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SOMMARIO: 1. Il punto di vista di Víctor Ferreres Comella: un’interessante sfida alle logiche interne. – 2. Una brevissima parentesi sull’oggetto: la Carta di Nizza dopo il 2009. – 3. Il punto di vista dei giudici italiani: controllo diffuso o controllo accentrato? – 3.1. Confusioni ed errori: quando non tutto dipende dai giudici. – 4. Verso l’emersione delle po- tenzialità della Carta di Nizza? Alcune possibili prospettive. – 4.1. Prime conclusioni, da sottoporre a qualche test di verifica. 1. Il punto di vista di Víctor Ferreres Comella: un’interessante sfida alle logiche interne «In some areas of E.C. law, the ECJ thinks it advisable not to frame very detailed answers to the preliminary questions that do- mestic courts raise. This is especially true when fundamental rights are at stake» 1 . Con questa considerazione, tutta orientata verso l’at- teggiarsi della Corte europea di giustizia, Víctor Ferreres Comella caratterizza l’impatto eurounitario sul modello accentrato di sinda- cato di costituzionalità in materia di diritti. Per comprendere que- sto originale punto di vista, questa prospettiva per certi versi inedita per chi – come larga parte della nostra dottrina – riflette sul feno- meno europeo a partire dall’ordinamento degli Stati membri, oc- corre muovere qualche passo indietro. Il principale fuoco dello studio svolto in Constitutional Courts 1 V. FERRERES COMELLA, Constitutional Courts and Democratic Values. A Eu- ropean Perspective, New Haven&London, 2009, 130. I giudici italiani e l’applicazione diretta della Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona Tatiana Guarnier
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I giudici italiani e l'applicazione diretta della Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona

Apr 03, 2023

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SOMMARIO: 1. Il punto di vista di Víctor Ferreres Comella: un’interessantesfida alle logiche interne. – 2. Una brevissima parentesi sull’oggetto: laCarta di Nizza dopo il 2009. – 3. Il punto di vista dei giudici italiani:controllo diffuso o controllo accentrato? – 3.1. Confusioni ed errori:quando non tutto dipende dai giudici. – 4. Verso l’emersione delle po-tenzialità della Carta di Nizza? Alcune possibili prospettive. – 4.1.Prime conclusioni, da sottoporre a qualche test di verifica.

1. Il punto di vista di Víctor Ferreres Comella: un’interessantesfida alle logiche interne

«In some areas of E.C. law, the ECJ thinks it advisable not toframe very detailed answers to the preliminary questions that do-mestic courts raise. This is especially true when fundamental rightsare at stake»1. Con questa considerazione, tutta orientata verso l’at-teggiarsi della Corte europea di giustizia, Víctor Ferreres Comellacaratterizza l’impatto eurounitario sul modello accentrato di sinda-cato di costituzionalità in materia di diritti. Per comprendere que-sto originale punto di vista, questa prospettiva per certi versi ineditaper chi – come larga parte della nostra dottrina – riflette sul feno-meno europeo a partire dall’ordinamento degli Stati membri, oc-corre muovere qualche passo indietro.

Il principale fuoco dello studio svolto in Constitutional Courts

1 V. FERRERES COMELLA, Constitutional Courts and Democratic Values. A Eu-ropean Perspective, New Haven&London, 2009, 130.

I giudici italiani e l’applicazione diretta della Carta di Nizzadopo il Trattato di Lisbona

Tatiana Guarnier

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and Democratic Values ruota senz’altro intorno alla dimostrazioneche il sindacato accentrato di costituzionalità offre una serie di van-taggi rispetto a quello diffuso; vantaggi che l’Autore individua – inuna maniera che qui dovrà essere ovviamente molto semplificata –nella garanzia di certezza del diritto offerta dall’annullamento del-l’atto incostituzionale, nell’esistenza di giudici appositamente de-stinati allo svolgimento di questo controllo (che, dunque, possie-dono tempo congruo per affrontare questioni spesso delicate ecomplesse, un adeguato margine di autonomia da pressioni esternedi natura politica2 ed una maggiore inclinazione a “prendere sulserio” i valori costituzionali3), nonché nell’obbligo di motivare leproprie decisioni secondo quello che è stato chiamato “the neutralprinciples requirement”4, ossia in una maniera che offra giustifica-zione delle decisioni in termini universalizzabili5.

L’Autore affronta poi, ampiamente, l’annosa questione dellacompatibilità del controllo di costituzionalità con il principio de-mocratico, dedicando specifiche considerazioni al caso in cui sianocoinvolti diritti e princìpi fondamentali. In quest’area, infatti, ilruolo del legislatore deve parzialmente retrocedere e l’annullamen -to giudiziale della legge, che a prima vista potrebbe apparire un at-tacco rivolto da parte di soggetti non eletti ad un atto prodottodall’organo elettivo, diviene invece una protezione effettiva dellademocrazia, nella misura in cui è volto a proteggere i diritti ed iprincìpi che ne costituiscono insostituibile essenza6.

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2 Si tratta delle condizioni di “leisure” and “insulation” per cui si fa rinvio a A.BICKEL, The Least Dangerous Branch, New Haven&London, 1962, 25.

3 Su cui G. SAGER, Justice in Plainclothes. A Theory of American ConstitutionalPratice, New Haven&London, 2004, 75.

4 Cfr. H. WECHSLER, Toward Neutral Principles of Constitutional Law, 73,Harvard Law Review, 1959.

5 Per queste considerazioni, V. FERRERES COMELLA, cit., 32 s.6 A sostegno di questa – qui condivisa – visione della democrazia, l’A. (Op. cit.,

87 s.) menziona L. FERRAJOLI, Derechos y garantías: La ley del más débil, Madrid,1999; A. BARAK, The Judge in a Democracy, Princeton, 2006, 33 ss. («democracyhas its own internal morality based on the dignity and equality of all human be-ings»; «[democracy] cannot exist without the protection of individual human rights– rights so essential that they must be insulated from the power of the majority»);R. DWORKIN, Freedom’s Law, Cambridge, 1996, 24 ss. e, nell’ottica della cosiddetta

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Se così è, il vero punto di attrito fra processo democratico eCor te costituzionale verrebbe a verificarsi – osserva Ferreres, sullascorta delle riflessioni di Dworkin – solo quando la Corte “sba-glia”, annullando una legge che non entra in conflitto con diritti eprincìpi costituzionali o risolvendo la questione sulla base di un’er-ronea interpretazione (della Costituzione o della norma censurata).Si pone in quest’ultimo caso, dunque, la questione se gli altri giudicipossano disattendere o meno l’interpretazione “sbagliata”7. Questaprima semplificazione serve all’Autore per porre la questione entroil terreno di una democrazia contemporanea, ove esigenze di bilan-ciamento possono giustificare la compressione legislativa di un di-ritto, per la migliore garanzia dell’assetto complessivo e coordinatodei princìpi, diritti e valori, considerati in sistema ed in ottica plu-ralista.

È in quest’ottica, allora, che occorre considerare quali siano ivantaggi offerti da una Corte e da un modello accentrato di con-trollo di costituzionalità, poiché la disponibilità di tempo, la mag-giore indipendenza delle Corti dalle tensioni politiche, la specializ-zazione dei giudici costituzionali in tema di garanzia dei diritti eprincìpi costituzionali, ne fanno interlocutori particolarmente at-tendibili ed autorevoli, offrendo garanzie sistemiche al rispetto delprincipio democratico anche in sede di ponderazione e di bilancia-mento8.

Ora, se questi sono i vantaggi di un sistema accentrato, l’“intru-

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democrazia procedurale, J. HABERMAS, Between Facts and Norms: Contributions toa Discourse Theory of Law and Democracy, Cambridge, 1996, 263: «the constitu-tional court should keep watch over just that system of rights that makes citizens’private and public autonomy equally possible»; G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite,Torino, 1992, 58 ss.

7 V. FERRERES COMELLA, op. cit., 92. Opportuno precisare che l’uso delle vir-golette è nostro e determinato dalla circostanza che la nostra idea si discosta dallapossibilità che possano esistere interpretazioni “giuste” o “sbagliate”, ma semmaiargomentate in modo più o meno persuasivo (cfr. CH. PERELMAN, Logique juridi-que [1976], trad. it., Logica giuridica e nuova retorica, Milano, 1979, spec. 160 ss.;TH. VIEHWEG, Topik und jurisprudenz [1953], trad. it., Topica e giurisprudenza, Mi-lano,1962; CH. PERELMAN e L. OLBRECHTS-TYTECA, La nouvelle rhétorique. Traitéde l’argumentation, [1958], trad. it., Trattato dell’argomentazione, Torino, 1966).

8 Op. cit., 97 ss.

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sione” di elementi di diffusione nel sindacato di legittimità costitu-zionale9 possono porre a rischio non solo queste caratteristiche, maanche, appunto, quel “guadagno democratico” che consente dicom pensare il “costo democratico” dell’annullamento di una leggeparlamentare10. E uno dei fattori che oggi minano il modello accen-trato di controllo di costituzionalità, forse quello che più di tutti èin grado di incidere su di esso, è costituito dalla relazione degli or-dinamenti statali con quello comunitario. Il controllo di conformitàdella legge interna a diritto comunitario è stato infatti, all’esito delben noto avvicendarsi delle decisioni della Corte costituzionale ita-liana e della Corte UE, strutturato prioritariamente nella forma delmodello diffuso, affidando ad ogni giudice dell’ordinamento ilcompito di verificare se la legge interna violi il diritto comunitario,disapplicandola in caso di contrasto con il diritto comunitario au-toapplicativo o rivolgendo il proprio dubbio alla Corte costituzio-nale, negli altri casi. Solo con riguardo alla prima ipotesi, infatti, laCorte di giustizia ebbe a contestare la ricostruzione dei rapporti frafonti interne ed europee compiuta dalla Corte costituzionale ita-liana, affermando la priorità delle esigenze della diretta ed imme-diata applicazione del diritto comunitario sul controllo di costitu-zionalità11.

Occorre allora porsi due differenti domande: la prima, riferitaal primo caso, è se il controllo di comunitarietà affidato al sindacatodiffuso possa minare i vantaggi del modello accentrato sopra indi-viduati; la seconda, riferita al caso che sembrerebbe riguardarci piùdirettamente, è se l’interlocuzione con la Corte di giustizia nell’areadei diritti possa incidere sulle caratteristiche essenziali del controllointerno di costituzionalità.

Quanto alla prima questione12 l’Autore sostiene che il sistema

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9 Costituiti soprattutto dalla crescente domanda di interpretazione della leggein maniera “conforme a” e dall’adempimento degli obblighi sopranazionali.

10 Le espressioni sono di V. FERRERES COMELLA, op. cit., 89 s.11 Cfr. CGCE, 9.03.1978, Simmenthal, C-106/77.12 Che, come tenteremo di dimostrare, è solo apparentemente o, quantomeno,

solo parzialmente scindibile dalla seconda, specie alla luce del richiamo alla Cartadi Nizza oggi contenuto nei Trattati istitutivi.

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decentralizzato si faccia «tollerabile», poiché il meccanismo del rin-vio pregiudiziale consente – per così dire – di “spostare” le presta-zioni di certezza del diritto verso la Corte di Giustizia e di ripro-durre a livello sopranazionale taluni vantaggi “democratici” delgiudizio accentrato (specialmente, la possibilità per le maggioranzedi governo statali di trovare audizione dinnanzi alla CGE a soste-gno delle ragioni della legge interna indubbiata e la temporaneitàdel mandato dei giudici del Lussemburgo).

Quanto alla seconda questione, invece, come dicevamo in aper-tura, l’Autore osserva che la scelta della Corte di giustizia di nonfornire risposte sufficientemente dettagliate in materia di diritti im-plica che non possano essere cercate prestazioni uniformanti esau-stive in sede europea e che, dunque, occorra privilegiare ancora lasede del controllo di costituzionalità interno.

Dal canto nostro vorremmo invece esprimere sin d’ora alcuneperplessità circa la fungibilità delle due Corti per la garanzia di – re-lativa – certezza ed uniformità del diritto. Sussistono, infatti, pro-fonde differenze fra il modello “kelseniano” statale ed il dispositivodi “accentramento” europeo; prima fra tutte una maniera del tuttorinnovata di intendere il rapporto fra diritto positivo e diritto giu-risprudenziale che impedisce di interpretare il ruolo della Corte“centrale” seguendo le medesime coordinate statali. Si tratta, a no-stro modo di vedere, di un punto cruciale che, seppur per svolgereriflessioni differenti da quelle cui dedicheremo i prossimi paragrafi,non è sfuggito all’attenzione dell’Autore. Dovremo ritornare, adesempio, sull’interessantissima elaborazione da questi svolta dellateoria dell’acte claire (e/o éclairé), ossia dell’esenzione dall’obbligodi sollevare questione pregiudiziale interpretativa per le corti na-zionali apicali qualora vi siano precedenti europei che chiariscanosufficientemente il punto controverso13. Connettere l’inesistenza

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13 Cfr. CGE, 6.10.1982, CILFIT, 283/81. Per alcune considerazioni di diffe-rente segno sull’attenuazione dell’obbligo per il giudice di ultima istanza, v. M.CARTABIA, La Corte costituzionale italiana e il rinvio pregiudiziale alla Corte diGiustizia europea, in N. ZANON (a cura di), Le Corti dell’integrazione europea e laCorte costituzionale italiana, Napoli, 2006, 99 ss.

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dell’obbligo di rinvio all’esistenza di precedenti della CGE rafforzainfatti moltissimo il ruolo del diritto giurisprudenziale europeo, in-ducendo le Corti supreme ad applicare direttamente il decisum delLussemburgo14. Ciò è tanto più rilevante se solo si considera che laCorte di giustizia non possiede alcun potere di controllo o revi-sione delle decisioni giudiziali interne e che la stessa vincolativitàdelle sue decisioni è affidata alla collaborazione giurisprudenziale15.In questo contesto, «the need to inculcate the culture of precedentsin lawyers and judges is therefore absolutely vital»16.

Questa maniera di riprodurre a livello europeo, ma sul versante

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14 Ne vedremo alcuni esempi concreti nell’applicazione della sent. Scattolonper risolvere la controversia del personale A.T.A. e nel caso risolto dal Trib. Udine,sez. lav., nella sent. 29.06.2010 (cfr., rispettivamente, parr. 3 e 4.1.).

15 Come si sa, il problema dell’efficacia giuridica delle sentenze interpretativedella Corte di giustizia è stato molto dibattuto, avendo taluni Autori ritenuto chepossa esser loro riconosciuta efficacia erga omnes; altri che producano un vincoloesclusivamente per il giudice a quo; altri ancora che possiedano la capacità di espan-dere la propria efficacia oltre il caso di specie, senza però arrivare ad avere efficaciaerga omnes (una cd. efficacia ultra partes). Per la dottrina sul tema, si vedano, fra ipiù recenti e per ulteriori riferimenti bibliografici G. MARTINICO, Le sentenze in-terpretative della Corte di giustizia come forme di produzione normativa, in Riv.dir. cost., 2004, 249 ss.; T. GIOVANNETTI, L’Europa dei giudici. La funzione giuri-sdizionale nell’integrazione comunitaria, Torino, 2009, 180 ss. Pur a fronte dell’ac-ceso dibattito dottrinale, la Corte costituzionale italiana ha a più riprese affermatoche le decisioni della Corte di Giustizia possiedono efficacia erga omnes, confer-mando così l’importanza della comunanza di intese fra i giudici apicali per la com-plice costruzione del ruolo delle Corti nel sistema (sentt. nn. 113 del 1985; 389 del1989; 168 del 1991; 227 del 2010). FERRERES COMELLA (op. cit., 135 s.), ritiene chel’impatto del decisum interpretativo UE sia addirittura maggiore: «the ECJ doesnot hold that a particular statute passed by a particular parliament violates E.C.law; it instead holds that a particular normative content violates E.C. law, and anystatute that has that content, whichever country enacts it, is automatically judgedto breach E.C. law». La nostra opinione è invece più cauta, ritenendo sia il caso didistinguere a seconda che la Corte di giustizia operi come giudice dell’annulla-mento della norma comunitaria, caso nel quale gli effetti della sua decisione sonosenz’altro erga omnes, o che operi come giudice dell’interpretazione, caso nel qualela vincolatività dell’interpretazione può produrre effetti ultra partes, modulati perònei termini dell’autorevolezza e non dell’autoritatività (essendo, ossia, smentibilesecondo le forme dell’argomentare topico). Cfr. quanto si dirà infra, al par. 4.1. Perla distinzione fra autorevolezza ed autoritatività nel diritto giurisprudenziale, ilriferimento è a L. LOMBARDI, Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1967.

16 V. FERRERES COMELLA, Op. cit., 130.

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giurisprudenziale, gli effetti che il modello accentrato di controllodi costituzionalità produce – seppur solo prioritariamente – sulpiano del diritto positivo, viene salutata felicemente dall’Autore17 edesta invece forti perplessità a livello statale, ove preoccupa per glieffetti di marginalizzazione delle questioni di legittimità costituzio-nale e dello stesso ruolo della Corte costituzionale (specialmentedel carattere ultimale delle sue decisioni).

Come accennavamo in apertura, però, il caso in cui entrino ingioco valori, princìpi e diritti merita una speciale menzione, per viadi una serie di ragioni. È proprio in quest’area che possiamo verifi-care, infatti, l’inversione di prospettiva di cui dicevamo: mentre insede statale la questione viene usualmente affrontata a partire dalledifferenze fra giudizio diffuso – riferito al diritto comunitario au-toapplicativo – e persistenza del controllo costituzionale – neglialtri casi, salvo il sempre ammesso controllo del rispetto dei contro-limiti – Ferreres Comella focalizza invece la propria attenzionesull’atteggiamento differente assunto dalla Corte di giustizia afronte di disposizioni dalla trama più affine a quella costituzionale,registrando come in questo caso i vantaggi in termini di certezza deldiritto (che consentirebbero, lo ricordiamo, di compensare il carat-tere diffuso del controllo di comunitarietà a livello statale) torninoa disperdersi. L’Autore osserva infatti: «the ECJ seems to move toa different beat when it handles legal questions of a constitutionalnature, such as fundamental rights. It abandons its general positionas a sort of supreme federal court and opens itself to interpretivepluralism»18 e ricostruisce la scelta come un esercizio di self re-straint determinato dall’implicita ammissione europea che le Cortinazionali si trovino in una «better position to define certain issues».

Viene così portato sulla scena quello che a livello statale èspesso rimasto dietro le quinte, ossia il ruolo del diritto giurispru-denziale (precisamente, dell’atteggiamento assunto dalla Corte digiustizia nei confronti di norme vaghe, generiche e di principio)

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17 Op. ult. cit., 130.18 Cfr. op. cit., 130 e D. SARMIENTO, Poder judicial e integración europea: La

construcción de un modelo jurisdiccional para la Unión, Madrid, 2004, 294 ss.

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nello svolgimento della trama dei rapporti fra ordinamento internoe ordinamento comunitario. Si tratta di un approccio che va oltre ladicotomia diritto comunitario autoapplicativo/diritto comunitarionon autoapplicativo (e dunque, a livello statale, controllo diffu -so/controllo accentrato) poiché consente di prendere in considera-zione tutti i casi in cui un diritto individuale o un principio fonda-mentale vengano in rilievo; casi che possono verificarsi anche quan -do il contrasto normativo si svolga in prima battuta fra normapri maria interna e diritto comunitario self executing o quando(come oggi può accadere) la tutela europea del diritto o del princi-pio sia dotata dei caratteri della diretta applicabilità e dell’effetto di-retto a livello statale.

Ebbene, in tutti questi casi, afferma l’Autore, l’incapacità dapar te della CGE di compensare le prestazioni uniformanti perdutea livello statale impone, a prescindere dal tipo di disposizioni coin-volte, di “ritornare alle Corti costituzionali statali” come punti diriferimento19.

Così stando le cose, però, occorre sottoporre a rinnovata analisil’impianto costruito dall’Autore che ha stimolato le presenti rifles-sioni poiché il rinnovato ruolo della Carta di Nizza suggellato dalTrattato di Lisbona e la conseguente ammissione a pieno titolodell’intervento della CGE nell’area dei diritti potrebbe conferire aquest’ultima, nel tempo, un’autorità uniformante ed accentratriceche rassicurerebbe dallo spettro della possibile difformità dei giudi-cati nazionali, ossia, dallo spettro dell’incertezza del diritto.

A nostro modo di vedere, tuttavia, non è questa l’unica chiaveda utilizzare per leggere ed interpretare le possibili implicazionidella nuova veste della Carta di Nizza sul modello accentrato dicontrollo di costituzionalità. Occorre infatti, da un lato, contem-plare altri elementi che possono avere inciso sull’atteggiamentodella Corte di giustizia in materia di diritti e, dall’altro, mettere inquestione altre problematiche oltre quella della certezza del diritto.

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19 Approccio confermato più di recente anche in V. FERRERES COMELLA, Unadefensa del modelo europeo de control de constitucionalidad, Madrid, Barcelona,Buenos Aires, 2011, 190 ss.

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Di questo secondo punto ci occuperemo oltre20, una volta pre-cisati alcuni aspetti logicamente preliminari. Quanto al primopunto, invece, precisiamo subito che la maggiore apertura al “plu-ralismo interpretativo” da parte della CGE potrebbe esser letta nonsolo come scelta di self restraint, ma anche come reazione alle resi-stenze della dottrina e delle Corti nazionali quando il cuore del-l’identità di un ordinamento giuridico e, specialmente, la tutela deidiritti fondamentali entrino in gioco21.

Che tali resistenze possano affievolirsi con la progressiva con-siderazione da parte del diritto comunitario della dimensione deidiritti individuali, ovvero che la crescente “comunitarizzazione”dei diritti e princìpi possa incrementare le tensioni fra visioni e pro-spettive di tutela non sempre conciliabili, sono finali entrambi plau-sibili e la possibilità di predire quale dei due prevarrà è, per noispettatori, piuttosto difficile. Quel che possiamo però tentare difare è studiare il comportamento degli attori in scena, in quella chesempre più assume le forme di una recita a soggetto.

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20 Cfr. specialmente il par 4.21 Facciamo qui riferimento, specialmente, alla teoria dei cd. “controlimiti”.

Cfr. sentt. nn. 183 del 1973 e 232 del 1989 della Corte costituzionale italiana; sen-tenza del 10 giugno 2004, n. 496 del Conseil Constitutionnel francese; sent. n. 1 del2004 del Tribunal Constitucional spagnolo; sentenze 19/08 del 26.11.2008 e3.11.2009 della Corte costituzionale ceca; sentenze Solange, Maastricht, Bananen,Lissabon della Corte costituzionale tedesca. In dottrina, v. M. CARTABIA, Principiinviolabili e integrazione europea, Milano, 1995; E. CANNIZZARO, Tutela dei dirittifondamentali e garanzie costituzionali secondo le Corti costituzionali italiana e te-desca, in Riv. dir. int., 1990, 372 ss.; H. GAUDIN, Primauté «absolue» ou primauté«relative»?, in ID. (a cura di), Droit constitutionnel, droit communautaire. Vers unrespect réciproque mutuel?, Paris, 2001, 97 ss.; A. RUGGERI, “Tradizioni costituzio-nali comuni” e “controlimiti”, tra teoria delle fonti e teoria dell’interpretazione, inDir. pubbl. comp. eu., 2003, 110; A. CELOTTO e T. GROPPI, Diritto UE e diritto na-zionale: primauté vs controlimiti, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2004, 1309 ss.; A. TIZ-ZANO, Ancora sui rapporti tra Corti europee: principi comunitari e c.d. controlimiticostituzionali, in Riv. dir. pubbl. eu., 2007, 734 ss.

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2. Una brevissima parentesi sull’oggetto: la Carta di Nizza dopo il2009

Prima di arrivare allo studio dei comportamenti dei nostri attorie, specialmente, dei giudici italiani, occorre però svolgere una bre-vissima parentesi sull’oggetto rappresentato, poiché, come si accen-nava, molto è cambiato fra prima e dopo il 2009.

Com’è noto, a completamento del cammino avviato dalla Cortedi giustizia verso la tutela dei diritti da parte dell’Unione Europea22,è stata proclamata la Carta di Nizza (d’ora innanzi, anche CdfUE)come dichiarazione dotata di forza politica ma non giuridica23. Èsolo a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che laCarta ha acquisito un’«efficacia giuridica vincolante»24 e «lo stesso

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22 Cfr. CGE, Stauder, C-29/69; Id., Internationale Handelsgesellschaft, C-11/70; ID., Nold, C-4/73. Per un contributo sul ruolo della Corte di giustizia inquesto ambito, v. B. DE WITTE, The Past and Future Role of the European Courtof Justice in the Protection of Human Rights, in P. ALSTON (ed.), The EU andHuman Rights, Oxford, 1999, 859 ss.

23 Inutile dilungarci qui su una tematica oramai notissima e che interesseràpoco le analisi che proporremo nel presente studio. Si v., però, ex multis, A. PACE,A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea? Appunti preli-minari, in Giur. cost., 2001, 195 ss.; A. SPADARO, Sulla giuridicità della Carta euro-pea dei diritti: c’è (ma per molti) non si vede, in G.F. FERRARI (a cura di), I dirittifondamentali dopo la Carta di Nizza. Il costituzionalismo dei diritti, Milano, 2001,257 ss.; A. BARBERA, La Carta europea dei diritti e la Costituzione italiana, in Lelibertà e i diritti nella prospettiva europea. Atti della giornata di studio in memoriadi Paolo Barile (Firenze - 25 giugno 2001), Padova, 2002, 121; L.S. ROSSI (a cura di),Carta dei diritti fondamentali e Costituzione dell’Unione europea, Milano, 2002;M. SICLARI (a cura di), Contributi allo studio della Carta dei diritti fondamentalidell’Unione europea, Torino, 2003; P. CARETTI, La tutela dei diritti fondamentalinel nuovo trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, in Dir. Un. Eur.,2005, 371 ss.; A. CELOTTO e G. PISTORIO, L’efficacia giuridica della carta dei dirittifondamentali dell’Unione Europea (rassegna giurisprudenziale 2001-2004), in Giur.It., 2005, 427 ss.; G. SILVESTRI, Verso uno ius commune europeo dei diritti fonda-mentali, in Quad. cost., 2006, 18 ss.; M. CARTABIA, L’ora dei diritti fondamentalinell’Unione europea, in ID. (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismodei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007, 32 ss. La Corte costitu-zionale è stata piuttosto chiara nell’escludere il valore giuridico della Carta (v. sentt.nn. 135 del 2002; 393 del 2006 e 438 del 2008).

24 Così, la dichiarazione n. 1 allegata al Trattato.

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valore giuridico dei Trattati»25. È solo dal dicembre del 2009, dun-que, che si è aperta la possibilità per i giudici nazionali di disappli-care le norme interne che entrino in contrasto con la Carta, qualorail parametro di riferimento possieda i caratteri tipici dell’autoappli-catività26. Lo scenario che si prospetta a seguito dell’ammissionedella diretta applicabilità della CdfUE è dunque uno scenario piut-tosto complesso che muta radicalmente i rapporti fra tutti gli attoridegli Stati membri e dell’Unione europea, coinvolgendo indiretta-mente anche l’impianto di tutela dei diritti di Strasburgo.

Al momento, gli effetti di questa “bomba ad orologeria”27 cheil deus ex machina europeo ha calato sulla scena non sono ancoraesplosi. Compito di questo scritto sarà verificare se e come gli in-terpreti stiano maneggiando questo nuovo oggetto e se voglianofarne un elemento della trama dell’integrazione europea. L’analisiche ci siamo ripromessi di svolgere è, infatti, una verifica “sul

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25 Così l’art. 6, par. 1, TUE.26 Sulla diretta applicabilità della Carta di Nizza, v. CGE, 19.01.2010, C-555/07

e 09.11.2010, C-92/09 e C-93/09, Volker und Markus Schecke («la Carta di Nizzaoccupa, attualmente, una posizione centrale nel sistema di tutela dei diritti fonda-mentali in seno all’Unione, essa deve costituire (…) la norma di riferimento ogni-qualvolta la Corte sia chiamata a pronunciarsi sulla conformità di un atto del-l’Unione o di una disposizione nazionale con i diritti fondamentali tutelati dallaCarta stessa»). In dottrina, E. GIANFRANCESCO, Some considerations on the juridi-cal value of the Charter of fundamental rights before and after the Lisbon Treaty,in www.forumcostituzionale.it; G. BRONZINI, Happy birthday; il primo anno di“obbligatorietà” della Carta di Nizza nella giurisprudenza della Corte di giustizia,in AA.VV., I diritti sociali tra ordinamento comunitario e Costituzione italiana: ilcontributo della giurisprudenza multilivello, in www.unict.it; C. SALAZAR, A Li-sbon Story: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea da un tormentatopassato… a un incerto presente?, in www.gruppodipisa.it, 2011, 20 ss.; V. SCIA-RABBA, La tutela europea dei diritti fondamentali, in www.europeanrights.eu,08.04.2011; L. D’ANCONA, L’efficacia della Carta di Nizza nella giurisprudenzanazionale dopo Lisbona, in www.europeanrights.eu; M. CARTABIA, I diritti fonda-mentali in Europa dopo Lisbona: verso nuovi equilibri?, in Giorn. Dir. Amm., 2010,221 ss.; G. STROZZI, Il sistema integrato di tutela dei diritti fondamentali dopo Li-sbona: attualità e prospettive, in Dir. Un. Eur., 2011, 4, pp. 837 ss.; A. ROSAS e H.KAILA, L’application de la Charte des droits fondamentaux de l’Union Européennepar la Cour de Justice: un premier bilan, in Dir. Un. Eur., 2011, 1 ss.

27 Così, E. LAMARQUE, Corte costituzionale e giudici nell’Italia repubblicana,Roma-Bari, 2012, 134.

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campo”, a distanza di quasi tre anni dall’entrata in vigore del trat-tato di Lisbona, circa l’atteggiamento concretamente assunto daigiudici del nostro ordinamento: se e quanto siano padroni delnuovo oggetto (o, ancor prima, se si siano accorti della sua rinno-vata veste); se diano diretta attuazione alle norme della CdfUE do-tate di efficacia diretta e se ciò abbia implicato o meno disapplica-zioni di norme interne; se si registrino consistenti differenze nellagiurisprudenza antecedente e posteriore il 2009; se si inizino a pro-filare conseguenti effetti distorsivi del modello accentrato di con-trollo di costituzionalità; infine, con lo sguardo rivolto a quantodetto nel precedente paragrafo, quali siano i rischi sistemici di talimutamenti.

Gli esiti di tale verifica saranno da intendersi in maniera assolu-tamente transeunte e parziale poiché, come vedremo, siamo benlungi dal poter ravvisare una linea di condotta comune, coerente eduniforme: i nostri attori agiscono ancora in maniera piuttosto cao-tica ed offrono allo spettatore solo qualche indizio e molta suspense.

3. Il punto di vista dei giudici italiani: controllo diffuso o controlloaccentrato?

Se volessimo trarre delle prime conclusioni generali dalla ri-cerca svolta sulla giurisprudenza degli ultimi anni relativa al rap-porto fra diritto interno e CdfUE, potremmo innanzitutto affer-mare che non molto sembra cambiato rispetto agli anni della sua in-certa natura. Abbiamo infatti potuto registrare una tendenza a fareuso della Carta ancora prioritariamente ad adiuvandum, ossia alfine di rafforzare l’impianto argomentativo di decisioni il cui cuorerimane altrove28. Volendo però entrare nello specifico e verificare

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28 Si tratta di una tendenza che, peraltro, si riscontra in maniera diffusa pressoi più vari organi giurisdizionali dell’ordinamento. Cfr., fra le altre, Cass. pen., sez.III, 03.02.2010, n. 18527; Cass. pen., sez. VI, 10.03.2010, n. 20147; Cass. pen., sez.II, 28.04.2010, n. 26241; TAR Palermo, sez. II, 12.05.2010, n. 6685; Cass. civ.,SS.UU., 01.06.2010, n. 13332; Cass. civ., sez. III, 13.07.2010, n. 16382, in Giust.Civ., Mass., 2010, 9, 1120; Trib. Siena, sez. lav., 27.09.2010, nn. 187-193 (seguite da

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quale ruolo assumano questi richiami alla Carta quando l’esito delgiudizio si concreti nella disapplicazione di una norma primaria in-terna, si possono operare delle prime distinzioni, poiché non sem-pre l’utilizzo ulteriore della Carta assume lo stesso rilievo all’in-terno delle argomentazioni dei giudici.

Vi sono, ad esempio, casi in cui esso si atteggia a mera “aggiun -ta” ad un impianto argomentativo già completo ed autosufficiente.Ciò è accaduto, ad esempio, in Trib. Trento, sez. lav., sentt.4.05.2011 e 16.06.2011, ove il giudice ha disapplicato la norma in-terna che consentiva alla pubblica amministrazione di trasferire idipendenti da un regime di lavoro part time ad uno a tempo pienosenza la necessità di acquisire il loro consenso, per violazione di di-rettiva comunitaria self executing, aggiungendo solo ad abundan-tiam che la disposizione violava anche l’art. 15 CdfUE.

Altro carattere ci pare invece assumere il richiamo alla Carta,

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copiosa giurisprudenza del medesimo tribunale nel corso degli anni; l’ultimo casoanalogo ci pare la sentenza n. 44 del 17.02.2012); Trib. Catania, sez. I, 12.10.2010,n. 2126; Trib. min. Milano, 28.10.2010; Trib. Trapani, 02.11.2010; Trib. Udine,17.11.2010; Cass. civ., sez. II, 04.01.2011, n. 186; Cass. pen., sez. V, 10.01.2011, n.7155; Trib. Min. Trieste, 14.01.2011; Trib. min. Milano, 04.03.2011, in Giur. merito,2012, 1, 95 ss; TAR Sicilia, sez. II, 23.03.2011, n. 6548, in Giust. Civ., Mass., 2011,3, 442; Trib. min. Milano, 25.03.2011, in Giur. merito, 2012, 2, 366 ss.; Cass. civ.,sez. lav., 06.04.2011, n. 7889; TAR Cagliari, sez. I, 11.05.2011, n. 471; Trib. Milano,sez. lav., 13.06.2011, nn. 2868-2870; Id., 30.06.2011, nn. 3034; Trib. Napoli,11.07.2011; Cass. civ., sez. lav., 29.08.2011, nn. 17720 e 17740; Trib. Torino, sez. lav.,14.09.2011, n. 2583; Trib. Milano, sez. lav., 19.09.2011, n. 4117; TAR Trento, sez. I,12.10.2011, n. 247; Trib. Milano, sez. lav., 31.10.2011, n. 5172; Id., 7.11.2011, nn.5283-5284; TAR Palermo, sez. I, 10.11.2011, n. 2031; Trib. Firenze, sez. II,22.11.2011; Trib. Bari, 22.11.2011; Corte cost., 23.11.2011, n. 314; Cons. Stato, sez.III, 20.12.2011, n. 6681; Cass. civ., sez. III, 17.01.2012; Trib. Prato, 22.02.2012;Cass. civ., sez. lav., 8.03.2012, n. 3626; Cass. civ., sez. lav., 4.04.2012, n. 5361; TARPalermo, Sicilia, sez. III, 12.04.2012, n. 755; TAR Roma, 23.04.2012, nn. 3658 e3659; TAR Genova, sez. II, 26.04.2012, n. 571; Trib. Pisa, sez. lav., 2.05.2012; TARRoma, sez. II, 7.05.2012, n. 4103; TAR Bolzano, sez. I, 15.05.2012, n. 172; Trib. Mi-lano, sez. I, 28.05.2012; Cass. civ., sez. lav. 07.06.2012, n. 9201; Cass. civ., sez. II,11.06.2012, n. 9473; TAR Lecce, 21.06.2012, n. 1096; TAR Palermo, sez. II,26.06.2012, n. 1300; TAR Lazio, sez. I-ter, 13.07.2012, n. 6405; T.A.R. Lazio, sez.II bis, 21.01.2013, n. 633; T.A.R. Puglia, Lecce, 24.01.2013, nn. 117, 118, 119, 123;T.A.R. Puglia, sez. I, 07.02.2013, n. 289; T.A.R. Campania, Napoli, 08.02.2013, n.823.

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ad esempio, nella decisione del Trib. Torino, sez. V, sent.21.01.2011, ove è stato disapplicato l’art. 14, comma 5-ter, delTesto unico sull’immigrazione (TUIM), per incompatibilità con ladir. 2008/115/CE (direttamente applicabile a partire dal24.12.2010), specificando che la violazione dei limiti alla restri-zione della libertà personale del migrante, contemplati dalla diret-tiva, si sarebbe sostanziata in una violazione dell’art. 49 CdfUE,«atteso che un fine – pur ritenuto meritevole di tutela – viene rag-giunto a scapito della intollerabile violazione della libertà perso-nale». In questo caso, forse, pur nell’indipendenza della soluzionedisapplicativa dalla Carta di Nizza (essendo essa ricavata intera-mente dal contrasto con la direttiva), la Carta assume un valorechiarificatorio, se non addirittura qualificatorio, della ratio delladirettiva, contribuendo ad orientarne il contenuto assiologico ed ilbilanciamento fra gli interessi, i princìpi ed i diritti nella disciplinadel fenomeno migratorio.

Altri casi degni di nota sono, poi, quelli che vedono un’ampiautilizzazione da parte dei giudici di argomenti tratti dal rapporto franorme interne e CdfUE, mentre ogni riferimento a quest’ultimascompare nelle ragioni “ultime” e determinanti la decisione. È quan -to accade, ad esempio, nella pronuncia del Trib. Udine, sez. lav.,29.06.2010 (della quale avremo modo di occuparci più nel dettagliooltre29) o nella decisione della Corte di Cassazione, sez. civ. lav.,20.09.2012, n. 15873, ove la Corte, pur svolgendo un ampio excursussulla rilevanza della CdfUE nel passaggio da una visione “solidari-stica” ad un’impostazione inclusiva dei disabili nel tessuto sociale,non ne fa uso, poi, per motivare la decisione assunta, preferendo tor-nare all’alveo costituzionale e far riferimento – prioritariamente –alla sentenza n. 80 del 2010 della Corte costituzionale30.

Il primo dato che ricaviamo è, dunque, quello della conferma diuna tendenza, già affermatasi prima del 2009, a far uso della Carta

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29 Cfr. infra, par. 4.1.30 Percorso analogo si registra in numerose altre pronunce. Cfr. ad esempio, ex

multis, TAR Palermo, sez. III, 12.04.2011, n. 755; TAR Napoli, sez. IV, 07.09.2011,nn. 17316-17317.

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di Nizza come “parametro superfluo”31, seppur con alcuni primicenni di caratterizzazioni differenti rispetto al passato.

Oltre ai diversi accenti che colorano l’uso della Carta di Nizzanelle argomentazioni dei giudici, comincia infatti a rinvenirsi ancheil riconoscimento espresso della possibilità di disapplicare la nor-mativa interna per contrasto con disposizioni della Carta autoap-plicative, pur escludendo che tale effetto si produca nel caso di spe-cie. È ciò che accade, ad esempio, nella pronuncia del Trib. Tivoli,01.03.2011 ed in Cass. civ., sez. I, 15.03.2012, n. 4184, punto 3.3.2.,ove la scelta di non disapplicare dipende solo dalla circostanza chela materia non rientra fra le competenze dell’Unione europea, men-tre, in astratto, si ammette che a seguito della “trattatizzazione”della CdfUE il giudice possa vagliare anche quest’opportunità. An-cora più eclatante è l’ordinanza n. 1 del 26.04.2012 della Corte deiConti (sezioni riunite in sede giurisdizionale) ove si svolge unlungo ragionamento circa la compatibilità con il diritto eurounita-rio della mancanza di un gravame avverso i provvedimenti di so-spensione del processo: la Corte, dopo aver precisato che l’art. 47,comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europeaha «sostanzialmente riprodotto» l’art. 6, par. 1, della CEDU, strut-turando così il problema non tanto nei termini della ricerca dell’in-terpretazione conforme delle disposizioni interne, quanto dellapossibilità stessa di darvi applicazione, afferma di non dover in que-sto caso ricorrere alla disapplicazione per via dell’esistenza di altranorma processuale all’interno del nostro ordinamento in grado dirisolvere il problema d’incompatibilità del nostro sistema con iprincìpi comunitari32.

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31 L’espressione è di P. BIANCHI, Il parametro superfluo. La Carta di Nizzanella recente giurisprudenza della Corte di giustizia, in AA.VV., Le garanzie giuri-sdizionali. Il ruolo delle giurisprudenze nell’evoluzione degli ordinamenti, Torino,2010, 145 ss., cui facciamo rinvio per un’analisi dell’uso del parametro di Nizzadopo Lisbona da parte della CGE.

32 Questi i passaggi della sentenza, rinvenibile in http://www.respamm.it/giurisprudenza/viewdec_s.php?id=%C78%06%ED%28V%A2%1FP%C0PO%FF.%3E%0C%07*%5C%60%F1%D3%AF%A1J%BD%10c%D0%C4%283%89&or=5: «l’esigenza di garantire l’adeguamento in via interpretativa dellanorma interna al diritto sopranazionale si pone soprattutto nei casi di norme del-

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Altrove, invece, tale potenza è stata tradotta in atto: il Giudiceper le indagini preliminari di Milano, con decisione n. 1795 del21.11.201133, ha scelto la strada della disapplicazione della normaprimaria interna per contrasto con la Carta in uno dei settori, pe-raltro, in cui l’impatto del diritto comunitario è più delicato, ossiain materia penale. Il Giudice si trovava a decidere su alcuni capid’imputazione relativi a due cittadini tedeschi, già condannati aKarlsrhue, che avevano scontato la loro pena in Germania per fatticompiuti sul territorio italiano. Si poneva dunque un problema diestensione del principio del ne bis in idem e, in special modo, dellapossibilità per il legislatore nazionale o comunitario di introdurrederoghe ad esso. Dopo aver studiato il percorso evolutivo del prin-cipio – che ha conosciuto una progressiva espansione ed un’inter-pretazione estensiva, specialmente da parte della Corte di giustizia34

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l’Unione europea non direttamente applicabili. (…) Una norma che non consentaalla parte di attivare un mezzo impugnatorio di un provvedimento che in terminiasseritamente ingiusti abbia disposto la sospensione del processo e, quindi, abbiadilazionato la soddisfazione del diritto agitato in sede contenziosa, non potrebbeche essere disapplicata, residuando in capo al giudice l’onere di reperire nel sistemaun meccanismo idoneo a garantire l’effettiva tutela del termine ragionevole impostodalla Carta citata. (…) ad avviso del Collegio, senza la necessità di ricorrere all’isti-tuto della disapplicazione per contrasto con l’art. 47, comma 2, della Carta dei di-ritti fondamentali dell’Unione Europea, attraverso la constatazione dell’acquisitanatura, da parte del gravame ex art. 42 c.p.c., di strumento generale di impugna-zione delle ordinanze di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., ed anche me-diante la già citata “interpretazione conforme”, cioè adottando un significato dellanorma orientato e conforme al testo ed allo spirito della CEDU può ritenersi, at-traverso il meccanismo dell’art. 26 del vigente regolamento di procedura innanzialla Corte dei Conti, l’applicabilità alle ordinanze di sospensione ex art. 295 c.p.c.,del gravame previsto dall’art. 42 c.p.c., senza che a ciò sia di ostacolo il dato lette-rale, contenuto nell’art. 47 c.p.c. che ne disciplina il rito, riferendolo alla Corte Su-prema di Cassazione, dato questo che in passato aveva portato alle conclusioni ne-gative adottate nella sentenza n. 7/2002/C di queste Sezioni Riunite».

33 Reperibile in www.rivistegiuffre.it.34 Cfr. CGE, 11.02.2003, C-187/01 e C-385/01, ove si afferma che può rien-

trare nella copertura del ne bis in idem anche un provvedimento non formalmentedefinitivo; Id., 28.09.2006, C-467/05, ove l’applicabilità del principio viene estesaanche alle pronunce di assoluzione per intervenuta prescrizione; Id., Sez. II,11.12.2008, C-297/07, che amplia il concetto di “definitività” della sentenza di con-danna, con riguardo al carattere contumaciale della pronuncia ed alla nozione di“ineseguibilità” della pena.

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– il giudice osserva che il riconoscimento del pieno valore giuridicoalla Carta di Nizza impone di rielaborare gli equilibri fra afferma-zione del principio e possibilità di prevederne limiti e deroghe a li-vello statale poiché l’art. 50 CdfUE lo sancisce oggi in maniera as-soluta ed inderogabile35: «con l’entrata in vigore del Trattato di Li-sbona, il principio del ne bis in idem in ambito europeo è quindiuna realtà, che non prevede eccezioni. Con il riconoscimento allaCarta di Nizza del medesimo valore giuridico dei trattati (ex art. 6TUE nella versione consolidata successiva al trattato di Lisbona),deve ritenersi obbligatoria la diretta ed immediata applicazione del-l’art. 50 CdfUE nel nostro ordinamento». Di qui, il giudice ricavala necessità di disapplicare le deroghe sancite dall’art. 7 della L. n.388 del 1993 e 55 della Convenzione applicativa dell’accordo diSchengen, dichiarando il non luogo a procedere nei confronti degliimputati «in applicazione del principio del ne bis in idem a normadegli artt. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. – carta diNizza, e art. 6 Trattato U.E. versione consolidata dopo il Trattatodi Lisbona»36.

In maniera distinta deve invece essere considerato il caso del-

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35 Così recita l’art. 50: «nessuno può essere perseguito o condannato per unreato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sen-tenza penale definitiva conformemente alla legge».

36 Si svolge così un passo ulteriore rispetto a Cass., Sez. VI, 20.12.2010, n.45524, ove ci si limitava ad affermare: «sottesa alla prevenzione e soluzione dei con-flitti di giurisdizione non è solo l’esigenza di evitare che per la stessa vicenda vi siauna dispersione di energie processuali dei singoli Stati impegnati in processi che –in un’ottica di reciproca fiducia – potrebbero essere condotti da uno solo di essi, maanche – come ricorda il preambolo (considerando nn. 3 e 12) della stessa decisionequadro – la necessità di impedire la violazione del divieto del ne bis in idem, quindidi un principio posto a garanzia dell’individuo – che significativamente è stato ele-vato dall’art. 50 CdfUE tra i principi fondamentali dell’Unione europea e che ora,con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, è da ritenere direttamente applicabilein tutti i sistemi giuridici nazionali, accanto alle Costituzioni nazionali». Esprimeperplessità in ordine all’orientamento del g.i.p. di Milano C. AMALFITANO, La di-scutibile inderogabilità del ne bis in idem in virtù dell’art. 50 della Carta dei dirittifondamentali dell’Unione europea, in Giur. merito, 2010, 7-8, 1610 ss., dal mo-mento che le previsioni della CAAS potrebbero continuare a considerarsi legittimaspecificazione dell’art. 50 e che la previsione legislativa italiana costituiva un eser-cizio legittimo di facoltà concessa dalla CAAS.

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l’uso “strumentale” dell’equiparazione CdfUE-Trattati, al fine dipercorrere la strada della disapplicazione delle leggi interne incom-patibili con le disposizioni e la giurisprudenza di Strasburgo. Ènoto infatti che a seguito della trattatizzazione si è affacciata l’ipo-tesi della disapplicazione della normativa primaria interna in con-trasto con la CEDU, utilizzando la valvola dell’art. 52, comma 3,CdfUE37. Questa tendenza a fare della clausola di equivalenza unasorta di contenitore vuoto, dentro al quale immettere la maggioreprotezione accordata a Strasburgo di diritti contemplati anche dallaCdfUE si riscontra in diverse decisioni degli ultimi anni, pur fra lepersistenti perplessità dottrinali38 e della Corte costituzionale39.Corre dunque l’obbligo di segnalare che le potenzialità della rinno-vata Carta di Nizza, pur se le obiezioni alla sostenibilità di tale in-

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37 Si veda, ad esempio, la sentenza del T.A.R. Lazio, sez. I, 24.10.2012, ove si èritenuto che la disposizione contenuta nella cd. “legge Pinto” che vincola l’inden-nizzo per irragionevole durata dei processi alle risorse disponibili debba essere di-sapplicata per contrasto con quanto statuito dalla Corte edu (in particolare, nelledecisioni della Grande Camera del 29.03.2006, Cocchiarella c. Italia e della sez. II,21.12.2010, Gaglione c. Italia) affermando: «tale convincimento trova fondamentonella previsione dettata dall’art. 52 CdfUE, che impone di riconoscere a tutti i di-ritti contemplati dalla CEDU (che trovano corrispondenza in quelli tutelati dallaCarta di Nizza stessa) un significato e una portata uguali a questi ultimi (potendoessere garantita dall’ordinamento dell’Unione solo una protezione più amplia): percui nella perimetrazione dell’ambito del diritto dell’Unione al principio dell’equoprocesso previsto dall’art. 47 della Carta di Nizza, non può essere a quest’ultimoattribuita una minore valenza rispetto all’analogo principio previsto dall’art. 6 dellaCEDU». Per ulteriori approfondimenti sul punto e su questa giurisprudenza, si v.i contributi di I. CARLOTTO e G. SORRENTI in questo volume.

38 V., sul punto, che non è questa sede per trattare adeguatamente, anche per ul-teriori approfondimenti bibliografici, A. BULTRINI, I rapporti fra Carta dei dirittifondamentali e Convenzione europea dei diritti dell’uomo dopo Lisbona: potenzia-lità straordinarie per lo sviluppo della tutela dei diritti umani in Europa, in Dir. Un.Eu., 2009, 708; ss.; G. SILVESTRI, Fonti interne, fonti esterne e tutela integrata dei di-ritti fondamentali, in AA.VV., Studi in onore di Franco Modugno, Napoli, 2010, IV,3405 ss.; A. RUGGERI, Rapporti tra Corte costituzionale e Corti europee, bilancia-menti interordinamentali e “controlimiti” mobili, a garanzia dei diritti fondamen-tali, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; ID., La Corte fa il punto sul rilievointerno della CEDU e della Carta di Nizza-Strasburgo (a prima lettura di Cortecost. n. 80 del 2011), in www.forumcostituzionale, 23.03.2011, che però condivisi-bilmente distingue il piano di analisi “formale-astratto” da quello interpretativo.

39 Cfr., espressamente, sentt. nn. 80, 138 e 303 del 2011.

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dirizzo sono numerose, vanno ben oltre il contenuto delle sue di-sposizioni, estendendosi verso un orizzonte diverso ed oramaipiuttosto sofisticato e specializzato nella tutela dei diritti, quale èquello di Strasburgo.

Siamo però di fronte ad una differente ipotesi di disapplica-zione determinata dalla metamorfosi della Carta di Nizza, nei con-fronti della quale riteniamo doveroso procedere con cautela, nonassegnando a pronunce come quella ora richiamata una “caricaesplosiva” maggiore di quanta non ne abbiano in realtà: se guar-diamo al contesto giurisprudenziale entro il quale si collocano, in-fatti, l’orientamento opposto delle Corti supreme del nostro ordi-namento può costituire un concreto ostacolo al loro affermarsi.Oltre alle già richiamate pronunce costituzionali che continuano anegare la possibilità di intendere la clausola di equivalenza come unmedium per l’ingresso della protezione di Strasburgo dentro gliStati membri, infatti, anche la Corte di Cassazione formula le de-bite distinzioni e proclama la necessità – preventiva – che l’Unioneeuropea aderisca effettivamente al sistema CEDU perché effetti diquesta portata possano prodursi40.

3.1. Confusioni ed errori: quando non tutto dipende dai giudici

Commetteremmo un errore, inoltre, se ci limitassimo ad analiz-zare le decisioni giudiziali e le motivazioni delle sentenze senzaguardare ad altri dati, ad alcuni fattori che, pur “esterni” allo strettoproblema giuridico che stiamo affrontando, possiedono una certacapacità di incidere sul futuro degli orientamenti giurisprudenzialiin punto di accentramento o diffusione del controllo di compatibi-lità delle leggi interne con la Carta di Nizza. Occorre non trascu-rare, infatti, che esiste la possibilità di imbattersi in errori e confu-sioni in un quadro di produzione del diritto che è andato progres-sivamente complicandosi nel corso degli ultimi anni ed in relazioneal quale la preparazione dei giudici non sempre è sufficientemente

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40 Cfr. Cass. civ., SS.UU., 20.06.2012, n. 10130, Soc. Copin c. De Rosa e altro.

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aggiornata. Sono ancora diversi, pur se a quanto ci sembra decre-scenti, i casi nei quali i giudici sbagliano, confondendo la CdfUEcon la CEDU nel loro impatto sull’ordinamento positivo e giuri-sprudenziale interno o sovrapponendo la vincolatività delle pro-nunce sovranazionali nei rispettivi ambiti di applicazione e nell’in-terazione fra i tre livelli di protezione dei diritti41.

Un secondo fattore non trascurabile è, poi, la possibilità chenon siano i giudici ad incorrere in errori, ma i massimatori, contri-buendo così alla diffusione di falsi orientamenti giurisprudenziali.È quanto si è verificato, ad esempio, con riferimento ad una deci-sione del Tribunale di Treviso ove si sono esponenzialmente mesco-late le confusioni del giudice con quelle del massimatore, perve-nendo così ad una massima i cui toni netti meritano di essere esa-minati alla luce del contenuto effettivo della sentenza. Dalla letturadella massima, infatti, si potrebbe ricavare che il giudice abbia ade-rito all’orientamento giurisprudenziale che fa della clausola di equi-valenza il perno per disapplicare la norma interna in contrasto conla CEDU42, ma se andiamo ad analizzare le motivazioni della sen-

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41 Cfr., ad esempio, Giud. pace, Mercato S.S., 21.09.2011, in Guida al di-ritto, 2011, 44, Ins. 12, 11 (s.m.) o Cass. civ., sez. III, 21.06.2011, n. 13603, Guidi c.Soc. gen. Assicur., in Giust. civ. Mass. 2011, 6, 933, ove si parla ancora di solo vin-colo interpretativo legato alla Carta di Nizza, o Trib. Firenze, 13.09.2010; Cons. St.,02.03.2010, n. 1220; TAR Lazio, 18.05.2010, n. 11984; ove i giudici hanno ritenutola CEDU “comunitarizzata” dall’art. 6 TUE; TAR Sicilia, sez. III, 31.01.2013, n.243, ove il giudice talvolta confonde i piani del diritto eurounitario e del dirittoconvenzionale ed afferma che, in presenza di una questione di legittimità costitu-zionale, la Corte costituzionale è l’unico organo abilitato a rivolgersi alla Corte digiustizia in via pregiudiziale e che, non avendo essa deciso in precedenza di rivol-gersi alla Corte di giustizia o alla Corte di Strasburgo (come se la Corte costituzio-nale potesse), anche il giudice del merito non potrà farlo, pena una violazione deldecisum costituzionale (analoghe TAR Sicilia, Catania, 22 gennaio 2013, n. 192-197). Importante sottolineare, peraltro, che l’eventualità di incorrere in errori nonè un problema esclusivamente interno, come si potrebbe immaginare: possono rin-venirsi casi in cui anche a livello europeo si fanno confusioni, come in Trib. UE, sez.VI, T-166/07 e T-285/07, su cui v. D. CHINNI, Una sentenza retrò. Ancora dubbisulla forza giuridica della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea?, inGiur. cost., 2011, 895 ss.

42 Così recita la massima alla decisione: «l’art. 52 della Carta di Nizza imponedi riconoscere a tutti i diritti contemplati dalla CEDU che trovano corrispondenza

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tenza, ci accorgiamo che invece il giudice aveva confuso le due cartedi diritti e la giurisprudenza delle Corti coinvolte.

L’“apparenza esteriore” della decisione di Treviso, poi, si faancor più rilevante se si considera che la sentenza si inserisce all’in-terno di una controversia molto estesa ed in relazione alla quale ilproblema della disapplicazione della disposizione interna censu-rata, per contrasto con la CdfUE (e non solo, come emergerebbe daTreviso, con la CEDU per come “incorporata” nella clausola diequivalenza) è stata a più riprese “schivata” sia dalle corti supremedel nostro ordinamento che da quelle sopranazionali. Ci si riferiscealla nota vicenda del trasferimento del personale amministrativo,tecnico e ausiliario (A.T.A.) che, come si sa, ha conosciuto un con-sistente scontro giudiziario pervenuto sia alla Corte di giustizia, siaalla Corte europea dei diritti dell’uomo. In estrema sintesi, il nodoprincipale dell’intricata questione giuridica si stringeva intorno al-l’interpretazione dell’art. 8 della L. n. 124 del 1999, che consentivail trasferimento del personale A.T.A. degli enti locali all’ammini-strazione statale, a parità di rango, di funzioni e di retribuzione so-stanziale complessiva. La legge finanziaria per il 2006 (art. 1,comma 218) procedeva però ad interpretazione autentica della di-sposizione, sancendo che la parità di condizioni non afferiva al trat-tamento economico accessorio ed all’anzianità di servizio, ponendocosì un’ultima parola sul contrasto giudiziale apertosi a seguito del-l’accordo stipulato fra l’ARAN e le organizzazioni sindacali coin-volte e recepito con decreto ministeriale del 5 aprile 200143. La giu-

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in quelli tutelati dalla Carta di Nizza un significato e una portata uguali a questi ul-timi (potendo essere garantita dall’ordinamento dell’Unione solo una protezionepiù amplia), per cui nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al principiodell’equo processo previsto dall’art. 47 della Carta di Nizza non può essere attri-buita una minore valenza dell’analogo principio previsto dall’art. 6 CEDU. Neconsegue che il 218° comma dell’art. 1 L. 23 dic. 2005 n. 266 (cd. Legge finanziariaper il 2006) deve essere disapplicato dal giudice nazionale, perché contrastante conl’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nellasentenza Agrati del 7/6/11» (Trib. Treviso, 13.01.2012, B.M. c. Min. Istr., in D&L.Riv. crit. dir. lav., 2011, 4, 918 s.).

43 Prima dell’intervento di interpretazione autentica, infatti, la giurisprudenzaera di orientamento contrario, pur seguendo percorsi argomentativi diversi (cfr. ex

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risprudenza interna ha allora ammesso la possibilità di tale interpre-tazione, la Corte costituzionale ha rigettato le questioni di legitti-mità riferite alla norma interpretativa44, mentre la Corte di Stra-sburgo ne ha all’opposto affermato l’incompatibilità con gli artt. 6e 1, prot. 1, CEDU45 e la Corte di giustizia ha statuito che il “tra-sferimento d’impresa” così operato era da ritenersi soggetto alla di-rettiva europea del 14.02.1977, 77/187 CEE, che impedisce un trat-tamento retributivo peggiore a causa del trasferimento46.

Di qui, la scelta della Corte di Cassazione di disapplicare la di-sposizione di interpretazione autentica, per violazione di direttivacomunitaria self executing, ordinando ai giudici di dare diretta ap-plicazione al giudicato del Lussemburgo (la cui immediata precet-tività all’interno degli Stati membri viene ricavata dal suo riferirsi adiritto comunitario autoapplicativo). A seguito della sentenza Scat-tolon corre dunque, secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo peri giudici di verificare se vi sia stato il sostanziale peggioramento re-tributivo impedito dalla direttiva comunitaria e rimodulare la pro-pria decisione in funzione di questa considerazione, disinteressan-dosi dell’interpretazione legislativa medio tempore intercorsa.

Dalla vicenda, così condotta entro i binari della disapplicazioneper contrasto con diritto comunitario derivato autoapplicativo,emerge inoltre una certa riluttanza ad affrontare in maniera chiarail problema della disapplicabilità delle norme interne in contrastocon la CdfUE. Non può trascurarsi, infatti, che sia la Corte di giu-stizia che la Corte di Cassazione erano state specificamente inter-rogate circa la compatibilità delle decisioni amministrative e del re-lativo complesso normativo con la Carta di Nizza (in qualità di do-cumento giuridico pienamente vincolante) e circa le eventualiconseguenze disapplicative di tale vincolatività, ma entrambehanno arrestato la propria motivazione prima di affrontare la que-

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plurimis, Cass., 17.02.2005, n. 3224; Id., 4.03.2005, n. 4722; Id., 27.09.2005, n.18829).

44 Cfr. Corte cost., nn. 234 e 400 del 2007, 212 del 2008, 311 del 2009; ma v.anche sent. n. 1 del 2011.

45 Cfr. Cedu, sent. Agrati e altri c. Italia, 7.06.2011. 46 Cfr. CGE, Gr. Sez., 6.09.2011, Scattolon, C-108/2010.

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stione. La Corte di giustizia, dal canto suo, si è pronunciata sulleprime tre questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale di Venezia(riferite alla direttiva UE) senza affrontare la quarta (relativa, fral’altro, al ruolo da assegnare alla nuova CdfUE nella vicenda).

Non può escludersi che si sia trattato di scelta saggiamente pon-derata e volta ad evitare di entrare “a gamba tesa” in una controver-sia delicatissima, che già vedeva coinvolti in maniera problematica-mente contraddittoria i giudicati della Corte costituzionale e dellaCorte europea dei diritti dell’uomo47; ma il dato che qui ci interessapiù di ogni altro sottolineare è che, a fronte di un self restraint dellaCorte di giustizia nell’affrontare la questione in termini “generali”,anche la Corte di Cassazione ha scelto di seguire questo atteggia-mento e di affrontare il problema entro gli stessi confini. Ciòemerge da una giurisprudenza che ha assunto oramai una dimen-sione davvero consistente, in cui si afferma il solo principio di di-ritto che i giudici di merito dovranno dare applicazione diretta allasentenza Scattolon48, pur a fronte di memorie dei ricorrenti checontestavano l’“assorbimento” della quarta questione pregiudizialee che prospettavano la possibilità di disapplicare la norma interpre-tativa per contrasto con la CdfUE (essendo peraltro già sancito,nella sentenza del Lussemburgo, che la fattispecie rientra fra le ma-terie di competenza dell’Unione).

Alla luce di tutto questo, tornando alla pronuncia di Treviso,emerge chiaramente quanto possa essere fuorviante una decisione

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47 Confermando così l’ipotesi di Ferreres secondo cui la Corte di giustiziamantiene un certo riserbo nell’affrontare questioni che coinvolgano diritti e prin-cìpi.

48 Cass. civ., sez. lav., nn. 4181; 12021-12055; 12254; 12357-12396; 12753;13867; 16624-16633; 16738-16742; 16753; 16805-16808, del 2012, sulla scorta delleanaloghe decisioni del 2011, nn. 20980; 21281-21282; 21440-21441; 22437; 22550-22554; 22699; 22886-22890; 23073-23081; 23188-23189; 23339-23346; 23451-23452;23429-23449; 23678; 23839; 23973-23977; 23968-23969; 24136-24143; 24124-24133;24351-24353; 24575-24594; 25026; 25049-25150; 25027-25031; 25022; 25255;25257-25264; 25273-25313; 25386-25492; 26146; 26288-26290; 26443; 26447-26448;26588-26589; 26864-26865; 27224-27276; 27362-27396; 27415-27424; 27695-27717;27720-27742; 27744-27752; 28084-28131; 28222-28234; 28237-28276; 28278-28279;28733.

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“fuori dal coro” la cui massima parla con eccessiva disinvoltura didisapplicazione della norma interpretativa per incompatibilità conl’art. 52, comma 3, CdfUE, specie in un momento di delicato rias-setto delle competenze e dei limiti dei poteri dei giudici. Il rischioche si diffondano falsi orientamenti giurisprudenziali (in contrastoperaltro con il diritto vivente della Cassazione) non è dunque fat-tore trascurabile, seppur contenuto e contenibile ove i giudici pos-siedano il “tempo congruo” per studiare funditus le problematichee scovare gli errori e le confusioni che tutt’ora si verificano49.

Non siamo infatti, purtroppo, di fronte ad un caso isolato. Epi-sodio analogo si registra in relazione alla giurisprudenza delT.A.R. Roma, sez. II, ove si è statuita l’incompatibilità con la CEDUdella presunzione assoluta che gli Stati membri siano “Stati sicuri”per il trattamento delle domande d’asilo di cittadini extracomuni-tari (nella specie, per incompatibilità con il diritto ad un rimedio ef-fettivo e con il divieto di tortura e trattamenti inumani e degra-danti)50. Il giudice aggiungeva poi che il divieto di tortura e tratta-

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49 Sulle problematiche di tale confusione, dal “versante convenzionale”, si v. I.CARLOTTO, in questo volume, § 4, b).

50 Sentt. 17.04.2012, n. 3478; 16.05.2012, n. 4435; 09.05.2012, n. 4195;06.06.2012, n. 5128; 13.06.2012, n. 5403; 03.07.2012, n. 6067; 07.09.2012, n. 7619;19.01.2013, n. 607. La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva infatti ritenuto laGrecia responsabile della violazione delle suddette disposizioni, poiché i richie-denti asilo in quello Stato non trovano adeguata tutela nell’accesso alle misure diprotezione internazionale e sono sottoposti a trattamenti degradanti per la dignitàumana (cfr. Cedu, 11.06.2009, S.D. c. Grecia; 21.01.2011, M.S.S c. Belgio e Grecia).Sebbene la Grecia abbia ratificato e recepito sia la “Direttiva procedure”(2005/85/CE), sia la “Direttiva qualifiche” (2004/83/CE), sia la “Direttiva acco-glienza” (2003/9/CE) e sebbene dal luglio 2008 non applichi più il diniego automa-tico alle procedure d’asilo cosiddette “interrotte”, la situazione in cui versano i ri-chiedenti asilo in Grecia è soltanto migliorata ma non è ancora equiparabile a quellaesistente negli altri paesi europei, mancando molto spesso, solo per fare qualcheesempio, l’assistenza di un interprete o la consulenza legale, o vie di ricorso effettiveavverso l’eventuale diniego, che consentano di evitare il rischio di un indebito rim-patrio in Paesi ove i soggetti rischiano la propria incolumità (cfr. racc. dell’AltoCommissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del dicembre 2009 (successiva alrecepimento delle direttive comunitarie; Commissario per i Diritti Umani del Con-siglio d’Europa; Consiglio Europeo sui Rifugiati ed Esiliati (ECRE); Amnesty In-ternational).

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menti inumani e degradanti è oggi contemplato anche dalla Carta diNizza ed è divenuto pienamente obbligatorio per gli Stati con l’ine-quivocabile attribuzione ad essa della natura giuridica vincolante.Un uso ad adiuvandum che viene del tutto frainteso nella massima,ove, pur non parlando espressamente di disapplicazione, il riferi-mento alla giurisprudenza di Strasburgo è scomparso e la decisioneviene ricollegata al solo art. 4 CdfUE, a giustificazione dell’usodella cd. “clausola di sovranità” in deroga alle norme di competenzastatali e, dunque, in sostanziale disapplicazione della presunzioneche gli Stati membri siano “Stati sicuri”51.

4. Verso l’emersione delle potenzialità della Carta di Nizza? Al-cune possibili prospettive

Vi è, però, un altro modo possibile di guardare ai fraintendi-menti ed agli errori ora ricordati. È nostro parere, infatti, che nonsi possa essere del tutto sordi ad certo modo di intendere le Cartedei diritti che affiora anche da questi errori e, precisamente, allatendenza ad applicare direttamente gli strumenti giuridici a prote-zione dei diritti umani che sembra emergere, anche, dalle acque in

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51 Così recita la massima di TAR Roma, sez. II, 06.06.2012, n. 5128, S.K. c. Mi-nistero dell’interno, in Foro amm. TAR, 2012, 6, 1953 ss.: «sono viziati per difettodi istruttoria e di motivazione i provvedimenti di trasferimento con cui l’ammini-strazione si limita ad affermare che la Grecia è un Paese terzo sicuro e che non siravvisano particolari motivi che potrebbero indurre l’Italia ad assumere la compe-tenza ai sensi dell’art. 3 comma 2 del Regolamento CE n. 343 del 2003 (c.d. Rego-lamento Dublino), senza tenere conto della notoria situazione in cui versano i ri-chiedenti protezione internazionale in Grecia. Quando gli Stati membri non pos-sono ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizionidi accoglienza dei richiedenti asilo costituiscono motivi seri e comprovati di cre-dere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degra-danti ai sensi dell’art. 4 CdfUE, i medesimi Stati membri, al fine di rispettare i loroobblighi di tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, sono tenuti a nontrasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro competente. L’art. 4 CdfUErecita, infatti: “Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamentiinumani o degradanti” e dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Cartaha assunto valore vincolante, nonché rango di norma primaria». La seconda partedella massima è riprodotta anche nella banca dati dejure.

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lenta ebollizione dell’efficacia pienamente giuridica della CdfUE52.Le strade che iniziano ad essere intraprese, oltre a quella della di-sapplicazione sopra ricordata, sono infatti diverse.

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52 Si tratta di una tendenza agevolmente riscontrabile nelle varie fasi dell’evo-luzione del rapporto fra ordinamento interno e CEDU, già rinvenibile in relazionealla Carta di Nizza prima del 2009 e manifestatasi, seppur in diversa forma, anchenell’utilizzo delle Carte internazionali dei diritti a fini interpretativi. Cfr. M. RUO-TOLO, La «funzione ermeneutica» delle convenzioni internazionali sui diritti umaninei confronti delle disposizioni costituzionali, in Diritto e società, 2000, 291 ss.; ID.,L’incidenza della CEDU sull’interpretazione costituzionale. Il “caso” dell’art. 27,comma 3, Cost., in www.rivistaaic.it, 2/2013, 19.04.2013. Per considerazioni analo-ghe, v. anche E. LAMARQUE, in questo volume, § 9, la quale sottolinea come, in ma-teria di diritti, l’atteggiamento dei giudici nazionali di fronte alla possibilità di in-terpretazione conforme di norme interne in favore di norme sopranazionali si fac-cia più concessivo, assumendo priorità la possibilità di tutela concreta ed effettivadei diritti delle persone. Interessante ricordare che, come sottolineato da E. LUPO

nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario 2011 (in www.europeanrights.eu),la Carta di Nizza viene utilizzata a fini interpretativi anche oltre le competenzedell’Unione. Si tratta di un’attenzione particolare che il Presidente della Corte diCassazione continua a manifestare apertamente e cui viene dedicato ampio spazioanche in apertura dell’anno giudiziario 2013 (cfr. E. LUPO, Inaugurazione dell’annogiudiziario 2013. Relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione sull’am-ministrazione della giustizia nel 2012, 29.01.2013, in www.federalismi.it, spec. 15 s.)ove si afferma «La globalizzazione spaventa, ma è ormai diffusa l’idea che l’ordineglobale rafforzi libertà e democrazia. È questo il grande salto cui si è assistito negliultimi anni e a cui ha contribuito in modo determinante l’opera dei giudici di me-rito e di legittimità. Tale processo si è intensificato ed è stato reso più incisivoquando si è riconosciuta forza giuridica vincolante alla Carta dei diritti fondamen-tali dell’Unione: con la cd. comunitarizzazione del terzo pilastro si è fatto il resto.Di tale percorso è nuovamente protagonista l’interprete, così come lo fu dopo l’av-vento della Costituzione repubblicana». Cfr. anche Cass., 02.02.2010, n. 2352, che,nel negare la retroattività della CdfUe, afferma però la sua utilizzabilità a fini erme-neutici anche in relazione a fatti accaduti prima del 2000: «Una ultima puntualizza-zione dev’essere posta in relazione alla entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1dicembre 2009) che recepisce la Carta di Nizza con lo stesso valore del Trattatosulla Unione e per il catalogo completo dei diritti umani. I giudici del rinvio do-vranno ispirarsi anche ai principi di cui all’art. 1 della Carta, che regola il valoredella dignità umana (che include anche la dignità professionale) ed all’art. 15 che re-gola la libertà professionale come diritto inviolabile sotto il valore categoriale dellalibertà. I fatti dannosi in esame vennero commessi prima della introduzione delnuovo catalogo dei diritti (2000-2001), ma le norme costituzionali nazionali richia-mate bene si conformano ai principi di diritto comune europeo, che hanno il pregiodi rendere evidenti i valori universali del principio personalistico su cui si fondanogli Stati della Unione. La filonomachia della Corte di Cassazione include anche ilprocesso interpretativo di conformazione dei diritti nazionali e costituzionali ai

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Proviamo a tornare sulla vicenda del personale A.T.A.: da quel -la vicenda emerge chiaramente come la via comunitaria, utilizzataper la fuga da inconciliabili obblighi di “obbedienza” a Corti su-preme non in grado di fornire un orientamento concorde, possa di-venire ora una strada centrale. Il tono delle decisioni della Corte diCassazione sopra richiamate è da questo punto di vista assoluta-mente inequivoco53.

Alla luce della vicenda A.T.A occorre dunque domandarsi qualisiano le ragioni per cui, nel dibattito fra tre Corti apicali, una possadivenire il perno effettivo del rapporto con i giudici comuni. Forse,la chiave della risposta risiede nell’“arma” della disapplicazione,che chiude il cerchio del dibattito instaurando un rapporto esclu-sivo fra Corte di giustizia e giudice, nel quale è lasciato alla discre-zionalità della prima scegliere se e quanto includere elementi ed ar-gomentazioni provenienti dalle altre Corti nella decisione della cuiconcreta applicazione il giudice statale diviene la longa manus.

Ora, supponiamo per un istante che la Corte di giustizia si fossepronunciata sulla quarta questione pregiudiziale, affermando l’in-compatibilità con la Carta di Nizza della disposizione di interpre-tazione autentica: è verosimile che i giudici comuni, in questo casoforti di un doppio orientamento giurisprudenziale sopranazionale,si sarebbero orientati nel senso della disapplicazione, quale solu-zione maggiormente garantista del legittimo affidamento dell’indi-viduo e del suo diritto ad un ricorso effettivo. Con l’eccezione deicontrolimiti, caso nel quale, ritenendo intaccato il nucleo essenzialedi un diritto o principio costituzionalmente tutelato dalla decisioneeuropea, alla Corte costituzionale avrebbe potuto essere sollevata la

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principi non collidenti ma promozionali del Trattato di Lisbona e della Carta diNizza che esso pone a fondamento del diritto comune europeo».

53 Questo il tenore delle pronunce: «in consonanza con la sentenza della Cortedi giustizia dell’Unione europea, il caso in esame deve essere deciso con l’accogli-mento del ricorso del lavoratore. La violazione del complesso normativo, costituitodalla L. n. 124 del 1999, art. 8 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, denunziata,deve essere verificata in concreto sulla base dei principi enunciati dalla Corte di giu-stizia europea. (…) Ogni questione di legittimità costituzionale appare allo stato as-sorbita essendo prioritario l’accertamento voluto dalla Corte di giustizia» (corsivinostri).

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questione dirimente finale (con tutte le conseguenze sul piano isti-tuzionale che, come sappiamo, fanno dei controlimiti un argine mi-nacciato, ma non attuato54).

E se avesse invece ritenuto, in consonanza con la Corte costitu-zionale, che la norma interpretativa non contrastasse con la CdfUEperché compatibile con il bilanciamento fra i diversi diritti ed inte-ressi ivi tutelati? Ebbene, ai giudici comuni sarebbe con ogni pro-babilità stata preclusa la soluzione disapplicativa (a dimostrazione,ancora una volta, della fortissima capacità di guida affidata al giudi-cato comunitario nell’esplosione delle potenzialità della Carta diNizza).

Continuando nel nostro “gioco dei se”, potremmo anche figu-rarci cosa sarebbe accaduto se la Corte di Strasburgo avesse rite-nuto l’operazione di interpretazione autentica compatibile con laCEDU, in consonanza con la Corte costituzionale, e domandarcise, in questa evenienza, un’eventuale dichiarazione di incompatibi-lità con la Carta di Nizza da parte della CGE avrebbe potuto ob-bligare i giudici comuni alla disapplicazione. Può escludersi che ilragionamento del giudice orientato alla garanzia del maggior stan-dard di tutela possibile avrebbe condotto verso la disapplicazione?Probabilmente no (con la solita eccezione dell’approdo al punto dirottura massimo, nell’area dei controlimiti).

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54 Si v. A. RUGGERI, “Tradizioni costituzionali comuni” e “controlimiti”, trateo ria delle fonti e teoria dell’interpretazione, in Dir. pubbl. comp. eu., 2003, 102 ss.Non può trascurarsi, analogamente, il profilo problematico evidenziato da moltadottrina e relativo alla possibilità che la disapplicazione giudiziale di un giudicatoeuropeo (per esigenze di bilanciamento “interne”, in ipotesi) potrebbe configurareuna ipotesi di “discriminazione alla rovescia”. Riteniamo però, con C. SALAZAR, ALisbon story, cit., 26, che anche in tali ipotesi ricostruttive sia più verosimile l’ipo-tesi di un uso del giudicato europeo come tertium comparationis che quella del ri-corso alla Corte costituzionale per violazione di un controlimite statale. Occorrericordare però un’ulteriore possibile ricostruzione che vede nella Carta di Nizza ilpossibile superamento della teoria dei controlimiti o, meglio, una loro “legittima-zione” comunitaria: cfr. M. CARTABIA e A. CELOTTO, La giustizia costituzionale inItalia dopo la Carta di Nizza, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, 4501 s., cherilevano come l’art. 53, garantendo i maggiori livelli di protezione dei diritti previsti(anche) dalle Costituzioni degli Stati membri, ammetta che la Corte costituzionalepossa applicare la normativa nazionale, disapplicando la normativa comunitariameno garantista.

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Potendo però limitarci a formulare delle mere supposizioni sulpiano teorico e prevederne rischi ed implicazioni sistemiche, vor-remmo evidenziare un elemento che a nostro parere non potrà es-sere assolutamente trascurato nello scioglimento di queste com-plesse intersecazioni: il tipo di tutela offerto dalla disapplicazionedella norma lesiva del diritto o del principio differisce dall’annulla-mento non solo per via delle minori prestazioni in termini di cer-tezza del diritto, ma – a nostro parere soprattutto – perché offreuna soluzione concreta, parziale ed individuale al problema postoall’attenzione del giudice. È facile ipotizzare che, se si affermasse lapossibilità di disapplicare le norme che entrino in contrasto con laCdfUE, i giudici comuni, nell’interesse della parte ricorrente e dellagaranzia del diritto violato nel caso concreto, decidano di fruire diquesto strumento. Senonché è possibile (in tema di diritti e princìpiè anzi, come si sa, inevitabile) che quella norma, lesiva in un caso diun diritto, possa garantirne invece un altro o sia volta ad assicurareun ragionevole bilanciamento fra diritti ed interessi contrapposti55.

Il rischio che si corre, insomma, nell’ipotesi di una disapplica-zione orientata al caso concreto, è che si perda quella capacità dianalizzare olisticamente i problemi della tutela dei diritti e del bi-lanciamento fra diritti ed interessi contrapposti che in certa misurasolo le Corti ad hoc (come la Corte di Strasburgo) o le Corti delgiudizio astratto della legittimità delle norme (come, seppur conimportanti correttivi, la nostra Corte costituzionale) possono ga-rantire56.

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55 Così, v. pure V. SCIARABBA, La tutela europea, cit., 7 s., il quale pone comun-que, per il caso “ordinario”, il problema della tutela del legittimo affidamento (cosìcome il giudice tedesco in occasione della sollevazione della questione pregiudizialeche ha ricevuto risposta nella sentenza Kükükdeveci), ricordando che si tratta unprincipio generale dell’Unione stessa. A noi pare che quest’ultima circostanza po-trebbe costituire una valvola utile al giudice del Lussemburgo, insieme ai numerosirinvii contenuti nelle disposizioni CdfUE alla normativa ed alle prassi nazionali,per elaborare una sorta di pendant comunitario del “margine di apprezzamento” diStrasburgo, ma, ovviamente, che tali strumenti vengano utilizzati in tal modo, di-penderà in buona parte dalla volontà della CGE di darvi spazio in questi termini.

56 È la sopra ricordata capacità delle Corti di un modello accentrato di moti-vare le proprie decisioni in “maniera universalizzabile” ad essere insomma posta arischio. Sull’importanza del caso nella tutela dei diritti eurounitaria, v. anche K. LE-

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Si tratta di un rischio che ci auguriamo verrà tenuto nella debitaconsiderazione quando si vaglierà l’opportunità di far esplodere la“bomba” di Nizza.

Ma proviamo a tornare pure sulla vicenda del TAR Lazio. Inquell’occasione, l’“elegante” soluzione dell’interpretazione esten-siva della clausola di sovranità statale (contenuta nel Regolamento“Dublino II”) per escludere la competenza affidata in prima battutaad altro Stato membro, nasconde infatti a nostro parere, come si ègià detto, la sostanziale disapplicazione della norma presuntiva ge-nerale per cui gli Stati membri devono ritenersi sempre Stati sicuri:non di mera deroga alle competenze ripartite dal regolamento sitrattava in quei casi, ma di negazione di una qualifica che presunti-vamente avrebbe dovuto essere invece riconosciuta alla Grecia, anorma del secondo considerando di quel regolamento. Una voltachiarito questo punto, emerge anche come potrebbe evolversi laprecisazione (compiuta dal TAR) che il divieto di trattamenti inu-mani e degradanti appartiene ora al terreno comunitario, oltre chea quello convenzionale. L’odierna piena vincolatività giuridica deldivieto comunitario implica infatti la possibilità di ricorrere allaCorte di giustizia per ottenere l’annullamento della norma, di di-ritto derivato, per incompatibilità con la Carta di Nizza (normaprimaria) e coinvolgere dunque la Corte di giustizia come Cortedell’annullamento e non dell’interpretazione. L’attuale soluzione,che ci pare sostanziarsi in una stravagante disapplicazione di normacomunitaria (e che nella massima sopra ricordata diviene addirit-tura disapplicazione di norma comunitaria per violazione dellaCdfUE) può oggi, dunque, trovare una soluzione uniforme in sedeeuropea. È quanto ci pare sia accaduto con la sentenza della GrandeSezione N.S. e altri57 in cui la Corte del Lussemburgo si è occupatadella questione senza pronunciarsi expressis verbis sulla legittimità

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NAERTS, Fundamental Rights in the European Union, in Eur. L. Rev., 2000, 575 ss.Ma vi è di più, poiché queste considerazioni potrebbero incidere significativamenteanche sulla garanzia del maggior standard di tutela, nella misura in cui quest’ultimodipende strettamente dallo strumento utilizzato (la disapplicazione o l’annulla-mento).

57 CGE, 21.12.2011, C-411/10 e C-493/10.

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della disposizione del regolamento, ma affermando ai punti 104 e105 che «la presunzione (…) che i richiedenti asilo saranno trattatiin maniera conforme ai diritti dell’uomo deve essere considerata re-lativa. Tutto ciò considerato, occorre risolvere le questioni sollevatedichiarando che il diritto dell’Unione osta all’applicazione di unapresunzione assoluta secondo la quale lo Stato membro che l’art. 3,n. 1, del regolamento n. 343/2003 designa competente rispetta i di-ritti fondamentali dell’Unione». Ci sembra di trovarci, dunque, difronte ad un caso non esplicitato di interpretazione conforme di di-sposizione primaria a CdfUE, che modula la presunzione in parolaritenendola relativa, anziché assoluta.

Anche qui, dunque, constatiamo che, nell’uso della rinnovataCarta di Nizza, si apre una prospettiva “terza” e differente che con-sente di veicolare in una maniera inedita questioni che sinora sisono svolte nel solo dialogo fra giudici e Corte europea dei dirittidell’uomo o nella dialettica – che non sempre è addivenuta a sintesi– fra Corte costituzionale e Corte di Strasburgo. E constatiamo an-cora che la Corte del Lussemburgo, con la Carta di Nizza “a pienoregime” e superate le iniziali timidezze, potrebbe divenire protago-nista della soluzione ultima e chiarificatrice nell’assetto comples-sivo della tutela dei diritti fra i vari piani normativi e giurisdizionalioggi coinvolti (fatta sempre salva la minaccia di “sgancio” dellabomba nucleare del controlimite, in un regime di “guerra fredda”fra Corte costituzionale e Corte di giustizia che così rischia di av-viarsi).

4.1. Prime conclusioni, da sottoporre a qualche test di verifica

I casi analizzati fanno emergere, dunque, almeno quattro po-tenziali effetti dell’“esplosione” della nostra bomba ad orologeria:quello dell’affermazione di un controllo diffuso, subordinato allecondizioni che la materia sia di competenza comunitaria e che lanor ma della CdfUE interessata sia direttamente applicabile58;

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58 Ma non può escludersi, come accaduto nella pronuncia del Trib. Torino, sez.V, 21.01.2011, o nella sentenza Kücükdeveci della CGE (cui stiamo per arrivare) che

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quello dell’inglobamento della Convenzione europea dei diritti del-l’uomo nelle dinamiche comunitarie tramite la clausola di equiva-lenza, soggetto alla sussistenza delle medesime condizioni; quellodel ricorso alla prospettiva comunitaria come terza via, ove la Cortedi giustizia, forte delle armi della disapplicazione, può farsi Cortecentrale nel sistema della tutela dei diritti; quello dello spostamentodelle prestazioni del sindacato accentrato verso il Lussemburgo59.

Tutti fenomeni dei quali vogliamo qui occuparci nelle chiavi in-terpretative dalle quali ha preso avvio la nostra ricerca, ponendociquindi, finalmente, la domanda cruciale del presente lavoro: doveva il sistema accentrato di controllo di costituzionalità in materia didiritti, dopo il 2009?

Secondo i dati estratti dalla giurisprudenza di questi primi treanni di piena vincolatività giuridica della Carta di Nizza non pos-siamo, senz’altro, azzardare conclusioni affrettate, avendo solo rin-venuto alcuni germogli di possibili – e, come abbiamo tentato didire, non sempre del tutto auspicabili – sviluppi. Che sboccino omeno è previsione che non è possibile fare allo stato attuale.

Quanto ai primi due dei potenziali effetti ora menzionati, lesopra ricordate decisioni in cui i giudici hanno scelto la via della di-sapplicazione costituiscono senz’altro un segnale importante, unaprima presa di coscienza dell’esistenza di un nuovo oggetto sul pal-coscenico dell’integrazione europea. Riteniamo però che non va-dano ad esso assegnate eccessive attribuzioni di senso. Nel casodella disapplicazione della norma per contrasto con la CdfUE, per-

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la Carta di Nizza venga utilizzata per orientare l’interpretazione di normativa de-rivata autoapplicativa, producendo così indirettamente il medesimo effetto. Inoltrenon può trascurarsi come questa impostazione ponga in inedita veste l’annosa que-stione della kompetenz-kompetenz, che diviene ancora una volta cruciale nell’as-setto degli equilibri fra ordinamenti statali e sopranazionali. Senza considerare,come ci ricorda E. GIANFRANCESCO, Some considerations, cit., 4 s., che l’ingressodell’Unione nella materia dei diritti è in grado di incidere in maniera davvero signi-ficativa sul riparto di competenze fra il livello normativo statale e quello soprana-zionale.

59 Si v., ad esempio, T.A.R. Sicilia, Palermo, sent. 28 febbraio 2013, nn. 458 e459, che riposa la propria decisione su un bilanciamento effettuato in sede europeada parte della Corte di giustizia.

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ché, prima di poter formulare ipotesi sufficientemente fondate circala capacità di attecchire di questo seme occorrerà verificare come siatteggeranno i giudici dei successivi gradi del giudizio e le Corti su-preme dei vari ordinamenti coinvolti. Quanto al caso di disapplica-zione determinato dall’uso strumentale della clausola di equiva-lenza perchè abbiamo visto come, pur se più diffuso, sia notevol-mente ridimensionato dal contesto giurisprudenziale entro il qualesi colloca: l’orientamento contrario delle Corti supreme italiane, dauna parte consentendo di bloccare gli effetti di una tale disapplica-zione nei gradi successivi di giudizio, dall’altra costituendo unfreno a che altri giudici scelgano di percorrere la stessa via, costitui-sce infatti un argine concreto al proliferare di decisioni analoghe.

Non troppa enfasi, dunque, è da porre sui casi riscontrati, maun serio dovere di prendere in considerazione che la problematicaaperta dalla nuova Carta dei diritti europea non può essere piùelusa e che i protagonisti in scena non possono far finta ancora permolto che nulla sia cambiato.

Quanto alla possibilità che la Corte di giustizia acquisisca unnuovo ruolo ed una nuova posizione nel circuito delle decisioni inmateria di diritti occorre invece, a nostro parere, svolgere qualcheulteriore test, non essendo sufficiente guardare alle sole decisioni incui i giudici comuni hanno maneggiato, più o meno compiutamentee consapevolmente, la nuova Carta di Nizza. Occorre verificare, adesempio, se le indicazioni offerte dalla Corte di giustizia in occa-sione di un determinato rinvio pregiudiziale vengano osservate al dilà del caso concreto dal quale la decisione prendeva le mosse (edunque mettendo in questione il problema dell’effettiva capacitàvincolante ultra partes delle sentenze interpretative della Corte digiustizia).

Prendiamo ad esempio il famoso caso Kücükdeveci in cui laCGE, seppur solo ad adiuvandum, menziona la Carta di Nizza frale ragioni giustificative dell’obbligo per i giudici statali di disappli-care la normativa interna che violi il divieto di discriminazione inragione dell’età del lavoratore60. Per comprendere se e quanto i giu-

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60 Il giudice tedesco che sollevava il rinvio pregiudiziale risolto dalla sentenza

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dici comuni stiano spostando le loro istanze chiarificatorie ed uni-formanti verso la CGE potremmo, allora, verificare se e quanto igiudici del nostro ordinamento facciano riferimento a questo notis-simo caso e si sentano dunque abilitati, o addirittura obbligati, a di-sapplicare le norme interne che implichino una discriminazione inragione dell’età. Ebbene, tentando un tale riscontro, scopriamo checoesistono vicende in cui la questione è stata affrontata in terminicompletamente differenti (come quella relativa all’esteso conten-zioso per il risarcimento dei dipendenti ENEA per la mancata ag-giunta al TFR delle somme maturate per la polizza assicurativa61)accanto a vicende in cui il principio viene applicato addirittura oltreil caso delle discriminazioni legate all’età del lavoratore (comequella relativa alla compatibilità dell’abuso di contratti a tempo de-terminato con il diritto alla salute psico-fisica del lavoratore62).

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Kücükdeveci (CGE, Gr. Sez., 19.01.2010, C-555/07) poneva espressamente que-stioni che paiono molto affini alle problematiche poste da Ferreres, come quella delrischio di derive casistiche eccessive o la domanda espressa alla CGE se, nella sen-tenza Mangold, essa intendesse escludere che i giudici nazionali dovessero promuo-vere il ricorso principale prima di disapplicare una norma interna in contrasto conil diritto primario europeo, o la prospettazione della problematica del correlativovulnus al legittimo affidamento riposto dai cittadini nell’applicazione delle leggi vi-genti.

61 Il problema vantato, infatti, era l’attribuzione della giurisdizione al giudiceamministrativo anziché al giudice ordinario, in applicazione dell’art. 69, comma 7,del d.lgs. n. 165 del 30 marzo 2001. In sede di ricorso per Cassazione le parti ricor-renti hanno sollevato – in aggiunta alla contestazione della giurisdizione del giudiceg.a. – un secondo motivo relativo all’applicazione dell’art. 69, comma 7, menzio-nato, ritenendo che gli artt. 3, 10, 111, 117 Cost.; 20, 21, 47 CdfUE; 6, 13, 14, 17 e18 CEDU implicassero una sua applicazione a prescindere dalla data in cui veni-vano maturate le posizioni di fine rapporto, al fine di non arrecare irragionevolitrattamenti discriminatori fondati sull’età degli aventi diritto. La Corte di Cassa-zione ha ritenuto, come piuttosto prevedibile, inammissibile il secondo motivo per-ché «la proposizione di ricorso per cassazione privo di specifica attinenza al deci-sum è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 316 c.p.c.,n. 4 (così, anche Cass., SS.UU., 12.05.2008, n. 11650) e pertanto si è limitata al ri-getto del primo motivo, confermando la giurisdizione del g.a. (cfr., da ultimo, Cass.SS.UU., 8.03.2012, 3617-3620). Viene da chiedersi, però, se la vicenda giudiziariaavrebbe avuto lo stesso esito ove sorta a seguito delle pronunce Mangold-Kücük-deveci.

62 Cfr. le numerose sentenze del Trib. lav. Siena, richiamate in nota 28, dove ilTribunale afferma che la tutelabilità in forma specifica del diritto del lavoratore a

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Più in generale, in tema di divieto di discriminazioni si regi-strano orientamenti giurisprudenziali che fanno uso in maniera dif-ferente della Carta di Nizza e della giurisprudenza comunitaria adessa riferita, pur avendo in considerazione casi affini. Si prenda adesempio la questione delle riserve a cittadini residenti (con esclu-sione dunque degli stranieri) dei benefici assistenziali. La pronunciadel Trib. Udine, sez. lav., 29.06.2010 disapplica la legge che escludela possibilità per gli stranieri di beneficiare dell’assegno di natalitàuna tantum, sulla base della teoria dell’acte claire63, mentre il

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fronte di una vicenda risolutiva illegittima del rapporto merita paritaria attuazionetanto in caso di licenziamento, quanto in caso di apposizione del termine, realiz-zandosi in difetto una discriminazione tra lavoratori “comparabili”. L’orienta-mento giurisprudenziale maggioritario è, però, di differente avviso: Corte cost., nn.82 e 89 del 2003, 303 del 2011; Corte app. Napoli, 24.02.2010, in Foro it., 2010, I,1591; Cass., 18.06.2010, n. 14773; Trib. Vicenza, 13.09.2010; Cass., 18.02.2011, n.4062; Corte app. Perugia, 8.03.2011, Trib. Trieste, 28 e 31.05.2011, in www.lexita-lia.it. Conforme all’indirizzo di Siena circa la possibilità di trasformare il contrattonelle pubbliche amministrazioni a tempo determinato è invece Trib. Livorno,25.01.2011, in Guida lav., 2011, n. 10, 17. Per una ricognizione della giurisprudenzadel 2010 relativa al divieto di discriminazione ove è stata tenuta in considerazionela Carta di Nizza, v. D’ANCONA, L’efficacia della Carta, cit., 3 ss.

63 Dopo aver affermato la possibilità anche per il cittadino comunitario di be-neficiare dell’azione di discriminazione, richiama la decisione della Corte di giusti-zia Fratelli Costanza spa c. Comune di Milano (22.06.1989, C-103/88, parr. 30 e 31)e quella della Corte costituzionale n. 389 del 1989 per affermare il proprio obbligodi dare applicazione diretta del diritto comunitario self executing e le decisioni dellaCGE, Even, 31.05.1979; Id., Reina, 14.01.1982; Id., Commissione c. Lussemburgo,10.03.1993; Id., Cristini, 30.9.1975. In particolare, si fa rinvio al concetto di discri-minazione indiretta, che si verifica nella circostanza in cui una disposizione, un cri-terio, una prassi apparentemente neutrali producono effetti discriminatori: cfr. ledirettive europee anti-discriminazione n. 2000/43/CE, n. 2000/78/CE, n.2006/54/CE, n. 2004/113/CE e, in giurisprudenza, CGE, Scholz, C-419/92,23.02.1994; Id., 10.03.93, C-111/91; Id., O’Flynn, C-237/94, 23.05.1996; Id., Ango-nese c. Cassa di Risparmio di Bolzano, C-281/98, 06.06.2000, per affermare l’insus-sistenza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale nel caso di specie. In particolare, si fa-ceva altresì riferimento alle sentenze nelle quali la Corte di Giustizia europea haavuto modo di affermare espressamente che il ricorso al criterio della residenza puòdeterminare una discriminazione indiretta o dissimulata (sulla base della constata-zione empirica «che il più delle volte i non residenti sono cittadini di altri Statimembri»): cfr. CGE, Commissione c. Belgio, 12.09.1996, 7.10.2004, 20.06.2002; Id.,Commissione c. Lussemburgo, C- 299/01, 20.06.2002; C-111/91, 10.03.1993; Id.,Meints, 57/96, 27.11.1997; Id., Meussen, 337/97, 8.06.1999; Id., Commissione c. Re-pubblica italiana, C-388/01, 16.01.2003, parr. 13 e 14. Quanto all’insussistenza di

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Trib. Tortona, 22.09.2012, sceglie la via di un’interpretazione con-forme a CdfUE e direttiva comunitaria che ci pare in realtà tradursiin una disapplicazione della normativa che limitava ai residenti lapossibilità di beneficiare dell’assegno per nucleo familiare con al-meno tre figli minori64, dando linfa ad un filone giurisprudenzialeche ha visto sostenere il medesimo indirizzo da parte di diversi giu-dici ordinari65.

Dinnanzi a dati di questo tipo, sostenere la capacità della Cortedi giustizia di offrire prestazioni – anche solo di certezza del diritto– analoghe a quelle offerte sinora dal sindacato accentrato ci paredunque prematuro, così come riferire alle sentenze interpretativedella CGE una efficacia vincolante erga omnes, in assenza di dati sianormativi che giurisprudenziali uniformi in tal senso. Ancora in-certo e in definiendo appare infatti il ruolo che i giudici statali rico-noscono alla Corte costituzionale ed alla Corte di Giustizia come

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ragioni che giustifichino la deroga al divieto di discriminazioni, si fa rinvio a CGE,C-15/96, Schöning, 15.01.1998.

64 Così la motivazione: «l’equiparazione tra cittadini residenti e extracomuni-tari soggiornanti di lungo periodo per i fini che ne occupano risiede quindi nellostesso art. 9 D.lgs. 298/1998, interpretato in modo conforme alla Carta di Nizza,art. 34 (la quale ha lo stesso valore giuridico dei trattati ex art. 6 TUE), e alla diret-tiva 2003/109/CE, onde assicurarne il c.d. effetto utile» ed il dispositivo: «Dichiarail carattere discriminatorio della condotta tenuta dal Comune di Tortona e dal-l’INPS, consistita nell’aver negato al ricorrente, in quanto cittadino extracomunita-rio regolarmente soggiornante, l’assegno di cui all’art. 65, L. 448/1998, con riferi-mento agli anni 2010, 2011 e per otto mensilità del 2012; ordina a detti enti, cia-scuno nelle rispettive qualità e competenze, di far cessare la condottadiscriminatoria indicata». Anche in questo caso si è cercato, peraltro, un riferi-mento giurisprudenziale, rinvenendolo nella pronuncia della Corte di giustizia,24.4.2012, C-571/10, Kamberaj.

65 Cfr. Trib. Genova, 24.09.2012, reperibile in http://www.asgi.it/public/par-ser_download/save/tribunale_genova_ord_24092012.pdf. Pervengono ad analogorisultato, senza menzionare la Carta di Nizza e servendosi della sola direttiva co-munitaria, Trib. Milano, 16.07.2012, Gonzales Salazar Giovanna Vanessa c. INPS eComune Milano, reperibile in http://www.asgi.it/public/parser_download/save/trib_milano_ord_16072012_salazar.pdf; Id., 16.07.2012, Oufkir Jamaa c. INPS eComune Milano, in http://www.asgi.it/public/parser_download/save/trib_mi-lano_ ord_16072012_oufkir.pdf; Trib. Verona, sez. lavoro, sent. n. 564, 17.10.2012,in http: //www.asgi.it/public/parser_download/save/trib_verona_sent_564_12.pdf.Per ulteriori riflessioni su questa giurisprudenza, cfr. E. LAMARQUE, in questo vo-lume, nota 88.

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guide, punti di riferimento per la scelta se disapplicare o meno unadisposizione nazionale. Da questo punto di vista, vogliamo peròsottolineare che la capacità della Corte costituzionale di entrare inquesto potenziale nuovo circuito – rectius, di non autoescludersi daesso – dipenderà anche dalla sua prontezza nel rimodellare i mecca-nismi del dialogo con il sistema eurounitario. Ci riferiamo, ovvia-mente, alla sua scelta di limitare entro angustissimi confini (quellispecificati nell’unicum costituito dall’ord. n. 103 del 2008) la pro-pria possibilità di rivolgersi in via pregiudiziale alla Corte di giusti-zia. Una maggiore apertura a tale possibilità consentirebbe infatti algiudice comune di rivolgersi ancora prioritariamente alla Corte co-stituzionale in materia di diritti, affidando ad essa il compito di in-terpellare la Corte di giustizia, se del caso. Tale costruzione consen-tirebbe al giudice di ricercare una guida per eventuali disapplica-zioni future non tanto nell’una o nell’altra Corte, quanto nellesoluzioni ricavate da una loro combinata pronuncia66. Non può piùesitarsi, infatti, dinnanzi all’evidenza che moltissime delle questionirelative ai diritti ed ai princìpi potrebbero divenire doppiamentepregiudiziali e che, se si lascia alla CGE la possibilità di chiudere ilcerchio senza instaurare proficui canali di comunicazione, la stessaclausola della Carta di Nizza che promette di mantenere il più ele-vato standard di protezione dei diritti rischia di essere posta nelnulla67.

Quel che è certo è che allo stato attuale si ravvisano alcuni rischinel caos delle potenzialità esplosive della CdfUE. Lo strumentodella disapplicazione delle disposizioni che entrino in contrasto conun diritto, per come tutelato nella Carta di Nizza, rischia di far per-dere, infatti, la capacità di valutare le leggi in maniera complessa ed

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66 Sul punto, si v. L. DANIELE, Corte costituzionale e pregiudiziale comunitaria:alcune questioni aperte, in Giur. cost., 2010, 3551 ss.

67 Cfr. E. GIANFRANCESCO, Some considerations, cit., 13, che correttamente os-serva quanto difficile possa divenire la pretesa di invocare il maggiore livello di pro-tezione nazionale quanto questo riduca il livello di protezione di un altro dirittoprotetto a livello europeo (come dimostrano i famosissimi casi Viking, Lavalle eRüffert).

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articolata68. Cosa che, come si è detto, ci pare indispensabile quan -do si abbia a che fare con valutazioni relative ai diritti ed ai princìpi,che richiedono uno spettro di analisi capace di andare oltre il casoconcreto sottoposto all’attenzione del giudice, per svolgere ponde-rate riflessioni sulle esigenze del bilanciamento e del pluralismo. Inquesto senso, la specializzazione del giudice costituzionale e la di-sponibilità del tempo necessario per ponderare adeguatamente que-stioni di tale complessità sono condizioni, ci pare, irrinunciabili pernon approdare ad un modello di tutela dei diritti occasionale ed in-dividualista69.

Certo, la prospettiva dell’estensione alla tutela dei diritti delmodello accentrato-collaborativo – nel quale i giudici comuni ope-rino insieme e sotto la guida delle Corti supreme le scelte disappli-cative70 – sarebbe capace di ovviare a talune delle nostre perplessità,

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68 Tale rischio risulta altresì rafforzato se si considera, con la migliore dottrina,che, in confronto ad altre Carte di diritti, quella europea sembra essere eccessiva-mente appiattita in una “monodimensionalità” ed in una “struttura semplice”. V. U.DE SIERVO, I diritti fondamentali europei ed i diritti costituzionali italiani (a propo-sito della Carta dei diritti fondamentali), in Dir. pubbl. comp. eu., 2001, 157 ss., chesottolinea la scelta di proclamare libertà e diritti senza, salve limitatissime eccezioni,contemplarne i relativi limiti e predeterminare riserve di legge o di giurisdizione;analogamente P. CARETTI, I diritti fondamentali nell’ordinamento nazionale enell’ordinamento comunitario: due modelli a confronto, in Dir. pubbl., 2001, 939 ss.,spec. 946 ss., che parla a tal proposito di «bilanciamento libero»; D. ZOLO, Una‘pietra miliare’?, ibid., 1011 ss., per una critica a tutto tondo della Carta; L.TRUCCO, Tecniche di normazione e tutela dei diritti fondamentali nella Carta deidiritti fondamentali dell’Unione europea, in AA.VV., Tecniche di normazione e tu-tela dei diritti fondamentali, Torino, 2007, 317 ss., spec. 326 ss. ove si ricollega, con-divisibilmente, la scelta di drafting per una struttura semplice con la scelta di scri-vere “che cosa ogni individuo ha” piuttosto che “cosa un valore è” e come possa es-sere tutelato nella sua trasposizione giuridica in principio o diritto.

69 Cfr., per interessanti considerazioni sul punto, v. J.H.H. WEILER, L’Unionee gli Stati membri: competenze e sovranità, in Quaderni costituzionali, 2000, 5 ss.;F. SEMENTILLI, Brevi note sul rapporto tra la Corte costituzionale italiana e la Cortedi giustizia delle Comunità europee, in Giur. cost., 2004, 4771 ss.; G. ZAGREBELSKY,Le Corti costituzionali, le Costituzioni democratiche, l’interdipendenza e l’indivisi-bilità dei beni costituzionali, Discorso pronunciato in Campidoglio per la celebra-zione dei 50 anni di attività della Corte costituzionale, Roma, 22 aprile 2006, inhttp://www.astrid-online.it/Dossier—|/Zagrebelsky_Repubblica_22apr2006.pdf,13 del dattiloscritto.

70 Il modello, insomma, che ci pare prospettare Ferreres Comella quando af-

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ma la circostanza che la Corte di giustizia, come sopra abbiamotentato di dimostrare, potrebbe farsi potere accentratore ed esclu-dente il rapporto fra i giudici comuni e Corte costituzionale e fragiudici comuni e Corte di Strasburgo apre a ragionevoli dubbi circala capacità di quel modello di garanzia dei diritti e dei princìpi dimettersi in contatto con le voci interne e sopranazionali.

E la collaborazione è piuttosto difficile senza mezzi di comuni-cazione adeguati.

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ferma che i giudici comuni debbano intendersi come una sorta di longa manus didecisioni compiute dalle Corti “centrali”.

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