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Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

Feb 23, 2023

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Gianluigi Cosi

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Novembre 2013

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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IndiceIndiceIndiceIndice

1 Vita e opere ................................................................................................................................. 3

2 Il contributo teorico allo studio della personalità ....................................................................... 7

2.1 La lista di Allport e Odbert ................................................................................................. 8

2.2 La riduzione semantica ....................................................................................................... 9

2.3 Il clustering empirico ........................................................................................................ 11

2.4 Le revisioni successive e la teoria dei 16 fattori ............................................................... 12

2.5 La struttura del 16PF Questionnaire ................................................................................. 13

2.6 Critiche al metodo e alla teoria di Cattell ......................................................................... 15

3 Il contributo teorico allo studio dell’intelligenza ...................................................................... 16

3.1 Intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata ................................................................. 16

3.2 Il test Culture Fair ............................................................................................................. 17

3.3 Il modello Gf-Gc .............................................................................................................. 19

4 I contributi di ricerca recenti .................................................................................................... 20

4.1 Dai 16 fattori di Cattell ai Big Five .................................................................................. 20

4.2 Dal modello Gf-Gc al modello CHC ................................................................................ 23

5 I risvolti applicativi del 16PF Questionnaire ............................................................................ 25

Riferimenti bibliografici .............................................................................................................. 31

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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1111 Vita e Vita e Vita e Vita e opereopereopereopere

Raymond Bernard Cattell nacque a Hilltop, una piccola città inglese nelle vicinanze

di Birmingham, nel 1905. Il padre era un ingegnere meccanico che lavorava nello

sviluppo di innovazioni relative agli armamenti della prima guerra mondiale, alla

macchina a vapore e al motore a combustione interna. La madre era figlia di un

costruttore di successo a Birmingham. La situazione economica familiare diede loro la

possibilità di spostarsi a Torquay, nella contea di Devon, quando Raymond aveva sei

anni.

Tre anni dopo l’Inghilterra entrò nella prima guerra mondiale, un evento che

influenzò Cattell profondamente rendendolo consapevole della “brevità della vita e della

necessità di raggiungere i propri obiettivi finché è possibile” (Cattell, 1973, p.63).

Questo può spiegare l’eccellenza di Cattell (Gillis, 2013) il quale, da giovane studente

di 10 anni, vinse una prima borsa di studio alla Torquay Boys’ Grammar School (1915-

1921) e una seconda borsa di studio nel 1921 a Londra, dove conseguì il Bachelor of

Science in chimica nel 1924 all’età di 19 anni.

Egli scelse di non continuare sulla strada della chimica, cercando di applicare i suoi

principi scientifici all’esplorazione del comportamento umano. Per usare un termine

abbracciato dalla sua successiva ricerca, la decisione di entrare nel campo della

psicologia fu una decisione “multifattoriale” (Gillis, 2013), in cui giocarono un ruolo

molti fattori:

a) La distruzione causata dalla prima guerra mondiale aveva sollevato interrogativi e

preoccupazioni sul comportamento umano.

b) Era in atto uno sconvolgimento intellettuale e culturale. Cattell fu influenzato da

pensatori quali Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Herbert George Wells,

Aldous Huxley, che egli aveva incontrato a Londra.

c) Cattell era devoto al metodo scientifico ed era consapevole del progresso che questo

metodo aveva prodotto nelle scienze fisiche. Egli era convinto che l’investigazione

scientifica sistematica e la conseguente comprensione della natura umana potessero

contrastare il fallimento delle politiche sociali ed economiche.

Egli, come chimico, si era appassionato in modo particolare alla ingegnosa

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composizione della tavola periodica degli elementi da parte di Mendeleev, che metteva

ordine nella chimica inorganica, e in modo analogo egli immaginava l’applicazione

dell’analisi fattoriale nello studio del comportamento umano. La scelta, nel 1924, di

proseguire la sua carriera nel campo della psicologia fu coraggiosa per quei tempi in

Inghilterra: la psicologia era considerata una disciplina eccentrica e le opportunità nel

campo erano molto limitate. Cattell si considerava tuttavia fortunato per la possibilità di

lavorare con Charles Spearman, che stava sviluppando il metodo dell’analisi fattoriale

per studiare l’apprendimento, con Ronald Fisher, che stava sviluppando la tecnica

dell’analisi della varianza, e con Cyril Burt, che era maggiormente interessato alle

implicazioni sociali e politiche.

Nel 1929 Cattell conseguì il dottorato di ricerca e divenne ancora più consapevole

delle limitate opportunità economiche e accademiche nell’ambito della psicologia e, in

particolare, la sostanziale assenza di opportunità di ricerca. Negli otto anni successivi

egli accettò di ricoprire ruoli marginali che gli offrivano limitate opportunità di seguire

il suo percorso di ricerca. Inizialmente accettò di lavorare presso il Dipartimento

dell’Istruzione all’Università di Exeter, dove conseguì una laurea con una tesi dal titolo

“Test su temperamento e perseveranza”, probabilmente la sua prima enunciazione

sistematica sulla struttura di personalità, e un anno dopo produsse il suo primo test sul

temperamento. Ad Exeter egli progettò inoltre diversi test di intelligenza.

A quei tempi i domini psicologici della personalità e della motivazione erano stati

identificati a livello clinico tramite lo studio di soggetti nevrotici e psicotici. A cavallo

del secolo questi domini, insieme a quello della morale, erano dominati dall’approccio

psicoanalitico di Freud e dei suoi successori (tra cui Jung, Adler, Murray). Queste teorie

ricevettero grande diffusione anche sulla stampa non specializzata, tuttavia esse non si

prestavano alla valutazione e allo scrutinio scientifici. La convinzione di Cattell era che

tali domini potessero essere identificati e definiti tramite i metodi scientifici che il suo

mentore Spearman aveva usato per l’intelligenza.

Analizzando le ricerche di Spearman e di Thurstone sulla descrizione della struttura

delle abilità tramite l’analisi fattoriale, Cattell propose di utilizzare lo stesso strumento

per svelare la struttura del temperamento e della motivazione, partendo dalla definizione

di una tassonomia esaustiva e misurando gli attributi di personalità ad un dato istante di

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tempo, come se fossero un’istantanea della sequenza di immagini di un film (Cattell,

1984). Sebbene il concetto, lo strumento e la tecnica fossero stati concepiti ad Exeter, fu

necessario un lunghissimo lavoro condotto insieme a più di cento colleghi e

collaboratori per raggiungere la definizione di una teoria integrata delle caratteristiche

intellettive, temperamentali e motivazionali tramite l’uso dei metodi di analisi

multivariata.

Ad Exeter Cattell scrisse la gran parte del materiale per il suo primo libro

“Psicologia e Progresso Sociale”, la prima asserzione della sua convinzione che la

soluzione dei problemi sociali, economici e morali dell’umanità risiedeva nei risultati

della ricerca sul comportamento umano. Analizzando i meccanismi della vita sociale,

egli definì un nuovo concetto di moralità, interpretando la crescita e il declino sociali

come un processo organico che seguiva leggi inevitabili, ma suscettibili di controllo

diretto da parte della società. Il libro fu scritto a metà degli anni ‘20, quando egli aveva

già pubblicato diversi test su intelligenza ed abilità ma non si era ancora dedicato

all’esplorazione della personalità e della motivazione. Le opere future mostrano dei

cambiamenti in molti dei suoi punti di vista in ambito sociale, tuttavia egli non perse

mai la fede nello studio scientifico del comportamento come soluzione sociale (Gillis,

2013).

Nei primi anni ‘30 Cattell accettò un posto di lavoro a Leicester, dove rimase

cinque anni avendo la possibilità di sviluppare e applicare test di intelligenza. All’età di

25 anni egli aveva all’attivo almeno sei pubblicazioni, che includevano la Cattell Group

Intelligence Scale e la monografia intitolata “Il Carattere Soggettivo della Cognizione”,

nonché quattro articoli di ricerca. Egli aveva inoltre tradotto in inglese l’opera dello

psichiatra tedesco Ernst Kretschmer “La Psicologia degli Uomini Geniali”.

Nel 1937 Edward Lee Thorndike, dopo aver letto il suo articolo “Mobilità Sociale

ed Intelligenza”, invitò Cattell come ricercatore associato alla Columbia University per

un anno, ma di fatto egli sarebbe rimasto stabilmente negli Stati Uniti per il resto della

sua vita. Quell’anno l’Inghilterra si era ripresa a malapena da un periodo di depressione

economica e si accingeva ad entrare nella seconda guerra mondiale, condizioni in cui le

ambiziose ricerche di Cattell non potevano trovare terreno fertile. Alla Columbia

University egli venne a contatto con diverse teorie fattoriali dell’intelligenza e ciò

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rappresentò un elemento importante nello sviluppo della propria teoria.

Cattell accettò la cattedra alla Clark University nel Massachusetts, dove lavorò allo

sviluppo di misure comportamentali oggettive della personalità e dell’intelligenza. In

questa fase egli chiarì la sua teoria su intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata, che

presentò nel 1941 alla convention dell’APA (American Psychological Association).

Nello stesso anno fu invitato da Gordon Allport ad Harvard, dove insegnò per tre anni.

In questo periodo entrò in un ambiente stimolante a contatto con personologi come

Henry Murray, Robert White e lo stesso Allport, e iniziò il percorso di mappatura e

definizione della personalità e della motivazione tramite l’uso dei metodi di analisi

fattoriale.

Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale Cattell ebbe un ruolo da ricercatore

nell’Adjutant General’s Office, dove venivano sviluppati criteri di selezione per gli

ufficiali. Verso la fine della guerra egli tornò ad Harvard e sposò Karen Schuettler,

dottoranda di ricerca in matematica, la quale avrebbe lavorato con lui sugli aspetti

matematici e statistici della sua ricerca. Nel 1945 accettò la cattedra all’Università

dell’Illinois, dove si stava sviluppando l’Illiac I, il primo calcolatore elettronico, che

rese possibile per la prima volta l’analisi fattoriale su larga scala. Cattell fondò il

Laboratorio della Valutazione della Personalità e del Comportamento di Gruppo e poté

giovarsi dell’apporto di collaboratori di valore provenienti da tutto il mondo. Al di là del

suo contributo alle teorie della personalità, Cattell fece numerosi progressi nell’analisi

fattoriale ed altre metodologie, grazie all’aiuto di vari psicometristi tra cui Lee

Cronbach.

In questo periodo, oltre a centinaia di articoli di ricerca, Cattell e i suoi collaboratori

pubblicarono quattro testi che furono estremamente influenti nello sviluppo di una

scienza della personalità: “La Descrizione e la Misura della Personalità” (1946), “Un

Introduzione allo Studio della Personalità” (1949), “Personalità: uno Studio Sistematico,

Teorico e Fattuale” (1950), “Struttura e Misurazione di Personalità e Motivazione”

(1957). La sua teoria a input e output multipli includeva stati transitori e cambiamenti

sistematici nel comportamento risultanti da motivazione ed apprendimento, nonché

fattori familiari, culturali, genetici, fisiologici. Inoltre Cattell ancorò in modo deciso la

sua teoria all’evidenza empirica. Queste opere hanno largamente influenzato gli studi

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sulla personalità nel mondo: ad esempio il suo lavoro su ansietà e nevroticismo è

diventato l’elemento fondamentale della moderna teoria dell’ansia di stato e di tratto.

Nel 1960 Cattell chiese un incontro internazionale per sviluppare la comunicazione

tra i ricercatori nell’ambito dello studio scientifico della personalità. Ne conseguì la

fondazione della Società della Psicologia Sperimentale Multivariata e della prestigiosa

rivista accademica Multivariate Behavioral Research.

Cattell si ritirò dall’Università dell’Illinois nel 1973 per sopraggiunti limiti di età e

si stabilì in Colorado per cinque anni. Quindi si trasferì nelle Hawaii nel 1978, dove

assunse la cattedra di professore e relatore all’Università delle Hawaii e

successivamente insegnò nella School of Professional Psychology. Nel tempo libero

continuò a scrivere libri ed articoli in riviste psicologiche fino alla sua morte, avvenuta

ad Honolulu nel 1998.

In settant’anni di carriera, Raymond Cattell ha pubblicato 55 libri e circa 500 tra

articoli e capitoli di altri libri. Egli ha fornito molti contributi importanti alla psicologia,

influenzandone in modo rilevante l’affermazione come disciplina scientifica. In una

survey della Western Kentucky University (Haggbloom, Warnick et al., 2002), in cui

Freud risultò lo psicologo maggiormente citato nella letteratura delle riviste

professionali, Cattell ottenne la settima posizione in classifica.

I contributi di Cattell riguardano: la creazione di una teoria unificata delle

differenze individuali; la mappatura dei domini della personalità, del temperamento,

della motivazione e delle abilità mediante analisi fattoriale; l’individuazione di un

ampio numero di abilità cognitive e la distinzione tra intelligenza fluida e intelligenza

cristallizzata; l’elaborazione di modelli di comportamento sociale; la definizione di

predittori della creatività e del successo.

In questo lavoro approfondiremo in particolare gli aspetti legati allo studio della

personalità (anche nei suoi aspetti applicativi) e dell’intelligenza.

2222 Il contributo teoricoIl contributo teoricoIl contributo teoricoIl contributo teorico allo studio della personalitàallo studio della personalitàallo studio della personalitàallo studio della personalità

L’interrogativo su quali siano le caratteristiche peculiari che contraddistinguono ed

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accomunano i diversi individui ha segnato la storia dell’uomo; tuttavia lo studio della

personalità ha una tradizione relativamente recente in termini di indagini sistematiche.

La personalità si può definire come l’insieme dei sistemi psicologici che contribuiscono

all’unità e alla continuità della condotta e dell’esperienza individuale, sia come viene

espresso sia come viene percepito dall’individuo e dagli altri (Caprara e Cervone, 2002).

Si tratta di un costrutto ipotetico, la cui validità è legata al quadro teorico di riferimento.

Il modello dei Big Five (cfr. §4.1), che individua cinque dimensioni fondamentali

per la descrizione e la valutazione della personalità, è oggi uno degli approcci che

raccoglie maggiori consensi. Le tradizioni di ricerca che convergono sul tale modello

sono la tradizione lessicografica e la tradizione fattorialista: la prima è basata

sull’ipotesi secondo cui le differenze individuali più salienti e socialmente rilevanti

vengono codificate nel linguaggio naturale (Allport, 1937), la seconda sostiene che le

differenze individuali possono essere ricondotte a pochi fattori comuni, rintracciabili

dall’applicazione della tecnica statistica dell’analisi fattoriale. L’approccio lessicale

guarda dunque al linguaggio naturale come fonte per la definizione di una tassonomia

scientifica degli aspetti della personalità, a partire dai lavori di Klages e Baumgarten

negli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso e proseguendo con i lavori di Allport (1937),

Cattell (1943a), Norman (1963) e Goldberg (1981).

2.1 La lista di Allport e Odbert

Lo studio semantico di Allport e Odbert partì dal Webster’s New International

Dictionary del 1925, che prevedeva 550.000 termini in lingua inglese. Furono

selezionati i termini in grado di “distinguere il comportamento di un essere umano da

quello di un altro” (Allport e Odbert, 1936, p.24), con una preferenza per aggettivi e

participi rispetto ai nomi. La ricerca portò i due autori a definire un elenco di 17.953

parole, che essi classificarono in quattro categorie (o “colonne”):

1) termini neutrali che designano possibili tratti di personalità (4.504), ad esempio

“aggressivo”, “introverso”, “socievole”;

2) termini descrittivi primariamente di attività e umori temporanei (4.541), ad esempio

“imbarazzato”, “festoso”;

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3) termini che indicano giudizi caratteriali su condotta personale e influenza sugli altri

(5.226), ad esempio “insignificante”, “meritevole”, “irritante”;

4) categoria mista di termini che comprendono caratteristiche fisiche, capacità, talenti,

condizioni non assegnabili alle altre tre categorie (3.682), ad esempio “slanciato”,

“prolifico”.

Si trattava di un elenco enorme e, nonostante l’eliminazione delle forme meno comuni

nel caso in un cui un termine prevedesse delle varianti, i due autori osservarono che

“probabilmente metà dei termini sembrano strani e non familiari al lettore americano”

(Allport e Odbert, 1936, p.25).

2.2 La riduzione semantica

Cattell riteneva che ci fossero tre fonti principali di dati relativamente alle ricerche

sui tratti di personalità (Hall e Lindzey, 1978): 1) L-Data, dati del comportamento di un

individuo nella società e nella vita quotidiana, ottenuti misurando il comportamento nel

mondo reale e che Cattell raccoglieva principalmente tramite valutazioni effettuate da

pari; 2) Q-Data, dati relativi agli aspetti introspettivi del comportamento e dello stato

d’animo del soggetto, raccolti tramite questionari self-report, ovvero di auto-

valutazione; 3) T-Data, dati raccolti attraverso test obiettivi e situazioni sperimentali

standardizzate create in laboratorio, in cui il soggetto non è consapevole del tratto di

personalità che si sta misurando. Secondo Cattell, affinché una dimensione di

personalità potesse essere chiamata “fondamentale ed unitaria”, dovevano coesistere,

nelle analisi fattoriali, i dati provenienti da tutti e tre questi ambiti.

Egli usò l’elenco di Allport e Odbert come punto di partenza per il suo modello

multidimensionale della struttura della personalità. Lo scopo principale di Cattell era

scoprire le principali dimensioni della personalità sulla base del lessico inglese, per cui

il suo lavoro iniziale aveva lo scopo di ridurre i termini individuati da Allport e Odbert

per ottenere una lista più “maneggevole”. Questo lavoro ebbe un’importanza

fondamentale nel formare le fondamenta del sistema di descrizione di personalità di

Cattell e fornì una selezione di termini che sarà poi utilizzata anche da altri ricercatori.

L’interesse primario di Cattell per i tratti stabili di personalità lo portò ad adottare la

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sola categoria dei tratti nell’elenco di Allport e Odbert, costituita da circa 4.500 termini,

come universo descrittivo della personalità. Egli vi aggiunse tuttavia circa 100 termini

di stato temporaneo, che considerava appropriati per la descrizione della personalità

(Cattell, 1943b).

I termini semanticamente simili furono raggruppati come sinonimi sotto una parola

chiave al fine di ridurre il numero delle caratteristiche di personalità da esaminare

separatamente. Questo lavoro di ordinamento semantico fu svolto separatamente da due

giudici, che arrivarono a liste di sinonimi “praticamente identiche” (Cattell, 1943b,

p.488), anche se Cattell non fornisce informazioni quantitative in merito. Inoltre la

definizione di sinonimo come “termine intercambiabile” non è del tutto chiara: la

dimensione dei cluster ottenuti suggerisce che venne usato un criterio molto più lasco

(John, Angleitner e Ostendorf, 1988), considerando che il numero di sinonimi andava da

48 nel caso di “talkative” (“loquace”) a 24 nel caso di “frank” (“schietto”).

All’interno di ogni cluster Cattell aggiunse un opposto per ognuno dei termini. I

termini che sembravano riflettere tratti dinamici/motivazionali e di abilità non furono

appaiati con opposti in quanto venivano considerati unipolari; inoltre per circa 25

cluster Cattell non trovò degli opposti. In ogni caso, nella maggior parte dei cluster i

termini venivano elencati come coppie di tratti bipolari. Questo formato aveva il

vantaggio pratico di offrire una definizione più completa del significato del cluster, in

quanto definiva entrambi gli estremi.

Il raggruppamento in coppie di termini opposti consentì di classificare i 4.500

termini di partenza in 160 cluster, nella maggioranza bipolari. Per rappresentare i

cluster con un numero inferiore di termini, Cattell selezionò circa 13 termini da ognuno

di essi definendone una parola chiave. In questo modo Cattell aveva eliminato, già in

questa fase, più di metà dei termini previsti da Allport e Odbert e tra questi vi erano tutti

i termini con prefissi la cui radice era già stata inclusa in un cluster. Inoltre furono

eliminati termini rari, obsoleti, strani laddove il loro significato era già rappresentato da

un altro termine.

Per verificare l’esaustività del suo elenco di variabili di personalità, Cattell passò in

rassegna la letteratura personologica di Allport, Burt, McDougall, Sheldon e Stevens,

Spoehrl, Spranger, nonché i suoi test su temperamento (Cattell, 1933, 1934) ed

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11

intelligenza (Cattell, 1936). Cattell scoprì che solo un fattore di emozionalità

individuato da Burt e tre tratti relativi a disordini nevrotici e psicotici erano assenti dai

suoi 160 cluster e concluse, quindi, che la sua selezione di variabili era completa.

Ciononostante, per ottenere una rappresentazione più elaborata dei domini

comportamentali catturati dai cluster, Cattell aggiunse dei termini derivati dalla

letteratura psicologica. Egli scoprì che i tratti di interessi e abilità, ben documentati nella

letteratura degli anni ‘30 e ‘40, non erano sufficientemente rappresentati nei 160 cluster,

pertanto aggiunse: a) l’intelligenza generale, derivata da Spearman; b) 9 abilità speciali,

tra cui 4 fattori derivati da Thurstone; c) 11 aree di interesse, tra cui le 6 forme di vita

derivate da Spranger.

A seguito dell’aggiunta di questi nuovi 21 cluster e dell’eliminazione di alcuni dei

suoi cluster iniziali si giunse ad un totale di 171. La versione pubblicata (Cattell, 1946)

non includeva tutti i sinonimi per ogni cluster e presentava, come esemplificazione, un

numero di termini compreso tra due e cinque per ognuno dei due poli in ogni cluster.

2.3 Il clustering empirico

L’insieme dei 171 cluster era troppo ampio per l’utilizzo con le tecniche di analisi

fattoriale disponibili negli anni ‘40, per cui Cattell decise di usare dei dati empirici per

ridurre i cluster in variabili più ampie, tramite valutazioni di 100 adulti, ognuno dei

quali ricevette un punteggio per ognuno dei cluster da un “conoscente intimo (ma non

coinvolto emotivamente” (Cattell, 1943b, p.436) o da due colleghi (Cattell, 1945b). I

giudici furono istruiti ad indicare se la persona target poteva essere meglio descritta dai

termini a destra o a sinistra nel cluster (per tratti bipolari) o se essa poteva essere

considerata al di sopra o al di sotto la media dello specifico tratto (per tratti unipolari).

Quindi fu definita una matrice di correlazione delle 171 variabili attraverso le 100

persone target (si trattava di 14.535 correlazioni) e Cattell ricercò al suo interno un

insieme di 30-40 variabili che contenesse il maggior numero possibile dei cluster

iniziali. Per semplificare questo processo, egli limitò il numero di correlazioni fissando

due limiti arbitrari: a) due variabili con coefficiente di correlazione di almeno ±0,45

erano considerate come un cluster; b) due variabili con coefficiente di correlazione di

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almeno ±0,84 erano considerate identiche.

A questo punto Cattell escluse dalla lista qualunque cluster che poteva essere

incluso in un cluster superiore e, in aggiunta ai cluster di 6 o più variabili, rimasero

approssimativamente 15 pentadi, 20 tetradi e 88 triadi1. Cattell ignorò quasi tutte le

triadi e giunse ad un insieme finale di 67 cluster.

2.4 Le revisioni successive e la teoria dei 16 fattori

Tramite la riduzione semantica e il clustering empirico, Cattell era giunto dagli

oltre 4.500 termini iniziali a 67 cluster. La carenza di fondi per un’analisi fattoriale che

coinvolgesse questi cluster rese necessaria un’ulteriore riduzione (Cattell, 1945a),

costringendo Cattell ad andare alla ricerca di pubblicazioni psicologiche che

consentissero una validazione dei cluster di tratto (Cattell, 1945b, 1946). Oltre al

proprio lavoro, egli passò in rassegna altri dodici studi e identificò 131 cluster di tratto,

tramite delle combinazioni dei cluster che risultavano sovrapposti. Emersero 50 cluster,

che furono raggruppati in 20 settori di personalità.

Usando il suo compendio della letteratura psicologica, Cattell (1945a) revisionò i

cluster ottenuti tramite il clustering empirico, mantenendo solo 58 cluster confermati da

altri studi. Inoltre, quando due o tre cluster erano sovrapposti con uno o più cluster

derivati dal lavoro di altri ricercatori, introdusse un cluster più ampio, eliminando in

questo modo altri 6 fattori. Alla fine del lavoro di confronto rimasero solo 35 cluster

(Cattell, 1945a), che divennero 36 e poi 42 a seguito dell’aggiunta di “alcuni termini

considerati indispensabili” (Cattell, 1957, p.813).

Nella pubblicazione originale ognuna delle 35 variabili inglobava da 6 a 12

elementi di tratto (Cattell, 1945a) e solo due cluster non erano in forma bipolare,

successivamente egli aggiunse delle brevi descrizioni che cambiavano sostanzialmente

il significato di alcuni tratti. Ad esempio il cluster 8 “rigido, tirannico, vendicativo vs.

adattabile, amichevole” (Cattell, 1945a) fu modificato in “conservativo” (Cattell, 1948)

e successivamente perse la connotazione di ostilità e di conservatività venendo descritto

in questi termini: “insiste che le cose devono essere fatte come egli le ha sempre fatte,

1 Pentadi, tetradi e triadi sono rispettivamente cluster con 3, 4 e 5 variabili.

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13

non si adatta ad abitudini e modi di pensare del gruppo, si stupisce se la sua routine

viene sconvolta” (Cattell, 1957, p.813). Queste modifiche sono presumibilmente legate

al fatto che molte delle variabili iniziali presentavano diverse sfaccettature e non erano

del tutto coerenti (John, Angleitner e Ostendorf, 1988).

Avendo ottenuto una riduzione a 35 variabili, Cattell realizzò uno studio fattoriale

(Cattell, 1945a), reclutando 13 gruppi di individui, ognuno di 16 adulti con punteggio su

ogni variabile ordinato sulla base della valutazione di due giudici. Le 35 variabili

vennero poi correlate in ogni gruppo, ottenendo la matrice delle medie delle

correlazioni, input dell’analisi fattoriale. Cattell ottenne 12 fattori ruotati con il metodo

obliquo e, al fine di valutarli tramite self-report, fu costruito il 16PF Questionnaire

(Cattell, Eber e Tatsuoka, 1970) nel quale si prevedevano ulteriori 4 dimensioni.

2.5 La struttura del 16PF Questionnaire

La prima edizione del 16PF Questionnaire fu pubblicata da Cattell nel 1949 negli

Stati Uniti e nel 1952 in Gran Breatagna. Dalla sua prima pubblicazione, il 16PF è stato

validato da oltre 2.700 articoli di ricerca indipendenti e ciò lo rende uno strumento

molto accurato ed affidabile per la predizione del comportamento futuro e delle

possibilità di successo. La traduzione del 16PF in ventiquattro lingue e il suo

adattamento per altre cinque culture di lingua inglese hanno inoltre permesso

comparazioni internazionali di vasta portata. La versione in lingua italiana è a cura di

Cusin, Sirigatti, Stefanile e Novaga.

Da quando fu pubblicata la prima edizione del 16PF sono seguite quattro revisioni,

nel 1956, 1962 e 1968, fino ad arrivare alla versione 16PF-5, pubblicata nel 1993. Nella

quinta versione del questionario il contenuto degli item è stato rivisto in modo da

eliminare le ambiguità legate al linguaggio e gli item sono stati abbreviati per

aumentarne la comprensibilità. L’aggiornamento ha tenuto conto delle differenze etno-

culturali e di genere, in modo da evitare discriminazioni e distorsioni (Cattell, Cattell e

Cattell, 2001).

L’ultima versione del questionario prevede i 16 tratti primari seguenti: A)

espansività; B) ragionamento; C) stabilità emotiva; E) dominanza; F) vivacità; G)

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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coscienziosità; H) audacia sociale; I) sensibilità; L) vigilanza; M) astrattezza; N)

prudenza; O) apprensività; Q1) apertura al cambiamento; Q2) fiducia in sé; Q3)

perfezionismo; Q4) tensione. Il test può essere usato per misurare anche tratti più ampi,

denominati “fattori globali”, che sono valutabili raggruppando i tratti della personalità

di primo ordine: estroversione; ansietà; durezza; indipendenza; auto-controllo (Cattell,

1956).

Alle scale riferite ai sedici fattori primari di personalità si aggiungono tre indici

dello stile di risposta al test: 1) IM (Gestione dell’Immagine): scala di desiderabilità

sociale; 2) INF (Infrequenza): permette di individuare se il soggetto ha risposto a un

numero relativamente ampio di item in modo differente rispetto alla maggior parte delle

persone; 3) ACQ (Acquiescenza): misura la tendenza a rispondere “vero” ad un item

senza tenere conto del suo contenuto

Il 16PF Questionnaire non ha un limite di tempo, per quanto sia opportuno

incoraggiare i soggetti a lavorare con rapidità. Ne è prevista, oltre alla versione carta e

matita, anche una versione computerizzata. Il questionario è disponibile in tre forme

diverse: la forma A, la forma C e la forma D.

La forma A è un questionario a 185 domande che vengono poste, nella maggioranza

dei casi, in maniera indiretta e rivolte a interessi che il soggetto non percepisce come

necessariamente connessi con il tratto che si esplora (al fine di ridurre i bias di risposta).

Il soggetto può scegliere per ogni item una delle tre risposte: “affermazione positiva”,

“affermazione negativa” e “incertezza”; fanno eccezione gli item del fattore B

(ragionamento), raggruppati tutti alla fine del test, che propongono tre risposte

verosimili, una sola delle quali è esatta. Si tratta della versione più completa del test

disponibile in lingua italiana e quindi quella che consente la maggiore precisione e

profondità d’indagine. Va utilizzata, preferibilmente, con soggetti che abbiano almeno

completato la scuola dell’obbligo e se c’è sufficiente tempo a disposizione (35-50

minuti nella forma carta e matita).

La forma C è stata introdotta allo scopo di avere a disposizione un questionario più

breve, anche a costo di una parziale discriminazione dei coefficienti di fedeltà. Essa

consta di soli 105 item e presenta un linguaggio più semplice di quello usato nella forma

A, per l’utilizzo con persone che non abbiano ancora terminato la scuola media

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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inferiore. In termini di misura di fattori, queste due forme sono esattamente parallele

alla A, anche se presentano qualche item nuovo. Il tempo di somministrazione è di una

trentina di minuti e vi è la possibilità di una interpretazione in chiave di aree

occupazionali.

La forma D è molto simile alla forma C, è una versione più recente e consente una

correzione per età e quindi un risultato maggiormente preciso quando si ha a che fare

con fasce d’età molto ampie e ci si vuole focalizzare su un range più ristretto. Essa non

prevede l’interpretazione in chiave di aree occupazionali.

Le due forme ridotte sono particolarmente utili quando si ha poco tempo a

disposizione: pur presentando i limiti di una forma ridotta esse mantengono inalterate le

capacità di rilevazione psicodiagnostica della personalità.

2.6 Critiche al metodo e alla teoria di Cattell

La soluzione di clustering di Cattell che abbiamo analizzato nei paragrafi

precedenti è stata considerata discutibile e non esaustiva da alcuni autori (ad esempio

John, Angleitner e Ostendorf, 1988). Cattell sostiene che “l’analisi in cluster fu

effettuata interamente alla cieca, utilizzando solo criteri matematici, e lo sperimentatore

divenne consapevole della natura dei cluster solo in fase di elencazione, quando era

necessario fornire dei nomi provvisori” (Cattell, 1943b, p.504); ma egli non descrisse la

natura di questi criteri matematici, rendendo in tal modo di dubbio valore la soluzione

proposta.

L’analisi degli studi di Cattell da parte di alcuni ricercatori (ad esempio Digman e

Takemoto-Chock, 1981) non ha confermato il numero e la natura dei fattori da lui

proposti. Altri studi, ad esempio quello di Burdsal e Bolton (1979), hanno invece

replicato nella sostanza la struttura fattoriale primaria del 16PF.

Kline e Barrett (1983) ottennero dal 16PF sette fattori di primo ordine e due di

secondo ordine (ansietà ed estroversione), verificando che diversi item saturavano su

più di una scala. Sulla base delle loro ricerche, essi conclusero che il questionario non

funzionava bene a livello di item, ma funzionava molto meglio a livello scalare,

ipotizzando che gli errori insiti nei singoli item del questionario si annullavano

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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reciprocamente.

Al fine di mettere alla prova le relazioni tra il 16PF di Cattell, le scale di personalità

CPS (Comrey Personality Scales) e il questionario EPI (Eysenck Personality Inventory),

Noller, Law e Comrey (1987) analizzarono le intercorrelazioni tra i tre strumenti

utilizzando un campione di 669 adulti australiani selezionato in modo accurato sulla

base del sesso, dello stato socio-economico e dell’età (16-65 anni). La conclusione fu

che “esiste una sovrapposizione sostanziale nelle scale di Cattell” (Noller, Law e

Comrey, 1987, p.777).

Alcuni studi hanno riscontrato nella struttura del 16PF la presenza dei Big Five, i

cinque fattori che oggi si ritiene spieghino la maggior parte della varianza della

personalità. Ad esempio Boyle (1989) sottolinea come Kline e Barrett avessero

utilizzato una fattorizzazione di ordine superiore delle intercorrelazioni, il che non mette

in discussione la struttura primaria del modello di Cattell. Inoltre, con riferimento allo

studio di Noller, egli sottolinea come l’intercorrelazione tra le scale portasse a ricavare

solo fattori di ordine superiore che saturavano su combinazioni dei fattori primari, per

cui la possibilità di derivare i fattori primari era preclusa fin da principio. Vi è tuttavia

accordo sul fatto che il questionario 16PF sia costituito da un numero inferiore dei 16

fattori teorizzati da Cattell.

3 Il contributo teorico allo studio dell3 Il contributo teorico allo studio dell3 Il contributo teorico allo studio dell3 Il contributo teorico allo studio dell’’’’intelligenzaintelligenzaintelligenzaintelligenza

La definizione di intelligenza è stata molto problematica nell’ambito della

psicologia. I modelli più recenti preferiscono parlare di funzioni cognitive anziché di

intelligenza e in particolare i modelli psicometrici, che si propongono di misurare le

differenze individuali nelle abilità cognitive attraverso l’analisi statistica, riconducono la

maggior parte delle differenze individuali ad un “fattore g” (generale) presente in tutte

le misure di abilità cognitive, il quale fu inizialmente teorizzato da Spearman (1923).

3.1 Intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata

Un primo contributo di Cattell fu relativo alla teorizzazione di due tipi distinti di

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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capacità mentale adulta (Cattell, 1943c): 1) l’intelligenza fluida ha il carattere della

capacità di discriminare e percepire relazioni, fa riferimento ad abilità che non sono

trasmesse dalla cultura e non sono legate all’esperienza, aumenta fino all’adolescenza

per poi declinare lentamente; 2) l’intelligenza cristallizzata consiste nelle abitudini

discriminatorie che si acquisiscono in un particolare ambito tramite l’originaria

applicazione dell’intelligenza fluida, fa riferimento alla capacità di comprendere i

messaggi che vengono comunicati, alla capacità di giudizio e di ragionamento in

situazioni quotidiane, non declina fino ad età molto avanzate, migliorando fino a circa

60 anni per l’effetto cumulativo dell’esperienza. Secondo Cattell questa ipotesi indicava

la necessità di una misura duplice nei test di intelligenza per adulti al fine di prevedere

in modo affidabile le prestazioni individuali in situazioni e periodi differenti.

3.2 Il test Culture Fair

Il Culture Fair Intelligence Test (Cattell e Cattell, 1981) nacque con lo scopo di

ridurre le influenze derivanti dall’apprendimento culturale e dall’ambiente sociale,

senza perdere la predittività dei comportamenti pratici. Esso si basa sull’assunto, già

noto alla fine degli anni ‘20, che si possono costruire test relativamente liberi da

influenze culturali. Il test Culture Fair utilizza stimoli non verbali e garantisce

l’accuratezza dei confronti transculturali e l’assenza di bias culturali, e in questo si

differenzia dai test tradizionali di tipo verbale e numerico in quanto misura

l’intelligenza fluida anziché l’intelligenza cristallizzata.

La misurazione dell’intelligenza è basata su differenti capacità in quanto il test è

composto da diversi compiti percettivi, i quali mostrano avere alte correlazioni con le

stime dell’intelligenza generale molto più dei test di performance. Ciò può essere

spiegato dal fatto che capacità specifiche si attenuano con la mancanza di uso, quindi un

test di intelligenza tradizionale (che misura l’intelligenza cristallizzata) risulta

inadeguato nei soggetti che non utilizzano quella specifica abilità per un certo periodo

di tempo.

Una critica molto forte che viene rivolta a questo test è che non mostra una validità

di facciata, cioè i soggetti coinvolti hanno difficoltà a considerare gli stimoli come

adeguati per la misura dell’intelligenza. Inoltre esso non risulta correlato con il risultato

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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scolastico altrettanto bene quanto il test tradizionale. Tuttavia il test Culture Fair risulta

utile per scoprire se il rendimento di un soggetto è pari a quello che ci si aspetterebbe

dal suo livello di intelligenza, individuando così eventuali problemi emotivi o di

apprendimento.

Il test può essere utilizzato per stabilire il livello di intelligenza generale dai quattro

anni all’età adulta, per identificare le potenzialità del soggetto a svolgere determinate

mansioni professionali che richiedono specifiche abilità cognitive, fungendo così da test

di orientamento scolastico e professionale. Il test subì nel tempo diverse revisioni, ma fu

la versione del 1949 a rivestire particolare importanza perché la forma assunta in questa

edizione è quella mantenuta tuttora.

Il test è organizzato in tre scale (Scala 1, 2 e 3) con difficoltà diversa, ognuna delle

quali formata da 4 subtest, preceduti da un esempio. I quattro subtest sono: 1) Serie; 2)

Classificazioni; 3) Matrici; 4) Condizioni.

1) La Scala 1 è concepita per essere impiegata con bambini di età compresa tra i 4 e

gli 8 anni, ma può essere utilizzata anche con adulti con deficit cognitivi. La scala

presenta otto subtest (anziché quattro), non è completamente somministrabile in

gruppo e richiede che il soggetto comprenda e risponda ad istruzioni verbali.

2) La Scala 2 si può utilizzare in tutti i casi, per soggetti che hanno solo 8 anni ma

anche per ragazzi più grandi e adulti.

3) La Scala 3 infine fornisce stime più accurate nei ranghi di intelligenza superiori,

data la maggior difficoltà degli item.

Dall’età di 13 e 14 anni possono essere impiegate sia la Scala 2 che la Scala 3 e la scelta

può essere effettuata dal somministratore in funzione del livello intellettivo che si vuole

verificare.

Per ogni scala vi sono due livelli (A e B), nati con lo scopo di adattarsi al tempo che

si ha a disposizione per la somministrazione. È possibile somministrare in due tempi

diversi i due livelli, così da avere una pausa intermedia che attenua la stanchezza e può

aumentare la buona disponibilità del soggetto.

a) Il subtest Serie è composto da una serie progressiva incompleta di quattro figure e il

soggetto deve scegliere l’alternativa che meglio continua la serie fra cinque

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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presentate.

b) Nel subtest Classificazioni vengono fornite cinque figure. Nella Scala 2 si deve

scegliere tra quelle fornite la figura che differisce dalle altre quattro, nella Scala 3

invece si devono identificare due figure che sono per qualche aspetto diverse dalle

altre tre.

c) Nel subtest Matrici il soggetto deve completare in modo corretto il disegno o matrice

che viene presentata.

d) Infine nel subtest Condizioni il soggetto deve scegliere tra le alternative previste

quella che duplica le condizioni illustrate nel riquadro fornito.

La somministrazione del test senza limiti di tempo è molto utile perché permette di

considerare altre variabili che possono influenzare la risposta dei soggetti al test, quali

l’appartenenza a culture diverse, tratti di personalità, aspetti motivazionali o

atteggiamenti diversi nei confronti dell’impiego del tempo a disposizione. Inoltre va

considerato che il punteggio del QI ottenuto senza limiti di tempo può essere un

predittore migliore, perché nella vita reale gli eventi che producono il successo

professionale non prevedono la soluzione di problemi in un tempo limitato ma la

possibilità di concentrarsi sul problema per più tempo.

3.3 Il modello Gf-Gc

A partire dagli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso si superò l’idea che esista un fattore

g presente in tutte le funzioni cognitive e i modelli psicometrici operazionalizzarono

l’intelligenza come una gerarchia di abilità (da quelle generali a quelle specifiche) che

sono stabili e in grado di predire risultati in vari ambiti, ad esempio quello lavorativo e

quello scolastico. Ciò richiedeva l’operazionalizzazione delle singole abilità cognitive,

in modo che queste potessero essere descritte con maggiore precisione.

Il modello Gf-Gc fu il punto di partenza per le più recenti concettualizzazioni

dell’intelligenza. La sua formulazione si deve a Horn e Cattell (1966), i quali

sottoposero ad analisi fattoriale 23 fattori precedentemente identificati come in grado di

rappresentare le abilità mentali primarie e 8 fattori precedentemente definiti come

dimensioni generali di personalità. Da questo studio emerse che l’intelligenza fluida

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

20

riguarda i processi di base del trattamento dell’informazione e della soluzione dei

problemi (velocità di organizzazione, agilità mentale, ragionamento induttivo,

formazione di concetti, memoria associativa), l’intelligenza cristallizzata riguarda la

dimensione socio-culturale ed educativa (cultura generale, comprensione linguistica,

vocabolario). Furono inoltre individuate sei funzioni principali che spiegano la gran

parte della varianza osservata nelle prestazioni intellettuali (Horn e Cattell, 1966): 1)

intelligenza fluida; 2) intelligenza cristallizzata; 3) visualizzazione generale; 4) velocità

generale; 5) facilità nell’uso di etichette concettuali; 6) accortezza.

4444 I contributi di ricerca I contributi di ricerca I contributi di ricerca I contributi di ricerca recentirecentirecentirecenti

4.1 Dai 16 fattori di Cattell ai Big Five

Nonostante i limiti che alcuni autori hanno individuato nel contributo di Cattell allo

studio della personalità (cfr. §2.6), è indubbio che si trattò di un lavoro pionieristico. La

disponibilità di un numero relativamente limitato di variabili spinse diversi ricercatori

ad esaminare la struttura dei tratti di personalità. Cattell fu uno dei primi a dare un

contributo alla scuola di pensiero dei Big Five e la sua ricerca contribuì a definire questa

teoria. Come abbiamo visto in precedenza, lo stesso Cattell (1956) estrasse dal 16PF

cinque tratti globali di secondo ordine (estroversione, ansietà, durezza, indipendenza e

auto-controllo) che alcune meta-analisi hanno mostrato essere correlati con i Big Five.

Uno dei primi autori a seguire le orme di Cattell fu Fiske, il quale costruì delle

descrizioni semplificate di 22 delle variabili di Cattell e le utilizzò per ottenere

valutazioni di tratto di 128 tirocinanti in psicologia clinica (Fiske, 1949). La struttura

fattoriale derivata da auto-valutazioni, valutazioni di pari e valutazioni da parte dello

staff di ricercatori erano molto simili e questo suggeriva che ci fossero 5 fattori

ricorrenti. In questo modo si assisteva ad una drastica riduzione del numero dei fattori di

personalità da 16 a 5.

Tupes e Christal (1961) rianalizzarono le matrici di correlazione di otto campioni

differenti, con ampio range in termini di grado di istruzione, che erano valutati da pari,

supervisori, insegnanti, clinici in setting molto differenti, come corsi di addestramento

militari e college femminili. In tutte le analisi furono individuati “cinque fattori

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

21

relativamente forti e ricorrenti” (Tupes e Christal, 1961, p.15).

Questi fattori divennero noti come Big Five e furono etichettati come segue: 1)

estroversione o energia (caratterizza il tipo loquace, assertivo, energico); 2) adattabilità

(caratterizza il tipo bonario, cooperativo, fiducioso); 3) coscienziosità (caratterizza il

tipo coscienzioso, responsabile, disciplinato); 4) stabilità emotiva (caratterizza il tipo

calmo, non nevrotico, non facilmente turbabile); 5) cultura (caratterizza il tipo

acculturato, educato, mentalmente indipendente). Questi fattori richiamavano i primi

cinque individuati da Cattell (1945a), anche se in quel caso si avevano due fattori

separati per la stabilità emotiva e venivano combinati coscienziosità e cultura in un

unico fattore. L’attributo “Big” non sta ad esprimere la loro grandezza intrinseca, ma il

fatto che ognuno di essi è sufficientemente ampio. La struttura dei Big Five non sta

quindi ad indicare che le differenze di personalità sono riconducibili solo a cinque tratti,

ma piuttosto che essi rappresentano un livello di astrazione ampio che riassume un gran

numero di caratteristiche di personalità.

Strutture a cinque fattori simili a quelle descritte da Tupes e Christal sono state

riportate da diversi autori: Norman (1963), Borgatta (1964) e Digman e Takemoto-

Chock (1981). Tutte le loro scale di tratto erano derivate dalle 35 variabili ricavate da

Cattell e i loro studi dimostrarono che le relazioni tra le variabili di questo insieme

potevano essere riassunte dai cinque fattori più ampi.

Secondo Cattell i 16 fattori da lui individuati rappresentano le dimensioni

importanti per la descrizione della personalità, dato che il suo insieme di variabili è “una

lista davvero rappresentativa” in quanto “derivata dal linguaggio” (Cattell, 1945a, p.70).

Tuttavia egli aveva ammesso che un’analisi fattoriale delle 35 variabili non poteva

garantire che fossero presenti tutti i 171 tratti originali della sfera della personalità

(Cattell, 1945a). I suoi dubbi sulla rappresentatività sono confermati dalle sue aggiunte

successive alla lista delle variabili. Alcuni ricercatori (ad esempio John, Angleitner e

Ostendorf, 1988) sono critici sulla rappresentatività delle liste di tratti individuate da

Cattell e considerano la sua procedura empirica esposta in modo non sufficiente per

poterne consentire la replicabilità.

Sebbene la selezione dei tratti di Cattell è presumibilmente non rappresentativa del

dizionario, essa potrebbe comunque contenere al suo interno molte delle dimensioni

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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maggiori della personalità. Per questo motivo in diversi studi su variabili non derivate

direttamente dalle liste di Cattell sono state ricavate strutture a cinque fattori simili a

quelle ottenute tramite porzioni di esse, ad esempio Conley (1985), Goldberg (1980,

1981), Digman (1963, 1972), McCrae e Costa (1985, 1987).

Tuttavia le scale usate da Digman erano parzialmente sovrapposte a quelle usate da

Tupes e Christal. Inoltre McCrae e Costa usarono 40 scale selezionate da Goldberg

aggiungendone altre 40 al fine di valutare ognuna delle cinque dimensioni secondo la

loro interpretazione. Pertanto sembra che vi siano solo due studi i cui risultati possono

essere considerati indipendenti dalle analisi iniziali di Cattell: lo studio di Conley, in cui

le variabili erano state selezionate persino prima della pubblicazione della lista di

Allport e Odbert, e la ricerca di Goldberg, che era basata su una nuova selezione di

termini dal dizionario. Quest’ultimo costruì una lista di 1.710 aggettivi che i partecipanti

ad una ricerca avrebbero potuto utilizzare per valutare la propria personalità e utilizzò le

categorie semantiche di Norman come scale per analizzare fattorialmente le

intercorrelazioni nei dati ottenuti con le autovalutazioni. I primi cinque fattori emersi

erano i Big Five e tale risultato fu replicato variando i metodi di estrazione e di

rotazione fattoriali.

Successivamente Peabody e Goldberg (1987) realizzarono una serie di analisi

strutturali, usando un insieme di variabili selezionate al fine di raggiungere una

rappresentazione adeguata degli aggettivi di tratto nella lingua inglese, giungendo a

cinque fattori riferiti a: 1) potere; 2) amore; 3) lavoro; 4) affetto; 5) intelletto. Un

confronto tra la loro lista e quella di Cattell mostra che le 35 variabili di quest’ultimo

includevano dei marker per tutti i domini che erano stati inclusi da Peabody e Goldberg.

Se si assume che la selezione di Peabody e Goldberg è effettivamente rappresentativa,

sembrerebbe che la lista di Cattell fosse sufficientemente esaustiva da includere dei

marker per le dimensioni più ampie della personalità. Tuttavia le variabili di Cattell

sembravano non rappresentare in maniera sufficiente tratti riferiti alla coscienziosità, al

controllo dell’impulso e all’intelligenza, mentre rappresentavano in modo eccessivo

tratti legati al nevroticismo e alla cultura (John, Angleitner e Ostendorf, 1988).

Mentre i ricercatori legati all’approccio lessicale lavoravano per accumulare prove

a favore dei Big Five, diveniva pressante la necessità di un quadro esaustivo ed

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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integrato per chi si occupava di questionari e scale di misura. McCrae e Costa (1985,

1987, 1992) si misero al lavoro per sviluppare il NEO Personality Inventory per la

misurazione di tre grandi dimensioni della personalità: nevroticismo, estroversione ed

apertura all’esperienza. Le analisi condotte a partire dal 16PF mostrarono

l’onnipresenza dei fattori nevroticismo ed estroversione e convinsero i due autori

dell’importanza del fattore apertura, che emergeva da molti dei fattori primari di Cattell.

I due autori, critici nei riguardi dell’approccio lessicale, costruirono il loro Five Factor

Model (FFM) nel tentativo di riconciliare le tassonomie precedenti e dimostrare che è

possibile ricondurre le strutture precedenti all’interno dello spazio definito dai seguenti

fattori: 1) estroversione; 2) amicalità; 3) coscienziosità; 4) nevroticismo; 5) apertura

mentale.

Tra il modello dei Big Five e il Five Factor Model vi sono delle differenze. Nel

Five Factor Model l’ordine non è significativo, laddove nei Big Five esso è determinato

dalla quantità di varianza giustificata da ognuno dei fattori. Inoltre il Five Factor Model

è un modello gerarchico, mentre il modello dei Big Five è circolare perché molte

variabili non saturano su un unico fattore. Infine i sostenitori dei Big Five interpretano i

fattori come struttura descrittiva (John e Srivastava, 1999), mentre i sostenitori del Five

Factor Model trattano i fattori come costrutti ipotetici che causano le tendenze

disposizionali degli individui (Costa e McCrae, 1992).

4.2 Dal modello Gf-Gc al modello CHC

Abbiamo visto che uno dei contributi importanti di Cattell allo studio

dell’intelligenza è il modello Gf-Gc (cfr. §3.3). Tale modello, nella sua formulazione più

recente (Horn, 1991), è privo di un fattore g all’apice e prevede due strata: i fattori del

primo ordine costituiscono lo stratum superiore che include abilità cognitive ampie, i

fattori del secondo ordine costituiscono lo stratum inferiore che include le abilità

primarie di Thurstone (Horn, 1985). In questo modello le singole abilità vengono

operazionalizzate, quindi esso si pone non come una teoria dell’intelligenza ma come

una “teoria delle abilità cognitive umane” (Horn e Noll, 1997, p.54).

Negli stessi anni in cui Horn perfezionava la teoria Gf-Gc, Carroll (1993) presentò

un nuovo modello di intelligenza, il quale proponeva una tassonomia empirica delle

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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abilità cognitive umane in alternativa alle teorie precedenti. Il modello di Carroll è un

modello tripartito che presenta analogie con il modello di Cattell e Horn. L’architettura

è gerarchica e presenta tre strata. Al vertice della piramide vi è lo stratum III, che

equivale concettualmente al fattore g di Spearman. Più in basso nella gerarchia vi è lo

stratum II, che comprende un numero basso di abilità cognitive ampie le quali

rappresentano le caratteristiche costituzionali di base degli individui. Sottostanti a

queste abilità ampie, ci sono innumerevoli abilità ristrette che fanno parte dello stratum

I (fattori di primo ordine). Inoltre Carroll ipotizza la presenza di abilità intermedie tra lo

stratum II e lo stratum III che non sono esplorate. Il modello di Carroll circoscrive il

dominio delle abilità del modello di Cattell e Horn, individua le abilità misurate dai

subtest delle principali scale di intelligenza e pone le basi per una nuova teoria.

Nel 1997 Horn e Carroll, in una comunicazione personale, stabilirono che i loro due

modelli si potevano unificare e nacque la Cattell-Horn-Carroll (CHC) Theory of

Cognitive Abilities. Il modello CHC prevede le seguenti abilità ampie: 1) intelligenza

cristallizzata (Gc); 2) elaborazione visiva (Gv); 3) conoscenze quantitative (Gq); 4)

abilità di lettura e di scrittura (Grw); 5) memoria a breve termine (Gsm); 6) intelligenza

fluida (Gf); 7) velocità di elaborazione (Gs); 8) immagazzinamento a lungo termine e

rievocazione (Glr); 9) elaborazione uditiva (Ga); 10) velocità nel prendere decisioni

(Gt). Vi sono inoltre molteplici abilità ristrette sottostanti ad ognuna delle abilità ampie.

Il modello CHC è un modello psicometrico delle abilità cognitive con una base

empirica molto forte e consente di valutare l’intelligenza e scegliere gli strumenti di

misura secondo una prospettiva condivisibile dal punto di vista metodologico. Esso

consentì la creazione della CHC Table of Cognitive Elements, una tavola che può essere

considerata analoga alla tavola periodica degli elementi in chimica e che permette una

descrizione operazionalizzata e univoca delle differenze individuali, riducendo gli errori

di interpretazione dei test.

McGrew classificò secondo il modello CHC i subtest delle più importanti scale di

intelligenza (McGrew e Flanagan, 1998), tra cui la Stanford-Binet Intelligence Scale e

le Scale di Wechsler, con l’obiettivo di individuare le abilità effettivamente misurate da

ciascun subtest delle diverse scale e selezionare quelli che misurano con maggiore

precisione le singole abilità. Tramite un’analisi fattoriale confermativa e altre prove di

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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validità non fattoriali McGrew classificò i singoli subtest come misura di una o più

abilità Gf-Gc ristrette e ampie (stratum II e stratum I) e chiese a un gruppo di dieci

esperti di verificare le classificazioni dei subtest contenuti nelle scale, ottenendo nella

maggior parte dei casi valutazioni congrue con la classificazione dei fattori ampi Gf-Gc.

Prima della metà degli anni ‘80, il modello teorico aveva un ruolo secondario nella

creazione degli strumenti e la maggior parte degli strumenti antecedenti al 1998 non si

basava sul modello Gf-Gc, per cui si misuravano solo alcune abilità (generalmente

l’intelligenza cristallizzata e l’elaborazione visiva). A seguito dei lavori di Carroll

(1993) e di McGrew (1997), che modificarono criteri di costruzione e parametri di

lettura e valutazione dei risultati degli strumenti, questi misurarono in maniera adeguata

quattro o cinque abilità ampie, tra cui l’intelligenza fluida e la velocità di elaborazione.

Alcuni di questi strumenti sono costruiti facendo riferimento al modello CHC, come ad

esempio la Woodcock-Johnson III (McGrew e Woodcock, 2001). Altri strumenti sono

una riedizione di strumenti già esistenti, come la Stanford-Binet Intelligence Scale, Fifth

Edition (Roid, 2003).

Un esempio rilevante è dato dalla modifica delle Scale Wechsler per bambini in

relazione al cambiamento del modello teorico. Il passaggio dalla concezione

dell’intelligenza come fattore g alla sua concettualizzazione come insieme di abilità

molteplici modifica l’importanza attribuita al Quoziente Intellettivo totale, accresce il

numero dei punteggi compositi da calcolare e ne aumenta la specificità.

Nella Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC), Fourth Edition (Wechsler,

2003) viene abbandonato il raggruppamento dei subtest in scala verbale e di

performance e non si calcolano più i corrispondenti Quozienti Intellettivi: scompaiono,

pertanto, i termini “QI verbale” e “QI di performance”. L’importanza del QI totale si

riduce e assumono una rilevanza sempre maggiore gli indici di comprensione verbale,

ragionamento percettivo, memoria di lavoro e velocità di elaborazione.

5 I risvolti applicativi 5 I risvolti applicativi 5 I risvolti applicativi 5 I risvolti applicativi del 16PF Questionnairedel 16PF Questionnairedel 16PF Questionnairedel 16PF Questionnaire

Il 16PF Questionnaire può risultare molto utile come predittore di performance in

ambito aziendale ed è utilizzato nell’orientamento e nel counselling rieducativo, nonché

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

26

in ambito clinico (Cattell, Cattell e Cattell, 2001).

In un setting di counselling psicologico il 16PF può dare benefici nella

comprensione della personalità complessiva del cliente, nel facilitare la conversazione e

l’interazione con i clienti, nell’anticipare aspetti che potrebbero ostacolare l’auto-

consapevolezza, il progresso e la comunicazione con il professionista, nel suggerire aree

di approfondimento (Cattell e Schuerger, 2003). Esso può agevolare lo sviluppo

dell’empatia e della relazione con il cliente attraverso la discussione sulla sua

personalità. In un individuo possono essere rivelate l’autostima, lo stile cognitivo, la

capacità di insight, l’apertura al cambiamento e la capacità empatica (Cattell e

Nesselroade, 1967). Ciò consente di sviluppare dei piani di lavoro con pazienti che

hanno problemi di comportamento entro i limiti di normalità. Il 16PF può inoltre essere

usato come supporto per terapie di coppia.

Vi sono cinque passi da seguire al fine di agevolare l’interazione con il cliente

(Cattell e Schuerger, 2003):

1) valutare la motivazione del cliente per la terapia e la sua abilità a comprendere le

interpretazioni astratte, al di là degli aspetti concreti;

2) valutare l’accessibilità emotiva del cliente e la sua capacità di intrattenere la

relazione con il professionista, tramite l’analisi dei valori nei fattori2 A

(“espansività), H (“audacia sociale”), N (“prudenza”), Q2 (“fiducia in sé”);

3) stimare i pattern di motivazione primaria del cliente, in modo da scegliere interventi

che siano compatibili con le sue preferenze;

4) valutare lo stile di interazione sociale preferito del cliente tramite l’analisi dei valori

nelle scale globali di estroversione ed indipendenza;

5) stimare le risorse emozionali del cliente e la sua resilienza.

Per quanto riguarda le applicazioni cliniche, queste furono inizialmente trascurate

nella letteratura, che si concentrò invece sulla descrizione della personalità in generale.

Ciò avvenne fino a metà degli anni ’70, quando Karson e O’Dell (1976) riuscirono ad

ottenere informazioni sugli usi clinici del questionario tramite una procedura

particolare: essi collezionarono circa 100 interpretazioni cieche (senza conoscenza dei

2 La denominazione dei fattori in questo paragrafo avviene con riferimento alla terminologia del 16PF-5.

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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soggetti) nell’arco di diversi mesi, ogni interpretazione fu analizzata nel suo contenuto e

ogni affermazione sulle caratteristiche dei pazienti fu annotata insieme al relativo

punteggio del 16PF. Ordinando queste annotazioni sulla base dei punteggi per ognuno

dei fattori, si ottenne una collezione oggettiva di interpretazioni delle varie scale. Di

seguito elenchiamo le conclusioni a cui giunsero gli autori (Karson e O’Dell, 1976) con

riferimento ai fattori del primo ordine del 16PF.

1) Fattore A (“espansività”)

In ambito clinico il fattore A indica il calore umano. I soggetti che mostrano

deviazioni estreme in senso negativo o positivo presentano presumibilmente dei

tratti problematici. Soggetti con valori elevati nel fattore A presentano valori bassi

nel fattore Q2 (“fiducia in sé”) e quindi mostrano un’alta dipendenza dal gruppo.

Soggetti con valori molto bassi nel fattore A sono estremamente riservati e

distaccati e possono incorrere in seri problemi di adattamento.

2) Fattore B (“ragionamento”)

Questo fattore presenta delle limitazioni in termini di valutazione dell’intelligenza

generale, ma è un buon indicatore dell’attenzione del soggetto nella compilazione

del test. Un punteggio molto basso nel caso in cui c’è evidenza che il soggetto si sia

impegnato richiede degli approfondimenti: pazienti in preda ad un attacco d’ansia,

ad esempio, non riescono a concentrarsi a sufficienza per rispondere correttamente

agli item previsti. In casi del genere può essere sufficiente chiedere al soggetto i

motivi della sua difficoltà per evidenziare dei problemi di concentrazione.

3) Fattore C (“stabilità emotiva”)

In ambito clinico il fattore C indica la forza dell’Io. Questo fattore, insieme ai

fattori di ansietà del secondo ordine, sono tra gli indicatori più importanti per la

ricerca clinica della psicopatologia. Il fattore C è un ottimo stimatore della stabilità

emotiva. Una persona con valori molto bassi in questo fattore può manifestare

difficoltà di adattamento su molti fronti e in tale caso si può dedurre una delle due

circostanze seguenti: a) la persona potrebbe avere una tendenza ad apparire in

maniera peggiorativa (“fake bad”), come tipicamente avviene quando il soggetto

cerca di enfatizzare i propri disagi per mostrarsi idoneo per una psicoterapia; b) la

persona manifesta effettivamente dei seri disagi, non essendo in grado di

riconoscere le implicazioni sociali degli item a cui sta rispondendo, ad esempio in

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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quanto prova un forte risentimento verso altre persone. La differenziazione delle

due casistiche può essere effettuata tramite l’analisi degli altri fattori: il primo caso

può essere collegato con alti valori nei fattore O (“apprensività”) e Q4 (“tensione”),

il secondo caso può essere collegato con alti valori nel fattore L (“vigilanza”) e

bassi valori nel fattore Q3 (“perfezionismo”).

4) Fattore E (“dominanza”)

Elevati valori in questo fattore non sono indicativi di psicopatologia e sembrano

utili piuttosto a determinare tratti come la rabbia cronica. Valori bassi in questo

fattore possono essere indicativi di patologia: si tratta di individui eccessivamente

timidi, umili ed accomodanti che potrebbero essere affetti da un elevato livello di

sottomissione (in analogia a bassi livelli nel fattore A). Se i bassi livelli nel fattore E

si associano a bassi livelli nel fattore A ci si può aspettare lo sviluppo di tendenze

schizoidi. Tendenze suicide potrebbero essere collegate con valori molto bassi nei

fattori F (“vivacità”) e Q1 (“apertura al cambiamento”) ed elevati nei fattori O

(“apprensività”) e Q4 (“tensione”): l’ostilità viene rivolta dall’individuo quasi

totalmente su se stesso.

5) Fattore F (“vivacità”)

In ambito clinico il fattore F indica l’impulsività. Già Cattell, Eber e Tatsuoka

(1970) avevano rilevato che bassi punteggi nel fattore F potevano indicare problemi

di depressione. Tale circostanza indica una bassa opinione di sé del soggetto e

scarso ottimismo verso il futuro e quindi va presa in seria considerazione, in

particolare se tali punteggi sono accoppiati con elevati punteggi nei fattori O

(“apprensività”) e Q4 (“tensione”) e bassi punteggi nel fattore E (“dominanza”).

6) Fattore G (“coscienziosità”)

In ambito clinico il fattore G indica il conformismo al gruppo. Spesso valori bassi

in questo fattore si accoppiano con valori elevati nel fattore O (“apprensività”),

indicando un soggetto (spesso adolescente) che conosce le regole ma cerca di

aggirarle e avverte il senso di colpa legato a questa sua carenza di conformismo. Il

terapeuta ha il compito di rilevare al paziente questo circolo vizioso, in modo che

egli possa spezzarlo. Il fattore G e il fattore Q3 (“perfezionismo”) si accoppiano per

determinare il fattore di secondo ordine della sociopatia.

7) Fattore H (“audacia sociale”)

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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Valori elevati in questo fattore indicano maggiormente un tratto caratteriale,

laddove valori bassi sono di maggiore interesse a fini patologici. Se valori bassi del

fattore H si associano a valori bassi nel fattore A (“espansività”) e ad elevati valori

nel fattore L (“vigilanza”) sono possibili tendenze paranoidi.

8) Fattore I (“sensibilità”)

Dal punto di vista clinico questo fattore non è strettamente associato alla patologia,

in particolare se è l’unico fattore deviante nel profilo del soggetto.

9) Fattore L (“vigilanza”)

In ambito clinico il fattore L indica la diffidenza. Valori elevati in questo fattore

indicano elevate ansia e rigidità e, in caso di valori estremi, la possibilità che il

soggetto sia affetto da sindrome paranoide. Valori bassi, al contrario, indicano

assenza di patologia: si tratta di un individuo che manifesta una fiducia eccessiva

verso gli altri e quindi potrebbe rimanere spesso deluso, ma ciò non induce in lui

del risentimento.

10) Fattore M (“astrattezza”)

In ambito clinico il fattore M indica l’immaginazione. Valori alti in questo fattore

indicano propensione in attività intellettuali ed estetiche. Valori bassi in questo

fattore indicano assenza di tali interessi e una certa propensione alla praticità e sono

inoltre discriminanti della nevrosi d’ansia (valori superiori) rispetto a disturbi

psicosomatici (valori inferiori).

11) Fattore N (“prudenza”)

In ambito clinico il fattore N indica la scaltrezza. Soggetti che presentano valori

bassi in questo fattore hanno problemi nello stabilire delle relazioni sociali, mentre

soggetti che presentano valori elevati hanno il potenziale per un buon adattamento,

in particolare se tali valori si associano a valori elevati nel fattore E (“dominanza”),

H (“audacia sociale”) e B (“ragionamento”).

12) Fattore O (“apprensività”)

In ambito clinico il fattore O indica la propensione al senso di colpa. Valori estremi

su questa scala indicano l’esigenza di un’investigazione più approfondita. Valori

bassi si associano a elevata auto-confidenza e al rischio di scarsa adeguatezza nei

controlli a livello di super-Io (secondo l’idea di Freud), in particolare se sono

associati a valori bassi nel fattore G (“coscienziosità”) che stanno ad indicare scarso

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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conformismo agli standard di gruppo, caso in cui si può generare una nevrosi (in

particolare tra gli adolescenti). Valori elevati si associano invece al rischio che il

soggetto venga travolto dai sensi di colpa, ad elevata apprensività e, in casi estremi,

sono dei buoni indicatori di depressione, in particolare se si associano a bassi valori

nel fattore F (“vivacità”).

13) Fattore Q1 (“apertura al cambiamento”)

Dal punto di vista clinico, questo fattore indica la propensione ad essere ribelli ed è

indicativo di un tratto caratteriale. Elevati valori in questo fattore indicano problemi

nel gestire la relazione con l’autorità, in termini di una forma intellettualizzata di

ribellione (differente dalla ribellione adolescenziale).

14) Fattore Q2 (“fiducia in sé”)

Dal punto di vista clinico questo fattore indica l’auto-sufficienza in termini di

dipendenza dal gruppo sociale ed è di tipo introversione-estroversione. Elevati

valori in questo fattore, in particolare se associati a bassi valori nei fattori A

(“espansività”), F (“vivacità”), H (“audacia sociale”) e B (“ragionamento”)

indicano un estremo isolamento rispetto agli altri; invece valori bassi in questo

fattore sono indicatori del rischio di influenza da parte di cattive compagnie.

15) Fattore Q3 (“perfezionismo”)

Dal punto di vista clinico questo fattore indica l’abilita a controllare l’ansia.

Persone che hanno elevati valori in questo fattore riflettono prima di agire e sono

dei buoni “organizzatori”, ma valori troppo elevati indicano una compromissione di

flessibilità e creatività. Valori bassi in questo fattore, se associati ad altri indicatori

di ansia, indicano che la persona è incapace di incanalare positivamente l’energia

vitale.

16) Fattore Q4 (“tensione”)

Dal punto di vista clinico questo fattore indica l’ansia fluttuante ed è per eccellenza

il fattore indicatore dell’ansia nel 16PF. La scala Q4 prevede item molto trasparenti

e quindi non è difficile che si verifichino dei bias di risposta. Pertanto elevati valori

in questo fattore si associano a una tensione così elevata che il soggetto ne è

sopraffatto e indicano il rischio di nevrosi ansiosa: la persona tipicamente ha

problemi nel mantenere la calma, non è capace di tollerare le critiche, è preoccupata

del futuro. Ciò avviene in particolare in corrispondenza di bassi valori nei fattori L

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Gianluigi Cosi – Il contributo di R. B. Cattell allo studio della personalità e dell’intelligenza

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(“vigilanza”) e O (“apprensività”) e di elevati valori nel fattore C (“stabilità

emotiva”).

Nell’ambito dell’orientamento il 16PF può essere utilizzato per la definizione di

percorsi di carriera di studenti universitari, potendo valutare aree di compatibilità,

soddisfazione o potenziale conflitto nelle relazioni personali e professionali (Cattell e

Nesselroade, 1967). Manuel, Borges e Gerzina (2005) hanno suggerito una correlazione

tra caratteristiche di personalità e competenza clinica degli studenti di medicina. Agli

studenti fu somministrato il 16PF e il Clinical Skills Assessment (CSA) III; i risultati

indicarono una correlazione tra punteggi elevati nel fattore A (“espansività”) e bassi nel

fattore N (“prudenza”) con punteggi elevati nel CSA III.

Il 16PF rappresenta inoltre un buon esempio di questionario di personalità

ampiamente utilizzato in Italia nell’ambito della psicologia del lavoro come predittore

del successo in campi specifici di carriera e collocamento. Esso può quindi essere

utilizzato per la valutazione organizzativa delle risorse umane al fine di orientare la

carriera dei dipendenti di un’azienda (Novaga e Pedon, 1977) e per la selezione del

personale.

Il 16PF ha dimostrato di essere anche un buon predittore delle prestazioni superiori

legate al lavoro. In particolare, uno studio di Lunenburg e Columba (1992) ha mostrato,

tramite l’uso di tecniche di regressione multipla, che i fattori E (“dominanza”), M

(“astrattezza”), Q2 (“fiducia in sé”) e A (“espansività”) sono predittori di prestazioni

superiori per responsabili nell’ambito dell’istruzione.

L’interpretazione dei protocolli è basata sull’analisi delle 16 dimensioni di primo

ordine e dei 5 fattori di secondo ordine. Sono state proposte e sono in uso delle modalità

specifiche di lettura, orientate alla rilevazione di dimensioni strettamente connesse alla

realtà professionale, come ad esempio la leadership. Quest’uso è in linea con gli studi

nell’ambito della psicologia industriale tra gli anni ‘50 e ‘60, che diedero vita a profili di

personalità correlati a profili professionali (Cattell, Eber e Tatsuoka, 1970).

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