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IL FIGLIO NELLA MENTE DELLA MADRE CAPITOLO 1 - LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI DELLA RELAZIONE GENITORE-FIGLIO Un aspetto importante della teoria dell'attaccamento è che il bambino ricerca spontaneamente la vicinanza e la protezione di una figura adulta di riferimento. Allo stesso modo il genitore è incline a prestare cura e protezione al figlio. La complementarietà dei comportamenti adulto-bambino suggerisce che entrambi gli attori sono attivamente impegnati nella relazione, anche se con differenti competenze e responsabilità. Inoltre la complementarietà della relazione adulto-bambino diventa circolarità stilistica, con l'obiettivo di consentire al lettore di focalizzare l'attenzione sulla natura duale e bidirezionale dei legami di attaccamento. Quindi i bisogni del bambino e i suoi comportamenti si plasmano e diventano bisogni e comportamenti che il bambino adulto rivolge verso altri partner relazionali e che poi diventato genitore, rivolge verso il proprio figlio. La ricca nell'ambito della Teoria dell'Attaccamento si è focalizzata all'inizio, sulla definizione teorica e sullo studio dell'attaccamento madre-bambino. Bowlby definisce il comportamento di attaccamento come un insieme di azioni che un individuo fa per mantenere la vicinanza con una specifica figura di riferimento, sopratutto nei momenti in cui i bambini vivono situazione di tensione esterna o interna a sè. Secondo lui, il legame di attaccamento rappresenta un'esigenza innata di contatto fisico ed emotivo, che poi darà vita ad una sistema organizzato di comportamenti di attaccamento, ossia di strategie che il bambino mette in atto per far fronte a uno stato di attivazione emotiva intensa. Essi non sono tutti uguali e dipendono in buon parte dall'amiave dell'ambiente circostante. Tutti i bambini sviluppano un legame di attaccamento con i propri caregiver. Solo in casi di estrema istituzionalizzazione e di severa deprivazione di figure adulte di riferimento è possibile che il bambino non sviluppi un legame di attaccamento discriminato con la figura affettiva. La ricerca ha prodotto una varietà di strumenti di valutazione. Grazie alla SS di Ainsworth è possibile individuare 3 stili di attaccamento: sicuro, insicuro-evitante e insicuro-ambivalente. Dopo altri autori hanno individuato dei modelli di attaccamento atipici, come il modello disorganizzato, il modello evitante/ambivalente e il modello instabile/evitante. Queste situazioni relazioni sono legate a patologie psichiatriche nelle figure genitoriali, come abusi, maltrattamenti, lutti. il bambino con attaccamento sicuro vive la separazione dal caregiver mostrando disagio e angoscia ma durante gli episodi di ricongiungimento si sa fare consolare dall'adulto. L'adulto di riferimento di un bambino sicuro, è sensibile e capace di individuare le richieste di aiuto e di rispondervi. Il bambino che ha una relazione con l'adulto che agisce come base sicura, costruirà una relazione sicura con esso. La base sicura è un concetto chiave: rappresenta una qualità specifica dell'adulto che si manifesta nel riconoscimento dello stato emotivo e negativo del bambino e nella capacità di fornigli un equilibrato rifornimento affettivo. Nel caso di un bambino piccolo, l'adulto può mettere in atto strategie fisiche di contenimento delle emozioni negative, mentre, con bambini grandi può essere sufficiente utilizzare strategie più distali. Il bambino con attaccamento insicuro-evitante tende a non manifestare disagio o ansia a fronte delle separazioni e nelle occasioni di riunificazione non ricerca la vicinanza fisica o visiva con l'adulto. L'attaccamento insicuro-ambivalente è tipico invece del bambino che durante le separazioni enfatizza i suoi segnali di malessere ma poi nelle riunificazioni mette in scena momenti di ricerca di vicinanza e momenti di rifiuto. Per quanto riguarda i modelli di attaccamento atipici, il modello disorganizzato caratterizza i bambini che mettono in atto una serie di comportamenti contraddittori. Il modello evitante/ambivalente caratterizza i bambini che mostrano allo stesso tempo comportamenti di resistenza e di ricerca di prossimità con il caregiver. Sono bambini che tengono sempre sotto controllo il
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IL FIGLIO NELLA MENTE DELLA MADRE CAPITOLO 1 -LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI DELLA RELAZIONE GENITORE-FIGLIO

May 15, 2023

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IL FIGLIO NELLA MENTE DELLA MADRE

CAPITOLO 1 - LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI DELLA RELAZIONE GENITORE-FIGLIO

Un aspetto importante della teoria dell'attaccamento è che il bambino ricerca spontaneamente la vicinanza e la protezione di

una figura adulta di riferimento. Allo stesso modo il genitore è incline a prestare cura e protezione al figlio. La

complementarietà dei comportamenti adulto-bambino suggerisce che entrambi gli attori sono attivamente impegnati nella

relazione, anche se con differenti competenze e responsabilità. Inoltre la complementarietà della relazione adulto-bambino

diventa circolarità stilistica, con l'obiettivo di consentire al lettore di focalizzare l'attenzione sulla natura duale e bidirezionale

dei legami di attaccamento. Quindi i bisogni del bambino e i suoi comportamenti si plasmano e diventano bisogni e

comportamenti che il bambino adulto rivolge verso altri partner relazionali e che poi diventato genitore, rivolge verso il proprio

figlio.

La ricca nell'ambito della Teoria dell'Attaccamento si è focalizzata all'inizio, sulla definizione teorica e sullo studio

dell'attaccamento madre-bambino. Bowlby definisce il comportamento di attaccamento come un insieme di azioni che un

individuo fa per mantenere la vicinanza con una specifica figura di riferimento, sopratutto nei momenti in cui i bambini vivono

situazione di tensione esterna o interna a sè.

Secondo lui, il legame di attaccamento rappresenta un'esigenza innata di contatto fisico ed emotivo, che poi darà vita ad una

sistema organizzato di comportamenti di attaccamento, ossia di strategie che il bambino mette in atto per far fronte a uno

stato di attivazione emotiva intensa. Essi non sono tutti uguali e dipendono in buon parte dall'amiave dell'ambiente

circostante. Tutti i bambini sviluppano un legame di attaccamento con i propri caregiver. Solo in casi di estrema

istituzionalizzazione e di severa deprivazione di figure adulte di riferimento è possibile che il bambino non sviluppi un legame di

attaccamento discriminato con la figura affettiva.

La ricerca ha prodotto una varietà di strumenti di valutazione. Grazie alla SS di Ainsworth è possibile individuare 3 stili di

attaccamento: sicuro, insicuro-evitante e insicuro-ambivalente. Dopo altri autori hanno individuato dei modelli di

attaccamento atipici, come il modello disorganizzato, il modello evitante/ambivalente e il modello instabile/evitante. Queste

situazioni relazioni sono legate a patologie psichiatriche nelle figure genitoriali, come abusi, maltrattamenti, lutti.

il bambino con attaccamento sicuro vive la separazione dal caregiver mostrando disagio e angoscia ma durante gli episodi di

ricongiungimento si sa fare consolare dall'adulto. L'adulto di riferimento di un bambino sicuro, è sensibile e capace di

individuare le richieste di aiuto e di rispondervi. Il bambino che ha una relazione con l'adulto che agisce come base sicura,

costruirà una relazione sicura con esso. La base sicura è un concetto chiave: rappresenta una qualità specifica dell'adulto che si

manifesta nel riconoscimento dello stato emotivo e negativo del bambino e nella capacità di fornigli un equilibrato

rifornimento affettivo. Nel caso di un bambino piccolo, l'adulto può mettere in atto strategie fisiche di contenimento delle

emozioni negative, mentre, con bambini grandi può essere sufficiente utilizzare strategie più distali.

Il bambino con attaccamento insicuro-evitante tende a non manifestare disagio o ansia a fronte delle separazioni e nelle

occasioni di riunificazione non ricerca la vicinanza fisica o visiva con l'adulto.

L'attaccamento insicuro-ambivalente è tipico invece del bambino che durante le separazioni enfatizza i suoi segnali di

malessere ma poi nelle riunificazioni mette in scena momenti di ricerca di vicinanza e momenti di rifiuto.

Per quanto riguarda i modelli di attaccamento atipici, il modello disorganizzato caratterizza i bambini che mettono in atto una

serie di comportamenti contraddittori. Il modello evitante/ambivalente caratterizza i bambini che mostrano allo stesso tempo

comportamenti di resistenza e di ricerca di prossimità con il caregiver. Sono bambini che tengono sempre sotto controllo il

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genitore dal momento che da esso hanno ottenuto risposte imprevedibili e spesso violente. Per questo usano una strategia di

ipercontrollo. Infine, il modello instabile/evitante caratterizza quei bambini che rispondono con pattern di evitamento al primo

episodio di riunificazione, mentre al secondo episodio mostrano la propria angoscia con comportamenti di resistenza.

L'importanza del PARENTING e le caratteristiche dell'adulto sono chiaramente centrali nel processo di costruzione di una

relazione di attaccamento. Alcuni autori poi hanno identificatao nella mentalizzazione o Funzione Riflessiva il meccanismo al la

base della formazione di un legame di attaccamento sicuro. La mentalizzazione è la capacità dell'individuo di ascrivere pensieri

ed emozioni a se stesso e agli altri e di spiegare e prevedere il comportamento altrui. L'attaccamento sicuro si strutturerebbe

attraverso esperienze ripetute di accurata e appropriata mentalizzazione da parte del caregiver nei confronti del figlio che a

sua volta grazie alla funzione riflessiva materna, sviluppa le proprie abilità mentalistiche. Inoltre, il processo è di natura

intersoggettiva, cioè il bambino riesce a riconoscere la mente del caregiver e se stesso, mentre il genitore tenta di

comprendere gli stati mentali del figlio e lo aiuta a gestirli.

Così facendo, il bambino con attaccamento sicuro ha sperimentato una relazione con un genitore che mentalizza e diviene un

abile esploratore della mente altrui. Invece il bambino con attaccamento insicuro-evitante ha sperimentato una relazione in cui

l'adulto non ha favorito l'esplorazione della mente propria e altri, ma ha contribuito alla formazione di processi di natura

difensiva, per cui il bambino eviterà di considerare gli stati mentali quando si trova a dover fornire spiegazioni di un

comportamento. Il bambino insicuro-ambivalente invece tende a focalizzarsi sui propri stati mentali perchè l'esperienza con il

caregiver non ha fornito le strategie equilibrate per gestire le emozioni. Quindi il bambino insicuro-ambivalente tende a essere

concentrato sui propri stati di angoscia.

Quindi, un'adeguata capacità di mentalizzazione dell'adulto contribuisce alla costruzione di un legame di attaccamento di tipo

sicuro, allo sviluppo della mentalizzazione nel figlio e allo sviluppo di un integrato senso di Sè.

Negli anni successivi i ricercatori si sono concentrati sulla definizione e sullo studio delle rappresentazioni mentali

dell'attaccamento. Si è soliti indicare questo cambiamento con il termine si svolta rappresentazionale. Bowlby sufferisce i

modelli di rappresentazione mentale della relazione con un caregiver possono essere descritti in termini di schemi costituiti da

credenze e aspettative che derviano dalle esperienze passate e che guidano il comportamento attuale. I Modelli Operativi

Interni rappresentano processi di elevata integrazione e controllo del comportamento. Successivamente a Bowlby altri autori

hanno fatto notare che i MOI rappresentano strutture mentali derivanti dalle esperienze reali con il caregiver, che poi vengono

memorizzate in uno schema mentale che contiene informazioni relative sia ai comportamenti sia alle componenti

emotivo/affettive. I Moi evolvono a partire dalla prima infanzia e possono essere soggetti a forme di cambiamento.

Una componente cruciale nella definizione dei MOI riguarda la differenziazione tra contenuto e processo. Per il contenuto i

MOI contengono informazioni relative alle credenze che il bambino ha sviluppato su di sè come su di un essere meritevole o

come non degno di ricevere cure. La parte di MOI relativa all'OTHER contiene informazioni sulla figura di attaccamento e sulle

sue capacità di fornire amore e cure in caso di bisogno. Eipstein ha parlato poi di relazione tra SELF e other, ossia del modo in

cui l'individuo percepisce se stesso in una relazione di attaccamento, e in cui percepisce il partner relazionale.

Riguardo al processo, i MOi non sono solo un contenitore di informazioni raccolte durante gli anni, ma rappresentano anche

uno strumento attraverso cui l'individuo legge e interpreta le esperienze relazionali.

I contenuti dei MOI e la modalità di processamento dell'informazione cambiano a seconda delle esperienze che il bambino ha

fatto con la figura di accudimento. I MOI sono responsabili della trasmissione intergenerazionale dello stile di attaccamento.

Le relazioni, oltre alla complementarietà, hanno anche un'altra caratteristica, la stabilità degli obiettivi organizzativi del sistema

di attaccamento. A cambiare nel tempo sono infatti i comportamenti del bambino, non la gli obiettivi del sistema di

attaccamento, come la ricerca della vicinanza e della prossimità. La ricerca ha dimostrato che situazioni di stress possono

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alterare i comportamenti di attaccamento del bambino e quindi il suo livello di sicurezza, mentre gli obiettivi rimangono

invariati. Situazioni di stress possono determinare dei cambiamenti nelle strategie con le quali un bambino ricerca la vicinanza

di un adulto e quelle con cui l'adulto risponde.

Anche per lo studio del parenting, la ricerca ha seguito un percorso di analisi simile a quello descritto per i bambini.

L'attenzione degli studiosi è andata prima verso sui comportamenti e poi sulle rappresentazioni mentali. Sono stati analizzati i

comportamenti materni in grado di influenzare lo stile di attaccamento del figlio. L'adulto sviluppa un diverso livello di abilità di

essere sensibile e responsivo sulla base della qualità delle relazioni avute nella sua infanzia. Gli autori, come detto, poi son

passati sul sistema rappresentazionale genitoriali, partendo dalla considerazione che i sistemi comportamentali che

caratterizzano l'adulto e il bambino dipendono e sono mediati dalla reciproche rappresentazioni mentali della relazione. Questi

implica che se si vuole capire cosa accade tra adulto e bambino, non basta osservare, ma è necessario fare riferimento ai loro

MOI per comprendere come i due modelli si relazionano tra di loro.

Bowlby ha definito l'insieme dei comportamenti del genitore con il termine di CAREGIVING SYSTEM. Anche per gli adutli si

riscontrano tre dimensioni, self, other e self-other. Il self comprende le credenze e le valutazioni che l'adulto fa rispetto a sè

come genitore e include 3 dimensioni: capacità di comprendere i segnali del bambino, disponibilità a rispondere ai bisogni del

bambino, possibilità di capire quando si è efficaci e funzionanti. La componente other include valutazioni sul bambino e sulle

sue richieste e sulle sue interazioni. L'aspetto relazionale di contenuto del caregiving system viene individuato ipotizzato che il

self e l'other siano rappresentati come due invidui autonomi ma in relazione. La seconda caratteristica del caregiving system

riguarda il processo con cui il caregiver elabora le informazioni rilevanti per la relazione.

Le ricerche hanno dimostrato che i comportamenti del genitore nella relazione col figlio sono influenzati dalle rappresentazioni

mentali del genitore nel corso della sua infanzia. Uno strumento per l'analisi delle rappresentazioni mentali in età adulta è la

ADULT ATTACHMENT INTERVIEW, con cui si valuta il contenuto dei MOI attuali rispetto alle esperienze passate. L'intervista

consente di classificare lo stato della mente dell'adulto in 4 categorie: autonomo, distanziante, preoccupato, non

risolto/disorganizzato. Attraverso l'AAI alcuni studiosi confermano il legame longitudinale tra lo stato della mente dell'adulto

rispetto alle relazioni con i propri genitori e il comportamento di attaccamento del figlio misurato con la S.S.

I genitori con uno stato della mente autonomo rappresentano una base sicura per i loro bambini, ossia sono sensibili e

responsivi quando il figlio ha bisogno di conforto, e sono adulti che mentalizzano, ossia, guardano il figlio come un essere

pensante e gli consentono di esplorare la mente propria e altrui liberamente. L'adulto sa tollerare le espressioni emotivo-

negative del figlio, sa gestire le emozioni e sa fornire al bambino strategie utili per regolare i propri stati emotivi. Inoltre i

genitori con uno stato della mente automono incoraggiano i propri figli a essere indipendenti. Sono capaci di individuare le

aree di sviluppo del bambino, di agire all'interno di queste come facilitatori, sono orgogliosi dei loro successi evoutivi. Questi

genitori non mostrano un'ansia eccessiva quando i figli sono distanti da loro.

Possiamo quindi dire che le funzioni di caregiving del genitore Autonomo, sono armoniche e equilibrate nella maggior parte del

tempo e delle situazioni. Ma è anche possibile la prensenza di situazioni in cui genitore e bambino non si capiscono, dei

momenti di rottura relazionale. Di solito però sono poi seguiti da momenti di riparazione. E sono proprio questi momenti di

rottura a far sviluppare nel bambino processi di coping personali da sfruttare poi in eventuali situazioni simili future.

Il genitore con uno stato della mente Distanziante non è in grado di agire come una base sicura e non ha una buona

competenza mentalistica o riflessiva. Quando il figlio esprime il suo bisogno di conforto e rassicurazione, si attiva nei genitori il

sistema di attaccamento che poi successivamente si disattiva. Questi adulti hanno sperimentato relazioni infantili a loro volta

evitanti con i loro caregiver.

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Tendono così a percepire i segnali negativi inviati dal figlio come troppo intensi per essere gestiti, e quindi provano a difendersi

disattivando il sistema di caregiving. Si parla di DISTANZA DI PROTEZIONE: il genitore mantiene una distanza fisica ed emotiva

tra lui e il figlio. Questi genitori poi hanno costruito una rappresentazione di se stessi come indipendenti, quindi non sono in

grado di tollerare i segnali di sconforto del figlio. Sono quindi impazienti, esigenti, severi. Non riescono a mettersi nei panni

dell'altro e quindi non ritengono necessario fornire spiegazioni e nemmeno dare ascolto a spiegazioni. Infine anche essi non

mostrano un'ansia eccessiva quando i figli sono distanti, ma non perchè sono fiduciosi, ma perchè in queste occasioni tendono

a disattivare il sistema di attaccamento per gestire l'ansia da separazione.

I genitori preoccupati/ansiosi, non sono in grado di agire come una base sicura e non hanno una buona competenza

mentalistica. Sono pervasi dall'aspettativa irrealistica che grazie alla nascita del figlio potranno assicurarsi quel genere di

vicinanza e intimità che desiderano da tempo e che a loro modo di vedere non hanno mai raggiunto. La nascita di un figlio

risveglia le speranze e i desideri inconsci di fusione con l'altra persone, come se ciò possa assicurare un totale soddisfacimento

dei bisogni affettivi dell'adulto. Ma ottengono l'opposto. La nascita di un figlio e il passaggio alla genitorialità attivano i MOI

che, essendo di tipo preoccupato/ansioso contengono rappresentazioni di se stessi come bisognosi di cure e protezione e degli

altri come inadeguati a fornire amore. L'adulto quindi risulta frustrato per due motivi: da una lato a causa del contenuto dei

suoi modelli di rappresentazione, delle sue aspettative e delle sue credenze, dall'altro a causa del neonato stesso che invece di

essere fonte di soddisfacimento, diventa fonte di stress. Infatti le emozioni negative che il bambino mostra sono interpretati

come ingratitudine da parte del genitore che sente riafforare i dubbi sulla propria competenza.

Le famiglie preoccupate/ansiose vengono descritte come caotiche con una vita familiare con poche regole e un alto livello di

impulsività e molto disordine.

I genitori con uno stato della mente evitante/timoroso sembrano incapaci di prendersi carico delle proprie responsabilità

genitoriali. E' come se rinunciassero al loro ruolo di caregiver. Salomon e George individuano due dipi di caregiver abdicati. Un

primo gruppo di genitori quando incontrano i bisogni del figlio sono sopraffati da paure e preoccupazioni, si sentono

abbandonati. Un secondo gruppo sono invece costantemente impegnati a non perdere il controllo e non cedere allo stress che

i doveri di parenting in qualche modo impongono. In tutti e due i casi cmq la paura è l'emozione che viene maggiormente

provata. La paura viene attivata insieme all disregolazione emotiva, che è l'incapacità di sviluppare stati della mente integrati in

cui esperienze ed emozioni positive possano trovare spazio accanto a quelle negative. Questa situazione porta all'attivazione di

meccanismi di difesa. I genitori quindi mettono in atto strategie di parenting non adeguate: si allontanano dal bambino, sono

inespressivi, si comportano in maniera ostile e risultano impotenti e spaventati. Lyons-Ruth parlano di configurazione mentale

impotente-ostile.

Per quanto riguarda gli studi sul caregiving system, la maggior parte fà riferimento a uno strumento, la PARENT DEVELOPMENT

INTERWIEW, per l'analisi delle rappresentazioni mentali genitoriali.

George e Salomon hanno consideato due dimensioni della PDI: la base sicura e la competenze. La prima valuta se e come le

madri si raffigurano capaci di considerare i bisogni propri e del bambino. La seconda valuta se e come le madri dicono di agire

sostenendo il percorso evolutivo dei figlio. Gli autori hanno valutato le associazioni tra le 2 dimensioni e il comportamento di

attaccamento del bambino valutato con la S.S., rilevando che le madri che si descrivono in termini di base sicura e che

descrivono il figlio come competente, hanno dei figli che poi vengono classificati come sicuri.

In un secondo studio gli stessi autori hanno testato l'ipotesi di una concordanza tra lo stato della mente dell'adulto rispetto alle

sue relazioni di attaccamento infantili, le rappresentazioni attuali della relazione genitoria con il figlio e lo stile di attaccamento

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del bambino. Della PDI considerano 4 dimensioni: base sicura, rifiuto, incertezza, impotenza. Dai risultati viene fuori una

concordanza tra la valutazione delle dimensioni della PDI e lo stato della mente dell'adulto.

In 2 studi seguentei, altri autori, hanno testato una serie di ipotesti sulla stabilità nel tempo delle rappresentazioni genitoriali e

il loro legame con il comportamento genitoriale e con lo stato della mente dell'adulto.

Un'altra serie di ricerche è stata condotta considerando le rappresentazioni mentali di madri con figli affetti da patologie

croniche, come paralisi cerebrali infantili ed epilessia, o autismo, in cui il caregiving system è stato indagato con una versione

modificata dalla PDI. Emergono delle differenze significative tra le rappresentazioni delle madri di figli affetti da paralisi

cerebrale infantile e le rappresentazioni delle madri di figli con sviluppo nella norma. Infatti nel caso di paralisi, le

rappresentazioni mentali delle madri sono caratterizzate da un punteggio elevato nella dimensione di dolore e basso nella

dimensione di sensibilità verso la disciplina. Non ci sono invece legami tra la percezione dello stress da parte delle madri e la

valutazione degli aspetti rappresentazionali del caregiving system, mentre emerge che la paura nei confronti del futuro

influenza negativamente il comportamento materno in una situazione di interazione con il figlio su un compito congiuto.

Nello studio della patologia autistica, gli autori trovano che le rappresentazioni mentali materne relative alla relazione con in

figlio sono connesse con la qualità dell'attaccamento del bambino. In particolare, la scarsa capacità della madre di discutere

degli aspetti negativi connessi alla relazione determina un elevato grado di evitamento del bambino.

CAPITOLO 2 - LA REAZIONE DEI GENITORI ALLA DIAGNOSI DI DISABILITA' O DI MALATTIA DEL FIGLIO

La diagnosi di disabilità o di malattia cronica di un figlio è uno dei momenti più difficili per una coppia. Si ritiene che la famiglia

con un bambino con disabilità abbia alti livelli di stress, con aumento del rischio di depressione genitoriale e la possibilità di

problemi ulteriori nel bambino.

Nella mente materna già in gravidanza si sviluppano diverse immagini del bambino. Si parla infatti di bambino fantasmatico e

immaginario. Queste rappresentazioni si incontrano poi dopo la nascita con il bambino reale. L'incontro tra le 3 diverse

immagini stabilisce la relazione tra genitore e bambino con esiti diversi, a seconda che queste rappresentazioni abbiano un

carattere prevalentemente positivo e flessibile e siano in grado di adattarsi alle caratteristiche reali del bambino o siano

caratterizzate da rigidità e incapacità di modificarsi.

Quando il bambino che nasce presenta disabilità o malattia cronica, integrare le 3 diverse immagini del bambino è ancora più

complicato. Inoltre le preoccupazioni per il bambino, per la sua salute, per il suo futuro, rappresentano una fonte di difficoltà e

di disagio per qualsiasi famiglia.

Nel caso di bambino "normale" vi è un adattamento della coppia genitoriale e della famiglia che porta a disorganizzazione e

stress, ma temporaneo. Nel caso invece di bambino portatore di disabilità questa situazione diventa particolarmente

stressante con livelli prolungati nel tempo.

Per questi motivi la nascita di un figlio affetto da disabilità può essere una condizione di rischio per la costruzione del legame

genitore-figlio.

In seguito alla comunicazione della diagnosi, vi è una sequenza di reazioni emotive che i genitori attravsano.

La prima fase è caratterizzata da shock e da stordimento. I genitori vivono uno stato emotivo di confusione e di

disorientamento. Questo porta a stati di impotenza e di confusione.

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La seconda fase è caratterizzata dalla negazione del problema. Il genitore rifiuta la diagnosi del figlio. Si assiste a una ricerca di

diversi e svariati consulti medici. Questo viene visto sia come espressione del meccanismo di difesa della negazione, ma anche

come un bisogno di riparazione per una malattia di cui il genitore si sente responsabile.

In una terza fase si assiste poi ad una alternanza di emozioni differenti. Giocano un ruolo cruciale la rabbia e la collera.

Emozioni queste che possono essere rivolte verso persone differenti: medici, infermieri, genitori, parenti, e anche verso il

proprio figlio. Altri sentimenti tipici di questa fase sono la vergogna e la colpa. A volte in questa fase si bloccano molte famiglie

che rifiutano in tutti i modi la realtà e restano in attesa di una formulazione di una diagnosi differente o di una cura miracolosa.

A volte invece si assiste ad una quarta fase, quella della accettazione. Attraverso una fase depressiva si giunte a una

consapevolezza sia dei limiti sia delle risorse legate alla malattia del figlio e si riorganizza la propria vita.

Questo processo cmq non è lineare, ma è caratterizzato da un'alternanza e una sovrapposizione continua tra stati emotivi e

sentimenti differenti rispetto al Sè, alla situazione, al figlio e agli altri attori, ossia medici, famiglia...

Non tutti i genitori cmq accettano. Sono tre le diverse reazioni di non accettazione della diagnosi.

La prima si caratterizza per un generale atteggiamenti di rifiuto del bambino. Il genitore trascura il bambino e la sua malattia.

La seconda consiste nell'ipercoinvolgimento o iperprotezione. Il genitore mette il bambino in un guscio protettivo. Questo

sviluppa nel bambino un senso di timore verso l'esterno che sfocia in isolamento.

La terza reazione si caratterizza per l'iperstimolazione. Il genitore in questo caso sollecita e sprona il bambino in maniera

eccessiva, prima ancora che sia pronto. Non rispetta i ritmi del bambino e non riesce a sottolineare le capacità, le risorse e le

conquiste ottenute.

Queste 3 diverse reazioni cmq sono accumunate dal fatto di non avere solo ripercussioni sullo sviluppo del bambino, ma anche

sulla relazione genitore-figlio.

Il processo di reazione alla diagnosi è particolarmente influenzato dal tipo di comunicazione della diagnosi da parte dei

professionisti. Essi spesso non sono formati a sostenere le famiglie al fine di reggere l'impatto. Infatti i genitori riportano

un'esprienza dolorosa, caratterizzata da solitudine e mancanza di sostegno da parte dei servizi.

Oggi vi è maggiore consapevoleza della modalità di comunicazione della diagnosi. Infatti è riconosciuto che il tipo di

comunicazione può aiutare il genitore a sviluppare una reazione più costruttiva e giungere all'accettazione della diagnosi.

Oggi sembra esseri accordo sul fatto di concepire la comunicazione della diagnosi non semplicemente come un unico

momento, ma come un processo. E' rischiosa una comunicazione rapida e approssimativa, o quella di un solo incontro o con un

solo genitore, o da parte di un unico professionista. Invece dovrebbe essere comunicata con più incontri con il coinvolgimento

di diverse figure professionali dove fornire informazioni chiare e dettagliate.

Inoltre viene sottolineata anche la necessità di comunicare la diagnosi congiuntamente a entrambi i genitori. Questo per

consentire ai due di fare affidamento sull'altro e per evitare poi il problema ad uno di comunicarlo all'altro.

Anche nelle altre fasi è importante la presenza dei professionisti. Nella fase di negazione devono rimandare ai genitori una

rappresentazione realistica del proprio figlio, sottolineando difficoltà e limiti, ma anche le risorse. Nella terza fase di reazione

alla diagnosi, i professionisti devono aiutare i genitori nella costruzione di un progetto di cura e riabilitazione.La

Quindi la nascita di un figlio affetto da disabilità o malattia è una fonte di potenziale disagio e stress. Il processo di reazione è

cmq legato a una serie di variabili.

Risulta intuibile che le reazioni dei genitori alla malattia di un figlio possano essere diverse se questa condizione viene

diagnosticata al momento della nascita o in epoca successiva, quando la relazione genitore-figlio si è già consolidata.

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Un altro aspetto importante è relativo alla distinzione tra differenti sintomatologie. Si ritrovano patologie caratterizzate da

condizioni stabili, e patologie caratterizzate da condizioni imprevedibili, o ancora patologie dalla natura invisibile, che sono

invisibili e prive di segnali fisici evidenti, o patologie dalla natura immediata o visibile.

Diversi studi fatti su genitori di bambini con diversi disturbi clinici suggeriscono che l'elaborazione della diagnosi possa avvenire

più facilmente quando la condizione medica o la disabilità del bambino sono stabili e prevedibili.

Inoltre, dove non sono presenti marcati ritardi a livello cognitivo e lingustico, può risultare più difficile per un genitore

comprendere e accettare la diagnosi, come anche essere supportati dall'ambiente sociale.

E' poi necessario distinguere le diverse patologie rispetto al piano terapeutico. Alcune richiedono meno impegno dei genitori

nella cura quotidiana del figlio. Altre invece richiedono un massiccio impegno, come nei casi di fibrosi cistica che richiede

fisioterapia quotidiana e una supervisione continua da parte del genitore.

Per studiare le diverse condizioni cliniche infantili è stato usato la REACTION TO DIAGNOSIS INTERVIEW di Marvin e Pianta del

1966.

Per quanto riguarda l'impatto della diagnosi sulla famiglia, i primi studi tendevano a mettere in luce solo gli aspetti critici sulla

famiglia. Farber e Kirk hanno descritto il processo del lutto determinato dalla diagnosi di patologia a carico del figlio. Dopo

questo ambito di indagine si è sviluppato e arricchito di riflessioni che si sono rivolte verso due direzioni. La prima comprende

gli studi che riportano numerosi benefici o esiti positivi per le famiglie che si prendono cura di una bambino con disabilità. Nella

seconda direzione si collocano gli studi che focalizzano l'attenzione sull'adattamento del sistema familiare nel suo complesso.

Nel primo filone sono stati evidenziati la presenza di valori spirituali e di armonia familiare, maggiori abilità di coping, una

maggiore condivisione dei ruoli genitoriali, maggiore comunicazione rispetto a famiglie con bambini nella norma. Alcuni

studiosi evidenziano come l'esperienza del dolore nonostante tutto può essere una sfida e una opportunità di crescita positiva.

Nel secondo filone si sottolineano invece le profonde modifiche nell'assetto di tutti i membri del nucleo familiare. La famiglia

tende a modificare i rapporti con parenti e amici, riducendo le relazioni con l'esterno. Questo si verifica per una serie di fattori

come la minore disponibilità di tempo, l'angoscia e la preoccupazione derivanti dalla patologia del figlio, la vergogna provata e

la paura di non essere capiti. Cosi molte famiglie o limitano i rapporti ad altre famiglie con lo stesso problema o si isolano

totalmente.

Studi recenti hanno sottolineato il diverso ruolo e lo specifico vissuto dei diversi membri della famiglia. Resta in primo piano il

ruolo della madre che è quella sottoposta ad un maggiore grado di stress, che poi porta a stati depressivi che creano altri

squilibri nell'intera famiglia.

Per quanto riguarda il padre, gli studi sottolineano che nei padri non si rilevano elevati livelli di depressione. Infatti sono meno

coinvolti nella cura pratica dei figli, hanno rapporti sporadici con il personale medico e tendono a riversare i propri interesse

all'esterno della famiglia. E' questo non per scarso investimento emotivo verso i figli, ma per l'attivazione di meccanismi di

difesa.

La disabilità di un bambino poi ha un impatto notevole anche sugli altri figli della coppia. I fratelli sani risentono della tendenza

della famiglia all'isolamento sociale e quindi vivono anche loro in una posizione di relativo isolamento. Essi poi spesso soffrono

di deprivazione delle cure genitoriali e quindi percepiscono i genitori come distanti. Inoltre spesso i fratelli sani vengono

coinvolti nelle faccende domestiche e nelle cure del fratello. Si parla di genitorializzazione precoce.

Spesso poi i genitori nascondono i problemi del figlio malato al figlio sano, per evitargli ansia e preoccupazione. Ma questo non

solo fa accrescere nel bambino sano il senso di malessere perchè percepisce verità a lui nasconste, ma porta anche allo

sviluppo di ansie e preoccupazioni non reali e pessimistiche. Questo può determinare lo strutturarsi di una serie di

problematiche comportamentali e di disturbi di natura psicologica.

Page 8: IL FIGLIO NELLA MENTE DELLA MADRE CAPITOLO 1 -LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI DELLA RELAZIONE GENITORE-FIGLIO

Per concludere poi, bisogna anche sottolineare che non sono stati individuati solo questi aspetti negativi, ma anche altri aspetti

positivi. Infatti spesso questi bambini raggiungono un elevato grado di maturazione.

CAPITOLO 3 - La Parental Development Interview

E' un'intervista clinica che consente di valutare gli aspetti rappresentazionali del caregiving system. La versione originale venne

proposta da Aber ed era strutturata in 2 diverse forme, una per genitori di neonati e una per genitori di bambini più grandi. Nel

2003 venne poi modificata per poter essere sottoposta a tutti i genitori di figli di qualsiasi età.

In seguito Pianta e collaboratori, hanno apportato alcune modifiche alla versione originale.

La PDI si ispira all'AAI ed è costruita per valutare il modello di rappresentazioni mentali della relazione tra il genitore e il proprio

figlio. L'intervista si struttura lungo una serie di dimensioni: la visione della propria esperienza rispetto alla relazione con il

bambino, la visione della propria esperienza affettiva come genitore, le proprie rappresentazioni mentali delle situazioni di

separazione dal figlio.

La visione della propria esperienza relazionale con il bambino viene elicitata da una serie di domande poste all'inizio. Al

genitore viene chiesto di fornire alcuni aggettivi che descrivano la sua relazione con il figlio. Per ciascun aggettivo si

approfondisce quale sia la rappresentazione mentale genitoriale dell'esperienza relazionale. Si valutano poi alcuni aspetti della

relazione, come i momenti di accordo e disaccordo con il bambino.

La visione della propria esperienza affettiva come genitore viene indagata lungo alcune aree, come la percezione chel'adulto ha

di sè come figura in grando di calmare il bambino in situazioni di disagio e difficoltà, il modo in cui i dubbi inerenti la relazione

vengono considerati e trattati dal genitore. Altri aspetti indagati riguardano il modo in cui il genitore racconta di alcuni stati

emotivi connessi alla relazione: sofferenza, rabbia, colpa, bisogno. La parte finale dell'intervista si concentra poi sulle

rappresentazioni mentali del genitore delle situazioni di separazione da figlio.

Per la PDI in versione italiana, è essenziale che lo sperimentatore faccia riferimento esplicito al nome del bambino di cui si sta

parlando. Questo aspetto è importante poichè il discorso deve riguardare sempre la stessa situazione relazionale, anche nei

casi in cui il genitore perda il filo del discorso. E' necessario poi che lo sperimentatore mantenga viva l'attenzione del genitore

rispetto alla relazione con il bambino target.

Per introdurre si usa una formula in cui si dice che a genitore verranno poste alcune domande sulla relazione con il figlio.

L'intervistatore deve mantenere un tono colloquiale, senza utilizzare termini tecnici e deve formulare le domande in modo

diretto. L'intervista è semistrutturata, quindi, se da un lato richiede di mantenere un certo rigore rispetto alle modalità e

all'ordine in cui sono poste le domande, dall'altro consente di indagare temi che emergono spontameamente durante

l'intervista se lo sperimentatore ritiene che siano importanti ai fini della codifica o per gli scopi di cui si è prefisso con la

somministrazione. E' possibile quindi porre domande aggiuntive o richiedere ulteriori esempi chiarificatori. L'intervista in ogni

caso deve porre la maggiore attenzione possibile al fatto di somministrare tutte le domande previste nel protocollo.

Al termine poi lo sperimentatore ringrazia il genitore per aver preso parte all'intervista, che in media dura un'ora, viene

audioregistrata.

Il sistema di codifica della PDI ha subito alcune revisioni. In uno dei primi studi, George e Solomon hanno utilizzato la PDI verso

due dimensioni: base sicura e competenza. La prima valuta il grado con cui i comportamenti, le emozioni e i pensieri dei

genitori, corrispondono alla descrizione teorica del concetto di base sicura. La competenza invece valuta il grado con cui le

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descrizioni dei genitori riflettono pensieri e rappresentazioni del bambino come dotato di iniziativa e capace di gesti

individualei. I due autori ci mostrano come le 2 dimensioni sono in associazione con lo stile di attaccamento: i bambini sicuri

alla S.S. hanno madri con punteggi elevati nella dimensione di base sicura e di competenza.

Gli stessi autori in uno studio successivo hanno analizzato 3 dimensioni in grado di fornire informazioni di natura

qualitativamente diversa: rifiuto, incertezza, impotenza. Il rifiuto per valutare il grado in cui genitore e figlio appaiono non

disponibili a condividere aspetti della relazione. Incertezza riflette il grado di confusione delle percezioni genitoriali rispetto a

se stesso come caregivere, al figlio e alla relazione. La dimensione di impotenza invece riflette il grado di percezioni di sè come

incapace a gestire le diverse situazioni e il grado di percezione del figlio e della relazione come lontani dal proprio controllo.

Anche qui riscontrano concordanza tra le 3 dimensioni e l'attaccamento del bambino. I bambini sicuri hanno genitori con

elevati livelli di base sicura, bassi livelli di rifiuto, incertezza e impotenza. Avvicinando invece PDi all'AAI, è venuto fuori che la

base sicura si associa allo stato della mente Autonomo, il rifiuto allo stato Distaccato, l'incertezza allo stato Invischiato,

l'importenza allo stato della mente Non Risolto.

I 2 ricerche successive Aber ha analizzato 3 macro dimensioni della PDI: rappresentazione mentale dell'esperienza emotivo-

affettiva del genitore, rappresentazione genitoriale dell'esperienza emotivo-affettiva del figlio, lo stato della mente del

genitore. Ogni macro dimensione include poi sotto-categorie. in un primo studio gli autori affrontano il tema della stabilità

rispetto al tema del cambiamento nel tempo delle rappresentazioni mentali genitoriali. Le dimensioni di segno positivo sono

responsabili della stabilità delle rappresentazioni mentali. Quelle negative sono responsabili della stabilità delle

rappresentazioni di attaccamento ma anche del loro cambiamento.

Nel secondo studio considerano le associazioni tra le dimensioni della PDI e alcune caratteristiche del comportamento

genitoriale, valutate nell'interazione con il figlio. In questo lavoro gli autori dimostrano concordanza tra le dimensioni di segno

positivo della PDI e gli aspetti di sensibilità e affetto positivo mostrati dal caregiver nell'interazione.

Il gruppo di Pianta, Marvin e i loro collaboratori analizza le rappresentazioni mentali di genitori con figli affetti da disabilità

cronica, consideranto otto differenti dimensioni della PDI. Gli autori analizzano le rappresentazioni mentali materne in

relazione al comportamento della madre durante il momento del pasto e in una situazione di problem-solving. Essi notano una

associazione tra il modo in cui il genitore si rappresenta la relazione con in figlio e il comportamento osservato durante

l'interazione reciproca, ance se con andamenti differenti. Questo perchè, nel problem solving si chiede alla madre di interagire

con il figlio in modo tale che lui possa raggiungere un obiettivo ben preciso. Invece la situazione del pasto rientra tra la prassi

quotidiana e quindi le aspettative della madre sono maggiormente sotto controllo.

Pianta e collaboratori per codificare l'intervista hanno utilizzato un sistema di codifica organizzato su 4 livelli:

- punteggio 0 quando nelle risposte non c'è nessuna evidenza del costrutto in esame

- punteggio 1 quando nelle risposte c'è una minima evidenza

- punteggio 2 quando il costrutto è presente in maniera evidente

- punteggio 3 quando il costrutto è evidente e quando il genitore offre esempi dettagliati

In questa sede si propone vince la Teacher Relationship Interview, con un sistema di codifica a 7 passi. Nella PDi questo

stistema di codifica viene applicato all'analisi di 14 dimensioni, a cui si aggiunge poi quella relativa all'adattamento italiano. Il

sistema di codifica a 7 passi ha il pregio di essere flessibile. Fornisce un profilo qualitativio poichè il lavoro di codifica non

avviene attribuendo un punteggio per ogni singola risposta a ogni domanda, ma ciascuna dimensione viene valutata lungo

tutta l'intervista. Quindi, è importante che il codificatore sviluppi un buon livello di familiarità con l'intervista per poi procedere

con la codifica. La classificazione fornisce un profilo quantitativo dell'intervista perchè viene attribuito un punteggio all'interno

di una range ampio: da 1, assenza del costrutto, a 7 presenza piena. Questo sistema consente di ottenere un range di

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variazione ampio. Infatti il pregio di questo sistema consiste nella possibilità di valutare il modo globale e complessivo

l'intervista, con la possibilità di ottenere una descrizione del modello operativo del genitore e un punteggio che può essere

utilizzato per l'analisi dei dati. Il criterio prevede di assegnare:

- 1/2 punti quando ci sono poche o assenti evidenze del costrutto in esame

- 3/4/5 punti quando il genitori fornisce nel suo racconto evidenze sul costrutto in esame, ma le spiegazioni che da non sono

chiare e dettagliate

- 6/7 punti quando il genitore articola il costrutto in modo chiaro e fornisce dettagli precisi.

La dimensione della COMPLIANCE o sensibilità verso la disciplina valuta di tipo di approccio che il genitore mostra nella

gestione del comportamento del figlio. La dimensione considera se e come il genitore fa menzione di episodi che riguardano il

rispetto delle regole e della disciplina da parte del figlio. La scala non misura i problemi connessi con il rispetto delle regole, ma

il modo in cui questo argomento viene trattato dal genitore nel corso dell'intervita. Affinchè si possa codificare la scala è

necessario che gli episodi riportati dal genitore facciano diretto riferimento al bambino target.

Alti punteggi in questa categoria indicano che il genitore ha un atteggiamento sensibile nei confronti della disciplina e del

rispetto delle regole. Bassi punteggi sono invece attribuiti a situazioni in cui le regole sono proposte in maniera rigida e

autoritaria e non vengono discusse ne prima di una violazione ne dopo.

L'inefficacia o percezione di inefficacia nella gestione del comportamento del figlio è una dimensione che considera quanto il

genitore si rappresenta come in difficoltà. L'obiettivo della scala è distinguere i genitori che sono in grado di negozionare con i

figli e che hanno strategie alternative per gestire situazioni difficili da quei genitori che invece percepiscono le differenti

situazioni come al di fuori delle proprie abilità di gestione e di controllo.

Alti punteggi indicano che il genitore si percepisce come incapace di rispondere al comportamento del figlio, privo di strategie

che gli consentano di mettere in atto nuovi approcci per affrontare i problemi. A livelli bassi corrispondono invece

verbalizzazioni in cui anche se emergono episodi in cui il genitore percepisce di fare fatica nel gestire il comportamento del

figlio, egli si percepsice come efficace.

Nella dimensione dalla menzione della cura rientrano tutte le descrizioni in cui il genitore menziona comportamenti di cura che

coinvolgono il contatto personale e diretto con il bambino. La dimensione valuta quanto e come il genitore menziona se stesso

impegnato e coinvolto nella cura fisica del bambino. Alti punteggi in questa dimensione indicano un elevato coinvolgimento del

genitore nella cura fisica del figlio. Punteggi passi indicano che l'aspetto della menzione della cura non è centrale nelle

rappresentazioni mentali del genitore.

La dimensione del rendimeto fa riferimento al progresso o regresso relativo alle diverse abilità e alle diverse aree di sviluppo

del bambino. La scala non valuta il possesso di determinate abilità del bambino, ma la rappresentazione da parte del caregiver

di una progressione o regressione evolutiva in determinati ambiti di sviluppo del figlio.

Alti livelli in questa scala sono attribuiti a racconti in cui il genitore esplicita una progressione temporale e rende evidente a

colui che ascolta cosa il bambino sapeva fare in precedenza e cosa non sa fare. Livelli bassi invece indicano che il genitore

descrive il figlio come in grado di fare determinate cose, senza alcun riferimento al suo passato e alla progressione temporale,

ma riferendosi a un confronto diretto o indiretto con altri bambini.

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La dimensione di base sicura valuta la consapevolezza del genitore del suo ruolo di adulto accogliente e confortante espresso

in modo particolare quando il bambino mostra segnali di disagio o stress anche in caso di situazioni di separazione. La

dimensione valuta la capacità del genitore di riconoscere i segnali di sconforto e stress inviati dal figlio e di rispondervi in

maniera adeguata alla situazione all'età del bambino.

Ad alti livelli corrisponde una chiara comprensione e conoscenza di sè come di una base sicura. Al livello basso troviamo invece

i genitori che forniscono solo episodi positivi in cui il bambino non dimostra mai stress o emozioni negative.

La dimensione Assunzione della prospettiva altrui valuta quanto le risposte del genitore indicano che egli considera il bambino

come persona dotata di stati mentali, pensieri e sentimenti.

A livello alto si collocano i protocolli di quei genitori che sono in grado di identificare e riconoscere una mente nel figlio: il

genitore fornisce particolari relativi al punto di vista del figlio e quindi fornisce una descrizione del contenuto della mente del

figlio. Al livello basso si collocano le interviste in cui vi è scarsa evidenza del costrutto in esame e il genitore non fa riferimento

agli stati mentali dei figlio. Il bambino viene descritto in termini fisici e comportamenti e non viene esplicitato il suo pensiero.

La dimensione Assunzione della prospettiva propria considera le risposte del genitore che indicano la considerazione di se

stesso come persona dotata di stati mentali, pensieri e sentimenti.

Al livello alto si collocano quei genitori che sono in grado di identificare in se stessi ed esplicitare sentimenti, stati d'animo,

pensieri, fornendo anche dettagli e particolari. Al livello basso si collocano le interviste in cui vi è scarsa o nulla evidenza del

costrutto in esame, il genitore non fa riferimento ai propri stati mentali.

La dimensione dell'ipercoinvolgimento valuta quanto il genitore riporta una descrizione del legami con il proprio figlio come

inappropriati rispetto a una adeguata relazione genitore-figlio.

A livelli alti corrispondono verbalizzazioni in cui la distinzione dei ruoli non è evidente e ci sono chiari segnali di comportamenti

inappropriati. Ai livelli bassi invece corrisponde assenza di iper-coinvolgimento e racconti appropriati della relazione genitore-

figlio.

La neutralizzazione degli affetti negativi valuta il grado di elusione delle componenti emotivo-negative dei vissuti elicitati dalle

domande. La scala considera le strategie di evitamento e rifiuto delle connotazioni negative della relazione in cui le emozioni

sono negate. La neutralizzazione include il grado in cui il genitore prende le distanze dagli aspetti emotivi causati dall'intervista

adottanto differenti strategie, come il rifiuto o il cambio discorso.

Al livello alto si collocano i protocolli di quei genitori che sono riluttanti nel discutere le proprie o altrui emozioni, che ignorano

le componenti affettive della domanda o che negano i propri sentimenti. Al livello basso corrisponde un protocollo di genitore

in grado di trattare tutte le componenti emotivo-affettive connesse alla relazione, siano esse positive o negative.

La dimensione Rabbia valuta il grado in cui il genitore esprime rabbia e ostilità. I risultati alti sono dei genitori in cui compaiono

riferimenti evidenti alla rabbia rispetto al figlio e alla loro relazione. Nei bassi invece rientrano protocolli in cui i riferimenti alla

rabbia sono scarsi o inesistenti.

La dimensione Affetto positivo misura il grado in cui il genitore riporta esperienze e senzazioni di affetto positivo e di piacere

direttamente connessi alla relazione con il figlio. Esempi di affetto positivo sono il riferimento alla felicità, alla gioia, alla

soddisfazione. A livelli alti corrispondono protocolli di genitori che riportano molti episodi positivi in cui è direttamente

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coinvolto il bambino. Al livello basso si trovano racconti in cui compaiono scarsi riferimenti a sentimenti positivi riguardanti la

relazione o nessun riferimento a tale aspetto.

La dimensione Colpa fa riferimento alla menzione del sentimento della colpa riferita alla relazione con in figlio. Livelli alti

corrispondono a racconti in cui il senso di colpa pervade le descrizioni in modo esplicito e il genitore racconta vari episodi

riportando molti dettagli. Al livello basso corrisponde assenza o scarsa menzione della dimensione in questione.

La scala della Preoccupazione verso il futuro considera quanto il genitore esprime ansia e preoccupazione per il futuro del

proprio figlio. Livelli alti indicano una elevata preoccupazione per il futuro del figlio. Livelli bassi corrispondo espressioni vaghe

o indirette di paura e preoccupazione.

La dimensione Dolore considera quanto il genitore esprime sentimenti di sofferenza e di malessere rispetto al proprio ruolo.

Valuta quindi l'impatto che la genitorialità assume per il genitore. A livelli alti corrispondono racconti in cui il genitore riporta

molteplici e dettagliati esempi di situazioni in cui la genitorialità è un peso. A livelli bassi invece racconti generici in cui il dolore

non sembra soverchiare il genitore nella sua individualità.

La dimensione Coerenza valuta l'abilità del geniore di presentare la relazione e di valutare la propria esperienza con in figlio e

di fornire quindi una quadro coerente e comprensibile. Al livello alto troviamo interviste chiare, senza alcun segno di

confusione o di incoerenza. Il racconto è fluido, i particolari descritti sono coerenti tra loro. Al livello basso si collocano

interviste che contengono multipli e frequenti esempi di confusione.

CAPITOLO 4 - La Reaction to Diagnosis Interview

E' un'intervista semistrutturata che valuta la reaizone alla diagnosi di disabilità o malattia cronica del figlio e viene

somministrata ai genitori. Questo strumento valuta il tipo di rielaborazione della perdita o dell'evento traumatico, legato

all'esperienza di essere genitori di un figlio con disabilità o affetto da una malattia cronica. L'elaborazione della condizione del

figlio può essere avvicinata all'elaborazione del trauma per la perdita di una figura di attaccamento. Secondo la Main la chiave

per la risoluzione di un lutto simile è legata a tre elementi:

- accettazione della realtà

- fine di un comportamento di ricerca della figura significativa persa

- un ri-orientamento nella vita quotidiana e nei suoi compiti.

Per il genitore di un figlio affetto da disabilità, la perdita è simbolica, invece nel caso del lutto è reale. Ma ugualmente crolla

l'immagine del bambino ideale e perfetto. Come sostengono Pianta e Marvin esiste un parallelismo tra la perdita di una

persona amata e l'impatto su un genitore della disabilità di un figlio.

La RDI si ispira all'AAI in cui le rappresentazioni mentali delle relazioni sono valutate attraverso la rievocazione dei ricordi e dei

sentimenti associati a specifiche esperienze relazionali. Le risposte dei genitori alle domande della RDI riflettono le

rappresentazioni di se stessi come genitori e del proprio bambino. Queste rappresentazioni possono contenere elementi di

risoluzione della diagnosi o di mancata risoluzione. Gli autori ipotizzano che queste rappresentazioni di organizzano come

pattern Risolti o Non Risolti rispetto alla diagnosi di disabilità o malattia cronica.

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La RDI ha una durata media di 15 minuti. E' composta da 5 domande per ottenere le credenze, i ricordi e le reazioni emotive

dei genitori alla notizia sulla condizione di disabilità o malattia cronica del figlio. Le domande richiedono al genitore di ricordare

i pensieri e i sentimenti collegati sia a episodi specifici del momento in cui hanno ricevutola diagnosi sia al processo che ha

portato alla diagnosi. Si indaga perciò il momento di comunicazione della diagnosi ma anche le fasi precedenti in cui i genitori si

sono resi conto che il bambino presentava problemi. Altre domande si focalizzano poi su eventuali cambiamenti nel tempo, dal

momento di ricezioni della diagnosi, relativi ai pensieri e ai sentimenti provati. Poi sono indagati anche i pensieri passati e

presenti che il genitore ha formulato circa la causa o i fattori che hanno un ruolo nella malattia del figlio.

L'intervista viene video registrata o audioregistrata e dopo trascritta. E' importante che l'intervistatore presti attenzione al

fatto che il genitore risponda a tutte le domande previste, chiedendo anche di precisare aspetti poco chiari o chiedendo

dettagli. Gli autori poi sottolineano anche di non chiedere più di 2 volte episodi specifici.

Pianta e Marvin nel loro sistema di codifica indentificano una serie di indicatori di mancata risoluzione di risoluzione della

diagnosi. Questi indicatori consentono di giungere a due principali categorie o pattern di codifica dei protocolli: pattenr Risolto

e pattern Non risolto, rispetto alla diagnosi di disabilità o di malattia cronica del figlio. Il sistema di codifica ha l'obiettivo di

determinare il pattern rappresentazionale a cui meglio corrispondono gli indicatori di mancata risoluzione rispetto a quelli di

risoluzione presenti nell'intervista. La decisione rispetto al tipo di classificazione richiama il sistema di codifica della S.S. e

dell'A.A.I.

Il sistema di codifica prevede anche l'individuazione di sottocategorie all'interno di ciascuna delle due macrocategorie:

- In Risolto abbiamo: orientato emotivamente - orientato all'azione - orientato al pensiero

- In Non Risolto abbiamo: emotivamente ipercoinvolto - preoccupato - neutralizzaante - depresso - distorto - confuso

Le sottocategorie riflettono la predominanza di una particolare strategia di risoluzione o di mancata risoluzione dell'esperienza

della diagnosi rispetto alle rappresentazioni del Sè genitoriali e della relazioen con in figlio. Queste sottocategorie cmq non si

prestano facilmente a essere oggetto di analisi statistiche. Infatti spesso il numero delle sottocategorie porta a una dispersione

dei soggetti partecipanti all'interno della categorie stesse e non consente di approfondire le differenti strategie relazionali a

livello statistico.

La procedura di codifica richiede che il codificatore ascolti l'intervista per almeno due volte e prenda note. Sulla base della lista

degli indicatori di risoluzione e di mancata risoluzione, si giunge poi a una classificazione dell'intervista all'interno di una delle

due macroaree. Dopo di ciò il codificatore può procedere all'identificazione di una delle sottocategorie.

Gli INDICATORI DI MANCATA RISOLUZIONE devono essere presenti quando l'intervista è codificata con non risolta ma possono

essere presenti anchei in un'intervista Risolta.

I protocolli dei genitori classificato all'intervista come non risolti si caratterizzano per la presenza di un disorientamento tipico

di una persona che ha subito un forte dolore. Questo disorientamento può assumere forme diverse che si riferiscono da una

parte a un versante di alterazione o distorsione cognitiva e dall'altra emotiva.

Sono aspetti di distorsione cognitiva una focalizzazione su aspetti diversi rispetto alla diagnosi, una distorsione cognitiva della

diagnosi, una ricerca esasperata delle ragione della malattia o della disabilità, una focalizzazione sul passato. Sono legati al

versante emotivo invece da una parte la presenza di livelli eccessivi o marcati di coinvolgimento, depressione e rabbia,

dall'altra l'evitamento delle emozioni.

Questi elementi di mancata risoluzione riflettono un sistema rappresentazionale genitoriale non focalizzato sulla realtà dei

sentimenti, dei bisogni e dei segnali del proprio bambino. Le info che provengono dal bambino possono essere distorte,

filtrate, ignorate o amplificate.

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I principali indicatori di mancanza di risoluzione sono 7.

1. L'indicatore di mancata distorsione della realtà si riferisce a un atteggiamento di negazione e di distorsione della realtà della

diagnosi, di mancata accettazione della diagnosi e della condizione del figlio. Ritroviamo poi dei casi in cui il processo di

distorsione della realtà può manifestarsi con credenze e aspettative non realistiche, indici di una mancanza di accettazione

della diagnosi o della condizione di disabilità.

2. L'indicatore di continua e attiva ricerca per le ragioni della malattia o della disabilità si può manifesare quando i genitori

credono di essere coinvolti direttamente o indirettamente nella causa di malattia, quindi provano un continuo senso di colpa o

quando non accettano che non ci siano ragioni per la malattia o per la disabilità del figlio.

3. L'indicatore di evitamento dell'esperienza della diagnosi si ritrova nell'impossibilità o incapacità del genitore durante

l'intervita di affrontare il discorso sulla diagnosi e sopratutto nell'incapacità di rievocare pensieri e sentimenti connessi a questi

momenti.

4. Il Diniego dell'impatto della diagnosi del sè è un altro elemento di mancanza di accettazione e risoluzione della diagnosi. Si

caratterizza non solo per una minimizzazione dell'impatto emotivo sulla diagnosi, per l'assenza di sentimenti, ma anche ad una

elusione delle possibili emozioni negative legate al sè, connesse alla diagnosi del figlio.

5. L'indicatore Reazione di spostamento emerge quando un genitore prende una decisione connessa alla situazione di malattia

o disabilità del figlio, ma non sembra essere consapevole di questa connessione. In poche parole un genitore non rendendosi

nemmeno conto, continua a cercare delle modalità per aiutare il figlio.

6. Il Bloccato nel passato si riferisce a una situazione di stallo o almeno ad un blocco emotivo, e quindi all'impossibilità di

procedere nel tempo e di arrivare a vivere il momento presente senza l'ancoraggio al passato. Questo indicatore emerge nel

corso dell'intervista attraverso diverse modalità, come un senso di distacco, frastornamento, dolore, rabbia.

7. L'indicatore Evidenza di confusione e di disorganizzazione mentale riporta elementi di incoerenza e di disorientamento che

rendono difficile comprendere la storia. Questo può portare alla perdita del filo dei pensieri, alla presenza di contraddizioni e

all'oscillazione tra posizioni contrastanti.

Gli INDICATORI DI RISOLUZIONE sono caratterizzati da una ri-focalizzazione sul presente sia a livello cognitivo, sia emozionale.

Questa rifocalizzazione è successiva a un momento di disorientamento e dolore. La risoluzione della diagnosi non si può

verificare immediatamente perchè tutti i genitori appena vengono a conoscenza della situazione attraversano una fase di

disorientamento che cmq col tempo si trasforma. Questo aspetto consente di accettare la realtà, la condizione del bambino e

le sue limitazioni. La risoluzione permette poi di sviluppare delle rappresentazioni accurate del bambino, del sè e

dell'esperienza della diagnosi.

I principali indicatori di risoluzione per Pianta e Marvin sono 5.

1. L'indicatore di riconoscimento dei cambiamenti avvenuti nel tempo si riferisce alla consapevolezza da parte del genitore dei

cambiamenti avvenuti nel corso del tempo a partire dal riconoscimento dei problemi. I genitori sembrano essere consapevoli

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delle difficoltà vissute nel periodo iniziale e della traumaticità di questi momenti, ma sottolineano in maniera decisa che i

propri sentimenti circa la diagnosi hanno subito dei cambiamenti notevoli.

2. L'indicatore di risoluzione del Riorientamento nel presente e nel futuro, può essere interpretato come l'opposto del Bloccato

nel PAssato. Il genitore ha un atteggiamento attivo e un comportamento di azione nel presente, con una apertura anche per il

futuro.

3. La Sospensione della ricerca di una ragione della malattia o della disabilità si riferisce al fatto che il genitore non è

attualmente coinvolto nella ricerca di una ragione o di una causa. Quindi arriva all'accettazione della diagnosi e termine di porsi

domande.

4. L'indicatore di risoluzione si riferisce alla presenza di una descrizione accurata delle abilità del bambino, coerente con

l'osservazione del bambino o con la conoscenza generale di una particolare diagnosi.

5. Le Affermazioni bilanciate riguardo ai benefici di tale esperienza sul Sè si riferiscono al fatto che nelle verbalizzazioni dei

genitori possono comparire dei riferimenti ai benefici sul proprio sè, derivati dall'esperienza di avere un bambino con disabilità.

Alcuni genitore riconoscono ad esempio di essere diventati più pazienti o di aver imparato ad affrontare la vita in maniera

costruttiva e positiva. Cmq il riconoscimento di questi benefici è accompagnato dalla consapevolezza delle difficoltà, delle sfide

e delle sofferenze collegate alla disabilità. Ciò indica la capacità del genitore di riconoscere sia gli aspetti positivi sia quelli

negativi della diagnosi del figlio.

CAPITOLO 5 - Le rappresentazioni della relazione con il bambino

Si tratta di due interviste somministrate alle madri di bambini con un'età compresa tra i 4 e i 5 anni.

La prima intervista coinvolge Marcella, la madre di un bambino con sindrome di Asperger, Davide. Viene fuori che la

dimensione della sensibilità veerso la disciplina ha ottenuto il punteggio massimo previsto dal sistema di codifica. Elementi di

questa dimensione si hanno nella descrizione del terzo aggettivo, rapporto materno, quando la signora spiega i confini del

ruolo, affermando essere mamma e non sua amica. Il ruolo materno per le consiste nell'indirizzare il bambino a capire quali

scelte si possono fare e quali si devono evitare. Lei ha il compito di insegnare e spiegare che ci sono delle regole, correggere là

dove si ravvisi u comportamento negativo e rimproverare quando necessario. Un elemento che fa assegnare un punteggio alto

in questa dimensione consiste nel fatto che dal racconto emerge la sua capacità di tornare sull'argomento e ragionare con il

figlio in modo da aiutarlo a capire le ragioni per cui i suoi genitori hanno usato autorità nei suoi confronti. Dal racconto si

evince poi che gli accordi tra madre e figlio vengono presi in precedenza e quando il figlio si arrabbia la madre ricorda il patto.

Sulla domanda sul comportamento negativo, la signora riprende il figlio rispetto a un comportamento sbagliato che ha visto in

lui e spiega al figlio dove ha sbagliato. Emerge che la disciplina è un elemento importante della relazione ma che esiste un

dialogo e uno scambio continuo tra madre e figlio. Le regole non sono imposte ma proposte in anticipo, in modo che siano

chiare. Quando il figlio si calma la signora poi ritorna sull'argomento per far capire cosa non andava bene.

La dimensione di percezione dell'inefficacia viene codificata con un punteggio basso. Questa dimensione si ravvisa in pochi

punti dell'intervista, mentre emergono molti spunti ch permettono di caratterizzare le rappresentazioni di sè come genitore in

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termini di efficacia. Un riferimento alla inefficacia emerge quando la signora spiega che la gestione del quotidiano le costa

fatica e non riesce ad essere abbastanza lucida per affrontare anche i piccoli problemi. La signora mostra cmq di avere strategie

efficaci per gestire tutto.

Emergono invece evidenza di efficacia nella domanda sull'accordo quando la signora Marcella descrive l'episodio della richiesta

del figlio di disegnare. Emerge la capacità della signora di cogliere uno spunto costruttivo del figlio e di spingerlo a fare

qualcosa che di solito lui non fa con piacere. La signora mostra di avere strategie e speranze anche quando sembra che Davide

faccia fatica a comprendere nuove aree di competenza. Un altro esempio delle strategie che la signora mette in atto emerge

quando racconta del judo o della piscina. La signora si pone cmq delledomande sull'eventualità di forzare o non forzare il figlio

a proseguire con i corsi. Nel judo si arriva al non proseguimento, nella piscina invece la donna capisce che le reazioni del figlio

sono meno intense e decide di far continuare le lezioni. Emerge quindi la capacità della signora rispetto al modo in cui è

necessario parlare a Davide per spingerlo verso un attività che avrebbe creato in lui reazioni negative. Inoltre sostiene la scelta

e da consigli al figlio. Le strategie messe in atto dalla signora non sono stereotipate, ma flessibili.

La dimensione di menzione della cura riceve il punteggio minimo perchè non ci sono evidenze del costrutto durante la

narrazione.

Anche la dimensione del rendimento e dei successi evolutivi non risulta essere centrale nelle rappresentazioni mentali materne

perchè viene ravvisata solo in un paio di risposte, nell'accordo e nella domanda sulla preoccupazione.

La dimensione di base sicura viene codificata con il massimo punteggio. Già nella risposta al secondo aggetivo, ossia fiducia,

emerge che la signora è capace di riconoscere lo stato di bisogno del bambino e di individuare il momento in cui si rivolge a lui

per essere rassicurato su qualcosa. La signora riporta l'esempio dell'inizio della nuova scuola in cui il bambino si rivolge a lei per

essere rassicurato rispetto alla nuova esigenza sociale che dovrà vivere. Emergono le risposte della signora: ascolta, spiega le

cose così come sono, utilizza un linguaggio che lui può comprendere. Infatti il bambino si tranquillizza.

Nella domanda di agitazione del bambino la signora Marcella riconosce lo stato di ansia del fglio, anche in situazioni in cui non

comprende bene da cosa l'ansia possa dipendere, lo prende in braccio, gli parla. Davide riconosce la madre come un punto di

riferimento affettivo. Nella parte finale, quando la signora parla delle situazioni di separazione, riporta episodi in cui il figlio

mostra il suo dispiacere e la sua tristezza. Lei stessa descrive il suo stesso dispiacere derivante dal vedere il figlio in difficoltà,

ma sottolinea che si trattava di piccoli distacchi che servivano a sviluppare una futura autonomia del bambino.

Le dimensioni di assunzione della prospettiva altrui e propria hanno entrambe ricevuto il punteggi massimo. Infatti evidenze di

tali costrutti sono molto presenti lungo l'intervista, sia quando si chiede alla signora cosa lei abbiam provato o cosa il figlio

abbia provato nelle circostanze narrate, sia all'interno di risposte non specifiche, quando la signora racconta episodi di

relazione con il bambino. In tutti e due i casi la signora rappresenta se stessa e il figlio come esseri dotati di una mente. Sono

infatti molteplici i racconti in cui la signora descrive l'emozione o il sentimento provato in una data situazione, fornendo anche

più di uno stato emotivo.

La dimensione di ipercoinvolgimento riceve il punteggio minimo perchè non ci sono evidenze del costrutto durante la

narrazione.

La dimensione di neutralizzazione degli affetti negativi riceve un punteggio basso. La signora infatti è in grado di raccontare

episodi ed emozioni facendo riferimento sia a esperienze positive sia negative. L'episodio del non accordo infatti è presente e

descritto dettagliatamente. Nella domanda sul comportamento negativo vengono riportati due episodi. Durante il primo la

signora esita, prende tempo, minimizza, cerca di giustificare il figlio. Tra il primo e il secondo la signora afferma che solo allora

le viene in mente tutto. Questa è una forma di difesa, ma nonostante questo il racconto è ugualmente comprensibile.

La dimensione della rabbia riceve un punteggio minimo. La dimensione di affetto positivo invece ha un punteggio elevato. Nel

primo aggettivo, Affetto, la signora parla di coccole, complicità, tenerezze e serenità. Nella domanda sull'accordo viene

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descritto un momento in cui il bambino è seduto sulle gambe della madre mente colora. E' evidente il piacere reciproco. Anche

in riferimento al nuoto, la signora parla di complicità, data dagli sguari tra lei e il figlio mentre lui si diverte in piscina. Nella

domanda sulla soddisfazione la signora descrive il figlio come affettuoso e di compagnia, tutti aspetti questi che denotano la

relazione in senso affettivo positivo.

La dimensione della colpa è stata codificata a un basso livello. La maggiore evidenza in questo caso emerge dalla domanda in

cui la signora afferma i propri sensi di colpa quando ha delle reazioni eccessive verso Davide. Ma poi è in grado da sola di

affrontare i sentimenti, senza esserne travolta.

La dimensione della preoccupazione per il futuro anche ha un livello basso. La signora si preoccupa solo di un fattore: le

relazioni sociali e la difficile comprensione delle situazioni socio-relazionali da parte del figlio.

La dimensione di dolore è codificata ad un livello medio-basso. Evidenze sono presenti nella domanda sulla sofferenze, quando

la signora descrive la fatica per il dover gestire contemporaneamente più cose. Racconta poi che Davide richiede molte

attenzioni e una presenza continua. La signora si sente "tirata" ma ha cmq delle stretegie di gestione del carico derivante dalla

relazione con Davide.

Per quanto riguarda la dimensione di coerenza globale, nel complesso la narrazione è valutata come coerente. Marcella da un

quadro completo e chiaro della relazione con Davide. Attraverso le sue parole è possibile comprendere lei, il bambino e la loro

relazione. La narrazione è priva di contraddizioni, gli aggettivi sono collegati a episodi specifici, i pensieri e i sentimenti sono

riportati in maniera adeguata e coerente. La signora è collaborativa con l'intervistatore.

La seconda intervista è rivolta ad una madre, Lucia, con una figlia con sviluppo tipico, Anna. L'intervista è stata somministrata

in una stanza tranquilla e riservata all'interno della scuola materna frequentata dalla bambina.

Dall'intervista viene fuori che rispetto alla dimensione della sensibilità verso la disciplina Lucia si colloca ad un livello basso. La

relazione viene descritta in termini di Sfida ( 2° agg. ) che a volte è la figlia a vincere. In caso contrario la relazione e

l'educazione della bambina vengono descritte come difficoltose. Emerge un rapporto di forza in cui la madre da un lato avanza

una richiesta sottoforma di ordine minacciando una sanzione in caso di rifiuto, dall'altro la figlia non accetta l'imposizione e si

oppone alla madre. Anche nella domanda sull'agitazione del bambino la madre descrive una situazione in cui esprime una

minaccia verbale nel tentativo di calmare il comportamento negativo della figlia. Nel descrivere l'episodio di non accordo, il

rapporto di forza madre-figlia emerge di nuovo. Anche se la signora dice che all'inizio cerca di agire con le buone, afferma poi

che il disaccordo emerge ogni volta che è lei a non cedere. Quindi, il NO della madre non è seguito da una spiegazione che poi

la figlia può accettare. La signora afferma di indurirsi e di cercare di non ascoltare più la figlia, escludendo il dialogo dal loro

rapporto. Nella domanda sulla rabbia, la signora afferma che alzare la voce è per lei un modo per sfogarsi per non diventare

pericolosa. Emerge dalla madre quindi una rappresentazione in cui la disciplina è regolata da un comportamento rigido, in cui

c'è ampio spazio per il rimprovero verbale, ma risulta assente la dimensione del dialogo e della condivisione di regole e

comportamenti.

La dimensione di percezione di inefficacia raggiunge punteggi medio-alti. Nel descrivere il terzo aggettivo, "stupisce", la signora

descrive un episodio in cui la bambina ha visto un programma televisivo in cui la bambina ha visto un programma televisivo in

cui due persone si baciavano. La comprensione della scena da parte della bambina non viene immediatamente colta dalla

madre, che si dichiara infastidita dall'episodio e si rammarica per non aver compreso gli effetti di quella visione. Poco dopo la

signora esplicita una preoccupazione per il futuro dicendo che da grande la figlia le darà molti problemi e che lei non sa come si

dovrà comportare. Nella domanda sulle difficoltà sociali la signora cerca di non spiegare alla figlia i probabili motivi per cui è

stata graffiata da altri bambini, ma alla fine del racconto afferma che non è capace di farle capire fino in fondo quello che

intende. La signora racconta di situazioni in cui il suo aiuto è poco efficace, perchè viene percepito dalla figlia in termini

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aggressivi. Nella domanda sull'agitazione del bambino, la signora afferma che gli errore che compie dipendono dal suoi

carattere e dal fatto che non si sente in grado di "andare dietro ai figli". Nella domanda sui dubbi, afferma di cercare di fare un

buon lavoro ma non racconta come lo fa. Non c'è evidenza su come i dubbi vengono trattati, se non con un generico "cerco di

fare il meglio". Infine della domanda relativa alle preoccupazioni sul futuro, la signora mette in evidenza alcune aree

potenzialmente problematiche per la figlia. Poi parla del bullismo ma non risponde a cosa farebbe nel caso del sua figlia ne

diventi vittima.

La dimensione della menzione dalla cura non occupa una posizione centrale nella narrazione, infatti raggiunge un punteggio

medio-basso. E' presente un accenno al fatto che la figlia non si vuole far vestire dalla madre nella parte di descrizione relativa

al primo aggettivo, "affettuosa".

La dimensione del rendimento e dei successi evolutivi ha ricevuto un punteggio basso, di 2, perchè la signora non menziona

cosa la figlia sa fare o non sa fare. Solo nella domanda sulla soddisfazione, dice che la figlia è intellitente e superiore alla media.

La dimensione di base sicura riceve un punteggio bassso. Infatti nelle parole della madre non emerge la sua funzione di base

sicura nei confronti della figlia. Nella domanda sull'agitazione del bambino, la signora Lucia risponde che quando è agitata è

faticoso, ma che cmq alla fine ce la fa. Nel suo discorso sono cmq assenti dettagli relativi all'episodio specifico: la signora non

dice nulla sulla ricerca di vicinanza da parte della bambina e non spiega come lei intervenga nel tentativo di alleviare lo

sconforto della figlia. Al contrario è la bambina a intepretare il disagio e il malessere della madre e a cercare un modo per

tranquillizzarla. Anche la descrizione dell'esito finale è privo di dettagli che permettano al lettore di farsi un'idea precisa della

situazione. Nelle separazioni la signora sembra non rendersi conto dei bisogni emotivi della figlia e non riporta strategie

efficaci per rispondere ai bisogni della figlia che vengono minimizzati.

Le due dimensioni di assunzione della prospettiva altrui e propria ricevono un punteggio medio-basso. La signora Lucia non

sembra capace di assumere il punto di vista mentale della bambina e nemmeno il proprio. In poche occasioni riesce a dare un

nome ai sentimenti che la figlia prova, altre volte utilizza una descrizione fisica per rispondere alla domanda sugli stati d'animo.

Anche nel descrivere i propri stati d'animo, la signora esprime difficoltà. Questo è evidente nelle domande sul non accordo,

dove utilizza un'espressione fisica, "mi indurisco", o nella domanda sul comportamentos corretto, in cui parla in terza persona.

La dimensione dell'ipercoinvolgimento riceve un punteggio elevato. Nella descrizione relativa al secondo aggettivo, si nota che

la signora racconta di un contatto fisico esagerato con la figlia. Nella domanda sul bisogno, la signora racconta di quando suo

padre ha avuto bisogno di lei e lei si è sentita a sua volta vulnerabile e bisognosa. Le emozioni provate si traducono nel

desiderio e nel bisogno di stare con la figlia. La signora fferma che in quel periodo aveva bisogno di qualcuno che la distraesse,

e quel qualcuno viene ora identificato nella figlia, descritta come "cosa positiva". La signora poi riporta un episodio in cui è la

figlia a rendersi conto di bisogno di cura della madre. Non si può parlare a questo proposito di inversione dei ruoli, ma emerge

cmq un alto grado di confusione.

La dimensione di neutralizzazione riceve un punteggio medio-alto. Nella narrazione ci sono episodi relativi alla relazione, ma

mancano quasi sempre i particolari degli episodi narrati e una adeguata presentazione dei sentimenti connessi. Quando alla

signora si chiede un episodio di non accordo, la signora prima afferma di non ricordare, poi risponde fornendo una descrizione

generica e priva di particolari. Anche nella domanda sul comportamento scorretto, l'episodio viene descritto, anche se in

maniera superficiale, ma subito dopo la signora sposta il discorso su altri aspetti.

La dimensione della rabbia raggiunge un punteggio elevato. Ci sono indicazioni in molte parti della narrazione. Nel primo

aggettivo, descrive la relazione come affettuosa, ma poi descrive la figlia come odiosa. Poi la figlia è descritta come streghetta

e in altri punti la signora parla di scatti di rabbia. La signora parla poi della necessità di alzare la voce per non diventare più

pericolosa.

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La dimensione di affetto positivo raggiunge un punteggio medio-basso. Anche se ci sono evidenze di una rappresentazione

anche positiva della relazione, le descrizioni sono poco circostanziate. Quando la signora descrive la relazione come affettuosa

non fornisce altri dettagli, anzi cambia il tono della voce parlando di un episodio negativo. Il tono positivo è accennato nella

domanda sull'accordo, quando la signora dice che la figlia è contenta perchè può fare quello che vuole.

Le dimensioni della colpa e della preoccupazione verso il futuro hanno punteggi bassi. Emergono infatti evidenze di queste

dimensioni solo nelle due domande relative alla aree in questione. Per la colpa il racconto della signora si focalizza sul suo

senso di colpa verso il primo figlio, generato dalla nascita e dalla presenza della secondogenita. Rispetto al futuro, la signora

descrive un'area in particolare, la relazione con gli altri, in cui ritiene che Anna potrebbe incontrare dei problemi, non per

difficoltà di natura sociale che riguardano la bambina, ma per aspetti legati all'ambiente, in particolare al bullismo.

La dimensione di dolore e peso è stata codificata con un livello medio. Sembra emergere un moderato livello di malessere e di

sofferenza rispetto al proprio tuolo genitoriala, espresso in termini trasversali lungo tutto il trascritto.

La coerenza globale infine è di livello basso, dal momento che gli esempi specifici mancano di dettagli e la signora tende a

usare il soggetto impersonale in molte occasioni e quando tratta argomenti di natura negativa relativi alla relazione. Nel

parlare fa molte pause, spesso non finisce la frase o cambia argomento. Quindi il suo discorso è difficile da seguire.

CAPITOLO 6 - Le rappresentazioni della reazione alla diagnosi

Nel 6° capitolo sono state presentate tre RDI, somministrate a madri di bambini di età compresa tra 4 e 11 anni.

INTERVISTA DI MARCELLA

E' la mamma di Davide, un bambino di 5 anni e 9 mesi affetto da sindrome di Asperger.

In questa intervista di ritrovano una serie di indicatori di risoluzione della diagnosi, che definiscono tale intervista come

classificabile all'interno del pattern Risolto rispetto alla diagnosi. Nel cordo dell'intervista, gli indicatori di risoluzione

maggiormente pregnanti sono il riconoscimento di cambiamenti avvenuti nel tempo e il riorientamento nel presente e nel

futuro. Sono presenti anche gli indicatori di una rappresentazione accurata delle abilità del bambino e la sospensione della

ricerca della malattia del figlio.

L'indicatore di riconoscimento dei cambiamenti avvenuti nel tempo è presente già nella risposta alla prima domanda, quando

Marcella sottolinea i profondi miglioramenti del figlio, avvenuti nel corso del tempo. Nella risposta alla terza domanda la

signora poi sottoline come anche i suoi sentimenti sono cambiati: riposta le oscillazioni dei sentimenti nella fase precedente

alla comunicazione della diagnosti corretta e poi una progressione o una evoluzione dei sentimenti a partire dal momento in

cui ha ricevuto la diagnosi corretta. In un'altra domanda sottolinea cpoi che il figlio sta facendo progressi anche se sa che questi

cambiamenti hanno bisono di tempo e non possono avvenire all'improvviso. Tutti gli aspetti evidenziati si riferiscono alla

dimensione in questione che rappresenta un segnale di risoluzione positiva della diagnosi. Questa dimensione è caratterizzata

dalla consapevolezza da parte del genitore delle difficoltà vissute nel periodo inizaiale e della traumaticità di questi momenti,

ma anche dalla percezione che si siano state modifiche in positivo sia nel bambino che in sè,

L'indicatore di riorientamento è presente in 3 risposte. La signora evidenzia una propensione per un adeguato coping, pensa di

doversi rivolgere a qualcuno con esperienza e quindi a dei professionisti che possano aiutarla a comprendere la situazione e il

problema, al fine di definire cosa è necessario fare per il bambino. Quando parla dell'evoluzione dei sentimenti, sottolinea

come una volta ricevuta la diagnosi, ha cercato di riorientarsi nel presente e sopratutto nel futuro, alla ricerca di un percorso

Page 20: IL FIGLIO NELLA MENTE DELLA MADRE CAPITOLO 1 -LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI DELLA RELAZIONE GENITORE-FIGLIO

che potesse essere utile per il bambino. Troviamo un ulteriore accenno al riorientamento nell'ultima domanda, quando la

signora sottolinea che non è molto interessata a scoprire le cause della malattia, la lo è sulle azioni concrete da svolgere.

L'indicatore di sospensione della ricerca di una ragione della malattia o della disabilità è presente nella risposta all'ultima

domanda dell'intervista, dove Marcella non sembra coinvolta attivamente nel momento presente della ricerca di una ragione o

causa della malattia, quanto sull'azione e sulla sua capacità di affrontare la situazione attuale nel modo migliore.

L'indicatore di rappresentazione accurata delle abilità del bambino si ritrova nelle risposte alla prima e alla quarta domanda.

Marcella prima sembra cogliere in maniera adeguata e caccurata le difficoltà di Davide, e dopo quando parla del momento

della diagnosi, offre un quadro realistico del figlio, con le sue potenzialità e con le sue difficoltà.

E' evidente quindi come l'intervista di Marcella possa essere classificata come risolta rispetto alla diagnosi. Bisogna evidenziare

come in questa intervista non si rilevano particolari indicatori di mancata risoluzione della diagnosi. E' utile poi sottolineare

come non siano presenti ne rabbià ne sensi di colpa.

INTERVISTA DI MIRELLA

E' la mamma udente di Filippo, un bambino di 11 anni e 8 mesi affetto da sordità sin dalla nascita, con impianti auricolari

esterni e che segue un percorso di riabiliatazione orale. Gli indicatori di mancata risoluzione della diagnosi classificano questa

intervista nel pattern Non Risolto.

Un primo aspetto che colpisce è la situazione di blocco nel passato, già nell'esperienza traumatica della nascita pretermine del

figlio. Nella risposta alla prima domanda e cioè su quando la signora aveva realizzato i problemi di sordità del figlio, emerge un

blocco cognitivo-emotivo: Mirella ricorda i suoi comportamenti, il sentimento di invidia provato verso le altre mamme, un

sentimento che pare ancora presente, sopratutto a causa del discorso diretto che Mirella usa e dei tempi coniugati al presente;

il sentimento della rabbia per ciò che ha vissuto, il sentimento di inadeguatezza. Questo indicatore di blocco nel bassato

emerge anche quando descrive i suoi sentimenti attuali come caratterizzati da rabbia verso i medici, colpevoli di non aver

effettuato una diagnosi tempestiva, e da sensi di colpa per non aver insistito per ricevere una diagnosi. Quindi la signora

sembra bloccata a questo passato, non sembra possibile per lei procedente nel tempo.

Un secondo aspetto è un certo livello di confusione. In molti punti dell'intervista si riscontrano elementi di incoerenza,

disorientamento, confusione, che rendono difficile comprendere la storia. Ad esempio la signora, anche sottolineando un

sentimento di rabbia, sostiene di essere felice e che la sofferenza l'ha cambiata positivamente. Contraddizioni escono anche

nella risposta alla terza domanda relativa ai sentimenti, quando Mirella afferma di non provare più sentimenti di rabbia,

quando invece nella domanda precedente riferisce di marcati sentimenti di rabbia verso i medici.

Un altro indicatore di mancata risoluzioen della diagnosi è il diniego dell'impatto della diagnosi sul sè. Mirella minimizza non

solo la diagnosi ma sopratutto non sembra emergere in modo completo l'impatto emotivo relativo alla diagnosi, infatti non

compaiono sentimenti come dolore e sofferenza, ma solo rabbia.

L'indicatore di evitamento dell'esperienza della diagnosi si ritrova sopratutto nella risposta alla quarta domanda, quando, nel

descrivere il momento della diagnosi, Mirella non ricorda molti particolare, come il nome del dottore. La sua descrizione risulta

povera di dettagli e prima di sentimenti.

Un ultimo indicatore si ritrova nell'ultima domanda, quando emerge come Mirella sia ancora coinvolta nella ricerca attiva di

una ragione della diagnosi. Il suo senso di colpa, collegato alle decisioni prese in gravidanza, è ancora attivo e si manifesta nella

ricerca di una comprensione diversa della malattia del figlio, che possa alleggerire sopratutto il suo peso, il suo malessere, la

sua sofferenza.

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Quindi, emerge che l'intervista rientra nel Non Risolto. Gli elementi evidenziati descrivono sentimenti di rabbia e di colpa, che

non solo impediscono a Mirella di leggere in maniera accurata il presente, ma minano anche le possibilità di compiere scelte

future appropriate sia per se che per il figlio.

INTERVISTA DI ISABELLA

E' la mamma udente di Giacomo, di 4 anni e 2 mesi affetto da sordità dalla nascita e da un disturbo del linguaggio. Utilizza

strumenti auricolari esterni e segue un percorso di riabilitazione orale.

Nell'intervista si ritrovano una serie di indicatori di mancata risoluzione della diagnosi. Quello più marcato è relativo alla

distorsione della realtà. In tutte le risposte, la mamdre nega o distorce la realtà della diagnosi. Sostiene di non essere dello

stesso parere del marito che aveva notato già nei primi sei mesi dei problemi uditivi. Lei invece afferma che il bambino è

troppo piccolo per il gioco proposto dal padre, inoltre richiama l'attenzione sul fatto che i primi screening preventivi diagnostici

non hanno riscontrato alcun problema in relazione alla capacità uditiva di Giacomo. Anche nella seconda domanda, vi è la

negazione dell'esistenza di un problema uditivo e la ricerca di differenti ragioni, come la presenza di catarro nelle orecchie o

uno sviluppo tardivo. La mancata accettazione della diagnosi si ritrova anche nelle risposte alla terza e alla quarta domanda

relative alle reazioni nel momento dell'apprendimento della diagnosi, in cui ancora una volta la signora nega i risultati e parla di

diagnosi errata.

Un altro indicatore è il diniego dell'impatto della diagnosi sul sè. Nella risposta alla domanda sui sentimenti, Isabella non

sembra essere intaccata a livello emotivo dai segnali problematici di Giacomo. I sentimenti riportati sono positivi, infatti la

signora è tranquilla, tranne un limitato sentimento di rabbia dovuto all'incompetenza dei medici nel formulare una diagnosi

corretta.

Un altro elemento di mancata risoluzione è relativo alla continua e attiva ricerca per le ragioni della malattia. Isabella non

accetta la diagnosi e risulta coinvolta nella ricerca di una ragione diversa per i problemi del figlio. Questo emerge quando la

signora sottolinea la sua volontà di continuare ad approfondire la questione attraverso altri consulti specialistici.

Nella 4a domanda, relativa al momento di conoscenza della diagnosi, emergono altri 2 indicatori. Si ritrovano elementi di

confusione, infatti Isabella non è in grado di spiegare in maniera chiara il percorso fatto per ottenere la diagnosi. E poi, nel

ricordare il momento di consegna della diagnosi, si rintraccia anche un certo grado di evitamento. Anche se ricorda

perfettamente alcuni dettagli, non riporta per niente le emozioni provate. Il suo racconto risulta privo di sentimenti. Emerge

solo stanchezza e affaticamento, legate a una giornata particolarmente stressante, dal punto di vista fisico e non emotivo.

Durante l'intervista emergono poi sentimenti positivi, ad esclusione del senso di irritazione nei confronti dei medici. Non

emergono mai sentimenti negativi di preoccupazione, ansia o dolore.

Quindi possiamo concludere che l'intervista di Isabella debba essere codificata come Non Risolta rispetto alla diagnosi. Infatti la

madre è talmente impegnata nella negazione della diagnosi da non riuscire a cogliere la realtà. Questo non le consente di

sviluppare una rappresentazione mentale adeguata del bambino e delle sue caratteristiche, e non le permette nemmeno di

identificare un percorso di cura appropriato.