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Ereticamente
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Il Gruppo escursionistico dell’Associazione Tradizionale Pietas
– Nord Italia si è recato, tra il 23 e il24 luglio scorsi, presso
il sito delle c.d. Piramidi di Montevecchia, nel cuore della
Brianza.
L’escursione ha preso le mosse da Arcore per snodarsi, a piedi,
lungo un tragitto di circa 40 kmdistribuito su due giorni.
Costeggiando il Rio Molgorana attraverso lo splendido Parco dei
ColliBriantei (non senza difficoltà dovute a un fortissimo
temporale nella Piana Agricola di Rogoredo diCasatenovo), è stato
raggiunto il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del
Curone, sito adun’altezza massima di circa 450 m.
Di qui si è provveduto a scendere verso Valfredda e la Ca’ del
Soldato, inoltrandosi nei boschi ovescaturiscono le Sorgenti
Pietrificanti, bioma di particolare importanza (uno dei tre
presentiall’interno del Parco, insieme a quello dei Boschi Umidi e
dei Prati Magri, definito dall’UnioneEuropea di “interesse
prioritario per la conservazione della natura”) cui è stato dato il
nome di unaparticolare comunità di muschi (cratoneurion) presenti
nella Valle del Curone, all’origine delsuggestivo fenomeno della
travertinizzazione. Scendendo lungo il corso dei torrenti che
sgorganodalle sorgenti è possibile osservare il processo di
trasformazione in marmo della patina che ricopresassi, foglie,
pezzi di legno e muschi, attraverso la graduale perdita di anidride
carbonica da partedelle acque correnti, ricche di carbonato di
calcio, e la conseguente precipitazione del calcare. Nonè raro,
infatti, ammirare vere e proprie “colate” di travertino, di
indubbia e arcana bellezza,alternate a piccole vasche di ritenzione
e a un fitto sistema di innumerevoli cascatelle.
Si tratta di un luogo davvero arcaico, connotato da un fenomeno
fisico che non si esiterebbe adefinire una cratofania, la cui
“potenza” non doveva risultare inavvertita alle popolazioni che
sindalla preistoria hanno abitato queste zone. Una menzione
particolare merita la fauna: il bioma ospitauno dei rari luoghi di
riproduzione del gambero italico (Austropotamobius pallipes
italicus: ormaiestinto in quasi tutta la Penisola, resiste soltanto
in alcune zone isolate come le sorgenti della Valle)e del rospo
smeraldino, nonché di alcune salamandre, ma è anche teatro della
danza aerea didamigelle e di incredibili libellule blu, che hanno
allietato e sorpreso i visitatori, forse incuriositedalla loro
presenza.
Le Piramidi di Montevecchia, così appellate sin dal XVIII
secolo, hanno particolarmente attrattol’attenzione del Gruppo.
Questo sito, ad oggi non indagato a fondo, presenta
numerosissimi spunti di interesse su più livelli.Lungi dal voler
azzardare ipotesi e accampare teorie facili quanto nocive a
un’attività di studioseriamente condotta, è stato notato come, con
ogni probabilità, a tali strutture non sia estraneol’intervento
dell’uomo. Di certo si può affermare che questi luoghi sono stati
frequentati in antichità,forse sin dalla preistoria (come
lascerebbero desumere, fra le altre cose, la presenza di
pietreintagliate a mo’ di coppelle lungo il sentiero che collega le
prime due Piramidi e un menhir rinvenutoin posizione supina,
spezzato in quattro parti, sulla sommità della seconda), e
presumibilmente“recuperati” in età protostorica e storica da
popolazioni la cui fisionomia, per quanto sfuggente (sipensi agli
Etruschi e ai Celti), appare maggiormente definita rispetto a
quella dei primordialiabitatori della zona. La “funzione sacrale”
del sito appare confermata da molteplici indizi, come lapresenza di
una struttura da taluni interpretata come un altare e di un muro a
secco che, nelrammentare (in uno con le scalinate) le strutture
poligonali delle c.d. mura pelasgiche di città comeAlatri e
Volterra, potrebbe non essere estraneo a una struttura
originariamente utilizzata anche afini astronomici, come ipotizzato
da Adriano Gaspani.
Ad oggi, molto pochi sono gli approfondimenti in merito: tra
questi si segnala il testo di Vincenzo DiGregorio “Il mistero delle
piramidi lombarde” (Fermento, 2009). Sarebbe doveroso, in tal
senso,procedere a dettagliati studi (non solo, ma in primo luogo)
di carattere archeologico e geologico
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dell’intera zona. Si consideri che all’interno del Parco, in
località Barbabella – Fornace, sono statetrovate tracce dei più
antichi insediamenti di Homo Sapiens Neanderthalensis e Homo
SapiensSapiens di tutto il territorio lombardo, il primo risalente
a circa 62.000 anni fa e il secondo a pocopiù di 30.000 anni fa, a
dimostrazione dell’estrema antichità antropica dell’area.
Analizzando il particolare profilo a “V” della Valle del Curone,
tipico delle valli fluviali, è inoltrepossibile avanzare la tesi
che la stessa non sia mai stata invasa dai ghiacci durante le
epocheglaciali, beneficiando così di un particolare optimum
climatico che ha permesso e favorito lapresenza stabile e continua
di accampamenti di tipo umano, sino ad arrivare alle epoche celtica
eromana, purtroppo ancora scarsamente indagate, a dispetto della
scoperta di numerosetestimonianze romane in località Ceregallo (tra
cui una dedica a Diana, una torre di guardia e unaprobabile
epigrafe di lode a Cerere).
Non disdegnando la dimensione goliardica dell’esperienza
comunitaria, infine, il Gruppo si è recatoall’Eremo di San Genesio
(832 m.), sul Monte omonimo, ove ha avuto la ventura di partecipare
a unpiacevolissimo raduno degli Alpini, con consequenziale discesa
a valle attraverso sentieri boschivitanto suggestivi quanto di
difficile approccio.
A soli venti minuti da Monza e dal caos della metropoli milanese
è possibile scoprire insospettateStrade d’Europa, luoghi pressoché
intatti nella loro purità, minimamente (o talora affatto)
intaccatidalla presenza umana, troppo spesso invasiva e che,
invece, nel caso di specie tende ancora oggi apreservare, e
talvolta persino a celare, i luoghi che gli dèi hanno dato loro
l’onore e l’onere dicustodire.
Segue documentazione fotografica per i lettori di
Ereticamente.
Gruppo escursionistico A.T.P. – Nord Italia
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