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Il sogno di Charlotte
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Jan 26, 2021

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Il sogno di Charlotte

Di

Laura Clemente

1

Il Sole sorgeva alto e il cielo portava con sé i colori dell’emozione estiva. James e Noah erano già al lavoro. Anche la piccola Charlotte era indaffarata. La bambina alzò gli occhi al cielo e incrociò lo sguardo del Sole. Quella luminosità di prima mattina le svelò un bellissimo segreto. Forse esisteva ancora un velo di speranza!

Tolse la trave di legno che bloccava la porta d’ingresso e recuperò la chiave da sotto la cesta per il bucato. Charlotte percorse i pochi metri quadri che separavano l’entrata dalla camera della madre cercando di non far rumore. Non voleva rischiare di svegliarla. Scostò leggermente la porta e diede un’occhiata all’interno. Era sveglia, con la testa leggermente accomodata sul cuscino e la mente rivolta al quadro appeso alla parete di destra. Quel giorno lo guardava con uno stato d’animo diverso. Quella che solitamente sembrava nostalgia adesso si era trasformata in rinuncia.

La gracile bambina si avvicinò alla madre per darle il bacio del buongiorno e portarle un po’ di latte appena munto. «Buongiorno mami. Ti ho portato un po’ di latte.» dopo un momento di pausa «Oggi posso andare dal vecchio del villaggio? Ieri è passato per acquistare un attrezzo di legno da James e mi ha invitata da lui questa mattina. Dice che deve darmi una grande notizia. C’è la possibilità che io possa mostrare il mio talento al di fuori di questo piccolo villaggio. Non voglio lasciarti sola. Quindi ho ordinato a James di vegliare su di te durante la mia assenza.»

«Piccola stella, certo che puoi andare. Non devi stare sempre a proteggermi o rammaricarti per il mio stato di salute. Non voglio privarti della tua tenera età. Tra i fratelli, tu che sei la più piccola, sei già così matura. Per non parlare del tuo talento. Ma bada ad una cosa. Non sempre le cose vanno come vorremmo e non tutti i sogni sono destinati a concretizzarsi. Il talento che hai te l’ho trasmesso io, alla tua età ero come te. Io però non ero così responsabile e coraggiosa. Sei un dono del cielo, ricordatelo! Perciò, vola basso ma tieniti sempre pronta a spiccare, figlia mia. Non sentirti mai in colpa per qualcosa che è solo segno del destino» Helena iniziò a tossire e ansimare.

«Mami. Bevi un po’ di latte» Charlotte aiutò la madre avvicinandole la ciotola alle labbra. «Io non sono poi così coraggiosa e nemmeno talentuosa. Ho paura di perderti e senza di te noi siamo persi. Voglio prendermi io la tua malattia e restituire a te il talento che mi hai donato. Non è giusto! Sono una bambina cattiva»

«No, tesoro. Io ho avuto la mia occasione molti anni fa e non ho rimpianti. Il solo avere voi tre che vi prendete cura di me, che mandate avanti la famiglia e che riempite di gioia le mie giornate, mi rende la mamma più felice del mondo». Dopo alcuni attimi per riprendere fiato: «Sei sicura di poterti fidare del vecchio? Non ho avuto mai modo di vederlo e non so che persona sia».

«Certo mamma, te lo garantisco. È una persona dolcissima. E poi è stato lui a insegnarmi a leggere e a scrivere. È vero, non sono brava come le donne dell’alta società, ma so in qualche modo capire le notizie che leggo sui giornali che distribuisce Peter il lunedì. Ah mami, sapessi quante cose sto imparando del mondo di fuori!» Charlotte diede un intenso bacio alla madre nella speranza che quel bacio le avrebbe tenuto caldo fino a quella sera.

La piccola Charlotte era famosa in tutto il villaggio per la sua voce angelica. E non solo, aveva imparato a leggere e a scrivere, cosa che nessuna bambina del villaggio sapeva fare. Inoltre era di una naturale bellezza e il suo sorriso dolce riusciva a tranquillizzare e a guarire i cuori dei malati. Era sempre stata altruista e disponibile fin dalla tenera età. Delle erbe che usava per curare la madre, un po’ le distribuiva tra i più bisognosi. Il suo attaccamento alle persone era naturale. Tutti la guardavano come se la piccola bambina fosse un angioletto caduto dal cielo. Charlotte era sempre dolce con tutti e dal contorno del suo viso dallo sguardo intenso dei suoi occhi azzurri come il mare, e dallo schiudersi di piccole labbra rosee, lei mutava l’animo delle persone in meglio e trasmetteva gioia intorno a sé. Nonostante la sua apparente felicità e spensieratezza, anche Charlotte sentiva che la sua vita era sempre stata sul limite di un precipizio.

2

Will stava cercando di recuperare il suo bastone. Per fortuna si ricordava dove lo aveva lasciato l’ultima volta. Così, a passi lenti e con la schiena che faceva sentire la sua vecchiaia, si diresse verso la porta per aprire alla sua giovane ospite. Will non era poi così anziano, ma il duro lavoro nei campi e le scarse condizioni in cui viveva lo avevano reso più vulnerabile. Nonostante l’artrite, Will era contento perché finalmente, dopo lunghi anni di solitudine, poteva condividere con la piccola Charlotte tutti quei pensieri e quei desideri che era stato costretto a tenere rinchiusi nel cassetto del suo cuore. L’arrivo di Charlotte gli aveva soprattutto ridato la speranza, abbandonata il giorno della perdita di sua moglie Angela. Quella pelle delicata, quel viso che sembrava dipinto, i ricci dei suoi capelli ribelli, il suo sorriso raggiante, i suoi occhi, un mare in cui tuffarsi sotto il segno dell’amore, e lei al culmine della sua maternità, con in braccio quella creatura… Dopo questo piccolo salto nella scatola dei ricordi, Will ritornò al presente e aprì la porta.

Charlotte entrò saltellante e si accomodò sullo sgabello che il fratello James aveva realizzato per lei. «Scusami se non sono venuta subito, ma dovevo prima assicurarmi che la mamma stesse bene. È molto malata e ha bisogno di cure e di un supporto morale. Purtroppo sia io che i miei fratelli siamo costretti a lasciarla sola per tante ore durante la giornata»

«Mi dispiace Charlotte, la mamma deve essere fiera di avere una figlia come te.» In realtà Will sapeva benissimo chi fosse Helena, la madre di Charlotte. L’aveva vista crescere e maturare, era come una seconda figlia per lui, ma purtroppo, a causa di una serie di eventi, aveva deciso di troncare i rapporti con il mondo, inclusa lei. Ma poi, quando aveva rivisto Charlotte, dopo tanti anni, aveva ritrovato in lei un velo di speranza e la felicità era tornata a dipingere le sue giornate. «Vedo che mi hai riportato il libro che ti ho prestato l’altro giorno.» disse Will alla piccola.

«Sì, ci ho messo un po’ a leggerlo tutto, ma sono felice di esserci riuscita. Il Piccolo Principe esiste veramente?»

«Ogni protagonista di una storia, che sia inventata o che sia reale, può esistere. Ciò che mantiene in vita le cose è il ricordo di esse. Se tu continuerai a ricordare il Piccolo Principe, allora lui ci sarà»

«Io purtroppo non sono mai uscita da questo villaggio e quindi per me il mondo finisce qui. Ieri sera, ho pensato ad una cosa strana mentre guardavo il cielo.»

«Cosa?» chiese Will, curioso di sapere la risposta di Charlotte e sempre più meravigliato dalla sua maturità psicologica.

«Il cielo di notte è pieno di stelle, invece di giorno c’è solo il Sole. Ma se quei piccoli puntini fossero i pianeti descritti nel libro o se comunque il mondo non si fermasse qui?»

«Il mondo non si ferma qui. Sulle stelle non si può andare, ma oltre alla Terra ci sono tantissimi altri pianeti. Se potessi ti porterei in giro per il mondo, è davvero un’ingiustizia che una sognatrice come te non possa godere della sua libertà. Ed è per questo che, sempre se vorrai, la prossima settimana partirai.»

«Partire? E per dove?» domandò Charlotte balzando giù dallo sgabello.

«Per un posto molto lontano da qui. Dovrai prendere la nave e viaggiare qualche giorno prima di raggiungere la meta».

«Ma tu non puoi muoverti, Will. La tua schiena è praticamente bloccata»

«Sarà mio figlio che verrà con te. Avrei voluto fartelo incontrare pochi minuti fa, ma credo tarderà di qualche ora.» Will si chiese se stesse facendo la cosa giusta. Charlotte era diventata una tra le persone più importanti per lui e non voleva perderla rischiando di condurla sulla strada sbagliata.

«Non sapevo che Mark ha deciso di venirti a trovare. Will, mi spiace, anche se vorrei tanto esplorare il mondo, il mio posto è qui, con mia madre e i miei fratelli»

«Sarebbe solo per qualche mese. In ogni caso non voglio forzare le cose». Will pensò a quanto fosse amaro il sapore di un segreto. Continuava a sfiorare la verità ad ogni parola che aggiungeva. Perciò decise di sospendere momentaneamente quel discorso e recuperò il liuto da sopra il tavolo. Il vecchio iniziò a suonare lo strumento e la bambina lo accompagnò con la sua magica voce.

3

Charlotte e Will stavano l’una cantando e l’altro suonando da quasi mezz’ora. Ormai perdevano il conto delle ore che trascorrevano in questo modo. Il talento di Charlotte era un dono unico, una voce così non si sentiva dai tempi di Catherine, la madre di Will. Il vecchio aveva trascorso tutta l’infanzia trasportato dal suono melodioso del canto della madre. Si ricordava perfettamente la passione e la naturalezza che la caratterizzava e ora la vedeva rinascere in quella bambina, più vicina a lui di quanto chiunque al paese potesse immaginare. A quel pensiero, Will sentì infliggersi un colpo al petto e trasalì portando nella sua distrazione momentanea una nota stonata. Charlotte, come una luce che si fa guidare nella giusta direzione, si fermò anche lei.

«Will, ti senti bene?» chiese la bambina preoccupata. Will non stava affatto bene. Aveva iniziato a tossire e faceva fatica a respirare. Così Charlotte, senza aspettarsi una risposta, si affrettò a riempire un bicchiere d’acqua e lo portò subito al vecchio. Aspettò che il suo respiro tornasse regolare e che lui si tranquillizzasse e poi parlò: «Dovresti farti visitare. Non è la prima volta che ti succede e io non sono sempre qui. Tu vivi da solo, hai bisogno di cure e protezione.»

«Non ho bisogno proprio di niente. Se sono malato e devo morire, va bene così. Ormai non ho più nulla per cui continuare a lottare. Non ho mai tollerato i medici che vogliono sempre somministrarti farmaci. Piccola, non ce l’ho con te, devi solo cercare di preoccuparti di meno. In fondo mi è venuta solo un po’ di tosse. Mi spiace però di aver interrotto il tuo dolce canto. Se vuoi possiamo riprendere.»

«No, sono stanca e ho ormai la gola secca. Preferisco che ti riposi. Se mi fai accedere ai tuoi fornelli ti preparo un tè con una fetta di torta alle arance che ti ho portato ieri»

«Grazie tesoro, sei così gentile. Guarda, accetto con piacere anche perché non ho toccato cibo questa mattina»

Charlotte si aiutò con lo sgabello per raggiungere lo sportello della credenza troppo in alto per lei. Una volta trovato lo zucchero e la bustina di tè, poggiò prima uno e poi l’altro piede sul pavimento e, mentre scendeva, con il gomito sinistro fece cadere una piccola fotografia. Prima ancora che Will se ne accorgesse, Charlotte aveva già riconosciuto la donna nella foto. Era sua madre. Un uomo al suo fianco le cingeva la vita. La mamma e lui sembravano, Charlotte faceva fatica a trovare le parole nella sua mente, ma quel che ne dedusse era che quell’uomo amava la mamma e anche la mamma provava interesse per lui. Ma chi era? «Will, chi è l’uomo di questa foto? La mamma non ha amici maschi»

«Sei sicura di volerlo sapere?» chiese ormai rassegnato il vecchio.

«Sì, lo voglio sapere!»

«Guarda meglio…gli occhi, la forma del viso, gli zigomi…Non trovi che ogni suo tratto combaci perfettamente con uno dei tuoi due fratelli? E con te naturalmente. Non avrei mai voluto fartelo sapere in questo modo, anzi non avrei mai voluto doverti mentire per così tanto tempo. Quell’uomo…»

«È mio padre?» chiese ormai certa Charlotte.

«Sì» e proprio in quel momento un uomo varcò la porta d’ingresso e si trovò inaspettatamente davanti ad una figura esile che lo fissava. Il cuore di Charlotte iniziò prima a battere forte, poi il suo cervello le rimandò alla mente ricordi confusi, finché iniziò a tremare per lo shock e la paura. Davanti a lei sostava l’altra metà da cui era stata generata, che per anni aveva abbandonato la mamma, James, Noah e soprattutto lei, Charlotte, la sua bambina. Le lacrime presero il sopravvento, il corpicino di Charlotte non si reggeva più in piedi. Così, annebbiata dalle parole di sottofondo del vecchio e di quell’uomo, scappò da lì.

Iniziò così una fuga dalla verità. Charlotte non se la sentiva di tornare a casa. È vero, avrebbe voluto riempire di domande la mamma e i fratelli che probabilmente, essendo più grandi di lei, si ricordavano bene del padre. Ma no, Charlotte voleva solo rimanere sola. Raggiunse un prato isolato, dove i primi fiori primaverili iniziavano a sbocciare, e si buttò sull’erba ancora bagnata. Distesa come un angelo con lo sguardo rivolto verso il cielo, cercò di scaricare la tensione accumulata negli ultimi minuti. Poi chiuse gli occhi e, invece del buio dei suoi pensieri, le tornò alla mente l’immagine del quadro, quello che per anni la mamma si ostinava a fissare. Era un ritratto di papà. Quanto le provocava dolore e gioia insieme quella parola. Un attimo dopo la bambina percepì delle voci che si avvicinavano sempre di più a lei.

Quello era solo l’inizio di una serie di verità e scoperte inattese.

4

La bambina fu trovata sdraiata sul prato e portata subito a casa per farla riposare. Charlotte non oppose resistenza quando sentì suo padre prenderla in braccio e nemmeno quando percepì i suoi occhi fissarla intensamente. In quei pochi istanti che seguirono la “grande rivelazione”, Charlotte non voleva pensare. Si lasciò trasportare e si abbandonò a quello che per la prima volta sembrava affettò paterno.

Così Mark adagiò la figlia sul suo letto e, rischiando un’eventuale reazione di respinta, le diede un bacio sulla fronte. Charlotte però, ancora una volta, gli permise di compiere quel gesto spontaneo. Dal momento che finalmente si trovava sola e nel suo comodo e familiare letto si addormentò.

«Mark» Helena scandì accuratamente quel nome dopo ben dieci anni.

«Tesoro, sei bellissima» marito e moglie accolsero con il più sincero e fedele amore l’altro tra le braccia. Le prime lacrime cominciarono a rigare il volto di Helena, poi Mark le poggiò delicatamente le mani sul viso, la guardò notando che era piuttosto dimagrita dall’ultima volta, ma sempre e comunque stupenda ai suoi occhi. Si era innamorato di lei diciassette anni prima e ora provava nuovamente quell’attrazione verso di lei. Si chiese come non era morto tutto quel tempo trascorso senza la sua Helena. «Non avrei mai voluto lasciarti sola con i bambini, soprattutto perché ti eri appena ammalata. Ho pregato ogni giorno per te e per la nostra famiglia, il mio primo e ultimo pensiero della giornata andava a te e mai, dico mai, ho perso la speranza perché avevo qualcuno per cui lottare. Ora sono qui e non ti lascerò più» Le labbra di Mark cercarono quelle della moglie, il loro bacio non avrebbe voluto mai finire. I due non sapevano che di lì a poco qualcosa li avrebbe di nuovo separati e questa volta per sempre.

Intanto arrivarono Noah e James che, alla vista del padre, credettero di essere tornati indietro nel tempo. Noah corse subito ad abbracciarlo, interrompendo il contatto tra moglie e marito, mentre James si limitò a fare un cenno di saluto con la testa. A suo tempo non aveva accettato la partenza del padre. La considerava come un tradimento nei confronti dei figli e della moglie. Sua madre non meritava di rimanere sola e loro di cominciare a lavorare duramente fin dalla tenera età. Nonostante la rabbia e il disprezzo, anche James gli voleva bene ed era felice che fosse tornato.

I genitori concordarono di far riposare la bambina e aspettare che fosse lei a decidere di uscire. All’interno della sua stanza Charlotte non piangeva perché non aveva nessun motivo per farlo, dato che il padre era uno sconosciuto. Anche se le lacrime non avevano trovato il loro spazio, qualcos’altro si impossessò della piccola e questa nuova sensazione la spaventò. Sentiva che la sua vita sarebbe stata sconvolta di lì a poco e che presto avrebbe dovuto dire addio alle cose a lei più care. Non sapeva dire da dove le arrivavano quei pensieri, di solito cercava di scacciare via dalla sua mente ogni sorta di negatività. Ma quella volta era diverso, perché sentiva il destino in persona bussare alla porta.

Per due giorni Charlotte non parlò. Il padre dopo due tentativi di avvicinamento, decise di lasciarle il tempo per assimilare tutto quanto. In realtà Charlotte non proferiva parola nemmeno con la madre e i fratelli. Non ce l’aveva con nessuno, anzi si sentiva lei stessa in colpa per la situazione. Più volte aveva pensato che il dramma della famiglia e la partenza di Mark - ancora faticava a vederlo come papà - fossero derivati dalla sua nascita. Il suo mutismo non era quindi dovuto alla rabbia, ma alla paura di dover affrontare quella nuova situazione. E poi ogni parola trattenuta si portava via l’altra e così sarebbe andata avanti per sempre.

Tre giorni dopo l’arrivo del padre, Charlotte parlò. In realtà non furono parole per pronunciare una frase, ma la piccola aprì la sua tenera bocca per intonare un delicato canto. Mark era un musicista e Charlotte aveva una debolezza: appena percepiva della musica non riusciva a resistere, iniziava a muoversi per la stanza e a canticchiare con una voce che difficilmente qualcuno avrebbe potuto dimenticare. Helena rimase stupita dal potere che la musica aveva su di lei e fu in quel momento che capì che la musica stessa doveva diventare l’arma prediletta di Charlotte.

«Papà, scusa se per due giorni non ho voluto parlarti. Sei molto bravo a suonare, proprio come Will»

«Lo so, è stato proprio Will, tuo nonno, a insegnarmelo. Prima che io nascessi era un grande musicista.»

«E ora lo sei diventato tu? È per questo che sei andato via, che ci hai lasciati qui da soli per tutti questi anni?»

«Sì, ho girato il mondo con il mio strumento, ma non ho mai smesso di pensare voi e ad immaginarmi come cresceva la mia piccola Charlotte. Capisco se sei arrabbiata con me e capisco anche se lo siete voi due» disse Mark guardando i due figli maggiori.

«No papà, non sono arrabbiata, perché hai deciso di tornare e di restare con noi per sempre!»

«Già…» Mark, mentre veniva abbracciato da Charlotte, guardò Helena negli occhi nella speranza che la sua presenza lo potesse confortare.

5

Una settimana dopo Charlotte fu costretta a preparare le valigie e a partire con il padre. I genitori avevano ragionato a lungo sul da farsi. La sera, quando i figli già dormivano, cercavano di capire quale futuro fosse migliore per la figlia. Erano certi che, rimanendo al villaggio, Charlotte sarebbe restata un fiore senza la possibilità di sbocciare. Se fosse partita, però, avrebbe dovuto rivoluzionare la sua vita e conoscere una realtà profondamente diversa da quella in cui aveva vissuto fino ad allora. In quelle notti Helena e Mark ne approfittarono per recuperare il tempo perduto. Erano entrambi un turbine di amore e passione, di tenerezza e compassione, di paura e impotenza di fronte al tempo e alla sorte. Inoltre, durante gli ultimi giorni, le condizioni di Helena erano tremendamente peggiorate. Era stata visitata dal medico del villaggio che, tristemente, aveva annunciato che era appena passata allo stadio avanzato della sua malattia. Helena in cuor suo sapeva che le rimanevano poche settimane, al massimo qualche mese, di vita. Ma cercava di non pensarci e di non trasmettere la sua angoscia al marito e ai figli.

Una sera, quella prima della partenza di Charlotte e Mark, Helena si disse che forse, a quel punto, la morte sarebbe stata una ricompensa. Non avrebbe potuto sopportare l’idea di non rivedere per molti anni di nuovo il marito, ma soprattutto la sua bambina. James e Noah erano sempre via per lavorare e lei sarebbe rimasta eternamente sola nella sua stanza, con una malattia con cui non era mai stata in grado di combattere. Ultimamente si sentiva più leggera, quasi come se si stesse preparando per raggiungere gli angeli in cielo.

La mattina seguente, quando ancora Mark dormiva, Helena prese un foglio di carta e iniziò a scrivere. Charlotte avrebbe letto il suo messaggio di addio solo molti anni dopo.

I due fratelli quella mattina rinunciarono al lavoro e organizzarono una piccola festicciola per la sorellina. James le regalò un cavallo a dondolo di legno in miniatura, mentre Noah un piccolo fischietto dal suono particolare. Charlotte non aveva ancora ben realizzato ciò che stava per succedere, non sapeva dove sarebbe andata e nemmeno per quanto tempo non avrebbe visto la mamma. Anche lei sentiva che le ore della madre sulla Terra diminuivano ad ogni lancetta di orologio, così nella mente fece una preghiera per lei. Poi entrò nella sua camera e le lasciò un regalo nel cassetto del suo comodino.

Quel giorno anche Will scese a valle per salutare suo figlio e la sua nipotina e anche lui aveva un regalo per lei. Si trattava di un altro libro dal titolo Cento pagine bianche. Infatti, appena Charlotte iniziò a sfogliarlo per curiosità, notò che le pagine erano effettivamente tutte bianche.

«Voglio che mi fai una promessa Charlotte. A partire da quando vorrai, inizierai a scrivere una nuova storia, la tua storia, così da catturare per sempre il tuo sogno che diventa realtà. So che adesso sei triste, ma le persone che incontriamo lungo il nostro cammino sono tante e a volte ci tocca abbandonarle, anche se significano molto per noi. Capito?»

«Sì nonno, ho capito»

Spero solo di tornare quando avrò trovato la cura per la mamma e che quel giorno lei sia ancora qui ad aspettarmi, pensò Charlotte un attimo dopo.

***

Dopo un’infinità di strette e abbracci, padre e figlia salirono su un carretto che li avrebbe portati alla stazione. Charlotte guardò la sua casa rimpicciolirsi ad ogni passo e osservò quelle sagome finché poté per non scordarsi mai più il loro aspetto. Infine, quando li vide rientrare in casa, consegnò al vento un bacio nella speranza che avrebbe accarezzato i vetri delle loro finestre.

Poi si girò e guardò nella direzione opposta. Charlotte si disse che era pronta per iniziare la sua nuova vita.

6

Parigi, otto anni dopo…

«Papà, ho deciso di non accettare il contratto. Sono otto anni che continuiamo a spostarci secondo le volontà di altri. A me piace esibirmi con te. Cantare è la cosa che mi rende più felice al mondo, ma in questo modo no. Non voglio più dipendere da altre persone, assecondare le loro richieste e risparmiare continuamente la mia libera creatività. Preferisco piuttosto vivere in miseria, che sentirmi manipolata a bacchetta ogni singolo giorno.»

«Charlotte, ascoltami. Capisco pienamente quello che dici e lo condivido, ma vedi, le cose non sono così semplici. Senza quelle persone che come dici tu ti manipolano, noi non andremmo da nessuna parte. Il nostro futuro non avrebbe colore. Non so se mi spiego.»

«No, papà. Se uno ci mette il cuore in quello che fa, anche partendo dal gradino più basso, può un giorno arrivare alla vetta. Io credo che sia meglio finirla qui. Il canto è la mia passione, ma ne ho tante altre e poi mi piacerebbe andare a scuola o quantomeno ricevere un’istruzione.»

«Ma tu sai già leggere e scrivere e sei molto intelligente. Perché sprecare altro tempo con lo studio se il tuo futuro potrebbe essere già segnato positivamente da questa offerta. Pensaci bene, potrebbe essere la nostra occasione.»

«Non è tempo sprecato quello dedicato allo studio. Io non voglio passare il resto della mia vita in questo modo. Voglio fare altro, voglio avere degli amici e voglio anche ricostruire la nostra famiglia.»

«Non ti basta quello che già abbiamo, figlia mia? Per avere le cose che hai appena elencato, ovvero gli amici e la famiglia, devi rinunciare alla tua carriera come cantante»

«Infatti ho deciso di rinunciare. Mi dispiace papà, io torno a casa»

Charlotte abbandonò il locale dove lei e il padre avevano pranzato e si diresse verso il bilocale che padre e figlia condividevano da otto anni. Non era una casa molto spaziosa, ma Charlotte era riuscita a renderla un posto carino, nel quale lei poteva continuare a sognare. Nel poco tempo libero che aveva a disposizione, quando non doveva esibirsi o presentarsi a nuovi imprenditori, Charlotte ripensava alla vita precedente, la sognava di notte. Inoltre, la sua fantasia la portava ad inventare nuove storie, che trascriveva in dei quaderni, leggeva libri di ogni genere e teneva un diario, cosa che non aveva mai smesso di fare da quando suo nonno Will le aveva regalato il primo il giorno della sua partenza.

Quando Charlotte chiedeva al padre come stessero la mamma, il nonno e i fratelli, lui rispondeva sempre in modo sbrigativo che, nell’ultima lettera che aveva ricevuto, lo informavano che stavano tutti bene. Charlotte, però, non aveva mai visto traccia di una di quelle lettere e il suo sospetto era che quel che diceva Mark fosse pura invenzione. Più volte era scoppiata in lacrime temendo che alla sua famiglia fosse capitato qualcosa di tremendo. Era assai possibile che la madre, già molto ammalata quando era partita, fosse ulteriormente peggiorata o addirittura morta. Lo stesso valeva per suo nonno. E i suoi fratelli, James e Noah, sarebbero riusciti a portare avanti il lavoro senza più alcun supporto? Questi brutti pensieri assillavano spesso la testa di Charlotte, ma in tutti quegli anni la povera ragazza non aveva mai trovato il modo di mettersi in contatto con loro. Così cercava di fidarsi delle rassicurazioni del padre.

Dopo essersi fatta una doccia calda ed essersi preparata una tazza di tè fumante, Charlotte prese carta e penna e schiarì i suoi pensieri. Dopo qualche minuto c’era già traccia di un testo di una nuova canzone. Il suo era un dono, più persone glielo avevano detto, ma nessuno le aveva mai consentito di portare un suo pezzo ad una esibizione. Aveva, invece, sempre dovuto cantare i pezzi che le venivano assegnati dai suoi agenti o cover di altri artisti.

Dopo aver riflettuto qualche istante, Charlotte decise che quel weekend si sarebbe presa una pausa. Nell’ultimo periodo era riuscita a mettere da parte abbastanza denaro per pagarsi un viaggio. Non voleva andare molto lontano e nemmeno spendere troppo. Desiderava solo staccare per un secondo la spina e allontanarsi dalla caotica città per riassaporare dopo molto tempo l’aria di montagna e perdersi nell’incanto della natura.

Parigi le piaceva, anzi l’aveva adorata fin dal primo momento in cui aveva messo piede in quella città. Per Charlotte era stata una gioia enorme uscire per la prima volta dal guscio di casa sua e scoprire quanto il mondo in realtà fosse grande e quanto aveva da offrirle. Oltre a Parigi era stata per qualche mese a Londra, a Madrid, a Milano, aveva girato insomma le città più importanti d’Europa. Eppure, continuava a mancarle la sua casa natale, si sentiva come un animale fuori dal suo habitat naturale.

Intonando i versi di Lady Gaga, Charlotte recuperò alcune cose dalla sua stanza e iniziò a preparare la valigia. Per un attimo si spaventò, dato che non riusciva a trovare il suo documento di identità. Poi, però si ricordò che lo aveva dato a suo padre qualche giorno prima. Così lo cercò rovistando tra le sue cose, finché lo trovò. Non fu l’unica cosa che Charlotte vide. Infatti, proprio accanto alla usa carta di identità, vide una busta chiusa con su scritto Per Charlotte. Era la calligrafia di sua madre. Con qualche lacrima che aveva già iniziato a scenderle sul volto, Charlotte aprì la busta e si ritrovò tra le mani la lettera che sua madre le aveva scritto otto anni prima. Dopo essersi seduta sulla poltrona a pochi passi da lei, iniziò a leggere.

Mia Charlotte,

Spero che il viaggio per Parigi stia procedendo bene. Prima di ogni altra cosa, voglio che tu sappia che io non ti ho abbandonato. La scelta di farti partire con tuo padre è stata più dovuta che voluta. Sono sicura che da domani si apriranno le porte di un grande regno per te, vedrai il mondo per la prima volta e niente e nessuno potrà più impedirti di sognare. Sarà difficile vivere senza una figura materna. Ma la verità è che, in questi anni, sei stata tu più mamma di me. Per curare la mia malattia, hai sacrificato la tua infanzia e sei cresciuta con leggero anticipo. Sei una bambina forte, coraggiosa e sorprendentemente speciale. Non riesco ad essere triste o delusa. Il solo averti generato, l’aver dato vita ad una creaturina così talentuosa e buona come te, mi rende orgogliosa. Tu sai che sono malata, sì che lo sai bene! Ebbene, qualche giorno fa il medico mi ha visitata e mi ha fatto capire tristemente che mi mancano pochi giorni di vita. Piccola, tu ci hai provato a salvarmi, hai fatto tutto il possibile. A volte la natura e la volontà divina devono accorciare il filo della nostra vita. Non so se per errore o per pura volontà, ma la decisione non va contestata, né tanto meno rimproverata. Se il signore mi ha chiamata a sé così presto, è perché la mia presenza in Cielo è più importante rispetto a quella qui, sulla Terra. Mi rimprovero di non averti dato l’ultimo abbraccio come meritavamo, mi rammarico di non poterti mai più rivedere, ma spero e anzi ne sono certa, che quando la luce si spegnerà per me, per te invece un grande sole inizierà a splendere.

C’è una cosa che ti ho sempre tenuta nascosta, che ho cercato di tacere. Quando sarai maturata abbastanza dal punto di vista artistico (devi decidere tu quando questo momento sarà arrivato) informati su una donna, si chiama Lisa e porta il mio stesso cognome. Dovrebbe vivere ancora a Parigi, ma anche se non dovesse più risiedere lì, non sarà difficile trovarla. Quasi tutti, esclusa la fascia più giovane, la conoscono. Un tempo era un’artista a tutti gli effetti. Ballava, cantava e recitava. Credo che lei possa svelarti un segreto e che abbia qualcosa che ti appartiene.

Sii forte, non arrestare mai il passo, non voltarti mai indietro, ma continua sognante così come sei per la tua strada,

Un ultimo bacio,

La tua e per sempre mamma

7

Le gocce di pianto di Charlotte si erano delicatamente posate sulla carta tra le sue mani, andando via via a sfumare l’inchiostro sigillato da anni in quella busta nascosta. La ragazza non ebbe più il coraggio di sfiorare con gli occhi la prima parte della lettera, dove la madre le annunciava la sua imminente morte, ma rilesse ripetutamente la seconda, perché la stranezza di quelle parole, il fatto che la madre la indirizzasse verso quella Lisa, che volendo poteva essere sua nonna, sua zia o una sua lontana parente, non la faceva stare tranquilla e alimentava il suo desiderio di scoprire chi era quella donna e cosa poteva offrile.

La prima cosa che le venne in mente fu quella di cercare qualsiasi tipo di informazione su questa Lisa Durant. Si recò alla biblioteca poco distante dalla sua abitazione nella speranza che, frugando nei vecchi archivi, avrebbe trovato il nome che cercava. La ricerca di Charlotte fu però vana. Così pensò ad un altro modo per scoprire l’identità di Lisa. Alla fine giunse alla conclusione che, solo tornando al villaggio, avrebbe potuto raccogliere la prima traccia.

Charlotte, anche se non lo dava a vedere di fronte al padre, era distrutta e stava malissimo emotivamente. Non aveva ancora detto a Mark della lettera perché sapeva che il padre le aveva nascosto tutto per non farla soffrire. Allo stesso tempo però non riusciva a guardarlo negli occhi. In fondo, non le aveva nemmeno concesso di salutare per un’ultima volta la madre, di partecipare al suo funerale. E poi perché continuare a mentirle anche una volta che era diventata grande? Charlotte si rese conto che era stata più fuori dal mondo negli ultimi anni a Parigi che nei primi dieci della sua vita al villaggio. Almeno lì tutto era concreto, i giorni passavano ad un ritmo piacevole, non c’era fretta e niente era dato per scontato. Si viveva per amore e per sognare, ci si affidava agli altri e insieme si guardava la Luna in cielo di notte.

«Papà, ho deciso di tornare a casa. Parto domani mattina. Prenderò il primo treno per il villaggio. Ho bisogno di riflettere e di ricordarmi chi sono»

«Avevo capito che volevi interrompere momentaneamente la tua carriera di cantante, ma non che volevi tornare a casa tua. Ormai quel villaggio non ha più nulla da offrirti. Io, ecco, avrei dovuto dirti una cosa tanto tempo fa…»

«Lo so, la mamma è morta poco dopo la nostra partenza. Ho ritrovato proprio questa sera la sua lettera di addio. In realtà ancor prima di leggerla sapevo come stavano realmente le cose.»

«Mi dispiace Charlotte, non pensare mai che io abbia voluto sottrarti a tua madre. Diverse circostanze hanno fatto sì che noi due ci prendessimo cura di te in fasi diverse, prima tua madre e adesso io. Vedi, lei si è ammalata durante la gravidanza. I medici temevano persino che tu potessi nascere con qualche problema fisico o mentale. Per fortuna la natura ci ha risparmiato questa ulteriore sofferenza. So che non ha importanza il nome della malattia che aveva tua madre, ma uno dei tanti motivi per cui mi sono trasferito a Parigi diciotto anni fa era anche perché solo qui mi sarei potuto informare su un’eventuale cura. La medicina negli ultimi anni ha fatto molti progressi e da qualcosa per cui prima si moriva ora si può guarire.»

«Non credi che potresti tornare insieme a me? Anche solo per sapere come stanno James e Noah e il nonno e naturalmente andare a trovare la mamma al cimitero.»

«Magari in un altro momento sì, ma ora non me la sento e poi ho troppi affari da sbrigare. Tu vai se vuoi, è giusto che ti riposi un po’. In fondo il lavoro di cantante è roba da toglierti il fiato e prosciugati le energie, no?»

«Già, grazie papà. Ti voglio bene!» Charlotte stampò un bacio sulla guancia del padre e poi si ritirò in camera sua per riposare.

***

Il giorno seguente Charlotte lasciò la sua abitazione molto presto. Il padre ancora dormiva, quando però la ragazza girò la chiave nella serratura, si svegliò e la andò a salutare ancora un po’ assonnato.

«Fai buon viaggio e fammi sapere quando arrivi» disse Mark a sua figlia.

«Certo. Ah papà, probabilmente dopo aver trascorso un po’ di tempo al villaggio non farò subito ritorno qui. Quindi ti chiedo per favore di non progettare nulla e di non firmare nessun contratto prima del mio rientro. Ok?»

«Va bene tesoro. Spero solo di non cadere in depressione con tutto questo tempo libero»

«Se ti senti solo, suona e io percependolo canterò con te anche se a distanza. Ora devo proprio andare. Ciao!» Charlotte salutò il padre con un abbraccio sbrigativo e scese le scale del palazzo per dirigersi alla stazione Gare Du Nord.

Dopo otto anni la sua vita si avviava a subire così un ulteriore e magnifico cambio di binario.

Per tutto il viaggio Charlotte non fece altro che pensare al modo in cui l’avrebbero accolta i suoi due fratelli. Forse la odiavano perché, nonostante fosse la più piccola, i suoi genitori avevano scelto lei o forse la odiavano perché, se non fosse mai nata, la mamma non si sarebbe mai ammalata e papà non sarebbe mai dovuto partire. Allo stesso tempo però era eccitata all’idea di rivedere James e Noah cresciuti con le loro rispettive mogli e, chissà, magari anche qualche figlio. Charlotte aveva sempre avuto un istinto materno e sarebbe stata felicissima di conoscere i suoi nipotini e prendersi cura di loro per quel breve periodo che avrebbe trascorso al villaggio.

Alla settima fermata Charlotte, con una valigia in una mano e la sua nuova chitarra dall’altra, scese dal treno e imboccò la via a destra. Anche se aveva percorso quella strada solo una volta nella vita, ovvero il giorno in cui era partita, la ragazza si ricordava perfettamente il tragitto e decise così di percorrerlo a piedi. Assaporare l’aria fresca di montagna fu come ricevere una bombola di ossigeno tutta in una volta. Mentre percorreva il sentiero, si concentrò dopo tanto tempo ad ascoltare il magico silenzio della natura: il cinguettio degli uccelli, il rumore dell’acqua che scendeva a cascata dalla fonte principale del paese, il fruscio del vento che muoveva le foglie e le presenze silenziose degli abitanti nelle loro abitazioni con il profumo dei primi dolci del mattino.

Poco prima di arrivare, Charlotte incrociò un bambino che poteva avere sì e no cinque anni. Christophe guardò quella bellissima ragazza che stava percorrendo la direzione opposta alla sua e decise di fermarla. Non l’aveva mai vista al villaggio e non aveva certamente l’aria di una contadinella come la mamma e le altre giovani del paese, ma sembrava una vera ragazza di città, come le signore parigine dei giornali.

Charlotte, vedendo che quel bambino continuava a fissarla, decise anche lei dei fermarsi. Fu proprio lei la prima a parlare.

«Ciao, come ti chiami?»

«Christophe» rispose il bambino.

«Stavi facendo una passeggiata?»

«No, stavo raggiungendo mio padre nei campi per dargli una mano a portare a casa il raccolto»

«Come sei bravo. Io invece sto andando a casa da i miei fratelli che non vedo da molto tempo»

«Sei una ragazza di città vero? Lo noto da come sei vestita. La mamma non si può permettere quello che tu indossi»

«Sì, ma una volta ero anch’io una contadinella e poi la vita in città non è poi così bella. Parigi è caotica, si corre sempre e ci sono poche aree incontaminate»

«Io vorrei andarci però. Ti va di farmi compagnia finché non raggiungo mio padre? Sembri molto simpatica.»

«Scusa, vorrei tanto, ma, come puoi vedere, ho troppe cose in mano e non vedo l’ora di liberarmene. Più tardi però se vuoi puoi venirmi a trovare e ti racconto tutto quello che c’è da sapere su Parigi. Va bene?»

«Ok, allora ci vediamo dopo. Come ti chiami?»

«Charlotte»

«Hai lo stesso nome di mia zia, solo che non l’ho mai conosciuta perché anche lei vive in città. Ciao Charlotte» così Christophe continuò correndo per la sua strada.

Charlotte invece rimase per un attimo pietrificata, chiedendosi se fosse solo una coincidenza o se quel bambino fosse figlio di James o di Noah. Con l’umore che continuava a migliorare di minuto in minuto Charlotte continuò il cammino verso casa sua.

8

Charlotte raggiunse la sua vecchia abitazione. Non era cambiato nulla, la casa era identica a come la ricordava. Prima di entrare, controllò se per caso tenevano ancora la chiave sotto la cesta. Non trovandola, si decise a bussare. Una giovane donna, qualche anno più grande di lei, apparve sull’uscio. Senza avere nemmeno il tempo di pensare a chi potesse essere, la donna la accolse: «Ciao, tu devi essere Charlotte, la sorella di James. Sei identica a tua madre. Scusa, è che ho fatto appena in tempo a conoscerla. Comunque accomodati.»

Charlotte, nonostante fosse certa della scomparsa della madre, quando la ragazza glielo ricordò, sentì venirle un nodo allo stomaco. «Grazie, sei molto gentile. Non ho avuto il tempo di avvisare nessuno, spero di non essere di disturbo. Immagino che tu sia…»

«La moglie di James, sì. Linda, piacere. Ci siamo sposati sei anni fa. »

«Sono felice per voi. Immagino cosa pensiate tutti voi di me. Lo comprendo, sai. Otto anni fa sono sparita con mio padre credendo di poter girare il mondo e vivere quella vita che avevo fino ad allora solo potuto sognare. Io sono nata in un paesino di montagna. Non ho nulla a che vedere con lo stile di vita della città.»

«Credo che tu abbia fatto la scelta giusta. Forse non ci siamo incrociate per poco. Io ho conosciuto James qualche mese prima della morte di Elena. È stato un periodo duro sia per lui che per Noah. Per un po’ Noah non ha voluto toccare cibo e James, beh lui ha deciso di costruire la sua famiglia per cercare di sotterrare il dolore della perdita.»

Charlotte non la stava più ascoltando. Un fiume di lacrime le rigava ormai tutto il volto. Non aveva ancora potuto piangere la madre. Ma adesso che si trovava nel luogo della sua infanzia, che sentiva la storia di Linda e il rimorso di non averle dato un ultimo saluto quando ancora poteva, nulla ostacolava più i suoi sentimenti. Finalmente, dopo molti anni, riapriva di nuovo il lucchetto del suo cuore al mondo intero.

Linda, sentendosi in colpa per aver detto qualcosa di sbagliato, si preoccupò subito di consolare Charlotte e la fece accomodare sulla sedia del piccolo soggiorno.

La stanza era arredata con mobili in larice e le pareti risplendevano dei quadri di Helena. Ogni singolo mobile era perfettamente levigato e allo stesso modo le cornici dei quadri. Un piccolo tavolo, sempre in larice, era collocato al centro della stanza. La luce solare penetrava dalla finestra di fianco alla poltrona. Per tanti anni Charlotte e i suoi fratelli si erano divertiti a fare scherzi e a spaventarsi l’un l’altro comparendo inaspettatamente da quella finestra quando o lei era immersa nella lettura di un libro o quando James e Noah giocavano con il nuovo modellino di aeroplano. Ma la cosa che sorprese di più Charlotte fu la vista del quadro della camera da letto della madre, quello che per anni lei aveva fissato giorno e notte senza dare alla figlia alcuna spiegazione. Lo conosceva perfettamente tanto che, se fosse stata brava a dipingere, lo avrebbe potuto riprodurre ad occhi chiusi. La cosa strana fu che solo dopo un po’ Charlotte se ne rese conto. È come se il quadro avesse deciso di nascondersi ai suoi occhi per un po’ o come se la madre avesse voluto accoglierla senza farla immergere subito nei ricordi del passato. James aveva recuperato tutti i dipinti della madre e ne aveva appesi alcuni alle pareti di casa sua, altri, per questione di spazio, li conservò nel magazzino.

«Posso offrirti qualcosa Charlotte? Ho preparato dei biscotti al miele per Chris, mio figlio. Aspetta che vado a preparare un piccolo vassoio.»

«Grazie mille! In effetti non ho avuto modo di toccare cibo stamattina e il viaggio mi ha messo un certo appetito.»

«Arrivo subito» Linda andò in cucina e per qualche minuto lasciò Charlotte da sola in quella stanza a contemplare nuovamente quel posto che per dieci anni era stato casa sua. In qualunque angolo della stanza Charlotte posasse gli occhi, rivedeva scene di famiglia e questo le strappò un fugace sorriso.

9

Mentre Linda stava tornando dalla cucina con un piccolo vassoio di biscotti in mano, qualcuno bussò alla porta. Linda fece segno a Charlotte di andare ad aprire dato che lei aveva le mani impegnate. Sull’uscio si presentò una figura familiare, piccola e sorridente. Christophe era suo nipote e probabilmente tutti lo chiamavano Chris.

«Ciao Charlotte, come mai sei qui? Sei un’amica della mamma?»

«Vi conoscete?» chiese Linda stupita.

«Ho incontrato Chris mentre venivo qui che andava nella direzione opposta» disse Charlotte rivolgendosi alla cognata.

«Da papà nei campi. Solo che mi ha detto che sono ancora troppo piccolo per dargli una mano, che preferisce che badi alla mamma» aggiunse Chris.

«Ha ragione papà. Che ne dici di aiutarmi a preparare il pranzo? Vuoi?»

«Sì» disse Chris «ma solo se ci aiuta anche Charlotte»

«Per te va bene?» chiese Linda rivolgendosi a lei.

«Ovvio, sempre se non creo disturbo. Mi piace cucinare»

«Evviva!» urlò Chris, poi si avvicinò a Charlotte e la strinse in un tenero abbraccio. «Rimani qui fino a stasera?»

«Se non ha altri programmi potrebbe rimanere qui anche questa notte. Nella tua cameretta, Chris, c’è un letto vuoto per quando arriverà il fratellino, giusto?»

«Non voglio essere di disturbo. Siete già in tre. Pensavo di fermarmi qualche giorno visto che non metto piede su questa terra da otto anni, ma…»

«Niente ma, Charlotte! Tu dormi da noi. Un po’ di compagnia femminile mi fa piacere e poi non vorrai dispiacere il piccolo Chris. Sembra proprio adorarti»

Chris, che in quel momento si trovava vicino a sua zia, la strinse nuovamente in un abbraccio. Allora Charlotte, sentendosi improvvisamente attivata il suo istinto materno, lo prese in braccio e gli stampò sulla guancia un dolce bacio.

«Ti voglio già tanto bene, Chris. Io sono tua zia Charlotte, la sorella minore di papà»

Dopo aver preparato tutti e tre insieme il pranzo, Charlotte e Chris apparecchiarono la tavola e Linda stese il bucato sullo stendino appeso alla finestra, in attesa che il marito tornasse.

Al sentire bussare alla porta, madre e figlio concordarono con un gioco di sguardi che toccasse a Charlotte presentarsi a suo fratello. Volevano vedere la faccia di James in preda allo stupore.

Così Charlotte tentò, un secondo prima di aprire, di ricordarsi i lineamenti del volto del fratello, poi aprì la porta. Non riuscì a trattenere le lacrime e lo abbracciò con una stretta così forte che contagiò anche lui. Per James fu più difficile riconoscerla, dato che l’ultima volta lei era una bambina. Ma gli occhi, quelli sì, li ricordava proprio bene.

«Dai venite, il piatto si fa freddo. Comunque papà, la zia vuole più bene a me e poi è bravissima. Hai visto cosa ha portato. Una chitarra…»

Chris in preda alla gioia aveva detto parole su parole. Sia Linda che James erano contenti che il figlio parlasse tanto. A tre anni ancora non riusciva a scandire bene le sillabe e molte volte si bloccava. Per fortuna era stata solo una questione di tempo, perché ora, a cinque anni, il loro bambino era come tutti gli altri, anzi, più sveglio e forte!

A tavola, Charlotte raccontò il motivo per cui era tornata. Parlò di Lisa a James, ma il fratello non sapeva nemmeno chi fosse o forse fece finta di non saperlo. Charlotte si chiese il perché. Però le suggerì di controllare nelle vecchie cose della mamma, che erano rimaste per tutti questi anni nello scatolone sotto il letto della sua camera.

«Era proprio buona questa pasta, amore. E poi con il formaggio fresco di capra che ti porto io, è il condimento perfetto» disse James dopo aver svuotato il piatto.

«È vero, Linda. Sei una bravissima cuoca» aggiunse Charlotte.

«Che sono tutti questi complimenti? Fate come mio figlio. Mangia e sorride senza dir nulla e mi riempie di profonda soddisfazione» rispose Linda, strappando a tutti una dolce risata. Poi si rivolse esclusivamente a Charlotte: «Com’è Parigi? Intendo, la vita di città, la Torre Eiffel, il Louvre, la Senna?»

«Tutto stupendo, tranne la prima cosa. La vita di città può sembrare entusiasmante ad un turista, ma io, già dopo un mese trascorso in mezzo al traffico di gente, ai ritmi rigidi e ai mille appuntamenti giornalieri, volevo tornare a casa. Poi non l’ho fatto un po’ per nostro padre, un po’ perché sapevo che solo lì avrei potuto realizzare il mio sogno, ovvero la musica.»

«Charlotte ha una voce angelica. Quando era bambina e viveva ancora qui la chiamavamo tutti, angelo di stella o qualcosa del genere. La sua voce riusciva a risvegliare anche i fiori secchi»

«Mio fratello è troppo gentile»

Proprio in quel momento arrivò Noah che trovandosi di fronte la sorella inaspettatamente, corse incredulo ad abbracciarla. «Lilly, che ci fai qui?»

«Lo stavo spiegando proprio ora. Sono tornata perché l’ha voluto la mamma, o meglio, la mamma mi ha lasciato questa lettera» e mentre lo diceva, Charlotte tirò fuori dalla tasca la lettera un po’ stropicciata della madre. Poi continuò «Qui c’è scritto che una certa nostra parente, molto vicina alla mamma, custodisce un segreto per me o qualcosa del genere. Dice che devo cercarla. Così, ho deciso di tornare a casa per vedere se effettivamente tra le vecchie cose della mamma trovo qualche indizio in più»

«Come hai detto che si chiama?» chiese Noah.

Charlotte prima di rispondergli si rese conto di quanto il fratello fosse cresciuto. A differenza di James, che alla sua partenza era già sviluppato, Noah era ancora in fase di crescita. Doveva ammettere che aveva subito un grande cambiamento e ora doveva essere circondato da belle ragazze dato il suo aspetto davvero affascinante. «Si chiama Lisa Durant, questo nome ti dice qualcosa?»

«Durant era il cognome della mamma. Ma non so proprio chi fosse questa Lisa» affermò Noah.

«Beh, credo tocchi scoprirlo a te, Lilly» disse James alzandosi da tavola.

«Se mi chiamate Lilly sembra quasi che non sia passato un solo istante dall’ultima volta.» disse sorridendo Charlotte ai fratelli. «James, Noah…Io, voglio chiedervi scusa. Scusa per essere sparita e scusa per aver preso il posto da prescelta, nonostante fossi la più piccola»

James si impegnò subito a rispondere «Non hai nulla di cui scusarti. Il fatto è che sei l’unica che ha un vero talento. Ci sei mancata, quello è vero, ma noi non abbiamo mai smesso di credere in te. Pensa, quando raccontavo di te a Chris, gli dicevo che tu ci avresti resi tutti famosi un giorno e che avremmo girato il mondo su un aereo privato.»

«James ha ragione. Lui sa fare il falegname, gli è sempre piaciuto realizzare piccoli modellini di legno e ora prepara i giochi per i bambini della scuola.»

«Hanno aperto una scuola in paese tre anni fa, Linda insegna lì come maestra di Italiano»

«Mi è sempre piaciuto insegnare. Essendo la maggiore, quando erano piccoli, ho insegnato ai miei fratelli. Ho risparmiato ai miei genitori i costi di due rate per la scuola. Poi, quando sono morti in un incidente, allora lì ho avuto bisogno di un aiuto, che solo James mi ha saputo dare.»

«Che storia triste, mi dispiace tanto» disse Charlotte, sconvolta da quella notizia terribile.

«Ma ora è trascorso un po’ di tempo e io ho ritrovato la mia serenità.»

«Biscotti?» azzardò una vocina.

«Sì Chris, ma basta che non li mangi tutti.»

In quel momento Charlotte si ricordò una cosa, anzi una persona, che avrebbe voluto tanto sapere in che condizioni fosse. Aveva paura però di ricevere una brutta notizia circa il suo stato attuale. Si fece coraggio e domandò a Noah: «Come sta il nonno Will?»

«Non molto bene. Il nonno è gravemente malato e il medico gli ha garantito un paio di mesi di vita. Credo che tu sia arrivata giusto in tempo per vederlo un’ultima volta.»

«Vado a trovarlo, abita ancora lì, giusto?»

«Sì» rispose Noah.

«Va bene, grazie. Torno tra poco, salutami tu gli altri.»

«Lilly aspetta…» Noah aspettò che la sorella si voltasse «Il nonno non ha mai smesso di pensare a te. Suonava per te ogni singolo giorno.»

A quelle parole il cuore di Charlotte si riempì di una fortissima sensazione. Non vedeva l’ora di riabbracciarlo e cantare con lui.

10

Charlotte arrivò alla casupola di Will dopo aver percorso un migliaio di passi. Si chiese che aspetto avesse suo nonno, se fosse cambiato, e che cosa provasse, a distanza di anni, per la nipote. Quando si ritrovò finalmente sull’uscio, non esitò a bussare. Poi pensò che il nonno non sarebbe riuscito ad andare ad aprire, così provò ad entrare ed effettivamente la porta era aperta. L’atmosfera e gli arredi di quella casa non erano cambiati di un centesimo. Ogni spazio era proporzionato ugualmente a otto anni prima. Vide una chitarra poggiata vicino alla parete alla sua destra e due o tre ciotole impilate sul tavolo di legno al centro della stanza.

«Sei tornata!»

Una voce tetra, rauca, ma comunque dolce e affettuosa risuonò nella testa di Charlotte. Così, la giovane ragazza si voltò di scatto e si trovò davanti a sé un omino scheletrico, fragile, accomodato su una sedia a rotelle.

L’impulso istintivo di Charlotte la spinse ad abbracciare il nonno. L’abbraccio fu caldamente ricambiato e, a quel punto, Charlotte scoppiò a piangere. Per tutti quegli anni il nonno l’aveva aspettata. Aveva passato gli ultimi giorni della sua vita solo, senza un briciolo di compagnia. I sensi di colpa di Charlotte cominciarono a pugnalarla nel cuore e altri a bussare alle porte del suo cervello. Un improvviso mancamento la portò a sedersi sulla sedia più vicina che trovò.

Ancora avvolta dalle lacrime, la giovane guardò il nonno dritto negli occhi poi, dopo qualche istante, aprì bocca: «Nonno, ti voglio bene!» fu quello che riuscì a dire in tono sommesso.

«Dimmi un po’» disse Will «Come mai sei qui. Hai litigato con tuo padre? Fossi in te non me ne dispiacerei. Mio figlio ingenuamente commette sempre degli errori. Non si rende conto che ormai la sua famiglia è andata a pezzi, che quello che un tempo avrebbe dovuto fare è perduto.»

«Papà non è una persona cattiva, nonno. È semplicemente fatto così. Quando è partito alla mia nascita, mi ha spiegato che non avevano nemmeno i soldi per garantirmi un’istruzione o comprarmi dei giochi per Natale. Papà ha spedito di mese in mese i soldi alla mamma. Un minimo di buon cuore ce l’ha. E io gli voglio bene. Ho vissuto il primo periodo dopo il trasferimento a Parigi con rancore, ma poi ho capito che stavo male anch’io, così ho iniziato ad amarlo e ora lo amo come una figlia dovrebbe amare un padre»

«Charlotte, non sai come queste tue parole mi riempiano di gioia. Eri matura all’ora, adesso sei proprio una donna, sia dentro che fuori. Sei una ragazza stupenda che, nel cuore della sua primavera, sta sbocciando come un fiore. Ti paragonerei ad una rosa, anche se è troppo sofisticato. Se sei ancora fantasiosa e voli sempre nei cuori delle persone, allora il fiore ideale per te è l’orchidea»

«Grazie nonno, solo tu mi fai tutti questi complimenti. È vero, l’animo creativo e sognante mi è rimasto. Con papà abbiamo lavorato per diversi locali di Parigi, alcuni ci pagavo molto bene, altri, giusto il minimo per mostrarci la loro riconoscenza. Comunque, papà suonava la chitarra o il pianoforte, se lo trovava nel locale e io lo accompagnavo cantando. Sono migliorata molto, per un periodo ho seguito delle vere e proprie lezioni di canto. Parigi è una città stupenda. Man mano che il tempo passava, ho avuto modo di visitarla tutta, di scoprire tutti i più piccoli segreti di una città così immensa.»

«Ma dimmi un po’, come ci si sente a stare su un palco con un pubblico che ti fissa aspettando non altro che tu canti?» la voce di Will aveva iniziato a spegnersi e ogni tanto era costretto a interrompersi per uno o due colpi di tosse secca.

«È magnifico e lo è ancor di più quando inizi a cantare e senti il calore del pubblico, la magia dello spettacolo. E, sotto le luci al neon di una stanza piena di gente, prometti a te stessa che mai, per nessuna ragione, ti farei privare del tuo sogno più grande»

«Vieni, siediti. Non so per quale ragione, ma sei rimasta tutto il tempo in piedi»

«È che mi emoziona parlare della mia esperienza da cantante.»

«Ma se giri per strada la gente ti riconosce?»

«No nonno, non siamo arrivati ancora a quel punto e poi sarebbe terribile. Qualcuno sì, ogni tanto, ma solo perché frequentiamo lo stesso quartiere. C’è un ragazzo che da qualche estate si unisce a noi nei concerti o addirittura sostituisce papà quando è privo di forze o deve recarsi alla posta per spedire i soldi a James e Noah.»

«Come si chiama?»

«Chi, questo ragazzo?»

«Tom o Tommy, c’è chi lo chiama anche con nomignoli vari, tipo maschera nera o simile»

«Come mai?»

«Un tempo si esibiva con la maschera. Questo gli permetteva di entrare nei locali più importanti senza che nessuno venisse influenzato dal suo aspetto»

«Perché, che aspetto ha?»

«Una parte del viso è ustionata e ha perso la vista ad un occhio. Mi ha raccontato che anni fa è sopravvissuto ad un incendio. È riuscito a tirare fuori la madre, il padre e i fratelli, all’epoca aveva dodici anni, ma nessuno di loro ce l’ha fatta se non i due fratelli più piccoli. Ora vivono con lui. Sarebbe dovuto essere affidato ai servizi sociali o quantomeno mandato da un parente, ma lui non ha voluto. Così si è guadagnato da vivere esibendosi nei locali come chitarrista e, dato che inizialmente lo rifiutavano per via del suo aspetto mezzo mostruoso, come dice spesso lui, è lì che gli è venuta l’idea della maschera. Devo dire che ha proprio funzionato. Ora è conosciuto da mezza Parigi e questo ha permesso anche a noi di aumentare il nostro pubblico, nonché guadagno.»

«Che storia! Che ne dici se io suono qualcosa e tu canti per me. Mi è tremendamente mancato il nostro e unico momento»

«Hai ragione nonno e, per farmi perdonare, se vuoi possiamo passare ore o ore così, finché il sole non annuncerà la sua scomparsa»

«Ti voglio un mondo di bene tesoro e, anche se non te l’ho detto prima, mi dispiace tantissimo per tua madre. Non se lo meritava, specialmente da quando ha dato vita ad una bambina come te»

«Non sono una bambina nonno!»

«Ora non più e devo dire che sei una ragazza stupenda, bella e dolce, come mi sei apparsa nei miei più recenti sogni»

Così nonno e nipote presero uno la chitarra e l’altra la giusta concentrazione e, su un ritmo dolce e delicato, l’aria della stanza si riempì di intense note e di una voce che solo gli angeli avrebbero saputo replicare.

11

La sera in cui Charlotte aveva fatto compagnia al nonno, aveva deciso di dormire con lui. Aveva riscoperto, mentre veniva cullata dalla musica di Will, che le mancavano quei momenti. Nonostante avesse riscontrato un discreto successo a Parigi e avesse migliorato la sua capacità tecnica di esecuzione, non provava la sensazione di libertà e immaginazione che aveva con il nonno. Quel pomeriggio era tornata la vecchia bambina che, otto anni prima, trascorreva ore e ore con il vecchio del villaggio Will, quando ancora non sapeva che fosse suo nonno.

In quel momento Charlotte si trovava su una sedia a dondolo nella veranda dietro la casetta del nonno. Stava fissando gli astri che brillavano, secondo diversi colori, nel cielo notturno. A Parigi questo non poteva goderselo e solo ora si rendeva conto di quanto le fossero mancate quelle semplici ma intense esperienze in natura. Lei era nata in montagna, nel verde dei prati e nel bianco della neve, nell’azzurro del cielo e nel giallo dei campi. Era lì che voleva restare. Solo allora le tornò in mente la vera ragione del suo ritorno, Lisa, la sua parente Lisa Durant. Quando il nonno si presentò all’uscio, dopo averlo aiutato a oltrepassare il gradino che era di intralcio per la sedia a rotelle, gli fece una domanda secca. «Nonno, tu sai chi è Lisa Durant?»

A quelle parole Will, anche se mezzo paralizzato per via dell’artrite, subì una scossa «Perché vuoi saperlo?»

«La conosci quindi?»

«Aspetta Charlotte, è una lunga storia, più di quanto tu possa immaginare. È una storia che attraversa le generazioni e non so se tu sia pronta a sentirla. Pensaci, ok? E se domani vorrai davvero sapere chi è Lisa te lo dirò, ma sappi che c’è anche del brutto in quello che dovrò dirti».

Charlotte, non sapeva nemmeno lei per quale ragione, non riuscì a chiedere altro. Forse non si aspettava che il nonno la conoscesse? Forse la sua domanda era sorta così, senza nemmeno la speranza di ricevere un risposta positiva. In ogni caso, Charlotte andò a dormire con l’animo pensante, gli occhi rivolti al soffitto della stanza, e il cuore alla sera in cui, per la prima volta dopo mesi, aveva dedicato la sua canzone di apertura in un locale a sua madre, Elena, la donna che ha plasmato la sua vita e che ne ha fatte rinascere tante altre con il suo affetto sincero.

Il Mattino seguente Charlotte si alzò all’alba. Decise così di preparare qualcosa di speciale per il nonno. Optò per le crêpes. Trovò un po’ di marmellata artigianale ai frutti di bosco nella credenza e gli altri ingredienti sparsi per la casa. Il nonno non aveva proprio la minima concezione dell’ordine. Charlotte, ancora incredula, aveva trovato il sale nel cassetto delle posate e i bicchieri in quello per le conserve. Quella casa aveva bisogno di una ripulita, perciò Charlotte, terminato l’impasto e lasciato sul davanzale al freddo per un po’, prese scopa, straccio e piumino e iniziò a pulire fino a fondo.

Will entrò trascinando la sedia a rotelle e attraversò l’intera stanza fino a prendere posto a tavola. Ma Charlotte gli fece segno di uscire in veranda perché c’era una sorpresa per lui.

Gli arredi della veranda erano perfettamente in ordine come anche i vasi sul davanzale e altri piccoli dettagli che misero il vecchio di buon umore. Al centro del tavolino di legno c’era un piccolo vaso di vetro allungato con dentro dei gigli e tutte impilate una sopra l’altra, delle crêpes dorate pronte per essere riscaldate e farcite.

Will si sentì travolto da un’ondata di gioia immensa, non tanto per la colazione concreta, quanto per la contentezza di avere lì accanto a sé la sua nipotina, che inspiegabilmente, mostrava un affetto sincero per il nonno mezzo decrepito.

«Serviti pure nonno, per oggi potrai fare un’eccezione. Ho anche preparato una buonissima cioccolata calda»

«Alla gianduia?» chiese il nonno con gli occhi a cerbiatto di un bambino.

«Proprio così nonno, alla gianduia» rispose Charlotte ricordando perfettamente i gusti di Will. «Vado a prenderla, è ancora sul fuoco, tu intanto accomodati»

Prima che Charlotte potesse varcare la porta di ingresso, il nonno la costrinse a fermarsi «Charlotte…»

«Si nonno…».

«Perché sei tornata, non è solo per Lisa vero?».

«Perché mi mancava semplicemente casa mia. A Parigi avevo molte più comodità, ma non ero assolutamente felice».

«Penserai di restare?».

«Non ho ancora avuto modo di pensarci» rispose Charlotte al nonno senza in realtà fargli capire il suo grande desiderio di rimanere.

«Va bene nipotina, vai a recuperare la cioccolata ora prima che si inizi a sentire puzza di bruciato».

Così Charlotte si avviò verso la cucina e, dopo qualche minuto, tornò sulla veranda con due tazze fumanti di cioccolata sulle quali spruzzò un po’ di panna montata e una punta di cacao.

«Dovrebbe essere migliore di quella che facevamo tempo fa perché a Parigi ho seguito un corso di pasticceria l’estate scorsa. Ho anche visitato la fabbrica del cioccolato e persino un museo a tema».

«C’era anche la vasca di cioccolato in cui fare il bagno?».

«No nonno, no» disse Charlotte contagiata da una spontanea risata.

Will si girò verso la nipote e ammirò la sua splendida bellezza. In quegli anni era cresciuta diventando una donna. Era proprio vero, Charlotte era una meravigliosa e bellissima. Peccato che avrebbe potuto godere di sua nipote solo ancora per qualche giorno.

12

Terminata la colazione, Charlotte tornò da James. Sarebbe partita quella sera stessa. Aveva in programma di viaggiare la notte e arrivare a destinazione il mattino seguente. Sarebbe tornata a Parigi e da lì avrebbe preso un ulteriore treno. Sì, ma per dove? In quelle poche ore che le restavano, Charlotte doveva tentare di capire da dove provenisse Lisa.

La sua ricerca iniziò dagli scatoloni con i vecchi ricordi della madre ed è proprio lì che trovò la risposta che cercava.

Riguardando le vecchie fotografie della mamma, ne trovò un paio di lei da bambina con un’altra bambina, che sembrava assomigliarle molto. Dato che la mamma non le aveva mai parlato di una sorella, concluse che doveva essere Lisa. Quindi Lisa era i sua zia o al massimo sua prozia e doveva avere gli stessi anni della madre. Cercò ancora finché trovò il diario della madre. Sapeva che non avrebbe dovuto. In ogni caso aspettò per leggerlo. Prima doveva ascoltare la storia del nonno che, probabilmente le avrebbe rivelato tutto.

Prima di andare da Will, Charlotte parlò con Linda e poi con James.

«Linda, ti posso rubare un minuto?»

«Certo cara, che mi devi dire?»

«Semplicemente grazie. Sei una persona fantastica e ti sono grata per esserti presa cura di James alla morte di mia madre. Se mai avessi bisogno di qualcosa, io ci sono. Poi volevo dirti che pensavo di trasferirmi di nuovo qui alla fine di questa mia avventura. Potrei imparare un mestiere o insegnare canto nelle scuole. Devo ancora pensarci bene. Comunque, avviserò James riguardo a i miei spostamenti. Se mai avessi bisogno di qualcosa, ve lo farò sapere. Ti voglio bene Linda, spero che, tornati alla normalità, possiamo diventare ottime amiche»

«Sicuramente, lo spero anch’io. Senti perché non porti il marmocchio con te? Non vuole fare i compiti, non vuole aiutarmi con le faccende domestiche, ti adora. Se non è un disturbo, lo affiderei benissimo a te, in modo tale che io possa sbrigare un paio di consegne. Devo portare il materiale scolastico a due nuovi arrivati in paese. Quindi, ti lascio Chris?»

«Certo, sarò felicissima di passare un po’ di tempo con il mio adorato nipotino…Chris» chiamò Charlotte «Vuoi venire con me da Will?»

Una vocina piccina rispose di sì.

***

Così si diresse di nuovo dal nonno, questa volta con Chris a farle compagnia. Mentre il bambino giocava nel prato che circondava l’abitazione, Will raccontò a Charlotte tutto dal principio. Ci volle un po’ di tempo, ma, alla fine della storia, Charlotte capiva per quale motivo la mamma glielo aveva tenuto sempre nascosto e perché ora era essenziale che la trovasse, che conoscesse Lisa Durant.

«Va bene tesoro, cominciamo dal principio. Era il lontano 1963 e io e tua nonna Angela ci eravamo sposati da poco più di due mesi. Eravamo tornati dalla nostra luna di miele in Argentina e, lei stava iniziando a dare lezioni di canto, io di musica strumentale e insieme cercavamo di dare forma alla nostra nuova sensazione. Angela era incinta di tre mesi, ma allo stesso tempo, anche qualcun altro aspettava una bambina, il mio migliore amico Steve. Pronta Charlotte, è una storia lunga e tagliente, ti aprirà qualche ferita piuttosto dolorosa. La vuoi proprio sentire?»

«Certamente nonno, è importante perché io sappia come mai Lisa custodisce un segreto per me. Devo capire anche per lasciarmi alle spalle il dolore, ancora straziante, della perdita di mia madre.» disse Charlotte convinta.

«Va bene. Allora ascoltami bene. Come ti ho detto io e Steve eravamo ottimi amici, ci conoscevamo da quando eravamo bambini e insieme avevamo condiviso gli orrori della guerra e, in tempi di pace, i primi amori. Lui aveva sposato Rosa e io Angela, due ragazze italiane conosciute per una ragione particolare. Durante la guerra le due sorelle ci avevano salvate dalla morte e noi per riconoscenza le avevamo portate con noi in Francia, quando in Italia c’era ancora il Nazismo, poi ci siamo innamorati e abbiamo messo su famiglia, finché un giorno ho rotto per sempre i legami con Steve e da quel momento Angela non fu più la stessa. Una parte di sé si spense con l’allontanamento di Rosa. Io invece, mi sentivo tremendamente in colpa per l’odio che Steve continuò, anche a distanza di anni, a nutrire nei miei confronti. Era la fine di un’amicizia durata vent’anni.»

13

1950…

Angela si trovava alla finestra e contemplava il cielo che si mischiava al blu del mare. Erano appena tornati dalla loro luna di miele lei e Will. Si erano sposati solo dopo pochi mesi che si conoscevano, ma il loro amore era sbocciato fin da subito. A Will era bastato raccogliere un germoglio e ad Angela annaffiarlo giorno per giorno. Finalmente era spuntato un fiore e a breve anche il primo grandioso frutto del loro amore.

Will raggiunse Angela alla finestra e la strinse in un caloroso abbraccio. Poi le sussurrò un “ti amo” all’orecchio e i due novelli sposi finirono per fare l’amore.

Quel giorno avevano come ospiti Steve e Anna, anche loro appena tornati dalla luna di miele. Erano stati a Santo Domingo per un po’ e sull’altra sponda, ad Haiti per l’altra metà del soggiorno.

Angela stava preparando il pranzo, mentre Will tagliava la legna nel giardino. Quando videro una macchina parcheggiarsi di fronte casa loro, capirono che si trattava dei loro amici.

Anna era la sorella di Angela, mentre Steve il migliore amico di Will da sempre. Erano inseparabili, avevano trascorso tutte le gioie delle estati insieme nonché i dolori della guerra. Entrambi avevano combattuto sul fronte in prima linea e avevano incrociato la morte diverse volte. Per fortuna erano stati salvati dalle due sorelle quel giorno, altrimenti i nazisti avrebbero ridotto Steve e Will in due cumuli di cenere.

I quattro amici trascorsero l’intera giornata insieme, nonché quella dopo e quella dopo ancora. Steve e Anna andavano a trovarli ogni giorno, ma anche Will e Angela erano ospiti a casa loro. Nel frattempo Will aveva iniziato a lavorare come insegnante di musica alla scuola del paese, mentre Angela cantava in piccole feste, ma al contempo studiava all’università per laurearsi in lettere. Invece Steve stava diventando un medico e Anna, anche lei studiava all’università con Angela. Le due sorelle erano di una bellezza da togliere il fiato, un bellezza semplice, che, senza nemmeno un velo di trucco, brillava sotto la luce della Luna di notte. Loro condividevano i loro segreti, le loro perplessità sul matrimonio qualora si presentassero e anche i loro sogni per il futuro, insomma erano vicine sempre, come d’altronde lo erano Steve e Will. Anche i due ragazzi erano inseparabili. Probabilmente gli orrori della guerra li avevano uniti ancor di più. Adesso si fidavano ciecamente l’uno dell’altro.

Passarono i giorni e i mesi e intanto i quattro nuovi sposi si ambientavano alle loro nuove vite. Anna aveva scoperto di essere incinta e lo stesso Angela. Anche quella bellissima gioia, ovvero diventare mamma, fu condivisa dalle due sorelle, nonché dai futuri padri che, ancora imbranati a riguardo, non sapevano bene come comportarsi. Will preparò per il suo bambino dei giocattoli di legno, Angela cucì il suo piccolo guardaroba e preparò delle conserve da dargli da mangiare al posto degli omogeneizzati.

Angela e Anna dovettero prepararsi a diventare madri senza in realtà un supporto materno. La madre era morta di tumore al cervello pochi anni prima e il padre si era rifugiato nell’alcool, ma loro non avevano più sue notizie da molto tempo ormai. Gli spedivano numerose lettere che però non ricevevano alcuna risposta.

Il successo di Angela come cantante e anche quello di Anna come disegnatrice aumentò di giorno in giorno, ma con la gravidanza entrambe dovettero interrompere le loro carriere. Angela firmò però un contratto con un’importante organizzazione di eventi canori, mentre Anna dipingeva sempre e metteva in vendita i suoi quadri.

Un giorno Will venne a sapere della morte del padre e così lui e Angela furono costretti a recarsi al paese natale per assistere al funerale. Fu un dolore immenso quello provocato da quella perdita. Il padre non aveva fatto in tempo per pochissimo a incontrare il suo nipotino. È come se fosse stata tolta la vita al nonno per darla al nipote.

Il giorno della nascita di Mark, il figlio di Will e Angela, era già nata da un paio di giorni anche Helena, la figlia di Steve e Anna. I due bambini crebbero insieme fino a quando le vite delle due coppie si divisero per sempre.

Una mattina Will si trovava in riva al mare e ascoltava il rumore delle onde che si infrangevano sulla sabbia. Steve quel giorno non era venuto, era il suo compleanno ma nè Will nè Angela sapevano dove fosse. Steve però non era venuto perchè era diretto altrove. Aveva preso la decisione di trasferirsi quella notte stessa quando aveva scoperto un segreto di Will che lo aveva scosso profondamente tanto da indurlo a partire subito.

14

Will si trovava in riva al mare e si faceva cullare dalla schiuma dell’acqua che gli rinfrescava il corpo e che gli conferiva un po’ di vitalità. Non si era ancora abituato all’assenza di Steve. Era passato più di un mese, ma il ricordo di lui e del perché se ne fosse andato, era ancora molto vivido nella sua mente. Gli dispiaceva anche l’aver separato le due sorelle. Un vuoto struggente invadeva tutto il suo corpo e non gli dava tregua. Continuava a sentirsi l’unico responsabile dell’accaduto.

Ripensò a due anni prima, quando al fronte non aveva saputo dirgli che suo fratello minore Tommy era morto tra le sue braccia, nel tentativo di salvare la vita a Will. Invece della verità aveva raccontato a Steve che era stato trasferito su un altro fronte nella Francia settentrionale. Il sospetto di Steve crebbe sempre di più quando, finita la guerra, non lo vide tornare a casa. Quel grande segreto rimase scolpito nel cuore di Will per più di cinque anni e solo poco tempo prima era riuscito a rivelarlo all’amico. Si sentiva un vile, in fondo Tommy era più piccolo di lui. Doveva essere Will a morire, a risparmiare la vita al fratello del suo migliore amico. Giustamente Steve non ne voleva più sapere di lui e così aveva deciso di partire quella notte stessa.

Ora Will, ripensando all’accaduto, rimpianse i giorni trascorsi con Steve, le loro bravate da ragazzini, i loro primi amori e la gioia condivisa che presto avrebbero provato nel veder nascere i loro bambini.

Proprio in quel momento arrivò Angela con una spremuta d’arancia.

«Mi sono permessa di prepararti un po’ di spremuta d’arancia. Un po’ di bevanda fresca ti tirerà su il morale.»

«Grazie»

«Stamattina ho ricevuto una lettera di Anna. Lei e Steve ora vivono a Parigi. Hanno trovato una piccola casa abbastanza spaziosa per loro due e il bambino in arrivo. Dice che Steve, anche se non parla più di te, è molto triste. Senti, Will, mi vuoi raccontare cosa è successo. Perché è partito così improvvisamente?»

Will prese un respiro e confessò tutta la verità a sua moglie.

«Mi dispiace tanto tesoro. Avresti dovuto parlarmene prima. E poi da come ne parli sembra che lo abbia ammazzato tu Tommy e invece è stato solo una coraggiosa vittima della guerra. Non dovevi fartene un senso di colpa allora e non dovresti nemmeno adesso. Sono sicura che presto Steve ti perdonerà e che noi quattro torneremo uniti come un tempo»

Le parole di Angela confortarono per un momento l’animo di Will. Nel frattempo lei si ritirò in casa, mentre lui restò ancora per un po’ sulla spiaggia ad osservare la distesa sconfinata del mare.

Qualche giorno dopo Will portò Angela in un posto che ricordava di quando era bambino. Si trattava di una scogliera dove c’era un vecchio faro, un tempo utile per avvistare le navi che tornavano cariche di merci o dopo una lunga esplorazione. Condusse la moglie fino in cima e da lì ammirarono il panorama che si presentava ai loro occhi.

«Will» sussurrò dolcemente Angela.

«Dimmi amore»

«Ti amo»

«Ti amo anch’io» e così da lassù, come due guardiani dell’universo, Will e Angela si baciarono, trasmettendo l’uno all’altra quell’amore che di giorno in giorno cresceva rigoglioso dentro di loro.

15

Passarono i mesi e intanto il piccolo Mark cresceva. Aveva gli stessi occhi azzurri della madre e i capelli del padre. Era molto vivace e i due genitori passarono molte notti insonni in balia di pianti improvvisi e poppate. Angela però riusciva comunque a proseguire gli studi all’università. Doveva dare ancora un altro paio di esami e poi avrebbe preso la laurea. Aveva interrotto temporaneamente le sue esibizioni canore nei locali, ma continuava a cantare, cosa che la rilassava e la rendeva felice.

Will, invece, sentiva la mancanza di Steve. Aveva provato a scrivergli, ma delle tre lettere nessuna aveva ricevuto risposta. Aveva saputo però da Angela che Anna era rimasta di nuovo incinta. Era contento per loro e sperava che un giorno i tre bambini sarebbero potuti tornare a giocare insieme.

Poi una mattina arrivò inaspettatamente una lettera da parte di Anna indirizzata a Will e non alla sorella.

Caro Will,

mi rincuora doverti avvertire dello stato di salute di Steve. Il mese scorso si è preso una brutta polmonite ed è rimasto in ospedale per diversi giorni. Ha dovuto fare diversi accertamenti e il medico gli ha diagnosticato un cancro ancora al primo stadio. Siamo stati fortunati che si sia ammalato proprio ora, almeno ha potuto iniziare la terapia da subito. I medici dicono che i parametri stanno migliorando, ma è pur sempre un tumore e tu sai meglio di me quanto spietatamente le cellule tumorali possono attaccare il nostro corpo. Per questo motivo tra qualche giorno ci trasferiremo in un paesino di montagna nella Francia settentrionale. Avevamo già una mezza idea di andare a vivere lì e abbiamo deciso di accelerare le cose per far respirare a Steve un po’ di aria buona.

Oh, Will, non sai quanto manchi al mio Steve. Ti prego, raggiungici il prima possibile. Sono sicura che vedendoti non ti respingerebbe, in fondo voi eravate inseparabili.

Aspetto tue notizie,

Dai un bacio ad Angela da parte mia.

Anna

p.s. Helena sta crescendo a perdita d’occhio. Sono sicura che apprezzerebbe molto la compagnia di un maschietto.

Comunicata la notizia ad Angela, insieme presero la decisione di accettare la proposta di Anna. Ne avrebbero approfittato per fare una breve vacanza tra le montagne e Angela avrebbe avuto la possibilità di stare accanto ad Anna e aiutarla con la gravidanza.

Quando Will vide l’amico steso sul letto, dimagrito e con un colorito pallido, una lacrima gli scese lungo il viso. «Ciao Steve» riuscì a dire. «Appena ho saputo della malattia sono venuto qui. Senti, lo so che tu ce l’hai con me. Non sai per quanto tempo non mi sono dato pace. Sarei dovuto morire io al posto di tuo fratello. Era ancora così giovane. Ha avuto coraggio, quello che a me è mancato.»

«Vieni qui» Steve indicò a Will di avvicinarsi «Tranquillo, non sono mai stato davvero arrabbiato con te. Sul momento non ci ho visto, ero annebbiato dal dolore e così ho deciso di andarmene. Ma mi sei mancato amico e ora più che mai ho bisogno di te. In futuro però niente più segreti. Sono robe da donne. Noi siamo uomini, non dobbiamo aver paura di dire la verità.»

«Hai ragione, ti prometto che non ti mentirò più.»

«Sai che Anna pensa che si tratti di un’altra femminuccia? Dimmi tu come posso fare a resistere in mezzo a tre donne» I due amici si concessero una risata.

Così tutto si sistemò. Nel frattempo il pancione di Anna cresceva. Will e Angela avevano preso la decisione di trasferirsi nell’abitazione abbandonata vicino alla casa dei loro amici. Will si occupò personalmente di imbiancarla e arredarla. Lo stato di salute di Steve migliorava e c’era da credere fortemente che entro la prossima estate avrebbe sconfitto definitivamente il cancro.

Come previsto con l’arrivo dell’estate arrivò anche la splendida notizia da parte del medico del paese che Steve era guarito. Lo avvertì che c’era il rischio di una ricaduta e che quindi avrebbe dovuto cercare di fare meno sforzi possibili. La sorellina di Helena, Lisa, portò ulteriore gioia in famiglia. I tre bambini erano il dono più bello che i quattro genitori avrebbero potuto ricevere.

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Charlotte aveva ascoltato attentamente il nonno mentre raccontava. Si era sentita talmente coinvolta dalla storia dei suoi genitori che le vennero le lacrime agli occhi. Era felice che l’amicizia tra lui e Steve, ovvero suo nonno, si fosse ricucita e che fosse guarito. Ora sapeva che Lisa era la sorella più piccola di sua madre, ma ancora non capiva cosa c’entrasse con lei. In fondo non l’aveva mai vista e non era stata a conoscenza della sua esistenza fino a quando non aveva letto la lettera della madre. E allora perché il nonno le stava raccontando tutto questo? Chi era veramente Lisa e che legame c’era con Charlotte se non il semplice zia nipote?

Tutte queste domande tormentavano Charlotte.

«Nonno, che bella storia, davvero. Avrei tanto voluto conoscere i miei nonni. Angela e Anna sembrano così dolci e buone e Steve credo che sia stato un vero amico. Ma mi stavo chiedendo cosa c’entra tutto questo con Lisa e perché nessuno mi ha mai detto che ho una zia. È viva vero?»

«Si è viva. Lo so, ma c’è un motivo per cui non potevamo parlarti di lei ed è una storia molto complicata. Lei e tua madre litigarono quando Helena era incinta di James. Da quel giorno non si videro più. Alla fine si finisce sempre per litigare. Prima io e Steve e poi le due sorelle. Sai, erano inseparabili. In fondo avevano solo un paio d’anni di differenza. Niente può separare due sorelle se non l’amore e con questo intendo tuo padre. Lisa è stata sempre innamorata di tuo padre, ma anche Helena lo era. E Mark, beh lui si trovava in mezzo a due anime di fuoco. Il fatto è che i tuoi genitori iniziarono la loro storia d’amore all’insaputa di tua zia. O meglio, prima che tua zia partisse per l’Accademia d’Arte di Parigi, pare che tra lei e Mark ci fosse stato qualcosa, ma quando tornò tua madre era già incinta di sei mesi. Lisa si sentì tradita non tanto da Mark quanto da sua sorella e non la perdonò più.»

«Che storia triste. Certo, immagino la rabbia e la delusione che Lisa avrà provato. Il solo pensiero che lei e mia madre abbiano buttato via tutti gli anni che avrebbero ancora potuto trascorrere insieme mi strugge il cuore.»

«Lo so mia cara, pensa Mark che si è sentito responsabile e tua madre che per anni le ha scritto lettere senza ricevere alcuna risposta. Io Lisa non la sento dal giorno in cui se ne è andata, ma so molto di lei perché a Parigi ha avuto successo come pittrice, diciamo che è abbastanza famosa. Ora non so dove viva, non dovrebbe essere difficile però trovarla. Quel che ti voglio dire Charlotte è, vai da lei e mostrati per quello che sei, di sicuro ti accetterà e tu le permetterai di perdonare una volta per tutte tua madre.»

«Sì, ma ancora non capisco. La mamma nella lettera diceva che Lisa aveva qualcosa per me, che era importante che io andassi da lei»

«Questo non lo so Charlotte, ma fossi in te io farei di tutto per trovarla. Non hai nulla da perdere, ma solo una zia da guadagnare.»

Charlotte tornò a casa di suo fratello con la testa piena di dubbi e domande. L’avrebbe cercata? Sì certo, ma cosa le avrebbe dato sua zia? C’era un solo modo per scoprirlo.

L’azzurro del cielo stava sfumando in colori più caldi andando a creare una tavolozza variopinta. Sul cuor della terra arrivò un delicato raggio di sole ed fu subito sera. Il giorno così lasciò spazio alla notte e l’oscurità si cosparse di un drappo di stelle.

17

Il giorno seguente Charlotte passò l’intera mattina a cercare su internet qualche informazione su sua zia. All’inizio non trovò nulla, tanto che si stava già dando per persa, ma poi ad un certo punto notò un’immagine di una pittrice che diceva di chiamarsi Lisa e che era identica a sua madre. Per un attimo le sembrò di vedere proprio sua madre e quella vista le provocò un senso di nostalgia. Aprì il link che era riportato sotto l’immagine e lesse l’intera pagina dedicata a sua zia. Il nonno aveva ragione. Lisa era una pittrice di successo. Dipingeva principalmente paesaggi con acquerelli, ma aveva imparato molte altre tecniche di disegno. Dall’articolo non si capiva dove abitasse. Di sicuro non a Parigi perché quando aveva cercato lì delle informazioni su sua zia prima di partire non aveva trovato proprio nulla. Perciò decise di rileggere la lettera della madre per vedere se per caso le era sfuggito qualche dettaglio, altrimenti avrebbe dato un’occhiata dentro lo scatolone di sua madre o al suo vecchio diario. Ecco cosa non tornava nella lettera. La madre diceva che ballava, recitava e cantava, ma non che dipingeva. Di sicuro sapeva fare tutte quelle altre cose, ma perché non dirle che il suo vero talento era la pittura? Dopo un attimo di riflessione Charlotte capì. Nella lettera la madre descriveva se stessa e non Lisa. Lei, Lisa, aveva il talento della pittura, mentre Helena, sua madre, aveva quello per il canto e la recitazione, proprio come Charlotte. Quindi, a questo punto, tutti i quadri che ricoprivano le pareti della casa erano di sua zia. E anche il “Quadro”, quel quadro che per molti anni sua madre aveva contemplato giorno e notte con un senso di inquietudine, era non solo perché ritraeva il suo amore perduto, ma perché al suo fianco c’era sua sorella. Erano talmente simili che Charlotte aveva sempre creduto che raffigurasse sua madre e invece. Invece era Lisa, sua zia. In quel momento la ragazza capì che tra sua zia e suo padre c’era stato più di un semplice amore e che quindi il tradimento era stato come un colpo al cuore per Lisa. Ora che tutte le tessere del puzzle stavano andando al loro posto, Charlotte capì che restava un’unica cosa da fare, trovare sua zia.

«Lilly, non voglio che tu te ne vada.»

«Lo so Chris, ma devo fare una cosa importante»

«Giusto! E quando avrà finito tornerà a trovarci» aggiunse Linda.

Così Charlotte riprese il treno per Parigi. Durante il viaggio decise di leggere il diario della madre. Era sicura che tra quelle pagine avrebbe trovato la risposta che cercava. Andavano da quando sua madre aveva vent’anni fino ai ventidue, esattamente l’età in cui aveva avuto James.

Sono così emozionata. Oggi io e Mark ci siamo dati il primo bacio. Ci conosciamo da una vita ma ho sempre pensato che a lui interessasse mia sorella. Invece un attimo fa mi ha rivelato che nel suo cuore ci sono solo io. Dovrei essere felice di questa cosa ma sono anche dispiaciuta per Lisa. So quanto ami Mark e so anche che Mark voglia molto bene a mia sorella, perciò non vorrei sembrare quella che rovina tutto. Il sentimento che provo per Mark è così forte che non riesco a fare a meno di pensare a lui. Un giorno Lisa tornerà però e a quel punto mi odierà a morte. Quanto può essere ingiusta la vita e quanto l’amore può spezzare un legame di amicizia o fratellanza.

Mark mi ha chiesto di sposarlo. Non ci posso credere. Prima mi ha invitata a fare una passeggiata notturna e poi sotto il chiarore di luna si è inginocchiato e mi ha mostrato un anello che brillava nella notte. A quel punto gli ho sussurrato un dolce “sì” e mi sono abbandonata fra le sue braccia. Non mi sono dimenticata di te, mia cara sorella. Almeno tu hai avuto la possibilità di proseguire gli studi e studiare all’Accademia, cosa che a me è mancata. Mi manchi e spero che un giorno saprai perdonarmi.

Il giorno delle nozze è stato semplice e con pochi invitati. Ci siamo sposati nella chiesetta del paese e poi abbiamo allestito un buffet all’aria aperta. Avrei tanto voluto invitare Lisa, ma so che deve dare gli ultimi esami e non volevo rovinarle questo momento, anche perché non avrebbe mai accettato di venire.

Le giornate trascorrono velocemente. Mio marito, è ancora così strano chiamarlo così, lavora insieme a suo padre Will, mentre io trascorro la maggior parte del tempo con mia madre e con Angela. Mi manca tantissimo papà. Sono passati molti anni dalla sua morte, quando il cancro, che lo aveva già colpito, si è ripresentato, ma io non lo riesco a dimenticare. Ero così affezionata a lui. Ogni tanto riguardo il regalo che mio padre mi ha fatto per i miei cinque anni, un orsacchiotto di peluche. Io l’ho chiamato Teddy e ancora oggi quando sono triste, lo stringo forte nel mio letto. Può sembrare una cosa da bambini, ma a me trasmette calore e mi fa stare meglio.

Charlotte interruppe un attimo la lettura. Tornare tra i ricordi di sua madre le procurava un sentimento molto forte. Da quelle pagine traspariva l’animo giovane e spensierato di una ragazza che non aveva nulla a che vedere con le sofferenze che avrebbe di lì a poco dovuto patire con la malattia. Charlotte si chiese se Lisa avesse mai saputo qualcosa riguardo allo stato di salute di sua madre. U