Pentateuco e libri storici. Appunti di introduzione 2012-13 1 Introduzione al corso "Antico Testamento/Pentateuco" Anno Acc. 2012-13 Appunti sulle lezioni introduttive Il corso AT/Pentateuco È richiesta la lettura previa dei libri del Pentateuco dalla traduzione CEI. La conoscenza del contenuto di questi libri, sarà considerata già acquisita durante le lezioni. Bisognerà anche scegliere un volume di "Storia di Israele", argomento affrontato solo occasionalmente durante il corso. È bene sapere che l'argomento (storia di Israele), sarà anche oggetto di esame. Non posso indicare un unico volume come manuale per il corso di Pentateuco, diventa perciò necessaria la presenza alle lezioni. Per l'esame sarà richiesto: - Lo studio di uno dei libri di "Storia di Israele" indicati durante il corso; - Lo studio dell'introduzione e degli approfondimenti esegetico-teologici proposti in classe (ho già indicato alcuni possibili riferimenti bibliografici sui fogli del "programma") - La lettura dei testi o degli studi esplicitamente indicati durante le lezioni. Per il nostro corso potremmo seguire diversi approcci alla materia. La via della tradizione: il racconto biblico letto come inizio della storia salvifica. Molte questioni nate negli ultimi secoli di approfondimento, ci sfuggirebbero, o ci terrebbero impegnati tanto a lungo da interrompere ben presto il nostro percorso (per esempio la storicità di racconti come i primi undici capitoli della Genesi); La via monografica: un libro del pentateuco da analizzare nel dettaglio evitando di prolungarci su questioni introduttive, scegliendo inoltre un taglio specifico nella lettura del testo. Ma questa via, che pure presenta il grande vantaggio dell'approfondimento, lascerebbe fuori questioni estremamente importanti per chi studia la Sacra Scrittura come Rivelazione divina alla base dell'edificio teologico e della vita cristiana. La nostra scelta: scegliamo un'impostazione classica che passerà da una introduzione generale a premesse ermeneutiche a saggi di esegesi e di teologia biblica. Se solo si prova ad osservare il panorama che fa da sfondo ai libri biblici, pur limitandolo ai soli primi cinque libri, si nota la quantità di considerazioni previe e di conoscenze scientifiche necessarie per compiere una lettura almeno corretta dei testi. Né si può pensare di approfondire ciascun ambito in maniera specialistica come pure non si potrà per questo rinunciare del tutto all'impresa, almeno per rendersi conto delle diverse problematiche di cui tener conto.
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Il corso AT/Pentateuco - pftim.it · Pentateuco/Torah, tradizione greca e tradizione ebraica; tradizione ebraica e tradizione cristiana. Cosa è il Pentateuco, come si colloca all'interno
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Pentateuco e libri storici. Appunti di introduzione 2012-13
1
Introduzione al corso "Antico Testamento/Pentateuco"
Anno Acc. 2012-13
Appunti sulle lezioni introduttive
Il corso AT/Pentateuco
È richiesta la lettura previa dei libri del Pentateuco dalla traduzione CEI. La conoscenza
del contenuto di questi libri, sarà considerata già acquisita durante le lezioni.
Bisognerà anche scegliere un volume di "Storia di Israele", argomento affrontato solo
occasionalmente durante il corso. È bene sapere che l'argomento (storia di Israele), sarà anche
oggetto di esame.
Non posso indicare un unico volume come manuale per il corso di Pentateuco, diventa
perciò necessaria la presenza alle lezioni.
Per l'esame sarà richiesto:
- Lo studio di uno dei libri di "Storia di Israele" indicati durante il corso;
- Lo studio dell'introduzione e degli approfondimenti esegetico-teologici proposti in
classe (ho già indicato alcuni possibili riferimenti bibliografici sui fogli del "programma")
- La lettura dei testi o degli studi esplicitamente indicati durante le lezioni.
Per il nostro corso potremmo seguire diversi approcci alla materia.
La via della tradizione: il racconto biblico letto come inizio della storia salvifica. Molte
questioni nate negli ultimi secoli di approfondimento, ci sfuggirebbero, o ci terrebbero
impegnati tanto a lungo da interrompere ben presto il nostro percorso (per esempio la storicità
di racconti come i primi undici capitoli della Genesi);
La via monografica: un libro del pentateuco da analizzare nel dettaglio evitando di
prolungarci su questioni introduttive, scegliendo inoltre un taglio specifico nella lettura del
testo. Ma questa via, che pure presenta il grande vantaggio dell'approfondimento, lascerebbe
fuori questioni estremamente importanti per chi studia la Sacra Scrittura come Rivelazione
divina alla base dell'edificio teologico e della vita cristiana.
La nostra scelta: scegliamo un'impostazione classica che passerà da una introduzione
generale a premesse ermeneutiche a saggi di esegesi e di teologia biblica.
Se solo si prova ad osservare il panorama che fa da sfondo ai libri biblici, pur
limitandolo ai soli primi cinque libri, si nota la quantità di considerazioni previe e di
conoscenze scientifiche necessarie per compiere una lettura almeno corretta dei testi. Né si
può pensare di approfondire ciascun ambito in maniera specialistica come pure non si potrà
per questo rinunciare del tutto all'impresa, almeno per rendersi conto delle diverse
problematiche di cui tener conto.
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Molteplicità di approcci allo studio dell'AT
Se è evidente che lo studio della Bibbia in una Facoltà Teologica non è lo stesso che si
può fare in una facoltà di letteratura antica, è altrettanto evidente (cfr. Introduzione generale
alla Sacra Scrittura) che non si possono ignorare quelle questioni che hanno a che fare con il
Pentateuco in quanto frutto dell'attività umana, perciò condizionata nel tempo e nello spazio.
Si pone così la necessità di considerare problemi che vanno dalla composizione letteraria dei
nostri testi, alla storia della composizione del testo, alle epoche storiche di cui essi parlano, al
contesto storico-geografico in cui questi testi nacquero, alle influenze letterarie con altri scritti
Si nota, rispetto all'evoluzione Hegeliana verso lo spirito assoluto, una sorta di
involuzione finale, verso la sclerotizzazione e la decadenza. Si nota altresì una predilezione
del periodo antico rispetto a quello più recente, in linea con il romanticismo tedesco ereditato,
in questo, anche da autori come Alt, Noth, von Rad.
Sviluppi della teoria di Graf-Wellhausen
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Un primo problema tra gli studiosi che accolgono la teoria, è quello della datazione
delle fonti. Per J le datazioni oscillano tra il X e il VII sec.; per E tra il 900 e il 700; per P
durante o dopo l'esilio.
Un secondo problema riguardava l'individuazione e quindi l'estensione delle fonti.
Un terzo problema, più ampio, fu relativo all'origine e alle caratteristiche delle fonti.
Inizia un processo di distinzione all'interno stesso dei documenti per individuare le fonti
originarie, gli sviluppi successivi e le redazioni finali.
I tentativi di riconoscere all'interno della stessa fonte gli strati più antichi, le successive
redazioni... (cosa che già Wellhausen aveva introdotto con il suo J1,J2, J3 ecc.) costituiranno
l'occupazione di tutti quei critici, la maggioranza, che riterranno sostanzialmente valida la
sistemazione wellhausiana come punto di partenza per successive limature della teoria
documentaria. Di fatto, questo tipo di ricerca porterà ad una sorta di dissezione dei testi con
un numero non precisabile di proposte alternative. Si entra in un impasse che mostra il limite
vero della cosiddetta teoria wellhausiana: non è possibile risolvere definitivamente quei
tentativi di classificazione sulla sola teoria letteraria delle fonti. Per quanto riguarda il
problema dell'estensione (soprattutto di JE e di P), sempre più diffusa fu l'opinione che tale
lavoro comprendesse anche la storia della conquista, una conclusione peraltro logica alla
lunga storia esodica del Pentateuco. Si parlerà così di Esateuco. Ma anche qui i pareri non
furono unanimi: vi fu chi intravide le due fonti anche in Giudici (dunque: Eptateuco), o fino a
Samuele (Ottateuco) o al libro dei Re (Enneateuco, per es. Hölsher, nel 1952).
Gunkel e la "Formgeschichte"
L'aiuto ad uscire dall'impasse, come si diceva, doveva giungere dall'esterno.
Già contemporaneamente al lavoro di Wellhausen, altri studiosi studiavano per altri
versi, l'origine della Bibbia. In particolare quegli autori che formarono la cosiddetta scuola
della "Religionsgeschichte" (Wolf Graf Baudissin /1874-1927/, Albert Eichhorn /1856-1926/,
Hermann Gunkel /1862-1932/ e Hugo Gressmann /1877-1927/). Bisogna andare al di là della
determinazione delle fonti letterarie dei testi biblici, arrivare fino alle tradizioni, alle idee, alle
radici sociologiche religiose e culturali, lo studio del contesto. Contrariamente ai
"panbabilonisti" che nel confronto con il mondo del medioriente antico vedevano
nell'ebraismo un semplice sottoprodotto , di qualità inferiore, della civiltà babilonese,, gli
sutori sopra citati intendevano retrocedere nella ricerca, dalle fonti letterarie al contesto
storico in cui si erano formate, fino ad individuarne i nuclei primitivi. Gunkel fu precisamente
colui che riuscì a trasferire le idee della Religionsgeschichte agli studi di Antico Testamento.
Il processo all'indietro è sostanzialmente possibile giacchè le singole forme letterarie non sono
individuali, ma costituiscono forme tipiche. Definendo bene le diverse forme letterarie
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attraverso elementi linguistici, di contenuto ecc. è possibile individuare un determinato
genere, una forma tipica. Applicando le sue intuizioni alla Genesi e ai Salmi, Gunkel fonda la
scuola della "storia delle forme". Proprio nell'introduzione alla Genesi, il grande studioso
espone il suo programma: «La Genesi è una raccolta di leggende» indicando, con queste
parole certo forti (III ed. di Genesi, nel 1910) che gli Autori delle fonti del Pentateuco sono in
realtà raccoglitori di racconti che provengono da cicli di leggende e di tradizioni orali.
Con il suo approccio nuovo Gunkel pone due questioni nuove rispetto a Wellhausen:
1. La questione della storia preletteraria del Pentateuco e del ruolo della tradizione orale;
2. La questione del radicamento delle tradizioni, il cosiddetto Sitz im Leben, con
l'individuazione dei diversi contesti sociali e storici. Per la maggior parte delle leggende della
Genesi, bisogna pensare alle riunioni serali delle famiglie antiche intorno al fuoco. Adulti, e
soprattutto bambini, ascoltavano intensamente gli anziani che raccontavano storie sull'alba del
mondo. Il lettore odierno si unisce a quel gruppo di ascoltatori, tendendo con essi l'orecchio.
Così le domande, nello studio dei testi, diventano: chi parla? A chi? In quali circostanze
storiche, politiche, sociali, religiose? Le stesse domande vanno poste non solo alle fonti, ma
ad ogni stadio di raccolta successiva e rielaborazione di quelle fonti in redazioni successive.
Così, per quanto riguarda le Genesi, Gunkel ritiene che punto di partenza furono racconti
isolati, leggende che circolavano in diversi contesti familiari. Raccolte e narrate da narratori di
tipo più "professionale", cominciarono a formare delle unità maggiori, cicli di leggende che
poi saranno collegate tra loro. L'incoerenza, le ripetizioni ecc. che spinsero a formulare le
ipotesi di elaborazioni di documenti, si giustificano, ancor più semplicemente in questa
varietà di provenienza delle singole "leggende". Se Gunkel non contesta la teoria
Wellhausiana, non sembra nemmeno che essa abbia un ruolo necessario di supporto alle sue
tesi. Infatti J, E, P, per Gunkel non sono personalità individuali, ma piuttosto "scuole di
narratori". Per il libro dell'Esodo il lavoro di Gunkel sarà continuato da Gressmann, Moses
und seine Zeit, Göttingen 1913.
Anche se non fu considerata particolarmente, in questi studi, il problema della storia di
Israele (interessavano più le situazioni tipiche che quelle specifiche, queste teorie ebbero
riflessia anche sugli studi storici. L'interesse alle epoche più antiche, pre-monarchiche,
coinvolse gli studiosi di storia. Così, verso gli anni 30, Albrecht Alt (1883-1956) e Martin
Noth (1902-1968) si occuparono particolarmente dell'epoca pre-monarchica.
Alt identifica il dio di cui parlano i patriarchi, con quelle divinità venerate
particolarmente nei clan nomadici. Un dio che non ha nome proprio, ma è designato come il
dio di... e il nome dell'avo a cui si rivelò per primo. La Genesi porta dunque le tracce di una
religiosità pre-israelitica. I patriarchi, eroi folcloristici del passato, diventano i fondatori del
culto e per conseguenza «personaggi storici della preistoria d'Israele». Così gli avvenimenti
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esodici e l'installazione in Canaan si iscrivono come processo di sedentarizzazione, in un
contesto "storico".
M.Noth, più reticente rispetto all'Esodo e a Mosè, ricostruisce il "sistema delle dodici
tribù di Israele" e l'ufficio dei "giudici", le istituzioni premonarchiche. La lega sacra delle
tribù, sul modello delle anfizionie greche, fornisce il quadro storico in cui rintracciare l'origine
di Israele.
W.F.Albright e i suoi allievi, contribuirono non poco, con le loro ricerche archeologiche,
a consolidare il clima di fiducia nel rintracciare le origini più lontane di Israele.
Avvenne un ri-orientamento degli studi sull'Israele antico che conferiva interesse nuovo
alla storia pre-monarchica di Israele.
Studi relativi al materiale legislativo avevano condotto a collocare in epoca preesilica
molto del materiale legislativo. Per il decalogo, o per un decalogo primitivo, si intravedeva la
effettiva possibilità di un collegamento a Mosé. Insomma la legge diventa, dopo tutti questi
studi, una componente riconosciuta come antica, nel materiale del Pentateuco, all'opposto
della proposta wellhausiana.
A parte la questione storica, le posizioni degli autori sopra indicati, portarono alla
formulazione di nuovi contributi sullo studio del Pentateuco.
I contributi maggiori di M.Noth, possono essere riassunti in tre punti principali:
a. Nel suo libro su Giosué lo studioso non riscontra l'esistenza delle fonti JEP. D'altra
parte l'impostazione stessa di quelle fonti, lascia supporre che si concludessero con la storia
dell'ingresso in Canaan. Dunque quella parte dovette essere soppressa per far spazio all'attuale
storia della conquista. L'esateuco, di cui parlava Wellhausen, ridiventa Pentateuco, anzi,
«Tetrateuco». Il Deuteronomio infatti, ad eccezione del cap. 34, fu attaccato alla storia
precedente, solo da quando l'opera storiografica deuteronomista (DtrG, da Dt a 2Re), scoperta
da lui stesso, è stata attaccata al Pentateuco.
b. P, al contrario di quanto detto sino ad allora, per Noth è una fonte piuttosto narrativa
che legislativa.
c. Come Gunkel, Noth (Überlieferunsgeschichte des Pentateuch, 1948) punta la sua
attenzione sugli stadi preletterari delle tradizioni del Pentateuco, ma diversamente da quegli,
che si occupò delle piccole unità alla base delle tradizioni, Noth intese studiarne il divenire
fino alla forma letteraria. Tutte le tradizioni del Pentateuco, secondo Noth, s'iscrivono in una
prospettiva decisamente pan-israelitica, il che significa che queste tradizioni, nella forma in
cui ci sono accessibili, presuppongono l'esistenza dell'entità storica di Israele, ovvero la
federazione delle dodici tribù. Si tratta dunque del periodo che va dai "giudici" all'epoca
monarchica, coesistendo sia la tendenza pan-israelitica, che l'autonomia e le istituzioni
confederali tribali. È in quel periodo che si formano le tradizioni, mentre gli autori del
Pentateuco (J, E, P) operano soprattutto una rilettura delle tradizioni già formatesi
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precedentemente. Cosa ha potuto condurre, dallo stadio di tradizioni eterogenee, alla
formazione di tradizioni pan-israelitiche? Rifacendosi a von Rad, Noth individua la prima
concezione di una tradizione pan-israelitica nelle celebrazioni cultuali della lega sacrale
dell'Israele premonarchico. A fare da catalizzatori, alcuni grandi temi, forse contributi di
differenti gruppi. I temi più antichi, intorno ai quali il materiale si va a strutturare, sono la
storia dell'uscito dall'Egitto, e l'ingresso in Canaan. Lateralmente a questi due temi principali,
Noth indica il tema della «promessa fatta ai partriarchi», «la condotta nel viaggio nel deserto»
e «la rivelazione al Sinai». Questi temi, originariamente indipendenti, sono stati collegati tra
loro attraverso itinerari, genealogie e transfert di eroi, in maniera da formare una trama
narrativa continua. Tutto ciò già prima della messa per iscritto.
La sintesi di Noth, insieme ai contributi di Von Rad, si imporrà alla maggioranza degli
studiosi almeno fino agli anni 70 e ne sono un riflesso i commenti, le storie, i testi
comunemente utilizzati nei nostri studi sul Pentateuco. Oggi è proprio questa visione di una
tradizione israelita già costituita in tutti i suoi elementi normativi prima dell'avvento della
monarchia, che viene messa ampiamente in questione.
Gerard von Rad (1901-1971) e M. Noth si sono influenzati reciprocamente.
In Das formgeschichtliche Problem des Hexateuch, 1938, von Rad parte dall'Esateuco
nella sua forma finale per ritrovare la sua origine e le sue caratteristiche originarie. Il «nucleo»
dell'Esateuco è preservato nei "credo storici" di Dt 26,5b-9; Dt 6,20-24; Gs 24,2b-13. Il primo
di questi, il più antico è il «piccolo credo storico». Al centro di questo è l'esodo e il dono del
paese. La storia patriarcale non appare che nel brevissimo ricordo del «padre arameo»
(probabilmente Giacobbe-Israele). Storia delle origini e dono della Legge al Sinai, sono
completamente assenti. Questi credo si svilupparono nel contesto del culto, la festa delle
Settimane e, all'epoca premonarchica, la "festa dell'alleanza di Sichem", che von Rad ritiene
essere la celebrazione annuale dell'anfizionia israelitica. A partire da questi credo e
aggiungendo la tradizione del Sinai, radicata nella festa delle Tende, lo J ha costruito la trama
fondamentale dell'Esateuco. Così, diversamente da Noth, il ruolo delle fonti e particolarmente
di J, torna ad essere fondamentale.
J è più un autore, dunque, che un redattore, come invece per Gunkel. È il primo a dare
alle antiche tradizioni una forma letteraria, aggiungendo del suo. Aggiunge un prologo
(patriarchi) e un prologo al prologo (origini Gn 2-11). Il suo scopo è soprattutto teologico: la
monarchia davidica costituisce il compimento di una volontà divina. il «Kérygma» dello
Yahvista è ben rappresentato nella promessa di Gn 12,1-3. J rappresenta quell'epoca
illuminata che fu l'epoca salomonica «salomonische Aufklärung». E e P fanno la figura dei
parenti poveri di J, rappresentano tendenze retrograde. Studiosi successivi tenteranno di
individuare il kérygma proprio all'elohista (H.W.Wolff) e al sacerdotale (W.Zimmerli).
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Le introduzioni della fine anni ‘60 e anni ‘70 davano l'impressione di un consenso
fondamentale alle principali questioni sulla formazione del Pentateuco (così G.Fohrer,
O.Kaiser, H.Cazelles). In particolare J datata X-IX sec., E fine dell'VIII, D tra la fine dell'VIII
e l'inizio del VI, P tra il VI. e il V. Sulla formazione delle tradizioni si erano imposte le idee di
Noth e di von Rad. Eppure osservando da vicino i lavori esegetici della stessa epoca, si nota
una certa varietà di opinioni circa l'estensione, l'origine, l'intenzione, la datazione e l'ordine
cronologico delle fonti, segno che ad una concordanza di superficie, tra gli studiosi, non
corrispondeva una vera unanimità di sostanza.
I segni di un disaccordo possiamo rintracciarli già a partire dall'epoca di Wellhausen:
J.W.Colenso, per es. insisteva già nel 1865 su una edizione deuteronomista dell'Esateuco, una
posizione che oggi riscuote vivo interesse. Colenso si avvalse di criteri stilistici per mostrare
la presenza della mano deuteronomista in testi tradizionalmente attribuiti a J ed E, come per
es. Gen 15 e 22. Vernes, già nel 1891 considerava il Pentateuco come un prodotto dell'età
postesilica, un programma di restaurazione della comunità giudaica tra il V e il III sec. Altri
contestarono, ben presto, il criterio dei nomi divini come guida per la distinzione delle fonti
(1903 Dahse). A.Klostermann, nel 1893, insisteva che punto di partenza per l'analisi del
Pentateuco doveva essere il Deuteronomio, e non l'opera Jehowista: il Pentateuco è
cristallizzazione di racconti intorno alla legge.
Un problema particolarmente discusso, sin dal principio, è stato quello della fonte
Elhoista. Per questo lo stesso Wellhausen aveva preferito parlare della fonte Jehowista. Dalla
constatazione della difficoltà a rintracciare i frammenti di questa fonte (O.Procksch), alla
conclusione che in realtà non era mai esistita (P.Volz e W.Rudolph). Lo stesso S.Mowinckel,
nel 1964, sosterrà che in effetti E è solo un Jahvista variata.
La scuola scandinava
Un'attenzione particolare va riservata a studiosi non-tedeschi (come la maggioranza di
quelli sin qui richiamati), che svilupparono la ricerca in altre direzioni. Gli esponenti di questa
scuola si ritrovarono su tre principi maggiori:
1. Le tradizioni veterotestamentarie hanno un'origine cultuale;
2. Prima dell'esilio la scrittura non giocava alcun ruolo nella trasmissione delle
tradizioni, tutte trasmesse per via orale;
3. La critica letteraria tradizionale sbaglia nell'occuparsi di tradizioni e redazioni
preesiliche scritte.
La teoria tradizionale dei documenti non può spiegare veramente le incongruenze e le
contraddizioni dei testi con la teoria delle fonti. Essi invece si spiegano a partire dalla
considerazione che differenti tradizioni orali erano state fedelmente conservate fino alla loro
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messa per iscritto (I. Engnell 1945). Lo stesso S.Mowinckel è esponente della scuola
scandinava, benchè su posizioni morbide rispetto alla teoria wellhausiana. Dai tedeschi queste
critiche furono pressochè ignorate, oggi vengono recuperate alcune riflessioni avvenute in
quel contesto.
Crisi della teoria wellhausiana e «Nuova critica»
Ragioni ed effetti delle critiche alla teoria wellhausiana
Riscoperta dell'importanza del fenomeno deuteronomio-deuteronomista (dt-dtr) nel
Pentateuco.
Già Noth a proposito dell'esateuco, segnatamente nei commenti a Esodo e Numeri, aveva
segnalato le caratteristiche dtr del tetrateuco. Ma soprattutto Lothar Perlitt, in La teologia
dell'Alleanza, cercò di dimostrare come i testi dell'AT che parlavano della berit non potevano
essere anteriori al movimento deuteronomico. Molti testi attribuiti a J o ad E venivano così
attribuiti a dtr, con una prospettiva storica del tutto diversa. Molti furono gli interventi di
specialisti in questo senso, fino a L.Rost, W.Richter, e J.Ph.Hyatt, (pubblicazioni negli anni
60) che sostennero che il cosiddetto credo storico di Dt 6; 26; Gs 24, considerato da von Rad
il nucleo del Pentateuco, furono frutto della teologia deuteronomista. Come si vede teologia di
von Rad e teoria wellhausiana furono messe profondamente in crisi già in questi studi.
Messa in questione della ricostruzione della storia premonarchica di Israele.
La ricostruzione dell'Israele premonarchico venne fondata dagli studiosi che accolsero
sostanzialmente la teoria wellhausiana, sull'antichità della fonte J. Mettendo in questione lo
schema, anche la ricostruzione storica viene messa in questione.
a. Il Dio dei padri, di cui aveva parlato Alt, è solo un modo per collegare tra loro i
racconti patriarcali. Riflettono una religiosità postesilica.
b. Le promesse ai patriarchi: reinterpretazione esilica della tradizione patriarcale.
c. L'epoca patriarcale non può essere ricostruita sulla base di racconti che riflettono
piuttosto la situazione della monarchia, qualcuno (Van Seters), ritiene addirittura che
riflettano l'epoca esilica.
d. Installazione a Canaan. Gottwald (The Tribes of Yahweh. A Sociology of Liberated
Israel. 1250-1050 B.C.E., 1979), in particolare, mostrerà come l'allevamento di piccolo
bestiame non indica un tipo di vita nomade, rappresenta piuttosto una attività specializzata
propria ad una popolazione sedentarizzata. Sviluppa così un nuovo modello per spiegare la
formazione, su suolo israelita, di una confederazione di tribù. Si è trattato di un processo
rivoluzionario interno alle tribù cananee: gli abitanti delle regioni montagnose sarebbero
insorti contro le città della pianura detentrici di un potere feudale.
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e. L'anfizionia delle dodici tribù, la nota tesi di M.Noth, fu attaccata su tutti i fronti. In
particolare Hermann, G.Fohrer, R.de Vaux e altri, hanno messo in dubbio la stessa esistenza
di una lega costruita secondo il principio dell'anfizionia.
Dell'Israele premonarchico di cui avevano parlato Alt, Noth, von Rad, rimase ben poco.
Il problema, come si è visto, è strettamente legato a quello delle fonti: con la messa in
questione dell'antichità e della consistenza della fonte J, ogni tentativo di giungere allo sfondo
storico premonarchico, rimane illusorio.
Lo studio sincronico della Bibbia.
Soprattutto con l'esegesi francofona, poi americana, le ricerche strutturaliste (soprattutto
Greimas) influenzeranno gli studi biblici a partire dalla fine degli anni ‘60. Ricordiamo in
particolare due riviste: Semeia e Semiotique et Bible (C.A.D.I.R., Lyon). Oggetto dello studio
è il testo nella sua forma finale, al termine di una evoluzione testuale che non entra in oggetto.
Naturalmente, al di là delle metodologie di tipo sincronico che si apriranno a partire da questi
stimoli, ne troverà beneficio la stessa critica storico-letteraria, utilizzando le osservazioni di
struttura testuale per approfondire la determinazione delle unità testuali (per es N.Lohfink sul
Deuteronomio e J.L.Ska sull'Esodo). Utile è la lettura di un classico dello studio narrativo: -
ALTER R., L'arte della narrativa biblica, Queriniana, Brescia 1990. Accanto a questi stimoli
nuovi, vi è quello di B.S.Childs con la nuova tendenza del "canonical criticism" (Introduction
to the Old Testament as Scripture, Philadelphia 1979): il Pentateuco non può essere compreso
se non a partire dai cinque libri di Mosè nella loro forma canonica.
Sulla formazione del Pentateuco, la prima metà degli anni 70 è caratterizzata da una gran
quantità di posizioni e messe in questione. La teoria wellhausiana messa fortemente in crisi,
ma senza l’alternativa di una teoria altrettanto generale.
Nuovi approcci della critica letteraria
Si tratta di proposte varie, sostenute da differenti studiosi. Sarebbe lungo entrare nei
dettagli. Basti ricordare alcune principali proposte:
- ridimensionamento della fonte Jahvista (Weimar, Zenger, Vermeylen);
-nuova teoria dei complementi con datazioni tardive (Van Seters, Schmitt):
reinterpretazioni successive.
A porre in questione l'insieme della teoria letteraria ricevuta, sarà H.H.Schmid, nel 1976
con la sua opera Der sogennante Jahwist. Lo studioso non propone un sistema alternativo, ma
mette in luce i punti deboli del precedente. Analizzando lo stile, il genere letterario e la
tematica di brani attribuiti normalmente allo J (prende a spunto M.Noth), dimostra che tale
attribuzione risulta impossibile. I testi più importanti attribuiti allo J presuppongono infatti,
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nell'analisi di Schmid, il profetismo dei sec. VIII e VII e si avvicinano alla teologia dtr. Queste
tradizioni attribuite allo J, inoltre, non sono mai presupposti nei testi di provenienza
preesilica, prova eloquente ne è il silenzio dei profeti dell'VIII e del VII secolo. Lo J è da
collocare all'epoca esilica. Ne risulta un rovesciamento della Geistesgeschichte israelita. In
tale concezione i profeti non hanno rivendicato un ritorno al periodo premonarchico (von
Rad), ma hanno messo in questione la religione nazionale e reale nel nome di una concezione
nuova tra Dio e Israele. Solo dopo questa messa in questione profetica della situazione di
Israele, si formano quei racconti sulla creazione, i patriarchi, l'Esodo. J, per Schmid,
contrariamente a von Rad, non è un teologo ben profilato, ma una sigla che indica un processo
redazionale e interpretativo (si avvicina, sotto questo profilo, a Gunkel).
Come si vede, si afferma sempre più l'importanza del dt/dtr. Un allievo di Schmid,
Martin Rose, ha prolungato le osservazioni del maestro, mostrando che i testi cosiddetti
Jahvisti, presuppongono la storia deuteronomista Dtr/G. L'intera narrazione J sarebbe stata
concepita in funzione della storiografia Deuteronomista, ne sarebbe stato il preludio. I
cosiddetti credo storici, del von Rad, sarebbero stati dtr, serviti allo J come modelli per la
composizione del tetrateuco. Si risponde insomma a quel problema sollevato dal M.Noth:
dove erano finiti i racconti della conquista di Canaan scritti dallo J, dal momento che quelli
attuali sono dtr? Rose risponde che in realtà bisogna rovesciare la prospettiva: il Tetrateuco è
stato composto così come è, e non ha mai previsto dei racconti della conquista, poichè è
esattamente per la storia della conquista di Canaan, quindi come preludio a dtr, che quei
racconti sono stati concepiti. La stessa opera di introduzione a Dtr/G sarebbe stata composta
da autori sacerdotali P. In secondo momento le due introduzioni a Dtr/G sarebbero state fuse.
Rolf Rendtorff (Das überlieferungsgeschichtliche Problem des Pentateuh, BZAW 147,
Berlin/New York, 1976) propone, in maniera più radicale, un superamento puro e semplice
della cosiddetta teoria documentaria, ricorrendo piuttosto al recupero di "temi" del
Pentateuco. Le grandi unità che formano il Pentateuco, per es. Gn 1-11; Gn 12-50... vissero
indipendentemente dall'insieme del Pentateuco e conobbero diversi processi redazionali. In
ciascuno di questi complessi, si riconoscono unità più antiche e unità aggiunte, tanto da
allargare le unità, per es. il ciclo di Abramo.
Il modello di BLUM
Discepolo di Rolf Rendtorff ne ha ripreso l’idea fondamentale1 circa un superamento
alquanto radicale della teoria documentaria, ricorrendo piuttosto che alle antiche elaborazioni
teologiche che quella teoria proponeva, al recupero di "temi" del Pentateuco. Le grandi unità
1 Cf. R. RENDTORFF, Das überlieferungsgeschichtliche Problem des Pentateuh, BZAW 147, Berlin/New York 1976.
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che formano il Pentateuco, storia delle origini, storia patriarcale, storia dell’esodo, vissero
indipendentemente e conobbero diversi processi redazionali. In ciascuno di questi complessi,
si riconoscono unità più antiche e unità aggiunte, che nel tempo estesero quelle unità
originarie, come è ben visibile per il ciclo di Abramo. È però solo nell'epoca postesilica, come
mostra il suo discepolo, E. Blum, che le diverse unità, verranno collegate nell'insieme che poi
costituirà il Pentateuco. In particolare Blum sostiene che la formazione del Pentateuco
dipende da due composizioni redazionali di epoca post-esilica: la composizione KD
(composizione Deuteronomistica) e la composizione sacedotale KP (priesterliche
Komposition), osservando peraltro che proprio tra la tradizione patriarcale e quella di Esodo-
Numeri si può constatare una cesura evidente, a conferma delle tesi di Rendtorff, tra la
tradizione patriarcale e quella esodica.2 L’idea di una tradizione indipendente del racconto
dell’uscita dall’Egitto (Es 1-15), alla base delle composizioni redazionali di epoca esilica o
post-esilica, viene comunque sostenuta da diversi studiosi, e con differenze specifiche
(P.Weimar, E.Zenger, E.A.Knauf, R.Albertz; W.Osvald). Su questa ipotesi, che suppone
dunque una fase tradizionale precedente al lavoro redazionale di epoca esilica o post-esilica
lavorano, con posizioni differenziate, diversi studiosi. In particolare E.Blum e E.Otto
sostengono l’esistenza di una “Vita di Mosè” di epoca Neoassira, concentrando l’attenzione
sul VII sec. a.C., un periodo sempre più indicato dagli studiosi come fondamentale per
comprendere la formazione delle tradizioni o se si vuole il contesto in cui si produce un
racconto mitico sulle origini di Israele a partire da antiche storie di fuoriusciti dall’Egitto.3 In
questo caso Mosè avrebbe in realtà costituito l’antitipo del feudatario neoassiro, cosa che
sembrerebbe confermata in particolare dal racconto della sua nascita (Es 2) per molti aspetti
confrontabile con la leggenda della nascita del re Sargon di Akkad risalente all’VIII sec. a.C.
Dunque nella ricostruzione letteraria di Blum le tradizioni su Esodo-Mosè potrebbero risalire
a prima della caduta del regno del nord (722 a.C.) ma solo dopo questa data entreranno a far
parte di un insieme narrativo più ampio che comprende, insieme al racconto dell’uscita, e a
quello della permanenza in Egitto, anche il viaggio nel deserto e il soggiorno al monte di
Dio.4 Sarà poi con il lavoro di KD presacerdotale che il racconto di Mosè-Esodo verranno
elaborati in maniera decisiva estendendosi da Es 1 a Dt 34. Per l’unione con la storia dei
patriarchi egli indica invece la fonte KP, posteriore, ma di non molto, alla redazione KD, il
cui piano ormai si estende dalla creazione di Gn 1 alla morte di Mosè Dt 34. In tale quadro il
2 Cf in particolare E. BLUM, Studien zur Komposition des Pentateuch, BZAW 189, Berlin/New York 1990. 3 Già nell'antichità numerosi autorevoli esegeti e teologi giudei e cristiani, hanno scelto di leggere il testo come “Vita di Mosè”: cfr Giuseppe FLAVIO, Ant. 2,201 - 4,321; Filone; GREGORIO DI NISSA, La vita di Mosè; ma anche, per es. M.BUBER, Mosè. La rivelazione e l'alleanza (1946); SEGRE, Mosè (1975)... Si ricordi anche l’ultima tormentata opera di S. Freud, Mosè e la religione monoteistica, 1930. Particolare, per l’interpretazione che si dà alla vicenda, spesso segnalata dai contemporanei mass-media, è la proposta di rilettura dell’egittologo Jan Assmann, professore di Egittologia all’università di Heidelberg che con il suo Moses the Egyptian. The Memory of Egypt in Western Monotheism, apparso per la prima volta in inglese nel 1997 (trad. It. dal tedesco: Mosè l’egizio, Adelphi, 2000): Il collegamento di Mosè con l’Egitto è ben più profondo di quanto la stessa Bibbia lasci immaginare. In realtà il vero padre del monoteismo fu il faraone Ekhnaton la cui memoria fu condannata dai suoi successori e oppositori all’oblio. Così che mentre Mosè è una figura della memoria ma non della storia, Ekhenaton sarebbe una figura della storia ma non della memoria 4 E. BLUM, Studien…, 216.
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rapporto di Dio con Israele viene collocato nel contesto ben più ampio della storia di Dio con
il creato, il che getta nuova luce, sotto il profilo teologico, sugli stessi avvenimenti della storia
di Israele.5 L’opposizione al faraone è opposizione al caos; la comunione con Israele, suo
popolo, è la comunione che Dio volle sin dalla creazione di Adam. Nello stesso tempo la
comunione di Yhwh con Israele è prolungamento e anzi realizzazione di quanto voluto sin dal
principio con la creazione del mondo e dell’uomo.6
Termine di questo processo compositivo, secondo Blum, è la redazione del Pentateuco
Sacerdotale, nella sua forma definitiva, quella che noi conosciamo, dove testi sacerdotali sono
uniti a testi non-sacerdotali in un processo compositivo che non ricerca l’armonizzazione dei
testi precedenti, ma che ne accetta anche le discontinuità in un complesso sostanzialmente
ibrido. Proprio questa caratteristica porta a ipotizzare un motivo storico contingente per la
composizione del Pentateuco proveniente dall’esterno piuttosto che dall’interno dello stesso
Israele. La spinta decisiva sarebbe cioè giunta dalla prassi imperiale persiana di riconoscere
leggi e regole cultuali locali ai paesi o alle etnie sottomesse. Si tratta della cosiddetta
autorizzazione imperiale, una autorizzazione cioè concessa sulla base di una proposta da parte
giudaica che avrebbe dovuto presentare le caratteristiche di un unico documento riconosciuto
da parte di tutte le componenti (o almeno delle principali) interne al giudaismo. È ciò che
spiegherebbe, stando all’ipotesi di Blum, la composizione “ibrida” del Pentateuco.
Un altro allievo di Rendtorff, Frank Crüsemann (siamo ormai negli anni 80), applicherà
le stesse considerazioni a Gen 2-12. Si tratta di una sorta di nuova ipotesi dei frammenti,
riveduta e corretta. Racconti antichi, talvolta anche molto antichi, uniti successivamente
insieme fino allo sforzo redazionale postesilico che condurrà alla formazione del Pentateuco.
Il modello detto di Münster (Zenger)
Nella proposta di Zenger (intr. AT 157), l’ambiente più propizio in cui collocare la prima
redazione di una storia patriarcale (Gn 12-50) sarebbe quello di Giuda, all’indomani del
disastro del 722 che vide la fine dello stato di Israele (del Nord) sotto i colpi dell’Assiria. In
questo momento critico si spiega bene il filo del discorso storico individuabile nella storia
patriarcale e cioè l’unità ancestrale di Giuda e Israele, dovuta ai comuni progenitori.
L’originaria, comune unità descritta attraverso le storie dei patriarchi fonda la coscienza di un
popolo unico in relazione ai popoli vicini e li distingue da essi.
Nella stessa epoca (VIII sec. a.C.) andrebbe collocata anche la formazione del racconto
dell’esodo dall’Egitto, altra maniera di spiegare l’originaria unità delle dodici tribù di Israele
condotte dal Dio guerriero Jahwh al possesso della Terra.
Il momento della formazione di vere e proprie ricostruzioni della storia del passato di Israele,
va collocato un secolo più tardi, in contrasto con la potenza Assira che domina non solo nel
Nord ma anche in Giuda, sottomessa, con l’eccezione di Gerusalemme. Si tratta dunque di
una letteratura di resistenza che oppone alla condizione attuale di prevalenza dell’Assiria e
5 E. BLUM, Studien…, 288. 6 E. BLUM, Studien…, 332.
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della sua fame conquistatrice, l’identità di un popolo (considerato nella sua totalità Nord e
Sud) e il suo legittimo diritto alla terra. Storia dei Patriarchi e storia dell’Esodo vengono così
unite a formare un unico ininterrotto racconto di origini funzionale alle pretese di identità
nazionale portate avanti da Giosia e dei suoi tentativi di estendere il regno includendo il
territorio del nord (in questo cf la ricostruzione storico archeologica di Finkelstein e Liverani,
pur con le loro differenze). Nasce così, attraverso il processo redazionale che cuce insieme i
diversi cicli narrativi anche attraverso il ricorso alla composizione di testi ponte, il complesso
letterario che va da Gn2 a Gs 24, un “esateuco” che descrive la storia delle origini del popolo
di Israele fino alla conquista della Terra Promessa. Costituisce quella fonte, già delineata da
Wellhausen, che si può definire JE, cioè il frutto della fusione delle tradizioni di Israele con
quelle di Giuda nello specifico contesto della resistenza antiassira, con la differenza che per
Wellhausen si trattava di fusione di fonti scritte, rispettivamente J ed E, e non solo di
tradizioni). Il mito di fondazione dell’Israele del Nord (l’esodo dall’Egitto) viene a formare
parte così di un’unica storia nazionale. Il centro teologico di questo progetto è nella
fondamentale nozione di “alleanza” che lega Israele al suo Dio (monolatria) che fa da
contrasto alla nozione di alleanza che si ritrova nella cultura Assira dove il rapporto è stabilito
tra il popolo (e i popoli vassalli) e il re. Nello stesso contesto della riforma di Giosia, con
origini ancora anteriori rintracciabili già nel contesto del regno di Ezechia (quindi dall’inizio
dell’VIII sec.a.C.), Zenger e la scuola di Münster collocano la composizione graduale del
Deuteronomio inserito definitivamente nel contesto del Pentateuco all’epoca dell’esilio
completando il grande quadro storico che va da Gn 2,4 a 2 Re 25 (Braulik G. ritiene invece
che l’inserimento sia avvenuto già precedentemente, sotto Giosia formando il complesso
narrativo Dt-Gs 21). È dunque nel tempo immediatamente successivo all’esilio che nasce
l’opera storica Deuteronomistica che ingloba la precedente opera JE nel quadro generale di
una descrizione della storia di Israele che va dalle origini (da Gn 2,4) alla caduta di
Gerusalemme (2Re 25) e che inquadra la situazione attuale e le storie precedenti, secondo lo
schema offerto dal centrale libro del Deuteronomio, nella dinamica fedeltà/infedeltà
all’alleanza con Jhwh. Con l’opera storica Deuteronomistica, sotto il profilo dunque della
composizione letteraria è evidente che non si è di fronte ad un Pentateuco, quanto piuttosto ad
un enneateuco, cioè ad una ricostruzione storico teologica che parte dalle origini (Gn 2,4) per
terminare con la caduta di Gerusalemme (2Re 25) comprendente nove “libri”.
In modo indipendente dal lavoro deuteronomistico, nel periodo della ricostruzione del
Tempio (520-515) si venne formando la terza fonte del Pentateuco, la fonte P (da
Priesterschrift) e cioè una descrizione della storia di Israele incentrata non sull’idea teologica
dell’Alleanza, quanto piuttosto sul culto di Jhwh e sulla centralità del tempio di
Gerusalemme. Anche qui si parla di un processo di formazione di cui si distinguono
sostanzialmente due fasi, la prima rispondente ad un abbozzo di storia sacerdotale (PG dove G
sta per Grundschrift, scritto di base) e l’integrazione progressiva con ampliamenti in relazione
al culto (PS dove S sta per Supplementum). Le due diverse opere si presentavano in origine
come concorrenti e alternative tra loro; a questa fase seguì quella della fusione delle due opere
storiche (probabilmente dovuta a Neemia nel contesto della erezione di Giuda a provincia,
dopo il 450 a.C. cf Zenger, introduzione, 162).
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È solo verso il 400 a.C. che verrà distinto, all’interno della grande opera storica che si
presentava come enneateuco (Gn, Es, Lv, Nm, Dt, Gs, Gdc, 1-2 Sam, 1-2Re) un Pentateuco,
come risulta dalla promulgazione fatta da Esdra dei cinque libri come Torah. Ciò richiederà
ancora (e fino all’epoca dei Maccabei) dei ritocchi dovuti in particolare alla mancanza,
nell’attuale struttura del Pentateuco, della conquista della Terra (cf per es. l’integrazione di
questo “arrivo” nella terra promessa con il trasferimento e seppellimento di Giacobbe
dall’Egitto a Canaan).
Il modello sopra esposto, detto di Münster (cf Zenger), riprende come si è visto alcuni aspetti
tipici della teoria documentaria, pur presentando diverse differenze: per J ed E non si può
parlare di documenti ma piuttosto di tradizioni riunite in un documento solo nell’esateuco
dell’epoca di Giosia. Del resto l’idea sembra corrispondere più fortemente proprio all’ipotesi
wellhausiana secondo cui si doveva parlare appunto di un documento JE. Nella teoria
documentaria sviluppata negli anni successivi a Wellhausen si attribuì a J e ad E la
consistenza di veri e propri documenti che riflettevano nel loro diverso ambiente di nascita, le
idee teologiche e politiche nate in periodi antichi della storia dell’Israele antico. Qui invece si
pensa ad essi come composizioni relative a singoli cicli e non a disegni unitari relativi al
quadro della storia di Israele in quanto popolo unitario, scelto da Dio sin dalle origini. È solo
all’opera di D da una parte e di P dall’altra che si attribuisce la paternità di un lavoro letterario
unitario, ispirato realmente ad una concezione teologica centrale (Alleanza per l’uno e Culto
per l’altra).
Per altre posizioni cf. Zenger.
Bilancio
Oggi è difficile sostenere la teoria documentaria nella sua proposizione classica,
wellhausiana, così come i suoi prolungamenti in Gunkel, Noth, von Rad. L'interesse si
concentra sempre più sulla fase della redazione. L'attenzione si concentra soprattutto sul
periodo esilico e postesilico. Non è però possibile riconoscere un consensus comune tra gli
studiosi contemporanei intorno alle questioni di fondo, se non su due punti:
1. La tradizione deuteronomista è diventata il punto di riferimento principale per il
Pentateuco.
2. Vi è convergenza nel riconoscere specificità ai testi detti "sacerdotali". Il disaccordo
rimane nel determinare se P è un'opera letteraria autonoma o solo una fonte redazionale.
Le questioni principali nella ricerca attuale sul Pentateuco:
1. Il Pentateuco si compone di parti legislative e parti storiche. Non a caso
l'interpretazione ebraica e quella cristiana si sono differenziate proprio per l'accentuazione
data all'una o all'altra: per i giudei Torah, Legge, per i cristiani storia. Proprio su questa
dicotomia nel campo dell'interpretazione, c'è forse qualcosa da approfondire anche in
Pentateuco e libri storici. Appunti di introduzione 2012-13
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relazione alla formazione del Pentateuco. Il Pentateuco nasce come insieme di leggi a cui dare
un quadro storico, o come insieme narrativo in cui furono inserite sezioni legislative? In
questo quadro si inserirebbero le risposte di coloro che ritengono tardiva l'origine dell'insieme
narrativo del Pentateuco. Alcuni studiosi pensano al processo compositivo della Torah in
linea con la tradizione giudaica successiva: le sue parti narrative sarebbero nate come
midrashim alle parti legislative antiche.
2. La redazione finale e P
Il problema della redazione finale: si tratta di P o di un redattore diverso? La redazione P
è precedente o posteriore alla redazione dtr?
P è un documento continuo o solamente una fonte redazionale? E se è vera l'ultima
ipotesi, P intende scrivere una storia o introdurre la legge? Oggi molti autori pongono in
questione la datazione esilica, preferendone una postesilica.
3 La redazione finale e dtr
Testi dtr nel Pentateuco sono riconosciuti alquanto frequentemente. Che relazione con la
redazione dtr? Tale redazione è precedente o posteriore alla redazione P?
Il problema dell'origine del Pentateuco.
a. all'origine del Pentateuco così come ci è stato consegnato, esiste un progetto letterario
d'insieme? Interessante, tra le altre, la posizione di Van Seters (The Yahvist as Historian,
conferenza tenuta a Friburgo il primo febbraio 1986): il concetto nasce nello spirito Yahvista
postesilico che, alla maniera dei primi storiografi greci (Hellanikos, Erodoto), è visto come
uno "storiografo intellettuale". Come i suoi cugini greci lo Yahvista forgia una tradizione
nazionale facendo uso di miti e leggende locali, inserendole in un quadro cronologico
complesso che va da un tempo "mitico" ad un tempo "storico". Così il concetto d'origine del
Pentateuco sarebbe, in definitiva, il frutto, secondo Rose, della teologia deuteronomica e,
secondo Van Seters, della riflessione individuale di uno storiografo. Tutto ciò, sia se
concepito da una collettività (Rose) che da un individuo (Van Seters), è comunque da
collocare nel postesilio. Nasce spontanea l'obiezione posta da de Pury: è possibile pensare che
nel Regno di Israele o in quello di Giuda non sia mai nato il bisogno di proporre in una forma
o in un altra il discorso della propria origine? Ciò dovrebbe metterci in guardia dall'attribuire
la prima riflessione globale sulla storia di Israele a un gruppo esilico, e il primo tentativo di
dargli forma narrativa a un gruppo postesilico.
5. Unità maggiori dietro al Pentateuco?
Rendtorff ha tentato di dimostrare che il Pentateuco si componeva di unità maggiori
eterogenee, ciascuna proveniente da un contesto differente e dopo aver percorso ciascuna una
sua storia di trasmissione e redazione. Quali sarebbero queste unità maggiori? Se si percepisce
Pentateuco e libri storici. Appunti di introduzione 2012-13
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con evidenza una rottura tra patriarchi ed Esodo, è più difficile stabilire demarcazioni
all'interno dell'Esodo.
È stato osservato come la maggior parte degli studi sulle fonti del Pentateuco abbiano
preso in considerazione il libro della Genesi. Rendtorff ha osservato, da parte sua, come il
carattere deuteronomico/deuteronomista si riveli più nettamente nei testi da Es a Nm che nella
Genesi. Ci si può domandare, a partire dalle osservazioni sin qui fatte, se Gn 12-35 e Es-Nm
non rappresentino due varianti concorrenti e indipendenti circa l'origine del popolo di Israele.
Os 12 sembra invitare i suoi uditori a scegliere tra le due storie di origine: quella di Giacobbe
(che presenta in maniera negativa) e quella dell'uscita dall'Egitto sotto Mosè, grandemente
valorizzata. La storia patriarcale costituirebbe un primo tentativo di progetto globale
attraverso cui Israele avrebbe tentato di rendere conto della sua identità. Resterebbe da
determinare quando e dove sarebbe nato e si sarebbe sviluppato il progetto totale che ingloba
storia patriarcale e uscita dall'Egitto. In tal senso ha grande importanza il romanzo di
Giuseppe, l'elemento di unione tra le due storie. Alla storia di Giuseppe è andata,
ultimamente, l'attenzione di molti studiosi (Whybray, Ruppert ecc.).
Resta il problema della storia delle unità maggiori. A partire da Gn 12-35, ma anche per
1-11 e per Es -Nm, sembra si affermi comunque l'idea classica della riunione di unità
precedentemente minori: storia di Abramo, storia di Giacobbe ecc.
6. Tradizioni del Pentateuco nelle altre parti dell'AT
È un altro settore su cui va l'attenzione degli studiosi, in particolare verso i profeti.
Rendtorff parla della non trasmissione dei temi del Pentateuco. Molti personaggi e temi sono
assenti nella letteratura preesilica: Abramo, Isacco, Giuseppe, la tradizione del Sinai. Si tratta
però di argumenta e silentio che portano a poco.
7. La tradizione orale
Osea 12 mostra come le tradizioni di Giacobbe e dell'Esodo erano conosciute nell'VIII
sec. a.C.: gli basta farvi allusione. Tali tradizioni dovevano circolare, indipendentemente dallo
loro messa per iscritto.
Sul genere: "Storia di Israele"
Abbiamo visto come lo studio letterario del Pentateuco si è evoluto negli ultimi due
secoli, passando attraverso la grande proposta wellhausiana che ancora oggi costituisce il
punto di partenza per teologie e divulgazioni, e superandola.
Abbiamo pure considerato, naturalmente, la messa in questione, in maniera sempre più
radicale della "storicità" dei libri del Pentateuco, o, per esprimerci meglio, la rilevanza
scientifica delle testimonianze letterarie offerte dal Pentateuco.
Pentateuco e libri storici. Appunti di introduzione 2012-13
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Se questo problema è profondamente connesso con le teorie letterarie, si pensi al Gunkel
e alle sue "leggende" sui patriarchi o alle tendenze più recenti che vedono nell'opera
deuteronomistica la vera mano che sta dietro la composizione dell'intero Pentateuco o
Tetrateuco, vogliamo qui affrontare più da vicino l'argomento specifico della disciplina che va
sotto il nome di "storia di Israele, e delle pubblicazioni di cui disponiamo.
L'argomento non è di secondaria importanza dal momento che parliamo di Rivelazione
Storica, di storia di salvezza. La tradizione cristiana elenca i primi cinque libri della Bibbia,
ricordiamolo, tra i libri storici della Bibbia (cfr. Il Mess. della Salv. 2, pp.15-30).
Non si tratta perciò solo di un interesse esterno, di recuperare un quadro di riferimento
verosimile, ma del riferimento ai fatti narrati e alla loro storicità.
Possiamo così definire gli ambiti a cui facciamo normalmente riferimento e che talvolta
confondiamo: la storia che interessa la composizione dei libri biblici, l'ambientazione cioè
della composizione dei libri (secondo la teoria documentaria dal X al V sec. a.C.) e la storia o
le storie raccontate in quei libri (dalla creazione del mondo al XIII sec. a.C.
Da oltre un secolo le conoscenze sul mondo del Vicino Oriente Antico, grazie alle
scoperte archeologiche, è molto progredita. Si tratta del mondo in cui ebbe origine la civiltà
occidentale.
URUK, antichissima città dell'Iraq meridionale è stato uno dei siti archeologici che ha
dato maggiori soddisfazioni agli studiosi, riportandoci a quell'ambiente antico (3.000 a.C.) in
cui la nostra civiltà imparò a scrivere, a edificare città, ad organizzare uno stato. Più di 5.000
anni fa!
Ma in generale su queste antiche civiltà orientali restano molte lacune.
La "storia di Israele" si presenta come un genere letterario moderno, nato in Germania
nel secolo scorso dall'incontro dello storicismo con la teologia.
Ricordiamo in particolare la Geschichte des Volkes Israel di H.A.Ewald (1843-1868) e
l'opera del Kittel, con lo stesso titolo (1888). Le opere dedicate alla storia di Israele nascevano
con un'impronta fortemente teologica da cui cercarono di liberarsi autori come J.Wellhausen
(Geschichte Israels 1881) e B.Stade (Geschichte des Volkes Israel 1887-8).
UN autore che diede un impulso nuovo alla ricerca storica su Israle fu senza dubbio il
già citato M. Noth con la sua Geschichte Israels del 1950 pubblicato in italiano dalla Paideia
nel 1975. SI ricorderà la sua intuizione di fondo: la teoria dell'anfizionia e la nascita di Israele,
come popolo, all'indomani dello stanziamento in Canaan. Anche questa storia risente molto
della prospettiva teologica dello studio biblico.
Con un impianto di tipo classico, dai patriarchi ad Alessandro Magno, veniva pubblicata
più tardi la Geschichte Israels in alttestamentlichen Zeit, 1973 (trad. it. Queriniana Brescia
1977).
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Con una ampiezza ancora maggiore la storia di G.Fohrer, Geschichte Israels. Von den
Anfängen bis zu Gegenwart, 1977 (trad. Paideia, Brescia 1980): arriva fino alla visita di Sadat
a Gerusalemme nel 1977.
In tutti questi testi citati sopra il dato biblico, anche se riconosciuto frutto di elaborazioni
teologiche e letterarie viene considerato, in diversa misura, testimonianza che tutto sommato
riporta un contenuto storico da riconoscere di volta in volta alla luce del contesto del Vicino
Oriente e dei fenomeni che lì si verificarono.
Giovanni Garbini, studioso italiano, ne fa una critica severissima nel suo Storia e