Wanderbuch 1850-51, un volume che già allora riscosse un notevole successo8 – da quello compiuto da Treitschke nella primavera del 18679 e dai rapporti stretti da quest’ultimo con alcuni importanti esponenti del mondo politico e intellettuale italiano, tale interes-se si tradusse soprattutto nell’attenzione che entrambi dedicarono al Risor-gimento e ai suoi principali protagonisti: Rochau e Treitschke furono infatti tra i primi pubblicisti tedeschi a confrontarsi in maniera articolata con la fi-gura di Cavour, contribuendo in maniera decisiva a fissare i termini essen-ziali di quel canone interpretativo per così dire “classico” di cui è possibile rinvenire tracce significative anche in lavori molto successivi, tra cui, per e-sempio, quello di Ulrich von Hassel del 193610.

8 A. L. von Rochau, Italienisches Wanderbuch 1850-1851, 2 Bde., Avenarius & Mendel-

ssohn, Leipzig 1852 e Id., Wanderings Through The Cities of Italy in 1850 and 1851, 2 voll., translated by Mrs. P. Sinnett, Bentley, London 1853. A proposito si faccia anche riferimento al giudizio di Treitschke, secondo cui Rochau «fu il primo tedesco, che, dal Belpaese riportò non già impressioni artistiche o notizie storiche, bensì il quadro di un misero presente»; in H. von Treitschke, August Ludwig von Rochau (1873), in Id., Aufsätze, Reden und Briefe, hrsg. von M. Schiller, 5 Bde., Hendel, Meersburg 1929, I (Gestalten und Charaktere), p. 638.

9 Da quanto è possibile desumere da alcune lettere dello stesso Treitschke, si trattò es-senzialmente di un viaggio di studio, compiuto intorno all’aprile 1867; cfr. lettera di Trei-tschke a Salomon Hirzel (Bellaggio am Comer See, 26/04/1867), in Heinrich von Treitschkes Briefe, 3 Bde., hrsg. von M. Cornicelius, Hirzel, Leipzig 1914-1920², III, p. 150 e anche quel-la a Isacco Artom (Heidelberg, 28/11/1868), riportata in A. M. Voci, La Germania e Cavour, prossima pubblicazione.

10 U. von Hassel, Cavour und Bismarck, Keller, Leipzig1936.

Page 11: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 61

Il saggio di Treitschke su Cavour – la cui prima idea risale al novembre del 186511 – fu portato a termine quattro anni dopo, pubblicato nel 187012 e conobbe successive ristampe e rielaborazioni – prima nel 1871 e poi nel 1886 – fino a quando fu infine tradotto in italiano una prima volta nel 187313 e una seconda nel 1921, sull’onda del “revival treitschkiano” promosso in prima persona da Benedetto Croce negli anni della Grande Guerra14. Quello di Rochau risale invece al 1873 ed è un testo rimasto incompleto, che fu pubblicato postumo sulla rivista di orientamento nazional-liberale «Die Grenzboten»15.

L’interesse suscitato da Rochau, Treitschke e dai loro “scritti italiani” va però ben oltre la loro generica “simpatia” verso il Risorgimento italiano e rimanda ad almeno altre tre ragioni.

La prima ha anzitutto a che fare con il loro profilo intellettuale di veri e propri opinion makers e di saggisti storico-politici con propositi esplicita-mente nazional-pedagogici16. Se con la pubblicazione delle due parti dei Grundsätze der Realpolitik17 – rispettivamente risalenti al 1853 e al 1869 – e la sua intensa attività in qualità di collaboratore prima della «Wochenschrift des Nationalvereins» (1860-65) e poi del «Wochenblatt des Nationalve-reins» (1865-67) il primo fu infatti in grado di esercitare un enorme «effetto catalizzatore» e, pertanto, di «incidere in profondità» sulle menti «migliori

11 Lettera di Treitschke a Salomon Hirzel (Freiburg, 28/11/1865), in Heinrich von Trei-

tschkes Briefe, cit., II, p. 437. 12 H. von Treitschke, Historische und politische Aufsätze vornehmlich zur neuesten deu-

tschen Geschichte, Hirzel, Leipzig, 1870), Teil 1, pp. 349-494. 13 Id., Il conte di Cavour. Saggio politico (1869), trad. it. di A. Guerrieri Gonzaga, G. Bar-

bera, Firenze 1873. 14 Cfr. ad esempio: ID., La Francia dal Primo Impero al 1871 (1865-1868), trad. it. di E.

Ruta, 2 voll., Laterza, Bari 1917 e ID., La Politica (1897-1898), trad. it. di E. Ruta, 4 voll., La-terza, Bari 1918. In proposito cfr. anche K.-E. Lönne, Benedetto Croce e Heinrich von Trei-tschke, in «Rivista di studi crociani», 7, 1970, pp. 35-55.

15 A. L. von Rochau, Camillo Cavour (Ein Fragment aus dem handschriftlichen Nachlasse Rochau’s), in «Die Grenzboten», I, 4-5, 1874, pp. 121-137 e pp. 177-190.

16 U. Wyrwa, Heinrich von Treitschke. Geschichtsschreibung und öffentliche Meinung im Deutschland des 19. Jahrhunderts, in «Zeitschrift für Geschichtswissenschaft», 51. Jahrgang, 9, 2003, pp. 781-792 e H. FLAIG, The Historian as pedagogue of the Nation, in «History», 59, 1974, pp. 18-32.

17 A. L. von Rochau, Grundsätze der Realpolitik [erster Teil (1853) e zweiter Teil (1869)], hrsg. und eingeleitet von H.-U. Wehler, Ullstein, Frankfurt a. M. – Berlin – Wien 1972.

Page 12: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 62

della gioventù»18, lo stesso, a maggior ragione, può esser detto a proposito di colui che, soprattutto grazie ai suoi scritti della seconda metà degli anni Sessanta19 , si sarebbe durevolmente conquistato la fama di “profeta del Reich”20. Proprio Treitschke, alla vigilia del 1866, non mancò infatti di rico-noscere non solo la necessità di agire «immediatamente e con forza sull’opinione pubblica», ma anche la propria ferma volontà a prender parte al processo di rinascita nazionale «con la penna» (mit der Feder)21. É natura-le dunque che, in virtù sia della grande capacità di incidere sull’opinione pubblica del loro tempo sia degli intenti nazional-pedagogici dei loro scritti, Rochau e Treitschke assumano un ruolo particolarmente significativo in vi-sta di una ricognizione sulle modalità di ricezione del “modello Cavour” in Germania.

La seconda ragione rimanda poi al fatto che, pur incarnando orientamen-ti sensibilmente diversi22, entrambi furono esponenti di primo piano dello schieramento liberale e, al contempo, tra i maggiori responsabili della sua riconfigurazione in senso realpolitisch23. Nonostante la loro fama di spregiu-

18 H. von Treitschke, August Ludwig von Rochau (1873), cit., p. 638. Mi permetto a pro-

posito di rimandare anche a F. Trocini, L’invenzione della «Realpolitik» e la scoperta della «legge del potere». August Ludwig von Rochau tra radicalismo e nazional-liberalismo, il Mulino, Bologna 2009, pp. 41-59.

19 Tra questi, mi limito qui a ricordare Bundesstaat und Einheitsstaat (1865), Der Krieg und die Bundesreform (1866), Die Verfassung des norddeutschen Bundes (1867) e Das constitu-tionelle Könightum in Deutschland (1870).

20 H. Kohn, Treitschke: National Prophet, in «The Review of Politics», 7, 4, 1945, pp. 418-440.

21 Lettere di Treitschke a Gustav Freytag e alla moglie Emma von Bodmann (Freiburg, 13/11/1865 e Berlin, 03/08/1866), in Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., rispettivamente II, p. 432 e III, p. 36.

22 In merito alla diversa sensibilità politica di Rochau e Treitschke – progressista quella del primo e moderata quella del secondo – cfr. I. Cervelli, Liberalismo e conservatorismo in Prussia 1850-1858, il Mulino, Bologna 1983, pp. 388-389; Id., Realismo politico e liberalismo moderato in Prussia negli anni del decollo, in R. Lill, N. Matteucci (a cura di), Il liberalismo in Italia e in Germania dalla rivoluzione del ‘48 alla prima guerra mondiale, il Mulino, Bologna 1980, pp. 166-167 e ancora F. Trocini, L’invenzione della «Realpolitik» e la scoperta della «leg-ge del potere», cit., pp. 51-59.

23 Cfr., tra gli altri, F. Möller, Vom revolutionären Idealismus zur Ralpolitik. Generation-wechsel nach 1848?, in A. Schulz, G. Grebner (Hg.), Generationswechsel und historischer Wandel, Oldenbourg, München 2003, pp. 71-91; K.-G. Faber, Realpolitik als Ideologie. Die Bedeutung des Jahres 1866 für das politische Denken in Deutschland, in «Historische Zei-tschrift», 203, 1966, pp. 1-45; S. A. Kaehler, Realpolitik zur Zeit des Krimkrieges – eine Säku-

Page 13: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 63

dicati apologeti del principio della forza e, consequenzialmente, di teorici dello Stato nazionale di potenza, le rispettive vicende intellettuali di Rochau e Treitschke rientrano infatti a pieno titolo nella storia del liberalismo tede-sco postquarantottesco24: basti ricordare le pagine dedicate dal primo alla celebrazione in pieno stile dahlmanniano del ceto medio (Mittelstand) quale componente fondamentale dell’organismo pubblico25 o l’insistenza del se-condo nel difendere, in pieno stile tocquevilliano, il primato della libertà in-dividuale rispetto all’oppressione statale da un lato e alla «tirannide sociale della maggioranza» dall’altro26.

La terza ragione di interesse rimanda infine al fatto che il modello politi-co incarnato da Cavour e in particolare il suo “realismo” divenne per en-trambi anche un riferimento cruciale nella polemica nei confronti sia del dottrinarismo liberale sia del cesarismo bismarckiano.

Sotto questo preciso punto di vista, se già il colpo di Stato compiuto nel 1851 da Luigi Bonaparte aveva rappresentato un controverso esempio di prassi politica innovativa di cui, nonostante tutto, era stato necessario tener conto27, un decennio dopo, in linea con l’ipotesi suggestiva di “dittatura li-

larbetrachtung, in «Historische Zeitschrift», 174, 1952, pp. 417-478; C. Jansen, „Revolution“ – „Realismus“ – „Realpolitik“. Der nachrevolutionäre Paradigmenwechsel in den 1850er Jahren im deutschen oppositionellen Diskurs und sein historischer Kontext, in K. Bayertz, M. Gerhard, W. Jaeschke (Hg.), Weltanschauung, Philosophie und Naturwissenschaft im 19. Jahrhundert, 3 Bde., Meiner, Hamburg 2007, I (Der Materialismus-Streit), pp. 223-259; N. Doll, Recht, Poli-tik und „Realpolitik“ bei August Ludwig von Rochau (1810-1873). Ein wissenschaftsgeschichtli-cher Beitrag zum Verhältnis von Politik und Recht im 19. Jahrhundert, Klostermann, Fran-kfurt a. M. 2005; K.-H. Metz, The Politics of Conflict. Heinrich von Treitschke and the Idea of “Realpolitik”, in «History of Political Thought», 3, 1982, pp. 269-284.

24 Per quanto rigurda Treitschke, cfr. soprattutto G. De Ruggiero, Storia del liberalismo europeo, Laterza, Bari 1925, p. 285.

25 A. L. von Rochau, Grundsätze der Realpolitik cit., p. 60 e F. C. Dahlmann, Die Politik auf den Grund und das Maaß der gegebenen Zustände zurückgeführt (1835), Insel, Frankfurt a. M. & Leipzig 1997, pp. 162-163.

26 H. von Treitschke, La libertà (1861), trad. it. di S. Mezzadra, La Rosa, Torino 1997, p. 19: «tutta la dignità dello Stato si fonda sul valore personale dei suoi cittadini, e il più etico tra gli Stati è quello che riunisce le energie dei cittadini per la massima parte delle opere di utilità comune, lasciando tuttavia che ciascuno, libero dalla costrizione dello Stato e dell’opinione pubblica, segua a testa alta e autonomamente la propria formazione personale».

27 Nel 1853, convinto che fosse possibile trarne alcuni «insegnamenti fondamentali», Ro-chau invitò i propri compagni di partito a riflettere sulla «nuova fase della storia politica mo-derna» inaugurata dal colpo di Stato del 1851 e, sia pure a molti decenni di distanza, lo stesso Treitschke riconobbe: «Le grosse parole moralistiche contro il bonapartismo non stringono

Page 14: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 64

berale” già vagheggiata da Max Duncker, il cavourismo – legittimista sul pi-ano interno e antilegittimista sul piano internazionale – fornì un modello di gran lunga preferibile perché ritenuto in grado di poter compiere significati-vi progressi in vista dell’unificazione nazionale senza tuttavia ricorrere né alla rivoluzione sociale , né alle più brutali violazioni del diritto28.

Alla luce di quanto appena detto può perciò essere compreso non solo il giudizio di Treitschke su Cavour quale «più grande statista del tempo pre-sente»29, ma anche quello formulato da Rochau già nei primi anni Cinquanta sul Regno di Sardegna, cui fu riconosciuto non solo il merito di aver salva-guardato, nonostante la catastrofe del 1848-49, la propria costituzione libe-rale30, ma anche, più in generale, quello di aver compiuto la transizione dall’assolutismo al costituzionalismo grazie all’azione di una dinastia capace, da un lato, di abbinare lo «spirito del secolo» all’interesse nazionale e, dall’altro, di rinnovare la struttura dello Stato con la guerra d’espansione an-ziché con la rivoluzione31.

Se il cavourismo, al pari del bonapartismo, fu dunque interpretato come espressione paradigmatica di una nuova prassi politica e, come tale, fatto ri-entrare all’interno del paradigma realpolitisch, il “modello Cavour” finì ine-vitabilmente per offrire un termine di paragone anche in rapporto al bismar-ckismo, soprattutto se si tiene conto, contrariamente a quanto si è soliti ri-tenere, che sia Rochau sia Treitschke mantennero a lungo un atteggiamento di ostinata riserva, se non addirittura di aperta avversione, nei confronti di Bismarck. Meritano in proposito di essere qui ricordate alcune delle aspre prese di posizione di Rochau verso Bismarck, giudicato non solo il «messia

nulla»; A. L. von Rochau, Grundsätze der Realpolitik, cit., pp. 179-180 e H. von Treitschke, La politica (1897-98), trad. it. di E. Ruta, 3 voll., Laterza, Bari 1918, vol. III, pp. 191-192.

28 A proposito cfr. soprattutto I. Cervelli, Cesarismo e Cavourismo. A proposito di Hein-rich von Sybel, Alexis de Tocqueville e Max Weber, in «La Cultura», a. X, fasc. III-IV, 1972, in particolare pp. 350-354. Si veda poi anche G. B. Clemens, L’immagine di Cavour nel mondo germanico, in U. Levra (a cura di), Cavour, l’Italia e l’Europa, il Mulino, Bologna 2011, pp. 241-258.

29 H. von Treitschke, Bundesstaat und Einheitsstaat (1864), in Id., Aufsätze, Reden und Briefe, cit., III (Schriften und Reden zur Zeitgeschichte I), p. 128. Si veda pure E. Portner, Die Einigung Italiens im Urteil liberaler deutscher zeitgenossen. Studie zur inneren Geschichte des kleindeutschen Liberalismus, Röhrscheid, Bonn 1959, in particolare pp. 159-171.

30 A.L. von Rochau, Italienisches Wanderbuch 1850-1851, cit. I, p. 28. 31 Id., Grundsätze der Realpolitik, cit., pp. 129-132 e I. Cervelli, Realismo politico e libera-

lismo moderato in Prussia negli anni del decollo, cit., pp. 178-179.

Page 15: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 65

dell’aristocrazia feudale», ma anche un «grande ostacolo al progresso nazio-nale» e un mediocre statista, la cui azione di governo era andata incontro a «una serie ininterrotta di previsioni disattese e di errori grossolani»32. Si tenga poi presente che, anche all’indomani del 1866, il sostegno alla politica nazio-nale intrapresa dalla Prussia non comportò per Rochau l’adesione incondizio-nata al bismarckismo, il quale, anzi, proprio in virtù della sua natura antitetica rispetto allo «spirito del tempo», fu ritenuto destinato prima o poi a segnare il passo33. E infatti, ancora nel gennaio 1867, in un articolo emblematicamente intitolato Blut und Eisen, Rochau non mancò di ribadire che a Bismarck non potesse essere attribuito alcun merito specifico, se non quello di essersi fatto strumento di quella “necessità” in base alla quale l’unificazione nazionale poté essere compiuta «solo con la forza»34.

Analoghe perplessità furono ripetutamente espresse da Treitschke35. An-che nel suo caso, infatti, la parziale revisione dell’atteggiamento critico as-sunto all’indomani delle famigerate leggi sulla stampa (Preßordonnanzen) del giugno 1863 non si accompagnò al completo superamento dei dubbi nei confronti di Bismarck, il quale – così riteneva ingenuamente anch’egli – sa-rebbe stato presto o tardi emarginato sotto il profilo politico dal risveglio della coscienza liberale.

In Bundestaat und Einheitstaat, alludendo all’uomo di Stato prussiano, Treitschke affermò ad esempio di non temere lo spettro del cesarismo, rite-nendo altresì impossibile considerare il dominio della sciabola come forma durevole di Stato ideale al carattere del nostro popolo; come condizione transitoria è una pena grave, ma sopportabile, se fonda l’unità del nostro Stato36.

Come si avrà modo di approfondire nelle prossime pagine, il confronto con il “modello Cavour” finì dunque per rappresentare sia per Rochau sia

32 A. L. von Rochau, Wochenbericht, in «Wochenschrift des Nationalvereins», Nr. 127, 3.

Oktober 1862, p. 1065; Nr. 129, 17. Oktober 1862, p. 1081; Nr. 133, 14. November 1862, p. 1115; Nr. 140, 2. Januar 1863, p. 1175; Nr. 175, 3. September 1863, p. 1473; Nr. 232, 6. O-ktober 1864, p. 1963.

33 Id., Zur Orientirung im neuen Deutschland, Mohr, Heidelberg 1868, p. 24 e pp. 30-31. 34 Id., Blut und Eisen, in «Wochenblatt des Nationalvereins», Nr. 85, 3. Januar 1867, p.

668. 35 Lettera di Treitschke a Gustava von Haselberg (Au im Bregenzerwald, 19/09/1863), in

Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., II, p. 291. 36 H. von Treitschke, Bundestaat und Einheitstaat, cit., p. 12.

Page 16: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 66

per Treitschke un riferimento cruciale in un triplice senso: in primo luogo l’esempio del suo “realismo liberale” avrebbe fornito nuovi argomenti alla loro comune polemica nei confronti del dottrinarismo liberale e del radicali-smo democratico tedeschi; in secondo luogo la sua politica nazionale avreb-be offerto un modello cui ispirarsi per venire a capo dei dilemmi tra guerra e rivoluzione, tra “rivoluzione dall’alto” e “rivoluzione dal basso”, tra politica estera e politica interna; il suo ancoraggio alla tradizione liberale avrebbe in-fine fornito un termine di paragone imprescindibile tramite cui giudicare Bi-smarck e la sua condotta37.

* * *

Se tali sono, in sintesi, le ragioni fondamentali dell’interesse nutrito ri-

spettivamente da Rochau e Treitschke verso l’Italia di allora e in particolare verso il “modello Cavour”, diviene a questo punto opportuno mettere a fuoco con maggior precisione l’evoluzione delle loro posizioni in rapporto agli eventi del 1859 e alla pubblicistica tedesca di orientamento liberale di quegli stessi anni.

In Germania la guerra del 1859 ebbe ricadute estremamente significative sul piano del dibattito politico38, soprattutto perché essa fu avvertita come una “guerra nazionale” e al contempo come una “rivoluzione internaziona-

37 In proposito cfr. le osservazioni di W. Altgeld, Alcune osservazioni sull’interesse politico

tedesco per l’Italia prima del 1870, in F. Baasner (a cura di), I Mylius-Vigoni. Italiani e Tede-schi nel XIX e XX secolo (1992), Olschki, Firenze 1994, pp. 65-83, soprattutto pp. 80-81.

38 Oltre al già citato lavoro di Ernst Portner, cfr. anche T. Scheffer, Die preussische Publi-zistik im Jahre 1859 unter dem Einfluss des italienischen Krieges, Teubner, Leipzig 1902; A. Mittelstaedt, Der Krieg von 1859. Bismarck und die öffentliche Meinung in Deutschland, Cotta, Stuttgart 1904; F. Valsecchi, Il 1859 in Germania: la stampa e i partiti, in «Studi germanici», I, 1935, pp. 93-113 e pp. 227-243; B. Malinverni, La Germania e il problema italiano (Dalla crisi diplomatica a Villafranca), Marzorati, Milano 1959; L. Just, L’Italia del Risorgimento nell’opinione pubblica germanica, in «Rassegna Storica Toscana», a. VI, IV, ottobre-dicembre 1960, pp. 289-301; A. Wandruszka, Deutschland und das italienische Risorgimento, in T. Schieder (Hg.), Zur italienischen Geistesgeschichte des 19. Jahrhunderts, Böhlau, Köln-Graz 1961, pp. 114-125; T. Schieder, L’immagine dell’Italia nel movimento unitario tedesco, in Atti del XL Congresso di storia del Risorgimento italiano, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1963, pp. 261-287; J. Petersen, Il Risorgimento italiano nel giudizio della Ger-mania dopo il 1860, in 1861-1887. Il processo d’unificazione nella realtà del paese, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1982, pp. 99-132.

Page 17: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 67

le”, che poneva all’ordine del giorno un complesso insieme di problemati-che, sia sul piano della politica internazionale, sia sul piano dei principi39. A causa del diretto coinvolgimento delle due maggiori potenze continentali dell’epoca – la Francia e l’Austria – e comportando in prospettiva una signi-ficativa trasformazione degli equilibri sanciti nel 1815, essa andava infatti a toccare interessi di vitale importanza. Proprio per tale ragione, a prescindere dalle simpatie più o meno spiccate verso la causa nazionale italiana, la posi-zione dell’opinione pubblica tedesca fu fortemente condizionata dalla ne-cessità di comprenderne le potenziali ripercussioni all’interno della Confe-derazione (Bund). Turbata a fondo dall’incombere dello spettro napoleoni-co, la maggioranza degli osservatori si orientò quindi in maniera trasversale – cioè aldilà delle differenze confessionali, politiche e regionali – nell’assegnare alla Francia il ruolo di principale minaccia. Solo una ristretta minoranza ritenne, invece, che il vero nemico della Germania fosse l’Austria e che, per tale ragione, fosse necessario approfittare della guerra in Italia per espellerla dal Bund40.

Tra coloro che si pronunciarono a favore della cosiddetta “neutralità ar-mata” o, eventualmente, di un diretto intervento militare della Prussia, rien-trarono, nonostante la loro “simpatia” verso la causa italiana e la loro ostilità verso l’Austria cattolica e reazionaria, i liberali delle più diverse tendenze, tra cui, oltre a Johann Gustav Droysen, Ludwig Häusser, Max Duncker e Hermann Baumgarten, gli stessi Rochau e Treitschke.

Per costoro la crisi del 1859 non si riduceva a un gioco a tre tra Piemon-te, Austria e Francia, ma in un gioco a quattro, nel quale un ruolo determi-nante spettava alla Prussia41, il cui intervento in sostegno della rivale Austria sarebbe stato giustificato, in primo luogo, dal timore di un’incontrollata e-spansione francese e, in secondo luogo, dalla minaccia potenziale della rivo-luzione sociale: se la guerra di Cavour sembrava infatti poter rientrare nei

39 A proposito cfr. in particolare F. Valsecchi, Il 1859 in Germania: idee e problemi, in

«Archivio Storico Italiano», XCIII, 1935, pp. 255-296. 40 Eccezioni significative sono rappresentate nel campo liberale da Georg G. Gervinus e

Konstantin Rössler; nel campo democratico da Ferdinand Lassalle, Arnold Ruge e Ludwig Bamberger; in quello conservatore da Bismarck. In relazione alla posizione di quest’ultimo, cfr. G. E. Rusconi, Cavour e Bismarck. Due leader tra liberalismo e cesarismo, il Mulino, Bol-gona 2011, pp. 65-74. Per un’accurata rassegna delle diverse posizioni, cfr. infine il già citato lavoro di A. M. Voci, La Germania e Cavour, di prossima pubblicazione.

41 F. Valsecchi, Il 1859 in Germania: la stampa e i partiti, cit., p. 227.

Page 18: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 68

binari di una “rivoluzione ordinata”, compiuta sotto le insegne dello Stato sabaudo, quella di Garibaldi costituiva invece una prospettiva doppiamente pericolosa, perché rischiava, da un lato, di mettere in moto lo “spirito della sovversione” e, dall’altro, di conferire implicita legittimazione alle aspira-zioni nazionali delle minoranze polacche e danesi.

Con ciò non si deve tuttavia credere che la pressoché unanime presa di posizione da parte dei liberali nei confronti della Francia non fosse segnata da sfumature anche molto diverse tra loro. Al contrario, per molti di loro si trattò di un vero e proprio conflitto di coscienza: paradigmatica delle con-traddizioni in seno al movimento liberale tedesco è per esempio la parabola percorsa da Heinrich von Sybel, il quale, alla vigilia della guerra, espresse la propria contrarietà rispetto all’ipotesi di un intervento in difesa dell’Austria, poi, sopraffatto dal timore verso la Francia, sostenne la necessità di schierar-si con Vienna e infine, all’indomani del 1859, esultò per la vittoria franco-piemontese42.

Lo stesso oscillare tra posizioni diverse si ritrova anche nelle lettere dell’allora poco più che ventenne Heinrich von Treitschke, da poco entrato a far parte della redazione dei «Preußische Jahrbücher». In piena primavera del 1859, questi non esitò per esempio a confidare alla madre che la prospet-tiva di una guerra in cui era in gioco il perdurare della «schiavitù dell’Italia» fosse «assai triste» e che perciò, nonostante il sentimento di solidarietà na-zionale nei confronti dell’Austria, il suo animo era attraversato da profonde lacerazioni43. All’amico Nokk espose poi il dilemma in termini ancor più netti:

Un così desolante dilemma come quello determinato dall’attuale situa-zione non avrebbe potuto concepirlo neppure il più acerrimo nemico della Germania. Dovremmo noi tedeschi, noi protestanti, noi che ci stiamo a poco a poco muovendo verso la libertà politica sostenibile, ebbene dovremmo aiutare il popolo italiano a chinarsi sotto il giogo del vecchio nemico ereditario dell’unità tedesca, sotto questa degenera-

42 Al pari della parabola percorsa da Heinrich von Sybel, altrettanto paradigmatica è quel-

la seguita da riviste come la Kölnische Zeitung o la Vossische Zeitung, entrambe inizialmente dominate dal terrore verso la Francia e via via sempre più benevola nei confronti dell’Italia; IVI, pp. 97-113.

43 Lettera di Treitschke alla madre (Leipzig, 29/04/1859), in Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., II, p. 23.

Page 19: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 69

ta, ipocrita e clericale casa d’Asburgo? Oppure dovremmo sostenere Napoleone, che incarna il dispotismo in una maniera inedita ma non meno pericolosa, e che sappiamo cercherà, prima o poi, di portare an-che noi sotto la sua “influenza morale”? […]. Spero che, sotto la guida della Prussia, la Germania intervenga, non per asservire l’Italia, ma per impedire che l’Europa cada sotto l’egemonia francese44.

E, ancora, rivolgendosi questa volta a Heinrich Bachmann, ribadì:

Ma che tempi sono mai questi nei quali noi dovremmo prestar soccor-so al nemico giurato della Germania – la casa d’Asburgo – e aiutarlo ad asservire l’Italia, e ciò proprio in un momento in cui la Prussia e l’intera Germania hanno appena intrapreso il ripido sentiero verso la libertà politica. […]. Fuori l’Austria dall’Italia e dalla Confederazione tedesca: è pensabile che questo sciagurato Stato misto ottenga il diritto all’esistenza in virtù della propria missione civilizzatrice nell’Oriente slavo. Onestamente parlando: la Prussia deve aiutare l’Austria in que-sta guerra solo per sferrarle il colpo fatale45.

Nella primavera del 1859, in linea con l’orientamento generale

dell’opinione pubblica di orientamento “piccolo-tedesco” (kleindeutsch), Treitschke ritenne perciò indispensabile l’intervento militare della Prussia a fianco dell’Austria non già per sottomettere l’Italia, ma per conseguire il duplice obiettivo di frenare le mire egemoniche della Francia bonapartista da un lato e di sottrarre alla stessa Austria il primato politico-militare all’inter-no del Bund dall’altro. In tale prospettiva, il mantenimento dell’Italia sotto la dominazione straniera e la frustrazione delle sue aspirazioni unitarie rap-presentavano un sacrificio doloroso ma necessario al fine di favorire lo spo-stamento del baricentro strategico dell’Austria dall’Europa centrale a quella orientale. Il sacrificio italiano sarebbe stato peraltro solo temporaneo, per-ché, in virtù di quella logica storica che vedeva nella costruzione degli Stati nazionali omogenei il proprio fine ultimo, essa sarebbe stata prima o poi in grado di liberarsi dal giogo straniero, così come l’innaturale “Stato-misto” (Mischstaat) asburgico sarebbe stato prima o poi destinato a cadere in rovina.

44 Lettera di Treitschke a Wilhelm Nokk (Festung Königstein, 15/06/1859), in Heinrich

von Treitschkes Briefe, cit., II, pp. 30-31. 45 Lettera di Treitschke a Heinrich Bachmann (Festung Königstein, 16/06/1859), in

Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., II, p. 35.

Page 20: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 70

Tale ragionamento fu esplicitamente ripreso anche da Rochau, per il qua-le il 1859 rappresentò un momento particolarmente importante sul piano biografico, perché, in concomitanza con l’avvio della neue Ära in Prussia e la costituzione, sull’esempio della Società Nazionale Italiana (1857), del Deu-tscher Nationalverein (1859), la guerra d’Italia coincise con il suo ritorno alla militanza politica attiva46. Come era già avvenuto nel 1853 in occasione della guerra di Crimea47, anche nel 1859 il suo impegno pratico e teorico ricevette un potente stimolo dalle trasformazioni in atto nel panorama internaziona-le. Come egli stesso riconobbe retrospettivamente:

Molti anni erano trascorsi senza che la questione tedesca fosse nuova-mente sollevata. […] Solo la guerra italiana comportò un cambiamento in meglio. In considerazione dell’imminente pericolo, la coscienza dei propri doveri si risvegliò nuovamente nel popolo tedesco48.

Tra i fattori che, a suo parere, rendevano lo scenario italiano degno di par-ticolare attenzione vi erano l’inconsueto abbinamento tra rivoluzione e guerra di tipo tradizionale e la riproduzione di un quadro generale per molti aspetti paragonabile a quello tedesca, nel quale, accanto agli interessi contrapposti di uno Stato regionale dominante e di un insieme di Stati dinastici di medie e piccole dimensioni, erano abbinati anche quelli di due grandi potenze, la Francia e l’Austria. Nella introduzione alla seconda ristampa dei Grundsätze der Realpolitik (1859), riprendendo il senso delle conclusioni cui era già giun-to nel 1853, quando aveva denunciato l’estrema precarietà della realtà politica tedesca, Rochau evocò anzitutto lo spettro dell’invasione francese:

Nessuna delle grandi nazioni dell’Europa vuole la guerra, nessuna pas-sione militare o politica spinge verso la guerra, nessun grande interesse statale […] cerca giustificazione con la guerra e tuttavia, di giorno in giorno, si rafforza la certezza che la guerra verrà. L’Imperatore Napo-

46 Sul Deutscher Nationalverein cfr. soprattutto: S. Na’aman, Der Deutsche Nationalverein.

Die politische Konstituierung des deutschen Bürgertums 1859-1867, Droste, Düsseldorf 1987 e A. Biefang, Der Deutsche Nationalverein 1859-67. Vorstands- und Ausschussprotokolle, Droste, Düsseldorf 1995.

47 In relazione alla guerra di Crimea, cfr. S. A. Kaehler, Realpolitik zur Zeit des Krimkrie-ges, in «Historische Zeitschrift», 174, 1952, pp. 417-478.

48 A. L. von Rochau, Grundsätze der Realpolitik, cit., p. 270.

Page 21: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 71

leone è il solo che la vuole49. Il richiamo allo spettro dell’invasione francese era prettamente funziona-

le alla polemica nei confronti della frammentazione statale tedesca. A suo parere, infatti, l’ipotesi di una tale guerra non sarebbe stata neppure pensabi-le se la realtà europea fosse stata «sana» e le sue più importanti articolazioni nazionali non fossero state «pericolosamente malate». Ciò valeva soprattut-to per la Germania, che, se avesse intrapreso la via che portava alla costru-zione di uno «Stato nazionale potente», sarebbe stata certamente in grado di distogliere Parigi dal tentare «un gioco scellerato con la pace dell’Europa»:

La debolezza della Germania è la ragione principale sia dello strapotere francese, sia dell’arroganza francese. E fino a quando le condizioni del-la Germania resteranno quelle attuali, quelli che saranno di volta in vol-ta i detentori del potere in Francia manterranno […] le chiavi della pa-ce e della guerra in Europa50.

Secondo Rochau, non erano né l’«invidia verso l’egemonia austriaca in

Italia», né la condivisione degli obiettivi nazionali italiani a spingere la Fran-cia verso la guerra, ma solo un «puro motivo personale» e, cioè, la paura da parte di Bonaparte di essere travolto dagli eventi. In tal senso, la sua stessa spregiudicatezza politica, che lo aveva spinto a farsi da un giorno all’altro il «campione del nazionalismo italiano», era rimandabile unicamente al timore che la passione nazionale italiana si trasformasse, come aveva peraltro dimo-strato il fallito tentativo di Orsini, in un «pericolo mortale» per il suo stesso regime.

Completamente diverse erano invece le prospettive dell’Austria, la quale, avendo perso, nel corso della guerra di Crimea, l’occasione di tornare a esse-re una potenza europea di primo piano, si trovava ora dinnanzi al rischio del tramonto definitivo. Rispetto alla decadenza verso cui sembrava essere de-stinata l’Austria, il Regno di Sardegna rivelava invece un forte slancio, ali-mentato dall’«ambizione», dal «desiderio di conquista» e dall’aspirazione del suo governo a liberare l’Italia dal dominio straniero51. Per Rochau, il Regno di Sardegna doveva però fare i conti con «l’insufficienza delle proprie risor-

49 IVI, p. 192. 50 Ivi, p. 193. 51 Id., Camillo Cavour, cit., p. 124 e soprattutto pp. 132-133.

Page 22: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 72

se» e con «la necessità dell’aiuto straniero»: finendo per svolgere il ruolo di «ariete della politica francese» (Mauerbrecher der französischen Politik), To-rino rischiava infatti di vanificare gli sforzi compiuti sino ad allora, perché, in prospettiva, non faceva che sostituire l’egemonia austriaca con quella francese:

Lo Stato, che lotta contro un nemico potente con l’aiuto di un alleato ancora più potente, prenderà atto degli inconvenienti della propria condizione di debolezza solo al momento della vittoria; e l’indipendenza, che è raggiunta solo grazie all’ausilio di forze esterne, non può, secondo la natura delle cose, significare altro se non lo scam-bio del precedente padrone con un altro52.

In questo incerto panorama internazionale, la situazione della Prussia

non era meno delicata. Sebbene fosse la «naturale e necessaria rivale» dell’Austria, essa doveva evitare a tutti i costi l’«assurdità politica» di man-tenersi neutrale, perché, se un’eventuale vittoria francese avrebbe significato per Vienna la perdita di una «provincia», per Berlino avrebbe invece com-portato la perdita del proprio status di potenza. Rispetto a quanto sostenuto da liberali come Bamberger e Gervinus, Rochau affermò perciò che la Prus-sia doveva quanto prima intraprendere i preparativi bellici, non già per ra-gioni di simpatia verso la casa d’Asburgo o in nome «di una qualche politica dei principi o dei sentimenti» (irgendeiner Gefühls- oder Prinzipienpolitik), ma sulla base di un preciso interesse: a fronte dei vantaggi che la Germania poteva trarre da un eventuale indebolimento austriaco, l’ipotesi di un ecces-sivo rafforzamento francese avrebbe comportato svantaggi ben maggiori e cioè «l’inizio della propria fine». Alla guerra conto la Francia spingeva inol-tre un’altra importante considerazione e cioè la possibilità di unificare, sotto la guida prussiana, la politica estera e militare tedesca53.

Al fondo del ragionamento svolto da Rochau nella primavera del 1859 vi era insomma, in perfetta sintonia con Treitschke, l’idea che l’assunzione da parte di Berlino della massima autorità militare, rappresentando una vera e propria «violazione costituzionale», avrebbe potuto legittimare l’egemonia prussiana all’interno del Bund e quindi, in ultima analisi, costituire una pre-

52 Id., Grundsätze der Realpolitik, cit., pp. 196-197. 53 Ivi, p. 203 e Id., Kriegsaussichten und Kriegsrüstungen, in «Wochenschrift des National-

vereins», Nr. 7, 15. Juni 1860, p. 52.

Page 23: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 73

messa decisiva verso l’unificazione. Alla luce di quanto sin qui sinteticamente ripercorso va constatato che

nel quadro fortemente polemico del 1859, segnato dal riemergere dell’antica contrapposizione tra mondo germanico e mondo latino, la radicale avver-sione verso la Francia finì per investire anche l’Italia, traducendosi, soprat-tutto da parte conservatrice, in frequenti richiami all’inesorabile decadenza dell’Italia, alla perfidia e alla corruzione socio-politica dei suoi abitanti, rite-nuti, nella loro stragrande maggioranza, estranei allo spirito della moderni-tà54. Non a caso, nel marzo 1859, anche un foglio di orientamento liberale come la «Augsburger Allgemeine Zeitung», si fece portavoce di un forte scetticismo circa la capacità degli italiani di ottenere l’indipendenza: «Essi possono cambiare padrone, ma non possono farne a meno»55.

Lungo tutta la prima metà del 1859, fino cioè all’armistizio di Villafranca, la questione nazionale italiana fu dunque messa in secondo piano da quella franco-tedesca e lo stesso interesse nutrito dalla pubblicistica liberale verso l’Italia fu – così come rivela lo stesso celebre slogan del tempo, secondo cui il Reno andava difeso sul Po – perlopiù funzionale alla polemica antifrance-se. Solo in una seconda fase, in seguito all’affievolirsi della minaccia bona-partista e all’inatteso compimento delle aspirazioni italiane all’unità, la per-cezione della pubblicistica tedesca nei confronti della Penisola cambiò sen-sibilmente e all’iniziale, diffuso scetticismo subentrò la piena ammirazione nei confronti del movimento nazionale italiano e dei suoi protagonisti.

Avviato soprattutto da riviste come i «Preußische Jahrbücher» di Rudolf Haym e i «Grenzboten» di Gustav Freytag, tale cambio di prospettiva fece sì che, nel giro di breve tempo, l’Italia avanzasse dalla posizione di paese cronicamente sottovalutato, da «meraviglioso monumento sepolcrale» a quello di vero e proprio modello politico56. In altre parole, rispetto al senti-mento di sufficienza perlopiù nutrito sino ad allora verso l’Italia, a partire

54 Da tale reticolo di pregiudizi rimase parzialmente escluso il solo Piemonte, perlopiù

percepito come realtà atipica rispetto al contesto italiano; cfr. L. Just, L’Italia del Risorgimen-to nell’opinione pubblica germanica, cit., pp. 294-295 e W. Altgeld, Alcune osservazioni sull’interesse politico tedesco per l’Italia prima del 1870, cit., pp. 66-69.

55 «Augsburger Allgemeine Zeitung», 6. März 1859. 56 G. B. Clemens, L’immagine di Cavour nel mondo germanico, cit., p. 251. Più in genera-

le, sulle diverse fasi dell’interesse politico tedesco nei confronti dell’Italia e del Risorgimento cfr. W. Altgeld, Alcune osservazioni sull’interesse politico tedesco per l’Italia prima del 1870, cit., pp. 72-83.

Page 24: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 74

dal 1860, divenne predominante un altro tipo di atteggiamento, nel contesto del quale all’ammirazione per quella felice combinazione tra “sentimento dell’ordine” e “sentimento della libertà” che aveva contraddistinto il proces-so di unificazione nazionale italiano si abbinò la denuncia nei confronti dell’inattività tedesca57. Emblematico a proposito è il giudizio formulato in un editoriale pubblicato sui «Preußische Jahrbücher» in cui l’autore – vero-similmente Hermann Baumgarten – si richiamò espressamente all’iniziale scetticismo verso l’Italia per screditare «il mondo dei sogni» (Traumwelt) del dottrinarismo liberale postquarantottesco e, al contempo, per indicare un ben preciso modello di Realpolitik liberale:

Gli italiani hanno confutato la sfiducia nella loro forza politica. Sono certo ancora ben lontani dall’aver raggiunto un ordine soddisfacente e, per il futuro, devono temere ancora nuove vicissitudini e nuove fru-strazioni; è tuttavia indubbio che un obiettivo lo abbiano raggiunto e cioè che, mentre in tutti i precedenti tentativi tesi a migliorare le pro-prie condizioni non avevano, per causa propria, avuto successo, adesso, anche qualora dovessero infine fallire, potranno sempre dire di aver dovuto cedere unicamente alla forza insuperabile delle circostanze e-sterne. Si paragoni la storia dell’Italia dell’anno appena trascorso con il corso delle rivoluzioni del 1848, del 1831 e del 1820: ebbene si dovrà ammettere che nessun popolo europeo può contestare agli italiani di aver compiuto i più grandi progressi in termini di autenticità del sen-timento patrio, di sobrietà politica e di subordinazione degli interessi individuali rispetto a quelli generali. Almeno noi tedeschi, che in molti all’inizio del conflitto austro-francese guardammo alla “depravata” Ita-lia con eccessivo disprezzo, non possiamo certo vantarci di aver supe-rato i sanguigni e litigiosi Romani in avvedutezza e sicurezza, i sonno-lenti figli del Sud in energia politica58.

A cavallo tra Solferino e Königgrätz, a dispetto dei pur evidenti limiti

della “via piemontese” alla costruzione dello Stato nazionale unitario – pri-mo fra tutti l’alleanza con la Francia e poi il favore stesso delle circostanze che rischiavano di rendere l’intero processo non tanto un «fatto politico» quanto un «evento subito» 59 – l’Italia divenne quindi per gran parte

57 A. Wandruszka, Deutschland und das italienische Risorgimento, cit., p. 120. 58 Zum Jahresanfang, in «Preußische Jahrbücher», VI, 1860, qui p. 5. 59 A. L. von Rochau, Grundsätze der Reapolitik, cit., p. 280.

Page 25: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 75

dell’opinione pubblica tedesca di orientamento piccolo tedesco un «esempio istruttivo», cui ispirarsi per venire a capo della «frammentazione delle forze statali tedesche»60. Sul piano prettamente politico, l’attenzione verso il “la-boratorio italiano” non sarebbe mai più stata – almeno sino alla conquista del potere da parte di Mussolini – così intensa e diffusa in Germania. Anco-ra nel 1873 Treitschke non avrebbe per esempio esitato a riconoscere:

Noi tedeschi abbiamo imparato molto dall’Italia nei momenti difficili e siamo ben consapevoli di quanto le siamo debitori61.

Ma oltre alla generica ammirazione per i grandi esempi di eroismo e di-

sciplina patriottica offerti dagli italiani e nei confronti del sistema politico vigente in Piemonte, per il quale in Prussia, invece, si stava ancora lottando accanitamente, all’indomani del 1860 fu soprattutto il genio politico di Ca-vour – di colui cioè che era stato in grado di trovare una sintesi perfetta tra l’idea monarchica, quella liberale e quella nazionale e, grazie alla propria scaltrezza diplomatica, di unificare il Paese – a suscitare il maggior interesse dei liberali piccolo tedeschi62.

Agli occhi di Treitschke, Rochau e Baumgarten Cavour assurse a “geniale realpolitico”63 e, anche post mortem, la sua figura divenne un riferimento de-cisivo nella loro comune campagna polemica contro il dottrinarismo libera-le. Per costoro, l’esperienza risorgimentale finì perciò per incarnarsi in quel-la dello statista aristocratico, grazie alla guida del quale l’Italia era riuscita a risollevarsi dalla propria secolare condizione di schiavitù e il liberalismo a conseguire l’unica grande vittoria politica di cui poteva vantarsi lungo l’intero XIX secolo64. Per Treitschke in particolare, lo studio dell’opera di

60 L. Just, L’Italia del Risorgimento nell’opinione pubblica germanica, cit., p. 297. 61 Lettera di Treitschke al Marchese Anselmo Guerrieri-Gonzaga (Heidelberg,

17/06/1873), in Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., III, pp. 372-373. 62 Glossen und Enthüllungen zur Tagesgeschichte, in «Preußische Jahrbücher», VIII, 1861,

qui p. 50, dove l’autore attribuisce a Cavour il merito esclusivo dell’unificazione nazionale: «Egli era l’uomo fatto per mettere in pratica i propri progetti e compiere la propria opera – e abbiamo buone ragioni per credere che fosse l’unico!».

63 Lettere di Treitschke a Gustav Freytag (Freiburg, 13/11/1865) e a Salomon Hirzel (Freiburg, 28/11/1865), in Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., II, rispettivamente p. 432 e pp. 437-438.

64 Si veda in particolare H. BAUMGARTEN, Der deutsche Liberalismus. Eine Selbstkritik, in «Preußische Jahrbücher», XVIII, 1866, pp. 455-515 e pp. 575-628, qui p. 600 e anche ID., Zur

Page 26: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 76

Cavour, «questo tanto diffamato seguace di Machiavelli», divenne, intorno alla metà degli anni Sessanta, qualcosa di assolutamente indispensabile e uti-le:

quest’uomo straordinario è un vero e proprio veleno per topi contro tutte le debolezze e le astrattezze del carattere tedesco65.

Lo stesso può dirsi anche per Rochau, il quale, negli stessi anni, oltre a

trarre dall’esempio dello statista piemontese alimento per la critica nei con-fronti della Idealpolitik, si richiamò a quest’ultimo anche in funzione aper-tamente polemica nei riguardi del “Polignac prussiano”, il quale, sulla «Wo-chenschrift des Nationalverein», continuò a lungo essere raffigurato come un «giocatore d’azzardo», cui mancavano tutte le principali qualità del gran-de politico, tra cui, soprattutto, quella di saper agire in sintonia con le forze morali della nazione.

Alla luce di questa prospettiva, fortemente orientata in senso esemplare, esortativo e polemico, cominciò a essere sviluppata anche l’idea del paralleli-smo tra Piemonte e Prussia e, più in generale, tra Italia e Germania. Spettò soprattutto a Treitschke, nel suo capolavoro su Cavour – tra le pagine del quale non solo tratteggiò il profilo politico dello statista piemontese, ma, al contrario, ripercorse l’intera storia d’Italia dal Congresso di Vienna in poi – compiere l’ultimo passo nella ricezione del Risorgimento italiano da parte del movimento liberale tedesco, canonizzando l’idea della formazione in pa-rallelo dei due Stati nazionali quale coronamento inevitabile di un processo storico naturale e razionale66.

* * * Il vagheggiato parallelismo tra Piemonte e Prussia cui si è poc’anzi fatto

Vorgeschichte der Erhebung Italiens, in «Preußische Jahrbücher», XVI, 1865, pp. 409-427, so-prattutto p. 427.

65 Lettere di Treitschke a Gustava von Heiselberg (Freiburg, 26/01/1866) e a Gustav Fre-ytag (28/01/1866), in Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., II, rispettivamente p. 458 e p. 459.

66 G. B. Clemens, L’immagine di Cavour nel mondo germanico, cit., p. 241 e J. Petersen, Il Risorgimento italiano nel giudizio della Germania dopo il 1860, cit., p. 99. In generale, cfr. C. Dipper, Italien und Deutschland seit 1800. Zwei Gesellschaften auf dem Weg in die Moderne, in C. Dipper, L. Klinkhammer, A. Nützenadel (Hg.), Europäische Sozialgeschichte. Festschrift für Wolfgang Schieder, Duncker & Humblot, Berlin 2000, pp. 484-505

Page 27: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 77

riferimento sembrò infine tradursi in realtà tra la primavera e l’estate del 1866, quando la loro “naturale alleanza” si concretizzò sul piano politico-militare in funzione anti-austriaca. Già all’indomani di quella data, però, il contesto generale mutò sensibilmente ancora una volta: a fronte della bril-lante vittoria prussiana di Königgrätz da un lato e delle gravi sconfitte subite dall’Italia a Lissa e Custoza dall’altro, il tradizionale sentimento di superio-rità dei tedeschi riemerse rapidamente e lo stesso Risorgimento italiano per-se il ruolo di «ammirato modello» per assumere invece quello più modesto di «semplice precursore»67. Constatando il sorgere di una nuova autoco-scienza in seno alla Germania unificata, lo stesso Treitschke fu tra i primi ad avvertire il progressivo offuscamento del fascino sin lì esercitato dal Risor-gimento:

I difetti dell’unità d’Italia, raggiunta prematuramente e con l’aiuto straniero, appaiono agli occhi di tutti. Già alcune voci di oltr’Alpe ci invidiano pel nostro sviluppo continuo e autonomo, e alcuni fra i tede-schi propendono a valutare mediocremente il potente lavorio mentale e politico che riempie l’ultimo mezzo secolo della storia italiana68.

Pur ricadendo all’interno di questa nuova fase dei rapporti tra Italia e

Germania, i due scritti di Rochau e Treitschke su Cavour rivelano tuttavia come, anche all’indomani del repentino affievolirsi del mito risorgimentale aldilà delle Alpi, la figura dello statista piemontese abbia continuato a rap-presentare un importante punto di riferimento per l’opinione pubblica tede-sca di orientamento liberale e nazionale69.

Grazie alle lettere di Treitschke è possibile ricostruire almeno in parte la genesi del suo saggio. Secondo quanto scritto da quest’ultimo all’editore Sa-lomon Hirzel, è verosimile che l’idea di un lavoro su Cavour maturò in lui intorno al 1865 – cioè all’indomani dello scoppio della crisi dello Schleswig-

67 J. Petersen, Il Risorgimento italiano nel giudizio della Germania dopo il 1860, cit., p. 95

e W. Altgeld, Alcune osservazioni sull’interesse politico tedesco per l’Italia prima del 1870, cit., p. 83.

68 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 6. 69 A proposito del saggio su Cavour di Treitschke, cfr. U. Langer, Heinrich von Trei-

tschke. Politische Biographie eines deutschen Nationalisten, Droste, Düsseldorf 1998, pp. 197-202; W. Bußmann, Treitschke. Sein Welt- und Geschichtsbild (1952), Schmidt, Göttingen & Zürich 1981², pp. 59-64 e E. Portner, Die Einigung Italiens im Urteil liberaler deutscher zei-tgenossen, cit., pp. 159-170.

Page 28: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 78

Holstein – e trasse ispirazione da alcune conversazioni con Hermann Baumgarten e Karl Mathy. Da Friburgo, nel novembre del 1865, Treitschke espose nei seguenti termini alcune delle ragioni a monte del proprio proget-to, tra cui spiccava quella di spiegare ai tedeschi il significato di una «geniale Realpolitik»:

Che cosa ne direbbe se, nel corso del prossimo anno, io scrivessi un secondo e ultimo volume di saggi? Si riprenda dal primo spavento e va-luti se tale idea abbia effettivamente senso. La cosa più utile che io ora potrei scrivere, sarebbe senza dubbio un saggio su Cavour, non troppo lungo, ma pregnante ed efficace. In tedesco non abbiamo ancora nulla che sia in qualche misura degno di quest’uomo potente eppure, secon-do la vecchia cattiva abitudine tedesca, impariamo più facilmente dall’estero che non dalla nostra stessa storia. Un trattazione di quest’uomo potrebbe, in maniera più efficace di qualsiasi discussione generale, mostrare al nostro pubblico cosa effettivamente sia una ge-niale Realpolitik70.

E nel 1869, ribadì ancora una volta:

Il mio modesto proposito consiste unicamente nel mostrare, tramite un grande esempio, ai nostri dilettanti della politica cosa sia una politi-ca pratica nazionale71.

In realtà, Treitschke aveva avuto modo di occuparsi dell’Italia e del mo-

vimento nazionale italiano già qualche anno prima, quando, tra le pagine di Bundesstaat und Einheitsstaat, dopo essersi scagliato con violenza contro il particolarismo tedesco, la costituzione confederale del Bund ed essersi e-spresso apertamente in favore dell’unificazione nazionale attraverso la so-stanziale prussificazione dell’intera Germania, indicò la soluzione unitaria italiana a vero e proprio modello72.

70 Lettera di Treitschke a Salomon Hirzel (Freiburg, 28/11/1865), in Heinrich von Trei-

tschkes Briefe, cit., II, pp. 437-438. 71 Lettera di Treitschke a Wilhelm Wehrenpfennig (Heidelberg, 27/02/1869), in in Hein-

rich von Treitschkes Briefe, cit., III, p. 240. 72 H. von Treitschke, Bundesstaat und Einheitsstaat, cit., pp. 128-140. Si vedano anche le

osservazioni di T. Schieder, L’immagine dell’Italia nel movimento unitario tedesco, cit., so-prattutto pp. 279-285.

Page 29: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 79

Il saggio di Treitschke su Cavour nacque dunque, al pari di quello di Ro-chau, all’interno di un contesto prevalentemente comparativo, polemico ed esortativo. Bisogna infatti tenere a mente che, sin dal primo momento della sua collaborazione con i «Preußische Jahrbücher», Treitschke aveva intra-preso una sorta di ricognizione ad ampio raggio sulle diverse tradizioni sta-tuali e sulle diverse declinazioni del liberalismo in Europa. Oltre agli occa-sionali riferimenti ai casi svizzero e nordamericano, frutti importanti di tale operazione furono i lunghi saggi dedicati all’Inghilterra – Die Grundlagen der englischen Freiheit (1858) e Das Selfgovernment (1860) – ai Paesi Bassi – Die Republik der vereinigten Niederlande (1869) – alla Francia – Der Bona-partismus (1865-68)73. In questo quadro, iniziando già allora a impostare i termini fondamentali del parallelismo tra Piemonte e Prussia, il caso italiano gli era parso il più affine a quello tedesco, soprattutto per via della comune e secolare lotta che qui il principio nazionale aveva dovuto condurre contro i due grandi poteri universali, il Papato e l’Impero, e per l’altrettanto comune affermarsi, in tempi più recenti, di realtà statuali periferiche che erano riu-scite a difendersi dai nemici interni ed esterni e quindi a rafforzarsi grazie alla propria efficienza militare e alla solidità delle proprie istituzioni monar-chiche. A tali realtà statuali periferiche, cioè il Piemonte e la Prussia, di per sé semi-barbariche in quanto rimaste perlopiù estranee alla grande fioritura culturale di centri come Firenze, Roma, Heidelberg o Weimar, era infine spettato il compito di risollevare le rispettive nazioni dalla condizione di de-cadenza politica:

Fra i decaduti Stati della penisola il Regno di Sardegna, per un osserva-tore superficiale, doveva apparire come uno dei più miserabili. […]. Le province del piccolo Stato vivevano quasi straniere fra loro, come ac-cozzate da un gioco del caso. Nelle belle regioni, pari a giardini, della pianura padana, abitava il nervo del Regno, una popolazione rude e vi-gorosa di contadini, popolo misto, provato da mille burrasche del de-stino74.

Ma la sottolineatura delle affinità tra il Piemonte e la Prussia non si esau-

73 Si veda F. Trocini, Tra Realpolitik e deutsche Freiheit: il bonapartismo francese nelle ri-

flessioni di August Ludwig von Rochau e di Heinrich von Treitschke, in «Rivista Storica Italia-na», a. CXXI, I, aprile 2009, pp. 338-387.

74 H. von Treitschke, Cavour, cit., pp. 13-14.

Page 30: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 80

riva puramente sul piano comparativo e storico. Al contrario, concepito da Treitschke in termini polemici e pedagogici, il confronto tra Piemonte e Prussia era essenzialmente funzionale alla polemica nei confronti del dottri-narismo liberale da un lato e all’esortazione a seguire un ben preciso model-lo politico dall’altro. Secondo Treitschke, infatti, non grazie alla «rilassatez-za pacifista», all’«oziosità estetica» e alle «sterili lamentazioni sentimentali» dei suoi intellettuali, non grazie al «veleno del razionalismo», al dogmatismo liberale e tantomeno al velleitarismo rivoluzionario, ma solo grazie alla pro-pria monarchia, al proprio esercito e al proprio apparato amministrativo – è qui fin troppo evidente il suo richiamo ai tre vertici fondamentali dello Stato prussiano – il Piemonte era stato capace di risollevare le sorti della nazione culturale italiana, vivacchiante da secoli nella sola contemplazione nostalgica delle glorie artistiche del proprio passato:

Soltanto questo Stato, circondato da vicini torpidi e asserviti, aveva conservato due tesori politici inestimabili: un valoroso esercito e una dinastia nazionale. Se i nostri apostoli della pace fossero ancora capaci, nella loro presuntuosa fatuità, di imparare qualche cosa dalla storia, dovrebbero trarre dai destini della Prussia e del Piemonte la conse-guenza che la guerra è una fontana di giovinezza per l’energia morale dei popoli […]. Già Emanuele Filiberto poteva vantarsi di avere tanti soldati quanti sudditi e da allora in poi nella stirpe valorosa non era tramontata più la prima delle virtù civili, il fondamento di tutte le altre, l’attività guerresca. […]. Solamente questo angolo d’Italia conosceva i benefizi della monarchia. Un’ambiziosa stirpe principesca, serrata fra regni rapaci e potenti, aveva difeso qui attraverso i secoli il territorio di confine, ora in campo aperto, ora con le arti di una sagace diplomazia. […]. Economi, severi per sé e la loro casa, freddi uomini di affari, che il fascino dell’arte toccava appena, mentre il destino con alternative stupefacenti sbalzava in alto e in basso il piccolo Stato, conservarono saldo il loro orgoglio dinastico, il loro sentimento di dovere monarchi-co. Vi sono degli Stati che ricevono le leggi della loro esistenza non da una necessità geografica, ma dalla libera volontà dei loro capi. […]. Qui, nel lavoro cosciente della volontà degli individui, sta la profonda ragione dell’affinità che spesso si ravvisa fra il Piemonte e la Prussia75.

Accanto alla celebrazione delle virtù guerresche del Piemonte e delle sue

75 Ivi, pp. 17-19.

Page 31: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 81

istituzioni Treitschke non mancò qui, richiamandosi alla celebre polemica di Baumgarten nei confronti dell’inadeguatezza politica della borghesia tede-sca76, di sottolineare l’importanza fondamentale dell’aristocrazia quale unica «classe politica» in grado di assumersi la grave responsabilità di guidare la nazione. Non a caso, solo dal grembo di quest’ultima era potuto emergere uno statista come Cavour:

Il giudizio storico non può disconoscere, sotto l’involucro ripugnante e spesso ridicolo, il nocciolo morale di questa aristocrazia. Questa clas-se era l’unica nobiltà politica, che l’Italia possedesse ancora. […]. Solo da questo Regno, l’unico che fosse uno Stato, poteva uscire la salvezza d’Italia e l’uomo che doveva spingere l’aristocratico Piemonte per gli erti sentieri di una politica rivoluzionaria, doveva anch’egli essere un aristocratico77.

Nelle pagine del suo saggio, l’autentica ammirazione di Treitschke per il

Piemonte, per il Risorgimento italiano e i risultati da esso conseguiti si tra-sfigurò quindi nella celebrazione della figura politica di Cavour, cioè di quell’«uomo geniale» che, sapendo coniugare liberalismo e patriottismo da un lato e sapendo cogliere le opportunità offertegli dalla sorte dall’altro, era stato in grado di portare a termine con successo la propria missione storico-universale78. Se già studiandone i discorsi, Treitschke aveva riscontrato in Cavour:

una sovrana chiarezza, una geniale sobrietà, qua e là un fine sarcasmo […]. Da molto tempo che nulla mi ha avvinto così potentemente; que-sto genio affatto pratico è certamente ben diverso dai grandi poeti e pensatori, che sono così familiari a noi tedeschi; eppure, a suo modo, costui si pone dinnanzi ai grandi enigmi del mondo in modo altrettan-to grave e compiuto come Goethe o Kant79,

76 H. Baumgarten, Der deutsche Liberalismus. Eine Selbstkritik, cit., p. 470, in particolare

dove, dopo aver richiamato il caso italiano, Baumgarten afferma: «Il borghese è fatto per la-vorare, ma non per il dominare ed esercitare il dominio rappresenta proprio il principale compito dell’uomo di Stato».

77 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 25 e p. 27. 78 Ivi, p. 227. 79 Lettera di Treitschke al padre (Freiburg, 23/01/1866), in Heinrich von Treitschkes Brie-

fe, cit., II, p. 455. Per un giudizio analogo cfr. anche la lettera a Emma von Bodman (Kiel, 27/01/1867), in Heinrich von Treitschkes Briefe, cit., III, p. 132, in cui afferma: «Cavour non

Page 32: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 82

nel testo del 1870, lo statista piemontese sarebbe stato descritto come un

«genio pratico»80, cui avevano giovato la formazione tra le file dell’esercito, l’esperienza imprenditoriale e i viaggi all’estero81.

Secondo tale prospettiva Cavour – figura in cui sembravano fondersi le migliori virtù dei Germani con quelle dei Latini – altro non era insomma se non uno di quegli “uomini eccezionali” di fronte ai quali non era possibile non constatare:

questa semplice verità: che il grande uomo politico si rappresenta le cose di questo mondo con la stessa potenza originale di pensiero che un Goethe o un Kant; che egli guarda da una vetta sublime, con la stes-sa nobiltà del poeta e del pensatore. […]. In pochi spiriti si è rispec-chiato il contenuto ideale della storia recente con tanta fedeltà e inte-rezza come nella mente del fondatore dell’unità italiana. Chi giudica Cavour, riconosce di affrontare i grandi problemi della società moder-na82.

Pur non avendo confidenza con le «lingue morte» e non avendo neppure

mai letto Dante o Ariosto, Cavour possedeva un’«intelligenza matematica, disciplinata militarmente», in base alla quale «le questioni politiche gli appa-rivano come problemi di calcolo integrale». Soprattutto per tale ragione, se-condo Treitschke, egli rimase «completamente immune dal peccato origina-le del liberalismo moderato: il dogmatismo dottrinario»83. A dispetto di uomini come Gioberti e D’Azeglio, agli occhi dei quali l’idea unitaria aveva carattere perlopiù letterario, esortavano a rafforzare il sentimento patrio tramite una «devota immersione nell’antichità classica», Cavour visse nel «mondo moderno» e tutte le sue energie furono protese unicamente «al pre-sente».

Sempre secondo Treitschke, sin dalla fase più giovanile del suo itinerario biografico, il Conte partecipò alla «silenziosa trasformazione» in senso na- è certo un classico, ma per i nostri scopi è più utile di Dante e Tasso; scrive nello stile della conversazione di tutti i giorni e io non mi stanco mai di rallegrarmi della sovrana chiarezza e dell’acume della sua mente».

80 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 39. 81 Ivi, p. 36. 82 Ivi, p. 5. 83 Ivi, pp. 32-33.

Page 33: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 83

zionale degli italiani, nutrendo la convinzione dell’assoluta necessità di libe-rare la Penisola dal dominio straniero e di riorganizzarla quindi sotto la gui-da piemontese84. Spirito libero in un’epoca suggestionata da «ardite astra-zioni», nonostante il suo ardente patriottismo, Cavour rimase però fino all’ultimo un «aristocratico» e, come tale, diversamente da demagoghi come Mazzini e Garibaldi85, del tutto indifferente al rumoreggiare «della folla»:

Ma il suo Stato, figlio dell’idea nazionale, non poteva tentare di arresta-re la corrente dell’entusiasmo popolare; non restava altra via che gui-darlo e piegare sotto la disciplina della monarchia i fanatici della rivo-luzione86.

Convinto che, nei grandi Stati moderni, la forma repubblicana fosse irre-

alizzabile in quanto presupponeva un grado di educazione delle masse cui era possibile unicamente aspirare e che, al contrario, solo la monarchia, in quanto istituto al di sopra delle parti, disponesse della forze necessaria per garantire il «gioco spontaneo delle forze sociali», dal punto di vista politico egli fu essenzialmente un «monarchico costituzionale», un fautore del «si-stema delle due Camere» – purché, ben inteso, «non per mantenere l’equilibrio», come ritenevano i dottrinari, ma «per accrescere il moto,

84 Ivi, p. 38, p. 54 e p. 169. 85 È interessante osservare che sia Treitschke sia Rochau espressero un giudizio estrema-

mente negativo nei confronti di Mazzini, ritenuto niente più che un velleitario cospiratore votato unicamente al fallimento politico. Secondo Rochau, ad esempio, per via delle «proprie ossessioni repubblicane», Mazzini avrebbe ritenuto preferibile il mantenimento del dominio straniero rispetto all’ipotesi di un’Italia unita ma monarchica; A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., p. 187. Diversamente da Mazzini, Garibaldi fu invece giudicato da Treitschke in termini estremamente positivi quale «il più grande uomo del radicalismo moderno»: «Gari-baldi appare come un dono della misericordia divina, cui non si possono muovere censure, né fare correzioni; un profeta del suo popolo, come la pulzella d’Orléans, l’unica figura storica che possa paragonarsi a quest’uomo indemoniato»; H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 231. Per quanto riguarda il diverso giudizio su Mazzini e Garibaldi, è verosimile che Treitschke abbia fatto proprio il principio formulato da Rochau, secondo cui « l’arte dello Stato è niente altro che l’arte del successo, applicato a determinati obiettivi statali»: «Il successo è la prova attraverso cui la forza rivoluzionaria deve testare se stessa e la sua missione. Con il successo, la rivoluzione è la vittoria delle forze più forti sulle più deboli e dunque la realizzazione poli-tica di se stessa; senza il successo, la rivoluzione è la rivolta delle forze più deboli contro le più forti e dunque la condanna politica di se medesima»; A. L. von Rochau, Grundsätze der Realpolitik, cit., p. 52 e p. 255.

86 H. von Treitschke, Cavour, cit., pp. 217-218.

Page 34: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 84

l’energia dello Stato»87 – e dunque un «uomo del juste milieu»88, ugualmente avverso alle «congiure dei radicali», così come alla «volgarità della democra-zia»89 e alla «centralizzazione napoleonica»90.

In linea con il suo moderatismo politico, sul piano economico, Cavour fu un fautore del libero scambio, in quanto convinto che l’«emancipazione del-le energie del lavoro» costituisse la più importante premessa della libertà po-litica e, al tempo stesso, ostile sia alle «affini eresie protezionistiche e comu-niste» dei francesi sia «all’indifferenza dell’«aristocrazia inglese per le classi inferiori»91. In sostanza, la teoria e la prassi politica dello statista piemontese erano sintetizzabili, secondo Treitschke, nel principio realpolitisch secondo cui «la politica pratica si contenta di giovare un poco alla patria»92.

Proprio in relazione al realismo politico cavouriano, la penna di Trei-tschke toccò il massimo della propria potenza espressiva. Merita qui di esse-re riportato per intero il passaggio, in cui, giustificando il «sacrificio», cioè la cessione di Nizza e della Savoia, che il Conte fu costretto a compiere sull’altare dell’«avidità espansionista» francese93, Treitschke delineò magi-stralmente l’essenza della sua Realpolitik:

Una mente politica non può sorvolare, con luoghi comuni di moralità, sul terribile conflitto di doveri che agita la coscienza del fondatore di uno Stato. All’uomo di Stato non è concesso, al pari del semplice citta-dino, di considerare sacra e come il maggiore dei beni morali, la purez-za immacolata della sua condotta e della sua fama. Egli vive per gli sco-pi vitali del suo popolo, deve saper interpretare i segni dei tempi, deve rintracciare l’idea divina nel groviglio degli eventi e svolgerla in mezzo a duri combattimenti. Questa sola è la sincerità politica, questa la virtù

87 Ivi, p. 73. 88 Ivi, pp. 42-43. 89 Ivi, p. 57. 90 Ivi, p. 47. 91 Ivi, p. 49. 92 Ivi, p. 89. 93 A proposito della cessione di Nizza e della Savoia, si tenga presente il giudizio negativo

di Treitschke, secondo cui il fatto che «una provincia di confine, con mezzo milione di abi-tanti, potesse scegliersi a piacere lo Stato» non era altro che «un’assurdità politica»; in IVI, p. 215. Si legga in tale opinione anche un’eco della posizione che, all’indomani della sconfitta della Francia, Treitschke avrebbe assunto in relazione alla questione dell’annessione dell’Alsazia e della Lorena; H. von Treitschke, Was fördern wie von Frankreich?, in Id., Aufsä-tze, Reden und Briefe, cit., III (Schriften und Reden zur Zeitgeschichte I), pp. 450-489.

Page 35: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 85

politica, che rimarrà sempre incomprensibile per le donne e per i sen-timentali. Se l’opposizione del torpido mondo non può vincersi in al-tro modo, l’uomo di Stato deve, pel trionfo dell’idea, ricorrere anche ai mezzi della perfidia, che l’individuo non può adoperare per gli scopi fi-nali del suo agire. Scaldarsi le mani alle fumanti rovine della patria per la comune soddisfazione di dire a se stesso: io non ho mai mentito, è la virtù del frate, non dell’uomo. E finché ci saranno degli uomini, non vi potrà esser macchia sulla grandezza d’animo dello statista che fece l’Italia, agendo il più moralmente che fosse permesso di fare a un mor-tale. Il suo cuore era agitato dalla consapevolezza di una missione sto-rica mondiale. Egli considerava come la massima impresa della nuova storia la liberazione dell’Italia dagli stranieri, dai falsi principi e dalle teste matte94.

A distanza di qualche anno, il profilo di Cavour tratteggiato da Trei-

tschke fu in gran parte ripreso dallo stesso Rochau, il quale però, in linea con il proprio orientamento liberal-progressista, non solo pose maggior-mente l’accento sui tratti tipicamente liberali e borghesi della politica del Conte, ma giunse anche a conclusioni sensibilmente diverse: attraverso l’analisi in parallelo di alcuni passaggi interpretativi, è infatti possibile co-gliere l’evidente disparità di sensibilità politica esistente tra Treitschke e Ro-chau e, più in generale, tra il liberalismo moderato degli animatori dei «Preußische Jahrbücher» e il liberalismo progressista di gran parte dei mili-tanti del Deutscher Nationalverein.

Il testo di Rochau, rimasto incompleto, rientra all’incirca all’interno dello stesso panorama polemico e pedagogico di quello treitschkiano. Qui, però, oltre al dottrinarismo liberale, uno dei principali obiettivi polemici fu Bi-smarck, che, sebbene non sia mai direttamente citato, sembra quasi ricoprire il ruolo del convitato di pietra.

Per quanto riguarda la fase più giovanile del suo itinerario biografico, an-che per Rochau, Cavour imparò a conoscere la realtà umana e, insieme, la realtà delle cose non tanto attraverso «inutili esercizi di teoria politica», quanto soprattutto attraverso l’attività pratica di «uomo d’affari». Sul piano politico, fin dai primi anni Trenta, egli fu un simpatizzante di Luigi Filippo e un ammiratore del modello anglosassone: secondo l’esempio incarnato da Guizot, Cavour fu perciò un «uomo del giusto mezzo» e insieme un «uomo

94 Id., Cavour, cit., pp. 226-227.

Page 36: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 86

del progresso»95. A differenza di un «vivace sognatore» come Gioberti, di un «impetuoso

tribuno del popolo» come Brofferio e dell’«ambizioso e intrigante» Rattaz-zi, secondo Rochau, Cavour fu anzitutto un «coraggioso avvocato di una politica di governo responsabile»96. In virtù del proprio realismo e delle pro-prie convinzioni liberali, una volta assunta la responsabilità di governo, egli riconobbe infatti come propri obiettivi fondamentali quello di adeguare la vita pubblica piemontese allo «spirito della costituzione» e quello di rendere il Regno di Sardegna, attraverso le sue istituzioni borghesi, un polo magne-tico capace di esercitare la propria forza d’attrazione sull’intera Penisola97. E anche quando, dopo aver riassunto in sé la carica di Ministro degli Interni e quella di Ministro degli Esteri, divenne di fatto «il signore della politica di Gabinetto» del Regno, Cavour esercitò il proprio «potere dittatoriale sul parlamento» col solo scopo di difendere lo Stato dagli intrighi orditi dal par-tito clericale98.

Uno dei primi passaggi del testo di Rochau in cui emerge un’opinione sensibilmente diversa rispetto a quella di Treitschke riguarda il significato politico del cosiddetto “connubio”. Mentre quest’ultimo aveva sottolineato con forza l’inconciliabilità abissale della posizione di Cavour – aristocratico liberale e «uomo di Stato indipendente» – con quella di Rattazzi – esponente di un «liberalismo volgare»99 – e, dunque, il carattere perlopiù funzionale del loro accordo, Rochau interpretò il “connubio” non come un puro adegua-mento alle necessità politiche del momento, ma come il primo risultato di una ben precisa strategia, consistente nel proposito di spostare «verso sini-stra il baricentro della politica sarda». Un proposito che, sempre secondo Rochau, rimandava alla convinzione cavouriana secondo cui

il fondamento certo dell’interesse pubblico e la garanzia per una dure-vole intesa tra lo spirito del popolo e la politica di governo dovessero ricercarsi nella sintesi tra liberalismo moderato e conservatorismo mo-derato, tra centro-sinistra e centro-destra100.

95 A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., pp. 122-123 e pp. 125-126. 96 Ivi, p. 130. 97 Ivi, p. 136. 98 Ivi, p. 187. 99 H. von Treitschke, Cavour, cit., pp. 108-109. 100 A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., pp. 135-136.

Page 37: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 87

Nel quadro di questa interpretazione alternativa del “connubio” va inteso anche il parere espresso da Rochau in rapporto alla collocazione politica di Cavour, il quale, «conservatore per ragioni di sentimento», si lasciò trascina-re dal violento corso degli eventi solo per via della consapevolezza delle condizioni insopportabili in cui era sino ad allora versato il governo dell’Italia. Egli fu rivoluzionario contro la propria stessa volontà […]. Per lui si trattò soprattutto di salvare la monarchia in Sardegna e di farne al tem-po stesso il solo punto d’appoggio del potere italiano contro l’Austria da un lato e il particolarismo dall’altro101.

Da tutto ciò Rochau poté trarre, ancora una volta, una conclusione sen-sibilmente diversa rispetto a quella di Treitschke:

La sua natura, aristocratica nel senso migliore della parola, non gli im-pedì, […], di spingersi a dichiarare che la Francia e […] il mondo con-temporaneo nel suo complesso si orientavano verso un futuro demo-cratico e che in particolar modo la nobiltà aveva finito definitivamente di giocare il suo ruolo storico102.

In relazione alla guerra di Crimea, Treitschke e Rochau espressero invece

in qualche misura complementare: se il primo mise soprattutto in risalto il fatto che, grazie a essa, la questione italiana aveva potuto essere portata, in tutta la sua gravità, all’attenzione della diplomazia europea riunita103, il se-condo sottolineò che il suo risultato principale fu il consolidarsi «in tutte le teste politicamente sane» della convinzione secondo cui la trasformazione del «concetto geografico di Italia in realtà statuale» poteva avvenire unica-mente facendo ricorso al Regno di Sardegna104. Analogo fu anche il loro giudizio sull’alleanza stretta, all’indomani di Plombières, tra Francia e Pie-monte. Per entrambi, infatti, non si trattò di un accordo tra pari: anziché il fedele alleato del Piemonte, la Francia ne fu soprattutto il tutore e, come ta-le, finì per rappresentare un serio ostacolo alla piena realizzazione del pro-getto unitario105.

101 Ivi, pp. 132-133. 102 Ivi, p. 126. 103 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 137. 104 A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., p. 178 e p. 182. 105 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 163 e A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., pp.

186-187.

Page 38: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 88

Un passaggio in cui risulta evidente la netta divergenza di prospettive tra Treitschke e Rochau è poi quello relativo al giudizio sul contributo offerto dal Nationalverein all’unificazione nazionale tedesca. In questo caso la diffe-renza tra Treitschke e Rochau fu netta e, tra le pagine dei rispettivi saggi, sembra quasi assumere il tono della polemica a distanza. Per Treitschke, tra i meriti principali ascrivibili alla Società Nazionale Italiana vi furono quello di aver respinto al proprio interno «ogni settarismo», quello di aver agito in stretta collaborazione con il Piemonte e infine quello di essere stata in grado sin dal principio di formulare un programma politico preciso:

La società agiva apertamente, contenta della libertà piemontese e, an-che nei paesi asserviti d’Italia, dove era costretta ad agire segretamente, dissuadeva da congiure e insurrezioni, abituando la nazione a sperare nella guerra, nelle forze ordinate militarmente […]. Prudentemente il programma della società diceva solo: che per il raggiungimento del suo scopo era necessaria l’attività del popolo italiano, utile l’aiuto del go-verno piemontese. Ma i capi sapevano da lungo tempo che, senza lo Stato e l’esercito del Piemonte, il movimento si sarebbe arenato106.

Rispetto al modello italiano, il Deutscher Nationalverein aveva invece in-

carnato tutti i difetti tipici dello spirito tedesco, tra cui soprattutto l’astrattezza dottrinaria e la propensione al settarismo:

Come appare povera, accanto a questa demoniaca passione dei patrioti del sud, la comoda disperazione della patria, che in questo stesso peri-odo dominava i liberali tedeschi! Come misera soprattutto la fraseolo-gia tedesca accanto al chiaro e risoluto realismo dei meridionali! La so-cietà del La Farina trattava come questioni aperte tutte le controversie ecclesiastiche, sociali e politiche e propugnava un’unica soluzione: Guerra all’Austria, Vittorio Emanuele Re d’Italia. La sua sorella ger-manica concepiva ordini del giorno sulle eredità federiciane e austria-che, su tutto ciò che vola fra cielo e terra e considerava come questione aperta la sola cosa da cui dipendeva l’avvenire della Germania, la cosid-detta supremazia prussiana. Perciò la Società nazionale degli italiani di-venne una forza nella storia del paese, la Società nazionale tedesca non ottenne alcun risultato107.

106 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 151. 107 Ivi, pp. 152-153.

Page 39: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 89

Sebbene non mancasse di mettere in risalto i meriti della Società Nazio-nale Italiana e il valore dei suoi principali esponenti, per Rochau era del tut-to inesatto identificare tout court la strategia di Cavour con quella di uomini come Manin, La Farina e Pallavicini108.

La polemica con Treitschke, il cui nome è esplicitamente richiamato, ri-manda peraltro alla posizione assunta da Rochau sul finire degli anni Settan-ta in risposta agli attacchi rivolti dalla stampa liberal-moderata, in particolare dalla «Norddeutsche Allgemeine Zeitung» e dai «Preußische Jahrbücher», contro il Nationalverein. Già in quella circostanza, rispetto all’accusa secon-do cui il Nationalverein, continuando fino all’ultimo a criticare Bismarck, aveva finito per farsi portavoce di un orientamento anti-nazionale, Rochau aveva ribadito che la polemica contro il governo prussiano non era stata in contrasto, ma in piena sintonia con l’obiettivo fondamentale del movimento nazionale, cioè l’«unità politica della Germania mediante la politica liberale e nazionale della Prussia»109.

Rochau aveva contestato anche l’idea che gli eventi del 1866 avessero sancito il fallimento politico del Nationalverein. In piena coerenza con la «tenace opposizione» e la «strenua resistenza» sino ad allora condotta con-tro la politica interna ed esterna di Bismarck, la decisione di schierarsi dalla parte della «politica di gabinetto» prussiana in occasione della guerra contro l’Austria, secondo Rochau, non aveva comportato una revisione delle con-vinzioni iniziali, ma solo la constatazione del fatto che Bismarck, pur per-correndo una «via sbagliata e spericolata», aveva consentito alla Germania di compiere decisivi passi avanti verso l’unificazione.

Enumerando tutte le occasioni in cui il Nationalverein aveva offerto un contributo decisivo alla causa nazionale, al punto che, senza il suo apporto, gli eventi del 1866 non sarebbero stati neppure immaginabili, Rochau affer-mò che gli obiettivi del movimento nazionale, per quanto perseguiti in ma-niera autonoma, erano infine coincisi, «contro ogni aspettativa e in certi punti», con quelli di Bismarck110. A suo parere, dunque, la questione cruciale consisteva non già nel giudicare quanto fino ad allora compiuto, bensì nel

108 A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., p. 185-186. 109 Id., Anmerkungen zu einem Artikel der Preußischen Jahrbücher, in «Wochenblatt des

Nationalvereins», Nr. 40, 4. Januar 1866, p. 318. 110 Id., Zur Orientirung im neuen Deutschland, p. 24.

Page 40: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 90

comprendere quanto, da allora in poi, il Nationalverein avrebbe potuto e dovuto ancora compiere:

Del proprio passato il Nationalverein non ha nulla di cui pentirsi e di cui giustificarsi; dopo Sadowa, tuttavia, il suo presente e il suo futuro non potranno più essere impostati secondo quel piano, che, sinora, è stato quello giusto111.

Ma il vero e proprio punto fondamentale, nel quale, più che altrove, è

possibile misurare la distanza dei rispettivi orientamenti politici di Trei-tschke e Rochau è un altro. Per entrambi, nonostante la sua spiccata pro-pensione a guardare al lato pratico delle cose, la politica di Cavour ebbe un fondamento morale, cui si abbinò un forte «senso umanitario» e un altret-tanto forte «sentimento religioso»112. Secondo Treitschke, infatti, «la libertà d’Italia» per Cavour non fu solo «una questione di potenza», bensì «un pre-cetto morale», coincidente con la necessità di «infondere nell’anima della nazione un nuovo e più ricco contenuto vitale»113. Dal canto suo, in linea con quanto già espresso tra le pagine dei suoi Grundsätze der Realpolitik, per Rochau il realismo politico di Cavour fu subordinato alla realizzazione dell’«idea», di quel fattore cioè che «costituisce generalmente la durevole forza motrice di ogni grande riforma»114. In tal senso, anziché configurarsi come pura spregiudicatezza amorale o come mero esercizio della forza, il pragmatismo di Cavour non aveva escluso dal proprio orizzonte la presenza di un piano di riferimento ideale o morale, capace di svolgere una funzione orientativa nei confronti dell’agire politico115.

Sulla base di tale constatazione condivisa con Rochau, nel proprio saggio, Treitschke affermò quindi che nella focosa natura del Conte vi era, come in quella di Federico il Grande, una forte tendenza alle speranze esagerate, di-

111 Id., Wie die preußische Regierung von ihrer Presse bedient wird, in «Wochenblatt des

Nationalvereins», Nr. 102, 2. Mai 1867, p. 799. 112 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 44. 113 Ivi, p. 61. 114 A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., p. 132. 115 Id., Grundsätze der Realpolitik, cit., pp. 33-34. Più in generale, mi permetto ancora una

volta di rimandare a F. Trocini, L’invenzione della «Realpolitik» e la scoperta della «legge del potere», cit., pp. 154-159.

Page 41: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 91

fetto necessario, senza il quale egli non sarebbe mai stato il liberatore del suo popolo116

e, a distanza di poche pagine, ribadì ancora che nell’anima di quest’uomo audace, che contava così prudentemente sul possibile, ve-gliava il presentimento di cose enormi117.

Per Rochau il riferimento alla dimensione ideale e morale della politica

cavouriana assunse invece un significato diverso. Sebbene il paragone tra i due non sia mai pienamente esplicitato, è tuttavia chiaro che nel richiamarsi a tale fondamento ideale, Rochau avesse come proprio preciso obiettivo po-lemico proprio Bismarck e la sua politica del Blut und Eisen, nei confronti della quale, sin dai primi anni Sessanta, egli reiterò ripetutamente l’accusa essere in aperto contrasto con le «energie morali» della nazione:

L’Italia è stata sinora ingiustamente giudicata in Europa, ma tale errore è stato ora corretto dalla Sardegna e vuol dire molto per colui che cre-de più al potere delle idee che non a quello della sola violenza bruta-le118.

Sempre a proposito della polemica con Bismarck, non può infine essere

trascurato neppure il richiamo di Rochau al rispetto costantemente mostra-to da Cavour nei confronti della libertà di stampa, un richiamo che è esplici-tamente funzionale alla denuncia del sistema poliziesco introdotto nel 1863 all’indomani dell’emanazione delle famigerate Preßordonnanzen:

La libertà di stampa fu per lui un articolo di fede mentre il regime poli-ziesco oggetto del suo più sincero disgusto; nella limitazione della prima e nella cura del secondo egli vide solo la minaccia dei peggiori pericoli e mali pubblici119.

* * * In conclusione merita di essere preso in considerazione un altro impor-

116 Ivi, p. 143. 117 Ivi, p. 169. 118 A. L. von Rochau, Camillo Cavour, cit., pp. 183-184. 119 Ivi p. 178.

Page 42: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 92

tante tema. Nel saggio di Treitschke, a differenza di quello di Rochau, trova infatti ampia trattazione la questione dell’ordinamento amministrativo po-stunitario e, più in generale, e il problema del rapporto tra centro e periferia all’indomani dell’unificazione.

Nel confronto con il Risorgimento italiano, la discussione politica tede-sca non si arrestò infatti alla sola analisi degli eventi bellici del 1859-60 e all’esame delle loro ripercussioni sulla scena europea, ma, al contrario, trasse profitto anche dall’osservazione dei modelli e delle problematiche che se-gnarono la vicenda postunitaria.

Lo stesso Treitschke, nello sviluppare il topos del parallelismo tra Italia e Germania, non si limitò a rilevare le analogie tra i due rispettivi processi di costruzione dello Stato nazionale. Al contrario, pur partendo dall’am-mirazione per Risorgimento e per il “modello Cavour”, tra le pagine del suo saggio, non mancò di sottolineare alcune delle più vistose differenze e infine di celebrare la “superiorità” della via tedesca:

Il confronto della rivoluzione tedesca con quella italiana costituirà per-ciò uno dei più proficui paralleli della filosofia della storia e ai posteri darà da pensare specialmente questo contrasto: come gli italiani furono superiori nel movimento delle masse, come i tedeschi furono superiori nell’azione politica ordinata. Là una nazione di cospiratori; qui un po-polo che aveva bisogno di un ordine, della guida dall’alto per mostrare la sua pesante energia. Durante la guerra tedesca il contegno degli Hannoveresi, dei Sassoni, degli abitanti dello Schleswig-Holstein appa-re molto meschino di fronte al coraggio patriottico che animò i Tosca-ni dopo il trattato di Villafranca. Ma come impiccoliscono i più gloriosi fatti dell’esercito italiano accanto alla gloria guerresca dei prussiani! E dopo la vittoria appare di nuovo l’assoluta superiorità di cultura e di energia del Nord protestante; di quanto i Sassoni del 1866 erano mino-ri dei Toscani del 1859, di tanto il primo Reichstag della Germania del Nord fu maggiore al primo Parlamento italiano120.

A suo parere, il vero difetto della “via italiana” all’unità non rimandava né

al suo carattere accelerato e perlopiù fortuito, né al fatto che le vittorie mili-tari dell’esercito piemontese fossero state conseguite grazie all’intervento di una potenza straniera. I limiti dell’unità italiana stavano piuttosto

120 H. von Treitschke, Cavour, cit., p. 253.

Page 43: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 93

nell’«immensa putritudine morale del Mezzogiorno», nella «malaugurata conquista del Mezzogiorno»121 e soprattutto nel fatto che qui, non si era trattato

come in Germania, di annettere piccoli Stati secondari a uno Stato po-tente, saldamente costituito, e di animarli dello spirito del paese cen-trale; qui si trattava di formare uno Stato nuovo con dei rottami senza coesione122.

A questa prima critica Treitschke abbinò poi quella nei confronti delle

modalità con cui, negli ultimi mesi di vita di Cavour, fu affrontato il pro-blema dell’autonomia amministrativa locale:

Cavour fu geniale solo come diplomatico, come capo parlamentare e come economista; nelle finanze ricco di idee ma leggero; trascurò la grave questione dell’organizzazione amministrativa, contentandosi di poche buone idee123.

Condizionato a fondo dall’idea liberale, ispirata al modello inglese del

Selfgovernment e a quello prussiano della Selbstverwaltung, secondo cui l’autonomia locale, in quanto diretta espressione della partecipazione del singolo cittadino alla gestione degli affari pubblici, costituiva l’essenza stes-sa della libertà politica124, Treitschke ritenne che, nel caso italiano, un prov-vedimento indispensabile sarebbe stato quella di ridurre il numero dei Co-muni e di dividere quindi il neo-costituito Regno in otto Regioni, sul mo-dello della Provinz prussiana.

Al contrario, la Provincia, istituzione amministrativa introdotta da Rat-tazzi nel 1859, era destinata a restare un’articolazione puramente burocrati-ca dalla quale era impossibile «sperare una vita autonoma»:

Troppo piccola per affermare una volontà di fronte alla burocrazia del-la capitale del Regno, troppo grande per permettere il sorgere di un

121 Ivi, p. 260. 122 Ivi, pp. 238-239 e pp. 253-254. 123 Ivi, pp. 252-253. 124 A proposito della Selbstverwaltung come vero fondamento della libertà politica, cfr.

soprattutto S. Amato, Aristocrazia politico-culturale e classe dominante nel pensiero tedesco (1871-1918), Olschki, Firenze 2008, pp. 51-56.

Page 44: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

FEDERICO TROCINI 94

sentimento di intima unione fra gli abitanti, la provincia rimaneva una circoscrizione amministrativa puramente burocratica, come il diparti-mento francese cui si avvicinava per estensione, creata apposta per la paterna vigilanza di un prefetto125.

Secondo Treitschke, i motivi che avevano indotto a preferire l’istituzione

della Provincia rispetto a quella delle Regioni e, più in generale, un ordina-mento amministrativo di tipo centralistico sul modello francese rispetto a quello autonomistico erano numerose. Tra questi, anzitutto il semplice fatto che una nazione,

avvezza a considerare come nemica l’autorità dello Stato, non poteva

d’un tratto trovare in sé la risolutezza necessaria per porre automaticamente mano agli affari dello Stato ormai libero.

In secondo luogo, fino alla costituzione del Regno, nessuno aveva riflet-

tuto a fondo sulle questioni dell’amministrazione locale e pertanto, per so-stanziale inesperienza, si preferì rifarsi al modello francese, introducendo il sistema prefettizio:

Tutto lo sforzo di pensiero dell’ultimo decennio era stato rivolto all’indipendenza d’Italia, nessuno aveva pensato alle quistioni ammini-strative. Ciò che allora fu scritto su questo argomento rivelava solo un’ignoranza deplorevole, un vero servilismo verso le idee francesi126.

Infine, al di sotto delle richiesta di maggior decentramento, si nasconde-

vano, secondo Treitschke, «pericolosi progetti separatistici» o, nella miglio-re delle ipotesi, la volontà delle burocrazie locali di continuare a esercitare «a piacimento» il proprio potere dispotico:

Ancora Gaeta non era presa e già i napoletani mormoravano perché dovevano lavorare, pagare tasse, prestare il servizio militare. Tutto era buon pretesto per gridar contro gli impiegati piemontesi, il cui senti-mento dell’ordine era tuttavia una benedizione pel disordine meridio-nale, e negli Abruzzi i briganti cominciavano già la loro opera sangui-

125 Ivi, p. 258. 126 Ivi, p. 259.

Page 45: Il “modello Cavour” tra Realpolitik e liberalismo. Rochau, Treitschke e la pubblicistica tedesca dopo il 1859

IL “MODELLO CAVOUR” 95

naria in nome del Re legittimo127. Nel contesto di un «paese insubordinato», nel quale le «forze della di-

scordia» sembravano ben lungi dall’esser state ridotte al silenzio, il timore che la concessione dell’autonomia potesse aprire la strada alla disgregazione spinse dunque a ritenere con certezza che «solo un energico potere centra-le» fosse in grado frenare le spinte centrifughe:

Il sistema dei prefetti […], dopo la morte di Cavour, fu esteso a tutto il Regno. Così nacque un’amministrazione che riuniva in sé tutti i di-fetti della burocrazia francese senza averne i pregi: prontezza e preci-sione128.

Il risultato inevitabile di tale decisione fu non solo il riemergere

dell’«antico odio di razza» tra il Nord e il Sud della Penisola e l’ulteriore ac-centuarsi delle aspirazioni secessioniste in regioni come la Lombardia, dove «si cominciò a mormorare se domani tornasse il tedesco, gli baceremmo gli stivali!», ma soprattutto il grave deterioramento dello spirito civico degli ita-liani, la cui libertà e la cui partecipazione agli affari pubblici si ridussero uni-camente al fatto di «gettare, di tanto in tanto, una scheda nelle urne eletto-rali».

127 Ivi, pp. 260-261. 128 Ivi, p. 262.