-
1
Manzii’s Promezi tr. de Esther BenítezI Promessi Sposi
di
Alessandro Manzoni
INTRODUZIONE
"L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre
controil Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi
prigionieri, anzigià fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa
in rassegna, e li schieradi nuovo in battaglia. Ma gl’illustri
Campioni che in tal Arringofanno messe di Palme e d’Allori,
rapiscono solo che le sole spogliepiù sfarzose e brillanti,
imbalsamando co’ loro inchiostri le Impresede Prencipi e Potentati,
e qualificati Personaggj, e trapontandocoll’ago finissimo
dell’ingegno i fili d’oro e di seta, che formanoun perpetuo ricamo
di Attioni gloriose. Però alla mia debolezzanon è lecito solleuarsi
a tal’argomenti, e sublimità pericolose, conaggirarsi tra Labirinti
de’ Politici maneggj, et il rimbombo de’ belliciOricalchi: solo che
hauendo hauuto notitia di fatti memorabili, seben capitorno a gente
meccaniche, e di piccol affare, mi accingo dilasciarne memoria a
Posteri, con far di tutto schietta e genuinamenteil Racconto,
ouuero sia Relatione. Nella quale si vedrà in angustoTeatro
luttuose Traggedie d’horrori, e Scene di malvaggitàgrandiosa, con
intermezi d’Imprese virtuose e buontà angeliche,opposte alle
operationi diaboliche. E veramente, considerando chequesti nostri
climi sijno sotto l’amparo del Re Cattolico nostroSignore, che è
quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, conriflesso Lume,
qual Luna giamai calante, risplenda l’Heroe di nobilProsapia che
pro tempore ne tiene le sue parti, e gl’AmplissimiSenatori quali
Stelle fisse, e gl’altri Spettabili Magistratiqual’erranti Pianeti
spandino la luce per ogni doue, venendo cosìa formare un
nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si può delvederlo
tramutato in inferno d’atti tenebrosi, malvaggità e sevitieche
dagl’huomini temerarij si vanno moltiplicando, se non se artee
fattura diabolica, attesoché l’humana malitia per sé sola bastarnon
dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d’Argo ebraccj
di Briareo, si vanno trafficando per li pubblici emolumenti.Per
locché descriuendo questo Racconto auuenuto ne’ tempi di miaverde
staggione, abbenché la più parte delle persone che virappresentano
le loro parti, sijno sparite dalla Scena del Mondo,con rendersi
tributarij delle Parche, pure per degni rispetti, si taceràli loro
nomi, cioè la parentela, et il medesmo si farà de’ luochi,
soloindicando li Territorij generaliter. Né alcuno dirà questa
sijimperfettione del Racconto, e defformità di questo mio rozzo
Parto,a meno questo tale Critico non sij persona affatto diggiuna
dellaFilosofia: che quanto agl’huomini in essa versati, ben
vederannonulla mancare alla sostanza di detta Narratione.
Imperciocché,essendo cosa evidente, e da verun negata non essere i
nomi se nonpuri purissimi accidenti... "
"Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriverquesta
storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l’avròdata, come
si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la faticadi
leggerla? "
Questa riflessione dubitativa, nata nel travaglio del
decifrareuno scarabocchio che veniva dopo accidenti , mi fece
sospender
Los Novios
de
Alessandro Manzoni
tr. de Esther BenítezAlfaguara, Madrid, 2004
INTRODUCCIÓN
«La Historia se puede en verdad definir como guerra ilustre
contrael Tiempo, porque arrebatándole de las manos los años sus
prisioneros,más aún, ya cadáveres, los reclama a la vida, les pasa
revista, y losforma de nuevo en orden de batalla. Pero los ilustres
Campeones, queen tal Liza cosechan Palmas y Lauros se extasían sólo
con los despojosmás fastuosos y brillantes, embalsamando con sus
tintas las Empresasde Príncipes y Potentados, y cualificados
Personajes, y pespunteandocon la finísima aguja del ingenio los
hilos de oro y seda, que forman unperpetuo bordado de Acciones
gloriosas. Mas a mi debilidad no le eslícito alzarse a tales
argumentos, y sublimidades peligrosas,aventurándose entre
Laberintos de Políticas intrigas y estruendo debélicos Clarines;
sólo que, habiendo tenido noticia de hechos memo-rables, aunque
sucedieron a gente mecánica y de vulgar condición,me dispongo a
dejar memoria de ellos a la Posteridad, haciendo detodo escueto y
fiel Relato, o sea Relación. En la cual se verán en an-gosto Teatro
luctuosas Tragedias de horrores, y Escenas de maldadgrandiosa, con
intermedios de Empresas virtuosas y bondades angéli-cas, opuestas a
las operaciones diabólicas. Y verdaderamente, consi-derando que
estos nuestros climas están bajo el amparo del Rey Cató-lico
nuestro Señor, que es ese Sol que jamás se pone, y que sobre
ellos,con refleja Luz, cual Luna jamás menguante, resplandece el
Héroe denoble Prosapia que pro tempore ostenta su papel, y los
AmplísimosSenadores cual estrellas fijas, y los otros Respetables
Magistrados cualerrantes Planetas expanden la luz por doquier,
viniendo así a formar unnobilísimo Cielo, no podría hallarse otra
causa de verlo transmutadoen infierno de actos tenebrosos, maldades
y sevicias que por obra dehombres temerarios se van multiplicando,
si no es por arte y hechuradiabólica, considerado que la humana
malicia no podría bastar por sísola para resistir a tantos Héroes,
que con ojos de Argos y brazos deBriareo vanse ajetreando por los
públicos emolumentos. Por lo cual,al escribir este Relato acaecido
en tiempo de mi verde estación, yaunque la mayor parte de las
personas que en él representan suspapeles hayan desaparecido de la
Escena del Mundo, haciéndosetributarias de las Parcas, no obstante,
por dignos respetos, se ca-llarán sus nombres, esto es su linaje, y
lo mismo se hará con loslugares, indicando sólo los Territorios
generaliter. Nadie dirá queesto sea imperfección del Relato, y
deformidad de este mi toscoParto, a menos que el tal Crítico sea
persona del todo ayuna deFilosofa; en cuanto a los hombres en ella
versados, bien verán quenada falta a la sustancia de dicha
Narración. Pues siendo cosaevidente y por nadie negada que los
nombres no son sino puros,purísimos accidentes... »
«Pero, cuando haya soportado yo el heroico trabajo de
transcribiresta historia de este descolorido y arañado autógrafo, y
la haya saca-do a la luz, como suele decirse, ¿habrá quien soporte
el trabajo deleerla?»
Esta reflexión dubitativa, nacida de la dificultad de descifrar
ungarabato que venía después de accidentes, me hizo suspender
la
-
2
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezla copia, e pensar più
seriamente a quello che convenisse di fare." Ben è vero, dicevo tra
me, scartabellando il manoscritto, benè vero che quella grandine di
concettini e di figure non continuacosì alla distesa per tutta
l’opera. Il buon secentista ha voluto sulprincipio mettere in
mostra la sua virtù; ma poi, nel corso dellanarrazione, e talvolta
per lunghi tratti, lo stile cammina ben piùnaturale e più piano.
Sì; ma com’è dozzinale! com’è sguaiato! com’èscorretto! Idiotismi
lombardi a iosa, frasi d e l l a l i n g u aadoperate a sproposito,
grammatica arbitraria, periodisgangherati. E poi, qualche eleganza
spagnola seminataqua e là; e poi, ch’è peggio , ne’ luoghi più
terribili o piùpietosi della storia, a ogni occasione d’eccitar
maraviglia, odi far pensare, a tutti que’ passi insomma che
richiedono bensìun po’ di rettorica, ma rettorica discreta, fine,
di buon gusto,costui non manca mai di metterci di quella sua così
fatta delproemio. E allora, accozzando, con un’abilità mirabile,
lequalità più opposte, trova la maniera di riuscir rozzo insiemee
affettato, nella stessa pagina, nello stesso periodo, nellostesso
vocabolo. Ecco qui: declamazioni ampollose, compostea forza di
solecismi pedestri, e da per tutto quella goffaggineambiziosa, ch’è
il proprio carattere degli scritti di quel secolo,in questo paese.
In vero, non è cosa da presentare a lettorid’oggigiorno: son troppo
ammaliziati, troppo disgustati diquesto genere di stravaganze. Meno
male, che il buon pensierom’è venuto sul principio di questo
sciagurato lavoro: e mene lavo le mani ".
Nell’atto però di chiudere lo scartafaccio, per riporlo,
misapeva male che una storia così bella dovesse rimanersi
tuttaviasconosciuta; perché, in quanto storia, può essere che al
lettorene paia altrimenti, ma a me era parsa bella, come dico;
moltobella. " Perché non si potrebbe, pensai, prender la serie de’
fattida questo manoscritto, e rifarne la dicitura? " Non
essendosipresentato alcuna obiezion ragionevole, il partito fu
subitoabbracciato. Ed ecco l’origine del presente libro, esposta
conun’ingenuità pari all’importanza del libro medesimo.
Taluni però di que’ fa t t i , cer t i costumi descr i t t i
dalnostro autore , c’eran sembrat i così nuovi , così s t rani ,per
non dir peggio, che, prima di prestargli fede, abbiamvoluto
interrogare altri testimoni; e ci siam messi a frugarnelle memorie
di quel tempo, per chiarirci se veramente ilmondo camminasse allora
a quel modo. Una tale indaginedissipò tutti i nostri dubbi: a ogni
passo ci abbattevamo incose consimili, e in cose più forti: e,
quello che ci parvepiù decis ivo, abbiam p e r f i n o r i t r o v
a t i a l c u n ipe r sonagg i , de ’ qua l i non avendo ma i avu
to no t i z i afuor che dal nostro manoscritto, eravamo in dubbio
se fosserorealmente esistiti. E, all’occorrenza, citeremo alcuna di
quelletestimonianze, per procacciar fede alle cose, alle quali, per
laloro stranezza, il lettore sarebbe più tentato di negarla.
Ma, rifiutando come intollerabile la dicitura del nostroautore,
che dicitura vi abbiam noi sostituita? Qui sta il punto.
Chiunque, senza esser pregato, s’intromette a rifar
l’operaaltrui, s’espone a rendere uno stretto conto della sua, e ne
contraein certo modo l’obbligazione: è questa una regola di fatto e
didiritto, alla quale non pretendiam punto di sottrarci. Anzi,
perconformarci ad essa di buon grado, avevam proposto di dar
quiminutamente ragione del modo di scrivere da noi tenuto; e,
aquesto fine, siamo andati, per tutto il tempo del lavoro,
cercando
copia , y pensar más ser iamente en qué convenía hacer.«Es muy
cierto», decía para mí, hojeando el manuscrito, «es muycierto que
esta granizada de conceptillos y figuras no continúa asíen toda la
extensión de la obra. El buen seiscentista ha querido alprincipio
hacer alarde de su maestría; pero después, en el curso de
lanarración, y a veces durante largos trechos, el estilo carnina
mucho másnatural y más llano. Sí, pero ¡qué adocenado!, ¡qué
desgarbado!,¡qué incorrecto! Idiotismos lombardos a pedir de boca,
frases de lalengua empleadas con desacierto, gramática arbitraria,
períodos des-quiciados. Y además, algunas elegancias españolas
diseminadas aquíy allá; y además, lo cual es peor, en los lugares
más terribles o másconmovedores de la historia, en toda ocasión de
suscitar mara-villa, o de hacer pensar, en suma, en todos los
pasajes que re-quieren un poco de retórica, sí, pero retórica
discreta, fina, debuen gusto , el hombre no deja nunca de
abrumarnos con la mis-ma del proemio. Y entonces, aliando, con
admirable habilidad,las cualidades más opuestas, encuentra la
manera de resultar altiempo tosco y afectado, en la misma página,
en el mismo perío-do, en el mismo vocablo. Aquí está: declamaciones
ampulosas,compuestas a fuerza de solecismos pedestres, y por
doquier esatorpeza ambiciosa, que es el carácter propio de los
escritos de esesiglo, en este país. En verdad, no es cosa para
presentarla a lecto-res de hoy, demasiado avispados, demasiado
disgustados con estegénero de extravagancias. Menos mal que se me
ha ocurrido estabuena idea al principio de tan desdichado trabajo:
y me lavo lasmanos».
Sin embargo, en el momento de cerrar el cartapacio, para
de-jarlo en su lugar, me sabía mal que una historia tan bella
tuvieraque quedar ignorada; porque, como historia, puede que el
lectoropine otra cosa, pero a mí me había parecido bella, como
digo;muy bella. «¿Por qué no se podría», pensé, «tomar la serie de
he-chos de este manuscrito, y rehacer su estilo?». Al no haberse
pre-sentado ninguna objeción razonable, abracé de inmediato ese
par-tido. Y ése es el origen del presente libro, expuesto con una
inge-nuidad pareja a la importancia del libro mismo.
Sin embargo, algunos de aquellos hechos, ciertas costum-bres
descritas por nuestro autor, nos habían parecido tan nue-vos, tan
extraños, por no decir peor, que, antes de prestarlesfe, hemos
querido interrogar a otros testigos; y nos pusimos arebuscar en las
memorias de la época, para aclarar si verdade-ramente el mundo
caminase entonces de ese modo. Ta l inves-t igac ión d is ipó todas
nues t ras dudas : a cada paso topába-mos con cosas similares, y
con cosas aún más fuertes; y, loque nos pareció más decisivo,
encontramos incluso algunosp e r s o n a j e s c u y a e x i s t e
n c i a r e a l p o n í a m o s e n d u d a , n oh a b i e n d o t
e n i d o n o t i c i a nunca salvo p o r nu e s t r o m a -n u s c
r i t o . L l e g a d o e l c a s o , c i t a r e m o s a l g u n o
s d e e sostestimonios, para procurar crédito a ciertas cosas, a
las que el lec-tor se vería tentado de negárselo, a causa de su
extrañeza.
Pero, rechazando como intolerable el estilo de nuestro
autor,¿con qué estilo lo hemos sustituido? He aquí la cuestión.
Quienquiera que, sin ser solicitado, se entromete a rehaceruna
obra ajena, se expone a rendir estrecha cuenta de la suya, ycontrae
en cierto modo esa obligación; és ta es una reg la dehecho y de
derecho , a la cua l no pre tendemos sus t raer-nos. Más aún, para
acomodarnos a ella de buen grado, nos ha-bíamos propuesto dar aquí
minuciosa razón del modo de escri-bir que adoptamos; y, con tal
fin, hemos ido tratando de adivi-
-
3
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezd’indovinare le critiche
possibili e contingenti, con intenzionedi ribatterle tutte
anticipatamente. Né in questo sarebbe stata ladifficoltà; giacché
(dobbiam dirlo a onor del vero) non ci sipresentò alla mente una
critica, che non le venisse insieme unarisposta trionfante, di
quelle risposte che, non dico risolvon lequestioni, ma le mutano.
Spesso anche, mettendo due critichealle mani tra loro, le facevam
battere l’una dall’altra; o,esaminandole ben a fondo,
riscontrandole attentamente,riuscivamo a scoprire e a mostrare che,
così opposte inapparenza, eran però d’uno stesso genere, nascevan
tutt’edue dal non badare ai fatti e ai principi su cui il giudizio
dovevaesser fondato; e, messele, con loro gran sorpresa, insieme,
lemandavamo insieme a spasso. Non ci sarebbe mai stato autoreche
provasse così ad evidenza d’aver fatto bene. Ma che?quando siamo
stati al punto di raccapezzar tutte le detteobiezioni e r isposte,
per disporle con qualche ordine,misericordia! venivano a fare un
libro. Veduta la qual cosa,abbiam messo da parte il pensiero, per
due ragioni che il lettoretroverà certamente buone: la prima, che
un libro impiegato agiustificarne un altro, anzi lo stile d’un
altro, potrebbe parercosa ridicola: la seconda, che di libri basta
uno per volta,quando non è d’avanzo.
CAPITOLO I
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno,tra due
catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, aseconda
dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi aun tratto, a
ristringersi, e a prender corso e figura di fiume,tra un
promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altraparte; e il
ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più
sensibile all’occhio questa trasformazione, e segniil punto in cui
il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliarpoi nome di lago
dove le rive, allontanandosi di nuovo,lasc ian l ’acqua d is
tenders i e ra l len ta rs i in nuovi go l f ie in nuovi seni. La
costiera, formata dal deposito di tre grossitorrenti, scende
appoggiata a due monti contigui, l’uno dettodi san Martino,
l’altro, con voce lombarda, il Resegone ,dai molt i suoi cocuzzoli
in f i la , che in vero lo fannosomigliare a una sega: talché non è
chi, al primo vederlo,purché sia di fronte, come per esempio di su
le mura di Milanoche guardano a settentrione, non lo discerna
tosto, a un talcontrassegno, in quella lunga e vas t a g i o g a i
a , d a g l i a l t r im o n t i d i n o m e p i ù o s c u ro e d i
f o r m a p i ù c o m u n e .P e r u n b u o n pezzo , la costa
sale con un pendìo lento econtinuo; poi si rompe in poggi e in
valloncelli, in erte e inispianate, secondo l’ossatura de’ due
monti, e il lavorodell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci
de’ torrenti,è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e
vigne,sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte
boschi,che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principaledi
quelle terre, e che dà nome al territorio, giace pocodiscosto dal
ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte atrovarsi nel lago
stesso, quando questo ingrossa: un gran borgoal giorno d’oggi, e
che s’incammina a diventar città. Ai tempiin cui accaddero i fatti
che prendiamo a raccontare, quel borgo,già considerabile, era anche
un castello, e aveva perciò l’onored’alloggiare un comandante, e il
vantaggio di possedere unastabile guarnigione di soldati spagnoli,
che insegnavan la modestiaalle fanciulle e alle donne del paese,
accarezzavan di tempo in tempole spalle a qualche marito, a qualche
padre; e, sul finir
nar, durante todo el tiempo del trabajo, las críticas posibles
ycontingentes, con intención de rebatirlas todas por anticipado.No
habría estribado en esto la dificultad, pues (debemos decirloen
honor a la verdad) no se nos presentó a la mente una crítica queno
viniera acompañada por una respuesta triunfante, de esas
res-puestas que no digo que resuelvan las cuestiones, pero que
lasmudan. A menudo, también, enzarzando dos críticas entre sí,
lashacíamos derrotar una por otra; o, examinándolas bien a
fondo,comparándolas atentamente, conseguíamos descubrir y
demostrarque, aunque opuestas en apariencia, eran del mismo género,
na-cían ambas de no fijarse en los hechos y los principios sobre
losque debía basarse el juicio; y poniéndolas juntas, con gran
sorpre-sa suya, las mandábamos juntas a paseo. Nunca habría habido
au-tor que probase con tanta evidencia haber procedido bien.
Pero¿cómo? Cuando llegamos al punto de recoger todas las
objecio-nes y respuestas dichas, para disponerlas con cierto
orden,¡válgame Dios!, ¡venían a formar todo un libro! En vista de
locual hemos abandonado la idea, por dos razones que el lector
en-contrará ciertamente buenas: la primera, que un libro
empleadopara justificar otro, más aún, el estilo de otro, podría
parecerridículo; la segunda, que de libros basta con uno cada vez,
cuan-do no sobra.
CAPÍTULO 1
ESE RAMAL del lago de Como que tuerce hacia mediodía, entredos
cadenas ininterrumpidas de montes, todo ensenadas y golfos,s e g ú
n a q u é l l o s s o b r e s a l g a n o s e r e tiren,se
estrecha, casi de repente, tomando curso y figura de río , en-tre
un promontorio a la derecha, y una amplia orilla por la otraparte;
y el puente, que allí une las dos riberas , parece volveraún más
sens ib le a la v i s ta esa t ransformación , y marcarel punto
donde el lago cesa y comienza el Adda, para tomardespués otra vez
el nombre de lago donde las riberas, alejándose de nue-vo, dejan al
agua extenderse y disminuir su velocidad en nuevos golfos y nue-vas
ensenadas. La orilla, formada por los depósitos de tres caudalo-sos
torrentes, desciende apoyada en dos montes contiguos, llama-do el
uno de San Martín, y el otro, con voz lombarda, el Resegone,por sus
muchos picos en fila que verdaderamente lo hacen aseme-jarse a una
sierra; de modo que no hay quien, a primera vista, con tal quesea
de frente, como por ejemplo desde lo alto de las murallas de
Milánque miran al septentrión, no lo dist inga al instante , por
tals e ñ a l , d e l o s o t r o s m o n t e s d e n o m b r e m á
soscuro y forma más común de aquella larga y vasta
cordillera.Durante un buen trecho, la costa sube con un declive
lento ycontinuo; después se rompe en collados y vallecitos, en
repe-chos y explanadas, según la osamenta de los dos montes, y el
traba-jo de las aguas. El borde último, cortado por las
desembocadurasde los torrentes, es casi todo de grava y guijarros;
el resto, cam-pos y viñedos, sembrados de pueblos, quintas,
caseríos; en algunaparte bosques, que se prolongan montaña arriba.
Lecco, el princi-pal de esos pueblos, y que da nombre al
territorio, yace no muylejos del puente, a la orilla del lago, e
incluso llega en parte aencontrarse en el lago mismo, cuando éste
crece: un gran pueblohoy en día, y que se encamina a convertirse en
ciudad. En la épo-ca en que sucedieron los hechos que vamos a
narrar, el pueblo, yaconsiderable, era también una plaza fuerte, y
por ello tenía el ho-nor de alojar un comandante, y la ventaja de
poseer una guarni-ción estable de soldados españoles, que enseñaban
la modestia alas muchachas y a las mujeres del país, acariciaban de
vez en cuan-do las espaldas de algún marido, de algún padre, y, al
acabar el
-
4
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezdell’estate, non mancavan
mai di spandersi nelle vigne, perdiradar l’uve, e alleggerire a’
contadini l e fatiche dellavendemmia. Dall’una all’altra di quelle
terre, dall’alture allariva, da un poggio all’altro, correvano, e
corrono tuttavia,strade e stradette, più o men ripide , o piane;
ogni tantoaffondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo
sguardo ,non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di
monte;ogni tanto elevate su terrapieni aperti : e da qui la
vistaspazia per prospett i più o meno estesi , ma ricchi sempree
sempre qualcosa nuovi , secondo che i diversi puntipiglian più o
meno della vasta scena circostante, e secondoche questa o quella
parte campeggia o si scorcia, spunta osparisce a vicenda. Dove un
pezzo, dove un altro, dove unalunga distesa di quel vasto e variato
specchio dell’acqua; di qualago, chiuso all’estremità o piùttosto
smarrito in un gruppo, inun andirivieni di montagne, e di mano in
mano più allargato traaltri monti che si spiegano, a uno a uno,
allo sguardo, e chel’acqua riflette capovolti, co’ paesetti posti
sulle rive; di làbraccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che
va a perdersiin lucido serpeggiamento pur tra’ monti che
l’accompagnano,degradando via via , e perdendos i quas i anch’ess
inell’orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que’
varispettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di
cuipasseggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue
cimee le balze , distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni
passo,aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era
sembratoprima un sol giogo , e comparendo in vetta ciò che
pocoinnanzi vi si rappresentava sulla costa: e l’ameno, il
domesticodi quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna
viepiù il magnifico dell’altre vedute.
Per una di queste stradicciole, tornava bel bello
dallapasseggiata verso casa, sulla sera del giorno 7
novembredell’anno 1628, don Abbondio, curato d’una delle
terreaccennate di sopra: il nome di questa, né il casato del
personaggio,non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né
altrove.Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un
salmo el’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno
,l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra
dietrola schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra,
ebuttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevanoinc
iampo ne l se n t i ero : po i a l zava i l v i s o , e , g i r a t
ioziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte
d’unmonte, dove la luce del sole già scomparso, scappando peri
fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massisporgenti,
come a larghe e inugual i pezze di porpora .Aper to poi d i nuovo i
l breviar io , e rec i ta to un a l t rosquarcio , giunse a una
voltata della stradetta, dov’erasolito d’alzar sempre gli occhi dal
libro, e di guardarsidinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo
la voltata, lastrada correva diri t ta, forse un sessanta passi , e
poi sidivideva in due viottole , a foggia d’un ipsilon: quella
adestra saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altrascendeva
nella valle fino a un torrente; e da questa parte ilmuro non
arrivava che all’anche del passeggiero. I muri internidelle due
viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavanoin un
tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure
lunghe,serpeggianti, che finivano in punta, e che,
nell’intenziondell’artista, e agli occhi degli abitanti del
vicinato, volevandir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre
figure danon potersi descrivere, che volevan dire anime del
purgatorio:anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo
bigiognolo,
verano, nunca dejaban de diseminarse por los viñedos, para
mer-mar las uvas y aliviar a los campesinos de los trabajos de la
ven-dimia. De un lado a otro de aquel terreno, desde las alturas a
laribera, de un collado a otro, discurrían, y discurren todavía,
cami-nos y caminitos, más o menos empinados, o llanos; de vez en
cuandohundidos, enterrados entre dos muros, donde, alzando la
mirada,no descubrís sino un trozo de cielo y alguna cima de un
monte; devez en cuando elevados sobre terraplenes abiertos, y desde
allí lavista se dilata sobre perspectivas más o menos extensas,
pero siem-pre ricas y siempre con algo nuevo, según los diversos
puntosabarquen más o menos de la vasta escena circundante, y
segúnesta o aquella parte campee o se acorte, despunte o desap a r
e z c aa l t e r n a t i v a m e n t e . A q u í u n t r o z o , a
l l í o t r o , a l l á u n al a rg a extensión de aquel vasto y
variado espejo de agua; por aquílago, cerrado en el extremo o más
bien perdido en un grupo, enun ir y venir de montañas, y cada vez
más ancho entre otros mon-tes que se despliegan, uno por uno, ante
la mirada, y que el aguarefleja invertidos, con las aldeas
colocadas en las riberas; por allá,brazo de río, después lago,
después río de nuevo, que va a perder-se con brillante serpenteo
entre los montes que lo acompañan,empequeñeciéndose poco a poco y
casi perdiéndose también ellosen el horizonte. El propio lugar
desde donde contempláis estosvariados espectáculos es un
espectáculo por todas partes: el mon-te, por cuyas faldas paseáis,
despliega, por encima, alrededor, suscimas y barrancos, distintos,
prominentes, mudables casi a cada paso,abriéndose y perfilándose en
cordilleras lo que os había parecidoprimero una sola cordillera, y
apareciendo en la cima lo que pocoantes se os figuraba en la costa.
Y lo ameno, lo doméstico de esasfaldas atempera gratamente lo
salvaje, y engalana mucho más lomagnífico de las otras vistas.
Por uno de esos caminillos regresaba tranquilamente a sucasa
después del paseo, al atardecer del día 7 de noviembredel año 1628,
don Abbondio, cura de uno de los pueblos an-tes aludidos; el nombre
de éste, y el apellido del personaje,no se encuentran en el
manuscrito, ni en este lugar ni en otro.Recitaba tranquilamente su
oficio, y a veces, entre un salmoy otro, cerraba el breviario,
metiendo en él, como señal , elíndice de la mano derecha, y
después, cruzando las dos ma-nos a la espalda , proseguía su
camino, mirando al suelo, ylanzando con un pie hacia la tapia los
guijarros que estorba-ban en el sendero; después alzaba el rostro
y, girando ocio-samente los ojos a su alrededor, los clavaba en la
parte de unmonte, donde la luz del sol, ya desaparecido, escapando
porlas hendiduras del monte frontero, se pintaba aquí y allá sobre
lospeñascos salientes, como anchas y desiguales piezas de
púrpura.Abier to después de nuevo e l b rev iar io , y rec i tado o
t rofra g m e n t o , l l e g ó a u n r e c o d o d e l c a m i n o
d o n d es o l í a a l z a r s i e m p r e l o s o j o s d e l l i
b r o , y m i r a rante sí; eso hizo también aquel día. Tras el
recodo, el cami-no seguía derecho, quizás unos sesenta pasos, y
después sedividía en dos sendas, en forma de ípsilon; la de la
derechasubía hacia el monte, y llevaba a la parroquia; la otra
des-cendía por el valle hasta un torrente, y por esta parte la
cer-ca sólo llegaba a la cintura del transeúnte. Las cercas
inte-riores de las dos sendas, en vez de unirse en ángulo,
termi-naban en una capillita, en la que estaban pintadas unas
fi-guras largas, serpenteantes, rematadas en punta, y que, en
laintención del artista y a los ojos de los habitantes del
vecin-dario, querían ser llamas; alternadas con las llamas, otras
fi-guras imposibles de describir, que querían ser almas del
pur-gatorio: almas y llamas de color ladrillo, sobre un fondo
gri-
-
5
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezcon qualche scalcinatura
qua e là. Il curato, voltata lastradetta , e dirizzando, com’era
solito , lo sguardo altabernacolo, vide una cosa che non
s’aspettava, e che nonavrebbe voluto vedere. Due uomini stavano,
l’uno dirimpettoall’altro, al confluente, per dir così, delle due
viottole: un dicostoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una
gambaspenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno
dellas t r a d a ; i l c o m p a g n o , i n p i e d i , a p p o g
g i a t o a l m u r o ,c o n l e b r a c c i a i n c r o c i a t e
s u l p e t t o . L’ a b i t o , i lportamento, e quello che, dal
luogo ov’era giunto il curato,si poteva distinguer dell’aspetto,
non lasciavan dubbio intornoalla lor condizione. Avevano entrambi
intorno al capo unareticella verde, che cadeva sull’omero sinistro,
terminata inuna gran nappa , e dalla quale usciva sulla fronte un
enormeciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una
cinturalucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un
piccolcorno ripieno di polvere, cascante sul petto, come
unacollana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori
d’untaschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con unagran
guardia traforata a lamine d’ottone, congegnate comein cifra,
forbite e lucen t i : a p r ima v i s ta s i davano aconoscere per
individui del la specie de’ bravi .
Ques t a spec i e , o r a de l t u t t o pe rdu t a , e r a a l
l o r afloridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non
neavesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potrannodarne una
bastante de’ suoi caratteri principali, degli sforzifatti per
ispegnerla , e della sua dura e rigogliosa vitalità.
Fino dall’otto aprile dell’anno 1583, l’Illustrissimo
edEccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe
diCastelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, Contedi
Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile diSicilia,
Governatore di Milano e Capitan Generale di SuaMaestà Cattolica in
Italia, pienamente informato dellaintollerabile miseria in che è
vivuta e vive questa città diMilano, per cagione dei bravi e
vagabondi, pubblica unbando contro di essi. Dichiara e diffinisce
tutti coloro esserecompresi in questo bando , e doversi r i tenere
bravi evagabondi... i quali, essendo forestieri o del paese,
nonhanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma,senza
salario, o pur con esso, s’appoggiano a qualchecavaliere o
gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spallee favore, o
veramente, come si può presumere, per tendereinsidie ad altri ... A
tutti costoro ordina che, nel termine digiorni sei, abbiano a
sgomberare il paese, intima la galeraa’ renitenti, e dà a tutti gli
ufiziali della giustizia le piùstranamente ampie e indefinite
facoltà, per l’esecuzionedell’ordine. Ma, nell’anno seguente, il 12
aprile, scorgendoil detto signore, che questa Città è tuttavia
piena di dettibravi... tornati a vivere come prima vivevano, non
puntomutato il costume loro, né scemato il numero, dà fuoriun’altra
grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale,tra l’altre
ordinazioni, prescrive:
Che qualsivoglia persona, così di questa Città, comeforestiera,
che per due testimonj consterà esser tenuto, ecomunemente riputato
per bravo, et aver tal nome, ancorchénon si verifichi aver fatto
delitto alcuno... per questa solariputazione di bravo, senza altri
indizj, possa dai detti giudicie da ognuno di loro esser posto alla
corda et al tormento,per processo informativo... et ancorché non
confessi delitto
sáceo, con algún descon c h a d o a c á y a l l á . E l c u r a
, a l l l e -g a r a l r e c o d o , y d i r i g i r , c o m o s o
l í a , l a v i s t a a l ac a p i l l i t a , v i o a l g o q u e
n o s e e s p e r a b a , y q u e n o h a -b r í a q u e r i d o v
e r . H a b í a d o s h o m b r e s , u n o frente aotro, en la
confluencia, por así decirlo, de las dos sendas:uno de ellos , a
horcajadas sobre la cerca baja, con una pier-na colgando por la
parte de dentro, y el otro pie posado en elsuelo del camino; su
compañero, de pie, apoyado en la cer-ca, con los brazos cruzados
sobre el pecho. Sus ropas , suporte y l o que , desde e l l uga r
adonde hab ía l l egado e lcu ra , s e pod ía d i s t i ngu i r de
su a spec to , no de j aban du -das sobre su condic ión . Ambos l l
evaban en l a cabeza unaredecilla verde, que caía sobre el hombro
izquierdo, rema-tada por una gran borla , y de la cual salía sobre
la frente unenorme tufo; dos largos bigotes de puntas rizadas; un
bri-llante cinturón de cuero, y colgadas de él dos pistolas; un
pe-queño cuerno lleno de pólvora, cayendo sobre el pecho, como
uncollar; el mango de un gran c u c h i l l o q u e a s o m a ba
por unbolsillo de los amplios y fruncidos calzones; un espadón, con
una granguarnición calada de láminas de bronce , dispuestas como en
ci-fra, pulidas y relucientes. A primera vista se daban a cono-cer
como individuos de la especie de los bravos.
Esta especie, ahora del todo perdida, era entonces muy
flore-ciente en Lombardía, y ya muy antigua. Para quien no tenga
unaidea de ella, he aquí algunos fragmentos auténticos, que
podrándársela suficiente de sus caracteres principales, de los
esfuerzoshechos para extinguirla y de su dura y pujante
vitalidad.
Desde el ocho de abril del año 1583, el I lustrísimo y Ex-c e l
e n t í s i m o s e ñ o r d o n C a r l o s d e A r a g ó n , P r í
n c i p e d eCastelvetrano, Duque de Terranuova, Marqués de
Avola,Conde de Burgeto, gran Almirante y gran Condestable deSicil
ia, Gobernador de Milán y Capitán General de Su Ma-jestad Católica
en Ital ia, plenamente informado de la into-lerable miser ia en que
ha v iv ido y v ive es ta c iudad deMilán, por causa de los bravos
y vagabundos, publica unbando contra ellos. Declara y define a
todos aquellos com-prendidos en este bando , y débense considerar
bravos y va-gabundos. . . quienes, siendo forasteros o del país, no
t ie-nen oficio alguno, o teniéndolo, no lo ejercen.. . sino
que,sin salario, o bien con él , se arriman a algún caballero
ohidalgo, funcionario o comerciante . . . para protegerlo yvalerle,
o verdaderamente, como puede presumirse, paratender insidias a
otros. . . A todos les ordena que, en el tér-mino de seis días,
despejen el país, impone la pena de gale-ras a los reacios, y da a
todos los funcionarios de la justicialas facultades más
extrañamente amplias e indefinidas para laejecución de la orden.
Pero al año siguiente, el 12 de abril,descubriendo dicho señor que
esta Ciudad está todavía llenade dichos bravos... que han vuelto a
vivir como antes vivían,sin haber mudado de costumbres, ni haber
menguado de nú-mero, publica otro bando, aún más riguroso y
notable, en elcual, entre otros ordenamientos, prescribe:
Que cualquier individuo, tanto de esta Ciudad, como foras-tero,
de quien por dos testigos conste que se le tiene y común-mente se
le considera como bravo, y se le da tal nombre, aun-que no se
compruebe que haya cometido delito alguno..., poresa sola
reputación de bravo, sin otros indicios, puede ser so-metido por
dichos jueces y por cada uno de ellos a la cuerda yal tormento, por
expediente informativo... y aunque no confie-
-
6
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezalcuno, tuttavia sia
mandato alla galea, per detto triennio,per la sola opinione e nome
di bravo, come di sopra . Tuttociò, e il di più che si tralascia,
perché Sua Eccellenza è risolutadi voler essere obbedita da ognuno
.
All’udir parole d’un tanto signore, così gagliarde e sicure,e
accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia dicredere che,
al solo rimbombo di esse, tutti i bravi sianoscomparsi per sempre.
Ma la testimonianza d’un signore nonmeno autorevole, né meno dotato
di nomi, ci obbliga acredere tu t to i l contrar io . È quest i l ’
I l lus t r iss imo edEcce l l en t i s s imo S ignor Juan Fe
rnandez de Ve la sco ,Contestabile di Cast igl ia , Cameriero
maggiore di SuaMaes tà , Duca de l l a C i t t à d i F r i a s ,
Con te d i Haro eCastelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di
quella dellisette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di
Milano, etc.Il 5 giugno dell’anno 1593, pienamente informato anche
luidi quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e
delpessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il
benpubblico, et in delusione della giustizia , intima loro dinuovo
che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare ilpaese,
ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minaccemedesime del
suo predecessore. Il 23 maggio poi dell’anno1598, informato, con
non poco dispiacere dell’animo suo,che... ogni dì più in questa
Città e Stato va crescendo ilnumero di questi tali (bravi e
vagabondi), né di loro, giornoe notte, altro si sente che ferite
appostatamente date,omicidii e ruberie et ogni altra qualità di
delitti, ai quali sirendono più facili, confidati essi bravi
d’essere aiutati daicapi e fautori loro... prescrive di nuovo gli
stessi rimedi ,accrescendo la dose, come s’usa nelle malattie
ostinate.Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi
dicontravvenire in parte alcuna alla grida presente, perché,in
luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza, proveràil rigore, e
l’ira sua... essendo risoluta e determinata chequesta sia l’ultima
e perentoria monizione .
Non fu però d i ques to parere l ’ I l lus t r i s s imo
edEccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez deAcevedo,
Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore delloStato di Milano; non
fu di questo parere, e per buone ragioni.Pienamente informato della
miseria in che vive questa Cittàe Stato per cagione del gran numero
di bravi che in essoabbonda... e risoluto di totalmente estirpare
seme tantopernizioso , dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova
gridapiena anch’essa di severissime comminazioni, con
fermoproponimento che, con ogni rigore, e senza speranza
diremissione, siano onninamente eseguite .
Convien credere però che non ci si mettesse con tutta
quellabuona voglia che sapeva impiegare nell’ordir cabale, e
nelsuscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, perquesta
parte, la storia attesta come riuscisse ad armare controquel re il
duca di Savoia, a cui fece perder più d’una città;come riuscisse a
far congiurare il duca di Biron, a cui feceperder la testa; ma, per
ciò che riguarda quel seme tantopern iz ioso de’ b rav i , ce r to
è che esso con t inuava agermogliare, il 22 settembre dell’anno
1612. In quel giornol’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il
Signor DonGiovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa,
Gentiluomoetc., Governatore etc., pensò seriamente ad estirparlo.
Aquest’effetto, spedì a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti,
se delito alguno, mándesele a galeras, por dichos tres años,por
la sola opinión y nombre de bravo, como antecede. Todoesto, y lo
demás que se omite, porque Su Excelencia está re-suelto a que todos
le obedezcan.
Al oír palabras de tan gran señor, as í de gal lardas y se-guras
, y acompañadas de ta les órdenes, entran muchas ga-nas de creer
que, con su mero estruendo, todos los bravosdesaparecieron para s
iempre. Pero el tes t imonio de un se-ñor no menos inf luyente , ni
menos dotado de t í tulos , nosobl iga a creer todo lo contrar io .
Es és te e l I lust r ís imo yExcelent ís imo Señor Juan Fernández
de Velasco, Condes-table de Cast i l la , Camarero Mayor de Su
Majestad, Duquede la Ciudad de Frías , Conde de Haro y Castelnovo,
Señorde la Casa de Velasco, y de la de los siete Infantes de
Lara,Gobernador del Estado de Milán, e tcétera . El 5 de juniodel
año 1593, plenamente informado también él de cuángran daño y ruina
son. . . los bravos y vagabundos, y delpésimo efecto que tal suerte
de gente hace contra el bienpúbl ico, y en befa de la jus t ic ia ,
los conmina de nuevo aque, en el término de seis días , sa lgan del
país , repi t iendomás o menos las mismas disposiciones y amenazas
de supredecesor. Después, e l 23 de mayo del año 1598, in for-mado,
con no poco desagrado de su ánimo, de que. . cadadía más va
creciendo en esta Ciudad y Estado el númerode estos tales (bravos y
vagabundo s ) , y d e e l l o s , d í a yn o c h e , n o s e o y e
s i n o h e r i d a s a l e v o s a m e n t e d a d a s ,h o m i c
i d i o s y r o b o s y t o d a o t r a c l a s e d e del i tos a
los que s e en -t regan con t oda f ac i l i dad , con f iados e
sos b ravos en s e r ayudados porsus j e f e s y favorecedores . .
. , presc r ibe de nuevo los mismos remedios ,a umentando la dosis,
como se acostumbra con las enfermedades rebeldes.Cada uno, pues,
concluía luego, guárdese omnímodamente decontravenir en nada el
presente bando , porque, en lugar depro b a r l a c l e m e n c i a
d e S u E x c e l e n c i a , p ro b a r á s u r i -g o r, y s u i
r a . . . e s t a n d o re s u e l t o y d e t e r m i n a d o a q
u eésta sea la últ ima y perentoria admonición.
No fue, empero, éste el parecer del Ilustrísimo y Exce-lentísimo
Señor, el Señor Don Pedro Enríquez de Acevedo,Conde de Fuentes ,
Capi tán y Gobernador del Estado deMilán; no fue éste su parecer, y
por buenas razones . Plena-mente informado de la miseria en que
vive esta Ciudad yEstado por causa del gran número de bravos que en
él abun-da... y resuelto a extirpar totalmente semilla tan
perniciosa,púb l i ca , e l 5 de d ic i embre de 1600 , un nuevo
band o tam-bién l leno de severísimas conminaciones, con la f irme
re-solución de que sean ejecutadas omnímodamente, con todorigor, y
sin esperanza de remisión.
Pero conviene creer que no se aplicó a ello con toda labuena
voluntad que sabía emplear para urdir intrigas y sus-citar enemigos
contra su gran enemigo Enrique IV; ya que,en este punto, la
historia atestigua cómo consiguió armarcontra ese rey al duque de
Saboya, al que hizo perder más deuna ciudad; y cómo consiguió que
conspirase el duque deBiron, a quien hizo perder la cabeza; pero,
por lo que res-pecta a aquella semilla tan perniciosa de los
bravos, lo cier-to es que continuaba germinando el 22 de septiembre
del año1612. Ese día el Ilustrísimo y Excelentísimo Señor, el
SeñorDon Juan de Mendoza, Marqués de la Hinojosa, Gentilhom-bre,
etcétera, Gobernador, etcétera, pensó seriamente en ex-tirparla.
Para ello envió a Pandolfo y Marco Tullio Malatesti,
-
7
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezstampatori regi i cameral
i , la sol i ta gr ida, corret ta edaccresciuta, perché la
stampassero ad esterminio de’ bravi.Ma questi vissero ancora per
ricevere, i l 24 decembredell’anno 1618, gli stessi e più forti
colpi dall’Illustrissimoed Eccellentissimo Signore, il Signor Don
Gomez Suarez deFigueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc.
Però, nonessendo essi morti nep p u r d i q u e l l i , l ’ I l l u
s t r i s s i m o e dE c c e l l e n t i s s i m o S i g n o r e ,
i l S i g n o r G o n z a l oF e r n a n d e z d i C o r d o v a ,
s o t t o i l c u i g overno accadde lapasseggiata di don Abbondio,
s’era trovato costretto aricorreggere e ripubblicare la solita
grida contro i bravi, ilgiorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un
mese e due giorniprima di quel memorabile avvenimento.
Né fu questa l’ultima pubblicazione; ma noi delle posteriorinon
crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dalperiodo della
nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del13 febbraio dell’anno
1632, nella quale l’Illustrissimo edEccellentissimo Signore, el
Duque de Feria , per la secondavolta governatore, ci avvisa che le
maggiori sceleragginiprocedono da quelli che chiamano bravi .
Questo basta adassicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo,
c’era de’ bravituttavia.
Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar
qualcheduno,era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a
donAbbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che
l’aspettatoera lui. Perché, al suo apparire, coloro s’eran guardati
in viso,alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva
chetutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava
acavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada;l’altro
s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavanoincontro.
Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi,c o m e s e l e
g g e s s e , s p i n g e v a l o s g u a r d o in su , p e ri s
piar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro,fu
assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subitoin fretta a
se stesso, se, tra i bravi e lui , ci fosse qualcheuscita di
strada, a destra o a sinistra; e gl i sovvennesubito di no. Fece un
rapido esame, se avesse peccatocontro qualche potente, contro
qualche vendicativo; ma,anche in quel turbamento, i l test imonio
consolante dellac o s c i e n z a l o r a s s i c u r a v a a l q u
a n t o : i b r a v i p e r òs’avvicinavano, guardandolo f isso.
Mise l ’ indice e i lm e d i o d e l l a m a n o s i n i s t r a n
e l c o l l a r e , c o m e p e rraccomodarlo; e, girando le due
dita intorno al collo, volgevaintanto la faccia all’indietro,
torcendo insieme la bocca, eguardando con la coda dell’occhio, fin
dove poteva, sequalcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede
un’occhiata,al di sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno;
un’altra più modestasulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi.
Che fare? tornareindietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo
stesso chedi re , insegui temi , o peggio . Non potendo schivare i
lpe r i co lo , v i co r se i ncon t ro , pe r ché i moment i d
iquell’incertezza erano allora così penosi per lui, che
nondesiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, recitò
unversetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete
eilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso;
quandosi trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci
siamo;e si fermò su due piedi.
- Signor curato, - disse un di que’ due, piantandogli gliocchi
in faccia.
impresores de la real casa, el consabido bando, corregido
yaumentado, para que lo imprimiesen para exterminio de losbravos.
Mas éstos vivieron aún para recibir, el 24 de diciem-bre del año
1618, los mismos y más fuertes golpes del Ilus-trísimo y
Excelentísimo Señor, el Señor Don Gómez Suárezde Figueroa, Duque de
Feria, etcétera, Gobernador, etcéte-ra. No obstante, al no haber
muerto ni siquiera con ésos , elI l u s t r í s i m o y E x c e l e
n t í s i m o S e ñ o r, e l S e ñ o r G o n z a l oFernández de
Córdoba, bajo cuyo gobierno acaece el paseode don Abbondio, se
había visto obligado a corregir y publi-car de nuevo el consabido
bando contra los bravos, el día 5de octubre de 1627, es decir , un
año, un mes y dos días antesde aquel memorable acontecimiento.
Tampoco fue ésta la última publicación; pero nosotros nonos
creemos en el deber de mencionar las posteriores, que sesalen del
período de nuestra historia. Aludiremos sólo a unadel 13 de febrero
del año 1632, en la cual el Ilustrísimo yExcelentísimo Señor, el
Duque de Feria, gobernador por se-gunda vez, nos advierte de que
las mayores fechorías provie-nen de esos a quienes llaman bravos.
Esto basta para asegu-rarnos de que, en la época de que nos
ocupamos, había toda-vía bravos.
Que los dos descritos antes estaban allí esperando a alguien,era
demasiado evidente; pero lo que más desagradó a donAbbondio fue el
advertir, por ciertos actos , que el esperadoera él. Porque, a su
aparición, aquéllos se habían mirado a lacara, alzando la cabeza,
con un movimiento del que se deducía quelos dos de repente hab ían
d i cho : e s é l ; e l que e s t aba ahorcajadas se había
levantado, poniendo los pies en el camino;el otro se había apartado
de la cerca; y ambos se encaminaban a suencuent ro . É l , manten
iendo e l breviario abierto ante sí ,c o m o s i l e y e r a , p o
n í a l a m i r a d a m á s l e j o s , paraespiar sus movimientos;
y a l ver los venir justamente a su en-cuentro, lo asaltaron de
golpe mil pensamientos. De inmediato sepreguntó a sí mismo, a toda
prisa, si entre los bravos y él habríaalguna salida del camino, a
la derecha o la izquierda; y ensegui-da recordó que no. Hizo un
rápido examen de s i habría pe-cado contra algún poderoso, contra
algún vengat ivo; pero,incluso en medio de su turbación, e l
consolador tes t imo-nio de su conciencia lo t ranqui l izaba un
tanto; pero losbravos se acercaban, mirándolo f i jamente . Metió
el índicey el medio de la mano derecha en el sobrecuello, como
paraajustarlo; y, al girar los dos dedos en torno al cuello,
volvíamientras tanto la cara hacia detrás, torciendo al mismo
tiempo laboca, y mirando con el rabillo del ojo, hasta donde
alcanzaba,por si llegaba alguien; pero no vio a nadie. Echó un
vistazo porencima de la cerca, a los campos: nadie; otro más
recatado alcamino delante de sí: nadie, salvo los bravos. ¿Qué
hacer? Deretroceder, ya no estaba a tiempo; poner pies en polvorosa
era lomismo que decir perseguidme, o algo peor. Al no poder
esquivarel peligro, corrió a su encuentro, pues los momentos de
aquellaincertidumbre eran entonces tan penosos para él que no
deseabasino abreviarlos. Apresuró el paso, recitó un versículo en
voz másalta, compuso el rostro con toda la calma y jovialidad
quepudo, hizo esfuerzos por preparar una sonrisa; cuando se
en-contró ante los dos hombres de bien dijo mentalmente: ya está,y
se paró en seco.
—Señor cura —dijo uno de los dos, clavándole los ojos enla
cara.
-
8
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítez
- Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando isuoi dal
libro, che gli restò spalancato nelle mani, come surun leggìo.
- L e i h a i n t e n z i o n e , - p r o s e g u ì l ’ a l t r
o , c o n l ’ a t t om i n a c c i o s o e i r a c o n d o d i c h
i c o g l i e u n s u o i n f e r i o r es u l l ’ i n t r a p r e
n d e r e u n a r i b a l d e r i a , - l e i h a i n t e n z i o n
ed i m a r i t a r d o m a n i R e n z o T r a m a g l i n o e L u
c i aM o n d e l l a !
- C i o è . . . - r i s p o s e , c o n v o c e t r e m o l a n
t e , d o nA b b o n d i o : - c i o è . L o r s i g n o r i s o n
u o m i n i d im o n d o , e s a n n o benissimo come vanno queste
faccende.Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra
loro,e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un bancoa
riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.
- Or bene, - gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tonosolenne
di comando, - questo matrimonio non s’ha da fare,né domani, né
mai.
- Ma, signori miei, - replicò don Abbondio, con la vocemansueta
e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, - ma,signori miei,
si degnino di mettersi ne’ miei panni. Se la cosadipendesse da
me,... vedon bene che a me non me ne vien nullain tasca...
- Orsù , - i n t e r ruppe i l b r avo , - s e l a cosa avesse
adeciders i a c ia r le , l e i c i met te rebbe in sacco . Noi
nonn e s a p p i a m o , n é v o g l i a m s a p e r n e d i p i ù
. U o m oavver t i t o . . . l e i c ’ in t ende .
- M a l o r s i g n o r i s o n t r o p p o g i u s t i , t r o
p p or a g i o n e v o l i . . .
- Ma, - interruppe questa volta l’altro compagnone, chenon aveva
parlato fin allora, - ma il matrimonio non sifarà, o.. . - e qui
una buona bestemmia , - o chi lo farà nonse ne pentirà , perché non
ne avrà tempo, e.. . - un’altrabestemmia.
- Zitto , zitto , - r iprese i l pr imo oratore: - i l s
ignorcurato è un uomo che sa i l v iver del mondo; e noi s
iamgalantuomini , che non vogl iam fargl i del male , purchéabbia
giudizio. Signor curato, l’ i l lustr issimo signor donRodrigo
nostro padrone la r iver isce caramente .
Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come,nel forte d’un
temporale notturno, un lampo[ lightning] cheillumina
momentaneamente e in confuso gli oggetti , eacc resce i l t e r ro
re . F e c e , c o m e p e r i s t i n t o , u ng r a n d ’ i n c h
i n o , e d i s s e : - s e m i s a p e s s e r os u g g e r i r e
. . .
- Oh! suggerire a lei che sa di latino! - interruppe ancorail
bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. - A lei tocca.E
sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso chele
abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lostesso che
fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dicain suo nome
all’illustrissimo signor don Rodrigo?
—¿Qué se l e o f rece? —respondió de inmedia to donAbbondio,
alzando los suyos del libro, que quedó abierto ensus manos, como
sobre un atril.
—¿Tiene vuestra merced intención —prosiguió el otro, conel gesto
amenazador e iracundo de quien sorprende a un infe-rior a punto de
emprender una fechoría—, tiene vuestra mercedintención de casar
mañana a Renzo Tramaglino y LucíaMondella?
—Es dec i r. . . —respondió , con voz temblorosa , donAbbondio—,
es decir... Vuesas mercedes, señores, son hombresde mundo, y saben
perfectamente cómo pasan estas cosas. Elpobre cura nada tiene que
ver; arman sus líos entre sí, y des-pués... y después, vienen a
nosotros, como quien va a cobrar aun banco; y nosotros..., nosotros
somos los servidores de todos.
—Pues bien —le dijo el bravo, al oído, pero en solemne tonode
mando—,ese matrimonio no se ha de celebrar, ni mañana ninunca.
—Pero, señores míos —replicó don Abbondio, con la vozmansa y
amable de quien quiere convencer a un impacien-te—, pero, señores
míos, dígnense ponerse en mi lugar. S id e m í d e p e n d i e r a
. . . y a v e n q u e n o m e m e t o n a d a e n e lb o l s i l l
o . . .
—¡Ea! —interrumpió el bravo—, si la cosa tuviera quedecidirse
con charlas, vuestra merced nos embaucaría. Noso-tros no sabemos
nada más, ni queremos saberlo... Hombre pre-venido..., vuestra
merced ya entiende.
—Pero vuestras mercedes, señores, son demasiado justos,demasiado
razonables...
—Pero —interrumpió esta vez el otro compañero, que nohabía
hablado hasta entonces—, pero el matrimonio no se ce-lebrará, o...
—y aquí una buena blasfemia—, o quien lo cele-bre no se
arrepentirá, porque no tendrá tiempo, y... —otra blas-femia.
—¡Chitón! ¡Chitón! —continuó el primer orador—. El se-ñor cura
es hombre que sabe vivir en el mundo; y nosotros so-mos hombres de
bien, que no queremos hacerle daño, con tal deque tenga juicio.
Señor cura, el ilustrísimo señor don Rodrigo,nuestro amo, saluda
cariñosamente a vuestra merced.
Este nombre fue, en la mente de don Abbondio, como unrayo que,
en lo más fuerte de una tormenta nocturna iluminam o m e n t á n e
a y c o n f u s a m e n t e l o s o b j e t o s , y a c r e -c i e
n t a e l t e r r o r . H i z o , c o m o p o r i n s t i n t o , u
n a g r a nre v e r e n c i a , y d i j o : — S i v u e s t r a s m
e r c e d e s m e p u d i e -s e n s u g e rir...
—¡Oh! ¡Sugerirle a vuestra merced, que sabe latín! —inte-rrumpió
de nuevo el bravo, con una risa entre descarada y fe-roz—. Es cosa
suya. Y, sobre todo, no deje escapar una palabrade este aviso que
le hemos dado por su bien; si no... ejem...sería lo mismo que
celebrar la tal boda. Adiós, ¿qué quiere quese diga en su nombre al
ilustrísimo señor don Rodrigo?
-
9
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítez- Il mio rispetto...- Si
spieghi meglio!
-... Disposto... disposto sempre all’ubbidienza -. E,
proferendoqueste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una
promessa,o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di
prenderlenel significato più serio.
- Benissimo, e buona notte, messere, - disse l’un d’essi,in atto
di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochimomenti prima,
avrebbe dato un occhio per iscansarli, alloraavrebbe voluto
prolungar la conversazione e le trattative. -Signori... - cominciò,
chiudendo il libro con le due mani;ma quell i , senza più dargli
udienza, presero la stradadond’era lui venuto, e s’al lontanarono,
cantando unacanzonaccia che non voglio trascrivere. I l povero
donAbbondio r imase un momento a bocca aper ta , comeincantato; poi
prese quella delle due stradette che conducevaa casa sua, mettendo
innanzi a stento una gamba dopol’altra, che parevano aggranchiate.
Come stesse di dentro,s’intenderà meglio, quando avrem detto
qualche cosa del suonaturale, e de’ tempi in cui gli era toccato di
vivere.
Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non eranato con un
cuor di leone. Ma, fin da’ primi suoi anni,aveva dovuto comprendere
che la peggior condizione, aque’ tempi, era quella d’un animale
senza artigli e senzazanne , e che pure non si sentisse
inclinazione d’esserdivorato. La forza legale non proteggeva in
alcun contol’uomo tranquil lo, inoffensivo, e che non avesse al tr
imezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi epene
contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano;i d e l i t t
i e r a n o e n u m e r a t i , e p a r t i c o l a r e g g i a t i
, c o nminuta pro l i ss i tà ; l e pene , pazzamente esorb i tan t
i e ,s e n o n b a s t a , a u m e n t a b i l i , q u a s i p e r
o g n i c a s o , a darb i t r io de l l eg is la tore s tesso e d
i cen to esecutor i ; l eprocedure , s tud ia te so l tanto a l
iberare i l g iud ice dao g n i c o s a c h e p o t e s s e e s s e
r g l i d ’ i m p e d i m e n t o aprofer i re una condanna: gli
squarci che abbiam riportatidelle gride contro i bravi, ne sono un
piccolo, ma fedelsaggio . Con tutto ciò, anzi in gran parte a
cagion di ciò,quel le gr ide , r ipubbl ica te e r inforza te d i
governo ing o v e r n o , n o n s e r v i v a n o a d a l t r o c h
e a d a t t e s t a r ea m p o l l o s a m e n t e l ’ i m p o t e
n z a d e ’ l o r o a u t o r i ; o , s eproducevan qualche effetto
immediato, era principalmented’aggiunger molte vessazioni a quelle
che i pacifici e ideboli già soffrivano da’ perturbatori, e
d’accrescer leviolenze e l’astuzia di questi. L’impunità era
organizzata,e aveva radici che le gride non toccavano, o non
potevanosmovere . Ta l i e ran g l i as i l i , t a l i i p r iv i
leg i d ’a lcuneclass i , in par te r iconosciu t i da l la forza
legale , in par teto l le ra t i con as t ioso s i l enz io , o
impugnat i con vaneprotes te , ma sostenut i in fa t to e d i fes i
da quel le c lass i ,con a t t iv i tà d ’ in t e r e s s e , e c o
n g e l o s i a d i p u n t i g l i o .O r a , ques t ’ impuni tà
minacc ia ta e insu l t a t a , ma nond i s t r u t t a d a l l e g
r i d e , d o v e v a n a t u r a l m e n t e , a o g n iminacc ia
, e a ogn i in su l to , adopera r nuov i s fo rz i enuove invenz
ioni , per conservars i . Cos ì accadeva ineffet to; e , a l l
’appari re del le gr ide diret te a comprimerei v io lent i , ques
t i cercavano nella loro forza reale i nuovimezzi più opportuni,
per continuare a far ciò che le gride
—Mis respetos...—¡Explíquese mejor!
—Dispuesto... siempre dispuesto a la obediencia —y, al pro-ferir
estas palabras, ni siquiera él sabía si hacía una promesa oun
cumplido. Los bravos las tomaron, o demostraron tomarlas,en el
significado más serio.
—Muy bien... Y buenas noches, señor mío —dijo uno deellos,
mientras se marchaba con su compañero. Don Abbondio,que, pocos
momentos antes, habría dado un ojo de la cara porevitarlos, ahora
hubiera querido prolongar la conversación ylas negociaciones:
—Señores... —empezó, cerrando el libro conlas dos manos; pero los
otros, sin prestarle oídos, tomaron elcamino por donde él había
llegado, y se alejaron, cantando unacancioncilla que no quiero
transcribir. El pobre don Abbondiose quedó un momento con la boca
abierta, como embrujado;después cogió aquella de las dos sendas que
conducía a su casa,adelantando a duras penas una pierna detrás de
la otra, puesparecían entumecidas. Se comprenderá mejor cómo estaba
pordentro, cuando hayamos dicho algo sobre su natural, y sobrelos
tiempos en que le había tocado vivir.
Don Abbondio (el lector ya lo ha advertido) no había na-cido con
un corazón de león. Pero, desde sus primeros año s ,h a b í a t e n
i d o q u e c o m p r e n d e r q u e l a p e o r c o n d i c i ó n
,e n a q u e l l o s t i e m p o s , e r a l a d e u n a n i m a l
s i n g a r r a s n icolmillos, y que, sin embargo, no se sintiera
inclinado a de-jarse devorar. La fuerza legal no protegía en
ninguna medidaal hombre tranquilo, inofensivo, y que no contara con
otros me-dios para meter miedo a los demás. No es que faltaran
leyes y penascontra las violencias privadas. Más aún, menudeaban
las leyes;los delitos se enumeraban, y detallaban, con minuciosa
proli-j idad; las penas eran locamente exorbi tantes y, por s i
nobastaba, podían aumentarse en cada caso, a voluntad delpropio
legislador y de sus cien ejecutores; los procedimien-tos es taban
estudiados solamente para l iberar a l juez detodo lo q u e p u d i
e r a s e r v i r l e d e i m p e d i m e n t o p a r a p r o -f e
r i r u n a c o n d e n a ; l o s f r agmentos que hemos
reproduci-do de los bandos contra los bravos son una pequeña,
aunque fiel,muestra. Con todo eso, e incluso en gran parte a causa
de eso,aquellos bandos, publicados y reforzados de gobierno en
go-bierno, no servían sino para atestiguar ampulosamente la
im-potencia de sus autores; o, si producían algún efecto
inme-diato, era principalmente el de agregar muchas vejaciones alas
que los pacíficos y los débiles sufrían de parte de
losperturbadores, y el de acrecentar las violencias y la astuciade
éstos. La impunidad estaba organizada, y tenía raíces alas que los
bandos no alcanzaban, o no podían remover. Ta-les eran los asilos,
tales los privilegios de algunas clases, enparte reconocidos por la
fuerza legal, en parte tolerados conrabioso silencio, o impugnados
con vanas protestas, pero sos-tenidos de hecho y defendidos por
aquellas clases, con laprontitud que inspira el interés, y con
rivalidad de puntillo.Ahora bien, esta impunidad amenazada e
insultada, pero nodestruida por los bandos, tenía naturalmente que
utilizar nue-vos esfuerzos y nuevas invenciones, para conservarse,
antecada amenaza y cada insulto. Así ocurría, en efecto; y cuan-do
aparecían bandos encaminados a contener a los violen-tos, éstos
buscaban en su fuerza real nuevos métodos másoportu n o s , p a r a
s e g u i r h a c i e n d o l o q u e l o s b a n d o s
-
10
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezvenivano a proibire.
Potevan ben esse inceppare a ognipasso, e molestare l’uomo bonario
, che fosse senza forzapropria e senza protezione; perché, col fine
d’aver sottola mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni
delitto,assoggettavano ogni mossa del privato al volere
arbitrariod’esecutori d’ogni genere. Ma chi, prima di commettereil
deli t to, aveva prese le sue misure per ricoverarsi atempo in un
convento, in un palazzo, dove i birri nona v r e b b e r m a i o s
a t o m e t t e r p i e d e ; c h i , s e n z ’ a l t r ep r e c a
u z i o n i , p o r t a v a u n a l i v r e a c h e i m p e g n a s
s e adifenderlo la vanità e l’interesse d’una famiglia potente,di
tutto un ceto , era libero nelle sue operazioni, e potevaridersi di
tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessich’eran deputati a
farle eseguire , alcuni appartenevanoper nascita alla parte
privilegiata, alcuni ne dipendevanoper c l iente la ; g l i uni e g
l i a l t r i , per educazione, perinteresse, per consuetudine, per
imitazione, ne avevanoabbracc ia te le mass ime, e s i sa rebbero
ben guarda t idall’offenderle, per amor d’un pezzo di carta
attaccatosulle cantonate. Gli uomini poi incaricati
dell’esecuzioneimmediata, quando fossero stati intraprendenti come
eroi ,ubbidient i come monaci , e pront i a sacr i f icars i
comemar t i r i , non avrebber però po tu to ven i rne a l l a f
ine ,inferiori com’eran di numero a quelli che si trattava dis o t
t o m e t t e r e , e c o n u n a g r a n p r o b a b i l i t à d ’
e s s e r eabbandonati da chi, in astratto e, per così dire, in
teoria,imponeva loro di operare. Ma, oltre di ciò, costoro
erangeneralmente de’ più abbietti e ribaldi soggetti del lorotempo;
l’incarico loro era tenuto a vile anche da quelliche potevano
averne terrore, e il loro titolo un improperio.Era quindi ben
naturale che costoro , in vece d’arrischiare,anzi di gettar la vita
in un’impresa disperata, vendesserola loro inazione, o anche la
loro connivenza ai potenti, es i r iservassero a eserci tare la
loro esecrata autor i tà ela forza che pure avevano, in quelle
occasioni dove nonc’era per ico lo ; ne l l ’oppr imer c ioè , e ne
l vessare g l iuomini pacif ic i e senza difesa.
L’ u o m o c h e v u o l e o f f e n d e r e , o c h e t e m e ,
o g n imomento, d’essere offeso , cerca naturalmente alleati
ecompagni. Quindi era, in que’ tempi, portata al massimopunto la
tendenza degl’individui a tenersi collegati inclassi , a formarne
delle nuove, e a procurare ognuno lamaggior potenza di quella a cui
apparteneva. I l clerovegliava a sostenere e ad estendere le sue
immunità, lanobil tà i suoi privilegi , i l mili tare le sue
esenzioni. Imercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e
inconfraternite, i giurisperiti formavano una lega , i medicis t e
s s i u n a c o r p o r a z i o n e . O g n u n a d i q u e s t e p
i c c o l eol igarchie aveva una sua forza speciale e propria;
inognuna l’individuo trovava il vantaggio d’impiegar per sé,a
proporzione della sua autorità e della sua destrezza, leforze
riunite di molti. I più onesti si valevan di questovantaggio a
difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi neapprofit tavano, per
condurre a termine ribalderie, allequali i loro mezzi personali non
sarebber bastati, e perassicurarsene l’impunità. Le forze però di
queste variel e g h e e r a n m o l t o d i s u g u a l i ; e , n e
l l e c a m p a g n ep r i n c i p a l m e n t e , i l n o b i l e
d o v i z i o s o e v i o l e n t o , c o ni n t o r n o u n o s t
u o l o d i b r a v i , e u n a p o p o l a z i o n ed i c o n t a
d i n i a v v e z z i , p e r tradizione famigliare, einteressati o
forzati a riguardarsi quasi come sudditi e
p r o h ib í an . Los bandos pod ían muy b i en e s to rba r a
cadapaso , y moles t a r a l hombre bueno , s in fue rza p rop ia
ys in p ro t ecc ión ; po rque , con e l f i n de t ene r en sus
manosa cua lqu ie r hombre , pa ra p reven i r o castigar cualquier
de-lito, sometían cada movimiento privado a la voluntad arbitra-ria
de ejecutores de todo género. Pero quien, antes de cometerel
delito, hubiera tomado sus disposiciones para refugiarse atiempo en
un convento, en un palacio, donde los esbirros nose atreverían a
poner los pies; quien, sin más precaucio-nes, l levaba una l ibrea
que comprometiera en su defensa lavanidad y el interés de una
poderosa familia, de toda unacasta, era l ibre en sus operaciones,
y podía reírse de todoaquel estrépito de los bandos. Entre los
mismos que teníana su cargo el hacerlos cumplir , unos pertenecían
por naci-miento a la parte privilegiada, otros dependían de ella
porclientela; unos y otros, por educación, por in te rés , por
cos-tumbre , po r imi t ac ión , hab ían ab razado sus máx imas ,
yse hub ie ran gua rdado mucho de o fende r l a s po r mor deun
pedazo de papel pegado en las esquinas. Por otra parte,aunque los
hombres encargados de su ejecución inmediatahubieran sido
emprendedores como héroes, obedientes comomonjes, y hubieran estado
dispuestos a sacrificarse comomártires, no habrían podido lograr
sus fines, inferiores comoeran en número a aquellos a quienes se
trataba de someter,y con grandes probabil idades de verse
abandonados p o rq u i e n , e n a b s t r a c t o y , p o r a s í
d e c i r l o , e n t e o -r í a , l e s m a n d a b a a c t u a r
. M a s , a m é n d e e s t o , e r a ng e n e r a l m e n t e s u
j e t o s d e l o s m á s a b y e c t o s y t r u h a n e s d es u
t i e m p o ; s u misión era tenida por vil incluso por aque-llos
que podían sentir terror de ella, y su t í tulo se conside-raba un
ins u l t o . E r a , p u e s , m u y n a t u r a l q u e e l l o s
,e n v e z d e arriesgar su vida, e incluso perderla en unaempresa
desesperada, vendieran su inacción, y hasta su conni-vencia, a los
poderosos, y se reservaran para ejercer su execradaautoridad y la
fuerza que tenían en aquellas ocasiones en lasque no había peligro:
es decir, opr imiendo y vejando a loshombres pacíf icos e
indefensos.
El hombre que quiere hacer daño, o que teme, en todomomento, que
se lo hagan, busca naturalmente a l iados ycompañeros. Estaba,
pues, en aquel los t iempos, l levada alextremo la tendencia de los
individuos a mantenerse uni-dos en clases , a formar otras nuevas,
a procurar cada unoel mayor poderío para aquel la a la que per
tenecía . El c le-ro velaba por sostener y ampliar sus inmunidades,
la no-bleza, sus pr ivi legios , e l mil i tar, sus exenciones. Los
co-merciantes y ar tesanos es taban inscritos en gremios y co-f
radías , los jur isper i tos formaban una l iga , los mismosmédicos
una corporación. Cada una de estas pequeñas ol i -garquías tenía su
fuerza par t icular y propia; en cada unael individuo encontraba la
ventaja de emplear para s í , enproporción a su autor idad y a su
destreza, las fuerzas re-unidas de muchos. Los más honrados se
valían de esta ven-taja sólo para su defensa; los astutos y los
facinerosos laaprovechaban para l levar a cabo fechorías , para las
queno habrían bastado sus medios personales , y para asegu-rarse la
impunida d . N o o b s t a n t e , l a s f u e r z a s d e e s -t a
s d i s t i n t a s l i g a s e r a n m u y d e s i g u a l e s ; y
p r i n c i -p a l m e n t e e n e l c a m p o , e l n o b l e a c
a u d a l a d o y v i o -l e n t o , c o n u n tropel de bravos a
su a l rededor, y una po-blación de campesinos avezados , por t
radición famil iar,a considerarse casi como súbdi tos y soldados
del amo, e
-
11
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezs o l d a t i d e l p a d
r o n e , e s e r c i t a v a u n p o t e r e , a c u
idifficilmente nessun’altra frazione di lega avrebbe ivipotuto
resistere.
Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggiosoancor meno,
s’era dunque accorto , prima quasi di toccargli anni della
discrezione, d’essere, in quella società, comeun vaso di terra
cotta, costretto a viaggiare in compagniadi molti vasi di ferro.
Aveva quindi, assai di buon grado,ubbidito ai parenti, che lo
vollero prete. Per dir la verità,non aveva gran fatto pensato agli
obblighi e ai nobili finidel ministero al quale si dedicava:
procacciarsi di chevivere con qualche agio , e mettersi in una
classe riveritae forte, gli eran sembrate due ragioni più che
sufficientiper una tale scelta . Ma una classe qualunque non
proteggeun individuo, non lo assicura, che fino a un certo
segno:nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare.Don
Abbondio, assorbito continuamente ne’ pensieri dellapropria quiete,
non si curava di que’ vantaggi, per ottenerei quali facesse bisogno
d’adoperarsi molto, o d’arrischiarsiun poco. Il suo sistema
consisteva principalmente nelloscansar tutti i contrasti, e nel
cedere, in quelli che nonpoteva scansare . Neutralità disarmata in
tutte le guerreche scoppiavano in to rno a lu i , da l l e con tese
, a l lo raf requent i ss ime, t ra i l c le ro e le podes tà la
iche , t ra i lm i l i t a r e e i l c i v i l e , t r a n o b i l
i e n o b i l i , f i n o a l l eques t ion i t r a due contad i n
i , n a t e d a u n a p a r o l a , ed e c i s e c o i p u g n i ,
o c o n l e c o l t e l l a t e . S e s i t rovavaa s s o l u t a m
e n t e c o s t r e t t o a p r e n d e r p a r t e t r a d u ec o
n t e n d e n t i , s t a v a c o l p i ù f o r t e , s e m p r e p
e r ò a l l aretroguardia, e procurando di far vedere all’altro
ch’eglinon g l i e ra vo lon ta r i amente nemico : pa reva che g l
idicesse: ma perché non avete saputo esser voi il più forte?ch’io
mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla largada ’ p r epo
ten t i , d i s s imu lando l e l o r o s o v e rc h i e r i ep a s
s e g g i e r e e c a p r i c c i o s e , c o r r i s p o n d e n d
o c o nsommissioni a quelle che venissero da un’intenzione piùseria
e più meditata, costringendo, a forza d’inchini e dirispetto
gioviale, anche i più burberi e sdegnosi, a fargliu n s o r r i s o
, q u a n d o g l ’ i n c o n t r a v a p e r l a s t r a d a , i
lpover’uomo era riuscito a passare i sessant’anni, senzagran
burrasche.
Non è però che non avesse anche lui il suo po’ di fielein corpo;
e quel continuo esercitar la pazienza, quel darcosì spesso ragione
agli altri, que’ tanti bocconi amariinghiottiti in silenzio, glielo
avevano esacerbato a segnoche, se non avesse, di tanto in tanto,
potuto dargli un po’di sfogo , la sua salute n’avrebbe certamente
sofferto. Masiccome v’eran poi finalmente al mondo, e vicino a
lui,persone ch’egli conosceva ben bene per incapaci di farmale,
così poteva con quelle sfogare qualche volta il malumore lungamente
represso, e cavarsi anche lui la vogliad’essere un po’ fantastico,
e di gridare a torto. Era poi unrigido censore degli uomini che non
si regolavan come lui,quando però la censura potesse esercitarsi
senza alcuno,anche l on t ano , pe r i co lo . I l bat tu to e ra a
lmeno unimprudente; l’ammazzato era sempre stato un uomo torbido.A
chi, messosi a sostener le sue ragioni contro un potente,rimaneva
col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar semprequalche torto;
cosa non difficile, perché la ragione e iltorto non si dividon mai
con un taglio così netto, che
i n t e r e s a d o s o f o r z a d o s a e l l o , e j e r c í
a u n p o d e r a lc u a l d i f í c i l m e n t e h a b r í a p o
d i d o r e s i s t i r s e n i n g u n ao t r a a l i a n z a
.
Nuestro Abbondio, pues, ni noble, ni rico, y menos aún
va-liente, se había dado cuenta , casi antes de llegar a los años
dela discreción, de ser, en aquel la sociedad, como una vasi-ja de
barro, obl igada a via jar en compañía de muchas va-s i jas de
hierro. Había obedecido, pues , de bastante buengrado, a sus
padres, que lo querían sacerdote. A decir verdad,no había pensado
gran cosa en las obligaciones y los noblesfines del ministerio al
que se dedicaba: procurarse de quévivir con cierta comodidad , e
introducirse en una clase res-petada y fuerte, le parecieron dos
razones más que sufi-cientes para tal elección . Pero ninguna c
lase pro tege a unindiv iduo , n i lo asegura , más que hasta c ie
r to punto ; na-d ie lo d i spensa de formarse un s i s tema par t
icu la r. DonAbbondio, absorbido cont inuamente por la idea de su
pro-pia tranquil idad , no se cuidaba de aquel las venta jas
paracuya obtenc ión fuera prec iso a fanarse mucho, o a r r ies
-garse un poco . Su s i s tema cons i s t í a p r inc ipa lmente
enesquivar todo choque , y en ceder en aquel los que no po-día
esquivar. Neutralidad desarmada en todas las guerras quees t a l l
aban a su a l r ededor, en l a s con t i endas , en
toncesfrecuentísimas, entre el clero y los poderes laicos, entre
elmilitar y el civil, entre nobles y nobles, y hasta en los
alter-cados entre dos campesinos, nacidos de una frase, y
decidi-dos a puñetazos, o a cuchilladas . Si se encontraba
absoluta-mente obligado a tomar p a r t i d o p o r u n o d e l o s
d o s c o n -t e n d i e n t e s , e s t a b a c o n e l m á s f u
e r t e , a u n q u e s i e m p r ee n l a r e t a g u a r d i a ,
y p r o c u r a n d o d a r l e a e n t e n d e r a l o t r oq u e
n o e r a s u e n e m i g o p o r v o l u n t a d p r o p i a ; p a
r e c í ad e c i r l e : p e r o ¿ p o r q u é n o h a s s a b i d
o s e r e l m á s f u e r t e ?Yo m e h a b r í a p u e s t o d e t
u p a r t e . M a n t e n i é n d o s e l e j o sd e l o s p r e p
o t e n t e s , d i s i m u l a n d o s u s t r o p e l í a s p a s
a j e -r a s y c a p r i c h o s a s , r e s p o n d i e n d o c o
n s u m i s i o n e s a l a sq u e p r o c e d í a n d e u n a i n
t e n c i ó n m á s s e r i a y m á sm e d i t a d a , o b l i g a
n d o , a f u e r z a d e reverenc ia s y derespe to j ov ia l ,
inc luso a los más ceñudos y desdeñosos alanzar le una sonrisa
cuando lo encontraban en su camino,el pobre hombre había logrado
pasar los sesenta años s ingrandes borrascas .
No es que él no tuviera también su poco de hiel en elcuerpo; y
el continuo ejercicio de la paciencia, el dar tan amenudo la razón
a los otros, los muchos bocados amargostragados en silencio, se la
habían exacerbado hasta tal puntoq u e s i n o h u b i e r a p o d
i d o , d e v e z e n c u a n d o ,d e sahogarla un poco, su salud
ciertamente se habría resentido.Pero como en f in de cuentas había
en el mundo, y cerca deél , personas que sabía perfectamente
incapaces de hacerdaño, podía desahogar con ellas alguna vez el
malhumor lar-gamente reprimido, y satisfacer también él sus ganas
de serun poco extravagante, y de regañar sin razón . Era además
unrígido censor de los hombres que no se conducían como él,siempre
que la censura pudiera ejercerse sin el menor peli-gro, ni remoto.
El apaleado era, cuando menos, un impru-dente; el asesinado había
sido siempre un hombre turbio .A quien, metido a defender sus
razones contra un podero-so, salía con la cabeza rota, don Abbondio
sabía encontrar-le siempr e a l g u n a c u l p a ; c o s a n a d a
d i f í c i l , p o r q u el a i n o c e n c i a y l a culpa jamás
se dividen con un corte tan
-
12
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezogni parte abbia soltanto
del l’una o dell’al tro. Sopratutto poi, declamava contro que’ suoi
confratell i che, aloro rischio , prendevan le parti d’un debole
oppresso,contro un soverchiatore potente. Questo chiamava
uncomprarsi gl’impicci a contanti, un voler raddirizzar legambe a i
can i ; d iceva anche severamente , ch’era unmischiarsi nelle cose
profane, a danno della dignità del sacrominis te ro . E cont ro
ques t i p red icava , sempre però aquattr ’occhi, o in un
piccolissimo crocchio, con tanto piùdi veemenza, quanto più essi
eran conosciuti per alieni dalrisentirsi, in cosa che li toccasse
personalmente. Aveva poiuna sua sentenza prediletta, con la quale
sigillava sempre id i s c o r s i s u q u e s t e m a t e r i e : c
h e a u n g a l a n t u o m o ,i l qua l badi a sé , e s t i a n e
’ s u o i p a n n i , n o na c c a d o n m a i b r u t t i i n c o
n t r i .
Pensino ora i miei venticinque lettori che impressionedovesse
fare sul l’animo del poveret to, quel lo che s’èraccon ta to . Lo
spaven to d i que ’ v i sacc i e d i que l l eparolacce, la
minaccia d’un signore noto per non minacciareinvano , un s i s t
ema d i qu ie to v i v e r e , c h ’ e r a c o s t a t otant’anni
di studio e di pazienza, sconcertato in un punto,e un passo dal
quale non si poteva veder come uscirne:tutti questi pensieri
ronzavano tumultuariamente nel capobasso di don Abbondio. " Se
Renzo si potesse mandare inpace con un bel no, via; ma vorrà delle
ragioni; e cosa hoda rispondergli, per amor del cielo? E, e, e,
anche costui èu n a t e s t a : u n a g n e l l o s e n e s s u n l
o t o c c a , m a s e u n ov u o l c o n t r a d d i rg l i . . . i
h ! E p o i , e p o i , p e r d u t o d i e t r oa q u e l l a L u
c i a , i n n a m o r a t o c o m e . . . R a g a z zacci, che,per
non saper che fare, s’innamorano, voglion maritarsi, enon pensano
ad altro; non si fanno carico de’ travagli inche mettono un povero
galantuomo. Oh povero me! vedetese quelle due figuracce dovevan
proprio piantarsi sulla miastrada, e prenderla con me! Che c’entro
io? Son io chevogl io mar i ta rmi? Perché non son andat i p iu t
tos to aparlare... Oh vedete un poco: gran destino è il mio, che
lecose a proposito mi vengan sempre in mente un momentodopo
l’occasione. Se avessi pensato di suggerir loro cheandassero a
portar la loro imbasciata.. . " Ma, a questopunto , s ’accorse che
i l pent irs i di non esse re s t a toconsigliere e cooperatore
dell’iniquità era cosa troppoiniqua; e rivolse tutta la stizza de’
suoi pensieri controquell’altro che veniva così a togliergli la sua
pace. Nonconosceva don Rodrigo che di vista e di fama, né avevamai
avuto che far con lui, altro che di toccare il petto colmento, e la
terra con la punta del suo cappello, quelle pochevolte che l’aveva
incontrato per la strada. Gli era occorsodi difendere, in più
d’un’occasione, la riputazione di quelsignore, contro coloro che, a
bassa voce, sospirando, ealzando gli occhi al cielo, maledicevano
qualche suo fatto:aveva detto cento volte ch’era un rispettabile
cavaliere. Ma,in quel momento gli diede in cuor suo tutti que’
titoli chenon aveva mai udito applicargli da altri, senza
interromperein fretta con un oibò. Giunto, tra il tumulto di
questipensieri, alla porta di casa sua, ch’era in fondo del
paesello,mise in fretta nella toppa la chiave, che già teneva in
mano;aprì, entrò, richiuse diligentemente; e, ansioso di trovarsiin
una compagnia f idata , chiamò subito: - Perpetua!Perpetua! -,
avviandosi pure verso il salotto, dove questadoveva esser
certamente ad apparecchiar la tavola per lacena. Era Perpetua, come
ognun se n’avvede, la serva di
neto que cada par te tenga sólo la una o la otra . Declama-ba,
sobre todo, contra aquel los colegas suyos que, por sucuenta y
riesgo , toma b a n p a r t i d o p o r u n d é b i l o p r i m i
-d o c o n t r a u n o p r e s o r p o d e r o s o . L l a m a b a
a e s o c o m -p r a r s e l í o s a l c o n t a d o , p e d i r l
e pe ra s a l o lmo; dec í at ambién , s eve ramen te , que e ra
mezc la r se en cosas p ro -fanas , en pe r ju i c io de l a d ign
idad de l s ag rado min i s t e -r io . Y con t r a é s tos p red
icaba , aunque s i empre a so l a s , oen un pequeñ í s imo corro ,
con tanta mayor vehemencia,cuanto que se sabía que estab a n l e j
o s d e r e s e n t i r s e e nl o q u e p e r s o n a l m e n t e
l e s t o c a b a . Te n í a a d e m á s u n as e n t e n c i a p r
e d i l e c t a , c o n l a q u e sellaba siempre susdiscursos
sobre estas materias: que a un hombre de bien,que se ocupa de sí
mismo y no se mete en camisa de oncevaras, nunca le ocurren
tropiezos.
Piensen ahora mis veint ic inco lectores en la impresiónque
debió hacer en el ánimo del pobreci l lo lo que se hacontado. El
espanto de aquel los malcarados y de aquel laspalabrotas , la
amenaza de un señor conocido por no ame-nazar en vano, un sistema
de sosegada vida, que había cos-tado tantos años de esmero y
paciencia , desconcertado enun momento, y en un lugar del que no se
veía cómo sal ir ;todos estos pensamientos zumbaban tumultuosamente
enla cabeza gacha de don Abbondio. «Si Renzo se conforma-se con un
s imple no, l is to; pero querrá razones ; ¿y quévoy a responderle?
¡Por amor del c ie lo! Y, y, y. . . tambiénél es un cabezota: un
cordero s i nadie lo toca, pero s i unoquiere llevarle la
contraria. . . ¡ay! Y además, y además, locopor esa Lucía ,
enamorado como. . . Granujas que, por nosaber qué hacer, se
enamoran, quieren casarse , y no pien-san en más; no se hacen cargo
de las t r ibulaciones quecausan a un hombre de bien. ¡Ay, pobre de
mí! ¿Por quéhan tenido que plantarse esos dos espantajos en mi
cami-no, y tomarla conmigo? ¿Yo qué tengo que ver? ¿Soy yo elque
quiero casarme? ¿Por qué no han ido a hablar más biencon. . .? Oh,
ya veis qué suer te la mía, que las cosas conve-nientes se me
ocurren s iempre un momento después de laocas ión . S i hub ie ra
pensado en suge r i r l e s que fue ran al l eva r su emba jada a .
. . » Pe ro , en e se momento , s e d iocuen ta de que a r repent i
r se de no habe r s ido conse j e roy cooperador de l a in iqu idad
es demas iado in icuo ; y vo l -v ió todo e l enojo de sus
pensamien tos con t r a aque l o t roque a s í ven ía a t u rba r
su paz . No conoc ía a don Rodr igomás que de v i s t a y de f ama
, n i nunca hab ía ten ido nadaque ver con é l , sa lvo tocar e l
pecho con la barb i l la , y lat ie r ra con e l a la de l sombrero
, l as pocas veces que lohabía encont rado en su camino . Le había
ocur r ido defen-der, en más de una ocas ión , l a reputac ión de
aquel señor,cont ra qu ienes , en voz ba ja , susp i rando , y a
lzando loso jos a l c ie lo , maldec ían a lguna de sus hazañas ;
había d i -cho mi l veces que e ra un respe tab le caba l le ro .
Mas , enese momento , l e d io en su fuero in te rno todos los t í
tu losque nunca había o ído ap l icar le a o t ros s in in te r
rumpir losa toda prisa con un «¡quita allá!». Llegado, entre el
tumul-to de estos pensamientos, a la puerta de su casa, que
estabaal f inal de la aldea, metió a toda prisa en la cerradura la
llave,que ya tenía en la mano; abrió, entró, volvió a cerrar
diligentemente y,ansioso de encontrarse en compañía de confianza,
llamó en seguida :«¡Perpetua! ¡Perpetua!», dirigiéndose al tiempo
hacia la sala,donde ella tenía que estar, seguramente, poniendo la
mesa parala cena. Era Perpetua, como cualquiera comprende , l a c r
ia -
-
13
Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezdon Abbondio: serva
affezionata e fedele, che sapevaubbidire e comandare, secondo
l’occasione, tollerare atempo il brontolìo e le fantasticaggini del
padrone, e farglia tempo tollerar le proprie, che divenivan di
giorno ingiorno più frequenti, da che aveva p