1 I FARMACI INIBITORI DELLA POMPA PROTONICA Dott. Fausto Turissini Indice del corso Introduzione Anatomia dello stomaco Localizzazione dello stomaco Forma dello stomaco Struttura macroscopica dello stomaco Vascolarizzazione dello stomaco Innervazione dello stomaco Istologia dello stomaco Aspetto macroscopico dello stomaco Struttura della parete dello stomaco Ghiandole dello stomaco Fisiologia dello stomaco Apparato gastro-intestinale Motilità e svuotamento gastrici e loro regolazione Secrezione gastrica Regolazione della secrezione gastrica Pompa protonica: H + /K + -ATPasi Secrezione gastrica acida Regolazione della secrezione gastrica acida Difese contro l’acidità dello stomaco Regolazione endocrina e paracrina della secrezione gastrica Condizioni patologiche correlate all’acidità gastrica Definizioni Malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) Esofagite da reflusso Ulcera peptica: gastrica e duodenale Infezione da Helicobacter pylori Gastropatia erosiva associata a FANS
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I farmaci inibitori della pompa protonica DEFINITIVO
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I FARMACI INIBITORI
DELLA POMPA PROTONICA
Dott. Fausto Turissini
Indice del corso
Introduzione
Anatomia dello stomaco Localizzazione dello stomaco Forma dello stomaco Struttura macroscopica dello stomaco Vascolarizzazione dello stomaco Innervazione dello stomaco
Istologia dello stomaco Aspetto macroscopico dello stomaco Struttura della parete dello stomaco Ghiandole dello stomaco
Fisiologia dello stomaco Apparato gastro-intestinale Motilità e svuotamento gastrici e loro regolazione Secrezione gastrica Regolazione della secrezione gastrica Pompa protonica: H+/K+-ATPasi Secrezione gastrica acida Regolazione della secrezione gastrica acida Difese contro l’acidità dello stomaco Regolazione endocrina e paracrina della secrezione gastrica
Malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) Esofagite da reflusso Ulcera peptica: gastrica e duodenale Infezione da Helicobacter pylori Gastropatia erosiva associata a FANS
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Sindrome di Zollinger-Ellison Dispepsia funzionale
Dati epidemiologici Diagnosi Approccio terapeutico
Farmaci per trattare i disturbi correlati all’acidità gastrica Farmaci antiacidi Farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso gastro-esofageo
Prostaglandine Farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2 Altri farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso gastro-esofageo
I farmaci inibitori della pompa protonica Chimica Meccanismo d’azione Formulazioni farmaceutiche Farmacocinetica Effetti collaterali Avvertenze Interazioni farmacologiche Caratteristiche dei singoli principi attivi
La motilina è secreta dalle cellule entero-cromaffini e da altre cellule dello stomaco, del
tenue e del colon. La sua concentrazione in circolo aumenta a intervalli di circa 100 minuti
durante le fasi inter-digestive ed è un importante regolatore dei “complessi motori migranti”
[COMPLESSI MOTORI MIGRANTI = modificazioni dell’attività elettrica e contrattile della
muscolatura liscia gastro-intestinale a digiuno, attraverso cicli di attività motoria che migrano
dallo stomaco alla porzione distale dell’ileo; tali cicli o complessi si muovono lungo il tratto
gastro-enterico a una velocità costante durante il digiuno; l’assunzione di cibo determina la
loro completa inibizione e il movimento riprende dopo 90-120 minuti dall’assunzione del
pasto], che controlla la motilità gastro-intestinale tra i pasti; al contrario, in seguito alla
ingestione di un pasto, la secrezione di motilina è soppressa fino al termine della digestione
e dell’assorbimento. L’eritromicina si lega ai recettori per la motilina e i suoi derivati possono
esser d’aiuto nel trattamento di pazienti con ipomotilità gastro-intestinale.
SOMATOSTATINA
La somatostatina è secreta anche da cellule D-simili presenti nella mucosa gastro-intestinale
a livello antrale. Tra le sue azioni vi è l’inibizione della secrezione di gastrina, VIP, GIP,
secretina, e motilina. La sua secrezione è stimolata dall’acidità del lume e, probabilmente,
agisce in modo paracrino per mediare l’inibizione della secrezione di gastrina prodotta
dall’acidità. Sempre a livello gastrico, essa inibisce anche la secrezione acida e la motilità.
ALTRI PEPTIDI GASTRO-INTESTINALI
• Il peptide YY inibisce la secrezione acida e la motilità dello stomaco.
• La grelina è primariamente secreta dallo stomaco e sembra svolgere un importante ruolo
nel controllo centrale dell’assunzione di cibo.
• Il polipeptide liberante la gastrina (GRP) è presente nelle terminazioni nervose vagali
che innervano le cellule G ed è il neurotrasmettitore vagale che stimola la secrezione di
gastrina.
CONDIZIONI PATOLOGICHE CORRELATE ALL’ACIDITÀ GASTRICA Una descrizione delle condizioni patologiche che possono essere correlate all’acidità
gastrica e che sono indicazioni per la somministrazione dei farmaci inibitori della pompa
protonica. Per ciascuna condizione patologica si forniscono: la definizione, gli aspetti clinici
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principali, le potenziali cause, alcuni significativi dati epidemiologici, il processo diagnostico,
e l’approccio terapeutico consigliato.
Definizioni
L’acidità gastrica risulta essere coinvolta in diverse condizioni patologiche, nelle quali
possono essere utilizzati i farmaci inibitori della pompa protonica:
• la malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE),
• l’esofagite da reflusso,
• l’ulcera peptica: gastrica e duodenale,
• l’infezione da Helicobacter pylori,
• la gastropatia erosiva associata a farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS),
• la sindrome di Zollinger-Ellison,
• la dispepsia funzionale.
MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO (MRGE)
Il reflusso gastro-esofageo è il passaggio anomalo nell’esofago di contenuto gastrico;
quest’ultimo, essendo acido, può danneggiare l’esofago che non ha una struttura del tutto
adeguata a sopportare questo tipo di insulto. Tale reflusso sembra essere un importante
fattore di rischio per l’insorgenza dell’adenocarcinoma [ADENOCARCINOMA = tumore
epiteliale maligno] dell’esofago, e il rischio aumenta all’aumentare della durata nel tempo e
dell’intensità del reflusso.
La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) è una condizione clinica che si sviluppa
quando il reflusso di contenuto gastrico nell’esofago determina sintomi e/o complicanze
fastidiose. Esistono numerose possibili forme cliniche, che si possono distinguere in due
gruppi principali:
• le sindromi esofagee , distinte in:
− sindromi con danno esofageo mucosale (esofagite, stenosi, esofago di Barrett,
adenocarcinoma dell’esofago);
− sindromi senza danno mucosale o sintomatiche(sindrome tipica da reflusso, sindrome
da reflusso con dolore toracico);
• le sindromi extra-esofagee , distinte in:
− sindromi per cui l’associazione con la MRGE è sufficientemente provata
(tosse da reflusso, laringite da reflusso, asma da reflusso, erosione dentale da
reflusso);
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− sindromi in cui l’associazione con la MRGE è solo ipotizzata
(faringite, sinusite idiopatica, fibrosi polmonare idiopatica, otite media ricorrente).
Generalmente, nella MRGE, il danno mucosale è presente solo in una casistica minima,
probabilmente inferiore al 33%, pertanto la sua manifestazione prevalente è rappresentata
dalla malattia da reflusso non erosiva [MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO
NON EROSIVA o NERD = pazienti con sintomi tipici, quali pirosi e rigurgito, ma senza segni
macroscopici di esofagite all’indagine endoscopica]; invece, per quanto riguarda le forme
con danno mucosale, il quadro più frequente è costituito dall’esofagite non complicata, e
solo una piccola parte dei pazienti presenta ulteriori complicazioni quali stenosi, ulcera,
esofago di Barrett, adenocarcinoma.
Gli episodi di reflusso che si verificano durante la notte sono più pericolosi e lesivi, sia
perché avvengono quando la posizione corporea non consente l’effetto di rimozione passiva
del materiale acido legato alla forza di gravità, sia perché manca la stimolazione cosciente
che attiva la deglutizione di saliva e la peristalsi dell’esofago.
La regola secondo la quale la pirosi, nel paziente con MRGE, sia legata al reflusso acido
non sembra essere più valida: vari studi hanno infatti documentato che la pirosi può essere
indotta, oltre che dal reflusso acido, anche dal reflusso debolmente acido, dal reflusso non
acido, dalla infusione di lipidi intra-duodenali, e da fattori psicologici come l’ansia e la
depressione. Inoltre un concetto di importanza clinica è che non esiste un parallelismo tra la
severità dei sintomi, in particolare quelli tipici (pirosi e rigurgito), e la presenza e la gravità di
lesioni macroscopiche: ovvero non esiste una linearità tra manifestazioni soggettive e danni
anatomici oggettivi; esiste tuttavia, almeno in certi pazienti, una discreta correlazione tra la
frequenza e la durata dei sintomi e l’entità dell’esposizione esofagea all’acido.
La MRGE ha una patogenesi multifattoriale, associabile a uno squilibrio tra fattori aggressivi
e fattori difensivi. Tra i fattori aggressivi vi sono: l’acidità e la quantità del materiale gastrico
refluito, la contemporanea presenza di componenti duodenali come bile ed enzimi
pancreatici, e l’attività della pepsina. Tra i fattori difensivi vi sono: l’effetto chimico della saliva,
la contiguità dello strato cellulare epiteliale esofageo, il ricambio cellulare, la capacità
tampone intra-cellulare ed extra-cellulare nei confronti degli ioni idrogeno (H+) refluiti, la
produzione di muco e ioni bicarbonato (HCO3-), l’attività peristaltica dell’esofago, l’azione
dello sfintere esofageo inferiore e un adeguato svuotamento gastrico.
La MRGE, pur appartenendo al gruppo di patologie acido-correlate, non è strettamente
collegata a una ipersecrezione gastrica acida: nella maggior parte dei casi quest’ultima è
infatti nella norma. Il fattore di maggiore importanza patogenetica è rappresentato invece dal
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rilasciamento transitorio e inappropriato, cioè non successivo alla deglutizione, dello sfintere
esofageo inferiore, che nei pazienti con MRGE risulta quantitativamente aumentato e più
frequentemente associato a episodi di reflusso acido; fisiologicamente tale meccanismo, il
cui stimolo principale è dato dalla distensione del fondo gastrico, ha la funzione di
permettere il passaggio del gas, prodottosi a livello dello stomaco, verso la bocca, evitando
una eccessiva distensione gastrica. Anche l’importanza patogenetica dell’ernia iatale [ERNIA
IATALE = protrusione attraverso lo iato diaframmatico, ovvero il foro fisiologico del muscolo
diaframma attraverso cui passa l’esofago, di una porzione dello stomaco e dell’esofago
inferiore] è stata rivalutata: essa determina un disaccoppiamento degli sfinteri esofagei
riducendo l’ampiezza del sistema anti-reflusso e inoltre costituisce un serbatoio di acido
intra-toracico che facilita, immediatamente dopo un atto di rimozione da parte della peristalsi
esofagea, una nuova acidificazione dell’esofago. Per quanto riguarda invece l’origine dei
sintomi extra-esofagei, la causa di sintomi come la raucedine, la tosse, o l’asma potrebbe
essere un’estensione prossimale o addirittura un’inalazione del reflusso, mentre la causa del
dolore toracico potrebbe essere la stimolazione chimica diretta o la stimolazione dei
tensocettori della parete esofagea dovuta a distensione della parete, entrambe indotte dal
reflusso stesso.
ESOFAGITE DA REFLUSSO
L’esofagite da reflusso è la persistenza nell’esofago di materiale gastrico fino a provocare un
danno visibile all’endoscopia del tubo esofageo; è determinata dalla combinazione di un
eccessivo reflusso del contenuto gastrico, non necessariamente acido, con un’alterata
rimozione esofagea dello stesso.
L’esofago di Barrett (nome del medico inglese che lo descrisse per primo) è una
metaplasia [METAPLASIA = trasformazione anomala di una parte di tessuto adulto
completamente differenziato in un altro tipo di tessuto adulto] caratterizzata da una
sostituzione del normale epitelio squamoso pluristratificato dell’esofago distale con un
epitelio metaplasico di tipo colonnare, a seguito dell’insulto cronico derivante dal reflusso
gastro-esofageo. La metaplasia rappresenta una condizione di rischio per lo sviluppo di
displasia e quindi di adenocarcinoma dell’esofago distale e della giunzione esofago-stomaco.
Il cancro dell’esofago comprende due forme principali e distinte: l’istotipo squamocellulare,
che origina dall’epitelio squamoso esofageo, e l’adenocarcinoma, che origina da un epitelio
metaplasico di tipo colonnare; questi due istotipi rappresentano il 95% delle neoplasie
maligne dell’esofago, mentre le rimanenti sono dovute ad altre tipologie neoplastiche. Negli
ultimi decenni del secolo scorso si è assistito a un’inversione di tendenza per quanto
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riguarda l’incidenza delle due principali neoplasie esofagee: l’incidenza dell’istotipo
squamocellulare è globalmente diminuita, mentre quella dell’adenocarcinoma è globalmente
aumentata a causa della cresciuta prevalenza della MRGE.
ULCERA PEPTICA: GASTRICA E DUODENALE
L’erosione è una lesione piccola e superficiale della mucosa, che non supera mai la
muscolaris mucosae, tende in genere a una completa guarigione, e ha una rilevanza clinica
minore; l’ulcera invece è una lesione senza interruzione della mucosa, di diametro superiore
a 3 mm, di forma rotonda o ovalare, che supera sempre la muscolaris mucosae
estendendosi alla tonaca sottomucosa e raggiungendo talvolta anche la tonaca muscolare.
L’ulcera peptica dello stomaco (ulcera gastrica ) o del bulbo duodenale (ulcera duodenale )
è una malattia cronica, il cui decorso clinico è caratterizzato da cicatrizzazioni, anche
spontanee, successive recidive, e dall’eventuale comparsa di complicanze, talvolta mortali,
come l’emorragia e la perforazione.
In circa il 30% dei casi, la malattia peptica è del tutto silente, non si accompagna ad alcuna
sintomatologia, e si può manifestare con una complicanza, più frequentemente un’emorragia.
Nel 50% dei casi, l’ulcera peptica si manifesta con un dolore localizzato a livello
dell’epigastrio, che può irradiarsi posteriormente; nel quadro clinico classico, le
caratteristiche del dolore epigastrico sono differenti a seconda che si tratti di un’ulcera
gastrica o di un’ulcera duodenale; nell’ulcera gastrica, il dolore è sordo e insorge
precocemente subito dopo il pasto o addirittura può essere esacerbato dal pasto; nell’ulcera
duodenale, il dolore è urente, insorge a digiuno oppure 2-3 ore dopo il pasto oppure durante
la notte e si attenua con l’assunzione di cibo. Nel restante 20% dei casi, il dolore presenta
caratteristiche meno specifiche e può essere accompagnato o sostituito da altri sintomi
dispeptici (come senso di pienezza post prandiale, digestione lenta, nausea talvolta
accompagnata da vomito, pirosi epigastrica e retrosternale).
Essendo l’ulcera peptica una malattia caratterizzata da cicatrizzazioni e recidive, anche la
sintomatologia è in genere intermittente ed episodica, intervallata da periodi di benessere
della durata di alcuni mesi e da periodi di riacutizzazione prevalentemente stagionali, in
primavera e in autunno. Ogni anno tuttavia, l’1-2% dei pazienti con ulcera peptica presenta
una complicanza, che può essere di tre tipi: emorragia, perforazione, ostruzione.
L’emorragia è la complicanza più frequente, si manifesta in genere con ematemesi
[EMATEMESI = il vomitare sangue] e/o melena [MELENA = passaggio di feci scure o
nerastre, colorate da sangue digerito], e può portare a uno shock ipovolemico e talvolta alla
morte; in alternativa, vi può essere uno stillicidio ematico cronico, che si manifesta con un
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quadro clinico di anemia sideropenica. La perforazione della parete in cavità addominale è
una complicanza meno frequente, ma con un esordio talvolta più drammatico, caratterizzato
da un dolore addominale improvviso e violentissimo. L’ostruzione infine è la complicanza
meno frequente, è dovuta in genere a una stenosi pilorica provocata da una fibrosi e/o da
una deformazione cicatriziale, e nausea e vomito post-prandiale sono i sintomi più
caratteristici.
L’infezione da Helicobacter pylori è la causa principale dell’ulcera peptica; l’altra causa più
frequente è l’assunzione di FANS, compreso l’acido acetilsalicilico a basse dosi; esiste poi
una varietà di altre cause meno frequenti, come la sindrome di Zollinger-Ellison, l’iperplasia
delle cellule G antrali e la mastocitosi sistemica [MASTOCITOSI SISTEMICA = forma
disseminata di proliferazione di mastociti, cellule del tessuto connettivo che presentano un
citoplasma ricco di granuli contenenti eparina e istamina, con coinvolgimento della cute, del
fegato, dei linfonodi, del tratto intestinale, dell’osso e del midollo osseo]; infine in un piccolo
gruppo di soggetti non sono riconoscibili fattori eziologici noti e questi sono i cosiddetti casi
di “ulcera idiopatica”.
INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI
L’Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo, ricurvo o spiraliforme, dotato di flagelli, il
cui assetto metabolico ne consente la sopravvivenza in ambiente acido; nello stomaco,
predilige le aree a pH più elevato (regione antrale).
Il batterio penetra nello strato di muco e raggiunge l’epitelio gastrico grazie a tre fattori di
colonizzazione: l’ureasi, i flagelli e le adesine. Il succo gastrico ha proprietà battericide fino a
che il pH rimane inferiore a 4, ma l’ureasi , enzima prodotto in grandi quantità dal batterio,
idrolizza l’urea presente nel lume gastrico con produzione di ammoniaca (NH3) e ioni
bicarbonato (HCO3-), che neutralizzano parzialmente l’acidità gastrica creando intorno al
batterio un ambiente alcalino; la presenza di flagelli rende poi il batterio libero di muoversi;
infine le adesine presenti sulla superficie batterica gli permettono di aderire all’epitelio
gastrico, localizzandosi quasi sempre al di sopra dell’epitelio, senza invadere la lamina
propria. Il batterio esercita il suo effetto patogeno sulla mucosa con due meccanismi: sia
inducendo un’intensa risposta infiammatoria della mucosa, sia liberando enzimi e tossine
che alterano lo strato di muco e danneggiano l’epitelio gastrico rendendo la mucosa più
vulnerabile al danno dell’acido.
Le vie di trasmissione dell’infezione non sono state ancora del tutto chiarite, anche se questa
viene acquisita attraverso l’ingestione del batterio e quindi le più plausibili vie di trasmissione
tra esseri umani sembrano quella fecale-orale oppure quella oro-orale. La re-infezione da
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Helicobacter pylori dopo l’eradicazione, cioè dopo l’eliminazione del batterio con terapia
antibiotica, è un’evenienza rara, interessando solo circa l’1-2% dei soggetti all’anno.
L’infezione da Helicobacter pylori causa pressoché invariabilmente una gastrite cronica che,
nella maggior parte dei casi, decorre in maniera asintomatica e persiste per tutta la vita
senza che si sviluppi mai alcuna patologia del tratto digestivo superiore. Una piccola
percentuale, circa il 10-15%, dei soggetti sviluppa anche un’ulcera peptica; è stato ipotizzato
che a favorire ciò intervengano fattori legati al batterio (quali la virulenza), all’ospite (quali la
predisposizione genetica), oltre a fattori esterni (quali il fumo).
Se da una parte non vi è dubbio che l’Helicobacter pylori sia la causa dell’ulcera, d’altra
parte non sono stati ancora chiariti i meccanismi patogenetici attraverso i quali l’infezione
determina la malattia ulcerosa; più in dettaglio, la cascata di eventi che legano l’infezione da
Helicobacter pylori alla produzione di acido da parte dello stomaco non è stata del tutto
confermata. Il processo patogenetico che determina lo sviluppo dell’ulcera gastrica sembra
essere tuttavia diverso da quello che porta all’ulcera duodenale. L’ulcera gastrica si associa
in genere a una gastrite cronica diffusa o prevalentemente a livello del corpo, con atrofia
delle ghiandole secernenti acido; nonostante la ridotta secrezione acida, la patogenesi
dell’ulcera gastrica è da riferirsi verosimilmente a una riduzione dei meccanismi di difesa
della mucosa all’attacco acido, conseguenza dell’infiammazione cronica e del danno indotto
alla mucosa da parte dell’Helicobacter pylori. L’ulcera duodenale invece si associa in
genere a una gastrite cronica prevalentemente a livello antrale, senza atrofia delle ghiandole
secernenti acido; si verifica una ipersecrezione gastrica acida, conseguenza di un’aumentata
liberazione di gastrina, dovuta a diversi fattori legati all’infezione da Helicobacter pylori, tra
cui una ridotta secrezione di somatostatina; nel bulbo duodenale si sviluppano aree di
metaplasia in risposta all’aumentato carico acido e il batterio presente nello stomaco può
colonizzare queste aree, con conseguente sviluppo di duodenite, che a sua volta determina
un’aumentata suscettibilità della mucosa all’acido e predispone allo sviluppo dell’ulcera.
GASTROPATIA EROSIVA ASSOCIATA A FANS
Sebbene si usi spesso la definizione “gastrite erosiva ” per descrivere le erosioni gastriche,
esse possono non essere realmente associate alla presenza di segni istologici di gastrite
[GASTRITE = patologia caratterizzata dalla presenza di cellule infiammatorie nella mucosa
gastrica, documentate istologicamente]: pertanto è più corretto utilizzare la definizione
“gastropatia erosiva ”.
La gastropatia erosiva associata a FANS causa raramente sanguinamenti acuti clinicamente
evidenti, mentre la maggior parte dei sanguinamenti gravi è associata a ulcere peptiche
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causate da questi farmaci. Il trattamento con FANS può provocare lesioni ulcerative spesso
sanguinanti anche a carico dell’intestino tenue: si parla in questo caso di “enteropatia
erosiva ” associata a FANS.
La patogenesi del danno gastro-duodenale da FANS è riconducibile a un duplice
meccanismo: questi farmaci infatti danneggiano la mucosa gastrica attraverso un’azione
topica e attraverso un’azione sistemica. L’azione topica deriva dalla modificazione delle
proprietà biochimiche dello strato di muco che riveste la superficie della mucosa gastrica: la
presenza del farmaco aumenta la permeabilità del muco, con conseguente retro-diffusione
degli ioni idrogeno (H+) e danno della mucosa. L’azione sistemica è esplicata attraverso
l’inibizione di enzimi chiamati ciclossigenasi (COX), che sintetizzano le prostaglandine a
partire dall’acido arachidonico; esistono due forme di ciclossigenasi: la COX-1 e la COX-2.
La COX-1 è una forma dell’enzima presente costituzionalmente in alcuni tessuti, tra cui la
mucosa gastrica, ed è responsabile della sintesi delle prostaglandine fisiologiche che
proteggono l’integrità della mucosa gastrica, attraverso la secrezione di muco e ioni
bicarbonato (HCO3-), il mantenimento di un adeguato flusso ematico della mucosa, la
regolazione del ricambio cellulare e dei sistemi di riparazione. La COX-2 è invece una forma
inducibile dell’enzima, ovvero non costitutiva dei tessuti, e la cui sintesi è stimolata da insulti
flogogeni ed è quindi responsabile della sintesi delle prostaglandine infiammatorie. I FANS
inibiscono in modo non selettivo sia la COX-1 che la COX-2; esistono tuttavia anche FANS
che inibiscono selettivamente la COX-2, con un effetto inibitorio minimo sulla COX-1. L’uso
dei FANS selettivi per la COX-2 si associa a un minor rischio di ulcera gastrica e duodenale,
tuttavia essi sono controindicati in pazienti con patologie cardiovascolari, cerebrovascolari e
con vasculopatie perché, inibendo la sintesi della prostaglandina I2 ma lasciando inalterata
quella del trombossano A2, determinano un aumentato rischio di trombosi vascolare.
SINDROME DI ZOLLINGER-ELLISON
La sindrome di Zollinger-Ellison è una rara condizione in cui si verifica un aumento
considerevole della secrezione gastrica acida, dovuta a un tumore endocrino producente
gastrina (gastrinoma), generalmente localizzato a livello del pancreas o del duodeno.
Tale sindrome è spesso caratterizzata da ulcere multiple, localizzate a livello antrale, nella
parte distale del bulbo duodenale, e spesso anche nella seconda porzione duodenale. La
malattia peptica ulcerosa e i suoi sintomi sono presenti nel 90-95% dei pazienti; i sintomi
possono essere persistenti, progressivi, e scarsamente rispondenti alla terapia medica e
chirurgica. La diarrea si verifica in più del 30% dei pazienti e può precedere la comparsa dei
sintomi dell’ulcera; la steatorrea [STEATORREA = presenza di un eccesso di grassi nelle
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feci] può essere causata dall’inattivazione della lipasi pancreatica, insieme alla mancata
idrolizzazione intra-luminale dei trigliceridi, e da un basso pH nel lume dell’intestino tenue
che porta alla formazione di acidi biliari insolubili con una ridotta formazione di micelle.
DISPEPSIA FUNZIONALE
La dispepsia è una sindrome caratterizzata dalla presenza di sintomi cronici o ricorrenti che
fanno riferimento alle prime vie digestive, tra i quali: il dolore e/o fastidio localizzati a livello
dell’epigastrio, insieme al senso di pienezza post-prandiale e di sazietà precoce, che
possono sovrapporsi con la pirosi e i rigurgiti acidi.
La classificazione su base eziologica riconosce due tipi di dispepsia: una forma dovuta alla
presenza di alterazioni organiche (dispepsia organica ) e una forma non correlata ad
alterazioni o cause specifiche strutturali o biochimiche (dispepsia funzionale ). Una recente
classificazione ha proposto di definire, per la dispepsia funzionale, la distinzione in due
sottogruppi: la sindrome da disturbo post-prandiale (caratterizzata da senso di ripienezza
post-prandiale e di sazietà precoce) e la sindrome dolorosa epigastrica (caratterizzata da
bruciore e dolore epigastrico); i sintomi caratteristici dei due sottogruppi, che possono anche
coesistere nello stesso paziente, devono essere stati presenti negli ultimi tre mesi ed essere
iniziati almeno sei mesi prima della diagnosi.
La secrezione gastrica acida non risulta generalmente aumentata nei pazienti con dispepsia
funzionale, tuttavia in alcuni casi un’aumentata sensibilità all’acido può essere evidenziata,
anche come risultato di una minore capacità di rimozione dell’acido da parte del duodeno.
I meccanismi fisiopatologici responsabili della dispepsia funzionale non sono del tutto chiari.
Una disfunzione motoria e sensoriale è tra le ipotesi accreditate; potenziali meccanismi
includono: un ritardato svuotamento gastrico, una modificata accomodazione del fondo
gastrico in risposta a un pasto, un’ipersensibilità alla distensione meccanica gastrica,
un’alterata sensibilità viscerale, l’infezione da Helicobacter pylori, un’ipersensibilità
duodenale ai grassi e all’acido, un’ipersensibilità dell’esofago all’acido, una mancata
inibizione della contrattilità fasica gastrica, e le contrazioni esofagee longitudinali.
Dati epidemiologici
Una descrizione delle condizioni patologiche che possono essere correlate all’acidità
gastrica e che sono indicazioni per la somministrazione dei farmaci inibitori della pompa
protonica, in termini di alcuni significativi dati epidemiologici.
Le malattie dell’apparato gastro-intestinale hanno una larga diffusione in Italia; esse sono al
secondo posto in termini di dispendio di risorse sanitarie, venendo subito dopo le patologie
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dell’apparato cardio-vascolare. Nei diversi Paesi dell’Unione Europea si osserva invece un
andamento che non risulta essere sempre omogeneo.
MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO ED ESOFAGITE DA REFLUSSO
La MRGE è la più frequente patologia del tratto gastro-intestinale superiore.
In Europa e nell’America del Nord, negli ultimi 10-20 anni, si è registrato un continuo
incremento dell’incidenza [INCIDENZA = numero di casi che avvengono in una popolazione,
in un certo periodo di tempo, espresso come proporzione (esempio: “x” casi per 1000
abitanti per anno)] della MRGE e si stima che circa il 20-30% della popolazione presenti
questa condizione. Recenti revisioni sistematiche e metanalisi hanno documentato un
aumento nel tempo della prevalenza della malattia e dei tassi di ospedalizzazione, in
particolare nel mondo occidentale; ma anche in Asia, ove la prevalenza era
significativamente inferiore, ora essa è in forte aumento a causa dei cambiamenti avvenuti
nell’alimentazione. In generale, elementi epidemiologici sembrano collegare l’epidemia di
obesità, osservabile in tutto il mondo, all’epidemia della MRGE.
Dati epidemiologici italiani sulla prevalenza [PREVALENZA = numero di casi che avvengono
in una popolazione, in un certo periodo di tempo, espresso in rapporto alla popolazione
totale] e sull’incidenza della MRGE sono generalmente riferiti a studi condotti su popolazioni
o aree geografiche limitate e non ci sono quindi dati relativi alla popolazione italiana nel suo
complesso.
Per quanto riguarda la storia naturale dei pazienti affetti da MRGE, i dati indicano una
naturale evoluzione delle forme non erosive verso quelle erosive, stimabile in circa il 10-12%
per anno, seppur sia in atto una terapia antisecretiva; tale progressione è rappresentata per
la maggior parte dei casi (80%) da esofagiti di lieve-moderata entità, mentre gradi maggiori
di esofagite si riscontrano più spesso in pazienti con gravi disturbi motori dell’esofago, in
pazienti psichiatrici, o in pazienti molto anziani, defedati, o affetti da più patologie. La MRGE
presenta inoltre una scarsa tendenza alla remissione spontanea dei sintomi e delle lesioni, e
si caratterizza semmai per una tendenza alla cronicizzazione degli stessi in assenza di
adeguata terapia: tanto nelle forme erosive che in quelle non erosive, alla sospensione della
terapia d’attacco, si verifica una tendenza alla recidiva sintomatica superiore al 75%.
ULCERA PEPTICA: GASTRICA E DUODENALE
In Europa e nell’America del Nord, negli ultimi 10-20 anni, si è progressivamente ridotta la
prevalenza dell’ulcera peptica. Nonostante, nelle popolazioni industrializzate, si sia registrato
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questo calo significativo, l’ulcera peptica interessa ancora circa il 4% della popolazione
generale ed è presente in circa il 10% dei pazienti con sintomi dispeptici.
L’ulcera gastrica è meno frequente dell’ulcera duodenale; l’età più colpita è superiore per
l’ulcera gastrica (50-70 anni) rispetto a quella duodenale (30-40 anni); infine le lesioni
peptiche nel loro insieme (ulcera gastrica e ulcera duodenale) rimangono al primo posto
come cause di emorragia gastro-intestinale alta, rispettivamente con il 24% e il 34% dei casi.
INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI
L’infezione da Helicobacter pylori è una delle infezioni più diffuse nel mondo, interessando
circa la metà della popolazione mondiale. La prevalenza dell’infezione varia nelle diverse
popolazioni ed è inversamente proporzionale alle condizioni socio-economiche: infatti il
batterio infetta circa l’80% degli adulti nelle popolazioni in via di sviluppo, mentre è presente
in circa il 20-50% delle popolazioni industrializzate. Negli ultimi decenni, nei Paesi
industrializzati, l’incidenza dell’infezione da Helicobacter pylori si è ridotta marcatamente
grazie alle migliorate condizioni socio-economiche: si stima che solo circa il 20-30% della
popolazione di età compresa tra i 20-30 anni ne sia portatrice e solo il 10-20% dei bambini
ne sia infettato. Questo indica che probabilmente nei prossimi decenni la prevalenza
dell’infezione, e quindi dell’ulcera peptica, si potrà ridurre ulteriormente.
Nella maggior parte dei casi, l’infezione da Helicobacter pylori viene acquisita precocemente
nell’infanzia o nell’adolescenza e tende poi a persistere per tutta la vita.
L’Helicobacter pylori è la causa principale dell’ulcera peptica, essendo responsabile di circa
l’80% delle ulcere gastriche e di circa il 90% delle ulcere duodenali; l’eradicazione determina
tuttavia una drastica riduzione delle recidive dell’ulcera che, a un anno, passano da circa
l’80% nei soggetti non eradicati a meno di circa il 5% nei soggetti eradicati.
GASTROPATIA EROSIVA ASSOCIATA A FANS
L’assunzione cronica di FANS, incluso l’acido acetilsalicilico a basse dosi, è la più frequente
causa di ulcera peptica non correlata all’Helicobacter pylori; essa è responsabile di circa il
15% delle ulcere gastriche e di circa il 5% delle ulcere duodenali.
Dati epidemiologici suggeriscono che almeno l’1% della popolazione generale faccia uso
quotidiano di FANS, assunti non solo su prescrizione medica, ma anche come
automedicazione; va inoltre considerata la sempre più diffusa prescrizione di acido
acetilsalicilico a basse dosi per la prevenzione dell’infarto cardiaco e degli eventi ischemici
cerebrovascolari. Tra i consumatori abituali di FANS, circa il 25% sviluppa un’ulcera peptica
e circa il 2-4% sviluppa una sua complicanza.
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Diversi fattori aumentano il rischio di insorgenza di ulcera peptica in soggetti che assumono
FANS, tra questi: un’anamnesi positiva per ulcera peptica o sanguinamento; un’età avanzata
indicativamente superiore ai 65 anni; un uso di elevate dosi di FANS; un’assunzione
concomitante di acido acetilsalicilico, steroidi, o anticoagulanti; e la presenza di infezione da
Helicobacter pylori. Il rischio di ulcera e di sviluppare complicanze aumenta, ovviamente, nei
soggetti che presentano più fattori di rischio contemporaneamente.
SINDROME DI ZOLLINGER-ELLISON
È una condizione relativamente rara. L’incidenza dei gastrinomi è sconosciuta, tuttavia si
suppone che questi tumori siano responsabili di circa lo 0,1-1% delle ulcere duodenali.
La sindrome di Zollinger-Ellison si manifesta inizialmente tra i 30 e i 50 anni, e circa un terzo
dei pazienti con questa sindrome ha un’età superiore ai 60 anni.
DISPEPSIA FUNZIONALE
La dispepsia è una condizione clinica molto frequente; studi effettuati nell’Europa
occidentale e negli Stati Uniti riportano una prevalenza annuale che varia dal 25 al 40%.
La fascia di età maggiormente coinvolta è quella tra i 40 e i 50 anni.
In molti casi i sintomi sono di breve durata o di lieve entità e vengono pertanto autogestiti;
tuttavia quasi la metà dei pazienti con dispepsia richiede l’intervento del medico, con un
elevato impatto socio-economico.
È difficile raccogliere dati certi circa la prevalenza della dispepsia funzionale, dal momento
che si tratta essenzialmente di una diagnosi di esclusione, che richiederebbe indagini
costose e invasive; questo anche a causa della sovrapposizione con altri disturbi funzionali
intestinali. Inoltre i pazienti che all’esordio presentano sintomi riconducibili alla dispepsia
funzionale, nel corso degli anni possono diventare asintomatici oppure sviluppare sintomi
che suggeriscono un disturbo dell’apparato gastro-intestinale inferiore. I fattori che sembrano
favorire la persistenza della sintomatologia dispeptica e lo sviluppo di disturbi dell’apparato
gastro-intestinale inferiore sono il sesso femminile e un elevato grado di somatizzazione;
d’altra parte, in questi pazienti, il rischio di sviluppare patologie organiche sembra ridotto,
anche se sono necessari ulteriori studi per confermare questo aspetto.
Diagnosi
Una descrizione delle condizioni patologiche che possono essere correlate all’acidità
gastrica e che sono indicazioni per la somministrazione dei farmaci inibitori della pompa
protonica, in termini di processo diagnostico.
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MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO ED ESOFAGITE DA REFLUSSO
A livello di medicina generale, l’approccio diagnostico al paziente con sospetta MRGE è
essenzialmente clinico ed è basato sul riconoscimento dei sintomi tipici (pirosi e rigurgito) e
sull’assenza dei segni o sintomi d’allarme (anemia, calo di peso ingiustificato, anoressia,
disfagia, sintomi prolungati o refrattari, età d’insorgenza dei sintomi superiore ai 50 anni) che
richiederebbero una valutazione diagnostica strumentale. Per quanto riguarda la valutazione
dei sintomi extra-esofagei, anch’essa deve essere effettuata dopo la ricerca dei sintomi tipici.
I sintomi tipici tuttavia non presentano particolare specificità e sensibilità, e quindi il loro
valore predittivo è limitato. Pertanto, a scopo diagnostico, è importante effettuare un’attenta
anamnesi orientata alla ricerca di tutti i segni e i sintomi, inclusi quelli che spesso non sono
spontaneamente riferiti dal paziente ma che possono essere messi in relazione patogenetica
con la MRGE; importante è anche lo studio della correlazione di questi sintomi con i pasti,
con la posizione corporea e con il sonno.
Un esame endoscopico del tratto digestivo superiore, in un paziente con sintomi suggestivi
di MRGE, viene condotto principalmente per identificare l’esofago di Barrett. Non esistono
sintomi predittivi che si correlino con un elevato rischio di diagnosi di esofago di Barrett,
anche se una sintomatologia di durata particolarmente lunga (superiore ai 15 anni) o con
una severità e/o frequenza importante incrementano la probabilità di tale complicanza.
Almeno il 50% dei pazienti con sintomi tipici di MRGE tuttavia non presenta un reperto
endoscopico di esofagite, e questo spiega la limitata sensibilità dell’endoscopia. A tal
proposito è opportuno sottolineare che, attualmente, il più utilizzato sistema di
classificazione endoscopica dell’esofagite richiede come lesione minima la presenza di
almeno una breve erosione, mentre non riconosce lesioni come l’iperemia o la fragilità
mucosale a causa della loro modesta riproducibilità.
Poiché la MRGE è una condizione clinica determinata dal reflusso più o meno continuativo
di contenuto gastrico in esofago, la misurazione del pH nell’esofago distale per 24 ore,
attraverso la pH-metria esofagea delle 24 ore , è stata considerata un valido procedimento
diagnostico per identificare un’esposizione esofagea all’acido di durata patologica, e per
correlare i vari episodi sintomatici con il reflusso di acido. Nella popolazione italiana, i limiti
superiori alla norma sono costituiti da un’esposizione esofagea all’acido con pH inferiore a 4
che superi il 5% del tempo di registrazione; un altro parametro importante è costituito
dall’indice sintomatico, cioè dalla percentuale di corrispondenza tra sintomi ed episodi di
reflusso, dove un valore superiore al 50% è in genere considerato come patologico. Nei
pazienti con NERD è tuttavia presente una durata patologica di esposizione acida in meno
del 50% dei casi; pertanto la pH-metria presenta valori di sensibilità limitati proprio nei
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pazienti negativi all’endoscopia, in cui viceversa dovrebbe rappresentare l’esame
strumentale più utile per collegare i sintomi al reflusso.
Per le limitazioni legate all’incapacità di evidenziare episodi di reflusso non acidi o
debolmente acidi, la tendenza è di sostituire gradualmente la pH-metria esofagea con la pH
impedenzometria esofagea delle 24 ore . Questa tecnica, basata sulla misurazione
dell’impedenza (o resistenza) elettrica endo-luminale, valuta la relazione quantitativa
esistente tra la variazione dell’impedenza e il movimento di materiale liquido o gassoso o
solido all’interno di un viscere cavo, come l’esofago. Combinando la misurazione
dell’impedenza con quella del pH endo-esofageo è possibile quindi ricostruire la natura fisica
e chimica di ogni episodio di reflusso, misurarne la durata, e verificare la corrispondenza con
i sintomi; inoltre è possibile anche valutare l’estensione prossimale del reflusso, parametro di
particolare importanza nel caso di pazienti con sintomi extra-esofagei.
I raggi X dell’esofago con bario infine rappresentano un esame non di routine nel paziente
con sintomi suggestivi di MRGE, ma è un esame utile preliminarmente alla valutazione
endoscopica nel sospetto di stenosi (benigna o neoplastica) nel paziente disfagico o nel
paziente con dolore toracico non cardiogeno. Non ha alcuna utilità nel caso di sintomi tipici,
ma permette con adeguate manovre di evidenziare la presenza di ernia iatale.
ULCERA PEPTICA: GASTRICA E DUODENALE
Sebbene la presenza di un quadro clinico classico possa fornire un orientamento
diagnostico, la diagnosi certa dell’ulcera peptica si basa sull’esecuzione di un’indagine
strumentale: l’esame radiologico con mezzo di contrasto (bario) o l’esame endoscopico
del tratto digestivo superiore (esofago-gastro-duodeno-scopia).
L’esame radiologico è in grado di evidenziare l’ulcera peptica in circa l’80% dei casi.
L’esame endoscopico è tuttavia l’indagine di prima scelta, poiché ha una sensibilità del 95-
100%; inoltre permette di evidenziare i segni di rischio di sanguinamento, o di un
sanguinamento in atto, o di uno recente; infine nel corso dell’esame è possibile effettuare
prelievi bioptici della mucosa, fattore particolarmente importante sia per una diagnosi di
infezione da Helicobacter pylori, che richiede prelievi bioptici multipli nell’antro e nel corpo
gastrico, che per una diagnosi di ulcera gastrica, la quale deve necessariamente essere
sottoposta a biopsie multiple per differenziare un’ulcera benigna da una maligna e il cui
esame istologico permetterà di differenziare un’ulcera peptica da ulcere dovute a malattie
sistemiche che possono colpire tutto il tubo digerente, come il Morbo di Crohn.
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INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI
Esistono diversi test per la diagnosi di infezione da Helicobacter pylori, alcuni invasivi e altri
non invasivi. I test invasivi sono quelli che necessitano dell’esame endoscopico, essendo
effettuati su prelievi bioptici della mucosa gastrica, e sono: il test rapido all’ureasi, l’esame
istologico e la coltura. I test non invasivi sono invece: il 13C-urea breath test o test del respiro,
il test fecale e la sierologia.
La sensibilità di tutti i test diagnostici, tranne la sierologia, può essere ridotta dalla recente
assunzione di farmaci antisecretivi o antibiotici che, riducendo marcatamente la carica
batterica, possono determinare dei risultati falsamente negativi. Qualsiasi test per la diagnosi
dell’infezione da Helicobacter pylori, tranne la sierologia, deve essere perciò eseguito dopo
un intervallo di tempo di almeno due settimane dalla sospensione dei farmaci antisecretivi e
di almeno quattro settimane dalla sospensione dei farmaci antibiotici.
Test rapido all’ureasi : l’ureasi dell’Helicobacter pylori idrolizza l’urea, con produzione di
ammoniaca che, essendo alcalina, determina un aumento del pH, indicato da un indicatore
che ha un viraggio di colore.
Esame istologico : altamente accurato sia nella diagnosi iniziale che nella diagnosi post-
trattamento dell’infezione; poiché il batterio è distribuito sulla mucosa gastrica in modo non
uniforme, deve essere effettuato su almeno due biopsie di mucosa gastrica prelevate
nell’antro e due biopsie di mucosa gastrica prelevate nel corpo.
Coltura : caduta in disuso nella pratica clinica, poiché è un esame complesso, costoso, e con
una relativamente bassa sensibilità, permette però di eseguire l’antibiogramma, cioè di
testare la sensibilità del batterio agli antibiotici, e può essere utile nei casi di infezione
resistente agli antibiotici. 13C-urea breath test o test del respiro : test di prima scelta per la diagnosi; si somministra
al paziente una soluzione acquosa contenente una piccola quantità di urea, marcata con
carbonio 13 che è un isotopo naturale non radioattivo del carbonio, e di acido citrico, che
rallenta lo svuotamento gastrico e prolunga il tempo di permanenza dell’urea marcata nello
stomaco. L’urea marcata viene rapidamente idrolizzata dall’ureasi del batterio, producendo
ammoniaca e anidride carbonica marcata. Vengono quindi raccolti al paziente due campioni
di respiro, uno prima dell’inizio dell’esame e uno 30 minuti dopo la somministrazione
dell’urea marcata, facendo soffiare il paziente con una cannuccia in una provetta: un
aumento della anidride carbonica marcata nei due campioni di respiro, misurata con uno
spettrometro di massa, indica la presenza dell’infezione da Helicobacter pylori.
Test fecale : da qualche anno sono disponibili in commercio dei test in grado di evidenziare
la presenza di antigeni fecali di Helicobacter pylori, con una metodica immuno-enzimatica;
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hanno dimostrato un’ottima accuratezza nella diagnosi iniziale dell’infezione, mentre non
altrettanto soddisfacente è la loro accuratezza dopo il trattamento.
Sierologia : consiste nel dosaggio di anticorpi sierici, IgG, contro antigeni di superficie
dell’Helicobacter pylori, mediante tecniche di agglutinazione e metodiche enzyme-linked
immunosorbent assay (ELISA). Il test è semplice, ampiamente disponibile, e soprattutto
poco costoso, per cui è stato per anni il test più diffuso nella pratica clinica; non è però
altamente accurato e, in questi ultimi anni, è stato soppiantato dal 13C-urea breath test o test
del respiro e dal test fecale. Trova tuttavia applicazione nella diagnosi iniziale di infezione da
Helicobacter pylori, in quei pazienti che non possono sospendere il trattamento con farmaci
antisecretivi, poiché è l’unico test a non essere influenzato dalla concomitante assunzione di
farmaci; tuttavia non deve essere mai usato nella diagnosi di infezione da Helicobacter pylori
dopo un trattamento antibiotico eradicante, poiché è gravato da un’alta percentuale di
risultati falsamente positivi, essendo le IgG anticorpi di memoria che persistono nel sangue
per anni, talvolta per tutta la vita, anche dopo l’eradicazione del batterio.
GASTROPATIA EROSIVA ASSOCIATA A FANS
La diagnosi di tale condizione si basa su un’anamnesi positiva per assunzione di FANS e,
successivamente, sull’utilizzo delle metodiche diagnostiche illustrate per “L’ulcera peptica:
gastrica e duodenale”.
SINDROME DI ZOLLINGER-ELLISON
La diagnosi della sindrome di Zollinger-Ellison si basa sui suoi caratteristici reperti clinici .
L’esame radiografico con il bario può evidenziare le prominenti pliche gastriche e duodenali
(e occasionalmente digiunali), che possono essere ispessite e dilatate.
Inoltre un’ipersecrezione di acido gastrico si verifica in più del 90% dei pazienti.
Il test diagnostico più sensibile e specifico è tuttavia rappresentato dall’identificazione di una
condizione di ipergastrinemia, che è caratteristica dei pazienti affetti da gastrinoma.
DISPEPSIA FUNZIONALE
In un paziente che sia stato sottoposto a un completo percorso diagnostico per escludere la
presenza di una dispepsia organica, possono essere diagnosticate essenzialmente quattro
condizioni cliniche: ulcera peptica (circa 10% dei casi), MRGE con esofagite (circa 20% dei
casi), MRGE senza esofagite (circa 20% dei casi), cancro delle prime vie digestive (circa 1%
dei casi), e dispepsia funzionale (circa 49% dei casi), quest’ultima rimanendo una diagnosi di
esclusione.
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Nella gestione del paziente dispeptico è fondamentale per il medico poter acquisire,
attraverso un’accurata anamnesi , una serie di dati in base ai quali orientare correttamente le
proprie scelte diagnostiche e terapeutiche. Qualora nel paziente non si riscontri una causa
organica di dispepsia e neppure parametri di allarme, si potrà seguire un approccio
terapeutico a più fasi, che potrebbe richiedere ulteriori valutazioni diagnostiche, come di
seguito indicato.
Inizialmente si potranno consigliare modifiche sia dello stile di vita, che alimentari.
Nel caso di non risposta o di recidiva, e nel caso di una prevalente sintomatologia dolorosa o
caratterizzata da fastidio epigastrico, si potrà verificare la presenza di Helicobacter pylori e,
nei casi positivi, si eseguirà una terapia eradicante, mentre nei casi negativi si potrà trattare
il paziente farmacologicamente.
Nel caso invece di una prevalente sintomatologia con pirosi e rigurgiti, si tratterà il paziente
farmacologicamente e, nel caso di recidiva, si effettuerà un test per verificare la presenza di
Helicobacter pylori, oppure si continuerà con il trattamento, se efficace.
In tutti i casi di insuccesso della terapia farmacologica, sarà comunque necessario eseguire
una esofago-gastro-duodeno-scopia.
Infine, nel caso in cui il paziente viva con ansia i suoi sintomi, anche se non vi sono motivi
per ricorrere a esami di laboratorio e strumentali, può essere opportuno eseguirli allo scopo
di rassicurarlo; fattori ambientali, psicologici e comportamentali, di scarso valore diagnostico,
possono infatti influenzare in vario grado l’esposizione della sintomatologia da parte del
paziente e il decorso della dispepsia funzionale, ed è pertanto importante ricercarli ed
eventualmente trattarli perché possono interferire con la risposta al trattamento.
Approccio terapeutico
Una descrizione delle condizioni patologiche che possono essere correlate all’acidità
gastrica e che sono indicazioni per la somministrazione dei farmaci inibitori della pompa
protonica, in termini di approccio terapeutico consigliato.
MALATTIA DA REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO ED ESOFAGITE DA REFLUSSO
I pazienti con sintomi lievi possono essere trattati solo sulla base della sintomatologia, senza
ricorrere a esami diagnostici; cambiamenti dietetici e dello stile di vita in aggiunta
all’assunzione per brevi periodi di tempo di farmaci inibitori della pompa protonica o farmaci
antagonisti del recettore istaminergico H2 possono essere sufficienti.
Nei pazienti con sintomi debilitanti in grado di ridurre in maniera significativa la qualità della
vita, la soppressione acida deve essere invece continuativa; la regressione della
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sintomatologia può essere raggiunta iniziando con cambiamenti dietetici e dello stile di vita,
e proseguendo con la terapia farmacologica che può essere somministrata a dosi crescenti
sino al completo controllo dei sintomi oppure può essere somministrata da subito a dosi
massimali riducendone successivamente la dose fino a quella minima efficace.
Per quanto riguarda i cambiamenti dello stile di vita, importanti fattori di rischio associati alla
MRGE sono l’alcol, il fumo, la predisposizione genetica e un aumento dell’indice di massa
corporea, il quale si correla anche a un incremento statisticamente significativo di sintomi di
MRGE, di esofagite erosiva, di esofago di Barrett, e di adenocarcinoma esofageo. Pertanto
validi suggerimenti possono essere quelli di smettere di fumare e di ridurre l’assunzione di
alcol, menta, cioccolato, caffè, cibi grassi e in generale pasti troppo abbondanti, oltre a
riposare facendo in modo che il capo risulti essere in posizione più elevata rispetto al resto
del corpo.
Il trattamento più efficace per i sintomi da MRGE, con o senza esofagite , è la riduzione
della secrezione acida, al fine di portare il pH gastrico al di sopra di 4 per almeno 12 ore. I
farmaci inibitori della pompa protonica risultano superiori in efficacia ai farmaci antagonisti
del recettore istaminergico H2 nel ridurre i sintomi da MRGE, nel curare l’esofagite, e nel
mantenere la remissione. I farmaci antisecretivi, anche i più potenti, non curano tuttavia la
vera causa del reflusso che è il rilasciamento inappropriato dello sfintere esofageo inferiore
ma, inibendo la secrezione di acido, riducono l’acidità e la quantità di materiale che refluisce
in esofago e hanno qualche efficacia anche se il materiale che refluisce è frammisto a bile.
Gli agenti procinetici possono coadiuvare la soppressione della secrezione gastrica acida nel
trattamento della MRGE; la loro efficacia è dovuta all’aumento della pressione dello sfintere
esofageo inferiore e al miglioramento della peristalsi e dello svuotamento gastrico; tuttavia
hanno un’efficacia limitata e presentano effetti collaterali, soprattutto extrapiramidali, per cui
il loro uso non è consigliato per lunghi periodi di tempo o in monoterapia.
Nei pazienti con sintomi tipici , come la pirosi e il rigurgito, ma senza segni macroscopici
di esofagite all’indagine endoscopica (NERD) , i farmaci inibitori della pompa protonica
sono parzialmente efficaci; nelle forme di pirosi funzionale , essi non sono invece efficaci;
nel caso di reflusso alcalino di tipo biliare , essi sono scarsamente efficaci al pari dei
farmaci di barriera e quindi in alternativa può essere considerata l’opzione chirurgica, che è
efficace anche nel caso di reflusso non acido.
Nelle forme dominate da sintomi extra-esofagei , come l’asma, la tosse cronica, la
raucedine, i farmaci inibitori della pompa protonica hanno un effetto inferiore.
Il trattamento dei pazienti con esofago di Barrett è basato sugli stessi principi del
trattamento dei pazienti con MRGE, anche se è suggerito un approccio che inizi con farmaci
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inibitori della pompa protonica a dosaggio pieno, riducendone successivamente la dose per
attestarsi a quella minima efficace: questo per garantire una soppressione costante della
secrezione gastrica acida.
La terapia a lungo termine ha come scopo principale quello di alleviare i sintomi, curare
l’esofagite e prevenire le recidive e le complicanze. Tenuto conto della tendenza della
MRGE a recidivare, spesso si ricorre a una terapia di mantenimento, anche a causa della
frequente ricomparsa dei sintomi dopo la sospensione della terapia in acuto. Se i sintomi si
ripresentano in un arco di tempo inferiore ai tre mesi, la terapia di mantenimento viene
considerata necessaria e i farmaci inibitori della pompa protonica dovrebbero essere
somministrati alla dose minima in grado di prevenire la ricomparsa dei sintomi; se i sintomi si
ripresentano in un arco di tempo superiore ai tre mesi e in assenza di esofagite severa, è
indicata la terapia al bisogno con farmaci inibitori della pompa protonica o farmaci
antagonisti del recettore istaminergico H2.
ULCERA PEPTICA: GASTRICA E DUODENALE
Prima della scoperta dell’infezione da Helicobacter pylori, la terapia dell’ulcera peptica si
basava esclusivamente sull’uso di farmaci capaci di ridurre l’acidità gastrica, che erano in
grado di alleviare i sintomi e di permettere all’ulcera di cicatrizzarsi, ma non di modificare il
decorso naturale della malattia ulcerosa caratterizzato dalla frequente comparsa di recidive.
La scoperta dell’Helicobacter pylori ha modificato la terapia dell’ulcera gastrica e duodenale,
che coincide oggi inevitabilmente con il trattamento eradicante l’infezione.
Per il trattamento delle ulcere non- Helicobacter pylori correlate , i farmaci inibitori della
pompa protonica sono quelli più efficaci.
INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI
Numerosi sono i regimi terapeutici utilizzati nel trattamento dell’infezione da Helicobacter
pylori.
Attualmente una tra le terapie meglio tollerate e più efficaci, con percentuali di eradicazione
superiori all’80%, è la cosiddetta triplice terapia : un inibitore di pompa protonica +
claritromicina 500 mg + metronidazolo 500 mg o amoxicillina 1000 mg, somministrati due
volte al giorno, per 1 settimana. L’antibiotico-resistenza dell’Helicobacter pylori alla
claritromicina è la principale causa di fallimento della triplice terapia.
Nei casi di fallimento, una delle terapie di seconda linea è la cosiddetta quadruplice terapia ,
che permette di eradicare l’Helicobacter pylori in circa il 90% dei soggetti in cui si è avuto il
fallimento della triplice terapia: un inibitore di pompa protonica x 2 volte al giorno + bismuto
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subcitrato 120 mg x 4 volte al giorno + tetraciclina 500 mg x 4 volte al giorno +
metronidazolo 500 mg x 3 volte al giorno, per 1 settimana.
GASTROPATIA EROSIVA ASSOCIATA A FANS
I farmaci inibitori della pompa protonica si sono dimostrati altamente efficaci nella
cicatrizzazione delle ulcere peptiche da FANS e nella prevenzione delle recidive e delle
complicanze.
Anche il misoprostolo , analogo sintetico della prostaglandina E1, si è dimostrato efficace
nella prevenzione delle ulcere da FANS avendo un’azione gastro-protettrice; però deve
essere somministrato ad alti dosaggi e ciò si associa frequentemente a effetti collaterali.
Infine l’uso dei FANS selettivi nei confronti della COX-2 riduce il rischio di ulcere FANS-
correlate e può essere preso in considerazione nei pazienti privi di patologie cardiovascolari,
cerebrovascolari, e di vasculopatie.
SINDROME DI ZOLLINGER-ELLISON
L’asportazione chirurgica del gastronoma viene indicata da alcuni medici come il migliore
trattamento dei sintomi dovuti alla sindrome di Zollinger-Ellison e le percentuali di guarigione
si avvicinano al 40%. La valutazione pre-operatoria mira a localizzare i gastrinomi e a
escludere le metastasi, in quanto l’intervento chirurgico è controindicato nei pazienti con una
malattia metastatica non sottoponibile a resezione.
Per il trattamento non chirurgico , i farmaci inibitori della pompa protonica sono i
farmaci di scelta. La secrezione gastrica acida viene monitorata, con l’obiettivo di ridurre la
secrezione acida basale a meno di 10 mEq/h, nei pazienti che non sono candidati alla
chirurgia; a meno di 5 mEq/h, nei pazienti già sottoposti alla resezione gastrica; a meno
di 1 mEq/h, nei pazienti con grave malattia da reflusso gastro-esofageo. L’octreotide è un
farmaco appartenente a una classe diversa, essendo un analogo sintetico della
somatostatina; esso determina una riduzione dei livelli della gastrina sierica e della
secrezione gastrica acida, ma può essere somministrato solo per via parenterale e sembra
non avere vantaggi rispetto ai farmaci inibitori della pompa protonica. Infine la
chemioterapia con streptozocina e 5-fluorouracile diminuisce i livelli sierici della gastrina nei
pazienti con malattia metastatica e, di solito, è riservata ai pazienti con metastasi epatiche
per alleviare i sintomi.
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DISPEPSIA FUNZIONALE
Nella dispepsia funzionale, l’entità del disturbo dipende anche dalla componente psico-
emotiva che accompagna i sintomi, per i quali spesso il paziente non è in grado di dare una
giustificazione causale. La risposta del paziente può quindi essere favorevolmente
influenzata da un corretto approccio del medico , sia nella fase diagnostica, che in quella
terapeutica. È necessario eliminare convinzioni errate spiegando in maniera semplice e
comprensibile la natura dei sintomi, porre una diagnosi in modo convincente, e rassicurare il
paziente focalizzandosi su ciò che lo preoccupa e dando spiegazioni esaurienti riguardo i
suoi timori.
L’approccio farmacologico non è univoco a causa dell’incerta eziopatogenesi, alla quale
possono concorrere diversi fattori. Nell’ambito di un’ampia scelta di farmaci disponibili per la
dispepsia funzionale, i seguenti gruppi di farmaci sono quelli generalmente più utilizzati,
singolarmente o in combinazione: i farmaci inibitori della secrezione gastrica acida, i farmaci
procinetici e i farmaci sedativi e antidepressivi a basse dosi. Qualunque sia la scelta
terapeutica, è comunque consigliabile evitare trattamenti protratti nel tempo e preferire, nei
pazienti con frequenti recrudescenze della sintomatologia, trattamenti di breve durata ripetuti
nel tempo.
FARMACI PER TRATTARE I DISTURBI CORRELATI ALL’ACIDITÀ GASTRICA Una descrizione delle classi di farmaci utilizzabili per trattare le condizioni patologiche che
possono essere correlate all’acidità gastrica. Per ciascuna classe di farmaci si forniscono: i
principi attivi più utilizzati, il caratteristico meccanismo d’azione e le informazioni principali
inerenti gli aspetti farmacologici (farmacocinetica e farmacodinamica).
In base alla “Classificazione Anatomica Terapeutica Chimica dei medicinali” (ATC), i farmaci
per il gruppo anatomico “Apparato gastro-intestinale e metabolismo” e relativi al gruppo
terapeutico “Farmaci per disturbi correlati all’acidità” vengono suddivisi in 3 sottogruppi
terapeutici:
• i farmaci antiacidi,
• i farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso gastro-esofageo,
• e gli altri farmaci per disturbi correlati all’acidità
[l’unico rappresentante di quest’ultimo sottogruppo terapeutico è l’associazione tra
glucosio anidro, potassio citrato e piridossina : una miscela gluco-salino-vitaminica,
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che svolge anche un’attività neutralizzante l’acidità gastrica per azione del bicarbonato di
sodio (NaHCO3), il quale si forma anche per metabolizzazione dell’acido citrico dopo
l’assorbimento sistemico].
Farmaci antiacidi
Una descrizione della classe dei farmaci antiacidi in termini di: principi attivi più utilizzati,
meccanismo d’azione e informazioni inerenti gli aspetti farmacologici (farmacocinetica e
farmacodinamica).
I farmaci antiacidi comprendono: composti del magnesio ; associazioni fra composti di
alluminio, calcio e magnesio ; antiacidi associati ad antimeteorici ; antiacidi in
associazione con spasmolitici ; antiacidi in associazione con bicarbonato di sodio ; e
altre associazioni di antiacidi .
Sebbene consacrati dalla tradizione, questi farmaci sono stati ampiamente sostituiti da altri
più efficaci e convenienti; tuttavia essi continuano a essere utilizzati dai pazienti per varie
indicazioni. Molti fattori ne influenzano l’efficacia e la scelta, tra cui la gradevolezza al gusto.
Il bicarbonato di sodio (NaHCO 3), sebbene neutralizzi di fatto l’acido, è molto solubile in
acqua, viene rapidamente assorbito dallo stomaco, e il conseguente carico di prodotti alcalini
e di sodio può rappresentare un rischio per i pazienti affetti da insufficienza renale o da
insufficienza cardiaca. A seconda della grandezza delle particelle e della struttura del
cristallo, il carbonato di calcio (CaCO 3) neutralizza rapidamente ed efficacemente gli ioni
idrogeno (H+) gastrici, ma il calcio può anche indurre una secrezione acida di rimbalzo,
determinando la necessità di più frequenti somministrazioni. Un problema comune è il
conseguente rilascio di anidride carbonica (CO2) dai farmaci antiacidi a base di bicarbonato
e carbonato, che può causare eruttazione, gonfiore addominale, flatulenza e nausea.
Le combinazioni di idrossido di magnesio [Mg(OH)2], che agisce rapidamente, e di
idrossido di alluminio [Al(OH)3], che agisce lentamente, garantiscono una capacità di
neutralizzazione relativamente bilanciata e prolungata, ed esse sono preferite dalla maggior
parte degli esperti. Il magaldrato è un complesso che viene convertito rapidamente
nell’ambiente acido gastrico in idrossido di magnesio [Mg(OH)2] e idrossido di alluminio
[Al(OH)3], i quali sono scarsamente assorbiti e pertanto forniscono un prolungato effetto
antiacido. Sebbene in teoria le combinazioni di magnesio e di alluminio neutralizzino gli
eventi avversi a carico dell’intestino uno dell’altro [in quanto lo ione alluminio (Al3+) può
rilassare la muscolatura liscia gastrica, determinando un ritardato svuotamento gastrico e
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costipazione, mentre lo ione magnesio (Mg2+) esercita effetti opposti], nella pratica tale
equilibrio non è sempre raggiunto.
Il simeticone , un surfattante che può diminuire la formazione di schiuma e quindi il reflusso
esofageo, viene incluso in molte preparazioni antiacido.
Di seguito vengono riportate alcune caratteristiche comuni a questa classe di farmaci.
La relativa efficacia delle preparazioni antiacido è espressa in termini di capacità di
neutralizzare milli-equivalenti di acido; a causa delle discrepanze tra le capacità di
neutralizzare in vitro e in vivo, i dosaggi di questi farmaci sono titolati in pratica sulla base del
sollievo che possono dare alla sintomatologia.
Per ulcere non complicate, i farmaci antiacidi vengono somministrati per via orale 1-3 ore
dopo i pasti e al momento di coricarsi; per sintomi severi o in caso di reflusso non controllato,
possono essere somministrati più frequentemente.
In generale, essi dovrebbero essere assunti in forma di sospensione, perché questa ha
probabilmente una capacità neutralizzante superiore rispetto alle forme farmaceutiche in
polvere o in compresse; se queste ultime vengono utilizzate, esse dovrebbero essere
completamente masticate per avere un effetto massimale.
I farmaci antiacidi sono eliminati dallo stomaco vuoto in circa 30 minuti, ma la presenza di
cibo è sufficiente a elevare il pH gastrico a un valore di circa 5 per circa 1 ora e a prolungare
l’effetto neutralizzante dei farmaci antiacidi per circa 2-3 ore.
Il grado di assorbimento nell’organismo di questi farmaci varia e pertanto variano i loro effetti
sistemici. I farmaci che contengono ioni alluminio (Al3+), ioni calcio (Ca2+), o ioni magnesio
(Mg2+) vengono assorbiti meno completamente di quelli che contengono bicarbonato di
sodio (NaHCO3). Con una funzione renale normale, i modesti accumuli di ioni alluminio (Al3+)
e di ioni magnesio (Mg2+) non determinano alcun problema, ma in presenza di insufficienza
renale gli ioni alluminio (Al3+) assorbiti possono contribuire all’osteoporosi, all’encefalopatia,
e alla miopatia prossimale. Circa il 15% di una dose somministrata per via orale di ioni calcio
(Ca2+) viene assorbita, causando un’ipercalcemia transitoria; sebbene ciò non costituisca un
problema in pazienti normali, essa può causare problemi in pazienti affetti da uremia
[UREMIA = complesso sintomo dovuto a insufficienza renale e caratterizzato tra le varie
alterazioni anche da iperazotemia, acidosi, iperfosfatemia, iperkaliemia, e ipocalcemia]. In
passato, quando grandi dosi di bicarbonato di sodio (NaHCO3) e carbonato di calcio
(CaCO3) venivano somministrate con il latte per la gestione dell’ulcera peptica, la sindrome
latte-alcali, rappresentata da alcalosi metabolica con ipercalcemia e insufficienza renale, si
poteva verificare frequentemente, ma attualmente questa sindrome è rara.
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In generale, molti farmaci antiacidi possono aumentare il pH urinario di circa un’unità.
Alterando il pH gastrico e urinario, essi possono dar luogo a interazioni con un certo numero
di altri farmaci, quali gli ormoni tiroidei, l’allopurinolo, e i farmaci antifungini imidazolici, di cui
alterano la velocità di dissoluzione e di assorbimento, la biodisponibilità e l’eliminazione
renale. Inoltre i farmaci antiacidi a base di ioni magnesio (Mg2+) e di ioni alluminio (Al3+)
tendono a chelare eventuali altre sostanze ad azione farmacologica presenti nel tratto
gastro-intestinale, formando complessi insolubili che vengono eliminati senza essere
assorbiti. Pertanto è generalmente prudente evitare la concomitante somministrazione di
farmaci antiacidi e di farmaci destinati a un assorbimento sistemico, cercando di assumere i
farmaci antiacidi almeno due ore prima o dopo in modo da evitare possibili interazioni.
Farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso g astro-esofageo
Una descrizione della classe dei farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso gastro-
esofageo, in termini di: sottoclassi principali e relativi principi attivi più utilizzati, meccanismo
d’azione e informazioni inerenti gli aspetti farmacologici (farmacocinetica e
farmacodinamica).
I farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso gastro-esofageo comprendono: le
prostaglandine; i farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2; i farmaci inibitori della
pompa protonica; e gli altri farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso gastro-esofageo.
PROSTAGLANDINE
Una descrizione della sottoclasse delle prostaglandine in termini di: principi attivi più utilizzati,
meccanismo d’azione, e informazioni inerenti gli aspetti farmacologici (farmacocinetica e
farmacodinamica).
Il farmaco rappresentante di questo sottogruppo terapeutico-chimico è il misoprostolo .
La prostaglandina E2 (PGE2) e la prostaciclina (PGI2) sono le più importanti prostaglandine
sintetizzate dalla mucosa gastrica; esse si legano al recettore EP3 delle cellule parietali,
stimolando un meccanismo inibitorio che diminuisce l’AMP ciclico intracellulare e quindi la
secrezione gastrica acida. La prostaglandina E2 (PGE2) può anche prevenire il danno
gastrico attraverso effetti citoprotettivi, che includono la stimolazione della secrezione di
mucina [MUCINA = glicoproteina presente nel muco] e di ioni bicarbonato (HCO3-) e un
aumentato flusso sanguigno mucosale. Dal punto di vista clinico, l’effetto tuttavia più
importante sembra essere la soppressione della secrezione acida.
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Il misoprostolo è un analogo sintetico della prostaglandina E1 (PGE1), avente precise
modificazioni strutturali che ne aumentano la biodisponibilità per via orale, la potenza, la
durata dell’effetto antisecretivo e la sicurezza.
Il grado di inibizione della secrezione gastrica acida è direttamente correlato alla dose di
misoprostolo, che presenta un regime posologico di 4 assunzioni giornaliere. Esso viene
rapidamente assorbito dopo la somministrazione orale e quindi ampiamente metabolizzato a
formare il metabolita principale e attivo del farmaco: parte di questa trasformazione può
avvenire nelle cellule parietali stesse.
Una singola dose inibisce la produzione di acido entro 30 minuti; l’effetto terapeutico
raggiunge l’apice a 60-90 minuti e può durare fino a 3 ore.
Il cibo e i farmaci antiacidi riducono la velocità di assorbimento del misoprostolo,
determinando un ritardato e diminuito picco nelle concentrazioni plasmatiche del metabolita
attivo, che viene escreto principalmente nelle urine.
La diarrea, con o senza dolore addominale e crampi, si può verificare in circa il 30% dei
pazienti che assumono misoprostolo; apparentemente dose correlata, si manifesta
tipicamente entro le prime 2 settimane dopo l’inizio del trattamento e spesso si risolve
spontaneamente entro 1 settimana; i casi più severi o che si protraggono possono richiedere
la sospensione della terapia. Il misoprostolo può causare esacerbazioni cliniche della
malattia infiammatoria intestinale e dovrebbe essere evitato in pazienti con questa patologia.
È anche controindicato durante la gravidanza, perché può aumentare la contrattilità uterina.
L’uso terapeutico del misoprostolo è per prevenire il danno mucosale causato dai FANS:
poiché i FANS diminuiscono la formazione di prostaglandine, analoghi sintetici delle
prostaglandine rappresentano un logico approccio nel tentativo di ridurre il danno mucosale
causato da questi farmaci; tuttavia esso viene usato in modo limitato a causa dei suoi effetti
collaterali e del poco pratico regime posologico che richiede 4 somministrazioni giornaliere.
FARMACI ANTAGONISTI DEL RECETTORE ISTAMINERGICO H 2
Una descrizione della sottoclasse dei farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2 in
termini di: principi attivi più utilizzati, meccanismo d’azione e informazioni inerenti gli aspetti
farmacologici (farmacocinetica e farmacodinamica).
I farmaci appartenenti a questo sottogruppo terapeutico-chimico sono: cimetidina ,
famotidina , nizatidina , ranitidina , roxatidina , e associazioni di famotidina .
La descrizione di un blocco selettivo del recettore istaminergico H2 fu un evento epocale nel
trattamento della malattia acido-peptica; infatti, prima della disponibilità di questi farmaci, il
trattamento abituale consisteva semplicemente nella neutralizzazione dell’acido nel lume
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dello stomaco, solitamente con risultati non sufficienti; tuttavia, nella pratica clinica attuale,
questi farmaci vengono sostituiti sempre più da altri principi attivi ancora più potenti, quali i
farmaci inibitori della pompa protonica.
I farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2 inibiscono la produzione di acido
competendo in modo reversibile con l’istamina per il legame ai recettori istaminergici H2 sulla
membrana baso-laterale delle cellule parietali.
Diversi farmaci di questo sottogruppo sono presenti in commercio, e differiscono
principalmente nelle loro proprietà farmacocinetiche e nella loro tendenza a causare
interazione con altri farmaci.
Essi sono meno potenti dei farmaci inibitori della pompa protonica, ma sopprimono pur
sempre la secrezione gastrica acida nelle 24 ore di circa il 70% e prevalentemente
inibiscono la secrezione acida basale, fatto che spiega la loro efficacia nel sopprimere la
secrezione acida notturna.
Questi farmaci sono disponibili in formulazioni per via orale, ma possono essere
somministrati anche in boli endovenosi intermittenti o per infusione endovenosa continua,
quest’ultima in grado di controllare meglio il pH gastrico. Formulazioni per via endovenosa
sono utilizzabili per cimetidina, famotidina, nizatidina e ranitidina, seppur in Italia, a febbraio
2012, risulti disponibile solo una preparazione per via endovenosa della ranitidina.
I farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2 sono rapidamente assorbiti dopo
somministrazione orale, con concentrazioni sieriche di picco entro 1-3 ore; livelli terapeutici
sono raggiunti velocemente dopo somministrazione endovenosa e vengono mantenuti per
un periodo di tempo variabile dalle 4 alle 11 ore, a seconda del principio attivo. Solo una
piccola percentuale di questi farmaci si lega alle proteine. Piccole quantità, da meno del 10%
a circa il 35%, sottostanno a metabolismo epatico, ma la malattia epatica non richiede
aggiustamenti di dosaggio. I reni invece sono responsabili della eliminazione di questi
farmaci e dei loro metaboliti per filtrazione e secrezione tubulare renale, ed è quindi
importante ridurre i dosaggi in pazienti con ridotta clearance della creatinina: infatti né
l’emodialisi, né la dialisi peritoneale sono in grado di rimuovere significative quantità di questi
farmaci.
I farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2 sono generalmente ben tollerati, con una
minima incidenza di effetti collaterali (inferiore al 3%); tali effetti generalmente non sono
gravi e includono: diarrea, mal di testa, sonnolenza, stanchezza, dolore muscolare e
costipazione; tra gli effetti collaterali meno comuni vi sono quelli a carico del Sistema
Nervoso Centrale (confusione, delirio, allucinazioni), che si verificano principalmente con la
somministrazione endovenosa o nei pazienti anziani. L’utilizzo di questi farmaci può
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comportare varie anomalie del sangue, tra cui la trombocitopenia. Essi attraversano la
placenta e vengono secreti nel latte materno; sebbene non ci sia un rischio teratogeno di
primaria importanza, tuttavia cautela è richiesta quando devono essere usati in gravidanza.
Tutte le sostanze che inibiscono la secrezione gastrica acida possono alterare la velocità di
assorbimento e la successiva biodisponibilità dei farmaci antagonisti del recettore
istaminergico H2. Per quanto riguarda invece le interazioni farmacologiche date da questi
farmaci, esse avvengono principalmente con la cimetidina e per questo il suo utilizzo è
diminuito marcatamente; ciò è dovuto al fatto che tale principio attivo inibisce alcuni
citocromi P450 epatici e così può aumentare i livelli di una varietà di altri farmaci che sono
substrati di questi stessi enzimi. Anche la ranitidina interagisce con i citocromi P450 epatici,
ma con un’affinità solo del 10% rispetto a quella della cimetidina e pertanto l’interferenza con
il metabolismo epatico degli altri farmaci è minima. La famotidina e la nizatidina sono persino
più sicure a tal proposito, non avendo significative interazioni farmacologiche mediate
dall’inibizione dei citocromi P450 epatici.
Le principali indicazioni terapeutiche per i farmaci antagonisti del recettore istaminergico H2
sono il trattamento della malattia da reflusso gastro-esofageo non complicata, la
cicatrizzazione delle ulcere gastrica e duodenale e la prevenzione della comparsa delle
ulcere da stress.
ALTRI FARMACI ANTIULCERA PEPTICA E MALATTIA DA REFL USSO GASTRO-
ESOFAGEO
Una descrizione della sottoclasse degli altri farmaci antiulcera peptica e malattia da reflusso
gastro-esofageo in termini di: principi attivi più utilizzati, meccanismo d’azione e informazioni
inerenti gli aspetti farmacologici (farmacocinetica e farmacodinamica).
Prima di affrontare i farmaci inibitori della pompa protonica, si tratta questo sottogruppo
terapeutico-chimico, che include: sucralfato , bismuto subcitrato , sulglicotide e acido
alginico .
Il sucralfato consiste di una molecola di saccarosio combinata con 8 gruppi solfato e con
idrossido di alluminio (Al(OH)3). In presenza di un danno indotto dall’acido, l’idrolisi delle
proteine della mucosa mediata dalla pepsina contribuisce all’erosione mucosale e alle
ulcerazioni: questo processo può essere inibito da polisaccaridi solfati. In ambiente acido
con pH inferiore a 4, il sucralfato sottostà a un esteso processo di reticolazione, producendo
un polimero viscoso e colloso che aderisce alle cellule epiteliali e ai crateri dell’ulcera per un
periodo di tempo fino a 6 ore dopo ogni singola dose. Oltre all’inibizione dell’idrolisi delle
proteine mucosali da parte della pepsina, esso potrebbe avere ulteriori effetti citoprotettivi,
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inclusa una stimolazione della produzione locale di prostaglandine e di fattori di crescita, e
inoltre è anche in grado di legarsi ai sali biliari.
Essendo attivato dall’acido, il sucralfato dovrebbe essere assunto a stomaco vuoto, un’ora
prima dei pasti; per lo stesso motivo, l’uso di farmaci antiacidi nei 30 minuti dopo
l’assunzione di sucralfato dovrebbe essere evitato. La posologia abituale può variare da due
a quattro somministrazioni al giorno.
L’uso terapeutico del sucralfato per trattare la malattia acido-peptica è diminuito negli ultimi
anni; tuttavia, poiché l’aumentato pH gastrico potrebbe essere uno dei fattori coinvolti nello
sviluppo di polmoniti acquisite in ospedale in pazienti gravemente debilitati, esso può offrire
un’alternativa terapeutica rispetto ai farmaci inibitori della pompa protonica e ai farmaci
antagonisti del recettore istaminergico H2 nella profilassi delle ulcere da stress. A causa del
suo unico meccanismo d’azione, esso è stato utilizzato anche in diverse altre condizioni
associate all’infiammazione o all’ulcerazione mucosale che potrebbero non rispondere alla
soppressione della secrezione acida, inclusa la gastropatia da reflusso biliare.
Il più comune effetto collaterale è la costipazione, che incide in circa il 2% dei casi. Poiché
parte dell’alluminio può essere assorbito, esso dovrebbe essere evitato in pazienti con
insufficienza renale che sono a rischio di sovraccarico di alluminio; allo stesso modo farmaci
antiacidi contenenti alluminio dovrebbero non essere combinati con il sucralfato in questi
pazienti.
Il sucralfato forma un viscoso strato nello stomaco che potrebbe inibire l’assorbimento di altri
farmaci, inclusi la fenitoina, la digossina, la cimetidina, il ketoconazolo e gli antibiotici
fluorochinolonici; dovrebbe pertanto essere assunto almeno due ore dopo la
somministrazione di altri farmaci.
Infine, in modo conciso, si riassumono gli altri principi attivi di questo sottogruppo
terapeutico-chimico.
• Bismuto subcitrato (biskalammonio citrato) : è una sostanza colloidale, solubile in
acqua, che giunta nell’ambiente acido dello stomaco si lega in corrispondenza dell’ulcera
creando un rivestimento protettivo; non neutralizza le secrezioni gastriche, ma stimola la
produzione di ioni bicarbonato (HCO3-) e di mucina e ha un’azione antibatterica nei
confronti dell’Helicobacter pylori; l’utilizzo più frequente è nelle terapie combinate,
associato a un antibiotico e a un farmaco antisecretivo, per l’eradicazione
dell’Helicobacter pylori.
• Sulglicotide : è un glicopeptide solfato, chimicamente correlato alle glicoproteine presenti
nel succo gastrico responsabili della difesa della mucosa gastro-duodenale; le ipotesi
circa il suo meccanismo d’azione sono almeno tre: 1) un’azione citoprotettiva a livello
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gastro-duodenale mediante l’aumento della normale biosintesi delle prostaglandine, 2) un
antagonismo dell’ipersecrezione gastrica indotta dai più comuni mediatori, e 3) un’azione
anti-peptica per combinazione con la pepsina e formazione di un complesso meno attivo.
• Acido alginico : dopo l’assunzione, la sostanza reagisce rapidamente con l’acido
gastrico formando una barriera tipo gel di acido alginico, che possiede un pH quasi
neutro e che galleggia sul contenuto dello stomaco per un periodo di tempo fino a 4 ore,
impedendo efficacemente il reflusso gastro-esofageo; nei casi di reflusso severo, la
barriera stessa può essere spinta in esofago al posto del contenuto gastrico, esercitando
un effetto emolliente.
I FARMACI INIBITORI DELLA POMPA PROTONICA
Una descrizione della classe dei farmaci inibitori della pompa protonica in termini di: principi
prolungare eventualmente il trattamento per altre 6 settimane, per raggiungere la
guarigione nei pazienti più difficili da trattare.
• Trattamento dell’ulcera duodenale attiva:
20 mg 1 volta al giorno, per 4 settimane;
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prolungare eventualmente il trattamento per altre 4 settimane, per raggiungere la
cicatrizzazione nei pazienti più difficili da trattare.
• Eradicazione dell’infezione da Helicobacter pylori:
20 mg 2 volte al giorno, per 7 giorni,
in associazione a farmaci antibatterici in un appropriato regime terapeutico.
• Sindrome di Zollinger-Ellison:
come dosaggio iniziale,
60 mg 1 volta al giorno;
adattare la dose su base individuale; proseguire il trattamento sino a quando sia
clinicamente indicato; la posologia può essere aumentata fino a raggiungere la dose di
120 mg al giorno; la dose da 120 mg al giorno può essere frazionata in 2
somministrazioni giornaliere.
POPOLAZIONI PARTICOLARI
• Nei pazienti con insufficienza epatica, non è necessario adattare il dosaggio; tuttavia nei
pazienti con insufficienza epatica grave, trattare con cautela quando il farmaco è
somministrato per la prima volta a questi pazienti.
• Nei pazienti con insufficienza renale, non è necessario adattare il dosaggio.
• Nelle donne in gravidanza, non impiegare in quanto non vi sono dati sulla sicurezza del
farmaco in questa popolazione di pazienti.
• Nelle donne che allattano, non impiegare a causa della mancanza di studi condotti in
questa popolazione di pazienti e della mancata conoscenza se il farmaco venga escreto
nel latte materno.
• Nei bambini, non impiegare a causa della mancata esperienza sull’uso del prodotto in
questa popolazione di pazienti.
• Negli anziani, non è necessario adattare il dosaggio.
TRATTAMENTI ALTERNATIVI PER CONDIZIONI PATOLOGICHE CORRELATE ALL’ACIDITÀ GASTRICA Cenni di possibili trattamenti alternativi per trattare condizioni patologiche che possono
essere correlate all’acidità gastrica, con brevi riferimenti nello specifico all’omeopatia, agli
oligoelementi, e alla fitoterapia.
Esistono vari tipi di disturbi che concorrono nel provocare fastidi e bruciori allo stomaco o nel
punto in cui le persone ritengono sia localizzato lo stomaco.
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La credenza popolare è che, quando fa male lo stomaco, il problema sia localizzato
esclusivamente a livello di questo organo. Numerose connessioni sono invece state
dimostrate tra l’equilibrio psico-emotivo di una persona e le forme patologiche digestive.
Pertanto riequilibrando la funzione di organi quali la colecisti, il fegato e il pancreas, se
anche non si ottiene la guarigione della sintomatologia relativa al problema digestivo, si può
tuttavia a volte ottenere un beneficio; dal punto di vista anatomico, questi organi non sono
localizzati distanti dallo stomaco, e anzi lo circondano; dal punto di vista fisiologico, se lo
stomaco ha il compito di produrre l’acido, questo deve essere neutralizzato anche dalle
sostanze prodotte proprio dalla colecisti, dal fegato e dal pancreas. In conclusione quindi
l’eventuale problema associabile alla secrezione gastrica acida può essere trattato anche
riequilibrando la funzione di tutti quegli organi digestivi che producono naturalmente
sostanze ad azione antiacida e non è quindi sempre necessario assumere sostanze
esogene a questo scopo; così come peraltro non è sempre un approccio corretto cercare
unicamente di contrastare la produzione di acido a livello gastrico.
Un ultimo punto da considerare è che le persone che hanno avuto una storia pregressa di
ulcera scambiano spesso qualsiasi bruciore di nuova generazione per un segnale del
precedente disturbo. Questo non è sempre vero, in quanto un bruciore insorto per esempio
dopo un attacco d’ira potrebbe dipendere anche solo da uno spasmo locale o da una
contrattura.
L’omeopatia prevede un trattamento che agisca su tutti gli aspetti sia fisici che psichici
dell’organismo, dato che il problema correlato all’eccessiva acidità gastrica si dimostra
spesso una forma patologica complessa. È possibile comunque utilizzare anche alcuni
rimedi che svolgono un’azione mirata, da soli o in associazione tra loro, sfruttandone basse
diluizioni (5 CH o 7 CH), ripetendone l’assunzione più volte al giorno (2 o 3 volte), e
utilizzandoli indicativamente per un periodo di tempo di almeno 15-20 giorni, prima
dell’eventuale periodo di ricaduta della sintomatologia (se ricorrente) e durante il periodo
stesso. Esclusivamente a scopo indicativo e non esaustivo, i rimedi utilizzabili possono
comprendere: Argentum nitricum, Kali bichromicum, Lycopodium, Nux vomica.
Per quanto riguarda l’utilizzo di oligoelementi , un potenziale rimedio sfruttabile è il
Manganese-Cobalto, con un’assunzione protratta per almeno due mesi oppure con un
regime inizialmente continuativo e quindi periodico (per esempio un mese di terapia ogni
trimestre). Nella fase iniziale può essere auspicabile associare anche altri oligoelementi,
quali il Litio, il Magnesio e lo Zinco, con l’obiettivo di favorire la disintossicazione ed
eventualmente la riparazione di lesioni già in atto.
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La fitoterapia prevede infine l’utilizzo di un discreto numero di rimedi, sia a scopo preventivo
che come ausilio terapeutico. Esclusivamente a scopo indicativo e non esaustivo, i rimedi
utilizzabili possono comprendere: Angelica archangelica (l’angelica), Calendula officinalis (la
calendula), Ficus carica (il fico), Glycyrrhiza glabra (la liquirizia), Juniperus communis (il
ginepro), Urtica dioica (l’ortica).
I CONSIGLI DEL FARMACISTA Brevi suggerimenti informativi e consigli che la figura professionale del farmacista può fornire
ai pazienti che si presentino in farmacia lamentando condizioni patologiche correlate
all’acidità gastrica.
In conclusione si riportano le note AIFA alla prescrizione che riguardano i farmaci inibitori
della pompa protonica.
La figura professionale del farmacista, nella sua attività quotidiana, può trovarsi a dover
affrontare pazienti che lamentino problematiche inerenti l’acidità gastrica.
Le informazioni e i consigli che possono essere forniti dal farmacista si possono brevemente
riassumere come segue.
• Innanzitutto è importante che il farmacista faccia comprendere al paziente la necessità di
rivolgersi in tempi brevi al proprio medico di medicina generale, con il quale discutere in
dettaglio la sintomatologia, concordare un eventuale percorso diagnostico e stabilire un
appropriato piano terapeutico.
• È quindi fondamentale che il farmacista ascolti quanto il paziente riferisce in termini di
tipologia dei sintomi che lo affliggono, periodo di tempo da cui si trova ad affrontare
questa situazione anomala e qualsiasi altro aspetto anamnestico venga da esso riferito.
• Al fine di avere un quadro ancora più completo, il farmacista potrebbe eventualmente
indagare un aspetto significativo, quale l’eventuale assunzione di FANS da parte del
paziente; questo può risultare un fattore importante, tenuto conto della possibile
correlazione di questi farmaci con la sintomatologia riferita, dell’estrema diffusione del
loro utilizzo spesso come automedicazione e del non sempre corretto uso che se ne fa.
• In un tentativo di informare il paziente, può essere utile che il farmacista sottolinei tutte le
buone norme relative a una corretta alimentazione, sia in termini di qualità e quantità dei
cibi assunti, che in termini di assicurare un adeguato processo digestivo. Per quanto
riguarda quest’ultimo, se è vero che esso avviene principalmente a livello dello stomaco
e dell’intestino, non si può sottovalutare l’importanza del tratto gastro-intestinale
superiore. Infatti l’assunzione di cibo in piccole quantità, che vengano accuratamente
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masticate e impastate con la saliva prima della deglutizione, può incidere sul successivo
processo di digestione e assimilazione dei nutrienti, sia dal punto di vista qualitativo che
quantitativo.
• Allo scopo di controllare i sintomi, il farmacista può suggerire al paziente di effettuare nel
corso della giornata, invece di pasti abbondanti, una serie di piccoli pasti leggeri che,
assicurando la presenza di cibo nello stomaco, possano contrastare l’azione dell’acido
gastrico; come già sottolineato, è necessario masticare adeguatamente ogni boccone per
facilitare il successivo processo digestivo ed evitare qualsiasi possibile sovraccarico di
lavoro per lo stomaco.
• A seconda delle informazioni fornite dal paziente, sempre tenendo presente l’importanza
che lo stesso faccia riferimento prima possibile al medico di medicina generale, il
farmacista può quindi proporre tutta una serie di rimedi di automedicazione, che possono
andare a controllare temporaneamente la sintomatologia riferita.
• Infine il farmacista deve ricordare al paziente l’importanza di utilizzare gli eventuali
trattamenti suggeriti con buon senso e rispettando l’equilibrio dell’organismo.
Un esempio pratico riguarda i farmaci antiacidi che spesso i pazienti assumono al solo
bisogno, cioè durante il singolo momento di sofferenza. Soprattutto quando questi
momenti di sofferenza si ripetono, i farmaci antiacidi dovrebbero essere assunti come
prescritto e utilizzati a pieno dosaggio per un periodo di tempo adeguato, al fine che la
mucosa digestiva, lasciata a riposo, possa riequilibrarsi e riparare eventuali lesioni; dopo
questo periodo iniziale, si potrà quindi effettuare un periodo di trattamento più breve a
dosi ridotte, a cui infine seguirà la sospensione della terapia. Questo approccio
terapeutico ha un suo razionale al contrario dell’utilizzo dei farmaci antiacidi solo durante
il singolo episodio sintomatico, che può determinare degli sbalzi di acidità intensi al
termine dell’effetto dei farmaci e rivelarsi quindi persino più dannoso.
Si ricordano infine le note AIFA alla prescrizione che riguardano i farmaci inibitori della
pompa protonica.
Nota 1 – Gastro-protettori: misoprostolo, esomeprazolo, lansoprazolo, omeprazolo,
pantoprazolo, misoprostolo + diclofenac*.
“La prescrizione a carico del SSN è limitata:
alla prevenzione delle complicanze gravi del tratto gastro-intestinale superiore:
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• in trattamento cronico con FANS,
• in terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico a basse dosi,
purché sussista una delle seguenti condizioni di rischio:
• storia di pregresse emorragie digestive o di ulcera peptica non guarita con terapia
eradicante,
• concomitante terapia con anticoagulanti o cortisonici,
• età avanzata.”
* La prescrizione dell’associazione misoprostolo + diclofenac è rimborsata alle condizioni
previste dalla Nota 66.
Nota 48 – Farmaci antiulcera: cimetidina, famotidina, nizatidina, ranitidina, roxatidina;