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I GOVERNI LOCALI NELLE DEMOCRAZIE CONTEMPORANEE (BOBBIO) INTRODUZIONE Il potere politico è quindi suddiviso tra stato nazionale e governi locali, tra il centro e la periferia. Accanto alla classica divisione dei poteri orizzontale o funzionale, tra potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario, esiste in tutti i paesi un secondo tipo di divisione dei poteri verticale o territoriale tra il governo centrale e i governi locali. 1. Governi minori? I governi locali sono governi minori. Incontrano limiti finanziari e funzionali imposti dagli stati centrali. Agiscono su territori di dimensioni ridotte. Ci sono almeno 5 ragioni che consigliano di studiare il fenomeno del governo locale. Primo: la democrazia. I governi locali sono le istituzioni pubbliche più vicine ai cittadini; consentono una partecipazione alla vita pubblica e alle scelte collettive che altre istituzioni più lontane difficilmente permetterebbero. Il comune è il primo e più immediato ambito della democrazia. Secondo: i servizi ai cittadini. I principali servizi pubblici che i cittadini ricevono( si tratti di scuole, strade, assistenza, case popolari, sanità, raccolta rifiuti, trasporti) sono prodotti in tutti i paesi del mondo, in modo esclusivo o quasi, dai governi locali o per loro conto. Le scelte compiute dalle istituzioni locali hanno quindi una diretta influenza sulla vita quotidiana dei cittadini. Terzo: il decentramento e la globalizzazione. I governi locali stanno acquistando maggiore importanza in tutti o quasi i paesi del mondo: ottengono nuovi poteri e maggiore autonomia finanziaria, tendono a contare di più nell’arena nazionale e , in qualche caso anche in quella internazionale. I processi di globalizzazione indeboliscono gli stati nazionali, ma rafforzano gli ambiti locali e i loro governi. Quarto: i livelli di governo. I governi locali sono sovrapposti gli uno agli altri attraverso la coesistenza di molteplici livelli di governo. Quinto: l’innovazione. I governi locali mostrano, per lo più, una maggiore capacità innovativa dei governi centrali. Sono più piccoli, più agili e sono, soprattutto molto più numerosi.
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I GOVERNI LOCALI NELLE DEMOCRAZIE CONTEMPORANEE (BOBBIO

Mar 06, 2023

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I GOVERNI LOCALI NELLE DEMOCRAZIE CONTEMPORANEE (BOBBIO)

INTRODUZIONE

Il potere politico è quindi suddiviso tra stato nazionale e governi locali, tra il centro e la periferia. Accanto alla classica divisione dei poteri orizzontale o funzionale, tra poterelegislativo, potere esecutivo e potere giudiziario, esiste in tutti i paesi un secondo tipo di divisione dei poteri verticale o territoriale tra il governo centrale e i governi locali.

1. Governi minori?

I governi locali sono governi minori. Incontrano limiti finanziarie funzionali imposti dagli stati centrali. Agiscono su territori di dimensioni ridotte. Ci sono almeno 5 ragioni che consigliano distudiare il fenomeno del governo locale.Primo: la democrazia. I governi locali sono le istituzioni pubbliche più vicine ai cittadini; consentono una partecipazione alla vita pubblica e alle scelte collettive che altre istituzioni più lontane difficilmente permetterebbero. Il comune è il primo e più immediato ambito della democrazia. Secondo: i servizi ai cittadini. I principali servizi pubblici chei cittadini ricevono( si tratti di scuole, strade, assistenza, case popolari, sanità, raccolta rifiuti, trasporti) sono prodotti in tutti i paesi del mondo, in modo esclusivo o quasi, dai governilocali o per loro conto. Le scelte compiute dalle istituzioni locali hanno quindi una diretta influenza sulla vita quotidiana dei cittadini. Terzo: il decentramento e la globalizzazione. I governi locali stanno acquistando maggiore importanza in tutti o quasi i paesi del mondo: ottengono nuovi poteri e maggiore autonomia finanziaria, tendono a contare di più nell’arena nazionale e , in qualche caso anche in quella internazionale. I processi di globalizzazione indeboliscono gli stati nazionali, ma rafforzano gli ambiti locali e i loro governi. Quarto: i livelli di governo. I governi locali sono sovrapposti gli uno agli altri attraverso la coesistenza di molteplici livellidi governo. Quinto: l’innovazione. I governi locali mostrano, per lo più, una maggiore capacità innovativa dei governi centrali. Sono più piccoli, più agili e sono, soprattutto molto più numerosi.

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2. che cosa si può intendere per “locale”?

L’ambito locale per eccellenza sono le città, i villaggi e i paesie i governi locali per eccellenza sono i governi municipali. Vi sono però anche istituzioni locali che hanno dimensioni territoriali più vaste: comprendono più città, più villaggi e territori rurali: è il caso delle province italiane, dei dipartimenti francesi, dei circondari tedeschi e delle contee inglesi o americane e di molti altri “governi intermedi”. Un ambito territoriale è considerato “locale” quando è più piccolo dell’ambito “nazionale”.Allo stesso modo quando in Italia si usa l’espressione “enti locali” o “autonomie locali” ci si riferisce esclusivamente ai comuni e alle province, ma non alle regioni che sono, anch’esse, “qualcosa di più” hanno in particolare potere legislativo. Né sonoconsiderate come governi locali le regioni spagnole.

3. che cosa si può intendere per “governo” locale?

Governi locali puri: ossia le istituzioni che sono da considerare sicuramente come “governi locali”, in quanto presentano le seguenti caratteristiche: sono istituzioni territoriali, elettive,generaliste, autonome. Appartengono a questo tipo sono cioè governi locali puri i comuni e le province italiane, i comuni e i circondari tedeschi, i distretti e le contee britanniche ecc.Governi locali di secondo grado: ossia governi generalisti che nonsono eletti direttamente dai cittadini, ma sono eletti o designatiindirettamente da altri governi locali. Appartengono a questo gruppo le province spagnole e portoghesi, e numerose istituzioni locali che raggruppano in modo volontario e obbligatorio enti locali minori svolgendo funzioni generali di governo per aree più vaste: è il caso delle comunità montane italiane o delle communautes des communes francesi, delle regioni inglesi e di numerose autorità metropolitane. Agenzie locali specializzate: il terzo gruppo è formato da agenziespecializzate nel trattare, in ambito locale, uno specifico ambitodi intervento pubblico. In alcuni casi essi sono direttamente elettivi come gli school districts negli Stati Uniti. Rientrano inquesto gruppo i corpi specializzati che gestiscono la sanità in Gran Bretagna o in Italia (le aziende sanitarie locali), le aziende municipali ( acqua, trasporti , rifiuti) e le numerose aziende o istituzioni intercomunali che gestiscono servizi specializzati (i consorzi italiani i syndicats francesi, gli

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special districts negli USA ecc.). Negli Stati Uniti tali organismi (gli school districts e gli special districts) sono classificati come governi locali a tutti gli effetti. Apparati locali dipendenti dal centro: il quarto gruppo è formato da istituzioni che operano anch’esse su scala locale, ma sono alledirette dipendenze di un livello di governo superiore. Rientrano in questo gruppo i prefetti, che rappresentano lo stato centrale in ambito locale, e i numerosi organi periferici dei ministeri, mediante i quali gli apparati dello stato nazionale danno esecuzione alle loro politiche su scala locale grazie a propri organi o uffici dislocati in periferia.

4. decentramento politico e decentramento amministrativo

un trasferimento di funzioni dal centro alla periferia può avvenire in due modi diversi. Lo stato nazionale può, innanzi tutto, affidare nuove funzioni ai governi locali propriamente detti e in questo caso possiamo parlare di decentramento politico o, per usare la terminologia inglese attualmente assai in voga, didevoluzione. Alternativamente, lo stato nazionale può affidare nuovi compiti, che in precedenza venivano svolti dai propri apparati centrali, a un proprio organismo periferico (quella funzione rimane di competenza statale, ma viene svolta in periferia) e in questo caso possiamo parlare di decentramento amministrativo o secondo l’uso francese di deconcentrazione.

5. governo locale e “governance” locale

La parola governo può essere usata anche con un altro significato.Può indicare non un’istituzione, ma un’attività, ossia l’attività di governo, il governare. Quando parliamo di “governo locale”, in questa accezione, ci riferiamo perciò a tutte quelle attività che contribuiscono a formulare e mettere in opera le politiche pubbliche locali. Per distinguere il governo in quanto istituzionedal governo in quanto attività la lingua inglese ha a disposizionedue parole diverse: government e governance. Lo studio del local government ha per oggetto le istituzioni del governo locale. Lo studio del local governance ha per oggetto l’insieme delle interazioni che su scala locale danno luogo a scelte di governo.

1. MODELLI ORIGINARI E LINEE DI EVOLUZIONE

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1. I modelli originari

Page e Goldsmith sulla base di un’indagine condotta su sette statiunitari europei, sono giunti alla conclusione che la principale linea di demarcazione corre tra i paesi dell’Europa meridionale( Francia, Italia,Spagna) e i paesi dell’Europa settentrionale ( UK, e paesi scandinavi). Essa separa, ancora oggi, i sistemi che sono stati influenzati dal modello francese-napoleonico da quelli che ne sono rimasti immuni. Altri studiosi propongono classificazioni più articolate. Hesse e Scarpe individuano tre modelli diversi che chiamano rispettivamente Franco, Anglo, e Nord-Mitteleuropeo. Il modello Franco ( così chiamato in quanto derivazione francese) corrisponde esattamente al modello dell’Europa meridionale di Page e Goldsmith. Il loro modello settentrionale è invece suddiviso in due gruppi a cui vengono attribuiti connotati differenti: il modello Anglo ( così chiamato in quanto di derivazione inglese) è tipico della Gran Bretagna , degli USA e di altri paesi anglofobi ( nuova zelanda, Australia). Il modello Nord Mitteleuropeo è invece caratteristico dell’area germanofona (Germania, Austria, Svizzera) e dei paesi scandinavi. Altri distinguono infine, all’interno di quest’ultimo gruppo, il modello germanico da quello scandinavo. Tra tutti i modelli di governo locale, quello francese-napoleonicoè sicuramente il più compatto e il più facilmente identificabile epiù “esportato” nel corso della storia.

2. il modello napoleonico

Il modello francese viene comunemente chiamato “napoleonico” anchese le sue basi fondamentali furono gettate un decennio prima dell’avvento al potere del generale Bonaparte. Nel primo anno della rivoluzione, pochi mesi dopo la presa della Pastiglia 1789, gli stati generali riuniti in assemblea nazionale crearono la nuova rete dei governi locali fondata su due livelli principali: il dipartimento e il comune.

2.1 L’accentramentoQuali sono gli aspetti caratteristici del sistema francese-napoleonico? L’aspetto che viene più comunemente sottolineato è l’alto grado di accentramento. Da questo punto di vista la figura chiave è quella del prefetto, un alto funzionario di carriera nominato dal governo centrale, che rappresenta lo stato centrale

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in ognuno dei dipartimenti in cui il territorio nazionale è suddiviso. Il prefetto esercita un penetrante controllo sui comuni: esamina preventivamente le loro deliberazioni per verificarne la legittimità e l’opportunità, in alcuni periodi della storia francese ottocentesca ha addirittura il potere di nominare i sindaci. Il dipartimento costituisce anche l’ambito di un governo locale intermedio dotato di risorse e di competenze proprie e retto da un consiglio che, col tempo, diventerà elettivo. Ma esso è presieduto anche dal prefetto che ne è anche l’organo esecutivo.Il prefetto è quindi nello stesso tempo il rappresentante dello stato centrale, il capo di un governo locale ( quello dipartimentale) e il controllore dei governi locali minori ( i comuni).

2.2 La democraziaIl centralismo però costituisce solo una faccia del sistema francese. Un secondo aspetto è l’accento che viene posto sull’autogoverno delle comunità locali. Si tratta di un autogoverno che ha un contenuto limitato, in nome degli interessi superiori della nazione, ma che viene affermato con forza. A differenza di quello che accade tuttora negli USA e in Inghilterra, l’esistenza dei governi locali viene garantita dalla costituzione, che pone quindi un argine alle pretese del governo centrale. Con i decreti del 1789 viene istituita una rete, estremamente capillare, di istituzioni comunali autonome; ogni città e ogni villaggio, anche di piccolissime dimensioni, ha diritto ad avere un proprio consiglio comunale elettivo.Il principale lascito del sistema francese è comunque costituito dalla frammentazione dei comuni: essi erano 44.000 all’epoca dellarivoluzione e sono attualmente 36.000. l’importanza delle istituzioni dell’autogoverno è confermata dal rilevante peso che le elites locali e i sindaci hanno sempre avuto nella vita politica francese.

2.3 L’uniformitàIl terzo aspetto del sistema francese – napoleonico è la sua ispirazione razionale e ugualitaria. I rivoluzionari francesi disegnarono un sistema uniforme, che si contrapponeva all’ordinamento feudale, basato su una distribuzione diseguale deipoteri sul territorio. Il principio dell’uniformità si estende daidipartimenti ai comuni. A differenza di quel che accade negli Stati Uniti d’America, tutto il territorio nazionale è suddiviso

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in comuni. Ogni comune è dotato della medesima organizzazione (un consiglio comunale elettivo e un sindaco), sia che si tratti di una grande città o di un piccolo villaggio. A differenza di quel che accade negli ordinamenti “nordici”m non vi è alcuna differenzatra l’organizzazione territoriale delle aree urbane e di quelle rurali. L’unica eccezione è costituita dalla città di Parigi che, salvo per brevi periodi storici, è direttamente sottoposta al controllo dello stato centrale attraverso il dipartimento della Senna. Parigi avrà un proprio comune e un proprio sindaco soltantoa partire dal 1975.

2.4 l’intreccio tra stato centrale e governi localiil quarto aspetto del sistema francese è l’intreccio tra l’amministrazione dello stato e l’amministrazione dei governi locali. Nel medesimo ambito territoriale operano perciò due tipi di amministrazioni diverse: i servizi deconcentrati dello stato e i governi locali. Le due strutture sono fortemente intrecciate tradi loro. Il prefetto lo abbiamo già visto rappresenta lo stato centrale in periferia ed è a capo di un governo locale. (il dipartimento). Il sindaco svolge anch’egli una doppia funzione: è il rappresentante dell’autonomia comunale, quando svolge le funzioni attribuite in proprio ai comuni; è il rappresentante dello stato centrale, quando svolge le funzioni delegate dello stato ai comuni, e in quest’ultimo caso è tenuto ad attenersi alledirettive del governo centrale.

3. La fortuna del modello napoleonico

Per le sue caratteristiche il sistema napoleonico si presentò comeun modello di organizzazione territoriale particolarmente forte e compatto. A differenza di quello che accade in stati federali di tradizione non napoleonica (USA, Svizzera, Germania) dove le unitàdi governo regionale sono “padrone” dei rispettivi governi locali,negli stati di tradizione napoleonica le regioni non hanno un rapporto esclusivo con i governi locali che si trovano sul proprioterritorio. Il governo centrale continua a intrattenere rapporti diretti con i governi locali, saltando il livello regionale.

4. I modelli non napoleonici

I sistemi di origine non napoleonica possono essere raggruppati intre famiglie: la famiglia anglosassone (ma in realtà il sistema inglese e quello americano, pur avendo numerosi aspetti in comune

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sono quasi agli antipodi e pertanto li tratterò separatamente), quella centro-europea e quella scandinava.

5. Il “self-government” britannico

La Gran Bretagna arrivò tardi a razionalizzare il proprio sistema di governo locale. Fu solo alla fine dell’Ottocento, con i Local Government Acts del 1888 e del 1895, che il parlamento britannico riuscì a mettere ordine a un sistema caotico caratterizzato da un’”assoluta mancanza di uniformità e spesso di razionalità” in cui proliferavano parrocchie, borghi, città, contee dotate di ordinamenti diversificati. Le riforme di fine secolo mantennero comunque una distinzione tra città e campagna. Nelle aree rurali venne impostato un sistema di governo locale a due livelli, basatosu contee (primo livello) e distretti (secondo livello). Questi ultimi erano distinti in rural districts e urban districts a seconda che comprendessero zone di campagna o piccoli centri urbani. Nelle grandi aree urbane fu istituito un unico livello di governo, la contea urbana, che svolgeva contemporaneamente le funzioni tipiche della contea e quelle del distretto.

5.1 La sovranità del parlamentoL’ampia sfera di autonomia di cui hanno goduto tradizionalmente i governi locali in Inghilterra è però contraddetta da un altro principio fondatore dello stato britannico: la sovranità del parlamento. In mancanza di una costituzione scritta, i governi locali britannici, a differenza di quelli dell’Europa continentale, non hanno alcuna tutela sul piano costituzionale. Essi sono creature del parlamento , il quale può quindi con legge ordinaria modificarne a suo piacimento i confini e le strutture, aggiungere o togliere competenze, dare o tagliare risorse finanziarie. I governi locali britannici non hanno, come i loro omologhi dell’europa continentale, una competenza generale, ossia non possono intraprendere qualsiasi iniziativa ritengano utile perla loro comunità, purchè non vietata dalla legge. Essi dispongono esclusivamente di una competenza speciale, essendo soggetti alla clausola ultra vires letteralmente oltre le proprie forze: ogni loro iniziativa deve essere esplicitamente autorizzata da una legge nazionale.

5.2 La “dual polity”Come spiegare il contrasto tra la soggezione formale dei governi locali al governo nazionale e la fama che ha tradizionalmente

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circondato l’autogoverno locale britannico? La spiegazione risiedenel fatto che in Inghilterra è sempre esistita una dual polity ossia potremmo tradurre una duplice sfera politica: la politica nazionale e quella locale si sono presentate come due ambiti separati e reciprocamente indipendenti, con scarse interferenze tra l’uno e l’altro. Le elites nazionali britanniche hanno tradizionalmente mostrato uno scarso interesse per le attività concrete e minute dei governi municipali, e hanno preferito concentrarsi sull’alta politica lasciando la bassa politica alle incombenze degli amministratori locali ed evitando di sporcarsi lemani con questioni troppo tecniche o amministrative. In ogni caso i poteri del centro sui governi periferici sono rimasti enormi.

6. Il “local government” americano

Il sistema statunitense di governo locale ha molti punti in comunecon quello inglese da cui in parte ovviamente deriva. Si basa anch’esso su due livelli di governo all’interno di ogni singolo stato federato: le contee e una vasta tipologia di governi municipali. I governi locali non godono di alcuna protezione costituzionale non vengono neppure nominati nella costituzione federale e sono quindi alla mercè dei singoli stati federati che li disciplinano con proprie leggi e con provvedimenti ad hoc non diversamente da quello che fa il parlamento di West minister con igoverni locali britannici. Sono anch’essi di regola sottoposti al principio ultra vires e non possono quindi prendere decisioni che non abbiano un esplicito fondamento in una norma di legge. Non esiste un sistema prefettizio.Il modello originario americano nasce infatti più che dalla tradizione inglese, dall’esperienza sviluppata dalle prime coloniedi immigrati nei territori della Nuova Inghilterra che si trovarono a inventare strutture e procedure di governo per le proprie comunità, sperimentando soluzioni innovative rispetto a quelle dei paesi europei di provenienza. Le istituzioni comunali townships della Nuova Inghilterra (stati del Nord-est) nacquero ben prima dei rispettivi stati come strutture associative, fondatesulla partecipazione dei cittadini alle decisioni della comunità; erano rette da un alto numero di magistrati elettivi, ciascuno deiquali esercitava compiti specifici per un mandato di breve durata e rispondeva agli elettori attraverso forme di democrazia diretta,i town meetings, di cui si conserva ancora qualche traccia nelle piccole townships degli stati del Nord-est.

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Negli stati del sud, influenzati dal modello francese, la democrazia municipale risultò più debole e le competenze dei governi locali minori. Negli stati dell’ovest i governi locali furono massicciamente affiancati da organismi di governo specializzati gli special districts, che comunque esistono anche nel resto del paese. Gli stati federati conservano, sul piano giuridico, un potere quasi assoluto sui “propri” governi locali (municipalità e contee). Non soltanto esistono negli USA tanti ordinamenti dei governi locali quanti sono gli stati, ma anche all’interno di ciascuno stato coesistono regole differenziate. I governi locali possono ottenere condizioni di speciale autonomia che consente loro di acquisire una competenza generale sfuggendo alle clausole ultra vires, e inoltre possono adottare diverse forme di governo. Accanto ai governi locali onnicomprensivi, esiste un altissimo numero di organismi locali specializzati in specifiche politiche per esempio acqua, trasporti, rifiuti, gli special districts in parte direttamente elettivi e in parte emanazione di governi locali. La gestione delle scuole pubbliche è affidata a organismi separati, gli school districts, che sono diretti da un consiglio school board elettivo.

7. Il modello centro-europeo

I paesi dell’europa centrale di lingua tedesca (Germania,Austria eSvizzera) sono storicamente assai più decentrati dei paesi dell’europa meridionale. Sono stati federali. Hanno sempre dato maggiore spazio alle libertà municipali. Dopo il totale accentramento operato dal regime nazista, la costituzione del 1949 ripropose un ordinamento federale, notevolmente rinnovato anche nelle entità territoriali che lo componevano, i Lander. Una legge prussiana del 1808 conferì infatti alle città ma non alle campagne uno statuto di ampia autonomia, riconoscendo ai cittadini una piena capacità di gestire i loro affari attraverso istituzioni rappresentative e istituendo una sorta di “repubblicanesimo locale”.Permane inoltre nel Lander tedeschi, l’antica separazione tra il governo delle aree rurali e quello delle aree urbane. Le prime sono amministrate attraverso due livelli di governo: i circondari e i comuni. Ogni Land tedesco ha inoltre un proprio sistema prefettizio: i rappresentanti dei governi federati operano in

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circoscrizioni distrettuali che sono formate da più circondari. Assetto federale e ampie autonomie comunali caratterizzano anche l’Austria e la Svizzera. In Svizzera i piccoli comuni dei cantoni di lingua tedesca conservano forme di democrazia diretta, quali siriscontrano soltanto in alcune townships del Nord-est degli Usa.

8. Il modello scandinavo

Svezia, Norvegia e Danimarca. Si tratta infatti di un ordinamento uniforme, basato su due livelli di governo, le contee e i comuni; non opera alcuna distinzione tra città e campagna; dispone di un sistema prefettizio: i rappresentanti del governo centrale nelle contee presiedono addirittura il consiglio (elettivo) delle conteestesse. Qui anche grazie a un’antica tradizione di autogoverno delle comunità urbane e rurali (soprattutto in Svezia), il governolocale è l’attore pubblico che interviene più massicciamente nell’attuazione delle politiche pubbliche e nella fornitura di servizi e pertanto occupa una posizione di forza nelle relazioni intergovernative. Il rapporto tra stato nazionale e governi localiappare nettamente invertito. Spesso gli studiosi scandinavi lamentano che le amplissime funzioni svolte a livello locale sono in realtà fortemente regolate dal centro, ma in una prospettiva comparata il sistema di governo locale scandinavo appare particolarmente forte, tanto più che il potere di controllo dei prefetti sui governi locali è sempre stato tradizionalmente deboleed è stato ulteriormente ridimensionato.

9. Che cosa distingue i diversi modelli di governo locale?

Tutti i movimenti autonomisti reclamano a gran voce l’abolizione dei prefetti. D’altra parte l’assenza dei prefetti non ha impeditoalla Gran Bretagna di diventare negli anni ottanta e novanta il paese più centralizzato del mondo occidentale.

9.1 Sistemi fusi e sistemi duali

Una distinzione che ha avuto fortuna è quella tra sistemi e gerarchia fusa e sistemi a gerarchia duale proposta da Leemans nel1970. le gerarchie di cui parla Leemans sono gli apparati dello stato nazionale e quelli dei governi locali. Nei sistemi fusi i due apparati tendono a fondersi in uno o più punti. Per esempio inFrancia che è il prodotto del sistema fuso, prima della riforma del 1982 il prefetto era nello stesso tempo un organo

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deconcentrato dello stato centrale e il presidente di un governo locale decentrato (il dipartimento); il sindaco è tuttora nello stesso tempo il rappresentante di un governo locale decentrato (ilcomune) e un ufficiale (deconcentrato) dello stato. Invece nei sistemi duali e il prototipo è la Gran Bretagna i due apparati sono completamente separati, non si sovrappongono in alcun punto: al centro agisce solo lo stato nazionale, in periferia solo i governi locali. Esistono anche sistemi misti, che Leemans chiama split hyerarchies, ossia gerarchie divise ed è il caso dei paesi scandinavi, in cui alcuni livelli territoriali nel caso specifico le contee, esiste un’autorità deconcentrata dello stato (il prefetto), mentre in altri (nel caso specifico i comuni) esiste esclusivamente il governo locale.

9.2 il dogmatismo britannico e il pragmatismo franceseLa Francia come regno della centralizzazione, della razionalità tecnocratica, dello stato ultra-potente; la Gran Bretagna come patria dell’autogoverno locale e del pragmatismo. A loro volta i sindaci dei centri maggiori, grazie alla possibilità di cumulare gli incarichi (un fenomeno molto sviluppato in francia e quasi sconosciuto negli altri paesi) ricoprono contemporaneamente altre cariche importanti: sono membridel consiglio di dipartimento, deputati o senatori; e hanno dunquefacile accesso ai centri decisionali provinciali o nazionali. Queste osservazioni suggeriscono che i sistemi fusi, proprio per la fitta interpretazione tra apparati dello stato e governi locali, favoriscono un continuo processo di scambio e adattamento tra gli uni e gli altri: nella prassi, la rigidità burocratica cede il passo a una flessibilità amministrativa.

9.3 lo status giuridico e lo status politico dei governi localiPage individua due dimensioni su cui può essere basato il confronto: la dimensione giuridica e la dimensione politica. La prima indica ciò che i governi possono fare sul piano legale; la seconda indica l’influenza che le elites locali possono esercitaresul policy-making nazionale per indirizzarlo a proprio vantaggio, attrarre risorse o contrastare misure a loro sfavorevoli. Queste dimensioni sono soprattutto indipendenti tra di loro: un governo locale può avere un’ampia libertà d’azione sul piano legale, ma può essere disarmato nei confronti del governo centrale, cui non ha accesso; e , viceversa, gli scarsi poteri legali di cui dispongono le elites locali possono essere compensati dall’esistenza di canali di accesso e di influenza che consentono

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loro di accaparrarsi risorse statali e di contrastare interventi centralizzatori. Dall’analisi di queste due dimensioni, Page giunge alla conclusione che la distinzione fondamentale è quella tra i paesi settentrionali (UK e paesi scandinavi) e i paesi meridionali (francia, spagna e italia). Nei primi i governi localisvolgono un numero maggiore di funzioni, spendono di più e dispongono di una maggiore discrezionalità grazie all’esistenza diun sistema di controlli a distanza, ma si trovano in una situazione di maggior isolamento dal centro. Nei secondi i compiti svolti sul piano locale sono più limitati e meno discrezionali, a causa di un sistema di controlli amministrativi svolto in loco e su ogni singolo atto, ma godono di maggiori possibilità di accesso al governo centrale. I primi hanno una maggior capacità di azione sul piano giuridico, i secondi hanno una maggiore influenza sul centro sul piano politico. Esiste dunque una contrapposizione tra il decentramento legale del Nord (cui è associato un accentramento sul piano politico) e un decentramento politico del Sud (cui è associato un accentramento sul piano legale).Nei paesi nordici prevalgono, nei rapporti tra centro e periferia,meccanismi universalistici. Nei paesi meridionali contano di più irapporti personali e le pratiche negoziali: il sistema è in grado di funzionare in modo abbastanza fluido, ma non permette grandi interventi di razionalizzazione che invece sono stati realizzati nei paesi del Nord.

10. Le tendenze verso il decentramento

Al di là delle grandi riforme, si sta assistendo in tutti i paesi a un rifiorire dei governi urbani, che acquistano indipendenza, visibilità e prestigio.10.1 La fine delle dittatureUn fattore storicamente importante è stata la conquista della democrazia dopo un periodo di dittatura. I paesi che si sono trovati in questa situazione, come l’Italia dopo il fascismo, la germania dopo il nazismo e la spagna dopo il franchismo hanno operato una netta svolta in senso autonomistico, per reagire al centralismo imposto dal passato regime.

10.2 la questione etnico/nazionali la spinta forse più potente verso il decentramento è costituita dalle rivendicazioni delle minoranze etniche o nazionali. Benché esse tendano a reclamare l’indipendenza piuttosto che il

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decentramento, l’adozione di configurazioni di tipo federale o autonomistico è uno sbocco frequente, mediante il quale si tentanodi conciliare le peculiarità culturali e linguistiche di quelle comunità con il mantenimento dell’unità dello stato. In molti casiquelle pressioni hanno portato a un decentramento di tipo diciamo così particolaristico: quelle comunità hanno ottenuto condizioni speciali di autogoverno sui loro territori (è successo per esempio, per il Sud Tirolo-Alto Adige, la valle d’aosta o la corsica) senza che venisse intaccato l’assetto complessivo dei poteri territoriali nello stato.Oggi il canada si presenta come una delle federazioni più decentrate del mondo. Un simile effetto di trascinamento si è avuto anche in UK dove la devolution alla Scozia e al Galles 1998 è stata seguita dall’istituzione delle regioni in Inghilterra 1999che per ora non sono elettive, ma potrebbero diventarlo.

10.3 la crisi dello stato socialeUn fattore più generale e comune a tutti i paesi, che ha favorito l’innesco di processi di decentramento è stata la crisi dello stato sociale. Lo sviluppo delle politiche keynesiane e del welfare state aveva infatti visto come protagonisti assoluti i governi centrali. Il caso più sintomatico di questo processo è stato quello degli USA. I programmi assistenziali a favore degli anziani e dei poveri sono stati interamente finanziati e messi in opera dal governo federale, che oggi arriva a gestire circa il 50 per cento della spesa pubblica.

10.4 la pressione delle aree riccheIn tale nuovo contesto anche gli squilibri sociali ed economici tra ambiti territoriali tendono a produrre spinte verso il decentramento. Oggi le regioni più avanzate cercano di sottrarsi aquesto gioco. Non rifiutando a priori la solidarietà con le aree svantaggiate, ma pretendono di decidere in prima persona il quantoe il come. Non accettano più che le tasse raccolte dallo stato nazionale sul loro territorio siano ridistribuite dal centro sullabase di criteri che esse non controllano. Oggi invece sono soprattutto le regioni più ricche e più dinamiche (come i Pesi Baschi o la Catalogna in spagna, la lombardia o il veneto in italia) a guidare la battaglia per l’autonomia, facendo spesso leva su vere e presunte identità etnico-nazionali.

10.5 poteri sovranazionali e globalizzazione

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le spinte verso il decentramento sono state enormemente favorite, in europa, dal consolidamento di un’istituzione sopranazionale come l’unione europea. L’esistenza di un governo su scala continentale ha avuto almeno tre effetti sul decentramento internodegli stati membri. Il primo consiste nello sviluppo di uno spazioeuropeo in cui gli stessi governi sub-nazionali hanno la possibilità di muoversi con grande libertà e si stabilire contattio stringere alleanze con altri governi sub-nazionali al di là delle vecchie frontiere, sottraendosi così, almeno in parte, al controllo del proprio stato nazionale. Il secondo effetto, probabilmente più importante, deriva dalla stessa esistenza di un governo su scala continentale. Esso infatticostituisce una sorta di cornice o ombrello protettivo entro il quale forme anche radicali di autonomia locale o regionale possonoessere più facilmente tollerabili. Le rivendicazioni autonomiste oindipendentiste appaiono meno devastanti se avvengono dentro il quadro di un’europa che è in grado di fissare regole comuni su alcune questioni fondamentali. Il terzo effetto consiste nel fatto che l’unione europea, soprattutto a partire dall’atto unico del 1986, ha cominciato ad adottare proprie politiche regionali che si prefiggono di superaregli squilibri interni ai singoli paesi tramite l’erogazione di fondi per progetti di sviluppo. Effetti del tutto simili sono provocati, più in generale dai processi di globalizzazione. Essi abbattono i confini tra gli stati, per quanto riguarda le transazioni finanziarie o le comunicazioni, e nello stesso tempo tendono a rivitalizzare gli ambiti regionali e locali. Le città e le regioni si trovano sempredi più a competere tra di loro, al di là dei confini nazionali e soprattutto al di fuori del controllo dei rispettivi stati.

10.6 maturità democraticaIn definitiva, i numerosi fattori che convergono nello spingere verso il decentramento potrebbero essere visti come un effetto della maturità democratica o, se vogliamo, della crescente capacità dei cittadini di far valere i loro diritti. La frammentazione della politica in molteplici centri di governo, dotati di ampia autonomia, apre i problemi inediti per il governo complessivo del sistema. Uno di questi consiste nel fatto che la politica si territorializza sempre di più e che il classico conflitto tra le classi sociali che aveva costituito il motivo conduttore del Novecento tende ad essere sostituito dal conflitto assai più tradizionale tra i territori in quanto tali.

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11. La sussidiarietà

Il principio di sussidiarietà è un principio normativo. Esso afferma che i poteri devono essere assegnati al livello di governopiù basso possibile ossia più vicino ai cittadini, purchè sia in grado di gestirli in modo adeguato. I livelli di governo superiorihanno quindi un ruolo sussidiario: possono intervenire di fronte aun problema solo se il livelli di governo inferiori non possono provvedervi convenientemente da soli. I titolari primari di ogni funzione sono, in linea di principio, ilivelli di governo inferiori, mentre il ruolo dello stato nazionale è limitato allo stretto necessario. Da quest’ultima definizione si ricava che la nozione di sussidiarietà ha funzione di regolare due diversi tipi di rapporti: il rapporto tra la società e i pubblici poteri. Qui la sussidiarietà implica che i pubblici poteri possono agire solo neiconfronti dei problemi che gli individui e i gruppi sociali non sono in grado di risolvere autonomamente (la cosiddetta sussidiarietà orizzontale); il rapporto, all’interno dei pubblici poteri, tra livelli di governo diversi, sovranazionali, nazionali e locali (la cosiddetta sussidiarietà verticale, che è quella che più direttamente ci riguarda in questa sede). È comunque la seconda accezione di sussidiarietà, quella verticaleche viene ripresa nel dibattito sulla riforma delle istituzioni europee e che viene accolta nel trattato di Maastricht 1992. Si può facilmente notare che gli effetti della formulazione del trattato di Maastricht sono ambivalenti. Esso pone un limite ai poteri della comunità europea, dal momento che le assegna un ruolopuramente sussidiario rispetto a quello degli stati membri, ma nello stesso tempo la autorizza a espandere la propria sfera di intervento, oltre ai limiti stabiliti nel trattato, qualora l’azione degli stati membri, a motivo della dimensione e degli effetti dell’azione stessa, non possa risultare adeguata. Nella sua applicazione concreta esso può spingere verso il decentramento, ma anche verso l’accentramento.

12. La politica del decentramento

La ripartizione dei poteri tra centro e periferia è, insomma una questione altamente controversa. Il decentramento può essere sostenuto sia dalla sinistra che dalla destra a seconda delle

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circostanze in cui viene proposto e del significato che gli viene attribuito nel dibattito pubblico. Storicamente in europa le rivendicazioni autonomistiche si sono prevalentemente presentate come una reazione localistica e conservatrice ai progetti modernizzanti portati avanti con l’edificazione dello stato nazionale. Il decentramento ha l’effetto di ridistribuire il potere politico su basi territoriali: può essere visto come un fattore di dinamismo e come una garanzia contro la concentrazione del potere,ma tende anche a produrre equilibri instabili ed è quindi avversato da chi teme pericolosi fenomeni di disgregazione che possano portare alla rottura dell’unità e della solidarietà nazionale. Il decentramento valorizza le differenze, ma proprio per questo può favorire gli squilibri territoriali e minacciare l’eguaglianzadei cittadini. Spesso infatti le misure di decentramento sono accompagnate dall’istituzione di fondi nazionali perequativi destinati a compensare le zone meno sviluppate o dalla fissazione per legge di standard per i servizi che i governi locali devono assicurare, in modo da garantire un trattamento minimo di base pertutti i cittadini, dovunque si trovino. Il decentramento può essere visto come fattore di libertà, ma la libertà delle comunitàlocali può entrare in conflitto con la libertà degli individui.Il decentramento trasferisce alcuni poteri più vicino ai cittadinied è quindi una scelta squisitamente democratica; ma proprio tale vicinanza può produrre fenomeni di clientelismo e di corruzione e può favorire l’ascesa di gruppi oligarchici in grado di autoperpetuarsi. Il concreto cammino del decentramento dipende soprattutto dalla presenza sulla scena degli “attori del federalismo” ossia di soggetto, politici o istituzionali, in grado di mobilitare risorsee capaci di negoziare nuovi equilibri.

13. Stati unitari e stati federali

Negli stati federali la sovranità è suddivisa tra le unità federate e il governo federale. Negli stati unitari la sovranità èconcentrata in un unico punto: lo stato, anche gli stati unitari hanno governi sub-nazionali ma essi non dispongono di una sovranità originaria, ma soltanto di poteri delegati dallo stato centrale.

13.1 gli aspetti costituzionali

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Per quando riguarda gli aspetti costituzionali vengono di solito proposte due diverse distinzioni. La prima afferma che nelle federazioni le unità federate sono garantite dalla costituzione contro le ingerenze dello stato federale, mentre ciò non avviene negli stati unitari. Ciò vale nel confronto tra USA e UK dove, com’è noto, i governi locali non godono di alcuna tutela costituzionale, ma non vale per gli altri paesi europei dove i governi sub-nazionali sono enti di rilievo costituzionale e in qualche caso, come le regioni italiane e spagnole, godono di una protezione particolarmente robusta. Questi ultimi governi regionali, non diversamente dagli stati federati americani, dispongono del potere legislativo e hanno la possibilità di rivolgersi a un giudice imparziale di rango costituzionale per regolare i propri conflitti con lo stato centrale.

13.2 i diversi federalismiGli stati federali sono inoltre molto diversi tra di loro. Mentre gli states americani dispongono di un’ampia potestà legislativa sualcune materie importanti come il diritto penale, i lander tedeschi hanno estesi poteri amministrativi che però svolgono prevalentemente nel quadro delle norme poste dalla legge federale.Il federalismo classico, quello americano per intenderci, nasce daun processo centripeto: è un patto tra unità sovrane che decidono di unirsi per costituire un nuovo stato. Ma il federalismo di cui si parla nei singoli paesi europei, come la spagna, il belgio o l’italia è un processo diametralmente opposto , di tipo centrifugo, che ha lo scopo di superare uno stato insoddisfacente di centralizzazione attraverso la creazione di unità di governo semi-sovrane. Il federalismo centripeto e quello centrifugo rispondono a due problemi opposti. Il primo nasce per ridurre la frammentazione, ilsecondo per ridurre il centralismo. Il primo serve per unire, il secondo per dividere. I due movimenti vanno incontro a pericoli opposti: quello dell’eccessiva centralizzazione nel primo caso e quello della frammentazione o della secessione nel secondo. Essi hanno comunque un obiettivo comune: quello di tenere aperta la dialettica tra centro e periferia, che invece si chiuderebbe, sia con la costituzione di un unico potere centrale sia con la secessione.

13.3 la rete e la piramideSecondo lo scienziato politico Daniel Elazar 1987 gli stati federali non sono stati decentrati, ma vanno piuttosto considerati

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come stati non accentrati o per essere più precisi stati in cui non esiste un centro politico. Il governo federale non è un governo centrale, ma soltanto uno dei governi che esercita il potere politico accanto ad altri governi, le unità federate, che operano sul medesimo territorio.

13.4 dalla dicotomia al “continuum”Appare più plausibile pensare che gli stati si dispongano lungo uncontinuum i cui due poli sono costituiti dallo stato federale classico e dallo stato unitario classico.

14. Misurare il decentramento

Un modo alternativo per raffigurare il continuum tra gli stati è quello di vedere come essi si collocano sulla base di variabili che possono grosso modo misurare il grado di decentramento. Si può innanzi tutto notare come in tutti i paesi con eccezione della Norvegia le entrate risultino più centralizzate delle spese.Ciò significa che i governi sub-nazionali spendono di più di quello che incassano con le proprie entrate fiscali: la differenzaè costituita dai trasferimenti effettuati dallo stato nazionale. Come ci si potrebbe aspettare, il ruolo dello stato centrale nell’imposizione fiscale è molto inferiore negli stati federali: icinque paesi in cui il perso del fisco nazionale è inferiore al 60per cento hanno tutti una struttura federale (svizzera, canada, germania, belgio e USA)

2. LIVELLI E DIMENSIONI

La ripartizione del territorio nazionale, ossia il numero dei livelli di governo e l’ampiezza dei loro confini, è una questione altamente problematica che è oggetto di continuo dibattito e di frequenti riforme. Ci sono paesi come UK, che hanno ridisegnato da cima a fondo il loro sistema territoriale. Ci sono paesi, come gli USA, in cui la struttura complessiva è rimasta stabile, ma il numero di governi locali muta di frequente in modo incrementale.

1. Il sistema dei livelli di governo

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Gli stati possono essere divisi in tre gruppi: quelli che hanno unsolo livello principale di governo locale, quelli che ne hanno duee quelli che ne hanno tre. L’unico paese che anche con questa avvertenza non può essere classificato in tale tripartizione è la Gran Bretagna che, attraverso successive riforme, è approdato a unassetto asimmetrico a geografia variabile.

1.1 il dualismo comuni-provinceBisogna infatti tenere presente che, per la maggior parte degli stati il punto di partenza è stata una struttura a due soli livelli di governo: un livello di base o municipale e un livello intermedio o provinciale.

1.2 l’ascesa del governo “meso”Il dualismo comune-provincia è stato scardinato nel novecento e soprattutto nella seconda metà del secolo. In quest’ultimo periodosi è infatti realizzato un processo di rafforzamento e di democratizzazione dei governi sub-nazionali che si trovano in una posizione intermedia tra il comune e lo stato. L’evento più importante è stata la nascita di governi regionali elettivi che sisono aggiunti e sovrapposti ai governi provinciali sulla base di territori più vasti, in paesi come l’italia, la spagna, la francia, il belgio, e la polonia. Per costruire la tabella ho individuato tre possibili livelli di governo, seguendo la classificazione adottata da Norton:il primo livello o livello base comprende i governi di rango municipale; il secondo livello o livello intermedio, comprende i governi di rango provinciale o di contea; il terzo livello comprende i governi regionali o negli stati federali, gli stati membri della federazione.

2. La questione delle dimensioni: le scelte istituzionali

2.1 il caso britannico Il processo più estremo di riorganizzazione territoriale è quello che si è verificato nel regno unito nel corso degli ultimi 30 anni. Oggi questo paese vanta due primati: quello di possedere la minore articolazione dei livelli di governo e quello di avere il più basso numero di governi locali. L’iniziativa per una drastica semplificazione fu assunta nella seconda metà degli anni sessanta dal governo laburista, che propose di sopprimere le contee e di creare un sistema basato su un unico livelli di governo, i districts, opportunamente accorpati e ridotti di numero.

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Nel 1986 il governo Thatcher soppresse le contee metropolitane e il governo di secondo livello della Grande Londra (trasformando lerelative autorità di rango comunale-i metropolitan districts e i london boroughs- in un unico livello di governo). Con la riforma del 1994 il governo Major eliminò il secondo livello di governo inGalles (counties) e in Scozia (regions) e costituì in Inghilterra altri 46 governi comunali (chiamati unitari authorities), sottratti alla giurisdizione delle contee.

2.2 la mancata riorganizzazioneSul fronte opposto troviamo i paesi che non hanno ridotto il numero dei loro comuni e che, talvolta, hanno contemporaneamente reso più complesso il loro sistema territoriale con l’aggiunta di un livello di governo regionale. Nel 1971 la francia ha cercato di imitare i paesi del nord varandoun programma di accorpamento dei comuni, sostenuto da incentivi. Una sorte non migliore ha avuto l’analogo provvedimento preso in italia con la riforma delle autonomie locali del 1990. perché questi paesi non hanno voluto o saputo superare la frammentazione dei loro enti locali? Vi è una differenza, innanzi tutto, nei vincoli giuridici e istituzionali. In alcuni paesi (usa, svizzera,italia, francia) qualsiasi modificazione delle circoscrizioni comunali deve essere approvata con referendum delle popolazioni interessate e ciò può dar forza alle resistenze campanilistiche, mentre in altri ( come la Gran Bretagna) il governo centrale ha, sul piano legale, le mani completamente libere. Negli USA e in svizzera non sarebbe neanche concepibile un intervento dall’alto di tipo britannico. I paesi che non hanno superato la tradizionale frammentazione dei comuni hanno cercato altre strade per far fronte ai compiti dello stato sociale. Hanno finito per caricare sui governi intermedi di rango provinciale funzioni di supporto, consulenza, e supplenza rispetto ai comuni minori. E hanno sviluppato forme sempre più complesse e variegate di cooperazione intercomunale: sono nate aziende, agenzie, istituzioni che hanno il compito di gestire servizi ( trasporti, rifiuti, assistenza, acqua e moltissimi altri) su scala sovracomunale.

3. La questione delle dimensioni: gli argomenti

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Gli studi sull’ottima dimensione del governo locale hanno prodottorisultati contrastanti: mentre negli anni sessanta e settanta sonoprevalsi gli argomenti a favore delle grandi dimensioni in funzione modernizzante, negli ultimi decenni sono stati rivalutatialcuni vantaggi della frammentazione. La discussione si è incentrata su quattro temi principali: due di natura economica, relativi all’efficienza dei governi locali e due di tipo politico-istituzionale, relativi al rafforzamento delle autonomie locali e al loro personale politico.

3.1 le economie di scalail principale argomento a favore delle grandi dimensioni è costituito dalle economie di scala: con l’aumentare del numero degli abitanti serviti dal governo locale tende a diminuire il costo dei servizi, grazie alla ripartizione delle spese generali su più attività. E crescono pertanto il numero e la qualità dei servizi offerti. La possibilità di sfruttare le economie di scala è stata la principale motivazione che ha spinto i paesi del nord e centro europa a imboccare la via dell’accorpamento tra i comuni. Secondo questo argomento, comunque, l’aumento delle dimensioni si traduce in un evidente vantaggio per i cittadini. Contro questa linea di pensiero sono state avanzate alcune critiche da parte degli economisti americani della scuola public choice. Essi hanno sostenuto che la frammentazione delle unità municipali non è necessariamente una condizione sfavorevole per l’efficienza economica, sulla base di tre obiezioni principali. Innanzitutto non è detto che la dimensione ottimale di un governo locale sia identica per tutti i sevizi che esso fornisce. Ci sono servizi per cui è possibile sfruttare i vantaggi della grande dimensione, ma ce ne sono altri in cui al di là di una certa dimensione si creano diseconomie. In secondo luogo non è detto che il governo che fornisce un servizio debba anche produrlo. Vi è infine l’argomento della prossimità. Poiché per usufruite di alcuni tipi di servizi come scuole e ospedali, i cittadini devono recarsi in un luogo fisico specifico, può essere un notevole vantaggio per loro ridurre i tempi di spostamento.

3.2 l’esternalitàUn altro argomento a favore delle grandi dimensioni è quello delleesternalità. Gli effetti di una politica o di un servizio di un ente locale possono travalicare i suoi confini amministrativi,

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possono in altre parole generare benefici o scaricare costi sulle comunità confinanti. Se le esternalità sono positive, ossia i benefici dell’intervento vanno a vantaggio di altre comunità, oltre quella che li finanzia e li produce, quest’ultima sarà indotta a ridurre il proprio intervento per non regalare vantaggi ad altri. Se le esternalità sono negative, ossia se l’intervento tende a scaricare costi a svantaggio di altre comunità, il governo locale che lo intraprende tenderà a svilupparlo più del necessario. Questo ragionamento conduce in sostanza a definire i confini amministrativi degli enti locali così che essi coincidano con l’area cu cui ricadono gli effetti (positivi o negativi) delle loro politiche. In questo modo le esternalità verrebbero ridotte al minimo e sparirebbero gli incentivi a effettuare interventi in eccesso (in caso di esternalità negative) o in difetto ( in caso di esternalità positive). Per far fronte a problemi che hanno una loro dimensione territoriale specifica nascono avariati tipi di autorità ad hoc i cui confini non corrispondono a quelli dei governi locali canonici.

3.3 il rafforzamento dell’autonomia localeNel dibattito sulla dimensione dei governi locali contano anche gli argomenti di carattere politico-istituzionale. Quello che viene avanzato più spesso a favore della fusione dei comuni è che l’esistenza di unità più grandi è una condizione imprescindibile per il rafforzamento dell’autonomia locale.

3.4 il personale politicoLa diffusa partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica è il sale della democrazia. E gli americani sono sicuramente orgogliosi di quel milione di lo loro concittadini chericoprono cariche elettive nei municipi, nelle contee, nei distretti scolastici e in altre istituzioni rappresentative locali.

4. I governi di rango municipale

Il record della frammentazione spetta alla Francia e alla repubblica ceca che, dopo il 1989, ha reagito agli accorpamenti municipali voluti dal regime comunista con un impressionante sminuzzamento dei propri comuni. Il grado di frammentazione è elevato anche nei paesi che, come la spagna, la germania, gli

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stati uniti e l’italia, si collocano su una media di 5.000-7.000 abitanti per comune. Diversa è la situazione dei paesi scandinavi,del belgio e dei paesi bassi dove la minesione media si aggira sui15.000-30.000 abitanti. Un caso decisamente anomalo, per i motivi che abbiamo già visto è quello del regno unito.

4.1 governi sub-municipaliQui è necessario aggiungere che esistono in quasi tutti i paesi anche governi di scala sub-municipale. Appartengono a questo tipo le parrocchie britanniche presenti soprattutto nelle aree rurali ele parrocchie portoghesi che sono presenti in tutto il territorio nazionale come articolazioni dei minicipios e che sono elette a suffragio diretto e svolgono funzioni di un certo rilievo. Altre istituzioni sub-municipali, di origini più recenti, sono nate dall’esigenza di decentrare alcune funzioni all’interno dellegrandi aree urbane. Appartengono a questo tipo: gli arrondissements presenti nelle maggiori città francesi, i consiglidi circoscrizione presenti in tutti i comuni italiani con più di 100.000 abitanti, i bezirke delle città tedesche e le svariate forme di istituzioni di quartiere delle metropoli americane. I governi sub-municipali possono essere direttamente elettivi ( italia, germania) o designati dai consigli comunali (francia, spagna).

5. I governi di rango provinciale

I governi di livello intermedio hanno, per lo più, un’identità istituzionale più debole dei governi comunali. Lo sviluppo del welfare state ha rafforzato, specie nei paesi del nord europa, il ruolo dei governi intermedi che sono diventati i principali erogatori dei servizi sociali sovracomunali e, nei paesi scandinavi, delle prestazioni sanitarie. Ai governi intermedi sonospesso affidati compiti di pianificazione territoriale in particolare per quel che riguarda la viabilità, i trasporti e le politiche ambientali. Il possibile conflitto tra province e grandi comuni è stato risolto in alcuni paesi ( gran Bretagna, germania, polonia, ungheria), dove le città più importanti sono scorporate dal territorio provinciale e il loro governi comunali svolgono anche le funzioni del governo intermedio. Qui i governi di rango provinciale amministrano esclusivamente territori rurali. Non ha trovato, invece alcuna soluzione nei paesi a ordinamento napoleonico, in cui tutto il territorio nazionale, senza

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esclusione alcuna, è ripartito in ambiti provinciali. In questi paesi, quando un governo di rango provinciale ha al suo interno un’area urbana particolarmente importante, il governo municipale di quest’ultima è oggettivamente molto più forte, in termini di risorse disponibili e di visibilità a livello nazionale e tende a oscurare il ruolo del governo intermedio. La nascita delle regioni nei paesi dove essa è avvenuta, ha lasciato in vita i governi di rango provinciale come articolazionedel territorio regionale, ma ne ha spesso accentuato la crisi di identità. In Italia il processo di regionalizzazione avvenuto negli anni settanta ha finito per ridurre al lumicino le competenze delle province e a porre in questione la loro stessa sopravvivenza. Una situazione simile si è determinata in spagna dove lo sviluppo delle regioni ha messo in risalto la natura di anello debole delleprovince. L’impatto delle regioni sui governi intermedi è stato assai meno pronunciato in francia, dove i dipartimenti godono di uno status istituzionale tradizionalmente molto forte.

6. I governi di rango regionale

Possiamo includere tra i governi di rango regionale, due tipi di istituzioni sub-nazionali, che hanno uno status giuridico diverso:le entità federate degli stati federali e le regioni degli stati unitari. La loro dimensione media è come al solito molto varia: negli stati federali più piccoli (austria, svizzera) tali governi hanno una scala territoriale simile a quella delle province degli stati unitari di maggiori dimensioni.Mentre le regioni degli stati federali sono, per definizione, governi di rango costituzionale, direttamente elettivi e hanno potere legislativo, le regioni istituite negli stati unitari hannouno status giuridico più differenziato. Ci sono infine governi regionali “di tipo funzionale” di secondo grado i cui consigli non sono eletti direttamente dai cittadini masono formati da rappresentanti degli enti locali compresi nel loroterritorio (grecia, Inghilterra,Finlandia). Oggi, nel regno unito,in seguito alle riforme del governo Blair sono contemporaneamente presenti tutte le possibili tipologie di governo regionale: la scozia è dotata di un parlamento elettivo e ha potere legislativo su alcune materie; il galles è dotato di un’assemblea elettiva e non ha potere legislativo; in Inghilterra sono nate otto regioni nove con la grande londra dotate di un consiglio chiamato chamber

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o assembly formato dai rappresentanti dei governi locali e di altre istituzioni, che ha un potere consultivo nei confronti delleregional development agencies, costituite in ciascuna regione.Una soluzione originale è stata adottata dal belgio che essendo giunto alla regionalizzazione per allentare le profonde tensioni etniche interne, ha istituito due livelli di governo regionale paralleli, le regioni e le comunità, entrambi elettivi e dotati dipotere legislativo. Le tre regioni (fiandre, vallonia, Bruxelles) hanno competenze di carattere territoriale (ambiente, territorio, edilizia, sviluppo economico, trasporti, energia e poteri locali).Le tre comunità (francese, fiamminga e germanofona) hanno competenze di carattere culturale (cultura, scuola, sanità, servizi alla persona).

7. Il regionalismo asimmetrico

Gli ordinamenti regionali sono spesso asimmetrici: ciò significa che il territorio di uno stesso paese è suddiviso in aree governate da istituzioni che hanno un diverso status e diversi poteri. Il regno unito è il paese che si è spinto più in là nell’asimmetria del proprio ordinamento territoriale: in seguito alla devoluzione, una parte del suo territorio (scozia e galles) èdotata di autogoverno su alcune materie, mentre un’altra parte (Inghilterra) continua ad essere governata, sulle medesime materie, direttamente dal governo centrale; con una conseguenza paradossale: i deputati scozzesi che siedono a Westminister hanno la possibilità di entrare nel merito delle scelte che riguardano l’inghilterra, mentre i deputati inglesi non possono fare altrettanto con la scozia. Quello britannico si configura come un caso estremo. Ma qualche forma di asimmetria è presente in tutti gli stati regionali.L’asimmetria degli ordinamenti regionali può derivare da due ragioni diverse. La prima consiste nell’esigenza di salvaguardare le differenze etniche e territoriali di alcune regioni rispetto alresto del paese. Ma il decentramento può essere realizzato in modo diseguale anche per un altro motivo, ossia allo scopo di tener conto della diversacapacità dei governi regionali di svolgere determinati compiti. Inquesto caso la capacità si sostituisce all’identità come motivo per un trattamento speciale. Mentre l’identità è un criterio che guarda al passato(ti do maggiori poteri perché per la tua storia sei diverso) ,la capacità è un criterio che guarda al futuro (ti do maggiori poteri perché dai garanzie di usarli bene).

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Un ordinamento asimmetrico fondato sulle capacità ha una fondamentale virtù: quella di consentire un processo di decentramento, anche quando non tutte le regioni appaiono egualmente pronte ad assumersi le relative responsabilità.Il caso più interessante di regionalismo asimmetrico è quello spagnolo che ha saputo combinare le regioni dell’identità con quelle della capacità.

8. Il consolidamento delle regioni

Se si escludono le federazioni storiche e centripete, i governi dirango regionale sono gli ultimi arrivati nella famiglia dei governi sub-nazionali. La maggior parte di loro ha solo pochi decenni o pochi anni di vita e ha dovuto inserirsi in una situazione istituzionale segnata dalla presenza, forte e consolidata, dello stato nazionale da un lato, e dei governi locali dall’altro.

8.1 le dimensioni Come è avvenuto per i comuni, anche per le regioni si è aperta la discussione sull’esistenza di una soglia dimensionale minima.

8.2 le identità storichese le province sono state spesso accusate di essere entità artificiali, le regioni non sono assolutamente da meno. Esistono, indubbiamente, alcune regioni “storiche” come la catalogna, la baviera o la scozia, ma la maggior parte delle regioni è stata costruita raggruppando territori con deboli tradizioni comuni.In Inghilterra dove le identità sono tradizionalmente assai blande, quasi tutte le regioni sono designate attraverso i punti cardinali (si chiamano nord-east, nord-west, east-midlands ecc).Infrancia esiste una regione che si chiama semplicemente “Centre”.

8.3 l’omogeneità economicaLa mancanza di un’identità storica potrebbe essere compensata di una nuova “identità economica”. Esse sono formate da territori notevolmente disomogenei sul piano economico e sociale, mentre i processi di sviluppo economico si svolgono a una scala territoriale molto più ridotta di quella regionale, ossia a livello di distretto industriale o di area metropolitana. Poiché le politiche di sviluppo sono essenzialmente infraregionali, le regioni sono destinate, su questo aspetto, a svolgere un ruolo

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secondario rispetto alle città e ai distretti produttivi e tendonoa entrare in conflitto con essi. Poiché tutte le regioni sono destinate ad essere almeno per qualche aspetto , artificiali, tanto vale accettare tale condizione: quello che conta è la “capacità delle regioni di organizzare e coordinare una domanda di regolazione e mediazione politica di interessi, che il livello locale non è in grado di soddisfare e che il livello nazionale o sopranazionale non può o non dovrebbe gestire direttamente”.

8.4 l’organizzazione degli interessiIn italia le regioni si sono sovrapposte a un livello provinciale che, pur essendo presidiato da un governo locale di scarsa consistenza, costituiva un punto di riferimento particolarmente robusto, dal momento che i servizi deconcentrati dello stato sia ipartiti, i sindacati e le associazioni imprenditoriali di categoria erano solidamente organizzati su base provinciale da circa un secolo. Oggi a distanza di trent’anni dalla nascita delleregioni sia i partiti politici che gli interessi si sono dotati dirappresentanze regionali, che però non sempre riescono a imporsi sulle loro strutture provinciali; lo stato ha dislocato alcuni suoi servizi su scala regionale, ma in modo graduale e tuttora incompleto. La francia ha percorso un cammino inverso. I governi regionali elettivi sono nati nel 1986 dopo un’esperienza trentennale di strutture regionali non elettive formate dall’incontro tra lo stato, i governi locali e le rappresentanze degli interessi economici e hanno quindi ereditato un patrimonio di relazioni già costituite su quella scala.

8.5 il rendimento istituzionaleRobert Putnam 1993 con la collaborazione di robert leopardi e Raffaella nanetti. Egli ha osservato il funzionamento delle 15 regioni italiane a statuto ordinario fin dalla loro nascita ed è arrivato a formulare un indice della loro capacità di governo basata su 12 indicatori riguardanti tre aspetti: a) la gestione politica e la macchina amministrativa interna (stabilità della giunta, presentazione sollecita dei bilanci preventivi; servizi diinformazione e statistici); b) il contenuto delle decisioni politiche (riforme legislative; aspetti innovativi della legislazione regionale); c) le realizzazioni (asili nido; consultori familiari; strumenti di politica industriale; capacità di spesa nel settore agricolo).

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Lo studio di Putnam non si propone solo di misurare il rendimento delle regioni italiane, ma soprattutto di spiegare da che cosa dipendano differenze così grandi. Attraverso il confronto con una serie di dati storici, egli giunge alla conclusione che la differenza tra le capacità di governo è imputabile al diverso patrimonio di senso civico (civicness), di tradizioni associative e di fiducia esistente nei diversi contesti regionali e che tale capitale sociale è il prodotto di un lungo processo storico che risale al periodo medievale. La ricerca mostra in modo assolutamente convincente come le regioni italiane, pur disponendo di poteri e risorse comparabili, rivelano una capacità di governo completamente diversa.

9.1 le istituzioni intercomunali Un grandissimo numero di governi intermedi nasce dalla cooperazione volontaria e talvolta imposta tra diversi comuni. La francia è il paese che ha elaborato la tipologia più complessa e articolata di istituzioni intercomunali, allo scopo di ovviare all’estrema frammentazione dei propri comuni. Il più antico strumento di cooperazione tra comuni che risale alla fine dell’ottocento è costituito da consorzi monofunzionali che gestiscono,per conto dei comuni asociati, svariati tipi di servizi(servizi scolastici, elettricità, gas,defesa del suolo, strade,attività culturali, personale municipale). Nel 1959 si sonoaggiunti i consorzi plurifunzionali e i distretti, previsti per learee urbane, ma poi estesi anche ad altre aree. Nel 1966 sono state istituite le communautes urbaines nelle maggiori aree metropolitane. Con le riforme del 1992 e 1999 sono state introdotte tre ulteriori istituzioni di cooperazione intercomunale: le communautes des villes, des communes e d’agglomeration. Non molto dissimile è la situazione che si è venuta a creare in italia, un altro paese ad alta frammentazione municipale. La formatradizionale e tuttora assai diffusa di sooperazione intercomunaleè costituita dai consorzi a cui i comuni associati demandano la gestione di specifici servizi. Appartengono allo stesso genere le 900 mancomunidades spagnole e le oltre 1.000 aggregazioni di comuni tedeschi che possono assumere diverse forme: uffici consorziati, comuni congiunti, comuni riuniti,comunità di amministrazioni. In alcun lander tedeschi esistono anche governi di scala regionale.

9.2 ombre e luci

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La diffusione di agenzie, autorità o istituzioni locali intermediepresenta lati oscuri che vengono frequentemente sottolineati. Si tratta infatti di organismi che hanno una forte influenza nelle scelte locali e talvolta hanno anche il potere di riscuotere tariffe o imposte; e tuttavia non sono elettivi, spesso sono del tutto sprovvisti di legittimazione democratica.

4. LE RELAZIONI INTERGOVERNATIVE

La pluralità dei livelli di governo fa si che uno stesso territorio e una stessa popolazione siano governati contemporaneamente da più autorità che, nei maggiori paesi europei, sono addirittura cinque (l’unione europea, il governo nazionale, i governi di rango regionale, provinciale e comunale), senza contare le istituzioni sovracomunali, metropolitane o sub- comunali e le agenzie funzionali specializzate che tendono a complicare ulteriormente il quadro.L’espressione relazioni intergovernative di matrice anglosassone, viene sempre più frequentemente usata, anche da noi, per analizzare quelle che una volta si chiamavano le relazioni centro-periferia. E con tre buone ragioni. La primaconsiste nel fatto checon la moltiplicazione dei livelli di governo non esiste più un solo centro o una sola periferia, ma esistono più centri e più periferie; tutto dipende dal punto di vista in cui ci poniamo. Il potere politico che una volta era indiscutibilmente concentratonello stato nazionale ( il centro per eccellenza) ora si è, per così dire, sgranato e diffuso lungo diverse scale territoriali. Inoltre e questa è la seconda ragione, sia il centro che la periferia sono a loro volta formati da più apparati, più ministeri, più agenzie, più assessorati, che possono trovarsi in contrasto tra di loro.In più, e questa è la terza ragione, quando parliamo di relazioni cento-periferia diamo per scontato che le uniche relazioni che contano siano quelle verticali che si instaurano tra chi sta sopra(il centro) e chi sta sotto (la periferia). Ma sono altrettanto importanti le relazioni orizzontali che si stabiliscono tra governi che appartengono allo stesso livello ( tra i comuni, tra le province, tra le regioni).In astratto le relazioni intergovernative possono basarsi su quattro principi diversi : dipendenza, separazione, cooperazione econcorrenza.

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1. Il modello della dipendenza

Nel modello della dipendenza, il valore fondamentale che viene perseguito è quello dell’interesse generale, che è definito e interpretato in modo esclusivo dallo stato nazionale, ossia dal parlamento dal governo e dai partiti nazionali. Il modello della dipendenza comporta, in sostanza una sorta di nazionalizzazione dei governi locali, che si configurano come articolazioni periferiche di un unico sistema di governo.

1.1 le strutture della dipendenza: dualismo, monismo e pluripolarismoLa struttura della dipendenza si presenta in modo diverso negli stati federali e negli stati unitari. Nelle federazioni i governi locali rientrano nell’orbita esclusiva degli stati federati: siamodunque in presenza di un sistema bipolare o dualistico articolato su due sfere: da un lato il governo federale e dall’altro gli stati federati con i loro governi locali.Viceversa negli stati unitari, anche dopo la regionalizzazione, ilgoverno centrale ha mantenuto un rapporto diretto con i governi locali ( li finanzia, assegna loro competenze, esercita funzioni di controllo), mentre le regioni svolgono funzioni minori nei confronti degli enti locali che si trovano sul loro territorio. Citroviamo, in linea di principio, di fronte a un sistema monistico.Con lo sviluppo del decentramento, il sistema monistico tende a evolversi in due diverse direzioni: verso una struttura bipolare, in cui le regioni assumono la piena responsabilità dei rispettivi governi locali e diventano gli unici interlocutori dello stato centrale; oppure può approdare a un sistema di tipo multipolare, in cui tutti e tre i livelli di governo ( nazionale, regionale, locale) mantengono rapporti diretti tra di loro conservando un certo margine di autonomia reciproca.

2. Il modello della separazione

I rapporti tra i livelli di governo possono basarsi, invece che sulla dipendenza, sulla separazione o, potremmo anche dire sulla reciproca indipendenza. Ciò che permette la tenuta del sistema è una rigida divisione del lavoro sancita dalla costituzione o dallalegge. Ogni livello di governo ha infatti una propria sfera di azione ben individuata, che non condivide con altri. In fondamentale valore perseguito è di tipo garantista: proteggere l’autonomia dei singoli governi. Il modello permette di ridurre al

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minimo le interazioni tra i governi, poiché si basa sul principio di non interferenza.Il prototipo del modello della separazione è costituito dalla costituzione americana, là dove definisce i rapporti tra la federazione e gli stati federati. Alla federazione è infatti attribuita la competenza esclusiva su alcune materie, mentre gli states hanno pieni poteri su tutto il resto. La costituzione disegna un sistema formato da due sfere pienamente sovrane e indipendenti, ciascuna nel proprio ambito e la risoluzione dei conflitti tra di essi è affidata a un giudice neutrale, la corte suprema. Ma è dubbio che il federalismo americano abbia mai veramente funzionato a quel modo. Secondo una fortunata metafora, il sistema avrebbe dovuto assomigliare a una torta a strati (layercake), ma nei fatti è diventato più simile a una torta marmorizzata (marble cake).

3. Il modello cooperativo

Nel modello cooperativo le funzioni sono condivise, nel senso che su una medesima materia (l’ambente, le opere pubbliche, i servizi sociali ecc.) diversi livelli di governo svolgono qualche funzione. È prevista naturalmente una distinzione tra le attività dei diversi enti in relazione alla medesima materia (programmazione. Indirizzo, gestione, controllo, valutazione), ma non si pretende più di tracciare confini netti. Le politiche sono messe in opera, in linea di massima, attraverso l’apporto di più livelli di governo. Ciascuno di essi interviene secondo il suo punto di vista o gli interessi territoriali che rappresenta. La patria del modello cooperativo è senza dubbio la Germania. La costituzione federale tedesca del 1949, a differenza di quella americana, non divide verticalmente ossia per materie i compiti della federazione e dei Lander( se non in minima parte), ma piuttosto li distribuisce orizzontalmente assegnando al Bund funzioni di tipo legislativo e ai Lander funzioni di tipo attuativo nelle stesse materie. La più importante è la camera altaBundesrat dove siedono i rappresentanti dei governi regionali. Il principio dominante del sistema federale tedesco è l’interconnessione o integrazione politica, che si manifesta attraverso “la consultazione, il coordinamento, la cooperazione, la pianificazione e le decisioni congiunte, anziché una netta divisione di poteri e responsabilità tra vari livelli di governo. La principale critica che viene rivolta al modello cooperativo riguarda la sua bassa efficienza decisionale. La necessità di

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pervenire a ogni costo a intese intergovernative consensuali può dar luogo a momenti di stallo e può inibire l’innovazione. D’altraparte l’abitudine alla cooperazione tende a rafforzare la solidarietà e la coesione tra i governi decentrati, come si è visto in Germania dopo l’unificazione, quando i Lander occidentalihanno mostrato un’altissima disponibilità, sul piano finanziario eorganizzativo, a favore dei Lander dell’Est.

4. Il modello concorrenziale

Più governi, che operano sul medesimo territorio, possono cooperare tra di loro, ma possono anche entrare in conflitto e farsi concorrenza. Quest’ultima possibilità, che in passato sarebbe stata vista come un pericoloso fattore di disgregazione, viene oggi ampiamente valorizzata, soprattutto dagli economisti. Essi vedono la competizione tra i governi come la chiave per l’instaurazione di un rapporto virtuoso di emulazione, attraverso meccanismi che assomigliano a quelli del mercato.Il modo più semplice è quello di immaginare che i cittadini spostino la loro residenza nel territorio dei governi locali che offrono condizioni migliori dal punto di vista fiscale e dei servizi. È questo il modello proposto da Tiebout 1956: in una situazione del genere, i governi locali sono indotti a diminuire le tasse o a migliorare i servizi per attrarre residenti dagli altri comuni; si comportano cioè come fanno le imprese sul mercatoper attirare i propri clienti. I governi locali sono perciò indotti a farsi concorrenza per attirare investimenti (e occupazione) sul loro territorio.La concorrenza fondata sulla mobilità (degli individui o delle imprese) non ha solo effetti benefici. Lo spostamento delle persone alla ricerca del “comune più vantaggioso” ha l’effetto di creare aree residenziali omogenee (i ricchi con i ricchi, i povericon i poveri) o addirittura ghetti etnici cosa che in effetti già accade.È interessante comunque notare come si stiano diffondendo pratichedi benchmarking tra le amministrazioni locali, ossia confronti trale prestazioni raggiunte; talvolta i risultati di tali confronti vengono resi pubblici. Gli esempi fin qui presentati riguardano la concorrenza orizzontale, ossia quella che si svolge tra governi che appartengono allo stesso livello (tra comuni, tra province, tra regioni). Ma esiste anche una concorrenza verticale, che si svolge

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tra governi appartenenti a livelli diversi, per esempio tra il comune, la regione e lo stato. Si tratta di un caso frequente e interessante. Quando i diversi livelli di governo hanno competenzesovrapposte o condivise, i cittadini insoddisfatti delle risposte del loro comune possono rivolgersi alla provincia, alla regione o allo stato perché vi provveda in modo migliore.

5. Un confronto tra i modelli

Lo sviluppo dello stato sociale ha posto l’accento sull’interdipendenza e sull’integrazione e ha quindi favorito l’instaurarsi di relazioni cooperative. L’avvento della globalizzazione e della new economy ha, viceversa, favorito l’intraprendenza dei singoli governi e quindi lo sviluppo di relazioni competitive. Le relazioni di dipendenza non sono scomparse e il principio della separazione continua a ispirare gran parte dei testi legislativi. Entrambe le relazioni appaiono necessarie: la cooperazione consente di tenere insieme il sistema,la competizione permette di evitare la collusione monopolistica tra i governi. Ma entrambe sono caratterizzate da un’intrinseca instabilità.

6. La finanza locale

In un sistema basato sulla separazione, ogni livello di governo dispone di proprie imposte con cui finanzia, in piena autonomia, le attività di propria competenza. Le basi imponibili sono assegnate ai livelli di governo in modo che ciascuno di essi abbiala possibilità di gestire le funzioni che gli sono attribuite. Questo è, in linea di principio, l’assetto su cui si basano i rapporti finanziari tra federazione e states negli stati uniti ed è un obiettivo ricorrente nelle politiche di decentramento un po’ in tutti i paesi. Le entrate dei governo sub-nazionali possono essere pertanto classificate in cinque tipi:1) tariffe e prezzi di servizi: si tratta dei proventi della vendita di servizi ai cittadini (trasporti, asili nido, raccolta rifiuti ecc.), che talvolta corrispondono al costo pieno del servizio stesso, più spesso ne coprono una parte soltanto.2) imposte locali: si tratta di imposte attribuite direttamente ai governi locali che procedono al loro accertamento e alla loro riscossione. Le imposte più adatte ad essere gestite sul piano

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locale sono quelle sugli immobili, ma esistono anche imposte locali sulle attività economiche o sul reddito. 3) imposte in compartecipazione: si tratta di imposte stabilite eriscosse dallo stato centrale di cui una quota, definita per legge, viene direttamente attribuita ai governi locali. 4) trasferimenti generali: gli stati nazionali istituiscono un fondo a favore dei governi locali che distribuiscono, senza vincolo di destinazione, per lo più a scopi perequativi con l’intento di riequilibrare la situazione degli enti locali più poveri e di assicurare così una certa eguaglianza nella prestazione dei servizi su scala nazionale.5) trasferimenti vincolati: si tratta di contributi che lo stato nazionale eroga a favore dei governi locali con la condizione che essi li usino per finanziare specifici interventi o specifiche politiche.

7. Dal centro alla periferia

In tutti i paesi la principale relazione che corre dal centro allaperiferia consiste nell’esercizio di qualche forma di controllo sui governi locali da parte dei governi nazionali. I controlli possono essere essenzialmente di tre tipi: legali, finanziari e funzionali. Il controllo legale è rivolto ad accertare che i governi locali simuovano secondo le norme e le procedure stabilite dalla legge e riguarda quindi le premesse o gli inputs delle politiche locali. Il controllo finanziario ha lo scopo di predeterminare l’ammontaredi risorse di cui possono disporre gli enti locali e riguarda pertanto i mezzi dell’azione locale. Tale controllo ha un duplice obiettivo: contenere l’espansione della spesa pubblica e attenuaregli squilibri territoriali mediante politiche redistributive. Il controllo funzionale ha lo scopo di accertare se le prestazionidei governi locali corrispondono a standard di efficienza e qualità e se sono in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati; esso riguarda pertanto gli outputs delle politiche locali. Da allora a oggi, la tendenza dominante è stata quella di ridimensionare ulteriormente i controlli legali e di spostare sempre di più l’accento sui controlli finanziari e funzionali. Il controllo legale ha infatti lo scopo di proteggere i cittadini contro i possibili abusi dei governi locali, ma non è in grado di accertare se le amministrazioni svolgono bene i loro compiti e raggiungono gli obiettivi prefissati.

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8. Dalla periferia al centro: l’accesso alla politica nazionale

Le relazioni verticali tra centro e periferia non si svolgono solodal centro verso la periferia, attraverso i controlli che lo statocentrale esercita sui governi locali. In tutti i paesi esiste anche un movimento inverso, dalla periferia verso il centro, mediante il quale i governi sub-nazionali sono i grado di avere accesso all’arena politica nazionale e di influire sulle scelte che li riguardano.

8.1 le sedi istituzionali Negli stati federali la rappresentanza dei governi federati è garantita al massimo livello, ossia nel parlamento. La camera altaè infatti strutturata sulla base di una rappresentanza territoriale che consente agli stati membri di partecipare al processo legislativo nazionale. Meccanismi assai simili sono presenti anche in alcuni stati unitari. Il senato francese è eletto in secondo grado dai consiglieri regionali, dipartimentali, e comunali ed è stato perciò definito come il gran consiglio dei comuni francesi. La camera alta olandese è eletta dai consiglieri delle 12 province. Il senato spagnolo è composto per un quinto da rappresentanti designati dai consigli delle comunità autonome e per il resto da senatori eletti a suffragio universale su base provinciale. Non hanno invece, alcuna rappresentanza parlamentare i governi sub-nazionali nel regno unito, nei paesi che hanno un parlamento monocamerale ( paesi scandinavi, Portogallo e grecia) e in Italia,dove il senato è eletto a suffragio universale su basi non territoriali ed è quindi praticamente un doppione della camera deideputati. Il paese che ha sviluppato il più fitto reticolo di sediistituzionali per la concertazione tra livelli di governo è comunque la Germania.

8.2 le associazioni nazionali dei governi locali.La rappresentanza ufficiale a livello nazionale riguarda essenzialmente i governi di rango regionale e non quelli di rango provinciale. Questi ultimi hanno però a disposizione un’altra strada per esercitare la loro influenza. Essi sono organizzati, intutti i paesi, in associazioni nazionali che, oltre a offrire informazioni e servizi ai propri associati, svolgono un’intensa attività di lobby presso il parlamento e il governo nazionali e

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presso i governi regionali. Esse tendono anche ad assumere una veste ufficiale.

8.3 il cumulo degli incarichiIn francia i consigli di dipartimento, pur essendo eletti a suffragio universale, sono formati per lo più da sindaci e da consiglieri comunali in carica; la maggioranza dei consiglieri regionali sono contemporaneamente sindaci o consiglieri di dipartimento. Il cumulo degli incarichi è generalmente considerato come un meccanismo fondamentale per assicurare l’integrazione tra i livelli di governo in francia e le loro classi dirigenti. Esso ha infatti consentito gli scambi tra centro e periferia. Ma nello stesso tempo ha rafforzato il carattere notabilare della classe politica francese. Nessun altro paese presenta una simile sovrapposizione. In italia, per esempio, la carica di sindaco di un grande comune, quella di consigliere regionale e quella di parlamentare sono incompatibili. In Inghilterra, lo abbiamo già visto esiste tradizionalmente una netta separazione tra la classe politica locale e quella nazionale.

9. Le relazioni contrattuali

Lo sviluppo del decentramento ha creato lo spazio per relazioni più paritarie almeno formalmente, tra i livelli di governo che tendono perciò a regolare i loro rapporti in forma contrattuale, ossia attraverso accordi, intese o convenzioni. L’introduzione di relazioni di tipo contrattuale tra i governi è stata particolarmente dirompente nei paesi dell’europa continentale che,a differenza di quelli anglosassoni, sono tradizionalmente dotati di una diversa strumentazione giuridica per regolare le questioni di interesse privato (attraverso il diritto privato) e le questioni di interesse pubblico (attraverso il diritto amministrativo). In tali paesi il contratto (in quanto atto bilaterale e volontario) è il tipico strumento in mano ai soggettiprivati, mentre le relazioni tra gli enti pubblici sono normalmente regolate dal diritto amministrativo mediante atti unilaterali e imperativi. È interessante notare come sia stata proprio la francia, tipico paese a diritto amministrativo, a infrangere questa barriera. Le leggi sul decentramento del 1982-1983 hanno infatti stabilito che i rapporti tra lo stato e le regioni sono regolati attraverso un accordo, il contratto di piano, mediante il quale si individuano

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le politiche e le opere di interesse comune da realizzare nel quinquennio successivo e si ripartiscono gli oneri per i relativi finanziamenti. In questo modo entrambi i contraenti, lo stato e leregioni, si assicurano il reciproco impegno finanziario su progetti comuni. Un meccanismo simile è stato escogitato in italiaattraverso le intese istituzionali di programma tra stato e regioni che hanno cominciato ad essere sottoscritte a partire dal 1999.Un altro strumento che ha avuto una rapidissima diffusione è quello dei patti territoriali, ossia di accordi tra comuni, enti pubblici e interessi privati volti al rilancio dell’economia in ambito locale. Si sta delineando, insomma, una tendenza a governare attraverso contratti e a reimpostare le relazioni intergovernative sulla basedi accordi reciproci, sia di carattere generale e intersettoriale sia su singole politiche o singoli interventi.

10. I governi locali nello spazio europeo

Nello spazio europeo la sfera di azione dei governi sub-nazionali si è infatti notevolmente ampliata in due direzioni:- in orizzontale con governi regionali o locali di altri stati membri;- in verticale con l’unione europea attraverso l’apertura di canali diretti di accesso a Bruxelles.

10.1 relazioni senza frontiereEsistono ormai in europa numerose entità associative che coinvolgono governi regionali o locali di paesi diversi. Alcune associazioni hanno carattere universalistico e svolgono, su scala continentale, un ruolo analogo a quello delle associazioni nazionali degli enti locali che abbiamo esaminato nel capitolo 8. si sono aggiunte più di recente due organizzazioni che hanno assunto un ruolo particolarmente dinamico nei rapporti con l’unione europea: l’assemblea delle regioni (AER) ed Eurocities che organizza le maggiori città europee.Il fenomeno più esteso e probabilmente più importante è costituitodalle forme di cooperazione transfrontaliera tra regioni ed enti locali confinanti.

10.2 l’accesso a BruxellesNel 1984 il city council di Birmingham aprì a Bruxelles un ufficiodi rappresentanza per seguire da vicino gli affari comunitari.

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Poco dopo il suo esempio fu imitato dai Lander tedeschi, da alcuneregioni francesi e da numerosi governi locali britannici.

10.3 il comitato delle regioniCon il trattato di Maastricht 1992 la funzione dei governi sub-nazionali nel policy-making europeo è stata ufficialmente riconosciuta con l’istituzione del Comitato delle regioni, fortemente voluto dai Lander tedeschi che desideravano disporre diun canale diretto, e autonomo dal Bund, per accedere a Bruxelles. Poiché solo una parte dei paesi membri aveva un ordinamento regionale, si decise che nel Comitato delle regioni potessero essere rappresentati anche governi locali di livello inferiore.

10.4 gli attivi e gli inerti In base alla capacità di reagire ai vincoli e alle opportunità poste dal processo di integrazione europea, goldsmith e klausen 1997 hanno classificato i governi locali in quattro gruppi: non reattivi, passivi, reattivi e attivi. Il primo gruppo i non reattivi, è formato da governi locali scettici o addirittura ostili all’europa ed è diffuso soprattutto in piccole località rurali o alpine non necessariamente povere. Il secondo gruppo i passivi, è il più numeroso;è formato da enti locali che non prendono iniziative, aspettano per chiarirsi le idee e se imparanoqualcosa nelle lore realzioni con l’unione europea, ciò avviene più per accedente che per scelta. Gli enti locali reattivi sono quasi altrettanto numerosi: hanno un atteggiamento positivo verso l’eruopa ma, più che prendere iniziative, si accodano a quelle degli altri, unendosi a reti già esistenti. L’ultimo gruppo, quello degli attivi, tende ad attirare l’attenzione dei ricercatori e dei media, ma è formato in realtà da un ristretto numero di grandi città, come birmingham, Barcellona, Montpellier, lille, lione, Francoforte, milano o Manchester; oppure da regioni particolarmente dinamiche come quelle che si sono autodesignate quattro motori per l’europa.

10.5 verso un modello di “governance” multi-livello?La crescente anche se diseguale integrazione dei governi sub-nazionali nel processo europeo è stata interpretata da alcuni studiosi come l’avvento di un nuovo modello di policy-making su scala continentale che essi hanno chiamato milti-level governance.Tale modello si contrappone a quello più tradizionale chiamato delle relazioni intergovernative secondo cui gli stati nazionali

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sono gli attori fondamentali del processo di integrazione europea che procede o rallenta attraverso la negoziazione tra i governi e in base alle loro convenienze strategiche. Esistono infatti due opzioni che entrano continuamente in frizionetra di loro: quella dell’europa delle regioni e quella dell’europadelle città. La prima opzione è sostenuta soprattutto dagli stati federali (i Lander tedeschi per esempio si sono opposti alla presenza dei comuni nel comitato delle regioni). Negli altri paesi, tra cui l’Italia, esistono, invece, forti pressioni per mantenere in vita anche la seconda opzione.

5. LA DEMOCRAZIA LOCALE: SISTEMI DI GOVERNO E FORME DI PARTECIPAZIONE

I comuni sono le istituzioni di governo più vicine ai cittadini e quindi, si suppone, più soggette al loro controllo. In realtà il quadro che ci offrono le esperienze concrete è assai meno limpido.Non è affatto detto che i cittadini partecipano con maggiore intensità alla vita politica locale, rispetto alla vita politica nazionale.

1. I sistemi di governo

Negli stati nazionali i sistemi di governo sono essenzialmente riconducibili a due tipi: quello “parlamentare” (in cui sia il legislativo è direttamente elettivo, mentre l’esecutivo è espressione del legislativo) e quello “presidenziale” ( in cui siail legislativo che l’esecutivo godono di un’autonoma legittimazione democratica).Se negli stati unitari le regole istituzionali sono stabilite dalla legge nazionale e sono quindi tendenzialmente uniformi in tutto il paese, negli stati federali coesistono assetti molto diversi, perché l’ordinamento degli enti locali è una competenza che spetta, di regola, ai singoli stati federati.

1.1 le assemblee elettive Tutti i governi locali hanno un organo assembleare che è eletto a suffragio universale con i più diversi sistemi elettorali e che normalmente ma vi sono eccezioni, comprende sia la maggioranza chel’opposizione. L’assemblea elettiva è ovunque l’organo sovrano delgoverno comunale, nel senso che esercita, almeno formalmente, il potere deliberativo su tutte le materie di competenza dell’ente. Quello che cambia è soprattutto la dimensione dell’assemblea: ci

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sono consigli formati da un numero molto ristretto di consiglieri e altri formati da svariate decine di membri.

1.2 governi locali senza esecutiviCi sono paesi in cui non esiste addirittura alcun organo esecutivoseparato dall’assemblea. Tradizionalmente in gran Bretagna tutte le decisioni amministrative del governo locale sono assunte dal consiglio o da commissioni consiliari specializzate per materia, cui partecipano tanto gli esponenti della maggioranza quanto quelli dell’opposizione; il sindaco ha un ruolo puramente onorifico e non svolge compiti esecutivi. Una situazione non moltodissimile si riscontra nei paesi scandinavi dove esiste un sindacoeletto dal consiglio, con poteri esecutivi, ma dove le decisioni amministrative devono passare, come in gran Bretagna, attraverso commissioni consiliari cui partecipano anche le opposizioni.

1.3 sistemi di tipo parlamentare o presidenzialeAlcuni sistemi di governo locale possono essere ricondotti al modello parlamentare oppure a quello presidenziale. Appartengono al primo tipo le istituzioni municipali italiane, quelle portoghesi, belghe e austriache: in questi casi, infatti , il consiglio elegge un esecutivo(giunta).Sono invece di tipo presidenziale il sistema tradizionalmente adottato dai Lander tedeschi meridionali e poi gradualmente estesoagli altri Lander e il sistema strong mayor-council adottato dallemaggiori città americane. In tali casi il capo dell’esecutivo è eletto direttamente dai cittadini e non può essere sfiduciato dal consiglio: la revoca del sindaco richiede procedure particolarmente complesse che implicano comunque un nuovo voto popolare. L’attuale sistema italiano e quello greco si basano, invece, su una formula mista: il sindaco è eletto in forma direttae ha una maggioranza assicurata in seno al consiglio di cui deve avere la fiducia. Ci sono anche sistemi che sono formalmente parlamentari, ma di fatto presidenziali. In francia il sindaco è formalmente eletto dal consiglio, ma in realtà viene scelto direttamente dai cittadini in quanto si tratta del capolista del partito vincente.

1.4 esecutivi tecniciMentre gli esecutivi nazionali sono eminentemente politici, esistono numerosi casi di enti locali in cui la funzione esecutivaè affidata a funzionari o manager di estrazione tecnica o burocratica, con la conseguenza che i politici eletti nel

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consiglio svolgono un ruolo di indirizzo, controllo e deliberazione, ma non partecipano direttamente all’amministrazione.

1.5 altre differenzeGli esecutivi possono inoltre essere monocratici o collegiali. Nelprimo caso (francia, italia post1993, spagna, usa, alcuni lander tedeschi) il sindaco può essere affiancato da alcuni collaboratoriche può revocare a suo piacimento. Negli esecutivi collegiali, invece, il sindaco è semplicemente un primis inter pares:così nelle giunte italiane prima del 1993, nel lander tedeschi che adottano il sistema dei magistrat o negli esecutivi municipali portoghesi.

1.6 grandi coalizioniNei governi locali è assai più frequente che nei governi nazionaliil ricordo a esecutivi formati da grandi coalizioni che raccolgonotutti i principali partiti politici presenti in consiglio. Questo fenomeno non si presenta solo in Olanda, ma anche in paesi che sono tradizionalmente caratterizzati, a livello nazionale, da una netta distinzione tra la maggioranza di governo e l’opposizione. Nelle principali città tedesche il modello della grande coalizioneè assolutamente dominante, mentre gli esecutivi maggioritari sono un fenomeno piuttosto raro.

2. Due polarità: assemblea/esecutivo, governo politico/governo tecnico

Lo studioso francese Alan Delcamp 1995 ha proposto di distinguere tali sistemi a seconda che l’esecutivo o l’assemblea abbiano rispettivamente un ruolo dominante. Sono sistemi a predominanza dell’esecutivo quelli dei municipi francesi, italiano post 1993, tedeschi e spagnoli; sono sistemi a predominanza dell’assemblea quelli dei governi locali britannici e scandinavi e quelli dei comuni di alcuni Lander tedeschi prima degli anni novanta. In questo secondo caso è frequente la forma del governo per comitati (regno unito, paesi scandinavi), ossia un sistema in cui le scelteesecutive sono assunte da commissioni consiliari politicamente rappresentative dell’intero consiglio.

3. La riforma americana: sindaci “forti” e “city manager”

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Fu il trionfo delle macchine di partito guidate da boss spregiudicati e corrotti che riuscirono a impossessarsi delle cariche pubbliche nelle maggiori città americane soprattutto dell’est, attraverso una potente rete clientelare continuamente alimentata da favori e minacce. Contro quella che appariva come una vera e propria degenerazione della democrazia urbana, prese piede un movimento riformatore che propugnò una riforma radicale dei sistemi di governo locale, allo scopo di sconfiggere lo strapotere delle macchine di partito in nome del buon governo, dell’onestà, della competenza e dell’efficienza.La machine-politics, indubbiamente corrotta e clientelare, aveva anche avuto il merito di integrare nella società e nella politica americana le nuove masse di immigrati che provenivano dall’irlanda, dall’italia o dalla polonia, di permettere loro di accedere ai servizi pubblici, di trovare una casa e una sistemazione e di offrire ai più intraprendenti la possibilità di una carriera politica. Da questo punto di vista, il movimento riformatore rappresentò una rivincita delle classi medie, bianche,anglosassoni e protestanti, all’insegna dei loro tipici valori(onestà, competenza, efficienza) e finì per propugnare un modello di governo urbano più elitario e aziendalistico e per diminuire le chances delle comunità più povere degli immigrati. I cambiamenti introdotti, grazie al movimento riformatore, riguardano sia i meccanismi elettorali sia il sistema di governo. Per quanto riguarda i meccanismi elettorali le più importanti innovazioni sono state le seguenti:1) l’introduzione delle elezioni primarie, per la designazione dei candidati, allo scopo di sottrarla ai caucus di partito e ai loro meccanismi poco trasparenti.2) L’introduzione di competizioni elettorali non partisan, ossia il divieto di associare i candidati a un simbolo di partito e il divieto dei partiti di presentare e appoggiare i candidati;3) L’elezione dei consiglieri comunali at large o city wide, ossia un collegio elettorale unico per l’intera città.

Per quanto riguarda il sistema di governo, il movimento riformatore ha indotto molte città ad abbandonare il modello tradizionale del sindaco debole, per passare alternativamente al sistema sindaco forte, del city manager e della commission.

3.1 la formula “mayor-council”

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Nelle città che adottano il sistema mayor-council e sono quasi la metà del totale, sia il sindaco che il consiglio sono eletti direttamente dai cittadini. All’interno di tale formula esistono due sistemi di governo nettamente distinti: il sistema del sindacodebole e il sistema del sindaco forte. Il sistema del sindaco debole è quello tradizionale, grosso modo quello che aveva conosciuto e ammirato tocqueville, ed è attualmente adottato prevalentemente dalle municipalità minori. In tale sistema di governo, il sindaco è solo un primus inter pares ed è affiancato da altri magistrati, anch’essi elettivi. Potremo forse definirlo un sistema a predominanza dell’assemblea.Proprio questo aspetto ossia la vulnerabilità del sistema, ha indotto i riformatori a puntare sulla formula alternativa del sindaco forte, introdotta a new york fin dal 1898 e attualmente dominante in tutte le grandi metropoli americane. In tale sistema di governo, il sindaco è eletto direttamente dai cittadini così come il consiglio; è titolare esclusivo del potere esecutivo; dispone del comando diretto sull’amministrazione comunale; provvede a nominare e revocare a suo piacimento un altissimo numero di capi dipartimento e di funzionari secondo la pratica dello spoil system; ha potere di veto sulle deliberazioni del consiglio. In circa la metà delle città americane, egli può esseresottoposto a revoca, recall, con un nuovo voto popolare su richiesta di un certo numero di cittadini ma ciò avviene molto di rado. Si tratta chiaramente di un sistema a predominanza dell’esecutivo, ti tipo presidenziale, molto personalizzato, che ha contribuito a destabilizzare i partiti soprattutto nelle città dove le elezioni si svolgono in forma non partisan, attraverso l’instaurazione di un rapporto diretto tra il sindaco e i suoi elettori.

3.2 la formula “council-manager”Il sistema di governo che è stato più sostenuto dai riformatori è quello basato sul city manager introdotto per la prima volta nel 1908 nelle città di staunton virginia e attualmente adottato da circa la metà delle municipalità americane con più di 2.500 abitanti. In tale sistema i cittadini eleggono direttamente un consiglio di dimensioni molto ridotte. E spesso anche un sindaco, ma tutti i compiti di carattere esecutivo sono delegati a un professionista, il city manager, nominato dal consiglio a tempo indeterminato e da esso revocabile. Il city manager ha il pieno controllo sull’amministrazione comunale, nomina discrezionalmente

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i dirigenti, predispone il bilancio e, dopo la sua approvazione daparte del consiglio, effettua le spese.

3.3 altre formuleUn altro sistema riformato è quello della commissione introdotto nel 1900 nella città texana di galveston e ora adottato da circa il 2 per cento dei comuni americani. Un unico organo direttamente elettivo, la commission, formato da un numero molto ristretto di consiglieri, svolge nello stesso tempo compiti deliberativi ed esecutivi. Sopravvive infine, nelle municipalità minori degli stati del nord-est, l’antico sistema del town meeting in cui i compiti deliberativi sono affidati all’assemblea di tutti i cittadini, che si riunisce una o due volte l’anno, approva il bilancio ed elegge i responsabili amministrativi del comune.

4.1 i nuovi sindaci italianiIl sistema di governo comunale introdotto nel 1993 si basa sull’elezione diretta del sindaco e su un premio di maggioranza per le liste collegate al sindaco in modo da assicurargli una maggioranza automatica in consiglio. Il sindaco ha il potere di nominare e revocare i componenti dell’organo esecutivo gli assessori, che, nei comuni maggiori, non possono più essere membridel consiglio. Egli può essere sfiduciato dal consiglio comunale, ma in questo caso anche il consiglio decade e si tengono nuove elezioni per entrambi gli organi. Qualche anno più tardi è stata importata dagli stati uniti la figura del city manager, sia pure in forma edulcorata. Il sindaco può infatti nominare un professionista di sua fiducia chiamato direttore generale, che svolge un ruolo di collegamento tra l’esecutivo il sindaco e gli assessori, e l’amministrazione comunale.

4.2 la diffusione del presidenzialismo comunale in GermaniaNel giro di un decennio l’intera Germania si è orientata , senza particolari traumi, verso un sistema presidenziale a livello comunale, che contrasta con quello parlamentare vigente sia nella federazione sia nei Lander. Gli ordinamenti comunali hanno caratteristiche leggermente diverse a seconda dei Lander, ma presentano comunque un aspetto comune: il Burgermeister elettivo ha un mandato più lungo da 6 a 12 anni del consiglio comunale da 4a 6 anni, e questa mancanza di sincronizzazione è dovuta all’esigenza di premiare l’esperienza amministrativa e di professionalizzare gli incarichi esecutivi.

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4.3 la fine dell’anomalia britannicaCon il local governement act del 2000 la gran Bretagna ha voltato le spalle a un sistema di governo antico e macchinoso, nonché decisamente anomalo nel panorama europeo. L’aspetto che lo caratterizzava era l’assenza di un organo esecutivo separato dal consiglio.Criticato per la sua lentezza e farraginosità, il sistema dei committees è stato sottoposto a una riforma radicale dal governo Blair. Nel 2000 la riforma è stata estesa a tutti gli altri governi locali inglesi e gallesi, con una formula originale, ossia offrendo alle singole istituzioni locali la possibilità di scegliere tra tre diverse configurazioni dell’esecutivo:a) l’esecutivo mayor and cabinet formato da un sindaco direttamente elettivo, dotato di pieni poteri esecutivi, che è affiancato da due o più consiglieri designati dal sindaco stesso cabinet, si tratta d un sistema sostanzialmente di tipo presidenziale.b) L’esecutivo leader and cabinet eletto dal consiglio e presieduto dal leader of the council si tratta di un sistema sostanzialmente di tipo parlamentare;c) L’esecutivo mayor and council-manager in cui un sindaco direttamente elettivo è affiancato da un professionista, manager, designato dal consiglio, si tratta di una formula che ricorda quella della city manager americano.

I singoli governi locali devono scegliere tra le tre opzioni a partire dal 2001; se la scelta cade sul sindaco elettivo ossia sulla prima o la terza opzione è obbligatorio il referendum; i comuni districts, con meno di 85.000 abitanti possono mantenere invita il vecchio sistema. Gli osservatori prevedono che la scelta cadrà soprattutto sulla configurazione di tipo parlamentare leaderand cabinet che è quella meno lontana dalla riforma di governo precedente ed è già stata sperimentata da alcuni enti locali, ma non è escluso che alcune grandi città decidano di saltare il fossoe di optare per il sindaco elettivo con o senza manager.

4.4 la monarchia municipale francesePiù che in altri paesi, il sindaco francese si è tradizionalmente presentato come un notabile capace di porsi al centro della vita politica locale grazie al prestigio personale, acquisito attraverso la propria attività professionale, e alle sue relazionicon diversi centri di potere locali e nazionali.

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Una volta ottenuta l’investitura elettorale su basi di partito infatti, il sindaco deve preoccuparsi di acquisire la legittimazione sociale e quindi costruire il suo ruolo in quanto notabile, espressione di tutti gli interessi della sua comunità.

4.5 le istituzioni comunali tra personalizzazione e modelli managerialiNel giro di un solo decennio si sono attenuate le differenze, un tempo assai marcate, tra i sistemi di governo municipale nei maggiori paesi europei. Tre sembrano i principali punti di convergenza.1. La predominanza dell’esecutivo sul consiglio, un tempo caratteristica della francia e dei Lander tedeschi meridionali, ora costituisce un tratto comune alle istituzioni comunali italiane, tedesche e spagnole.2. La personalizzazione dell’esecutivo, attraverso l’elezione diretta del sindaco è ormai il carattere prevalente in europa. 3. La dimensione a-politica e manageriale: si assiste a un processo di graduale, anche se ineguale, politicizzazione dei governi locali europei e alla proliferazione di figure professionali cui vengono affidati compiti esecutivi.

5. La partecipazione elettorale

L’affluenza alle urne è sistematicamente più bassa rispetto alle elezioni nazionali. Lo scarto è sorprendentemente alto in gran Bretagna: alle elezioni locali si presenta circa la metà degli elettori che partecipano alle elezioni per la camera dei comuni, con la conseguenza che i councillors sono scelti da un’esigua minoranza della popolazione, che oscilla tra il 30 e il 40 per cento degli aventi diritto al voto. Non è molto diversa la situazione americana, in sui la già bassa partecipazione alle elezioni del presidente attorno al 50 per cento si riduce ulteriormente negli altri tipi di elezioni, quando esse non si svolgono in concomitanza con quelle presidenziali.Malgrado l’indubbio rafforzamento dei livelli di governo sovranazionali e sub-nazionali in europa, sembra che i cittadini continuino ad assegnare allo stato nazionale una posizione di assoluta centralità sul piano elettorale. La partecipazione elettorale alle elezioni locali tende, inoltre, a variare a seconda della dimensione dei comuni.

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Gli elettori possono anche essere chiamati a partecipare a consultazioni referendarie locali, sia di tipo consultivo che deliberativo. La partecipazione dei cittadini ai referendum è comunque generalmente molto bassa e resta alquanto al di sotto della partecipazione alle elezioni locali.

6. La partecipazione dei cittadini alle politiche locali

La partecipazione viene realizzata attraverso diverse forme. Ci sono casi, più semplici, di consultazione, in cui i cittadini sonochiamati a esprimere il loro punto di vista sul progetto predisposto dall’amministrazione, come avviene nelle inchieste pubbliche britanniche. Ci sono esperienze più complesse in cui viene riconosciuto ai cittadini il potere di discutere il merito del progetto e a negoziarlo con l’amministrazione o in cui il compito di definire l’intervento pubblico viene interamente delegato alle comunità destinatarie. Esistono anche esperienze in cui una specifica politica locale è affidata alla discussione e alla valutazione di un gruppo di cittadini comuni o di utenti di un servizio. Le motivazioni che spingono i governi locali a impegnarsi su questo terreno sono molteplici: si vuole compensare la fragile legittimazione elettorale, mediante la ricerca del consenso su singole issues; si vogliono prevenire le proteste e i conflitti che solitamente emergono di fronte a scelte calate dall’alto; si vogliono responsabilizzare i cittadini negli interventi che li riguardano. Le pratiche partecipative si sono sviluppate soprattutto negli stati uniti. Essi si sono comunque rapidamente estese ai paesi del nord europa e stanno ormai coinvolgendo anche i paesi dell’europa meridionale.

CONCLUSIONI: COME CAMBIANO LE POLITICHE LOCALI

E infatti dobbiamo chiederci: che cosa fanno i governi locali? Di quali problemi si occupano e in che modo? Come vedremo tra breve, questo è forse l’aspetto in cui si stanno verificando le maggiori trasformazioni almeno in tre direzioni fondamentali:- mutano le priorità dei governi locali: le politiche per la promozione dello sviluppo locale tendono ad assumere una posizionecentrale e un ruolo guida e di orientamento rispetto alle politiche più tradizionali sociali e territoriali.

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- Mutano le modalità di gestione dei servizi: le forme tradizionali di gestione diretta tendono ad essere sostituite da svariate modalità di affidamento a terzi, nel quadro di un’amministrazione più snella, flessibile e più improntata a criteri privatistici.- Muta il rapporto con i cittadini: un tempo puri e semplici destinatari dei servizi pubblici locali, essi tendono ad essere coinvolti direttamente in alcune scelte che li riguardano.

1. Che cosa fanno i governi locali?

I governi locali si occupano tendenzialmente di tutte le questioniche riguardano la loro comunità: sono lo abbiamo già visto, istituzioni generaliste o multifunzionali. Esistono come sappiamo,diversi gradi di decentramento: la funzione sanità è di competenzadei governi locali nei paesi scandinavi soprattutto a livello di contea, ma non in gran Bretagna e negli altri paesi europei, dove fa capo a istituzioni separate; la competenza locale in materia diistruzione può comprendere compiti di diversa ampiezza: nei paesi mediterranei essa riguarda solo la costruzione e la gestione degliedifici scolastici; nei paesi del nord europa si estende al reclutamento e alla gestione del personale insegnante. Alcuni studiosi raggruppano le politiche locali lungo tre direttrici fondamentali:a) politiche di promozione economica e sociale: promozione dello sviluppo e del tessuto imprenditoriale, occupazione e risorse umane, sviluppo territoriale, sviluppo delle comunità.b) Politiche sociali e culturali: politiche socio-sanitarie, interventi contro l’esclusione sociale, politiche culturali, giovani, istruzione. c) Politiche urbane e territoriali: pianificazione urbanistica, infrastrutture, edilizia, trasporti, servizi a rete, riqualificazione urbana, ambiente.Questa classificazione ha il pregio di mettere in luce i tre assi portanti lungo cui si muovono i governi locali: sviluppo economico, welfare e territorio.

2. Le politiche locali tra “welfare” e sviluppo

2.1 lo stato duale: l’accento è sul “welfare”La prima teoria, formulata dal sociologo inglese peter saunders 1981, afferma, sulla base di un’impostazione marxista, che lo stato capitalistico è uno stato duale, in quanto fondato su una

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netta divisione dei compiti tra il governo centrale e i governi locali. Il primo si occupa degli investimenti sociali, i secondi dei consumi sociali. Gli investimenti sociali comprendono, per saunders, tutte quelle scelte che stabiliscono le condizioni indispensabili per lo sviluppo economico capitalistico: le infrastrutture, le scelte macroeconomiche, le relazioni industriali, le politiche economiche di settore. I governi locali rivestono, invece, un ruolo per così dire ancillare. Essi si occupano esclusivamente dei consumi sociali, ossia delle politichedi welfare (sanità, assistenza, istruzione di base ecc) che sono gestite attraverso un modello di mediazione degli interessi di tipo pluralista. La divisione del lavoro, tra centro e periferia, non potrebbe essere più marcata. Al centro si prendono le decisioni che riguardano la produzione capitalistica, in periferiasi gestiscono le politiche redistributive di welfare che riguardano la riproduzione delle condizioni di vita dei lavoratori.

2.2 i limiti delle città: l’accento allo sviluppoNello stesso periodo, anche lo studioso americano Paul peterson 1981, propone una teoria dualistica dello stato individuando una separazione altrettanto netta tra le funzioni del centro e quelle della periferia. Ma le sue conclusioni sono completamente diverse.Peterson osserva che le città incontrano n limite fondamentale nelle proprie scelte: non possono prendere decisioni di tipo redistributivo, ossia politiche che per dirla in termini un po’ troppo semplici, tolgono ai ricchi per dare ai poveri. Appartengono a questo tipo di politiche la tassazione progressiva attraverso cui vengono finanziate le misure di assistenza sociale,i sussidi ai poveri o ai disoccupati.Da questo ragionamento peterson deduce che le scelte redistributive possono essere compiute esclusivamente a livello nazionale. Qual è allora lo specifico campo di azione dei governi locali? Essi non possono fare altro che lavorare per promuovere losviluppo economico delle loro comunità: attrarre investimenti per esempio attraverso incentivi fiscali o aiuti alle imprese o promuovere l’attività edilizia per esempio attraverso previsioni espansive nei piani urbanistici.

2.3 La nuova centralità delle politiche per lo sviluppo anche in europaCon l’esaurimento del modello keynesiamo di stato sociale, l’avvento della globalizzazione e della new economy, anche in

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europa si assiste a un crescente orientamento dei governi urbani verso le politiche di sviluppo locali. Il modello americano tende insomma a diffondersi anche nel vecchio continente, ma ora l’accento è soprattutto sulla promozione della crescita. Le politiche di promozione dello sviluppo locale si prefiggono l’obiettivo di migliorare il vantaggio competitivo della città o del contesto locale, attirando nuove imprese e rafforzando quelle esistenti. Alla tradizionale immagine della città come comunità, si sovrappone quella della città come azienda tutta tesa a migliorareil proprio fatturato complessivo.

3. Le innovazioni nella gestione dei servizi

La seconda grande trasformazione nelle politiche locali riguarda la modalità di gestione dei servizi. Il governo locale tradizionale era soprattutto un ente dispensatore di servizi in forma diretta. Oggi queste figure non sono certo scomparse, ma molti servizi, almeno nella loro fase più esecutiva e operativa, tendono a spostarsi al di fuori dei confini dell’ente locali. Essi sono affidati ad agenzie esterne che possono presentare le più diverse configurazioni giuridiche: imprese pubbliche o a capitale misto, imprese private a scopo di lucro, fondazioni, imprese del terzo settore, cooperative sociali. Non a caso questa trasformazione ha avuto il suo epicentro nell’inghilterra neoliberista degli anni ottanta. Qui è nato il new public management, ossia un insieme di prescrizioni e di tecniche per gestire la pubblica amministrazione secondo le metodologie proprie dell’impresa privata: controllo di gestione, orientamento ai risultati e al cliente, attenzione per la qualità.Le ricette del new public management si sono diffuse gradualmente in tutti i paesi. Il loro impatto è stato massimo nei paesi nord-europei (gran Bretagna, paesi bassi), ma ha anche coinvolto, sia pure in misura inferiore, paesi come la germania, la francia, e l’italia, la cui amministrazione era stata edificata sulla base dei precetti pubblicistici del diritto amministrativo.Lo stato sociale del periodo fordista era fondato per lo più su servizi altamente standardizzati rivolti soprattutto alle figure centrali e dominanti della struttura sociale , lavoratori a tempo indeterminato con un posto di lavoro tendenzialmente stabile, che si supponeva si trovassero in una condizione uniforme. La gestionediretta di tali servizi, attraverso apparati burocratici pubblici,

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poteva essere del tutto adeguata a questo scopo. Negli ultimi decenni, viceversa, è emersa una maggiore frammentazione della stratificazione sociale e una maggiore diversificazione dei bisogni. È cresciuta la domanda di servizi personalizzati che ha reso necessaria l’adozione di formule organizzative più flessibili. È l’affidamento della gestione dei servizi a terzi concontratti temporanei ha costituito la strategia fondamentale per facilitare un continuo adeguamento dell’offerta a una domanda mutevole. In questo passaggio hanno svolto un ruolo importante le associazioni del volontariato e del terzo settore soprattutto di matrice religiosa che si sono proposte come alternativa alle burocrazie pubbliche grazie alla loro capacità di offrire servizi più attenti alla persona e a costi più bassi, e hanno spesso ottenuto di diventare il tramite principale tra il governo locale e la platea ormai molto differenziata dei destinatari delle politiche sociali.

4. Il coinvolgimento dei cittadini

La terza grande trasformazione delle politiche locali consiste nelcrescente coinvolgimento dei cittadini nelle scelte che li riguardano.Il principale banco di prova di queste esperienze sono state le politiche di rigenerazione urbana. Se un tempo le politiche urbanistiche avevano essenzialmente lo scopo di orientare e regolare l’espansione urbana in territori precedentemente agricoli, negli ultimi decenni con l’esaurimento dei processi di urbanizzazione e con l’aprirsi dei vuoti urbani determinati dalla deindustrializzazione, le scelte urbanistiche si sono rivolte prevalentemente all’interno delle città attraverso progetti di riqualificazione, rigenerazione e trasformazione di aree già urbanizzate e soprattutto già abitate da comunità di cittadini residenti che non hanno mancato di far sentire la loro voce. I governi locali hanno cominciato a rendersi conto che non potevano procedere dall’alto con i loro progetti di sviluppo senza offrire ai cittadini coinvolti la possibilità di interloquire con l’amministrazione e di negoziare soluzioni accettabili. Quello che gli urbanisti o i pianificatori consideravano come un miglioramento non era necessariamente percepito come tale dai diretti interessati. Se le amministrazioni pubbliche vanno gestite come imprese, i cittadini destinatari dei servizi non devono essere più considerati come utenti, ma come clienti che hanno la possibilità

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di esercitare l’exit, ossia rivolgersi altrove, se non vengono trattati con riguardo e se non ricevono prestazioni di qualità sufficiente. Nel caso di servizi gestiti in modo monopolistico che continuano ad essere numerosi, in cui l’exit non è praticabile, non è possibile rivolgersi a servizi alternativi, è necessario riconoscere al cittadino-cliente anche la possibilità di esprimerechiaramente la propria insoddisfazione, di protestare e di essere ascoltato.