IL LEGIONARIO COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE ANNO III N . 20 – GIUGNO 2016 - Testo e struttura a cura di TETRVS Con questo suggestivo titolo ripreso da quello di un film del 1972 diretto da Armando Crispino si vuol richiamare una battaglia in cui gli Etruschi sconfissero un contingente romano formato da circa 300 uomini della Gens Fabia presso il fiume Cremera.
8
Embed
IL LEGIONARIO - LEGIO II BRITANNICA...»(Dionigi d'Alicarnasso, Antichità romane, IX, 15) Libera versione da una traduzione inglese) Il Crèmera (detto anche Fosso della Valchetta)
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
IL LEGIONARIO COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE
ANNO III N.20 – GIUGNO 2016 -
Testo e struttura a cura di TETRVS
Con questo suggestivo titolo ripreso da quello di un film del 1972 diretto da Armando Crispino si vuol richiamare una battaglia in cui gli Etruschi sconfissero un contingente romano formato da circa 300 uomini della Gens Fabia presso il fiume Cremera.
La battaglia del Cremera venne combattuta sulle rive dell'omonimo fiumicello il 13 febbraio del
477 a. C. Più che una battaglia fu un agguato teso dai guerrieri Veienti a quelli Romani che stavano
saccheggiando il loro territorio. È divenuta famosa in quanto le forze romane erano composte quasi
esclusivamente da combattenti che appartenevano alla nota famiglia della Gens Fabia..
Sulla data esatta della battaglia non vi è in realtà una convergenza di ipotesi fra i vari studiosi. Le ipotesi sono tre: 13 febbraio, 16 luglio o 18 luglio. La data del 13 febbraio sembra la più accreditata in quanto riportata da Ovidio che dà in generale prova di notevole precisione sugli aspetti calendariali degli eventi storici (Augusto Fraschetti, Ovidio, i Fabii et la battaglia del Cremera (PDF)
Roma e Veio In quei tempi, Veio era una città etrusca a circa 17 km a nord di Roma e controllava il territorio a
destra del Tevere. Nel tempo si era sviluppata assoggettando le città limitrofe e aveva, perciò, raggiunto una
discreta potenza militare ed economica. Cinta da possenti mura e arroccata sulla cima di un ripido colle
rappresentava una sorta di “sentinella” al confine meridionale dell’area d'influenza etrusca. Da questa
posizione strategica, Veio fece da baluardo alla marcia espansiva di Roma frenandone per lungo tempo
l’avanzata verso Nord. Di conseguenza, fra le due città vi erano continui scontri e guerre per il controllo del
territorio, allo scopo di garantirsi il controllo delle vie marittime e dei relativi commerci, soprattutto del sale.
La rivalità economica fra le due città era, dunque, notevole. In genere, i Veienti – consapevoli della potenza
dell’esercito romano - non affrontavano direttamente le legioni di Roma, ma « … assillanti più che
pericolosi, tenevano in allarme i romani, più con le loro provocazioni che per via di un effettivo pericolo,
perché mai li si poteva trascurare del tutto indirizzando altrove lo sforzo bellico » (Tito Livio, Ab Urbe
condita libri, II, 48., Newton & Compton, Roma, 1975, trad.: G.D. Mazzocato)
Considerata la loro organizzazione federale di città-stato, in caso di guerra gli eserciti etruschi erano reclutati su base
cittadina e richiamando alle armi i cittadini secondo ricchezza e posizione sociale: di conseguenza composizione,
equipaggiamento e aspetto degli eserciti doveva variare molto. Le formazioni armate comprendevano corpi di opliti, di
truppe leggere e di cavalleria, ognuno con i propri equipaggiamenti e con i propri compiti.
Gli opliti erano soldati con servizio permanente: erano sottoposti a costante addestramento, sostenevano il maggior peso
del combattimento, combattevano compatti ed erano armati di lancia, spada, difesi da scudo, elmo e corazza o un
piccolo pettorale al centro del petto. Considerata la loro esiguità numerica, si può pensare che combattessero affiancati
da guerrieri con armamento e protezioni minori. Al loro fianco si trovavano reparti di truppe leggere, che
comprendevano fanti armati alla leggera e tiratori scelti (arcieri o frombolieri), con il compito di provocare il nemico,
disturbarlo e disorganizzarlo prima dell'urto degli opliti. La cavalleria si basava sulla mobilità e aveva compiti di
avanguardia ed esplorazione, di ricognizione, scorta, inseguimento al termine della battaglia.
Bronzetti raffiguranti guerrieri etruschi
I Fabii All’epoca dei contrasti tra Roma e Veio, la gens Fabia era considerata una fra le più in vista ed
influenti della città. Il primo console dei Fabii, fu Quinto Fabio Vibulano (485 a.C.), seguito - nei sette anni
successivi - dai tre fratelli Fabii (Quinto, Marco e Cesone), fino a che l'aristocrazia romana non riuscì a
fermare la loro potenza contrastando in modo veemente la politica dei Fabii e in particolare quella di Cesone,
finalizzata all'affrancamento delle classi meno abbienti.
Nel 479 a.C., probabilmente anche per distogliere l'attenzione dei Romani su come i Fabii si stavano
occupando della gestione della res publica, la gens decise di assumersi tutte le responsabilità di una nuova e
definitiva guerra contro Veio. Tali operazioni militari si trasformarono, perciò, in una sorta di guerra
personale, dove anche personali e privati avrebbero dovuto essere costi e benefici. I costi lo furono. Tito
Livio illustra il modo in cui si aprirono delle ostilità fra i Fabii e Veio: « Allora la gente Fabia si presentò al
Senato e fu il console a parlare per tutti i suoi: «"La guerra contro Veio, come voi padri coscritti ben sapete,
ha più bisogno di un impegno assiduo che del coinvolgimento di molti uomini. Voi dedicatevi alle altre
guerre e lasciate che siano i Fabii ad essere nemici dei veienti. Noi ci impegniamo a salvaguardare
l'autorità di Roma in quel settore. Noi intendiamo condurre questa guerra come un affare di famiglia,
finanziato privatamente, mentre la repubblica non dovrà impegnare né denaro né uomini". Ricevettero
grandi segni di gratitudine »
Livio sottolinea inoltre che se altre due famiglie si fossero assunte gli stessi impegni anche contro i
Volsci e gli Equi, «sarebbe stato possibile sottomettere tutti i popoli confinanti, mentre il popolo romano se
ne sarebbe stato tranquillo in pace. »
Il giorno successivo alla “dichiarazione di guerra” 306 Fabii, tutti patrizi e tutti membri di un'unica
famiglia si riunirono armati sotto la guida del loro console e – acclamati dalla popolazione - uscirono dalla
città attraverso l'arcata destra della Porta Carmentale (arcata che, in seguito all'esito della spedizione, verrà
chiamata Porta Scelerata) per giungere poi al fiume Cremera ritenuto un posto adatto per stabilirvi un campo
fortificato.
È probabile che le forze effettive dell’esercito dei Fabii fossero circa cinquemila unità, (ossia, quasi
un'intera legione) mentre i Fabii stessi dovevano invece costituite le ali della cavalleria. Il numero è dovuto
al fatto che il concetto di “gens” dovrebbe essere allargato a quello di “clientes” ossia tutte quelle persone
(faccendieri, amici, lontani parenti, opportunisti, ecc.) legate ai Fabii, secondo le leggi romane del patronato
e della clientela, da doveri di aiuto e sostegno reciproci e che, quindi, si erano dovute aggregare, volenti o
nolenti, a quella sorta di privata milizia.
« Quando arrivarono presso il fiume Cremera che scorre non lontano dalla città dei veienti costruirono un
forte su un colle ripido e scosceso, per controllare il territorio. La fortezza era grande a sufficienza per
essere difesa da un tale esercito, circondata da una doppia palizzata e con torri ravvicinate e fu chiamata
Cremera dal nome del fiume. Poiché al lavoro partecipava lo stesso console fu impiegato meno tempo del
previsto. »(Dionigi d'Alicarnasso, Antichità romane, IX, 15) Libera versione da una traduzione inglese)
Il Crèmera (detto anche Fosso della Valchetta) è un fiume del Lazio che scorre a nord di Roma e costituisce uno degli affluenti minori di destra del Tevere. Nel suo corso attraversa la zona protetta del parco Regionale di Veio detta valle del Sorbo. Il Cremera è formato dalla confluenza di due torrenti: il Fosso della Mola dei Monti e il Fosso della Mola di Formello. Altri importanti affluenti sono, da sinistra il Fosso dei Pantanicci e il Fosso della Vaccareccia, da destra il Fosso Piordo
Ben trincerati nel loro “castra” i Fabii compirono razzie e saccheggi lungo il territorio veiente e, con
lo scopo di proteggere e rendere sicure le aree romane e insicure quelle veienti. I Veienti attaccarono
l’accampamento romano e - in soccorso all’esercito dei Fabii - fu prontamente inviato un esercito romano,
comandato da Lucio Emilio. Si scatenò una vera battaglia e gli etruschi – che non erano ancora riusciti a
mettersi in formazione di combattimento - furono attaccati e pesantemente sconfitti e inseguiti fino a Saxa
Rubra dove vi era il loro campo. Veio chiese ed ottenne la pace e la ottennero, ma prima ancora che i Fabii
lasciassero il loro accampamento, gli etruschi ripresero le ostilità.
I Fabii resistevano. Livio ricorda che « ...non si trattava solo di scorrerie attraverso il territorio o di
improvvisi assalti di un gruppo di sabotatori, ma più volte si arrivò a battaglie regolari in campo aperto. »
ARCHEOLINGUISTICA ETRUSCO: UNA FORMA ARCAICA DI UNGHERESE?
Rispetto al libro del Prof. Mario Alinei “ETRUSCO; UNA FORMA ARCAICA DI
UNGHERESE”, edito da il Mulino – 2003 (e da cui proviene il nostro titolo), si è preferita una forma
interrogativa rispetto a quella affermativa in quanto gli interrogativi sulla misteriosa origine degli
Etruschi e sulla loro oscura lingua sono sempre all’ordine del giorno (come in seguito ha riproposto
successivamente lo stesso Autore); comunque l’originaria e originale tesi avanzata da Alinei è suggestiva
e non certo infondata anche se poi – come vedremo – dallo stesso Autore rivista e corretta.
Mario Alinei nato a Torino nel 1926 è un glottologo italiano, professore emerito all'Università di
Utrecht, dove ha insegnato dal 1959 al 1987. Tra i suoi principali contributi in ambito linguistico, è
rilevante, quello elaborato nella Teoria della continuità linguistica (con le due ipotesi cronologiche: breve
e lunga); teoria ampiamente sviluppata nella sua pubblicazione intitolata Origini delle lingue d'Europa,
edita in due volumi da Il Mulino, Bologna, (il I nel 1996 e il II nel 2000).
Nel libro “Etrusco: una forma arcaica di ungherese” Alinei propone, in coerenza con la Teoria della
continuità, di identificare l'etrusco come una fase arcaica dell'attuale lingua ungherese e compresa una
lettura in questo senso di diversi testi etruschi. Difatti “con questo nuovo contributo Alinei intende mostrare la parentela dell’etrusco con l’ungherese,
sulla base della Teoria della Continuità elaborata nel suo studio sulle origini delle lingue europee. A
fondamento della ricerca stanno la straordinaria somiglianza fra i nomi delle magistrature etrusche e quelli
delle magistrature degli antichi magiari e altre numerose affinità – tipologiche, lessicali e di grammatica
storica – rintracciabili tra le due lingue. Tali somiglianze hanno permesso all’autore da un lato di confermare
gran parte dei risultati già raggiunti dalla migliore etruscologia, dall’altro di di migliorare la traduzione di
testi già tradotti, e infine di tradurre testi «parlanti» finora traducibili o testi «bilingui» solo parzialmente
tradotti. Il volume si conclude con una rilettura dei risultati raggiunti dagli studi sulla preistoria etrusca, e
con una nuova ipotesi sulla dibattutissima data della «conquista» dell’Ungheria da parte degli antichi
magiari.” (NdC)
Si passa quindi dalle origini turciche e e ungheresi dei principali termini etruschi presenti nella
magistratura alle origini carpatico-danubiane degli Etruschi stessi nell’ambito della ricerca archeologica
e e della Teoria della Continuità.
In sostanza, interessante contributo che apre una visione nuova su questo popolo affascinante e
arcano come la sua lingua.
Nel successivo libro Gli Etruschi erano Turchi (ed. Dell’Orso, 2013) Alinei, sulla base della
scoperta delle affinità genetiche, culturali e linguistiche turco-etrusche, modifica questa tesi e identifica
nei Turchi gli antenati degli Etruschi; tesi confermata anche dall'etnonimo latino Tuscus < *Tur-s-cu-s,
umbro Turskum. Inoltre spiega che le affinità etrusco-ungheresi sono anch'esse reali, ma sono dovute alla
massiccia presenza di turchismi nell'ungherese, dovuta all'invasione preistorica dell'Europa sud-orientale
da parte dei Turco-Altaici, i primi addomesticatori del cavallo.
Ad ogni modo, lo “spostamento” è relativo, tenuto conto di alcune affinità tra ungheresi e turchi,