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Progetto “Laboratorio Aperto – Storia della fisica in
laboratorio”. Cecilia Magni, Delia Noferi
Guglielmo Marconi
“L’aspetto più entusiasmante della scienza è che essa incoraggia
l’uomo a insistere nei suoi sogni. La scienza esige una mente
duttile. Non serve interrogare l’universo con una formula. Bisogna
osservarlo, prendere ciò che esso può dare e poi riflettere con
l’aiuto della scienza e della ragione. La scienza mantiene
giovani.”
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Nacque il 25 aprile 1874 nel centro di Bologna.
La famiglia, padre italiano originario della
montagna bolognese e madre britannica nata
nel sud dell'Irlanda da una famiglia scozzese,
soleva passare i mesi invernali nella residenza a
Bologna e trascorrere l'estate a Pontecchio nella
villa Griffone, perché l'aria di montagna
giovasse alla fragile costituzione di Guglielmo
che era un bambino estremamente gracile.
Guglielmo Marconi a 15 anni circa
In questo salubre ambiente Guglielmo passò la maggior parte
della sua infanzia e
della sua adolescenza.
Non frequentò scuole regolari ma venne seguito in casa da un
maestro di Pontecchio,
che gli insegnò a leggere e scrivere mentre la madre gli diede
lezioni di pianoforte e
di inglese. A tredici anni venne condotto dalla madre in Toscana
in cerca di un clima
migliore e a Firenze, in una scuola privata, conseguì la licenza
elementare.
Ma ciò che doveva migliorare la sua preparazione e dare una
decisiva svolta alla sua
vita di scienziato fu il suo soggiorno a Livorno dove, oltre che
migliorare la sua
salute, frequentò un istituto privato presso il quale apprese le
basi della fisica dal
professor Vincenzo Rosa e raffinò a tal punto la conoscenza di
questa materia da
essere voluto dallo stesso maestro come assistente durante le
sue lezioni nell'Istituto.
Proprio in quel periodo iniziò i primi rudimentali esperimenti
sui parafulmini e sui
primi apparecchi a sensibilità elettrica.
Rilevatore di scariche temporalesche usato da Marconi a Livorno
nel 1893/94 con relativa antenna a punta di lancia che segnalava le
folgori che si scaricavano sul mare.
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Rientrato a Pontecchio, continuò le sue ricerche, anche
basandosi sulle esperienze di
Hertz di cui aveva letto alcuni articoli e dopo alcuni contatti
con l'illustre professore
Augusto Righi, giunse nel 1895 all'esperimento decisivo che
provò la possibilità di
trasmettere a distanza, per mezzo delle onde hertziane, segnali
telegrafici senza
ricorrere a fili di collegamento.
Guglielmo Marconi con la sua famiglia a Pontecchio
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Il Primo ricevitore realizzato da Marconi per le prime
esperienze di radiotelegrafia a distanza
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Dopo quella prima scoperta seguirono numerosissime altre
esperienze condotte per lo
più in Inghilterra, dove si era trasferito e dove all'epoca la
sua scoperta fu capita e
incoraggiata: la flotta commerciale inglese era quell'epoca la
più potente del mondo e
poteva giovarsi della nuova invenzione per aumentare la
sicurezza.
Ricostruzione funzionante con componenti d'epoca di una stazione
navale Marconi Wireless
che applica il sistema detto "SINTONICO" Brevetto 7777 - inizio
900.
La prima grande utilità della nuova invenzione fu quella di
mettere in contatto
immediato le navi in mare con la terraferma.
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Nel 1899 fece il primo collegamento radio attraverso la Manica
dalla Francia
all'Inghilterra e nel 1901, a soli 27 anni, riuscì a collegarsi
telegraficamente da Poldhu
nella punta estrema della Cornovaglia, con Terranova,
nell'America Settentrionale.
Guglielmo Marconi a S. Giovanni di Terranova 1901
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Molte altre trasmissioni transoceaniche e transcontinentali
vennero effettuate negli
anni successivi.
Due drammatiche occasioni in cui fu decisivo l'uso della
telegrafia senza fili per il
salvataggio di vite umane in mare furono il disastro del
lussuoso transatlantico
"Titanic", avvenuto durante il suo viaggio inaugurale, seguito
dall'incendio del
"Volturno".
Nel 1924 Guglielmo Marconi riuscì a trasmettere per la prima
volta la voce umana
fra l'Inghilterra e l'Australia e nel 1930 il panfilo Elettra,
ancorato a Genova, riuscì a
trasmettere a Sidney in Australia a ben ventiduemila chilometri
di distanza un segnale
che provocò l'accensione dell'impianto di illuminazione del
municipio di quella città.
Morì nel 1937 e fu sepolto nel mausoleo di Pontecchio.
Museo di Villa Griffone Pontecchio
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Ci sono stati tre grandiosi momenti nella mia vita di
inventore.
Il primo, quando i segnali radio da me inviati fecero suonare un
campanello dall’altro lato della stanza in cui stavo svolgendo i
miei esperimenti;
il secondo, quando i segnali trasmessi dalla mia stazione di
Poldhu, in Cornovaglia, furono captati dal ricevitore che ascoltavo
a San Giovanni di Terranova, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico
a una distanza di circa 3.000 km;
il terzo è ora, ogni qualvolta posso serenamente immaginare le
possibilità future e sentire che l’attività e gli sforzi di tutta
la mia vita hanno fornito basi solide su cui si potrà continuare a
costruire.
[ dicembre 1935]
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laboratorio”. Cecilia Magni, Delia Noferi
Attività n° 1
Costruiamo un telegrafo elettrico “luminoso”
All’epoca di Marconi per trasmettere messaggi si utilizzavano i
telegrafi elettrici con
i fili e veniva utilizzato il codice “Morse” (dal nome del suo
inventore).
Nella stazione trasmittente abbassando o sollevando un “tasto”
si chiude o si apre un
circuito che produce nella stazione “ricevente” il movimento di
una punta scrivente,
che viene attirata o meno da una elettrocalamita inserita nel
circuito, e che traccia
così su un nastro di carta punti o linee a seconda del tempo più
o meno lungo di
chiusura del circuito.
Noi costruiremo un telegrafo elettrico con fili, ma “luminoso”
cioè inseriremo nel
circuito due lampadine (una nella stazione trasmittente e una
nella stazione
ricevente): quando il tasto della stazione trasmittente viene
abbassato le lampadine si
accendono, quando viene alzato si spengono.
Quindi per trasmettere un “punto” chiudiamo il tasto per breve
tempo, per trasmettere
una “linea” chiudiamo il tasto per un tempo più lungo.
Segui lo schema seguente per collegare le pile, le lampadine e
gli interruttori
(disponendoli sulle due basi di legno) e …..il lungo filo
elettrico che collega le due
stazioni.
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Naturalmente le due postazioni possono funzionare entrambe sia
da stazione
trasmittente che ricevente : quando una stazione trasmette
(chiudendo o aprendo il
proprio interruttore a seconda dei punti e delle linee che vuole
trasmettere) nell’altra
l’interruttore deve essere aperto e si deve solo segnare su un
foglio i punti e le linee
ricevuti (accensione più o meno lunga della lampadina).
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Provate a turno ad inviarvi una parola….
Ricordatevi che il codice Morse è questo:
Buona trasmissione!
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Attività n° 2
Costruiamo un telegrafo elettrico “luminoso” senza fili
Togliamo i fili di collegamento al nostro telegrafo luminoso:
per trasmettere punti e
linee useremo le “onde elettromagnetiche” con un metodo simile a
quello inventato
da Marconi nel 1895.
Cominciamo a costruire il “coesore
Il “coesore” perfezionato da Marconi sarà inserito nel circuito
“ricevente”.
E’ costituito da un tubicino di vetro (noi lo prenderemo di
plastica): all’interno
mettiamo un po’ di limatura di ferro e chiudiamo gli estremi con
due chiodini messi
in modo che non si tocchino all’interno del tubo.
Normalmente questo coesore interrompe il circuito e quindi,
anche se c’è la pila
inserita e l’interruttore è chiuso, la lampadina non si accende:
se però il coesore viene
investito da un’onda elettromagnetica diventa conduttore
chiudendo il circuito e la
lampadina si accende.
Il nostro generatore di scintille: l’accendigas
piezoelettrico!
Per generare un’onda elettromagnetica Marconi usò uno strumento
che faceva
scoccare scintille tra due sferette.
Noi per motivi di sicurezza non possiamo utilizzarlo e quindi
useremo un generatore
di scintille più casalingo: l’“accendigas” piezoelettrico!
Si procede così.
Il gruppo che trasmette fa scoccare una scintilla con
l’accendigas e quindi emette
un’onda elettromagnetica: nel circuito “ricevente” il coesore
investito dall’onda
elettromagnetica diventa conduttore e la lampadina si
accende.
Per poter di nuovo ricevere occorre dare un colpetto al tavolo
su cui si trova il
coesore per “disorientare” la limatura di ferro (la lampadina si
spenge).
In questo modo possiamo, senza fili, ma solo a “suon di
scintille” trasmettere segnali
come avevamo visto con il telegrafo con i fili.
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Marconi ebbe l’idea di dotare di “antenna” i suoi apparecchi
riuscendo ad aumentare
così notevolmente la distanza di ricezione del segnale.
Possiamo rendercene conto inserendo un filo di rame nel nostro
accendigas: con
questa “antenna” le scintille emesse dal nostro generatore
vengono ricevute a
distanze maggiori!
Precisazioni:
Nell’apparecchio di Marconi il generatore di scintille poteva
generare scintille
“lunghe” e “brevi” e quindi alla scintilla “lunga” corrispondeva
la linea e alla scintilla
breve il punto.
C’era un martelletto che colpendo il coesore “disorientava” la
polvere di ferro al suo
interno rendendolo sempre pronto per una nuova ricezione.