FIRENZE TOSCANA OGGI 15 febbraio 2015 IV Cappella musicale di Santa Maria del Fiore: bando di audizione per nuovi coristi Opera di Santa Maria del Fiore indice un bando di audizione per incrementare il numero dei coristi della Cappella Musicale della Cattedrale di Firenze. Le audizioni sono rivolte all’individuazione di un cantante professionista da inserire nel quartetto vocale e alle voci di Soprano, Contralto (Mezzosoprano), Tenore, Basso (Baritono) in qualità di coristi. Le domande di partecipazione devono pervenire entro il 4 marzo a [email protected] Il bando completo dell’audizione è scaricabile sul sito dell’Opera di Santa Maria del Fiore. Le prove di esame si terranno a Firenze nella sede della Cappella Musicale (salone del Collegio Eugeniano, via dello Studio 1) sabato 7 marzo (ore 9.30-18) per i coristi non professionisti e domenica 8 marzo per i candidati solisti professionisti. Tra i componenti della commissione giudicatrice il Maestro Michele Manganelli, direttore della Cappella Musicale della Cattedrale di Firenze, ricostituita, sotto la sua guida, a partire da settembre 2012. Oggi la Cappella Musicale della Cattedrale di Firenze è composta da 45 persone articolate nelle varie sezioni. Il coro è specializzato nell’esecuzione del repertorio di musica sacra, dal canto gregoriano alla polifonia classica e moderna, a cappella e con accompagnamento strumentale. Il suo compito primario è la partecipazione alle celebrazioni liturgiche più importanti, presiedute dal Cardinale Betori, e quindi l’esecuzione musicale dei brani assegnati delle norme liturgiche, tratti sia dal repertorio antico che composti per l’occasione. Inoltre, partecipa a concerti, rassegne e anche a gemellaggi con le rispettive Cappelle delle Cattedrali europee. «Letture patristiche» er il ciclo delle «Letture patristiche» (dedicate quest’anno al libro dei Salmi), giovedì 12 febbraio alle 17 nella sala del Collegio Eugeniano in via dello Studio 1 a Firenze Ida Zatelli parlerà su «David, il dolce cantore di Israele». P ’ L l 2 febbraio, Festa della presentazione di Gesù al tempio e XIX Giornata mondiale per la Vita consacrata, partendo dalla Cappella di San Luca, all’interno del chiostro della Santissima Annunziata, si è formata una lunga e variopinta processione di donne e uomini consacrati che, con i ceri in mano, simbolo della luce di Cristo, si sono mossi verso l’altare centrale della Basilica, dov’è iniziata la celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori. L’atmosfera, riscaldata dalle tante presenze e dal desiderio di vivere questo giorno insieme, riuniti intorno al nostro Vescovo, è diventata ancor più bella e intensa per la suggestione provocata dalla Basilica illuminata a festa. Il cardinale, nell’omelia, commentando la lettera agli Ebrei, ha sollecitato i consacrati a condividere con Cristo la passione per l’uomo e il suo disegno di salvezza per il mondo, facendosi vicini e partecipi delle fragilità e delle povertà dei fratelli. «Perché questo sia possibile - ha detto il Cardinale - occorre che i consacrati stiano accanto agli uomini e alle donne del nostro tempo con la luce di Dio e della sua verità, assumendo lo sguardo libero e colmo di tenerezza di Simeone, che al momento della Presentazione al tempio di Gesù esclama: "I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli" (Lc 2,30-31)». La gente, infatti, chiede alle persone consacrate di avere «occhi che sappiano scrutare la storia guardando oltre le apparenze spesso contraddittorie della vita, che lascino trasparire vicinanza e possibilità nuove, che illuminino di tenerezza e di pace. È questo che contraddistingue chi mette la propria vita nelle mani di Dio: uno sguardo aperto, libero, confortante, che non esclude nessuno, abbraccia e unisce» (CEP, Messaggio per la 19ª Giornata mondiale della vita consacrata - 2 febbraio 2015). «Per avere questa forza di novità nelle condizioni del nostro tempo», ha sottolineato ancora il nostro Arcivescovo, «occorre risvegliare tutte le risorse dei consigli evangelici perché essi non allontanano dal mondo, ma lo illuminano a partire dalla proiezione della vita nell’orizzonte del suo compimento escatologico. La castità consacrata non è negazione del valore della vita familiare o della dimensione sessuata della persona, ma richiamo alla natura vera dell’amore, che è offerta di sé, è legame che non può mai segregare nella stretta dell’egoismo, è partecipazione dell’amore stesso di Dio. La povertà non è rifiuto di ciò che è buono e bello nel mondo, ma è richiamo a non fare di alcun bene una necessità che schiavizza, un possesso che chiude e separa dagli altri, un assoluto che prende il posto di Dio. L’obbedienza non è negazione della propria identità o di un progetto personale di vita, ma rifiuto di ogni istinto I egoistico, della ricerca di sé ad ogni costo fino al conflitto con gli altri, di disegni di futuro che negano spazio alla trascendenza». «In fondo - ha concluso il Cardinale - è questo il significato profondo della consacrazione: fare della propria vita un’offerta, ritenere cioè che la propria vita si realizzi non tenendola per sé, ma donandola a Dio e ai fratelli». Al termine della sua riflessione, il Cardinale ha letto le parole che i vescovi italiani hanno rivolto ai consacrati, in vista del 5° Convegno ecclesiale nazionale, che si celebrerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo»: «Per vocazione e missione i consacrati sono chiamati a frequentare le "periferie" e le "frontiere" dell’esistenza, dove si consumano i drammi di un’umanità smarrita e ferita. Sono proprio le persone consacrate, spesso, il volto di una Chiesa capace di prendersi cura e ridonare dignità a esistenze sfruttate e ammutolite, a relazioni congelate e spezzate, perché la persona sia rimessa al posto d’onore riservatole da Cristo. L’opera di tante persone consacrate diventi sempre più il segno dell’abbraccio di Dio all’uomo e aiuti la nostra Chiesa a disegnare il "nuovo umanesimo" cristiano sulla concretezza e la lungimiranza dell’amore». Proprio questo «grande abbraccio» allora potrebbe diventare l’icona dell’accoglienza dei consacrati verso chi giungerà dalle Chiese di tutta l’Italia nella nostra città! Dopo la Messa la giornata di festa è proseguita con un rinfresco nella sala Brunelleschi dello Spedale degli Innocenti. Nel pomeriggio abbiamo potuto ascoltare la riflessione di padre Ermes Ronchi, dell’Ordine dei Servi di Maria. La sua meditazione si è concentrata su un singolo versetto della Lettera agli Ebrei: «La sua casa siamo noi se conserviamo libertà e speranza» (Eb 3,6). L’incontro, venato dal linguaggio poetico ed evocativo di padre Ronchi, ci ha lasciato incantati, ci ha dischiuso gli occhi alla contemplazione, indicando nuove strade di futuro per la vita consacrata. «Siamo Casa di Dio - ha detto il padre - quando viviamo come Maria che porta il suo bambino nel calore del grembo, che è come un ostensorio che cammina; che vive contemporaneamente due vite, la propria e quella di Dio. Il consacrato passa nel mondo al modo di Maria, irradiando Dio. Maria cammina, niente la trattiene: è libera. Anche noi possiamo muoverci, fare un passo per uscire dalle gabbie dell’individualismo, fatte di paura e diffidenza, e scoprire che fuori c’è la vita che ci aspetta». Per conservare la speranza, «che è come corda tesa tra due abissi, presente che tende a un futuro», padre Ermes ci ha indicato la figura del vecchio Simeone, che aspettava la consolazione di Israele. «Ciò che conforta e consola il mondo è una speranza, un futuro migliore. La speranza sta al centro del Vangelo, è il cuore semplice dell’annuncio, che è questo: è possibile vivere meglio per tutti, e Gesù ne possiede la chiave. È possibile per tutti una vita che sia buona, bella e beata. E Gesù ne conosce il segreto». Per conservare la libertà padre Ronchi ci ha chiamati a riscoprire la nostra esistenza come possibilità. La Bibbia infatti indica con il primo verbo: tu puoi, che il senso della vita è una potenzialità. L’amore di Dio non trattiene, tende i suoi figli come frecce al suo arco, e li invia verso il domani per diventare il meglio di ciò che possiamo diventare: «Noi non siamo degli esecutori di ordini, ma degli inventori di sentieri, che ci conducano verso il cuore dell’uomo e insieme verso Dio». La riflessione, partita da due termini, speranza e libertà, si è posta un obiettivo per la vita religiosa, essere casa di Dio, dimensione che «fa emergere due nuovi doni: pienezza e sconfinamento». Pienezza del nostro essere umani, ma anche sconfinamento come richiamo all’oltre, al segreto che è oltre noi, che cerchiamo senza soluzione di continuità in Dio. In questo senso credo che sia significativo concludere con un verso di padre David Maria Turoldo: Io non sono ancora / e mai / un uomo. / Io non sono ancora Cristo / ma io sono questa infinita / possibilità. Parole che indicano la strada infinita che siamo chiamati a compiere giorno per giorno, nel cammino della vita, orientati e attratti dalla luce, dalla bellezza, dalla bontà, dalla verità di Colui che, «rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et Spes 22), che sola può renderci realmente felici. Sorella Costanza Pagliai Apostola della Consolata Consiglio Usmi diocesano I consacrati, segno dell’abbraccio di Dio Nella Giornata per la Vita consacrata l’invito del cardinale Betori ai religiosi e alle religiose: «condividere con Cristo la passione per l’uomo». La «lectio divina» di padre Ermes Ronchi Gli altri appuntamenti Anno della Vita Consacrata, non riguarda soltanto i religiosi, ma la Chiesa intera, come ha sottolineato papa Francesco, scrivendo: «Invito tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringraziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma. Invito tutti a stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a collaborare con esse, nella misura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loro opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano». Con la stessa passione che anima le parole di Papa Francesco, anche noi desideriamo una maggiore comunione e condivisione fra presbiteri, laici e consacrati e per questo di cuore invitiamo tutti a partecipare agli altri appuntamenti che abbiamo organizzato per quest’anno. «Abbracciare il futuro con speranza» Sabato 21 febbraio giornata di approfondimento sulla Vita Consacrata nella Sala dell’Annunciazione del Convento della Santissima Annunziata. Il tema sarà «Abbracciare il futuro con speranza»: alle 10 un’introduzione biblica di suor Benedetta Rossi, seguita dalla relazione di padre Alessandro Cortesi. Alle 12 la Messa in santuario; alle 15 gli interventi di don Carmelo Mezzasalma su «La vita religiosa e la cultura contemporanea» e di padre Giancarlo M. Bruni su «Sfide attuali della Vita Consacrata». Modera Serena Noceti. Lectio divina sui consigli evangelici Il mese di aprile vedrà una serie di «Lectio divina» sui consigli evangelici, sempre nella Sala dell’Annunciazione del Convento della Santissima Annunziata, il venerdì alle 16.30. Inizia il 10 aprile suor Cristina Caracciolo sull’obbedienza; il 17 aprile sorella Costanza Pagliai sulla castità.Venerdì 24 aprile infine padre Valerio Mauro sulla povertà. ’ L I «Viaggiatori di nuvole» di Giuseppe Lupo, incontro tra fede e storia o mestiere più belo xe fantasticulare li homini». Van Graan, abile tipografo veneziano di origini nordiche, ha fiuto per i manoscritti che portano soldi e pane alla fantasia. Nell’autunno del 1499, sette anni dopo la scoperta del «Nuevo mundo», affida al suo garzone, l’ebreo Zosimo Aleppo, l’incarico di rintracciare qualcuno che è in possesso di carte speciali, il misterioso chierico Pettirosso, dietro il quale si cela uno scritturale di Atella, Ismaele Machelecco. Zosimo, protagonista del nuovo romanzo di Giuseppe Lupo Viaggiatori di nuvole (ed. Marsilio), si trova così a percorrere l’Italia divisa dagli eserciti, francesi contro aragonesi, lungo il filo sottile che separa la realtà dai sogni (o li unisce) e che apre la porta all’incontro tra fede e storia, memoria e futuro, nel passaggio dal Medioevo al Rinascimento, dalle ombre dei conflitti alle luci possibili di Leonardo Da Vinci. Un’altra riuscita prova narrativa dell’autore de La carovana Zanardelli e dell’epico e affabulante romanzo L’ultima sposa di Palmira, che recano insieme alle altre sue opere l’impronta di una convinzione espressa così: «I libri... non sono carta cucita a carta, parole aggiunte a parole. Sono la cenere della coscienza, legna con cui bruciare i mesi e gli anni della nostra vita». È la filigrana che sottosta anche alle prose brevi dell’Atlante immaginario, edito da poco da Marsilio. Lupo è docente di letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e di Brescia. L « Semafori LETTERARI di Michele Brancale