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Facciamo impallidire anche il corallo!
Il delicato equilibrio della barriera corallina “Guardando la
barriera corallina si rimane affascinati dall’enorme varietà delle
forme di vita animali e vegetali che la
popolano. Eppure, paradossalmente, proprio questa vita in
apparenza inesauribile rende difficile comprendere come tutto
dipenda da un fragile strato superficiale di minuscoli
organismi, i polipi madreporari, intenti a moltiplicarsi senza
posa,
costruendo infaticabili i loro scheletri di calcare su cui
cresceranno i loro simili o dove altri esseri troveranno cibo e
rifugio, impegnati nell’eterna lotta per la sopravvivenza.”
Angelo Mojetta, biologo marino e autore di numerosi libri e
articoli scientifici
Preziosi costruttori di biodiversità La barriera corallina,
chiamata anche “reef”, costituisce uno degli ecosistemi più ricchi
di biodiversità dell’intero pianeta,
nonostante occupi solo lo 0,17% della superficie della Terra. E’
un’estesa e imponente formazione calcarea di origine
animale dai mille colori e dalle svariate forme. I responsabili
di questo complesso bioma sono gli antozoi madreporari,
conosciuti con il nome di “coralli costruttori”. I coralli o
madrepore sono costituiti da piccoli polipi di dimensioni
variabili
(da pochi millimetri ad alcuni centimetri), circondati da un
calice calcareo che presenta forma differente nelle diverse
specie. All’interno di ogni polipo vivono delle alghe
unicellulari dinoflagellate chiamate “zooxantelle”, che
conferiscono
una colorazione bruno-verdastra.
La colorazione bruno-verdastra dei coralli è dovuta alla
presenza delle zooxantelle.
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Questa particolare associazione è detta “simbiosi mutualistica”,
il che significa che entrambe le specie hanno un
vantaggio nel vivere insieme. Le alghe infatti, grazie alla
fotosintesi clorofilliana, forniscono al polipo energia sotto
forma
di zuccheri, producono ossigeno ed eliminano anidride carbonica
(che potrebbe formare acido carbonico e danneggiare
lo scheletro calcareo dei polipi). In cambio, il polipo offre
protezione alle microscopiche e numerosissime alghe ospiti. In
generale i coralli sono molto dipendenti da questa relazione
simbiotica, ricevendo fino al 90% del fabbisogno energetico
attraverso questo processo. Ogni centimetro quadrato di
madrepora arriva a contenere circa un milione di alghe
zooxantelle. Le barriere coralline sono costituite dal carbonato
di calcio (CaCO3
) utilizzato dai polipi dei coralli per
edificare la propria struttura di sostegno; i polipi assorbono
questa sostanza dal mare e la fissano allo scheletro esterno.
Le formazioni coralline si sviluppano in massima parte tra la
superficie dell’acqua e i trenta metri di profondità. Sono tre
le condizioni ambientali necessarie al suo sviluppo:
• la temperatura media dell’acqua durante l’inverno deve essere
sempre maggiore di 20°C
• la salinità deve rimanere costante
• deve essere assicurata la presenza di molta luce
Solo in queste precise condizioni il corallo può crescere e
riprodursi. Alcune specie (esempio: il corallo cervello)
crescono da 5 a 25 millimetri l’anno, altre (esempio: il corallo
corna di cervo) crescono molto più velocemente, fino a 10-
20 centimetri l’anno. La barriera corallina è un ecosistema in
continua crescita perché sui polipi vecchi che muoiono ne
crescono di nuovi, cosicché la parte superficiale è costituita
da coralli vivi.
Barriera corallina in ottimo stato di salute
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Corallo pallido? Colpa dello stress! Bleaching è il termine
utilizzato ormai comunemente per definire lo sbiancamento dei
coralli. In caso di stress
ambientale (come l’aumento di temperatura) i polipi del corallo
buttano fuori le alghe che vivono in simbiosi con essi, le
zooxantelle, che danno il colore ai coralli grazie al loro
pigmento fotosintetico. Le zooxantelle simbionti sono molto
pigmentate per cui quando le alghe vengono espulse, i polipi del
corallo risultano trasparenti e rimane visibile solo lo
scheletro bianco di carbonato di calcio. La conseguenza di tale
fenomeno è la perdita di colore fino allo sbiancamento
totale delle colonie di corallo. A volte in alcuni coralli lo
sbiancamento ha una colorazione tendente al bluastro, giallo o
rosa anziché bianco brillante. Questo è dovuto alle proteine
prodotte in alcune specie di corallo, che colorano i tessuti,
diventando il pigmento dominante quando mancano le zooxantelle.
Se la causa dello stress dura pochi giorni, il corallo ritorna
velocemente allo stato normale, se invece continua per un periodo
prolungato il corallo muore; può anche
capitare che una volta iniziato lo sbiancamento, i polipi
continuino l'espulsione delle zooxantelle anche se le cause
dello
stress sono state rimosse. Infatti, anche se il corallo è
sbiancato non è detto che sia morto: se cessano le condizioni
che
hanno determinato il fenomeno, le alghe ricolonizzano i polipi e
la situazione ritorna allo normalità. Se lo stress dura molti
giorni consecutivi, può passare parecchio tempo prima che la
concentrazione dei simbionti torni ad essere normale e
può addirittura morire. Il corallo che non riesce a
sopravvivere, inizia ad essere distrutto, soprattutto dall’azione
del mare,
ma anche della fauna ittica, come ad esempio i pesci pappagallo
che si nutrono del corallo. In poche settimane il corallo cosi si
sgretola. Inoltre il numero di colonie di corallo diminuisce
significativamente se lo sbiancamento ne causa la morte
prima che abbiano raggiunto l’età riproduttiva, ad esempio le
acropore hanno bisogno di circa 4-5 anni per raggiungere
la maturità. Cambiamenti nelle condizioni di riproduzione sono
gli effetti che probabilmente condizionano di più la
distribuzione e l’abbondanza delle formazioni coralline.
Fenomeno di sbiancamento del corallo in una acropora
La causa più conosciuta dello sbiancamento del corallo sembra
proprio essere l’innalzamento della temperatura del
mare. Aumenti di temperatura anche solo di 1-2°C per 4-8
settimane, possono portare allo sbiancamento poiché i coralli
vivono già vicini alla soglia termica massima. L’aumento di
temperatura fino ad oggi è stato la causa più evidente in
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assoluto del bleaching a livello globale, tuttavia possono
esserci anche altri motivi che influiscono sullo sbiancamento
del
coralli. Infatti, si è riscontrato lo stesso fenomeno anche in
presenza di altri fattori: aumento radiazione solare che
innalza
la temperatura più del normale, elevate radiazioni UV,
cambiamenti nella composizione chimica dell’acqua (specialmente
del grado di salinità a seguito ad esempio di forti piogge) o
della sua opacità, cambiamenti di correnti che, a causa
dell’accumulo di sedimenti, possono deviare l’acqua più calda
della laguna verso il reef, malattie del corallo, emersione
prolungata durante basse maree eccezionali, alti tassi di
sedimentazione e cicloni tropicali.
Perché l’alta temperatura fa sbiancare il corallo? Da recenti
studi sembra che una temperatura troppo alta faccia collassare
l’impianto fotosintetico delle zooxantelle,
facendo aumentare la produzione di ossigeno che danneggia le
strutture cellulari del corallo. Quindi, per evitare alte
concentrazioni di ossigeno e di conseguenza il danneggiamento
dei tessuti, i polipi del corallo sono costretti ad espellere
le zooxantelle. Variazioni genetiche tra i vari tipi di
zooxantelle influiscono sulla resistenza allo stress delle
temperature del corallo e
quindi sullo sbiancamento.
Il corallo morto assume una colorazione bianca.
Lo sbiancamento del 1998 Nel 1998 lo sbiancamento dei coralli
assunse proporzioni catastrofiche a causa del passaggio del Niño
(un fenomeno
caratterizzato da anomali spostamenti di acqua negli oceani) che
fece aumentare la temperatura media di 2°C in alcune
zone dell’Oceano Indiano, in particolare nelle isole Maldive.
Oltre il 90% degli animali simbionti con le alghe, coralli
compresi, fu interessato da uno sbiancamento, soprattutto nelle
profondità tra gli 8 e i 20 metri e in particolare in alcune
zone dell’atollo di Malè Nord alle Maldive. Il fenomeno dello
sbiancamento fu talmente evidente in quell’anno che chi
nuotava sulla barriera corallina maldiviana diceva di avere
l’impressione di “passeggiare sulle Alpi innevate”. In quel
periodo la temperatura superficiale dell’acqua era di circa
32°C, registrabile fino ai 15 metri di profondità. La
concomitante mancanza di vento peggiorava la situazione perché
non si aveva un raffreddamento delle acqua
superficiali. In particolare i dati raccolti evidenziano che i
coralli ramificati nei primi 10 metri di profondità hanno subito
nel
1998 perdite vicine al 90%. La copertura corallina totale che
prima era vicina al 40% è diminuita fino al 2-3%. E’ come se
improvvisamente una foresta millenaria fosse andata a fuoco: il
danno non è solo ecologico e biologico con diminuzione
della biodiversità, ma è anche socio-economico, per tutte quelle
popolazioni la cui sopravvivenza è legata alla barriera
corallina.
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La perdita di colore avviene anche in altri organismi che vivono
in simbiosi con le zooxantelle. Nella prima foto si nota il
bellissimo colore dell’anemone Heteractis magnifica, nella
seconda si vedono gli effetti dell’aumento di temperatura in un
esemplare della stessa specie.
Le Maldive e conseguenze dello sbiancamento I fondali delle
Maldive possiedono le più ricche strutture coralline di tutto
l’Oceano Indiano e vengono chiamate atolli,
cioè formazioni coralline che delimitano una laguna circolare
centrale ( la parola “atollo” deriva dal maldiviano “atholu”
che significa “isole disposte ad anello”). Queste costruzioni
madreporiche sorgono solitamente in acque oceaniche
profonde in corrispondenza di antiche isole vulcaniche sommerse.
Qui si trovano oltre 66 generi e più di 100 specie
diverse di madrepore, e qui vive circa un terzo dei pesci
corallini presenti in tutto l’Oceano Indiano. Il motivo di
tanta
ricchezza dipende dalla varietà di ambienti presenti alle
Maldive: vicino alle barriere che si alzano da 2000-3000 metri
sino alla superficie, si trovano tranquille lagune delimitate da
bianchissime spiagge. I reef sono continuamente interrotti
da crepacci che si trasformano in tunnel e canyon e forniscono
l’habitat ideale in grado di soddisfare le esigenze di ogni
singola specie e delle comunità che queste formano. Lo
sbiancamento del 1998 ha assunto una grande importanza per le
Maldive, infatti, la popolazione maldiviana è di circa
270.000 abitanti e l’economia del Paese è basata principalmente
sull’industria del turismo. La barriera corallina
maldiviana è una delle più belle al mondo ed è quindi, la
maggior attrazione turistica di questo Paese. Grazie ad essa il
numero di visitatori negli ultimi trenta anni è aumentato in
maniera quasi esponenziale, e il “turismo dei coralli”
contribuisce al 30% del Prodotto Interno Lordo. In particolare
Il flusso turistico dall’Italia costituisce il 21.2% del totale
con
circa 130.000-140.000 turisti l’anno. Fortunatamente subito dopo
il passaggio del Niño del 1998, la ricolonizzazione del reef è
ricominciata molto presto e già
l’anno dopo era possibile osservare insediamenti di corallo,
inizialmente di tipo incrostante e in seguito di tipo
ramificato.
Dopo il 1998 però, alcune specie di corallo comuni alle Maldive,
sono diventate rare.
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Rannalhi, Atollo Malè Sud, Maldive
La difesa del corallo Molti coralli hanno all’interno differenti
tipi di zooxantelle e hanno la capacità di cambiare la percentuale
di una specie
piuttosto che un’altra. Il pigmento del corallo ha, tra le varie
funzioni, anche quella di proteggere le zooxantelle da
eccessi di luminosità.
In molti coralli del Pacifico occidentale si trovano i granuli
pigmentati fluorescenti che servono per favorire l’ambiente per
le zooxantelle, concentrando la luce dove manca e riparando le
alghe quando sia ha un’eccessiva luminosità. Questo
permette che i coralli, con un’alta concentrazione di granuli
pigmentati fluorescenti, siano meno vulnerabili allo
sbiancamento in caso di alte temperature. La capacità di
sopravvivere al fenomeno del bleaching varia tra le differenti
specie di corallo: alcuni grandi coralli
massicci come il Porites lobata, possono sopravvivere anche in
presenza di alte temperature e molti degli effetti
conseguenti, altri invece risultano più sensibili come
L’Acropora spp. e non sopravvivono allo sbiancamento. Alcuni
studi
recenti hanno dimostrato che le specie che sono costantemente
sottoposte a piccoli stress riescono a sviluppare una
resistenza al fenomeno dello sbiancamento.
Trapianto di corallo nel mondo Per salvare le barriere
coralline, molti scienziati stanno mettendo in pratica in diverse
zone del mondo, il trapianto di
corallo. In Giappone, ad esempio, nella laguna di Sekisei si
cerca di far ricrescere i coralli, mettendo delle larve di
corallo
su appositi dischi di ceramica. I subacquei dispongono i dischi
di ceramica vicino ad una formazione corallina
sopravvissuta, dove si stabiliranno le larve del corallo. I
dischi verranno poi spostati in una zona di laguna protetta
dove
possono crescere le colonie. Questa è una vera e propria nursery
che serve per la coltivazione del corallo usato
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appositamente per i trapianti, allo scopo di evitare il prelievo
di corallo dalle barriere e il loro danneggiamento. Si cerca in
questo modo di facilitare la riproduzione naturale dei coralli,
offrendo un rifugio alternativo per lo sviluppo delle larve che
in natura avviene dentro le fessure della roccia. Una volta che
gli organismi iniziano a crescere, vengono trapiantati sulla
barriera. In Israele invece si raccolgono coralli da altre
barriere coralline, si rompono in pezzetti di mezzo centimetro di
diametro e
si incollano su un qualsiasi substrato, dove crescono per circa
una anno protetti da una rete sottomarina. Solo a quel
punto i coralli sono trapiantati sulla barriera priva di vita.
La nursery per “baby coralli in Israele conta più di 10.000
coralli
a diversi stadi di crescita e circa 3000 colonie sono già state
trapiantate nel Mar Rosso e in altri mari in Asia e in America. In
Australia i ricercatori prendono coralli pronti per la riproduzione
e li portano in laboratorio. Qui i coralli al momento
opportuno rilasciano uova e spermatozoi e i biologi marini
incrociano i gameti per aumentare la diversità genetica delle
larve. Le larve sono dapprima fatte crescere in grosse vasche,
in seguito su una barriera artificiale e poi trapiantate sulla
barriera corallina australiana. Dove invece i soldi per le
ricerche sottomarine sono scarsi, come nelle Filippine, sono i
pescatori disoccupati, guidati dai biologi marini, a staccare pezzi
di corallo sano e spostarlo dove la barriera è sofferente.
Nonostante questi differenti approcci per tentare di ripopolare le
barriere coralline nel mondo, se non verranno eliminate
le cause del deterioramento e della morte dei coralli, il
trapianto non potrà portare ad una soluzione definitiva.
Corallo in buona salute
La ricchezza delle barriere coralline Le funzioni del bioma
“barriera corallina” sono molteplici. Le barriere, infatti, sono un
luogo ideale per la nascita e per la
crescita degli avannotti (cioè i giovani pesci prima del periodo
adulto), che costituiranno le popolazioni di pesci adulti
pescate negli oceani di tutto il mondo. Il 20-25% del pesce
pescato dai Paesi in via di sviluppo (circa 10 milioni di
tonnellate l’anno) vive sulle barriere coralline. Le popolazioni
del Pacifico traggono il 90% del loro fabbisogno proteico
dalla pesca sulla barriera. In Asia, la vita di un miliardo di
persone dipende dal pesce che abita il reef. Si è calcolato
che,
con una corretta gestione, un solo chilometro quadrato di
barriera potrebbe fornire circa 15 tonnellate l’anno di pesce e
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altro cibo. Anche in campi come la medicina, i coralli
potrebbero essere utili. I primi studi sui coralli, infatti,
dimostrano
che metà dei nuovi farmaci antitumorali potrebbero provenire da
questi organismi marini. Un’altra importante funzione dei coralli è
quella di protezione delle coste. La struttura della barriera
corallina, infatti,
attenua la violenza delle onde e degli uragani tropicali. Senza
questa protezione le coste sarebbero danneggiate e anche
gli allevamenti di pesce e gamberetti, che si stanno diffondendo
nei Paesi tropicali, sarebbero distrutti.
La vera ricchezza della barriera corallina è però la
biodiversità. Fino ad oggi sono state classificate circa 4000
specie di
pesci e 800 di coralli, e si calcola che da 1 a 9 milioni di
specie tra vertebrati e invertebrati vivono o sfruttano in
qualche
modo la barriera. Oggi non è ancora possibile stimare
economicamente il valore naturalistico di questo ecosistema, ma
i
ricercatori sono sicuri che la perdita di specie, che per la
barriera è stata calcolata in un milione di specie nei prossimi
40
anni, avrà ripercussioni sulla stabilità degli ecosistemi e di
conseguenza sulla vita degli uomini.
A cura di Tiziana Bosco